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Osservatorio sulle Politiche Agricole dell’UE<br />
LA RIFORMA<br />
FISCHLER E<br />
L’AGRICOLTURA<br />
ITALIANA<br />
a cura di<br />
Andrea Povellato e Beatriz E. Velazquez<br />
Giugno 2005<br />
Istituto Nazionale di Economia Agraria
Osservatorio sulle Politiche Agricole dell’UE<br />
LA RIFORMA<br />
FISCHLER E<br />
L’AGRICOLTURA<br />
ITALIANA<br />
a cura di<br />
Andrea Povellato e Beatriz E. Velazquez<br />
Giugno 2005<br />
Istituto Nazionale di Economia Agraria
Il presente Rapporto rientra nell’ambito delle attività dell’Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE<br />
dell’INEA, coordinato da Roberto Henke.<br />
Le attività e le pubblicazioni dell’Osservatorio sono consultabili al sito http://www.inea.it/opaue/<br />
Il gruppo di lavoro è stato coordinato da Andrea Povellato e Beatriz E. Velazquez ed è costituito da Ida Agosta,<br />
Andrea Arzeni, Davide Bortolozzo, Roberto Cagliero, Tatiana Castellotti, Carmela De Vivo, Costantino Di<br />
Carlo, Paola Doria, Gabriele Gigli, Roberto Henke, Maria Rosaria Pupo D’Andrea, Roberta Sardone, Stefano<br />
Schiavon, Lucia Tudini, Graziella Valentino.<br />
Per quanto riguarda la stesura delle singole parti, essa si deve a:<br />
Capitolo 1: Roberto Henke (1.1, 1.2.3) Roberta Sardone (1.2.1, 1.2.2)<br />
Capitolo 2: Maria Rosaria Pupo D’Andrea<br />
Capitolo 3: Roberto Henke<br />
Capitolo 4: Davide Bortolozzo<br />
Capitolo 5: Carmela De Vivo (5.1, 5.2, 5.3), Paola Doria (5.4)<br />
Capitolo 6: Andrea Povellato<br />
Capitolo 7: Roberto Cagliero<br />
Capitolo 8: Stefano Schiavon<br />
Capitolo 9: Lucia Tudini<br />
Capitolo 10: Gabriele Gigli<br />
Capitolo 11: Graziella Valentino<br />
Capitolo 12: Carmela De Vivo (12.1), Costantino Di Carlo (12.2)<br />
Capitolo 13: Tatiana Castellotti<br />
Capitolo 14: Ida Agosta<br />
Hanno collaborato: Beatriz Torighelli per l'elaborazione dati della parte prima e Viviana Viggiano per l'editing<br />
dei testi.<br />
Impaginazione ed elaborazione grafica: Pierluigi Cesarini<br />
La foto utilizzata per la copertina è di David Mastrecchia.
PRESENTAZIONE<br />
L’avvio della nuova politica agricola comune (PAC) disegnata dalla “riforma <strong>Fischler</strong>” costituisce<br />
un momento storico, non meno importante rispetto a quello in cui, agli inizi degli anni sessanta, la stessa<br />
PAC, muoveva i suoi primi passi. Anzi, a ben guardare, se vogliamo ricercare un parallelismo tra la<br />
fase di istituzione della PAC e quella attuale, non è difficile osservare che è proprio quest’ultima a presentarsi<br />
come più ricca di incognite per il futuro dell’agricoltura. Allora, la nascente PAC sostituiva le<br />
preesistenti politiche nazionali, ma non si discostava da esse, confermandone e, in taluni casi, accentuandone<br />
i contenuti che, in tutti e sei i Paesi fondatori della CEE, erano, comunque, orientati in senso<br />
protezionistico.<br />
Oggi, invece, la “riforma <strong>Fischler</strong>”, segnando l’epilogo delle politiche di sostegno ai prezzi ed ai<br />
mercati, pone, di fatto, anche fine alla parabola storica della “vecchia PAC” e muta in modo sostanziale<br />
il quadro di riferimento rispetto al quale l’agricoltura dovrà operare nei prossimi anni. Tra le novità<br />
introdotte dalla “riforma <strong>Fischler</strong>”, il disaccoppiamento è, sicuramente, quella di maggiore rilevanza ed<br />
incisività. In particolare, la principale caratteristica del regime disaccoppiato introdotto dalla nuova PAC<br />
è che, nei settori interessati, gli aiuti saranno concessi in modo del tutto indipendente dalle scelte produttive<br />
effettuate dagli agricoltori che, come noto, potrebbero anche scegliere di non effettuare alcuna produzione,<br />
limitandosi ad eseguire quel minimo di pratiche necessarie ad assicurare il rispetto delle norme<br />
in materia di condizionalità.<br />
Una tale impostazione è chiaramente espressiva della filosofia di fondo della nuova PAC che, per i<br />
settori interessati dalla riforma, sembra avere sposato appieno il principio che determinati prodotti agricoli<br />
conviene di più acquistarli sul mercato internazionale che non sostenerne la produzione sul fronte<br />
interno. Ciò, tuttavia, se da un lato è coerente con gli obiettivi di profitto dei grandi esportatori ed<br />
importatori, dall’altro lato entra decisamente in contrasto con quelli che – riteniamo – dovrebbero essere<br />
considerati interessi collettivi. È, infatti, evidente che la possibilità di una forte contrazione di alcune<br />
importanti produzioni agricole sul territorio nazionale è un problema che non investe solo gli agricoltori<br />
interessati, ma che, nel caso in cui si concreti, si estende all’intera collettività che, inevitabilmente, sarà<br />
chiamata a farsi carico di quelle che potranno essere le conseguenze, sulle economie locali, sull’ambiente,<br />
sul paesaggio e sulla localizzazione delle attività derivate.<br />
Altro aspetto caratterizzante la PAC e sul quale è necessario riflettere è la tendenza, peraltro già<br />
molto marcata, di creare posizioni di rendita legate al possesso del bene terra. In questo senso, vi è da<br />
attendersi che, a seguito dell’applicazione del disaccoppiamento totale, si registreranno nuovi significativi<br />
aumenti del valore della terra, con la conseguente determinazione di ulteriori rigidità nel mercato fondiario<br />
e di un aggiuntivo innalzamento dei già elevati sbarramenti, sia alla mobilità dei fondi, sia – soprattutto<br />
- all’accesso dei giovani in agricoltura.<br />
Con riferimento agli aspetti produttivi, i primi riscontri relativi all’applicazione della nuova PAC non<br />
sembrano particolarmente rassicuranti. Secondo dati AGEA, le superfici investite a grano duro si sono<br />
ridotte del 32% (626.274 ettari in meno rispetto al 2004), quelle a mais dell’8% (97.774 ettari in meno);<br />
mentre aumentano, ma in misura decisamente insufficiente a coprire le suddette flessioni, le superfici a<br />
frumento tenero (+15%, pari a 63.354 ettari) e ad orzo (+36%, pari a 82.884 ettari).<br />
Fermo restando che i dati relativi a questa prima fase di applicazione non debbano, in quanto tali,<br />
indurre ad esprimere giudizi definitivi appare, tuttavia, evidente che essi, al pari delle altre considerazioni<br />
espresse riguardo agli effetti sul bene terra, debbano, comunque, essere considerati, al fine di una attenta<br />
valutazione riguardo al fatto se, ed in quale misura, ci potremo, ad esempio, permettere di: rinunciare<br />
ad una parte del nostro potenziale agricolo e, quindi, anche alle esternalità che discendono dallo svol-<br />
III
gimento delle attività produttive agricole; creare ulteriori limitazioni alla mobilità della terra e, in specie,<br />
all’accesso dei giovani in agricoltura; favorire fenomeni di rendita che, di fatto, spingono al non uso<br />
della terra. Soprattutto abbiamo il dovere di chiederci rispetto a quali interessi tali prospettive sono<br />
coerenti: agli interessi della nostra agricoltura e, più in genere della nostra società, oppure agli interessi<br />
dei grandi gruppi oligopolisti che, in un forte “snellimento” della nostra agricoltura vedono la straordinaria<br />
possibilità di conquistare un mercato, ancora oggi molto legato a tradizioni alimentari differenziate<br />
a livello territoriale e, quindi, più restio di altri ad uniformarsi agli standard imposti dalla globalizzazione?<br />
Purtroppo, occorre prendere atto che la “riforma <strong>Fischler</strong>”, nonostante gli importanti elementi di<br />
novità che la caratterizzano non costituisce la “risposta forte” per risolvere il conflitto di interessi cui<br />
facevamo ora riferimento. L’adozione di misure, quali il disaccoppiamento, la condizionalità, la modulazione<br />
sono, indubbiamente, espressivi della volontà di passare da un modello di politica agraria e, quindi<br />
di sviluppo agricolo, sempre meno orientato in senso produttivistico e sempre più attento al ruolo multifunzionale<br />
dell’agricoltura. Tuttavia, ciò sembra valere più nell’apparenza che non nella sostanza.<br />
Infatti, se è vero che gli aiuti concessi dalla PAC sono stati totalmente riformati nella loro natura è, però,<br />
