03.11.2014 Views

Guida alla mostra - MIC Museo Internazionale delle Ceramiche in ...

Guida alla mostra - MIC Museo Internazionale delle Ceramiche in ...

Guida alla mostra - MIC Museo Internazionale delle Ceramiche in ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

IL SECOLO D’ORO DELLA MAIOLICA<br />

Ceramica italiana nei secoli XV – XVI d<strong>alla</strong> raccolta del museo statale<br />

dell’ERMITAGE<br />

Nel 1764 Cater<strong>in</strong>a II la Grande, zar<strong>in</strong>a<br />

di Russia (1762-96), acquistò da<br />

Berl<strong>in</strong>o una splendida collezione di 225<br />

opere di maestri olandesi e fiamm<strong>in</strong>ghi,<br />

che costituirono il nucleo centrale della<br />

sua collezione privata, conservata allora<br />

nel Palazzo d’Inverno, la nuova residenza<br />

imperiale sulle rive della Neva,<br />

a San Pietroburgo. Progettato dall’architetto<br />

italiano Bartolomeo Francesco<br />

Rastrelli, questo immenso palazzo barocco<br />

fu completato nel 1762.<br />

La fondazione dell’Ermitage – piena<br />

espressione della cultura enciclopedica<br />

illum<strong>in</strong>istica – si <strong>in</strong>serì nel r<strong>in</strong>ascimento<br />

culturale che caratterizzò il regno di<br />

Cater<strong>in</strong>a, e che vide un forte impulso<br />

dato al mecenatismo di stato. Durante<br />

la seconda metà del XVIII secolo vi fu<br />

un rapido ampliamento <strong>delle</strong> collezioni<br />

presenti nel museo. Per ospitare il numero<br />

sempre crescente di opere fu necessario<br />

aggiungere nuovi edifici al Palazzo d’Inverno sul lungo-Neva: sorse così<br />

il Piccolo Ermitage, term<strong>in</strong>ato nel 1769, e il Grande (o Vecchio) Ermitage nel<br />

1787. Nello stesso anno fu eretto il Teatro dell’Ermitage, dove sorgeva il Palazzo<br />

d’Inverno di Pietro il Grande, collegato al Vecchio Ermitage da un ponte sul<br />

Canale d’Inverno. La collezione privata di Cater<strong>in</strong>a divenne ufficialmente museo<br />

imperiale durante il regno di suo figlio, Paolo I (1796-1801), e del nipote<br />

Alessandro I (1801-1825). La prima metà del XIX secolo segnò una nuova tappa<br />

nello sviluppo dell’Ermitage: vi entrarono <strong>in</strong>fatti numerosi oggetti dell’antichità<br />

classica e dell’antico Oriente, assieme a reperti provenienti dagli scavi<br />

archeologici del Caucaso settentrionale, della Crimea e dell’Ucra<strong>in</strong>a meridionale.<br />

Nel 1852 lo zar Nicola <strong>in</strong>augurò un’altra tappa nella storia della collezione<br />

imperiale, dest<strong>in</strong>ando un nuovo edificio a museo aperto al pubblico: il Nuovo<br />

Ermitage. L’Ermitage fece acquisti importanti <strong>alla</strong> metà del XIX secolo; le<br />

acquisizioni di opere d’arte non cessarono nel XX secolo.<br />

Oggi l’Ermitage, con circa tre milioni di opere d’arte, molte <strong>delle</strong> quali ospitate <strong>in</strong><br />

353 sale di imparagonabile splendore, è un vero e proprio testamento storico di<br />

un paese, e sacrario artistico e culturale di molti altri. La piccola collezione<br />

imperiale della metà del XVIII secolo e bizzarramente denom<strong>in</strong>ata “romitaggio” dai<br />

suoi regali possessori, <strong>alla</strong> f<strong>in</strong>e del XX secolo è assurta a uno dei più grandi e<br />

superbi musei del mondo.


La maiolica italiana del R<strong>in</strong>ascimento<br />

Superata la fase medievale (“arcaica”), gli artefici italiani, attivi nelle numerose boteghe<br />

degli <strong>in</strong>izi del ‘400, <strong>mostra</strong>no soprattutto di puntare sulla qualità tecnica dei<br />

loro prodotti, che si esprime nella bianchezza e nella corposità coprente del rivestimento<br />

bianco, <strong>in</strong> smalto stannifero, al quale si viene a sovrapporre via via una<br />

sempre più ricca gamma cromatica.<br />

Questo traguardo, confermato da un’abbondante documentazione emersa dagli<br />

archivi e dagli scavi archeologici, attesta il prevalere all’<strong>in</strong>terno della cultura<br />

ceramistica quattrocentesca soprattutto dell’ampia corrente che scaturisce<br />

dall’<strong>in</strong>nesto del substrato gotico, già presente nella fase medievale, con gli <strong>in</strong>flussi<br />

decorativi esotici derivati prevalentemente d<strong>alla</strong> cultura araba degli artefici<br />

moreschi <strong>delle</strong> offic<strong>in</strong>e spagnole: questa contam<strong>in</strong>azione darà orig<strong>in</strong>e nel corso<br />

del XV secolo a gruppi decorativi, o “famiglie” (“italo-moresca”, “floreale-gotica”,<br />

“occhi di penna di pavone”, “palmetta persiana”, ecc.).<br />

Dal mondo mauro-iberico venne anche la ricerca dell’effetto dell’oro sulle superfici<br />

degli oggetti maiolicati, cioè del “lustro” metallico iridescente.Tale tecnica, dapprima<br />

di orig<strong>in</strong>e medio-orientale e poi imitata sull’osservazione dei prodotti lustrati<br />

<strong>delle</strong> offic<strong>in</strong>e spagnole, soprattutto valenzane, era conosciuta <strong>in</strong> Italia attraverso i<br />

traffici maiorch<strong>in</strong>i (da cui il term<strong>in</strong>e “maiolica”) e si vide riprodotta per alcuni decenni<br />

del ‘500 con grande sapienza tecnica <strong>in</strong> Umbria, specie a Gubbio e a Deruta.<br />

Contemporaneamente, all’<strong>in</strong>izio del ‘500 un nuovo slancio creativo pervade i<br />

maiolicari italiani; così, anziché <strong>in</strong>dugiare sul repertorio gotico-moresco, i maestri<br />

della maiolica si aprono verso il nuovo e a loro sconosciuto universo di “istorie”,<br />

cioè verso un filone figurativo sempre più gradito e richiesto d<strong>alla</strong> stimolante pressione<br />

di una committenza colta ed ansiosa di manifestare un’erudita frequentazione<br />

di testi letterari molto <strong>in</strong> voga: il “Sogno di Polifilo”, le “Metamorfosi” di Ovidio,<br />

le “Deche” di Tito Livio, le “Figure della Bibbia”, ecc.


Dal 1530 <strong>in</strong> poi va riconosciuto agli artefici <strong>delle</strong> botteghe dei centri produttori<br />

della maiolica italiana quali Cafaggiolo, Faenza, Casteldurante (Urbania), Urb<strong>in</strong>o,<br />

Siena, Pesaro, Venezia, Gubbio, Deruta, ecc., una notevole capacità di<br />

aggiornare con pronta <strong>in</strong>tuizione i repertori dell’ “istoriato” di fronte al vario mutare<br />

degli orientamenti della cultura figurativa e, specie <strong>in</strong> ambito marchigiano, di<br />

tenere sempre più conto della portata diffusiva <strong>delle</strong> stampe di Marcantonio<br />

Raimondi sulle “bozze” raffaellesche.<br />

L’assimilazione <strong>delle</strong> forme manieriste e poi barocche, fa sì che <strong>alla</strong> f<strong>in</strong>e del ‘500<br />

si super<strong>in</strong>o le tradizionali fogge del vasaio per altre più articolate, arricchite per via<br />

di stampi, di elementi plastici, quali anse serpentiformi, beccucci a mascherone,<br />

arpie, putti, teste di capro, ecc. Anche quest’ultima metamorfosi, congiunta all’immag<strong>in</strong>ario<br />

universo <strong>delle</strong> Muse dello stile “istoriato”, contribuì non poco all’affermarsi<br />

del gusto e del fasc<strong>in</strong>o ancora oggi seducente della maiolica italiana.<br />

