06.11.2014 Views

Analisi semiotica del packaging - Centro Studi Assaggiatori

Analisi semiotica del packaging - Centro Studi Assaggiatori

Analisi semiotica del packaging - Centro Studi Assaggiatori

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Dire che una bottiglia racconta<br />

una storia non è solo retorica.<br />

Di storie ne racconta almeno tre:<br />

quella <strong>del</strong> produttore, quella <strong>del</strong><br />

vino e quella <strong>del</strong> consumatore.<br />

Ebbene sì: sulla bottiglia c’è<br />

scritto tutto – o quasi – ciò che<br />

potrete fare venendo a contatto<br />

con essa: come la guarderete,<br />

se la guarderete, cosa guarderete<br />

per primo, cosa apprenderete<br />

sul suo contenuto. Scettici?<br />

La <strong>semiotica</strong> vede ogni oggetto<br />

prodotto dall’uomo come un<br />

testo, ossia come un sistema<br />

di elementi che producono un<br />

significato e che viene letto da<br />

coloro che, volenti o nolenti,<br />

ci si imbattono. Per di più, ogni<br />

testo vi fa fare ciò che vuole:<br />

per dirla con Umberto Eco, uno<br />

dei maggiori semiologi<br />

contemporanei, il testo è una<br />

macchina pigra che ha bisogno<br />

per funzionare <strong>del</strong> lavoro<br />

<strong>del</strong> lettore.<br />

Attenzione, la <strong>semiotica</strong> non dice<br />

se comprerete o non comprerete<br />

la bottiglia: e, fortunatamente,<br />

chi può dirlo? Semplicemente,<br />

l’economista pensa: quanto<br />

incide nell’acquisto il testo in<br />

controetichetta e quanto la<br />

grafica <strong>del</strong>l’etichetta? Farò un<br />

sondaggio. Il semiologo dice:<br />

per leggere la controetichetta,<br />

l’acquirente deve per forza già<br />

avere in mano la bottiglia;<br />

quando ha in mano la bottiglia<br />

vuol dire che l’ha già individuata<br />

visivamente e scelta in base<br />

all’etichetta esposta.<br />

Vedremo che la bottiglia è il<br />

luogo sociale dove si incontrano<br />

attori e dove si stipulano contratti<br />

di fiducia; vedremo anche come<br />

da apparentemente pochi<br />

elementi emergono le leve di<br />

marketing. Tutti i particolari<br />

concorrono alla formazione<br />

di un significato: nulla sfugge<br />

veramente all’osservatore.<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong><br />

<strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />

I VINI<br />

ROSSI<br />

Il metodo semiotico<br />

La <strong>semiotica</strong> è la scienza <strong>del</strong>la significazione, che<br />

studia i modi nei quali discorsi verbali, oggetti, gesti<br />

e quant’altro producono significato. Ogni insieme<br />

complesso suscettibile di produrre significato<br />

può essere a buon diritto considerato, nella<br />

definizione <strong>semiotica</strong>, un testo, esattamente<br />

come un romanzo o un articolo. Può sembrare<br />

astruso, ma a ben rifletterci quasi tutto<br />

ciò che ci circonda, e in particolare i manufatti<br />

umani, ci dice qualcosa: lo sanno<br />

bene gli archeologi, che spesso attraverso<br />

pochi cocci sono in grado di risalire ai modi<br />

di vita di intere civiltà e al loro sistema<br />

sociale.<br />

L’applicazione <strong>del</strong>la <strong>semiotica</strong> al <strong>packaging</strong><br />

è relativamente recente, ma ha conosciuto<br />

un rapido sviluppo sia in ambito<br />

accademico sia fuori ed è oggi utilizzata in<br />

molte agenzie pubblicitarie.<br />

Che differenza c’è tra l’analisi <strong>semiotica</strong> e<br />

la normale critica? Ce ne sono almeno<br />

due. Innanzitutto lo scopo principale <strong>del</strong>l’analisi<br />

<strong>semiotica</strong> non è dire se la confezione<br />

è bella o meno, se è appropriata o<br />

meno, se avrà successo o meno; è semplicemente<br />

mettere in luce che cosa significherà<br />

quella bottiglia a chi vi si troverà di<br />

fronte, che cosa dirà su se stessa e sul suo<br />

contenuto e come lo dirà. E da qui discende<br />

la seconda differenza: l’analisi <strong>semiotica</strong><br />

non prende minimamente in considerazione<br />

le intenzioni di comunicazione di<br />

chi ha creato la bottiglia né tantomeno la<br />

storia <strong>del</strong>la creazione di quel vino o l’attività<br />

<strong>del</strong>l’azienda che lo produce. C’è solo la<br />

bottiglia, lì davanti, senza ulteriori informazioni,<br />

esattamente come la interprete-<br />

Manuela Violoni<br />

L’ASSAGGIO 7 - AUTUNNO 2004<br />

33


<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong> <strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />

Schema <strong>del</strong>la scomposizione <strong>del</strong>la bottiglia<br />

rebbe chi se la trovasse di fronte su uno scaffale. Sarà<br />

poi dalla bottiglia stessa che si dedurrà quali conoscenze<br />

vengono presupposte dal testo, attraverso<br />

il Lettore Mo<strong>del</strong>lo.<br />

Il Lettore Mo<strong>del</strong>lo non ha nulla a che vedere con il<br />

miglior osservatore <strong>del</strong>la bottiglia; si tratta di una<br />

strategia testuale in cui il testo presuppone un’attività<br />

di interpretazione. Si parla anche di simulacro<br />

<strong>del</strong> lettore nel testo ossia di una rappresentazione<br />

<strong>del</strong> lettore stesso: lo capiamo con un esempio. Prendiamo<br />

un manubrio di bicicletta con le manopole<br />

anatomiche. Sulla gomma sono impresse le scanalature<br />

per le dita, ed è come se chiamassero le dita:<br />

il modo naturale di usare la manopola (di leggerla)<br />

è di impugnarla esattamente in quel modo. Allo<br />

stesso modo, è come se il testo recasse un calco, il<br />

cui complementare, pur essendo assente, è definito<br />

con esattezza.<br />

La stessa cosa avviene per l’Autore: sulla bottiglia<br />

non si ritrova esattamente chi l’ha fatta, ma un simulacro<br />

di chi parla al Lettore, l’Autore Mo<strong>del</strong>lo,<br />

che è una cosa necessariamente diversa dal vero autore.<br />

È attraverso questa strategia che la stessa<br />

azienda può creare più brand dotate di una immagine<br />

indipendente, attribuendo a queste entità testuali<br />

pregi e difetti <strong>del</strong> prodotto. Non si tratta di inganno<br />

– almeno, non necessariamente – ma <strong>del</strong>la<br />

necessità di proiettare nel testo una identità, che<br />

non può avere altra natura che testuale.<br />

Così come reca inscritti dei personaggi (attori), così<br />

la bottiglia ne racconta anche le storie, dette percorsi<br />

narrativi; lo fa se in etichetta si spiega la tecnica<br />

di vinificazione, ma anche se gli elementi verbali<br />

sono ridotti all’osso. Nel caso <strong>del</strong> Lettore Mo<strong>del</strong>lo,<br />