altrettanto vero che quegli stessi aiuti continuano ad essere concessi secondo le stesse logiche del passato.<br />
A conferma di ciò, si consideri che l’applicazione della “riforma <strong>Fischler</strong>” non è stata – né sarà - sufficiente<br />
ad eliminare gli storici problemi della squilibrata distribuzione e dell’eccessiva frammentazione<br />
degli aiuti che, da un lato, continuano ad essere concentrati per l’82% sul 22% degli agricoltori e, dall’altro<br />
lato, ad essere dispersi tra una miriade di beneficiari, il 78% dei quali riceve meno di 5.000 euro<br />
l’anno.<br />
L’impressione che se ne ricava è che la nuova PAC, nonostante gli importanti e significativi cambiamenti,<br />
continui, ancora oggi, ad essere ancorata a modelli di distribuzione del sostegno, più orientati<br />
ad intercettare il più alto numero possibile di beneficiari che non a finalizzare i suoi interventi in funzione<br />
di obiettivi specifici. È, dunque, assai probabile che l’esigenza di poter contare su di una PAC caratterizzata<br />
da una maggiore convinzione nel sostenere interventi finalizzati al perseguimento di obiettivi<br />
quali la multifunzionalità, la sostenibilità e la qualità sarà, molto probabilmente, destinata a restare insoddisfatta.<br />
In tal senso, non si può, infatti, sottovalutare che l’assetto della nuova PAC si è modificato - e tenderà<br />
anche in futuro a modificarsi - in conseguenza dei risultati dei compromessi raggiunti nel quadro dei<br />
negoziati multilaterali sul commercio. Anche per il futuro, non è, pertanto, realistico attendersi niente di<br />
sostanzialmente diverso da ciò che è accaduto nel recente passato, ossia una PAC sempre più impostata<br />
in funzione della prioritaria esigenza di non interferire sulle dinamiche produttive e commerciali. Ne<br />
discende che la nostra agricoltura, se potrà orientare il proprio sviluppo solo in funzione dei riferimenti<br />
posti dalla nuova PAC, rischia seriamente di trovarsi sospinta ai margini di un sistema nel quale, con<br />
ogni probabilità, l’unico parametro decisivo sarà la competitività in funzione dei costi di produzione.<br />
In questo contesto, appare dunque evidente che i regimi di aiuto della PAC, sebbene irrinunciabili,<br />
non saranno, da soli, sufficienti a guidare l’agricoltura verso il raggiungimento di una dimensione che<br />
le consenta di vivere la globalizzazione, senza esserne emarginata. A questo fine dovranno, invece, risultare<br />
decisive le politiche nazionali e regionali che si assoceranno alla PAC e che le faranno da corollario,<br />
fornendo risposte differenziate in riferimento alle caratteristiche ed alle possibilità di sviluppo delle<br />
diverse forme di agricoltura presenti sul territorio.<br />
Tra i grandi Paesi della UE, l’Italia è l’unico che, fin dal primo anno di istituzione, ha deciso di<br />
attuare la “riforma <strong>Fischler</strong>”, applicandone appieno i nuovi regimi di aiuto. Ciò, se da un lato è sicuramente<br />
espressivo della volontà di consentire alla nostra agricoltura di cogliere le opportunità che possono<br />
discendere dall’applicazione dei nuovi regimi di aiuto, dall’altro lato, rende più pressante l’esigenza degli<br />
operatori di acquisire una preventiva ed ampia conoscenza delle principali implicazioni della riforma.<br />
Con il presente lavoro, l’INEA intende recare un contributo alla conoscenza della nuova PAC che<br />
IV
non fosse limitato alla mera illustrazione dei suoi contenuti operativi, ma che si estendesse all’esame dell’impatto<br />
su alcune, diverse realtà produttive. Il volume è strutturato in due parti. La prima parte è dedicata<br />
alla descrizione dei principali caratteri della riforma con una dettagliata analisi delle disposizioni<br />
generali. La seconda parte offre una prima valutazione dei possibili effetti della riforma su alcune realtà<br />
aziendali particolarmente rappresentative delle otto regioni italiane prese in considerazione.<br />
L'esame particolareggiato delle disposizioni generali, proposto nel primo e nel secondo capitolo, si<br />
conclude con la descrizione delle opzioni che sono state scelte dall'Italia e dagli altri Stati membri. Al di<br />
là del generale maggiore orientamento al mercato e della migliore conformità agli impegni internazionali,<br />
la riforma si caratterizza per una notevole complessità che contraddice almeno in parte i propositi<br />
di semplificazione preannunciati. Soltanto dopo aver superato questo periodo di transizione e con il<br />
sostanziale ridimensionamento delle organizzazioni comuni di mercato, forse, si potrà percepire qualche<br />
effetto positivo. Nel terzo capitolo la modulazione degli aiuti diretti è stata analizzata con particolare<br />
attenzione, dato che si tratta di uno strumento innovativo e flessibile, adatto a riequilibrare una distribuzione<br />
troppo distorsiva degli aiuti al reddito e a favorire un passaggio di risorse finanziarie dalle politiche<br />
di mercato alle politiche per lo sviluppo rurale. È interessante notare al riguardo che, per il momento,<br />
l'Italia rappresenta uno dei principali beneficiari della modulazione data la struttura produttiva meno<br />
orientata alle produzioni agricole caratterizzate da elevato sostegno.<br />
Il quarto capitolo è dedicato alla questione dell'assegnazione dei diritti a diverse categorie di beneficiari<br />
che ha già sollevato numerose polemiche tra gli operatori del settore. L'esame puntuale ed articolato<br />
delle scelte che si presentano agli imprenditori agricoli e ai proprietari fondiari per quanto<br />
riguarda le decisioni di continuazione, cessazione e avvio dell'attività agricola dovrebbe servire a comprendere<br />
meglio l'impatto della riforma nei rapporti tra proprietà e impresa. La prima parte si conclude<br />
con un capitolo dedicato alla quantificazione accurata dell'entità degli aiuti diretti ricevuti dalle aziende<br />
agricole negli ultimi anni allo scopo di dare un'idea precisa della posta in gioco nel processo di transizione<br />
verso i nuovi meccanismi di aiuto.<br />
La seconda parte si concentra su alcune esperienze concrete, cercando di esaminare i possibili<br />
impatti della riforma su diverse realtà produttive. Sono state effettuate delle simulazioni a livello aziendale<br />
scegliendo alcune tipologie significative per le realtà agricole delle otto regioni prese in considerazione.<br />
Le 44 aziende complessivamente selezionate hanno partecipato alla rilevazione contabile della Rete<br />
di Informazione Contabile Agricola (RICA) negli anni 2000, 2001 e 2002. Si è cercato di evidenziare l'impatto<br />
dei nuovi meccanismi di sostegno sul reddito di aziende reali, ipotizzando alcune opzioni che l'imprenditore<br />
agricolo potrebbe adottare con l'avvio della riforma. Rispetto ad analoghi esercizi di simulazione<br />
comparsi recentemente, si è ritenuto opportuno analizzare le possibili scelte imprenditoriali a partire<br />
da casi concreti, evitando di costruire tipologie aziendali medie potenzialmente rappresentative di<br />
determinati comparti produttivi e ambiti territoriali. I risultati delle simulazioni offrono un ampio spettro<br />
dei possibili impatti della riforma, data la diversità delle strutture produttive aziendali e dei territori in cui<br />
sono ubicate.<br />
Il Presidente dell’INEA<br />
(Prof. Simone Vieri)<br />
V
INDICE<br />
PARTE PRIMA : I PUNTI SALIENTI DELLA RIFORMA<br />
CAPITOLO 1<br />
INTRODUZIONE<br />
1.1 I principi alla base della riforma pag. 1<br />
1.2 Le risorse finanziarie della Nuova PAC pag. 5<br />
1.2.1 Un quadro d’insieme pag. 5<br />
1.2.2 Le nuove prospettive finanziarie 2007-2013 pag. 6<br />
1.2.3 La spesa prevista pag. 8<br />
CAPITOLO 2<br />
IL REGIME DI PAGAMENTO UNICO E GLI AIUTI SPECIFICI<br />
2.1 Il contenuto della riforma pag. 11<br />
2.1.1 Le disposizioni generali pag. 11<br />
2.1.2 L’attuazione regionale pag. 14<br />
2.1.3 L’attuazione parziale: parziale disaccoppiamento e pagamenti speciali (art. 69) pag. 14<br />
2.1.4 Le esclusioni facoltative e il periodo transitorio pag. 16<br />
2.1.5 La condizionalità degli aiuti diretti pag. 16<br />
2.1.6 L’attuazione del regime di pagamento unico nei nuovi Stati membri pag. 17<br />