Faenza<br />

La ceramica a Faenza può vantare senza soluzione di cont<strong>in</strong>uità una plurisecolare<br />

tradizione.<br />

Fonti letterarie e <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i archeologiche testimoniano l’alto grado di civiltà ceramica<br />

raggiunta nei secoli d<strong>alla</strong> piccola città romagnola.<br />

Dal ‘300 si sono succeduti forme, stili e tecniche, a partire dal sobrio “stile arcaico”<br />

tardo medievale, d<strong>alla</strong> veste cromatica generalmente bicroma ed il suo repertorio<br />

astratto, formulato secondo gli stimoli dell’arte romanica e gotica. Lo “stile severo”<br />

accoglie nell’arco di tutto il ‘400 s<strong>in</strong>o agli <strong>in</strong>izi del ‘500 “famiglie” decorative policrome,<br />

elaborate <strong>in</strong> un primo tempo sotto l’<strong>in</strong>fluenza del mondo bizant<strong>in</strong>o e della cultura<br />

araba degli artefici mauro-iberici, ed <strong>in</strong> un secondo tempo plasmate dagli stimoli<br />

della cultura gotico-cortese e d<strong>alla</strong> civiltà artistica medio ed estremo orientale.<br />

Nel ‘500 si susseguono lo “stile nuovo”,<br />

<strong>in</strong> cui compaiono ornati tipicamente<br />

r<strong>in</strong>ascimentali e lo “stile bello” <strong>in</strong> cui, a<br />

seguito di una maggiore apertura culturale<br />

ed un più stretto legame con le arti<br />

maggiori e m<strong>in</strong>ori, si avvia un nuovo<br />

filone figurativo che, per il suo gusto<br />

narrativo è detto “istoriato”. Segue lo<br />

“stile fiorito” che vede l’affermarsi di<br />

repertori decorativi che faranno la fortuna<br />

di Faenza: le “grottesche” su fondo<br />

azzurro “berrett<strong>in</strong>o”, i “quartieri”, i “trofei”,<br />

i fogliami, ecc., complessivamente<br />

detti nelle vecchie carte “vaghezze e<br />

gentilezze”.<br />

A metà del ‘500 i maiolicari faent<strong>in</strong>i, per<br />

mutamento di gusto e per necessità di mercato, sentono di dover imprimere una<br />

svolta sostanziale ai loro prodotti. Nasce, dunque, la novità di successo: i<br />

“bianchi” di Faenza. Novità che fu presto battezzata “faïence” <strong>in</strong> tutta Europa: un<br />

neologismo, faïence per maiolica, che ha legato per sempre il nome della città al


suo prodotto artistico maiolicato. Le forme dei “bianchi” sono ricavate su prototipi<br />

<strong>in</strong> metallo, per lo più argenti, mentre la decorazione si caratterizza per una fattura<br />

rapida, abbreviata, da cui l’adozione del term<strong>in</strong>e di “stile compendiario”. La grande<br />

svolta dei “bianchi” si esaurirà <strong>alla</strong> f<strong>in</strong>e del ‘600, con l’avvento della porcellana.<br />

Dal ‘700 la ceramica di Faenza saprà darsi ancora caratteri dist<strong>in</strong>tivi per qualità<br />

del prodotto artistico, per la cont<strong>in</strong>ua ricerca tecnica e per la re<strong>in</strong>venzione <strong>delle</strong><br />

forme e dei repertori sollecitati da mode europee. Il prestigio della maiolica<br />

faent<strong>in</strong>a è affidato nei suoi prodotti migliori <strong>alla</strong> Manifattura Ferniani a partire d<strong>alla</strong><br />

f<strong>in</strong>e del ‘600 s<strong>in</strong>o <strong>alla</strong> f<strong>in</strong>e del secolo successivo. L’ ‘800 si muove tra il gusto<br />

popolare e l’eclettismo che si alimenta sulla ripresa degli stili del passato; <strong>in</strong>oltre il<br />

secondo ‘800 faent<strong>in</strong>o vive un’altra brillante esperienza con la “pittura su<br />

ceramica”, capace di ottenere effetti pittorico-cromatici simili a quelli della pittura<br />

da cavalletto. Le offic<strong>in</strong>e del ‘900, depositarie dell’antica tecnica, sono tuttora<br />

terreno di conservazione della tradizione ma anche laboratori di nuove esperienze<br />

e sede di formazione per le giovani generazioni.<br />

Castelli<br />

Nel territorio di Castelli d’Abruzzo<br />

le tracce di antiche ceramiche appartenenti<br />

alle epoche più remote,<br />

di<strong>mostra</strong>no come il sorgere di una<br />

tradizione manifatturiera non sia<br />

sbocciata improvvisamente.<br />

Durante il Medioevo, epoca <strong>in</strong> cui si<br />

forma il nucleo abitato attorno ad<br />

una fortificazione, la produzione di<br />

di una ceramica d’uso, prima, e con caratteristiche estetiche poi, dovette essere<br />

abbastanza precoce. Le recenti ricerche condotte nel territorio di Castelli hanno<br />

confermato l’antichità della locale produzione ceramica f<strong>in</strong>o dal periodo pre-r<strong>in</strong>ascimentale.<br />

Gli scavi condotti presso le discariche della fabbrica dei Pompei hanno<br />

accertato l’esistenza di una produzione ceramica di notevole qualità: maioliche<br />

e ceramiche <strong>in</strong>gobbiate e “graffite”. Tra la f<strong>in</strong>e del ‘400 e i primi del ‘500 le fabbriche<br />

castellane imprimono una svolta ai loro prodotti maiolicati, particolarmente<br />

con la serie da farmacia, nota come tipologia “Ors<strong>in</strong>i-Colonna”, qui <strong>in</strong> Mostra<br />

largamente esemplificata. A metà del ‘500, Castelli, attraverso l’arte della maiolica<br />

<strong>in</strong>tratteneva scambi culturali con importanti centri della penisola, quali Roma e<br />

Napoli, e godeva di un notevole giro d’affari, sostenuto anche da committenze<br />

prestigiose come i Farnese, per i quali si produssero le famose “turch<strong>in</strong>e”,<br />

testimoniate <strong>in</strong> questa esposizione da un r<strong>in</strong>frescatolo “a navicella” che fa pendant<br />

con altro identico <strong>delle</strong> raccolte del <strong>MIC</strong>: capi d’opera unici al mondo che <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e<br />

facevano parte del fastoso e monumentale servizio (“credenza”) per il card<strong>in</strong>ale<br />

Alessandro Farnese, prodotto nel terzo quarto del ‘500. Nello stesso periodo<br />

Castelli accoglie e fa propria la corrente dei “bianchi” faent<strong>in</strong>i, che trova la sua<br />

massima espressione, soprattutto, nei mattoni del soffitto di San Donato dei primi<br />

del ‘600. Col ‘600 <strong>in</strong>izia un’altra stagione aurea della maiolica castellana, ad opera<br />

pr<strong>in</strong>cipalmente di due d<strong>in</strong>astie che per quasi due secoli terranno alto il nome del<br />

piccolo centro abruzzese, quella dei Grue e quella dei Gentile, diffondendo la


produzione ceramica anche <strong>in</strong> altri centri. Sono vasellami che si ispirano alle<br />

stampe dei grandi maestri della pittura, dal Barocci ai Carracci, dal Tempesta a<br />

