La vocazione paolina - Societa San Paolo

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29.10.2014 Views

tificazione e “per la corrispondenza alla vocazione”. Non ci sfugga il fatto che questo bisogno si radica in lui nella cosciente necessità di maggior fede, di una “pietà più completa”, in vista della imitazione del Maestro Divino, soprattutto nella ricerca di “ciò che è più povero, disprezzato, mortificante”: I. Fede esercitata: nelle condizioni e praticata - vissuta: riguardo la Scrittura Sacra e la vita quotidiana: pietà, studio, apostolato, povertà. II. Imitazione di Gesù Cristo: tendendo a ciò che è più povero, disprezzato, mortificante, per quanto dipende da me. III. Pietà più completa nelle Visite e negli Esami di coscienza. Gesù Cristo sarà glorificato per le molte mie iniquità e le sue misericordie inesauribili. Tutto confido in Maria: per la redenzione dal passato - per la santificazione della vita - per la corrispondenza alla vocazione - per il governo della Congregazione. L’esame particolare: dolcezza, purezza, Visita al SS. Sacramento - umiltà. • Negli esercizi spirituali del 1947, Don Alberione avverte poi la necessità non solo di esaminarsi attentamente sulla propria corrispondenza al dono ricevuto, ma di dedicare ogni giorno mezz’ora “a riflettere se adempio bene il mio ufficio”: È necessario per l’anno spirituale 1947-48 ogni giorno dedicare mezza ora a riflettere se adempio bene il mio ufficio, secondo la speciale mia vocazione. Passare in rassegna persone, Case, iniziative: esaminare, pregare, provvedere. • Comprendiamo, quindi, come verso la fine della vita – precisamente nell’anno 1964 – il Fondatore possa affermare che la consapevolezza della propria vocazione e missione gli “è stata sempre chiara”. Il che, mentre lo porta a prendere atto dei suoi molti “debiti verso Dio” per invocarne la misericordia, lo induce ancora a spingersi in avanti: si impegnerà a “istruire meglio” i suoi figli e figlie, cominciando dal “dar meglio l’esempio”, con maggior fede ed umiltà. 104

La mia vocazione ordinaria e particolare è stata sempre chiara nell’intima voce e nell’esterno dalle Persone illuminate (...). Sono però carico di debiti verso Dio, verso il Maestro Divino, verso la Regina Apostolorum e verso S. Paolo. Debiti miei e debiti verso Dio di altri, perché non ho fatto bene ciò che dovevo fare. Il Signore conosce il male nostro. Non ho da fare che invocare la Divina Misericordia. Istruire meglio, dar meglio l’esempio, più fede ed umiltà = Oggi mi umilio, sento più fede; farò penitenza. L’azione dello Spirito Santo in tante anime si fa sentire nel progresso spirituale. Omnis onor et gloria. Vivit in me Christus. • Due anni dopo, percependosi quasi al termine del suo viaggio terreno – “in fine della mia vita” –, ha un solo desiderio: che si compia in pienezza quanto Dio ha pensato e voluto per lui, nel chiamarlo alla vita e nell’affidargli una vocazione tanto grande: In fine della mia vita, tutto «a gloria di Dio e pace agli uomini». «Sia fatta la volontà di Dio come in cielo così in terra». Si compiano tutti i disegni e voleri di Dio, creandomi e [donandomi] la grazia, secondo la vocazione. Gesù, conosci le mie incorrispondenze e peccati ma tutto a gloria di Dio; vivendo non vivo, ma vive in me Gesù Cristo Via e Verità e Vita: secondo San Paolo. Signore misericordioso, concedi che tutta la Famiglia paolina cresca in persone e santità, viva ed operi nelle vie segnate da Gesù Maestro, secondo la voce della Chiesa, determinata nelle Costituzioni paoline. • In quale misura Don Alberione sia stato uomo di preghiera e di intensa vita spirituale, è cosa nota a tutti. I Taccuini ci documentano il suo puntualissimo lavoro spirituale, percepito come risposta alla vocazione ricevuta dal Padre celeste. Lo possiamo constatare dai “propositi” che egli si impone, soprattutto in occasione di ritiri ed esercizi. • Ora di adorazione coi tre fini: essendo Gesù: Via - Verità - Vita. 105

tificazione e “per la corrispondenza alla <strong>vocazione</strong>”. Non ci sfugga<br />

il fatto che questo bisogno si radica in lui nella cosciente necessità<br />

di maggior fede, di una “pietà più completa”, in vista della<br />

imitazione del Maestro Divino, soprattutto nella ricerca di “ciò<br />

che è più povero, disprezzato, mortificante”:<br />

I. Fede esercitata: nelle condizioni e praticata - vissuta: riguardo la<br />

Scrittura Sacra e la vita quotidiana: pietà, studio, apostolato, povertà.<br />

II. Imitazione di Gesù Cristo: tendendo a ciò che è più povero, disprezzato,<br />

mortificante, per quanto dipende da me.<br />

III. Pietà più completa nelle Visite e negli Esami di coscienza. Gesù<br />

Cristo sarà glorificato per le molte mie iniquità e le sue misericordie<br />

inesauribili.<br />

Tutto confido in Maria: per la redenzione dal passato - per la santificazione<br />

della vita - per la corrispondenza alla <strong>vocazione</strong> - per il<br />

governo della Congregazione.<br />

L’esame particolare: dolcezza, purezza, Visita al SS. Sacramento -<br />

umiltà.<br />

• Negli esercizi spirituali del 1947, Don Alberione avverte<br />

poi la necessità non solo di esaminarsi attentamente sulla propria<br />

corrispondenza al dono ricevuto, ma di dedicare ogni giorno<br />

mezz’ora “a riflettere se adempio bene il mio ufficio”:<br />

È necessario per l’anno spirituale 1947-48 ogni giorno dedicare<br />

mezza ora a riflettere se adempio bene il mio ufficio, secondo la<br />

speciale mia <strong>vocazione</strong>.<br />

Passare in rassegna persone, Case, iniziative: esaminare, pregare,<br />

provvedere.<br />

• Comprendiamo, quindi, come verso la fine della vita – precisamente<br />

nell’anno 1964 – il Fondatore possa affermare che la<br />

consapevolezza della propria <strong>vocazione</strong> e missione gli “è stata<br />

sempre chiara”. Il che, mentre lo porta a prendere atto dei suoi<br />

molti “debiti verso Dio” per invocarne la misericordia, lo induce<br />

ancora a spingersi in avanti: si impegnerà a “istruire meglio” i<br />

suoi figli e figlie, cominciando dal “dar meglio l’esempio”, con<br />

maggior fede ed umiltà.<br />

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