2.1.7 Gli aiuti specifici pag. 19<br />
2.2 Il nuovo ruolo assegnato agli Stati membri pag. 23<br />
2.3 Le scelte dell’Italia pag. 25<br />
2.4 Le scelte degli altri Stati membri pag. 29<br />
2.5 Una valutazione generale del regime di pagamento unico pag. 32<br />
CAPITOLO 3<br />
LA MODULAZIONE DEGLI AIUTI DIRETTI<br />
3.1 Introduzione pag. 37<br />
3.2 L’applicazione della modulazione nell’UE pag. 38<br />
3.2.1 La modulazione nell’UE 15 pag. 38<br />
3.2.2 La modulazione nei Nuovi Stati Membri pag. 41<br />
3.2.3 Modulazione e sviluppo rurale pag. 43<br />
3.3 L’applicazione della modulazione in Italia pag. 44<br />
3.4 Riflessioni conclusive pag. 48<br />
VII
CAPITOLO 4<br />
LE IMPLICAZIONI NEI RAPPORTI TRA PROPRIETÀ E IMPRESA<br />
4.1 Introduzione pag. 51<br />
4.2 La titolarità e il trasferimento dei diritti all’aiuto pag. 53<br />
4.2.1 La riserva nazionale pag. 55<br />
4.3 Gli effetti sui diversi tipi di impresa pag. 57<br />
4.3.1 Il caso del proprietario concedente pag. 58<br />
4.3.2 Il caso del proprietario coltivatore pag. 60<br />
4.3.3 Il caso del proprietario coltivatore che ha venduto i propri terreni pag. 61<br />
4.3.4 Il caso del nuovo imprenditore agricolo pag. 61<br />
4.3.5 Il caso dell’affittuario con contratto scaduto pag. 61<br />
4.4 La determinazione del valore del diritto all’aiuto pag. 63<br />
4.5 L’ipotesi di non coltivazione: implicazioni per gli imprenditori agricoli pag. 65<br />
4.6 Possibili effetti sul mercato fondiario e degli affitti pag. 67<br />
4.6.1 I proprietari fondiari pag. 68<br />
4.6.2 I contoterzisti pag. 69<br />
4.6.3 Gli affittuari pag. 70<br />
4.7 Conclusioni pag. 70<br />
CAPITOLO 5<br />
GLI AIUTI DIRETTI IN ITALIA<br />
5.1 Introduzione pag. 73<br />
5.2 La distribuzione territoriale e per classi di importo ricevuto degli aiuti diretti pag. 73<br />
5.3 La distribuzione degli aiuti diretti per comparto pag. 78<br />
5.4 La distribuzione territoriale e per ordinamento produttivo degli aiuti<br />
diretti delle aziende RICA pag. 79<br />
PARTE SECONDA : L’APPLICAZIONE DELLA RIFORMA IN ITALIA: ALCUNI CASI STUDI<br />
CAPITOLO 6<br />
UN’INDAGINE PER CASI STUDIO<br />
6.1 Obiettivi dell'indagine pag. 85<br />
6.2 La metodologia di analisi pag. 85<br />
CAPITOLO 7<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN PIEMONTE<br />
7.1 La selezione delle aziende pag. 89<br />
7.2 I risultati delle simulazioni pag. 90<br />
VIII
CAPITOLO 8<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN VENETO<br />
8.1 La selezione delle aziende pag. 99<br />
8.2 I risultati delle simulazioni pag. 100<br />
CAPITOLO 9<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN TOSCANA<br />
9.1 La selezione delle aziende pag. 111<br />
9.2 I risultati delle simulazioni pag. 113<br />
CAPITOLO 10<br />
LA RIFORMA FISCHLER NELLE MARCHE<br />
10.1 La selezione delle aziende pag. 123<br />
10.2 I risultati delle simulazioni pag. 124<br />
CAPITOLO 11<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN PUGLIA<br />
11.1 La selezione delle aziende pag. 131<br />
11.2 I risultati delle simulazioni pag. 132<br />
CAPITOLO 12<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN BASILICATA<br />
12.1 La selezione delle aziende pag. 139<br />
12.2 I risultati delle simulazioni pag. 140<br />
CAPITOLO 13<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN CALABRIA<br />
13.1 La selezione delle aziende pag. 149<br />
13.2 I risultati delle simulazioni pag. 150<br />
CAPITOLO 14<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN SICILIA<br />
14.1 La selezione delle aziende pag. 159<br />
14.2 I risultati delle simulazioni pag. 160<br />
BIBLIOGRAFIA pag. 179<br />
IX
PARTE PRIMA:<br />
I PUNTI SALIENTI DELLA RIFORMA
CAPITOLO 1<br />
INTRODUZIONE<br />
R. HENKE, R. SARDONE<br />
1.1 I principi alla base della riforma<br />
La chiusura della riforma della PAC di giugno 2003, con la diffusione dei Regolamenti (CE) n.<br />
1782/2003 e n. 1783/2003, ha posto fine ad un duplice processo: uno, più immediato, di revisione di<br />
metà percorso di Agenda 2000, come previsto dalla riforma stessa del 1999; l’altro, di più lungo periodo,<br />
che riguarda il complesso processo di riorientamento del sostegno comunitario all’agricoltura e<br />
allo sviluppo rurale. È possibile individuare l’avvio di questo percorso nella riforma Mac Sharry del<br />
1992, quando si è dato inizio al processo di disaccoppiamento del sostegno in alcuni comparti, i più<br />
“forti” della PAC, quelli continentali (seminativi, carne bovina) e con l’attuazione delle politiche di<br />
accompagnamento, in particolare delle misure agroambientali, che ponevano per la prima volta l’accento<br />
sull’impatto dell’agricoltura sull’ambiente e stabilivano incentivi per incoraggiare comportamenti<br />
ecocompatibili da parte degli agricoltori. Il percorso è proseguito con la riforma di Agenda 2000<br />
del 1999, con un’ulteriore accelerazione verso il disaccoppiamento del sostegno e con l’inglobamento<br />
delle misure di accompagnamento nelle politiche di sviluppo rurale. Entrambe le riforme che hanno<br />
segnato il decennio hanno sancito un graduale abbassamento dei prezzi istituzionali dei prodotti<br />
agricoli europei con un conseguente riavvicinamento ai prezzi internazionali. Con la riforma del 2003,<br />
dunque, si conclude per la PAC una lunga fase di transizione che ha avuto come principali esiti, da un<br />
lato, una maggiore esposizione dell’agricoltura europea alla competitività dei mercati mondiali e, dall’altro,<br />
il progressivo spostamento del sostegno da forme incondizionate e garantite a strumenti selettivi,<br />
orientati alla conservazione e valorizzazione dell’ambiente ed esplicitamente legati ai comportamenti<br />
dei beneficiari (agricoltori) e ai territori (aree rurali).<br />
Come già accennato, la riforma Mac Sharry aveva introdotto due novità di rilievo: i pagamenti<br />
diretti e le cosiddette misure di accompagnamento, entrambi da affiancare alle tradizionali politiche<br />
di mercato che rappresentavano, fino a quel momento, la parte di gran lunga più consistente del sostegno.<br />
I pagamenti diretti erano stati concepiti come strumento per compensare l’abbassamento del reddito<br />
(presunto o effettivo) legato alla riduzione dei prezzi istituzionali garantiti dall’UE. Le misure di<br />
accompagnamento avevano come obiettivo l’incentivazione di un’attività agricola a minore impatto<br />
ambientale, la cura del paesaggio rurale, la forestazione dei terreni agricoli e il ricambio generazionale<br />
in agricoltura, attraverso l’approvazione di programmi pluriennali la cui adesione degli agricoltori<br />
era volontaria.<br />
Con Agenda 2000 il processo di riforma è proseguito nel solco aperto nel 1992, ma il riorientamento<br />
del sostegno assicurato agli agricoltori dalla PAC ha subito una spinta decisiva grazie alla focalizzazione<br />
su un modello di agricoltura europeo incentrato sulla multifunzionalità dell’attività agricola<br />
e sul ruolo centrale delle aree rurali per la diversificazione delle attività economiche degli agricoltori<br />
(Buller, 2003). I pagamenti diretti sono stati considerati non più come compensazioni ma come un<br />
sostegno diretto al reddito, garantito su base storica. Inoltre, sono state potenziate le misure agroambientali,<br />
diventate parti integranti delle politiche per lo sviluppo rurale, all’interno dei programmi di<br />
sviluppo rurale (PSR), che sono diventati lo strumento principale di programmazione per le politiche<br />
del secondo pilastro, almeno per le regioni fuori Obiettivo 1 1 .<br />
1 Nel caso delle regioni Obiettivo 1, il PSR contiene solo le ex misure di accompagnamento e le indennità per le aree svantaggiate e<br />
sottoposte a vincoli ambientali; le misure di ammodernamento strutturale e di diversificazione delle attività nelle aree rurali<br />
vengono programmate insieme con gli altri interventi strutturali nei programmi operativi regionali (POR).<br />
1
Nel 1999 è stata anche data attuazione al cosiddetto “Regolamento (CE) orizzontale” (Regolamento<br />
(CE) n. 1259/1999), con due nuovi strumenti, l’eco-condizionalità e la modulazione degli aiuti diretti, che<br />