Pietro da Cortona, f<strong>in</strong>o ai francesi Pouss<strong>in</strong> e Lorra<strong>in</strong>. Con l’ ‘800 il messaggio<br />

artistico di Castelli si affievolisce. I motivi della decadenza vanno identificati nella<br />

concorrenza della porcellana e della produzione <strong>in</strong>dustriale, nella mancanza di<br />

artisti e di nuovi motivi decorativi, nel tramonto della bottega artigianale, dove<br />

avveniva la formazione artistica e la trasmissione dello stile castellano. Tuttavia<br />

nel ‘900 Castelli ha saputo conciliare la produzione di tipo <strong>in</strong>dustriale e la pittura<br />

tradizionale, specie quella del paesaggio castellano, rifiutando lo scadimento<br />

seriale, come le tante opere sparse <strong>in</strong> Musei e collezioni private stanno a<br />

di<strong>mostra</strong>re, rappresentando una tradizione che ha saputo costantemente<br />

concordare arte e tecnica.<br />

Gubbio<br />

Le più antiche ceramiche r<strong>in</strong>venute nel<br />

territorio eugub<strong>in</strong>o risalgono al periodo<br />

neolitico. Da scavi archeologici sono<br />

<strong>in</strong>oltre emerse testimonianze che da<br />

epoche remote vanno s<strong>in</strong>o all’epoca<br />

romana.<br />

Dopo il Mille, numerosi frammenti, soprattutto<br />

privi di rivestimento o <strong>in</strong>vetriati,<br />

sono venuti <strong>alla</strong> luce nel corso di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i<br />

<strong>in</strong> città e nel territorio circostante.<br />

L’attività produttiva nel campo della ceramica<br />

è testimoniata archivisticamente<br />

<strong>in</strong> Gubbio s<strong>in</strong> dal XII secolo, ma con abbondanza<br />

di riferimenti solo a partire<br />

d<strong>alla</strong> prima metà del ‘300, come confermano anche numerosi reperti medievali,<br />

dip<strong>in</strong>ti nello stile “arcaico”, sobrio di forme e colori. Ma il vero grande sviluppo<br />

dell’arte della maiolica si registra tra la f<strong>in</strong>e del ‘400 e i primi del ‘500, <strong>in</strong> concomitanza<br />

con l’avvio dell’attività della bottega di mastro Giorgio Andreoli, celebrato<br />

per i suoi “lustri” iridescenti, e di quelle di altri maestri locali, quali Giacomo di<br />

Paoluccio, i Traversi, i Floris e altri. Infatti <strong>in</strong> questo periodo la fama della città<br />

eugub<strong>in</strong>a è soprattutto legata ai “lustri” dorati, argentei e rosso rub<strong>in</strong>o, ottenuti <strong>in</strong><br />

“terza cottura” secondo la tecnica araba, codificata dal didascalico durant<strong>in</strong>o<br />

Cipriano Piccolpasso, anticamente chiamata “maiolica” e conosciuta poi come<br />

“lustro ad impasto” o “lustro metallico”. Esso si applicava alle opere dip<strong>in</strong>te nello<br />

stile manierista dell’ “istoriato”, come questa Mostra ampiamente testimonia, ma<br />

anche su “grottesche”, “trofei” musicali e d’armi antiche, motivi “a candeliere”,<br />

ecc. Dopo il decremento produttivo dei secoli XVII e XVIII, d<strong>alla</strong> metà dell’ ‘800 si<br />

assiste ad un r<strong>in</strong>novato impulso sull’onda della ripresa storicistica. A partire dagli<br />

<strong>in</strong>izi del ‘900 si aprono numerose fabbriche, nelle quali si attua una notevole<br />

sperimentazione e <strong>in</strong>novazione tecnica.


Casteldurante<br />

Urbania, già nota nel R<strong>in</strong>ascimento con<br />

il nome di Casteldurante, vanta una tradizione<br />

ceramica di molti secoli, che ha<br />

rappresentato nella storia del Ducato di<br />

Urb<strong>in</strong>o un’attività di rilevante importanza<br />

economica. Il periodo più fecondo della<br />

ceramica durant<strong>in</strong>a è stato il ‘500, benché<br />

tracce di documentazione si possano<br />

far risalire f<strong>in</strong>o al Medioevo. La ceramica<br />

durant<strong>in</strong>a nel R<strong>in</strong>ascimento, giovandosi<br />

della committenza del Ducato di<br />

Urb<strong>in</strong>o, conobbe una fioritura di particolare<br />

livello qualitativo, favorita dal facile<br />

reperimento dell’argilla da fiume Metauro<br />

e nutrita dal “raffaellismo”, dai grandi modelli della pittura e d<strong>alla</strong> cultura degli<br />

umanisti di corte. Verso la metà del ‘500, Casteldurante, <strong>in</strong>sieme ad altri centri<br />

dell’area metaurense nelle Marche, specie Urb<strong>in</strong>o e Pesaro, produsse tra le più<br />

belle maioliche del R<strong>in</strong>ascimento dist<strong>in</strong>guendosi da altre aree di produzione, per<br />

l’<strong>in</strong>venzione di repertori decorativi propri, particolarmente per la raff<strong>in</strong>atezza del<br />

genere figurativo detto “istoriato”. Eccellono <strong>in</strong> tal genere maestri come Zoan<br />

Maria Vasaro, il “Pittore <strong>in</strong> Castel Durante”, Simone da Colonnello, i Picchi,<br />

Sebastiano Marforio e altri: pittori di eccezionale bravura nelle figure e nelle<br />

prospettive fuse <strong>in</strong> una gamma policroma di colori smaglianti, <strong>in</strong>gentilita dall’uso<br />

sapiente del bianco; non solo, ma nel ‘500 vari artefici durant<strong>in</strong>i lasciarono il<br />

piccolo centro marchigiano per impiantare offic<strong>in</strong>e e diffondere la loro arte sia <strong>in</strong><br />

Italia sia all’estero. Accanto all’ “istoriato” si produssero con altrettanta perizia<br />

svariate decorazioni: araldica, festoni, foglie di quercia e ghiande, quest’ultime <strong>in</strong><br />

omaggio ai Della Rovere. Nel ‘600 altri valenti modellatori e pittori su maiolica,<br />

come Ippolito Rombaldoni, proseguono la tradizione, specie del “tardo-istoriato”.<br />

Anche tra il ‘600 e il ‘700 nelle ceramiche urbaniesi secolari famiglie di ceramisti<br />

mantengono e r<strong>in</strong>novano l’arte. Alla f<strong>in</strong>e del secolo gli Albani impiantano la<br />

terraglia “all’uso di Inghilterra”, attività che proseguirà f<strong>in</strong>o ai primi del ‘900. Per<br />

tutto il secolo scorso perdura il filone popolare della ceramica d’uso, a lungo<br />

variamente prodotta <strong>in</strong> ambito metaurense. Gli artigiani ceramisti di oggi hanno<br />

fatto grandi passi nella ricerca e ripropongono ancora le antiche forme e i decori<br />

del periodo d’oro di Casteldurante.<br />

Deruta<br />

I primi <strong>in</strong>sediamenti ceramici a Deruta furono sicuramente favoriti d<strong>alla</strong> facile<br />

reperibilità dell’argilla nelle coll<strong>in</strong>e circostanti, dove veniva ancora estratta nei<br />

primi del ‘900, compresi i depositi alluvionali del Tevere.<br />

Se scarsi sono i reperti relativi ai secoli prima del Mille, un considerevole numero<br />

di testimonianze, quali documenti d’archivio, reperti di scavo, e molte opere<br />

superstiti conservate nei Musei e nelle collezioni private, documentano come la<br />

ceramica sia stata prodotta a Deruta <strong>in</strong><strong>in</strong>terrottamente dal Medioevo ad oggi.