queste storie si possono definire programmi narrativi,<br />

in quanto raccontano ciò che l’osservatore<br />

farà con la bottiglia (esattamente come il programma<br />

di una manifestazione o di una conferenza).<br />

Una bottiglia contiene almeno cinque programmi<br />

narrativi: l’individuazione a scaffale, la lettura in<br />

mano, l’acquisto, il consumo e persino lo smaltimento<br />

<strong>del</strong> contenitore. Qui ci interessa vedere solo<br />

i primi due, in quanto precedenti l’acquisto; ma si<br />

potrebbero analizzare anche gli altri tre. Per farlo<br />

non dobbiamo fare altro che seguire il percorso che<br />

la confezione predispone per il lettore, e capire come<br />

lo fa. Ma non è tutto qui. Attraverso queste<br />

strutture superficiali il testo rivela le sue strutture<br />

profonde, cioè evoca <strong>del</strong>le opposizioni tra concetti e<br />

si fa carico di determinati valori di base per piacere<br />

al consumatore, per colpirlo o per essere d’accordo<br />

con la sua filosofia: in sintesi, per diventare un oggetto<br />

di valore per il consumatore e per far sì che<br />

questo voglia congiungersi con la bottiglia (cioè acquistarla,<br />

o consumarla). Questi valori possono<br />

emergere inoltre con più o meno coerenza nel testo,<br />

a seconda <strong>del</strong>la coesione degli<br />

elementi <strong>del</strong> discorso –<br />

che si costruisce attraverso<br />

isotopie, ossia riferimenti allo<br />

stesso oggetto o concetto attraverso<br />

più elementi testuali.<br />

Dalla coerenza si può intuire<br />

anche l’efficacia con cui la<br />

brand image è comunicata<br />

al consumatore e la chiarezza<br />

e nettezza <strong>del</strong> messaggio.<br />

Tutto questo è palesato<br />

senza veli a chiunque abbia i<br />

mezzi teorici e analitici per<br />

sviscerare un oggetto apparentemente<br />

semplice come<br />

una bottiglia. Le analisi che seguono,<br />

per ragioni di brevità,<br />

non riporteranno neanche un decimo<br />

di tutti i passaggi metodologici<br />

che vi stanno dietro. Curiosi di vedere<br />

cosa viene fuori?<br />

1 2<br />

34 L’ASSAGGIO 7 - AUTUNNO 2004<br />

Le due fasi di analisi: 1. individuazione a scaffale; 2. lettura in mano


Serego Alighieri<br />

Valpolicella Classico Superiore 2000 Doc – Masi Agricola<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong> <strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />

Individuazione a scaffale<br />

Di forma<br />

classicissima<br />

e colori non<br />

eclatanti, si<br />

distingue per<br />

l’etichetta<br />

romboidale con<br />

fascetta in basso<br />

e forse per il blu<br />

<strong>del</strong>la capsula,<br />

insolito in questa<br />

categoria di vini;<br />

ma nient’altro.<br />

Lettura in mano<br />

Dagli elementi verbali, una volta<br />

in mano, si desume che si tratta<br />

di una bottiglia un po’ particolare:<br />

il naming, lo stemma e la cifra<br />

astronomica <strong>del</strong>l’anniversario,<br />

in isotopia con la vergatura<br />

<strong>del</strong>la carta beige stile antico, fanno<br />

capire che si tratta di qualcosa<br />

con una lunga storia.<br />

Il naming<br />

Dei due nomi propri colpisce soprattutto<br />

il secondo per il rinvio al famoso<br />

autore, carico di un’aura di prestigio<br />

culturale indiscusso. Resta il dubbio<br />

se si tratti di un nome di fantasia; solo<br />

dalla controetichetta si deduce che<br />

è invece il vero nome <strong>del</strong>la famiglia<br />

proprietaria dei vigneti e che l’aura di<br />

prestigio ha un fondamento reale.<br />

Lo stemma policromo come le miniature, insieme al carattere usato, vorrebbe reggere<br />

l’isotopia di antichità e cultura, ma graficamente risulta poco netto e contrasta<br />

visibilmente con la squadratura <strong>del</strong>l’etichetta, la linearità <strong>del</strong>la fascetta in basso<br />

e il blu <strong>del</strong>la capsula e <strong>del</strong>le cornici – elementi moderni che non fanno parte dei<br />

codici grafici medievali. Il contenuto storico e culturale reale, dato dalla discendenza<br />

diretta da Dante e dall’autenticità <strong>del</strong>l’anniversario, non ottengono il giusto<br />

risalto a causa <strong>del</strong>la scarsa coesione grafica.<br />

Le Poiane<br />

Valpolicella Classico Superiore 2000 Doc – Bolla<br />

Individuazione a scaffale<br />

Non<br />

particolarmente<br />

appariscente,<br />

a scaffale si<br />

distingue per la<br />

<strong>del</strong>icatezza<br />

cromatica e<br />

l’altezza limitata<br />

<strong>del</strong>l’etichetta che<br />

si staglia sulla<br />

parte alta <strong>del</strong><br />

corpo, interamente<br />

nero, <strong>del</strong>la<br />

bottiglia, nonché<br />

per l’irregolarità<br />

<strong>del</strong> bordo<br />

superiore. È fine<br />

ma non stilosa.<br />

Lettura in mano<br />

La carta vergata rivela<br />

una finezza inattesa: il<br />

nome filigranato in rilievo,<br />

che invita a passarci<br />

su le dita e a tenerci su<br />

gli occhi.<br />

Il naming<br />

Piuttosto insolito, si riferisce a un rapace di<br />

dimensioni non eccelse presente nei boschi<br />

di tutt’Italia ed esprime un legame con<br />

il territorio; ma anche senza saperlo, l’isotopia<br />

con l’incisione rosa su beige genera<br />

un rinvio al mondo naturalistico, <strong>del</strong>la caccia<br />

e in particolare <strong>del</strong>la falconeria, e di<br />

conseguenza <strong>del</strong> contesto culinario ideale<br />

<strong>del</strong> vino (la cacciagione).<br />

La completezza dei dati in etichetta trasmette trasparenza e chiarezza di presentazione.<br />