stabilivano un legame diretto tra le politiche di mercato (il primo pilastro della PAC) e i comportamenti<br />
“virtuosi” degli agricoltori in materia ambientale, paesaggistica e di produzione di alimenti sani e di qualità,<br />
tendendo anche a rafforzare il secondo pilastro con dotazioni finanziarie stornate dal primo pilastro 2 .<br />
Tra gli accordi che avevano portato alla chiusura della riforma di Agenda 2000, era stata stabilita una<br />
“revisione” del processo a metà percorso così da valutarne gli effetti ed eventualmente rettificare la strategia<br />
in “corso d’opera”. Tuttavia, con la cosiddetta “revisione di medio termine” (Mid-Term Review,<br />
MTR) della PAC quella che doveva essere una semplice “rettifica” si è progressivamente trasformata in<br />
una riforma per molti aspetti ben più incisiva della stessa Agenda 2000; in particolare è stata impressa<br />
un’accelerazione significativa al processo di riorientamento del sostegno, modificandone profondamente<br />
le modalità e le stesse finalità.<br />
L’accordo finale sulla riforma rappresenta un compromesso delle diverse posizioni assunte dai<br />
partner europei che, in alcuni casi, ha modificato in senso conservativo le proposte originali; ciononostante,<br />
la riforma spinge decisamente a fondo sul disaccoppiamento, attraverso la determinazione di un<br />
“premio unico”. Tale pagamento costituisce la parte più sostanziosa del sostegno agricolo, lasciando, solo<br />
in alcuni comparti e comunque sotto forma di deroghe al premio unico, una parte dell’aiuto accoppiato.<br />
Ciò viene giustificato con la necessità di salvaguardare alcune specificità economiche e territoriali di specifici<br />
prodotti attraverso un sostegno legato alla produzione, e anche per evitare il rischio di abbandono<br />
in aree dove non esistono alternative economiche e produttive a quelle tradizionali. In altre parole, la nuova<br />
PAC sarà rappresentata da un sostegno per larga parte disaccoppiato, destinato ai beneficiari storici della<br />
politica comune per l’agricoltura, legato alla proprietà della terra e vincolato al rispetto di standard minimi<br />
ambientali, di qualità e di salubrità dei prodotti agricoli e di gestione dei terreni agricoli, fatta salva una<br />
parte del sostegno che resta (per il momento) accoppiata, attraverso la scelta di una serie possibile di<br />
opzioni 3 .<br />
Inoltre, la riforma offre la possibilità agli Stati membri di regionalizzare lo schema unico di pagamento,<br />
attraverso la determinazione del premio basata sui dati storici di riferimento, così come avviene<br />
a livello nazionale, o mediante un premio forfetario che si estende a tutta la superficie ammissibile. La<br />
scelta di distribuire il premio su tutta la superficie ammissibile può riguardare il premio unico totale o parte<br />
di esso.<br />
Dato il quadro delineato dalla riforma, due elementi sembrano caratterizzare la nuova PAC: il primo<br />
è che si prefigura un’applicazione della politica agraria molto diversificata e organizzata a menu<br />
(quanto e cosa disaccoppiare e se e quanto regionalizzare); ciò implica che ciascuno Stato membro ha di<br />
fronte a sé numerose scelte da compiere per adattare la PAC alle proprie esigenze e alle proprie specificità<br />
produttive e territoriali. L’effetto di tale diversificazione dipende in larga misura dalla capacità amministrativa<br />
degli Stati nazionali che recuperano, con questa riforma, un ampio spazio decisionale. La<br />
seconda questione rilevante è il processo di decentramento della politica dei mercati (che diventa per larga<br />
parte una politica dei redditi condizionata al rispetto di standard minimi in diversi campi): di fatto, viene<br />
data la possibilità agli Stati membri di passare la gestione del primo pilastro, come già avviene per il<br />
secondo (le politiche di sviluppo rurale), alle amministrazioni regionali 4 .<br />
2 Nel caso della eco-condizionalità i pagamenti diretti venivano legati al rispetto di standard minimi in campo ambientale; nel caso<br />
della modulazione veniva previsto un taglio degli aiuti diretti per ciascuna azienda il cui ammontare veniva trasferito alle politiche di<br />
sviluppo rurale, in particolare alle ex misure di accompagnamento.<br />
3 Le opzioni riguardano il grado di disaccoppiamento e le categorie di premio da mantenere accoppiate per seminativi, carne bovina e<br />
carne ovicaprina. La scelta può essere fatta a livello nazionale o regionale (per regioni omogenee).<br />
4 Resta ancora la rilevante differenza, tra i due pilastri, del cofinanziamento. La politica dei mercato resta tutta a carico dell'UE,<br />
mentre per il secondo pilastro una parte non irrilevante della spesa è a a carico degli stati membri.<br />
2
In sintesi, i gradi di libertà recuperati dagli Stati membri e dalle istituzioni locali nella gestione<br />
della PAC, con il disaccoppiamento e con le altre misure a carattere orizzontale, rappresenta un passo<br />
in avanti nel superamento di una politica meccanicistica e “unica” per tutta l’UE e a favore di un<br />
approccio a menù che prevede misure flessibili, adattabili alle specifiche realtà e, soprattutto, rispetto<br />
alle quali è necessario compiere scelte politiche. Come rovescio della medaglia, va sottolineata la<br />
difficoltà di gestire, a livello europeo, una politica che può risultare, di fatto, diversa non solo tra pilastri,<br />
ma anche tra paesi, regioni e singoli territori, inoltre, lo stesso prodotto può avere sostegni diversi<br />
tra aree. Ciò porta alla conclusione che la nuova PAC, anche per quel che riguarda i mercati, si differenzia<br />
non tanto per prodotti quanto per aree e livelli istituzionali.<br />
Un altro punto qualificante la riforma <strong>Fischler</strong> è il passaggio ad una modulazione degli aiuti<br />
diretti obbligatoria e sottoposta a regole comuni dettate dalla Commissione. La modulazione opera un<br />
taglio dei pagamenti diretti, stornando una parte del sostegno (nella misura massima del 5% dal<br />
2007 in poi) dal primo al secondo pilastro della PAC, a sostegno delle misure presenti nel PSR. Al di<br />
là della portata effettiva del rafforzamento del secondo pilastro attraverso la modulazione, di questo<br />
strumento vanno messi in evidenza due aspetti, uno di carattere più tecnico, l’altro più “politico”. Per<br />
il primo punto va detto che, a fronte della forte enfasi posta sul passaggio di risorse dal primo al secondo<br />
pilastro, prima con Agenda 2000 e poi con l’attuale riforma, la modulazione resta, nei fatti, l’unico<br />
strumento in grado di compiere attivamente tale riallocazione, seppure per entità relativamente<br />
modeste. Per quel che concerne l’aspetto più politico, va detto che la modulazione rappresenta il primo<br />
taglio effettivo che si compie sui pagamenti diretti dal 1992, il rappresenta comunque un messaggio,<br />
sicuramente blando ma dettato da una normativa obbligatoria, che gli aiuti diretti non sono più<br />
garantiti e immodificabili.<br />
Per quanto riguarda le novità relative alle politiche di sviluppo rurale, vengono istituite due nuove<br />
“misure di accompagnamento”: una relativa alla qualità e alla sicurezza alimentare, intesa come<br />
salubrità degli alimenti; un’altra per l’adeguamento delle aziende agricole alle nuove norme della<br />
PAC.<br />
Per quanto riguarda la qualità, si istituisce un sostegno per l’adesione a regimi di certificazione<br />
e di garanzia, compresi le indicazioni di origine e geografiche, i prodotti biologici e i vini di qualità.<br />
Gli obiettivi di questa nuova misura sono, da un lato, una maggiore garanzia al consumatore della qualità<br />
dei prodotti agroalimentari; dall’altro, l’aumento del valore aggiunto per i prodotti agricoli di base<br />
e il potenziamento degli sbocchi di mercato.<br />
La decisione di legare il sostegno ai prodotti di qualità, nell’ambito del secondo pilastro, ha<br />
riaperto il dibattito sull’opportunità di determinare un sostegno per la valorizzazione della qualità. In<br />
particolare, all’interno della PAC si fa strada l’idea che la qualità e la salubrità degli alimenti siano servizi<br />
