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19. I DISOCCUPATI,<br />
1954, olio su tela,<br />
cm 93,5 x 143,8.<br />
assicurandogli un ruolo di primo piano sulla scena regionale e la presenza in<br />
tutte le Quadriennali romane del decennio.<br />
Consolidata la scelta di campo, <strong>Fois</strong> approfondisce i riferimenti stilistici e<br />
tecnici del suo lavoro. Nei grandi quadri sociali la sintesi figurale trova sempre<br />
più frequentemente accenti epici, mentre nei ritratti, a partire da quello<br />
felicemente risolto del padre (fig. 28), la dialettica segno-colore volge verso<br />
esiti decorativi che, senza contraddire l’impianto realista, ne accrescono l’efficacia<br />
visiva. In entrambi, peraltro, l’espressività cromatica si arricchisce via<br />
via di un senso di sospensione contemplativa che ricorda certe soluzioni<br />
controcorrente della pittura di Roberto Melli, e ribadisce la peculiarità del<br />
suo percorso all’interno degli orizzonti neorealisti.<br />
Ai dipinti si affianca anche una interessante produzione grafica: disegni a china<br />
e a pennarello, pastelli, e soprattutto litografie e xilografie. Lavori stilisticamente<br />
meno unitari ma utili per capire la molteplicità d’intenti che convive<br />
nell’opera dell’artista. Più libero nell’assecondare i suoi spunti creativi, <strong>Fois</strong> rimescola<br />
nella grafica diversi elementi linguistici, alternando una resa realistica<br />
più tradizionale con scarti deformanti di segno e di luce; e se nelle prove xilografiche<br />
sembra dar sfogo alle tensioni espressive più forti, sublimando nei<br />
contrasti dei bianchi e dei neri le pulsioni aggressive verso la realtà, nelle litografie<br />
recupera una vena romantica che oscilla tra le rimembranze<br />
realiste del Raccoglitore di patate e le suggestioni<br />
intimiste della serie dedicata al circo.<br />
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Nella pittura i passaggi sono più meditati.<br />
Tuttavia nella seconda metà<br />
degli anni Cinquanta anch’essa rivela<br />
aspetti nuovi. La serie dei girasoli<br />
(figg. 21-24), realizzata nel 1957, è in<br />
questo senso indicativa. Il riferimento<br />
iniziale ancora una volta è Van Gogh;<br />
però il tributo al grande maestro è<br />
solo uno spunto e la pennellata sofferta<br />
dell’artista olandese si trasforma<br />
in uno scintillante arabesco di colori<br />
che proietta in senso astratto sia l’impronta<br />
cubista dell’impianto costruttivo<br />
sia la resa geometrizzante dei<br />
volumi. E poi ci sono le due grandi<br />
tele, Eleonora d’Arborea (figg. 25-26)<br />
20. COLATA DI CEMENTO, 1955-57<br />
olio su tela, cm 178 x 201.<br />
Il quadro conferma la propensione epica del<br />
Neorealismo di <strong>Fois</strong>, che cerca nella chiarezza<br />
compositiva la sintesi tra la tensione espressiva del<br />
colore e la dimensione realistica del tema. Il carattere<br />
unitario della scena risolve in modo armonico<br />
l’apparente divaricazione fra l’astrattezza delle cromie<br />
e la quotidianità dell’evento, proiettando l’azione<br />
concertata dei muratori all’interno dell’ordine<br />
geometrico delle gabbie. In questo <strong>Fois</strong> approfitta dei<br />
motivi offerti dai ferri per l’armatura del calcestruzzo,<br />
perno del dipinto, delle tavole lignee della carpenteria<br />
e delle impalcature di cantiere. In primo piano la<br />
posa fiera del giovane manovale ricorda la dura<br />
condizione del lavoro minorile, ma esprime anche la<br />
consapevolezza del ruolo e della funzione della classe<br />
lavoratrice. L’opera propone anche una riflessione,<br />
estendibile a tutta la ricerca dell’artista, di come egli<br />
riesca, sublimandole mediante il colore, a introdurre e<br />
far accettare forme modernissime e non ancora<br />
“definitive” per la trasposizione artistica come<br />
l’impastatrice del cemento, raffigurata azzurra.<br />
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