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13<br />
nei modi, da questo fluttuare<br />
delle classi, in cui il popolo<br />
si muove libero e la borghesia<br />
è fresca, non ancora tarata da<br />
pregiudizi di casta. Aggiungi<br />
un’educazione aperta, il contatto<br />
con varie civiltà, la spavalderia<br />
di chi non ha il peso di antiche<br />
tradizioni da conservare;<br />
per cui le donne triestine sono<br />
di spirito libero, disinibite, piene<br />
di brio, scontrose e affascinanti,<br />
disinvolte e audaci […].<br />
Ciò che risalta nella donna<br />
triestina è l’antiprovincia, anche<br />
nel confronto con le donne<br />
d’altre città maggiori di Trieste<br />
[…]” (Trieste nei miei ricordi<br />
Gita (probabilmente organizzata dall’Alpina delle Giulie), primi ’900. (Fondo E. e L. Weiss). Immagine<br />
tratta dal volume “Immaginare Trieste”, Edizioni Luglio Foto<strong>com</strong>posizioni, Trieste, 2000.<br />
(1984), Trieste, Il Ramo d’Oro<br />
Editore, 2004, 160-161).<br />
Per Anita Pittoni “La donna<br />
triestina è indefinibile, ed è<br />
forse questa l’unica sua possibile<br />
definizione. Forse i narratori<br />
e i poeti sono quelli che meglio<br />
l’hanno capita, afferrata, fermata<br />
... almeno sulla carta...” (“Il<br />
Giornale”, Trieste, 22 febbraio<br />
1954).<br />
Marina Rossi aggiunge:<br />
“L’idealizzazione della donna<br />
triestina riguarda, prevalentemente,<br />
la fase asburgica. [...]<br />
A Trieste, unico sbocco al mare<br />
dell’Austria-Ungheria, le<br />
donne godevano, in effetti, di<br />
maggiore autonomia e libertà<br />
rispetto al Regno d’Italia: libertà<br />
nella vita sociale, potendosi<br />
recare con le amiche nei caffè,<br />
al mare o a teatro, o autonomia<br />
imposta dalle condizioni economiche;<br />
l’intensa attività marittima<br />
lasciava molto spesso le<br />
donne prive dei loro <strong>com</strong>pagni<br />
per gran parte dell’anno; la città<br />
industriale richiamava manodopera<br />
femminile nelle fabbriche,<br />
nei trasporti (pensiamo alla<br />
tranviera del racconto di Svevo,<br />
“Il buon vecchio e la bella fanciulla”),<br />
nel settore dei servizi<br />
o del piccolo <strong>com</strong>mercio (le<br />
famose ‘venderigole’ di Piazza<br />
Ponterosso, [e le ‘pancogole’<br />
di Servola]), nell’artigianato.<br />
Spesso erano donne provenienti<br />
da un vasto retroterra, che poteva<br />
essere il Friuli, l’attuale Slovenia<br />
e la Carinzia, l’Istria e la<br />
Balcania.. Molte donne erano<br />
impegnate nel settore amministrativo,<br />
assicurativo, bancario,<br />
anche <strong>com</strong>e dirigenti, nelle diverse<br />
<strong>com</strong>unità etniche e culturali.<br />
Importante fu pure l’impegno<br />
civile, culturale e religioso<br />
espresso dalla <strong>com</strong>ponente<br />
femminile della Venezia Giulia<br />
(Le triestine, donne volitive,<br />
2006,7).<br />
Sì, queste donne erano davvero<br />
un po’ speciali. Nell’opinione<br />
di Roberto Weber (“Cattinara,<br />
il mondo dentro l’Ospedale”,<br />
“Il Piccolo”, Trieste, 12<br />
agosto 2010) lo sono ancora.<br />
“In fondo a destra si svolta e<br />
siamo nella parte delle donne.<br />
Qui dominano i caratteri inequivocabili<br />
delle donne triestine.<br />
Sedute a schiena diritta<br />
sul letto o distese in poltrona o<br />
ancora sulla sedia, […] le triestine<br />
non mollano. Impeccabili,<br />
lavano accuratamente la dentiera<br />
la sera e al mattino le ritrovi<br />
ben pettinate, le camicie da<br />
notte a posto, gli occhiali appesi<br />
al naso a leggere il loro amato<br />
“Piccolo”. Sono <strong>com</strong>e gli ufficiali<br />
inglesi nel Ponte sul fiume<br />
Kway, irriducibili, pronte<br />
giorno dopo giorno a piantare<br />
la piccola bandiera del vivere<br />
‘pulito’ e dignitoso, a dispetto<br />
di guai, malattie e sofferenze,<br />
consapevoli che quella loro disciplina<br />
quotidiana è a sua volta<br />
“medicina”.<br />
D’altra parte anche la città<br />
in cui queste donne vivevano,<br />
e ancora vivono, aveva, ed ha,<br />
qualcosa di speciale, se non<br />
altro lo straordinario e quasi<br />
improvviso sviluppo. Trieste<br />
emerge improvvisamente<br />
dal suo millenario passato,<br />
per merito soprat<strong>tutto</strong> di una<br />
donna, l’Imperatrice Maria<br />
Teresa d’Austria.<br />
Ecco spiegato il motivo per<br />
cui “Le ragazze di Trieste” sono<br />
le protagoniste dell’Inno a<br />
San Giusto; perché le triestine,<br />
ragazze, putele o mule, che<br />
dir si voglia, sono davvero …<br />
donne speciali.