“aggiuntivi” offerti dal settore primario. La giustificazione del sostegno pubblico va ricercata nella<br />
necessità di un intervento regolatorio, mirato ad evitare che si ingenerino truffe o che comunque vi<br />
sia scarsa chiarezza e trasparenza su queste questioni a danno del consumatore. A proposito del<br />
sostegno alla qualità, è appropriato ribadire il principio che in una società opulenta come quella dell’UE<br />
le caratteristiche di qualità e salubrità andrebbero garantite a tutti gli alimenti. A questo proposito,<br />
sarebbe stato auspicabile una maggiore apertura del dibattito sulla opportunità di individuare<br />
standard a garanzia di un livello adeguato di sicurezza e di qualità dei prodotti agricoli, come forma<br />
di condizionamento del sostegno nell’ambito del primo pilastro.<br />
Nel caso dell’altra misura di accompagnamento, relativa al rispetto delle norme della PAC, è previsto<br />
un sostegno temporaneo e degressivo a favore degli agricoltori perché si adeguino alla nuova<br />
normativa comunitaria in materia di ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali,<br />
benessere degli animali e sicurezza del lavoro. In sostanza, quindi, ci si riferisce al rispetto della condizionalità<br />
degli aiuti e a tutte le norme che introducono vincoli nuovi e più stringenti all’operare degli<br />
3
agricoltori. Anche in questo caso, come in genere per le misure di accompagnamento, la logica di questo<br />
sostegno è puramente compensativa: si interviene per controbilanciare i maggiori costi di produzione<br />
sostenuti dagli agricoltori a causa della normativa più complessa e vincolante, specie in materia<br />
ambientale, di sicurezza alimentare e di benessere degli animali da allevamento. Su questo punto,<br />
sembra che molti partner comunitari, compreso il nostro paese, si stiano orientando ad utilizzare un’altra<br />
misura appena introdotta dalla riforma, quella dell’audit aziendale, per certificare le aziende sul<br />
rispetto delle norme obbligatorie.<br />
Infine, vale la pena spendere qualche parola sui nuovi criteri individuati dalla Commissione<br />
riguardo alla distribuzione delle risorse per lo sviluppo rurale, oggetto di discussione non tanto nella<br />
riforma in sé, quanto a seguito dell’avvio della nuova fase di programmazione dei Fondi strutturali<br />
(2007-2013). Fino all’attuale fase di programmazione, i criteri individuati per il finanziamento dello<br />
sviluppo rurale sono stati: la spesa effettuata nelle passate programmazioni (efficienza della spesa);<br />
gli impegni di spesa per il periodo in corso (capacità di programmazione); il peso delle misure specifiche<br />
di sviluppo rurale (articolo 33). Il peso della programmazione passata ha fatto sì che i paesi privilegiassero<br />
misure tradizionali per le quali risultava più “semplice” raggiungere adeguati livelli di<br />
spesa. Questi criteri non tengono conto di alcuna variabile ambientale nell’allocazione delle risorse<br />
(superficie protetta o altro), né possono essere estesi ai nuovi paesi membri. La Commissione, in occasione<br />
della nuova programmazione (2007-2013), ha individuato nuovi criteri di allocazione (utilizzati<br />
nei programmi SAPARD di pre–adesione), che saranno applicati anche ai fondi derivanti dalla modulazione<br />
e destinati allo sviluppo rurale: la superficie agricola, l’occupazione agricola e il PIL pro capite<br />
come fattore di correzione. Si tratta, in altre parole, di due variabili strutturali e di una legata alla<br />
coesione e alla convergenza, tutte relativamente semplici da individuare, anche per i nuovi paesi membri,<br />
ma che non tengono adeguatamente conto della dimensione ambientale e territoriale, che tuttavia,<br />
soprattutto per i nuovi paesi membri, è particolarmente complessa da utilizzare come indicatore sintetico<br />
per l’allocazione della spesa.<br />
Con la riforma del 2003 anche la condizionalità degli aiuti diretti conquista un posto centrale nella<br />
filosofia del sostegno: essa, infatti, non solo diventa obbligatoria, ma si estende anche ad altri ambiti<br />
oltre a quello ambientale, al benessere degli animali, e alla sicurezza e salubrità degli alimenti 5 . L’estensione<br />
ad un maggior numero di campi dell’attività agricola (in senso lato), se da una parte rappresenta<br />
una buona regola per legare il sostegno a pratiche virtuose, dall’altra complica ancora di più<br />
l’applicazione degli standard minimi da rispettare; a questo proposito, vale la pena sottolineare ancora<br />
una volta l’importanza del legame tra il rispetto delle norme (in questo caso anche degli standard<br />
previsti dalla condizionalità degli aiuti diretti) e il sistema di consulenza aziendale, che, come già<br />
ricordato, istituisce un aiuto per la partecipazione volontaria degli agricoltori ad un sistema di certificazione<br />
relativa alla buona gestione agronomica e ambientale dell’azienda. Riguardo al controllo<br />
necessario per il buon funzionamento dello strumento, va sottolineato che è molto difficile stabilire<br />
criteri “oggettivi” di misurazione dei livelli minimi richiesti dal regolamento nei diversi ambiti ed inoltre<br />
va considerata la necessità di avviare una forte attività di coordinamento con altri interventi previsti<br />
nell’ambito della PAC: all’interno del regolamento sullo sviluppo rurale, con le misure agroambientali<br />
e con le misure di ammodernamento strutturale, ma anche con le stesse OCM e con la buona<br />
pratica agricola (BPA), per evitare che si crei confusione tra i livelli normativi, se non addirittura<br />
evidenti contraddizioni.<br />
Se si guarda, dunque, alla riforma nel suo insieme, si può convenire che essa contiene in sé la<br />
conclusione di un percorso iniziato nei primi anni Novanta ma conferisce alla PAC una decisa ster-<br />
5 Anche in questo caso, la riforma <strong>Fischler</strong> torna in parte sui suoi passi rispetto alle proposte circolate prima della chiusura, con la<br />
riduzione del numero di normative da rispettare per mantenere il 100% degli aiuti e con una certa gradualità nella loro<br />
applicazione, dal 2005 al 2007.<br />
4
zata, funzionale ai numerosi vincoli interni, di bilancio, di accettabilità sociale, ma anche all’allargamento<br />
dell’UE ai nuovi paesi membri e al rispetto dei vincoli internazionali. D’altra parte, il percorso<br />
disegnato da <strong>Fischler</strong> sembra andare verso una grande complessità gestionale della politica agricola,<br />
che rischia di vedere velocità e capacità molto diverse, tra i paesi membri (tra gli attuali e tra questi<br />
e i nuovi partner), nel sapere cogliere tutti gli aspetti innovativi senza perdersi in pastoie amministrative<br />
e burocratiche.<br />
Per molti aspetti la riforma appena approvata mostra una carica innovativa forse superiore ad<br />
Agenda 2000 stessa, soprattutto sul fronte del disaccoppiamento e dunque dell’avvicinamento dell’agricoltura<br />
europea agli stimoli del mercato mondiale. D’altra parte, il disaccoppiamento, come detto<br />
in precedenza, cristallizza e rende pienamente visibili i pagamenti diretti, indebolendoli da un punto<br />
di vista della loro giustificazione sociale ed economica e aprendo la strada ad un loro definitivo<br />
smantellamento. Inoltre, il disaccoppiamento totale, nonostante l’ampliamento degli ambiti della<br />
condizionalità, rende il sostegno, per certi aspetti, più garantito, legandolo allo status (storico) di agricoltore<br />
e sminuendo, di fatto, sia l’idea di incentivare i comportamenti virtuosi, sia quella di pagare<br />
per servizi resi alla società e che non trovano remunerazione sul mercato, secondo la logica della multifunzionalità,<br />
il cui riconoscimento sul piano interno ed internazionale è stata una delle battaglie di<br />
questa stessa Commissione.<br />
1.2 Le risorse finanziarie della nuova PAC<br />
1.2.1 Un quadro d’insieme<br />
La riforma della PAC approvata nel giugno 2003 (<strong>Riforma</strong> <strong>Fischler</strong>) verrà applicata in modo scalare,<br />
a partire dal 1° gennaio del 2005 e fino al 1° gennaio del 2007. La piena implementazione della<br />
nuova PAC, quindi, avverrà contestualmente alla vigilia dell’entrata in vigore delle nuove prospettive<br />