Il Medioevo è caratterizzato d<strong>alla</strong> cosiddetta “maiolica arcaica”, con vasellami dip<strong>in</strong>ti<br />

nell’usuale, sobria bicromia bruno-verde, ed ornati di motivi geometrici, zoomorfi,<br />

fantastici o simbolici, sacri e profani. Nel ‘400 si afferma lo “stile tardo-gotico”,<br />

caratterizzato d<strong>alla</strong> ricchezza <strong>delle</strong> varianti formali e soprattutto iconografiche.<br />

Nasce il piatto “da pompa” che riesce ad<br />

accogliere soggetti allegorici, amorosi,<br />

scene guerresche, simboli araldici, ecc.<br />

Nella seconda metà del secolo, Deruta e<br />

i suoi maestri vasai furono al centro di un<br />

<strong>in</strong>tenso movimento artistico e commerciale.<br />

In questo ambito la produzione derutese<br />

del periodo è quanto mai variegata<br />

per qualità e tecniche. D<strong>alla</strong> f<strong>in</strong>e del ‘400<br />

<strong>in</strong> poi nuove forme e decorazioni si sovrapposero<br />

alle precedenti: si attesta una<br />

raff<strong>in</strong>ata produzione policroma, detta<br />

“petal back” per la presenza di decorazioni<br />

a forma di petali sul retro dei piatti, e<br />

di nuove tecniche, come il “lustro”, che<br />

renderà giustamente famose le fabbriche derutesi; grazie a quest’ultimo,che consentiva<br />

di ottenere il colore fulvo dell’oro o il rosso del rub<strong>in</strong>o con sfumature cangianti<br />

e iridescenti, si affermarono nuovi protagonisti, dando vita ad una attività artistica<br />

e commerciale senza precedenti. Un posto d’eccezione è occupato d<strong>alla</strong><br />

produzione “istoriata” di Giacomo Manc<strong>in</strong>i detto “il Frate”, con opere la cui decorazione,<br />

estesa all’<strong>in</strong>tera superficie dei suoi grandi piatti “da pompa”, evoca personaggi<br />

ed episodi dell’epopea cavalleresca, scene profane da Ovidio e temi della<br />

grande pittura, soprattutto temi raffaelleschi, spesso arricchiti col “lustro”, come<br />

questa Mostra ben documenta. Nel ‘600 a Deruta prevale lo stile s<strong>in</strong>tetico della<br />

pittura “compendiaria” dei “bianchi” che a Faenza si erano avviati con largo successo<br />

s<strong>in</strong> d<strong>alla</strong> metà del ‘500. Nel ‘700 si osserva il progressivo abbandono dello<br />

stile “compendiario” per giungere ad uno stile maggiormente colto, con una certa<br />

apertura alle contemporanee tendenze della pittura vedutista. Dopo queste esperienze,<br />

nell’ ‘800 la produzione derutese decl<strong>in</strong>a rapidamente; nei primi del ‘900<br />

però si tornarono a formare nuove maestranze, che si orientarono verso il filone<br />

revivalistico e classicheggiante, ad imitazione degli orig<strong>in</strong>ali c<strong>in</strong>quecente- schi, ed<br />

anche a produzioni più <strong>in</strong>novative.<br />

Urb<strong>in</strong>o<br />

Urb<strong>in</strong>o fu un grande centro della maiolica r<strong>in</strong>ascimentale, grazie al patronato dei<br />

Duchi Della Rovere, <strong>in</strong> omaggio al cui nome assunse particolare importanza la<br />

decorazione “a cerquate”, basata sul motivo della quercia.<br />

L’importanza di Urb<strong>in</strong>o come città ceramica <strong>in</strong>izia nei primi del ‘500, con una serie<br />

di anonimi maestri. Essi si specializzarono nella decorazione “a grottesche”,<br />

festoni, “a trofei”, mascheroni, “a raffaellesche”, derivate dalle “raffaellesche” <strong>delle</strong><br />

Logge Vaticane.


Ma sarà dopo il 1520 che si sancirà la<br />

fama e la fortuna <strong>delle</strong> botteghe urb<strong>in</strong>ati,<br />

soprattutto con il loro stile “istoriato”, generato<br />

sulla sp<strong>in</strong>ta del “raffaellismo” e<br />

trasfuso <strong>in</strong> generale sulle arti applicate<br />

attraverso la mediazione <strong>delle</strong> stampe<br />

diffusive <strong>delle</strong> opere di Raffaello. Sulle<br />

superfici dei vasellami, che ora sono<br />

animati da manici plastici a serpente,<br />

versatoi a teste di chimera o di fauno,<br />

modellati sui contemporanei esempi <strong>in</strong><br />

bronzo o <strong>in</strong> metalli pregiati, si vedono<br />

dip<strong>in</strong>te “istorie” di netta ispirazione raffaellesca.<br />

Alle botteghe urb<strong>in</strong>ati furono<br />

commissionati superbi servizi (“credenze”)<br />

per i più prestigiosi personaggi e<br />

le più importanti famiglie del tempo: il Connestabile di Francia Anne de Montmorency,<br />

il Card<strong>in</strong>ale Duprat, gli Strozzi, i Pucci, i Gonzaga, i Paleologo del Monferrato,<br />

Guidobaldo II Della Rovere, ecc., composti di svariate cent<strong>in</strong>aia di pezzi,<br />

spesso caricati di stemmi ed “imprese” che esaltavano la dignità storica <strong>delle</strong><br />

famiglie e costituivano l’orgogliosa espressione del loro splendore. Nel genere<br />

“istoriato” si cimentarono grandi pittori-maiolicari come Nicola di Gabriele Sbraghe<br />

che si firmava “Nicola da Urb<strong>in</strong>o”, Francesco Xanto Avelli da Rovigo, attivo <strong>in</strong><br />

Urb<strong>in</strong>o dal 1530 circa, Guido Durant<strong>in</strong>o e i Fontana, ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la bottega tardor<strong>in</strong>ascimentale<br />

dei Patanazzi, attiva s<strong>in</strong>o al terzo decennio del ‘600, che accentuarono<br />

il gusto dei modi ultraornati dell’ “istoriato” e della “raffaellesca” <strong>in</strong> forme modellate<br />

a tutto tondo, già con impronta barocca. L’arte dei maiolicari urb<strong>in</strong>ati <strong>in</strong>terpreta<br />

ed esalta così pienamente il clima, il gusto, l’erudizione umanistica dell’ambiente<br />

della corte d’Urb<strong>in</strong>o: valori che giustificano il maggior rilievo dato a tale<br />

ambito <strong>in</strong> questa Mostra. Le maioliche d’Urb<strong>in</strong>o divennero note <strong>in</strong> tutta Europa ed<br />

ancora oggi la ceramica urb<strong>in</strong>ate è presente nei Musei più importanti nel mondo,<br />

proprio come l’Ermitage di San Pietroburgo sta a di<strong>mostra</strong>re.<br />

Pesaro<br />

Fu uno dei più importanti centri della maiolica nelle Marche, con Casteldurante<br />

(Urbania) e Urb<strong>in</strong>o.<br />

Dopo una significativa fase “arcaica” o tardomedievale, la maiolica di Pesaro<br />

concilia la cultura gotica con quella “moresca”, sfociando nella seconda metà del<br />

‘400 <strong>in</strong> un raff<strong>in</strong>ato repertorio di “foglie gotiche”, “occhi di penna di pavone”, motivi<br />

“<strong>alla</strong> porcellana” e vari temi r<strong>in</strong>ascimentali.<br />

Nel 1496 vi si crearono le mattonelle per gli appartamenti d’Isabella d’Este Gonzaga<br />

a Mantova, e attraverso la sorella di lei, Beatrice, sposa di Lodovico il Moro<br />

duca di Milano, le botteghe pesaresi godettero la protezione degli Sforza. Nel<br />

‘500, accanto ai “trofei ocracei”, ai “quartieri” a fondi policromi, alle cosiddette<br />

