La vocazione paolina - Societa San Paolo

L’aspirante Discepolo non è portato agli studi teorici-speculativi né
agli uffici sacerdotali; ama invece tecnica e diffusione.
Il Vocazionista si formi una qualche persuasione per le accettazioni.
Quanto a virtù, salute, ingegno, amore alla Congregazione... sono
comuni esigenze.
“Il vocazionista deve studiare il giovane ed illuminarlo”
SP, giugno-luglio 1966
Il vocazionista deve studiare il giovane ed illuminarlo sopra lo stato,
le tendenze e attitudini, onde consigliarlo per l’avviamento alla
propria vita.
Non si tardi a fargli conoscere quanto importa la scelta dello stato e
ad aiutarlo efficacemente.
L’Istituto non ha il collegio, ma il vocazionario . Mancando le disposizioni
del giovane, lo si inviti a prendere altra via.
“Segue un grande impegno di formare buoni aspiranti Paolini”
SP, ottobre-dicembre 1967
Il Divin Maestro ha lavorato con grande amore per tre anni a formare
gli Apostoli, in sacrificio quotidiano. Ha poi mandato dal cielo lo
Spirito Santo perché dessero inizio alla predicazione nel mondo.
Segue un grande impegno di formare buoni aspiranti Paolini, istruiti,
zelanti, pii, virtuosi.
2.6.3. Tutte le Istituzioni della Famiglia Paolina
Trattandosi di una Famiglia, è evidente che, secondo il Fondatore,
ogni Congregazione o Istituzione è interessata alla animazione
vocazionale in favore delle altre Istituzioni. Don Alberione
chiama in causa innanzitutto i Paolini, in particolare i sacerdoti:
essi vorranno favorire le vocazioni femminili “nei ritiri mensili,
Esercizi SS., al confessionale, predicazioni varie, in consigli privati”.
Per quanto concerne l’aiuto che la Società San Paolo desidera
ricevere:
• i Cooperatori: sono invitati a dare il loro contributo “con
l’opera: dare vocazioni o aiutarle nel corrispondere...”;
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