finanziarie, che delineano il quadro delle risorse finanziarie a disposizione per il finanziamento<br />
della futura attività dell’Unione. Inoltre, nel 2007 dovrebbe completarsi anche il processo di<br />
allargamento ai nuovi paesi membri, con il previsto ingresso di Bulgaria e Romania.<br />
La concomitanza delle scadenze connesse alle attuali risorse finanziarie 2000-06 con l’applicazione<br />
della nuova PAC, e con il proseguimento del processo di allargamento, forniscono l’occasione<br />
per un profondo ripensamento dei meccanismi finanziari che consentono di dare attuazione alle priorità<br />
politiche dell’Unione. Le nuove prospettive finanziarie sono state presentate dalla Commissione<br />
Europea nel febbraio del 2004, con la Comunicazione Costruire il nostro avvenire comune. Sfide e<br />
mezzi finanziari dell’Unione allargata 2007-2013 (COM(2004) 101).<br />
Le prospettive presentate abbracciano un periodo che va dal 2007 al 2013, nell’ottica sia di<br />
accompagnare e garantire il rispetto di alcune decisioni già prese, che per meglio regolare le scadenze<br />
di programmazione finanziaria con quelle di programmazione politica.<br />
Rispetto al primo punto, la data del 2013 consentirà di soddisfare appieno gli impegni già presi<br />
su alcuni fronti; in particolare:<br />
- dare piena attuazione alla nuova politica agricola, la cui programmazione giunge appunto fino a<br />
quella data. Infatti, la parte più consistente delle spese agricole è già stata determinata con la riforma<br />
<strong>Fischler</strong> del 2003;<br />
- garantire il completamento del processo di integrazione dei nuovi paesi membri - i nuovi 10<br />
appena entrati, più i successivi 2 ancora in corso di adesione -, tra i quali vi sono due importanti<br />
paesi agricoli e sui quali si dirotteranno comunque ingenti risorse, dal momento che in tutti i nuovi<br />
partner il livello di prosperità è notevolmente più basso che nella UE-15;<br />
- sostenere alcune politiche settoriali dell’Unione, derivanti direttamente dai contenuti dei Trattati<br />
5
e della normativa europea, per la cui applicazione sono necessarie risorse finanziarie che non possono<br />
essere trascurate.<br />
Rispetto al secondo punto, la Commissione ha sottolineato l’esigenza di passare ad una programmazione<br />
delle prospettive finanziarie su base quinquennale. Ciò consentirà di adeguare i nuovi<br />
piani finanziari al ritmo istituzionale; in questo modo, dopo il 2013, ciascuna prospettiva finanziaria<br />
avrà la medesima scadenza del mandato istituzionale della Commissione, cosicché quest’ultima sarà<br />
responsabile, sia della determinazione delle proprie prospettive finanziarie, che della loro attuazione.<br />
Le nuove prospettive finanziarie, quindi, sono state elaborate con l’obiettivo di sostenere operativamente<br />
le decisioni già adottate, ma soprattutto di tenere conto del complessivo quadro politico<br />
e istituzionale dell’Unione allargata. In particolare, il documento di presentazione elaborato dalla<br />
Commissione, più volte, enfatizza la necessità di tenere conto di alcuni obiettivi politici di fondo, definiti<br />
da tutti i partner dell’Unione: un’economia dinamica basata sulla conoscenza, una crescita economica<br />
sostenibile e una maggiore coesione sociale. Lo stesso documento, inoltre, sottolinea l’esigenza<br />
di elaborare le nuove prospettive in forma tale da consentire una maggiore razionalizzazione<br />
degli interventi, in particolare tramite una semplificazione nella struttura e nell’articolazione delle<br />
rubriche di spesa previste.<br />
1.2.2 Le nuove prospettive finanziarie 2007-2013<br />
Dare applicazione pratica ad un progetto politico basato sull’obiettivo prioritario dello sviluppo<br />
sostenibile, tramite un’accorta gestione delle risorse naturali, il miglioramento della competitività e<br />
una maggiore solidarietà tra aree e cittadini dell’Unione, comporta la disponibilità di una dotazione<br />
finanziaria adeguata.<br />
In tale contesto, un livello di stanziamenti che ricalchi quello delle prospettive finanziarie correnti<br />
appare insufficiente a realizzare le priorità individuate. Pertanto, la Commissione ha ritenuto,<br />
innanzitutto, di dover innalzare il tetto delle disponibilità finanziarie, pur mantenendo fede agli impegni<br />
di rigore finanziario più volte enunciati. Le nuove prospettive, infatti, seppure contemplano un<br />
livello di spese considerevolmente più elevato di quello attualmente previsto, si mantengono comunque<br />
al di sotto del livello massimo consentito dal margine delle risorse proprie, ovvero l’1,24% del<br />
PIL europeo ed anzi rispettano il vincolo della quota del PIL pari all’1,15% annunciato dal Presidente<br />
Prodi, lasciando dunque un margine dello 0,09% 6 .<br />
Inoltre, le nuove prospettive si presentano in una veste profondamente mutata rispetto al passato.<br />
Infatti, le prospettive finanziarie attualmente in vigore ricalcano nella sostanza la classificazione<br />
adottata dall’Unione fin dall’origine, basata su otto voci di spesa, che salgono ad undici considerando<br />
anche le sottovoci. Questa articolazione, nei fatti, è stata giudicata troppo rigida, in quanto ha limitato<br />
fortemente gli adattamenti necessari al migliore raggiungimento degli obiettivi che si sono manifestati<br />
nel corso del tempo.<br />
Le prospettive 2007-2013 si presentano, invece, articolate in cinque voci, la cui denominazione<br />
meglio sintetizza gli obiettivi prioritari dell’Unione stessa. Inoltre, la suddivisione in appena cinque<br />
rubriche offre più ampi margini di manovra e meglio consente di adattare le risorse finanziarie ad<br />
eventi che può essere difficile prevedere con anni di anticipo. Le nuove voci di spesa risultano così<br />
articolate:<br />
1 Crescita sostenibile. Finalizzata alla crescita sostenibile.<br />
6 Il mantenimento della spesa nella soglia dell'1,15% del PIL europeo rappresenta probabilmente un compromesso della<br />
Commissione nei confronti di alcuni Stati membri (Austria, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito) che avevano premuto per un<br />
tetto di spesa fissato all'1% del PIL.<br />
6
1a. Competitività per la crescita e l’occupazione. Comprende la spesa per la ricerca e l’innovazione;<br />
l’istruzione e la formazione; la sicurezza e la sostenibilità sul piano ambientale delle reti<br />
UE; il sostegno al mercato unico integrato e le politiche di accompagnamento; l’attuazione<br />
della politica sociale.<br />
1b. Coesione per la crescita e l’occupazione. Comprende la spesa per accrescere la convergenza<br />
degli Stati membri e delle regioni in ritardo di sviluppo, sostenere la politica di sviluppo sostenibile<br />
nelle regioni meno prospere, sostenere la cooperazione interregionale.<br />
2. Gestione sostenibile e protezione delle risorse naturali. Comprende la spesa per la politica agricola,<br />
la politica della pesca e la politica legata all’ambiente.<br />
3. Cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia. Oltre agli affari interni e alla cittadinanza, comprende,<br />
tra le altre voci di spesa, anche il potenziamento delle istituzioni, l’accesso ai beni pubblici, la sicurezza<br />
alimentare, la sanità, la protezione dei consumatori, l’informazione.<br />
4. L’Unione europea quale partner globale. Comprende tutte le azioni esterne, compresi gli strumenti<br />
di preadesione.<br />
5. Amministrazione.<br />
Per quel che concerne in particolare la rubrica 2, va sottolineato come questa inglobi, oltre alle<br />
risorse per il settore agricolo, anche quelle relative alla pesca, ma soprattutto alla politica ambientale.<br />
Gli impegni politici relativamente allo sfruttamento e alla gestione sostenibili delle risorse naturali,<br />
hanno reso significativa la creazione di un’apposita voce di spesa, che includesse le politiche settoriali<br />
che hanno un impatto più diretto e maggiore contiguità fisica con l’ambiente naturale. Inoltre, il<br />
trasferimento della politica agricola all’interno di una rubrica intitolata alla conservazione e gestione<br />
delle risorse naturali, pone maggiore enfasi sulla necessità che essa contribuisca al raggiungimento<br />
