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Città per pregare I risultati di una ricerca tra Marche e Umbria di ...

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ecentemente oggetto <strong>di</strong> riflessione <strong>di</strong> Giuseppe Capriotti in occasione della mos<strong>tra</strong><br />

sull’arte lignea <strong>di</strong> Camerino (“Rinascimento scolpito”, 2006).<br />

Dunque molte delle immagini urbane che troviamo in ambiente devozionale<br />

frequentemente rappresentate in senso realistico, in grado cioè <strong>di</strong> essere riconosciute dal<br />

pubblico, non erano espressione <strong>di</strong> <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> laicizzazione della iconografia sacra, ma<br />

funzionavano come “città tenere”, cioè come veicoli <strong>di</strong> emozione e come “palazzi” della<br />

memoria e della me<strong>di</strong>tazione (il Zar<strong>di</strong>no fa specifico riferimento al cubiculum, luogo<br />

classico della me<strong>di</strong>tazione). Invece <strong>di</strong> laicizzare il linguaggio della politica, come ha<br />

<strong>di</strong>mos<strong>tra</strong>to Chiara Frugoni a proposito del Buon Governo, avveniva il con<strong>tra</strong>rio: lo si<br />

santificava.<br />

Insomma, ci lamentiamo spesso del carattere “campanilistico” delle città dell’Italia<br />

cen<strong>tra</strong>le (si <strong>tra</strong>tta <strong>di</strong> un fenomeno tipico <strong>di</strong> <strong>Marche</strong>, <strong>Umbria</strong>, Toscana ecc). Ma questi<br />

campanili sono stati utilizzati dall’iconografia religiosa <strong>per</strong> me<strong>di</strong>tare, <strong>pregare</strong> e<br />

finalmente <strong>per</strong> pensare. Sarebbe stato s<strong>tra</strong>no piuttosto che fosse successo il con<strong>tra</strong>rio.<br />

Figg. 21/29 (Immagini <strong>ricerca</strong> “Icone urbane”)<br />

7. Una sintesi della <strong>ricerca</strong>. L’osservazione generale che possiamo fare è che:<br />

1) la forte presenza, ruolo e autorevolezza politica degli or<strong>di</strong>ni men<strong>di</strong>canti, delle<br />

confraternite nelle città marchigiane, e la longevità <strong>di</strong> questi or<strong>di</strong>ni nel tempo<br />

conferiscono a questa iconografia <strong>una</strong> funzione s<strong>tra</strong>tegica nel processo <strong>di</strong> “invenzione<br />

della <strong>tra</strong><strong>di</strong>zione” che consente all’autorità <strong>di</strong> fare un ulteriore passo in avanti verso il<br />

ra<strong>di</strong>camento sociale. L’estrema attenzione alla rappresentazione realistica funziona come<br />

strumento <strong>di</strong> questo ra<strong>di</strong>camento locale, non più solo come meccanismo certificativo<br />

caratteristico dell’iconografia degli ex voto. C’è qualcosa <strong>di</strong> più.<br />

2) La <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questa iconografia rivela come l’atteggiamento me<strong>di</strong>tativo e lo<br />

sviluppo della devotio moderna nelle <strong>Marche</strong> sia stato estremamente forte. Testimoniato<br />

se non altro dalla <strong>tra</strong><strong>di</strong>zione lauretana che nel XVI secolo <strong>di</strong>venta il modello della<br />

me<strong>di</strong>tazione postridentina. La maggior parte delle immagini catalogate rien<strong>tra</strong> nella<br />

iconografia controriformata, ma il meccanismo è sempre lo stesso, sembra un ritorno ai<br />

modelli celebrati nel XV secolo, con forse in più la presenza costante <strong>di</strong> san Carlo<br />

Borromeo o <strong>di</strong> qualche altro santo “nazionale” con la funzione <strong>di</strong> integrare il culto locale<br />

entro un quadro normativo e ortodosso. L’iconografia postridentina cavalca la <strong>tra</strong><strong>di</strong>zione

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