“belle donne”, a festoni, ed ai più rari vasellami “ a dorature” e “a lustro”, a Pesaro


fiorì lo “stile istoriato” ad opera di eccellenti<br />

maestri, anonimi (“Il pittore del pianeta<br />

Venere”, il “Pittore di Argo”, il “Pittore<br />

di Zenobia” e altri) e non, come Sforza<br />

di Marcantonio e Girolamo Lanfranco<br />

<strong>delle</strong> Gabicce: quest’ultimo è figura centrale<br />

nella produzione ceramica pesarese,<br />

la cui fiorente bottega sfornò opere<br />

con caratteri più vivacemente pittorici,<br />

fortemente ombreggiati e di forte effetto<br />

cromatico, con l’uso abbondante dell’<br />

arancione e con frenetica animazione<br />

<strong>delle</strong> scene. L’antica tradizione rifiorì nel<br />

XVIII secolo soprattutto con la prospera<br />

bottega di Antonio Casali e Filippo Callegari,<br />

e proseguì f<strong>in</strong>o <strong>alla</strong> metà dell’ ‘800.In questo periodo si crearono maioliche<br />

con policromie “a terzo fuoco” e con dorature, con mazzetti, paesaggi e soggetti<br />

arcadici.<br />

Fabriano<br />

Secondo scrupolose <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i archivistiche,<br />

è ormai riconosciuto che a Fabriano<br />

esisteva un’importante tradizione d’arte<br />

ceramica già dal XIV secolo, addirittura<br />

famiglie e “società di vasari” che si sono<br />

tramandate l’arte per secoli.<br />

Tuttavia il nome del piccolo centro marchigiano<br />

nella storia della maiolica italiana<br />

viene sancito d<strong>alla</strong> iscrizione “Fabriano<br />

1527” su di un piatto dell’Ermitage,<br />

che la presente Mostra consente di ammirare,<br />

“istoriato” con il noto tema raffaellesco<br />

della “Madonna della Scala”. Sul<br />

verso esso porta la marca “V sbarrata”,<br />

la stessa che contrassegnando un piatto del Victoria and Albert Museum di<br />

Londra, raffigurante il “Ratto di Proserp<strong>in</strong>a”, rafforza l’esistenza d’una fabbrica<br />

locale che a Fabriano lavorò nello stile del contemporaneo “istoriato” urb<strong>in</strong>ate,<br />

particolarmente di “Nicola da Urb<strong>in</strong>o”.<br />

Non meno pregevoli sono i vasellami da “credenza”, che gravitano sulle più<br />

importanti committenze locali, soprattutto quella della famiglia Agost<strong>in</strong>i, che si<br />

contraddist<strong>in</strong>gue per lo stemma della prestigiosa casata, attorniato da “trofei”,<br />

vessilli, strumenti musicali, ecc.


Venezia<br />

Il grande centro lagunare fu sede di<br />

attivi “scudeleri” e “bocaleri” s<strong>in</strong> dal<br />

Medioevo, che fabbricavano soprattutto<br />

vasellami <strong>in</strong>gobbiati e “graffiti”.<br />

Le botteghe veneziane tuttavia andarono<br />

famose a partire dal ‘500, grazie<br />

all’apporto di maestranze che si erano<br />

trasferite <strong>in</strong> laguna già con un ricco<br />

bagaglio di esperienze, provenienti da<br />

altri centri, specialmente dall’area<br />

marchigiana.<br />

Così, accanto <strong>alla</strong> decorazione “<strong>alla</strong><br />

porcellana”, “a grottesche”, “a trofei”,<br />

ecc., si sviluppò il genere figurato o<br />

“istoriato”, ma <strong>in</strong> modo piuttosto <strong>in</strong>dipendente rispetto agli altri centri italiani e con<br />

una qualità tecnica ricca di materia cromatica e di particolare lucentezza degli<br />

smalti. L’ “istoriato” veneziano vede emergere personalità quali Maestro Ludovico<br />

e Jacopo da Pesaro, che amano ornati <strong>in</strong> turch<strong>in</strong>o o <strong>in</strong> bianco su fondo grigio o<br />

azzurr<strong>in</strong>o (“berett<strong>in</strong>o”), talvolta a fare da cornice a solitarie figure, del<strong>in</strong>eate<br />

anch’esse <strong>in</strong> dom<strong>in</strong>ante monocromia blu. Nella seconda metà del ‘500 spiccano<br />

soprattutto Mastro Domenico “da Venezia” e la sua fiorente bottega, cui sono<br />

attribuiti <strong>in</strong>teri corredi da farmacia, composti di vasellami decorati “a foglie e frutta”<br />

policrome di lussureggiante festosità, abb<strong>in</strong>ate a medaglioni con ritratti o figure<br />

che, nel loro pittoricismo caldo e nel ductus sciolto, rivelano sensibili apporti ed<br />

<strong>in</strong>flussi della coeva pittura veneziana. La maiolica veneta sei-settecentesca si<br />

specializza <strong>in</strong> raff<strong>in</strong>ati vasellami dal fondo azzurro-perl<strong>in</strong>o, detti “lates<strong>in</strong>i”; con le<br />

veneziane Manifatture Vezzi e Cozzi, quest’ultima attiva s<strong>in</strong>o al 1812, si assiste<br />

anche allo sviluppo sia della porcellana sia della terraglia “ad uso d’Inghilterra”.<br />

Rim<strong>in</strong>i<br />

A Rim<strong>in</strong>i, favorita da un’eccellente argilla<br />

figul<strong>in</strong>a, fiorì una notevole attività ceramica<br />

s<strong>in</strong> dal Medioevo, la cui fortuna si legò<br />

soprattutto <strong>alla</strong> produzione che esaltava<br />

nella decorazione l’araldica e le “imprese”<br />

della d<strong>in</strong>astia malatestiana.<br />

La ceramica rim<strong>in</strong>ese è testimoniata sia<br />

dalle fonti archivistiche, che attestano<br />

l’attività di numerose fornaci, sia da <strong>in</strong>numerevoli<br />

reperti recuperati <strong>in</strong> aree urbane,<br />

che documentano tangibilmente la parte<br />

importante sostenuta dai ceramisti locali<br />

allo sviluppo dell’arte.<br />

Nel R<strong>in</strong>ascimento la maiolica rim<strong>in</strong>ese rafforzò<br />

sensibilmente la qualità e il tessuto decorativo dei suoi prodotti, facendo


proprie le tematiche più <strong>in</strong> voga tra la f<strong>in</strong>e del ‘400 e i primi del ‘500: fogliami<br />

tardo-gotici, profili di donna (le cosiddette “belle donne”), motivi araldici e r<strong>in</strong>ascimentali,<br />

ecc.<br />

Inoltre, splendidi esempi <strong>in</strong> raccolte italiane e straniere attestano come, s<strong>in</strong> dai<br />

primi del ‘500, a Rim<strong>in</strong>i si sviluppasse il filone della maiolica “istoriata”. In questo<br />

ambito dom<strong>in</strong>a la personalità di maestro Giulio da Urb<strong>in</strong>o, che, attorno al 1535,<br />

presso la bottega rim<strong>in</strong>ese di maestro Alessandro, sforna una serie di opere<br />

pregevolissime, firmate, datate e contrassegnate d<strong>alla</strong> dicitura “<strong>in</strong> Arim<strong>in</strong>o”. Le<br />

opere assegnabili al suo soggiorno rim<strong>in</strong>ese rivelano come la sua formazione<br />

pittorica si affacci già matura e si esprima <strong>in</strong> una sicura vena <strong>in</strong>terpretativa <strong>in</strong> cui<br />

sono costanti la bella grafia, il ductus scorrevole, elegante, che si esplica con<br />

sagacia nei bizzarri dettagli “musicali” <strong>delle</strong> architetture, e <strong>in</strong> una tavolozza piena,<br />

congiunta ad un uso equilibrato del bistro, specie nei corpi dei protagonisti <strong>delle</strong><br />

sue “istorie”, per lo più profane, quasi memoria dei suoi trascorsi urb<strong>in</strong>ati.<br />