degli obiettivi di maggiore competitività, solidarietà e migliore integrazione delle preoccupazioni<br />
ambientali.<br />
Nella rubrica 2 sono comprese anche le politiche di sviluppo rurale, per le quali sono previste<br />
novità di grande rilievo. In primo luogo, il processo di rinnovamento riguarda gli obiettivi della politica<br />
di sviluppo rurale, nell’ottica di contribuire allo sviluppo sostenibile. Con la nuova programmazione,<br />
gli interventi si concentreranno su tre obiettivi principali:<br />
- accrescere la competitività del settore agricolo mediante il sostegno alla ristrutturazione (investimenti,<br />
informazione e promozione ecc.);<br />
- migliorare l’ambiente e le zone rurali, con particolare riguardo alla gestione dei suoli e alle aree<br />
ricadenti in zone particolari;<br />
- accrescere la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione delle attività economiche.<br />
Tuttavia, la novità principale sta nella proposta che prevede che tutte le misure di sviluppo rurale<br />
vengano raggruppate per tutte le regioni (sia quelle in Obiettivo 1 che quelle fuori dall’Obiettivo 1)<br />
in un unico sistema di finanziamento, programmazione, gestione finanziaria e controllo. Allo stesso<br />
modo sarà previsto un nuovo strumento finanziario per l’ambiente, che racchiuda tutti gli attuali programmi<br />
in materia ambientale.<br />
In pratica, per quel che riguarda le 26 misure di sviluppo rurale 7 si mette in pratica per la prima<br />
volta quello che da tempo era stato invocato al fine di semplificare l’intervento per le aree rurali: l’unificazione<br />
della spesa in un unico fondo, che comprenda la parte del FEOGA Garanzia dedicata allo<br />
7 Si tratta delle 22 misure tradizionali dello sviluppo rurale a cui si aggiungono 4 nuove misure approvate dalla riforma <strong>Fischler</strong>; 2<br />
relative alla incentivazione della qualità e 2 relative al rispetto delle nuove norme.<br />
7
sviluppo rurale e il FEOGA Orientamento. Sulle modalità di funzionamento di tale fondo unico la<br />
Commissione non si è ancora espressa a pieno, anche se sembra orientarsi verso un meccanismo di<br />
funzionamento più simile a quello del FEOGA Orientamento (cioè basato sul criterio n+2) che non<br />
quello del FEOGA Garanzia (European Commission, 2004) 8 . D’altra parte, da più parti è stato evidenziato<br />
il rischio che un fondo unico per lo sviluppo rurale disattivi il processo integrativo tra fondi<br />
strutturali (soprattutto per le aree in ritardo di sviluppo), che da molto era stato visto come un elemento<br />
di successo della politica strutturale dell’UE.<br />
Sul fronte dei meccanismi di finanziamento dei bilanci che scaturiranno dalle future prospettive<br />
2007-2013, la Commissione sottolinea la necessità di dare maggiore trasparenza all’intero sistema<br />
di formazione delle risorse proprie. Questo, nel complesso, viene giudicato abbastanza positivamente,<br />
ma si sottolinea l’esigenza di rafforzare nel tempo la componente di origine fiscale, che risulta più<br />
visibile per i cittadini e che potrebbe andare a ridurre la componente derivante dal valore del PIL. In<br />
tal modo, il sistema di finanziamento si baserebbe meglio sulla reale situazione di prosperità economica<br />
dei paesi e dei cittadini europei. In base al grado di armonizzazione fiscale esistente tra i paesi<br />
dell’Unione, sono state prefigurate tre possibili alternative: 1) l’introduzione di una tassa sulle entrate<br />
delle società; 2) un’effettiva risorsa IVA; 3) una tassa energetica. In tutti i casi, il rafforzamento della<br />
componente fiscale non dovrebbe gravare sui cittadini, in quanto l’aliquota UE dovrebbe essere<br />
compensata da una riduzione equivalente di quella nazionale prelevata sulla medesima, o su una corrispondente,<br />
tassa. L’eventuale modifica nel meccanismo di finanziamento dovrebbe essere neutrale<br />
anche sul fronte dei bilanci nazionali, in quanto ciascun paese potrà recuperare le risorse derivanti dall’applicazione<br />
dell’attuale aliquota di prelievo sul PIL.<br />
1.2.3 La spesa prevista<br />
In questo paragrafo si commenterà la proposta finanziaria per il periodo 2007-2013, confrontandola,<br />
in particolare, con l’ultimo anno del periodo di programmazione attuale 2000-06.<br />
Come si evidenzia nella tabella 1, la spesa per l’agricoltura, nel suo complesso, si porterebbe,<br />
secondo la proposta della Commissione, dai 54,3 miliardi di euro già programmati nel 2006 a 55,4<br />
miliardi nel 2013. Ciò si tramuta in una riduzione della spesa per pagamenti diretti ed altre misure<br />
di mercato (da 43,7 miliardi a 42,2 miliardi), a fronte di un sensibile incremento della spesa per<br />
lo sviluppo rurale (complessivamente del 25%, da 10,5 miliardi di euro nel 2006 a13,2 miliardi nel<br />
2013), che però si “spalma” su un numero maggiore di misure (26 invece delle attuali 22, vedi nota<br />
2), oltre al fatto che i nuovi paesi membri sarebbero i principali utilizzatori di tali risorse, a scapito<br />
dei Quindici 9 .<br />
Nella figura 1 si evidenzia come la spesa prevista per le politiche di mercato sia ben al di sotto<br />
del tetto di spesa fissato dall’Accordo di Bruxelles nell’Ottobre del 2002 (Agra Europe, 2004).<br />
Tale accordo, infatti, aveva stabilito una linea finanziaria per l’agricoltura che teneva ancorata la<br />
spesa per i mercati (la vecchia rubrica 1a del bilancio) a due vincoli:<br />
- in termini reali, la spesa non avrebbe dovuto superare il tetto previsto al 2006 dalla riforma di<br />
Agenda 2000;<br />
- in termini nominali, la spesa non avrebbe dovuto crescere più dell’1% all’anno rispetto al tetto<br />
fissato.<br />
8 La formula sta ad intendere un disimpegno automatico dei fondi se i pagamenti al termine del secondo anno dopo quello di riferimento<br />
non esauriscono gli impegni programmati nell'anno n.<br />
9 A questo proposito, va ricordato che secondo i “criteri oggettivi” proposti dalla Commissione per la distribuzione delle risorse per lo<br />
sviluppo rurale, ai Quindici andrebbe il 54% delle risorse complessive per lo sviluppo rurale, mentre al NSM il restante 46%.<br />
8
Con lo stesso accordo, si era anche stabilito di non vincolare la spesa per lo sviluppo rurale<br />
(rubrica 1b del bilancio), il che lasciava sperare in un sensibile incremento della spesa per il secondo<br />
pilastro, in ottemperanza alle esigenze espresse sin dai tempi della Conferenza di Cork del<br />
1996.<br />
Figura 1.1 - Andamento della spesa agricola 2007-2013<br />
49<br />
48<br />
47<br />
46<br />
miliardi di euro<br />
45<br />
44<br />
43<br />
42<br />
41<br />
40<br />
39<br />
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013<br />
Consiglio di Bruxelles 2002 Prospettive finanziarie 2004<br />
In realtà, la cifra stanziata per lo sviluppo rurale, considerando l’allargamento dell’UE, prefigura<br />
un aumento tutto sommato modesto della dotazione finanziaria per questa politica (vedi nota 4).<br />
Inoltre, con il previsto ingresso di Romania e Bulgaria la distribuzione delle risorse per lo sviluppo<br />
rurale verrebbe a modificarsi ulteriormente e sensibilmente: secondo la Commissione europea, nel<br />
solo triennio 2007-2009 i due paesi assorbirebbero circa 3 miliardi di euro dall’ammontare complessivo<br />
(la spesa prevista è di circa 617 milioni di euro per la Bulgaria e di 2.400 milioni per la Romania).<br />
Per quanto riguarda, poi, la dotazione del secondo pilastro, va ricordato anche che ad esso si deve<br />
aggiungere il taglio apportato ai pagamenti diretti con la modulazione, pari al 5% teorico degli aiuti<br />
diretti percepiti da ciascuna azienda agricola 10 . Ciò riguarda solo l’UE-15, in quanto la modulazione<br />
sarà effettiva nei NSM solo nel momento in cui essi raggiungeranno il 100% del sostegno via pagamenti<br />
diretti goduto dai Quindici, ovvero non prima del 2010. D’altra parte, è evidente che, date le<br />
caratteristiche strutturali e produttive dei NSM, essi saranno tutti beneficiari netto della modulazione,<br />
ricevendo più risorse di quanto non ne perdano attraverso il taglio degli aiuti diretti (Henke, Storti,<br />
2004).<br />