Il nome <strong>del</strong> produttore è l’unico elemento in oro, ma non prevarica<br />

il resto. Di particolare equilibrio e finezza, è una bottiglia un po’ discreta<br />

e sottotono ma, se solo riesce a sfondare la barriera <strong>del</strong>l’attenzione, rivela da<br />

parte <strong>del</strong>l’autore una cura nei particolari, anche tattili.<br />

L’ASSAGGIO 7 - AUTUNNO 2004 35


Quattro Vicariati<br />

Rosso Trentino Doc 1998 – Cavit<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong> <strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />

Individuazione a scaffale<br />

Se la bottiglia è<br />

antropomorfa,<br />

questa è<br />

maschio: le spalle<br />

più larghe <strong>del</strong><br />

corpo e il collo<br />

corto e taurino la<br />

rendono<br />

massiccia e<br />

squadrata, in<br />

accordo con la<br />

decorazone<br />

lineare e pulita<br />

e il bianco<br />

dominante.<br />

Colpisce per<br />

massa e pulizia,<br />

pur non essendo<br />

affatto originale o<br />

appariscente.<br />

Lettura in mano<br />

Il numero 4 e il quadrato sono i motivi grafici,<br />

come il rinvio all’austero stile romanico <strong>del</strong><br />

medioevo è il tema, assolutamente coerente,<br />

<strong>del</strong>l’etichetta: a partire dalla cromia bianco e<br />

porpora come le toghe romane, al carattere<br />

nero su bianco di stile tipico <strong>del</strong>le lapidi incise,<br />

al rinvio a una territorialità medievale attraverso<br />

il testo, gli stemmi in oro e il naming.<br />

Il Medioevo storicamente non ha però altro a che fare né con il vino, né con<br />

l’azienda: tuttavia la perfetta coesione degli elementi rende coerente ed efficace<br />

uno stile costruito e inventato da una grande azienda, presente con il<br />

suo marchio in etichetta. Non c’è pretesa di finzione, ma definizione di un carattere<br />

che vuole essere a un tempo quello <strong>del</strong>l’Autore, quello <strong>del</strong> vino e quello<br />

<strong>del</strong> suo consumatore, amante <strong>del</strong>le cose decise. È in edizione limitata.<br />

Il naming<br />

Quattro vicariati, come<br />

da spiegazione nel testo<br />

in etichetta, è l’antica<br />

definizione medievale<br />

<strong>del</strong> territorio di<br />

origine <strong>del</strong> vino.<br />

Nero al Tondo<br />

Pinot nero Toscana 2000 Igt – Tenimenti Ruffino<br />

Individuazione a scaffale<br />

Di notevole<br />

compattezza<br />

visiva, essenziale<br />

e sui toni <strong>del</strong><br />

nero, ma<br />

slanciata nella<br />

forma, forse non<br />

colpisce l’occhio<br />

ma si distingue,<br />

e per essere<br />

apprezzata<br />

deve essere<br />

presa in mano.<br />

Lettura in mano<br />

È il tono serale <strong>del</strong>la luce notturna e un<br />

aspetto lineare e asciutto di colori ma prezioso<br />

a caratterizzare questa bottiglia, che<br />

rinvia a un’eleganza italiana stile Armani. Lasciando<br />

da parte i localismi, il vino si caratterizza<br />

come capace di distinguersi per stile<br />

italiano in un contesto internazionale. L’oro<br />

sulla carta filigranata nera mette in risalto il<br />

nome <strong>del</strong> vino e <strong>del</strong> produttore.<br />

Il naming<br />

Nero al Tondo è un nome<br />

di fantasia, ma caratterizzante<br />

le caratteristiche<br />

sensoriali <strong>del</strong> vino. Nero è<br />

il colore <strong>del</strong> vitigno e in<br />

natura indica eccezionalità<br />

e rarità; tondo costituisce<br />

inoltre isotopia con il<br />

logo in sfondo.<br />

36 L’ASSAGGIO 7 - AUTUNNO 2004<br />

La fascetta in basso e la capsula personalizzata pongono in posizione topica il nome <strong>del</strong>l’azienda,<br />

che si presenta (“tenimenti”) come proprietaria, di grandi dimensioni e svincolata dal territorio, come<br />

confermato in controetichetta dal testo. Scientificità e ricerca sono i valori di un’azienda che<br />

appare moderna e innovativa, poco legata al locale e alla tradizione ma che fa <strong>del</strong>lo stile italiano<br />

un biglietto da visita all’estero.