Dopo la breve stagione di maestro Giulio, l’arte della maiolica a Rim<strong>in</strong>i proseguirà<br />

sia nel filone popolare sia <strong>in</strong> quello devozionale.<br />

Ferrara<br />

In epoca medievale a Ferrara si produsse<br />

vasellame di terracotta <strong>in</strong>vetriata,<br />

nonché prodotti <strong>in</strong>gobbiati e “graffiti”,<br />

con decorazioni comuni anche ad altre<br />

zone padane, con motivi geometrici,<br />

vegetali, animali, temi simbolici, araldici<br />

e religiosi.<br />

Nel periodo r<strong>in</strong>ascimentale furono gli<br />

Estensi ad amare e a proteggere l’arte<br />

della ceramica. Ferrara ebbe così<br />

fabbriche prestigiose, <strong>in</strong> cui lavorarono<br />

modellatori e “magistri alemanni”, pittori<br />

ed artisti di grande perizia, che<br />

prestarono i loro modelli all’arte della<br />

ceramica.<br />

L’apporto culturale della feconda “offic<strong>in</strong>a<br />

ferrarese” è di<strong>mostra</strong>to sia attraverso<br />

il vasellame “graffito” figurato,<br />

legato all’ iconografia dei grandi cicli pittorici<br />

estensi, sia da una serie di piccole sculture a tutto tondo, oggetti con<br />

funzione di calamai, per lo più elaborate sul tema <strong>delle</strong> figure femm<strong>in</strong>ili allegoriche<br />

o del “San Giorgio che uccide il drago”; d’altronde il Santo a Ferrara, <strong>in</strong> forza di un<br />

particolare sentimento religioso, è glorificato da una schiera di artisti quali il Tura,<br />

il Dossi e il Paris, e da artigiani, come medaglisti, m<strong>in</strong>iatori, arazzieri, ecc.<br />

Dai documenti del XV e XVI secolo risultano attive a Ferrara maestranze<br />

provenienti da Faenza e da Urb<strong>in</strong>o. Botteghe ducali furono attive al tempo di<br />

Ercole I, Alfonso I e Alfonso II. Al loro <strong>in</strong>terno, a parte gli esperimenti per<br />

fabbricare porcellana, si lavorarono vasellami comuni e mattonelle da<br />

rivestimento, servizi e piatti da parata, sia <strong>in</strong>gobbiati sia maiolicati.


Toscana<br />

La grande tradizione della ceramica toscana<br />

si colloca precocemente e con<br />

un ruolo centrale all’<strong>in</strong>terno del panorama<br />

italiano s<strong>in</strong> dal periodo tardo-medievale<br />

(“arcaico”) e poi gotico.<br />

Nella prima metà del ‘400, la qualità<br />

raggiunta del l<strong>in</strong>guaggio dell’arte della<br />

maiolica è testimoniata soprattutto dal<br />

vasellame <strong>in</strong> blu (“zaffera”), per lo più<br />

dest<strong>in</strong>ato alle farmacie di Firenze.<br />

Famosa è la fornitura di molte cent<strong>in</strong>aia<br />

di pezzi, che, secondo i documenti, si<br />

può far risalire al 1431, contrassegnati<br />

dall’emblema della gruccia, per la “spezieria”<br />

dell’Ospedale di Santa Maria Nuova: commissione della quale, oltre<br />

all’Ermitage anche il <strong>Museo</strong> faent<strong>in</strong>o può vantare alcuni pregevoli vasellami.<br />

Circa le <strong>in</strong>fluenze che possono avere <strong>in</strong>centivato la diffusione di tale produzione,<br />

caratterizzata dal blu dato a corpo, per questo detta “zaffera a rilievo” (o “goccioloni”),<br />

ricordiamo che per taluni studiosi si tratta di una derivazione tecnologica da<br />

prodotti vetrari bizant<strong>in</strong>i, mentre secondo altri si spiega piuttosto coi numerosi<br />

paralleli che si possono istituire tra il repertorio decorativo <strong>delle</strong> maioliche toscane,<br />

soprattutto di area fiorent<strong>in</strong>a o montelup<strong>in</strong>a, e quello diffuso e trasfuso dai motivi<br />

dei tessuti tardo-medievali, presenti negli arredi o effigiati nella pittura fiorent<strong>in</strong>a.<br />

Le offic<strong>in</strong>e toscane, <strong>in</strong>tendendo soprattutto quelle di Montelupo, dal secondo ‘400<br />

al primo ‘500 si attestano con una <strong>delle</strong> più ricche documentazioni relative alle<br />

cosiddette “famiglie” decorative r<strong>in</strong>ascimentali: alludiamo <strong>alla</strong> tematica “italomoresca”,<br />

<strong>alla</strong> foglia gotica “accartocciata”, <strong>alla</strong> “palmetta persiana”, all’ “occhio di<br />

penna di pavone”, al genere “<strong>alla</strong> porcellana”, ecc.<br />

A Siena, <strong>in</strong>oltre, agli <strong>in</strong>izi del ‘500 si colgono stretti legami tra l’ambiente artistico<br />

locale e gli esiti decorativi, specie le “grottesche”, che si riverberano analogamente<br />

sia sui vasellami sia sui pavimenti maiolicati di importanti edifici senesi.<br />

L’ “istoriato” nel ‘500, policromo secondo la moda urb<strong>in</strong>ate, attecchirà anche nelle<br />

fornaci toscane: Montelupo, Cafaggiolo, Siena e altre, registrando nel ‘700 una<br />

raff<strong>in</strong>ata ripresa nel Senese, su modelli di matrici raffaellesche, presso la Fabbrica<br />

dei Chigi Zondadari.<br />

Testi a cura di Carmen Ravanelli Guidotti


Elenco <strong>delle</strong> opere del catalogo della <strong>mostra</strong> a cura di Elena Ivanova<br />

1. Ferrara – f<strong>in</strong>e del XV secolo<br />

Calamaio. “S. Giorgio che uccide il<br />

drago”<br />

2. Firenze - 1425-50<br />

Vaso biansato da farmacia. Uccello e<br />

foglie di quercia<br />

3. Firenze - 1425-50<br />

Vaso biansato da farmacia. Aquila e<br />

foglie di quercia<br />

4. Toscana – 1480 ca.<br />

Vaso con manici a forma di drago<br />

5. Faenza - 1520-25<br />

Coppa. “Giudizio di Salomone”<br />

6. Faenza - 1520-25<br />

Coppa. “Il sacrificio di Marco Curzio”<br />

7. Faenza – 1550 ca.<br />

Vaso da farmacia. “Camilla” e motivi<br />

“a quartieri”<br />

8. Faenza – 1563<br />

Grande coppa. Motivo a rete e piccoli<br />

animali<br />

9. Faenza - 1535-40<br />

Coppa. “Atena” e “grottesche”<br />

10. Faenza, bottega di Baldassarre<br />

Manara - 1540-45<br />

Grande vaso cil<strong>in</strong>drico da farmacia<br />

(“albarello”). “Natività” e motivi ”a<br />

quartieri”<br />

11. Castelli - 1530-60<br />

Grande fiasca biansata da farmacia.<br />

“Lucrezia” e motivi vegetali<br />

12. Castelli - 1530-60<br />

Grande fiasca biansata da farmacia.<br />

Figura di santo martire e motivi<br />

vegetali<br />

13. Castelli - 1530-60<br />

Brocca da farmacia. Coppia di busti e<br />

motivi vegetali<br />

14. Castelli - 1530-60<br />

Vaso biansato da farmacia. “Camilla”<br />

e motivi vegetali<br />

15. Castelli - 1530-60<br />

Vaso cil<strong>in</strong>drico da farmacia<br />

(“albarello”). Busto virile e motivi<br />

vegetali<br />

16. Castelli - 1530-60<br />

Vaso sferoidale biansato da farmacia.<br />

Busto virile<br />

17. Castelli – seconda metà del XVI<br />

secolo<br />

Grande r<strong>in</strong>frescatoio a navicella con<br />

stemma Farnese<br />

18. Deruta - 1500-10<br />

Piatto. “Flagellazione di Cristo” e<br />

cornice “a grottesche”<br />

19. Deruta – 1510-20<br />

Piatto. “Trionfo di Castità”<br />

20. Deruta – 1500 ca.<br />

Vaso cil<strong>in</strong>drico da farmacia<br />

(“albarello”). Busto femm<strong>in</strong>ile e<br />

festoni<br />

21. Deruta – 1500 ca.<br />

Vaso cil<strong>in</strong>drico da farmacia<br />

(“albarello”). Busto virile e festoni<br />

22. Deruta – prima metà del XVI secolo<br />

Vaso biansato. Busto di S. Francesco<br />

e motivi vegetali<br />

23. Deruta - 1530-40<br />

Saliera triangolare. Motivi vegetali<br />

24. Deruta, Giacomo Manc<strong>in</strong>i detto “El<br />

Frate” – 1545<br />

Piatto. “Erisitone abbatte gli alberi<br />

sacri a Cerere”<br />

25. Deruta, Giacomo Manc<strong>in</strong>i detto “El<br />

Frate” – metà del XVI secolo<br />

Piatto. Santa Cecilia<br />

26. Deruta – 1520 ca.<br />

Versatore monoansato. Motivi “a<br />

grottesche”<br />

27. Deruta - 1520-25<br />

Piatto. Busto di guerriero e cornice ad<br />

“embricazioni”<br />

28. Deruta – 1560-70<br />

Brocca da farmacia. Emblema di Porta<br />

Sole a Perugia e “grottesche”<br />

29. Urb<strong>in</strong>o, Nicola da Urb<strong>in</strong>o – 1521<br />

Coppa. Re <strong>in</strong> trono<br />

30. Fabriano, bottega di Nicola da Urb<strong>in</strong>o<br />

- 1527<br />

Coppa. Presentazione della Verg<strong>in</strong>e al<br />

tempio<br />

31. Urb<strong>in</strong>o - 1530-35<br />

Coppa. “Laocoonte”<br />

32. Urb<strong>in</strong>o, Ambito di Nicola da Urb<strong>in</strong>o -<br />

1530-35<br />

Piatto. “Pasife”<br />

33. Urb<strong>in</strong>o, Ambito di Nicola da Urb<strong>in</strong>o -<br />

1530-35<br />

Piatto. “Ercole e Onfale”<br />

34. Urb<strong>in</strong>o, Nicola da Urb<strong>in</strong>o (?) – 1525<br />

ca.<br />

Coppa. Donna con due spugne


35. Urb<strong>in</strong>o, Ambito di Nicola da Urb<strong>in</strong>o -<br />

1520-30<br />

Coppa. “La salita al Calvario”<br />

36. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Nicola da Urb<strong>in</strong>o -<br />

1530-35<br />

Piatto. “Pasife e Dedalo” e stemma<br />

Gonzaga-Paleologo<br />

37. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli,<br />

decorato con lustro a Gubbio – 1534<br />

Piatto. “Carlo V punisce Roma<br />

corrotta”<br />

38. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli - 1530-<br />

32<br />

Piatto. “Le tre Parche”<br />

39. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli,<br />

lustrato da Mastro Giorgio da Gubbio<br />

– 1531<br />

Piatto. “Anfiarao ed Erifile”<br />

40. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli – 1534<br />

Piatto. La caduta di Firenze del 1530<br />

41. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli – 1532<br />

Piatto. “Morte di Calano” e stemma<br />

Pucci<br />

42. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli –<br />

1530-40.<br />

Piatto. “Laocoonte”<br />

43. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli, –<br />

1532<br />

Piatto. “Ercole e Cerbero”<br />

44. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli,<br />

lustrato da Mastro Giorgio da Gubbio<br />

– 1535<br />

Piatto. “Polifemo, Galatea e Aci” e<br />

stemma di Jacopo Pesaro Vescovo di<br />

Pafo<br />

45. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Xanto Avelli,<br />

lustrato a Gubbio – 1535<br />

Piatto. “Enea <strong>in</strong>contra Anchise ai<br />

campi Elisi”<br />

46. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli – 1534<br />

ca.<br />

Piatto. “La vestale verg<strong>in</strong>e sepolta<br />

viva”<br />

47. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli – 1537<br />

Piatto. “Sansone distrugge il tempio<br />

dei Filistei”<br />

48. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli –<br />

prima del 1531<br />

Lastra. “Il combattimento tra Achille<br />

ed Ettore”<br />

49. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli – 1542<br />

Piatto. “Vulcano forgia le frecce per<br />

Cupido”<br />

50. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli – 1534<br />

Piatto. “Morte di Cleopatra”<br />

51. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Xanto Avelli – 1538<br />

Piatto. “La vestale Tuccia porta al<br />

tempio l’acqua del Tevere con un<br />

setaccio”<br />

52. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Durant<strong>in</strong>o nella<br />

bottega di Guido di Merl<strong>in</strong>o – 1540 ca.<br />

Coppa. “L’imbarco <strong>delle</strong> truppe di<br />

Scipione”<br />

53. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Durant<strong>in</strong>o – 1544<br />

Piatto. “Proserp<strong>in</strong>a”<br />

54. Urb<strong>in</strong>o, Francesco Durant<strong>in</strong>o – 1540<br />

ca.<br />

Piatto. “Filomena e Procne”<br />

55. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Guido Durant<strong>in</strong>o –<br />

1527-35<br />

Piatto. “Il trionfo di Davide” e stemma<br />

del Card<strong>in</strong>ale Anto<strong>in</strong>e Duprat<br />

56. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Guido Durant<strong>in</strong>o –<br />

1527-35<br />

Piatto. “Presentazione di Samuele al<br />

tempio” e stemma del Card<strong>in</strong>ale<br />

Anto<strong>in</strong>e Duprat<br />

57. Urb<strong>in</strong>o, bottega dei Fontana – 1560<br />

ca.<br />

Piatto. “Il ratto di Europa”<br />

58. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Guido Durant<strong>in</strong>o -<br />

1530-1540<br />

Piatto. “La strage degli <strong>in</strong>nocenti”<br />

59. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Guido di Merl<strong>in</strong>o (?)<br />

– 1540 ca.<br />

Piatto. “Perseo e Andromeda”<br />

60. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Guido di Merl<strong>in</strong>o –<br />

1540 ca.<br />

R<strong>in</strong>frescatoio biansato. “Orazio<br />

Coclite sul ponte”<br />

61. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Guido di Merl<strong>in</strong>o -<br />

1540-50<br />

Piatto. “Alessandro e Diogene” e<br />

stemma Asburgo Hervardt e<br />

Schellenberg<br />

62. Urb<strong>in</strong>o, bottega di Orazio Fontana -<br />

1565-71<br />

R<strong>in</strong>frescatoio a triangolo. “Il trionfo di<br />

Galatea”<br />

63 Urb<strong>in</strong>o, bottega di Orazio Fontana -<br />

1565-71<br />

R<strong>in</strong>frescatoio a triangolo. “La discesa<br />

di Carlo V <strong>in</strong> Italia” e stemma di<br />

Guidobaldo II Della Rovere<br />

64 Urb<strong>in</strong>o, bottega di Orazio Fontana -<br />

1560-80<br />

Piatto. “Giosuè ferma il sole”