I Baldazzini<br />

Lagrein Trentino 2003 Doc – LaVis<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong> <strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />

Individuazione a scaffale<br />

Classica nella<br />

forma, si nota per<br />

il netto contrasto<br />

di bianco e nero<br />

impreziosito da<br />

elementi oro e<br />

incuriosisce per<br />

la forma<br />

<strong>del</strong>l’etichetta che<br />

finge bordi<br />

strappati. Pur non<br />

essendo vistosa,<br />

si mescola male<br />

con i colori <strong>del</strong>lo<br />

scaffale; non<br />

attrae ma si<br />

distingue. Vuole<br />

essere tirata<br />

fuori.<br />

Lettura in mano<br />

Il produttore è protagonista in questa bottiglia, su sui campeggia il suo logo oro –<br />

grande, a diventare un elemento stilistico – con grande ridondanza. Il testo è straordinariamente<br />

complesso e ha molto da dire: racconta la storia di uno strappo, di un<br />

rifiuto. L’etichetta sembra strappata ai bordi e al centro: i rimasugli recano, in marrone,<br />

l’incisione di un vigneto rurale, topos <strong>del</strong>la tradizione e <strong>del</strong> legame al territorio. Dallo<br />

strappo emerge il nome <strong>del</strong> vino: scritto in oro su nero come il produttore, in rilievo.<br />

L’opposizione tra rappresentazione e realtà, tra passato e presente è confermata<br />

dalla controetichetta: attraverso lo studio <strong>del</strong>la zonazione che ha dato vita al vino la<br />

scienza sostituisce la tradizione nel definire il rapporto tra vitigno e luogo di origine.<br />

Su questa bottiglia si inscena, con<br />

straordinaria coerenza, lo scontro tra<br />

passato locale e rurale e modernità;<br />

il rifiuto <strong>del</strong> passato recente e <strong>del</strong>la<br />

provincialità in nome <strong>del</strong>lo stile e <strong>del</strong><br />

carattere per la sfida internazionale.<br />

Corrigia Ruberrimum<br />

Lambrusco rosso secco reggiano Doc – Lini<br />

Individuazione a scaffale<br />

Di bella presenza,<br />

questa<br />

champagnotta<br />

panciuta e dal<br />

collo slanciato<br />

suggerisce una<br />

formosità<br />

femminile ma<br />

corposa. La<br />

capsula nera a<br />

vestire la<br />

gabbietta, fermata<br />

da un nastro al<br />

collo, completa<br />

una mise che<br />

vuole essere<br />

<strong>del</strong>le grandi<br />

occasioni,<br />

stemperata però<br />

dai toni di giallo<br />

su nero<br />

dominanti.<br />

Lettura in mano<br />

La carta semplice, la finzione di<br />

un’etichetta nell’etichetta dalla<br />

vaga forma di scudo nobiliare e la<br />

confusione <strong>del</strong>la decorazione <strong>del</strong>la<br />

parte superiore, che rappresenta<br />

due personaggi classici, rivelano<br />

approssimazione grafica. Il tema<br />

principale è un rinvio alla cultura<br />

latina, a partire dal nome.<br />

Corrigia Ruberrimum nasconde le<br />

caratteristiche <strong>del</strong> vino – il colore<br />

(rossissimo) e l’origine (Correggio,<br />

come si scopre dalla controetichetta)<br />

dietro un nome di fantasia, oscuro<br />

ai più, la cui sola funzione è rinviare<br />

attraverso il latino alla cultura<br />

classica.<br />

Il produttore compare in primo piano con il marchio e il logo, mentre il vitigno è relegato in controetichetta:<br />

un tentativo di nobilitare il bonario Lambrusco? Il riferimento all’antichità classica non è però retto dallo<br />

stile grafico: l’insieme manca di coesione, quindi di chiarezza e nettezza. L’iniziale eleganza nella forma<br />

e la poca enfasi annegano nel dozzinale <strong>del</strong>la scarsità di riferimenti e di coerenza <strong>del</strong> messaggio.<br />

Il naming<br />

L’ASSAGGIO 7 - AUTUNNO 2004 37

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!