65 Urb<strong>in</strong>o, bottega di Orazio Fontana -<br />

1565-70<br />

Grande vassoio ovale. “M<strong>in</strong>erva e le<br />

Muse” e motivi “a raffaellesche”<br />

66 Urb<strong>in</strong>o, bottega di Orazio Fontana (?),<br />

- 1580-90<br />

Anfora. “Scene della vita di Santa<br />

Lucia”<br />

67 Urb<strong>in</strong>o, bottega dei Fontana – 1540<br />

ca.<br />

Piatto. “La condanna di Perillo” e<br />

stemma Medici-Pucci<br />

68 Urb<strong>in</strong>o – f<strong>in</strong>e del XVI secolo<br />

Piatto. “Il peccato orig<strong>in</strong>ale”<br />

69 Urb<strong>in</strong>o, lustrata da Mastro Giorgio da<br />

Gubbio – 1534<br />

Coppa. “Marte e Venere nella rete di<br />

Vulcano”<br />

70 Urb<strong>in</strong>o o Venezia, bottega di<br />

Domenico da Venezia - 1560-65<br />

Coppa. “Esaù e Giacobbe”<br />

71 Urb<strong>in</strong>o – f<strong>in</strong>e del XVI secolo<br />

Coppa. “Volumnia e i figli d<strong>in</strong>nanzi a<br />

Coriolano”<br />

72 Urb<strong>in</strong>o - 1535-40<br />

Piatto. “Perseo e Andromeda”<br />

73 Urb<strong>in</strong>o – 1541<br />

Piatto. “Psiche e le sorelle”<br />

74 Urb<strong>in</strong>o – 1540-50.<br />

Piatto. “Venere e Psiche“<br />

75 Urb<strong>in</strong>o – 1550-60<br />

Piatto. “Aretusa e Alfeo”<br />

76 Urb<strong>in</strong>o - 1575-1600<br />

Coppa. “Il banchetto nella casa di<br />

Abramo”<br />

77 Urb<strong>in</strong>o – 1550-60<br />

Coppa. “Marte, Venere e Vulcano”<br />

78 Urb<strong>in</strong>o – 1542<br />

Coppa. “Allegoria <strong>delle</strong> quattro<br />

stagioni”<br />

79 Urb<strong>in</strong>o – 1540-50<br />

Piatto. “Battesimo di Cristo”<br />

80 Urb<strong>in</strong>o - 1535-40<br />

Coppa. “Priamo e Achille”<br />

81 Urb<strong>in</strong>o – 1551<br />

Piatto. “Mosè riceve le Tavole da Dio”<br />

82 Urb<strong>in</strong>o, lustrato a Gubbio – 1534<br />

Piatto. “Marte e Venere nella rete di<br />

Vulcano”<br />

83 Urb<strong>in</strong>o , lustrata da Mastro Giorgio da<br />

Gubbio – 1530-40.<br />

Coppa. “Muzio Scevola al cospetto di<br />

Porsenna”<br />

84 Urb<strong>in</strong>o - 1530-40<br />

Coppa. “La deposizione di Cristo”<br />

85 Urb<strong>in</strong>o – seconda metà del XVI secolo<br />

Coppa. “Rebecca partorisce Esaù e<br />

Giacobbe”<br />

86 Urb<strong>in</strong>o – 1542<br />

Piatto. “Muzio Scevola al cospetto di<br />

Porsenna”<br />

87 Urb<strong>in</strong>o – 1539<br />

Coppa. “Latona e i pastori”<br />

88 Urb<strong>in</strong>o – 1540-50<br />

Coppa. “Dio appare ad Isacco”<br />

89 Urb<strong>in</strong>o – seconda metà del XVI secolo<br />

Piatto. “la cacciata di Adamo ed Eva”<br />

90 Urb<strong>in</strong>o – 1543<br />

Coppa. “Diana trasforma Callistone <strong>in</strong><br />

orsa”<br />

91 Urb<strong>in</strong>o o Pesaro – 1541<br />

Piatto. “I figli di Niobe colpiti dalle<br />

frecce di Apollo”<br />

92 Urb<strong>in</strong>o – 1541<br />

Coppa. “Scena dal mito di Cupido e<br />

Psiche”<br />

93 Urb<strong>in</strong>o, bottega dei Fontana – 1540-50<br />

Fiasca. “Storie della vita di Esopo”<br />

94 Urb<strong>in</strong>o – 1540-50<br />

Fiasca con tappo e piede <strong>in</strong> bronzo.<br />

“Noè ebbro”<br />

95 Urb<strong>in</strong>o, bottega dei Patanazzi - 1575-<br />

1600<br />

Guttatoio. Bacco appoggiato <strong>alla</strong><br />

botte<br />

96 Urb<strong>in</strong>o, bottega dei Patanazzi - 1575-<br />

1600<br />

Gruppo plastico. Maria Maddalena<br />

<strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiata davanti al Crocefisso<br />

97 Urb<strong>in</strong>o, bottega dei Patanazzi – 1575 –<br />

1600<br />

Guttatoio. “S. Girolamo”<br />

98 Urb<strong>in</strong>o, bottega dei Patanazzi - 1580-<br />

90<br />

Calamaio. “L’Arcangelo Michele<br />

sconfigge il diavolo”<br />

99 Rim<strong>in</strong>i – 1535<br />

Coppa. “Il Cavallo di Troia”<br />

100 Casteldurante – 1579<br />

Anfora da farmacia. Figura allegorica<br />

della Fortuna e motivi “a trofei”<br />

101 Casteldurante - 1569<br />

Vaso cil<strong>in</strong>drico da farmacia<br />

(“albarello”). Motivi ”a trofei”<br />

102 Casteldurante – 1531<br />

Coppa. Ritratto di CarloV


103 Casteldurante – 1525 ca.<br />

Coppa. “La strage degli Innocenti”<br />

104 Casteldurante (?), lustrata a Gubbio -<br />

1535-40<br />

Coppa. Busto di donna (“Letizia<br />

bella”)<br />

105 Casteldurante - 1530-37<br />

Coppa. Busto di donna (“Cassandra”)<br />

106 Casteldurante – 1531<br />

Piatto. “Giochi di Cupidi”<br />

107 Casteldurante - 1530-40<br />

Coppa. Coppia d’<strong>in</strong>namorati<br />

108 Casteldurante – 1535 ca.<br />

Coppa. Busto di S. Paolo<br />

109 Casteldurante – 1526<br />

Vassoio. Motivi a rilievo di rami di<br />

rovere<br />

110 Casteldurante – 1525<br />

Coppa. “S. Mart<strong>in</strong>o divide il suo<br />

mantello”<br />

111 Casteldurante, bottega di Giovanni<br />

Maria Vasaro - 1510-20<br />

Coppa. Busto di Marcovaldo<br />

112 Casteldurante, bottega di Andrea da<br />

Negroponte – 1551<br />

Piatto. “Sansone e Dalila” e stemma<br />

“Sapiens”<br />

113 Casteldurante, bottega di Andrea da<br />

Negroponte – 1560-70.<br />

Coppa (“cresp<strong>in</strong>a”). “Il sacrificio di<br />

Marco Curzio”<br />

114 Urb<strong>in</strong>o o Pesaro (?), bottega di<br />

Sforza di Marcantonio – 1570-76<br />

Piatto. “Ero e Leandro”<br />

115 Pesaro, Sforza di Marcantonio (?),<br />

lustrato a Gubbio – 1550-60<br />

Piatto. “Saturno e Filira”<br />

116 Pesaro, Maestro di Zenobia –<br />

1550-60.<br />

Piatto. “Attilio Regolo”<br />

117 Gubbio, Mastro Giorgio - 1522<br />

Piatto. “La caduta di Fetonte”<br />

118 Gubbio – 1520-30<br />

Calamaio. Putto seduto e stemma<br />

card<strong>in</strong>alizio<br />

119 Gubbio o Cafaggiolo – prima metà<br />

del XVI secolo<br />

Vaso sferico. Baccellature <strong>in</strong> rilievo e<br />

motivi floreali<br />

120 Gubbio, Mastro Giorgio<br />

Andreoli – 1520<br />

Piatto. Tre Cupidi che giocano e<br />

stemma<br />

121 Venezia, bottega di Domenico da<br />

Venezia - 1565-75<br />

Vaso sferoidale. Motivo a paesaggio<br />

122 Venezia – seconda metà del XVI<br />

secolo<br />

Vaso ovoidale. “S. Rocco” e motivi a<br />

fogliami<br />

123 Venezia – 1580 ca<br />

Piatto. Allegoria del Tempo<br />

124 Venezia – 1530 ca.<br />

Vaso cil<strong>in</strong>drico da farmacia<br />

(“albarello”). Motivi di fogliami e<br />

frutta<br />

125 Venezia – f<strong>in</strong>e del XVI secolo<br />

R<strong>in</strong>frescatoio biansato. Motivi floreali<br />

entro baccellature e stemma al centro<br />

Ferrara – f<strong>in</strong>e del XV secolo<br />

Calamaio. “S. Giorgio che uccide il<br />

drago”<br />

M.I.C.- Donazione Galeazzo Cora, 1983<br />

Stampato dal M.I.C. il 29/V/2003

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!