10 Il taglio del 5% è teorico in quanto è previsto “l'aiuto aggiuntivo” che restituisce agli agricoltori il 100% del taglio effettuato sui primi<br />
5.000 euro di aiuti diretti di ciascuna azienda. Di conseguenza, a livello europeo il taglio effettivo risulta pari al 3,4%.<br />
9
Tab. 1.1 - Programmi provvisori di spesa dell’UE dal 2007 al 2013 (in milioni di euro)<br />
Stanziamenti per impegni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013<br />
1. Sviluppo sostenibile 47.582 59.675 62.795 65.800 68.235 70.660 73.715 76.785<br />
1a. Competitività per sviluppo e<br />
occupazione 8.791 12.105 14.390 16.680 18.965 21.250 23.540 25.825<br />
1b. Coesione per sviluppo e occupazione 38.791 47.570 48.405 49.120 49.270 49.410 50.175 50.960<br />
2. Conservazione e gestione delle risorse<br />
naturali 56.015 57.180 57.900 58.115 57.980 57.850 57.825 57.805<br />
- di cui PAC 54.279 55.259 55.908 56.054 55.859 55.666 55.853 55.497<br />
- di cui: spesa collegata al mercato e<br />
pag. diretti 43.735 43.500 43.673 43.354 43.034 42.714 42.506 42.293<br />
sviluppo rurale 10.544 11.759 12.235 12.700 12.825 12.952 13.077 13.205<br />
3. Cittadinanza, libertà, sicurezza e<br />
giustizia 1.381 1.630 2.015 2.330 2.645 2.970 3.295 3.620<br />
4. L'UE come partner mondiale 11.232 11.400 12.175 12.945 13.720 14.495 15.115 15.740<br />
5. Amministrazione 3.436 3.675 3.815 3.950 4.090 4.225 4.365 4.500<br />
- Indennità di bilancio a favore dei paesi<br />
PECO 1.041 - - - - - - -<br />
Totale stanziamenti per impegni 120.688 133.560 138.700 143.140 146.670 150.200 154.315 158.450<br />
Stanziamenti totali per pagamenti 114.740 124.600 136.500 127.700 126.000 132.400 138.400 143.100<br />
Totale stanziamenti per pagamenti come %<br />
del PIL 1,09% 1,15% 1,23% 1,12% 1,08% 1,11% 1,14% 1,15%<br />
Margine disponibile 0,15% 0,09% 0,01% 0,12% 0,16% 0,13% 0,10% 0,09%<br />
Limite massimo delle risorse proprie come<br />
% del PIL 1,24% 1,24% 1,24% 1,24% 1,24% 1,24% 1,24% 1,24%<br />
Fonte: elaborazioni da Agra Europe 2004<br />
10
CAPITOLO 2<br />
IL REGIME DI PAGAMENTO UNICO E GLI AIUTI SPECIFICI<br />
M.R. PUPO D’ANDREA<br />
2.1 Il contenuto della riforma<br />
2.1.1 Le disposizioni generali<br />
Il Regolamento (CE) n. 1782/2003 stabilisce “condizioni comuni applicabili ai pagamenti diretti<br />
nell’ambito dei vari regimi di sostegno al reddito (…)”. Il regime di pagamento unico ha il compito<br />
di inquadrare i numerosi premi e pagamenti che gli agricoltori ricevevano in virtù delle diverse<br />
OCM in una cornice unica di diritti e obblighi. Il pagamento integrale degli aiuti è subordinato al<br />
rispetto di requisiti ambientali, di sicurezza alimentare, di benessere e salute degli animali, di buone<br />
condizioni agronomiche e ambientali (condizionalità). La riduzione obbligatoria dei pagamenti diretti<br />
è intesa a realizzare un risparmio da destinare al finanziamento delle misure di sviluppo rurale<br />
(modulazione).<br />
Il Titolo III del Regolamento 1782/2003 è dedicato al regime di pagamento unico. Esso prevede<br />
di far confluire in un unico pagamento, determinato in base ai diritti maturati in un triennio di riferimento,<br />
la maggior parte degli aiuti diretti che un agricoltore riceve in virtù dei diversi regimi esistenti.<br />
Allo stesso tempo, al fine di salvaguardare particolari produzioni ed evitare il rischio di abbandono<br />
in zone sensibili, è previsto il mantenimento di una serie di aiuti specifici che limitano la portata<br />
del disaccoppiamento e mantengono il legame del sostegno con il prodotto.<br />
Gli aiuti diretti che a partire dal 1° gennaio 2005 confluiscono nel pagamento unico sono elencati<br />
nell’Allegato VI e sono relativi a: seminativi, patate da fecola, legumi da granella, riso, sementi,<br />
carni bovine, latte e prodotti lattiero-caseari, ovicaprini, regioni ultraperiferiche, foraggi essiccati,<br />
cotone, olio d’oliva, tabacco, luppolo 11 .<br />
I beneficiari del regime di pagamento unico sono coloro che hanno ricevuto aiuti diretti a titolo<br />
di almeno uno dei regimi di sostegno individuati nell’Allegato VI durante il triennio 2000-2002 12 ,<br />
oppure, che hanno ricevuto tutta o parte dell’azienda per via ereditaria da un agricoltore che soddisfaceva<br />
le condizioni di cui sopra, o che hanno ricevuto un diritto all’aiuto dalla riserva nazionale o<br />
per trasferimento. Per i produttori di olio d’oliva la media degli aiuti storici è basata su un quadriennio<br />
di riferimento (le campagne di commercializzazione dalla 1999/2000 alla 2002/03).<br />
Ogni agricoltore è titolare di un diritto all’aiuto per ettaro calcolato dividendo la media dei pagamenti<br />
percepiti nel periodo di riferimento (importo di riferimento) per il numero medio di ettari che<br />
ha dato vita ai pagamenti diretti in quel periodo 13 . Il numero medio di ettari definisce il numero totale<br />
dei diritti all’aiuto. Ogni diritto all’aiuto abbinato ad un ettaro ammissibile conferisce il diritto al<br />
pagamento dell’importo fissato. Per ettaro ammissibile si intende qualunque superficie agricola del-<br />
11 Il premio per i prodotti lattiero-caseari e i pagamenti supplementari introdotti dalla riforma <strong>Fischler</strong> entreranno a far parte del regime<br />
di pagamento unico a partire dal 2007. Tuttavia, lo Stato membro può decidere di inserire (totalmente o parzialmente) questi premi<br />
nel pagamento unico a decorrere dal 2005. Gli aiuti per l'olio d'oliva, il tabacco e il cotone entreranno nel regime dal 1° gennaio<br />
2006.<br />
12 Nel caso in cui l'agricoltore abbia iniziato l'attività nel corso del periodo di riferimento, la media degli aiuti è calcolata sui pagamenti<br />
che ha percepito negli anni civili durante i quali ha svolto l'attività agricola (uno o due anni).<br />
13 Nel numero di ettari che ha dato vita ai pagamenti diretti è compresa l'intera superficie foraggera, cioè la superficie aziendale disponibile<br />
per l'allevamento di animali.<br />
11
l’azienda investita a seminativi 14 o a pascolo permanente, comprese le superfici investite a luppolo e<br />
le superfici olivetate 15 . Sono escluse le superfici destinate a colture permanenti 16 , a colture forestali<br />
o ad usi non agricoli. L’agricoltore dichiara quali sono le parcelle agricole degli ettari ammissibili sui<br />
quali intende far valere il diritto all’aiuto. Questo non deve essere necessariamente fatto valere sulla<br />
superficie che ha dato vita ai pagamenti diretti ma può essere esercitato su qualunque altra superficie<br />
dell’azienda, purché siano rispettati i criteri per l’ammissibilità.<br />
Per potere ottenere il pagamento dell’aiuto l’agricoltore deve presentare domanda alle autorità<br />
competenti entro una data stabilita da ciascuno Stato membro, ma non oltre il 15 maggio di ogni anno.<br />
Gli agricoltori che non presentano domanda al primo anno di applicazione del regime di pagamento<br />
unico perdono i loro diritti all’aiuto.<br />
Al fine di stabilizzare la spesa su quella storica, per ciascuno Stato membro è fissato un massimale<br />
nazionale all’ammontare di sostegno a cui ha diritto (tab. 2.1). Esso è determinato sulla base della<br />
media degli aiuti storici da ciascuno Stato ricevuto negli anni di riferimento per le OCM considerate,<br />
con gli opportuni adeguamenti indicati nell’Allegato VII. Nel caso in cui la somma degli importi<br />
di riferimento superi il massimale, lo Stato membro interessato dovrà procedere ad una loro riduzione<br />
lineare, al fine di rispettare il tetto.<br />
Tab. 2.1 - Massimali nazionali (milioni di euro)<br />
Stato membro 2005 2006 2007-2009<br />
2010 e anni<br />
successivi<br />
Belgio 411 413 530 530<br />
Danimarca 838 838 996 996<br />
Germania 4.489 4.503 5.492 5.496<br />
Grecia 837 1.700 1.722 1.760<br />
Spagna 3.244 4.043 4.241 4.253<br />
Francia 7.199 7.231 8.091 8.099<br />
Irlanda 1.136 1.136 1.322 1.322<br />
Italia 2.539 3.112 3.464 3.497<br />
Lussemburgo 27 27 37 37<br />
Paesi Bassi 386 386 779 779<br />
Austria 613 614 712 712<br />
Portogallo 452 493 559 561<br />
Finlandia 467 467 552 552<br />
Svezia 612 612 729 729<br />
Regno Unito 3.351 3.351 3.869 3.869<br />
Fonte: Allegato VIII al Regolamento (CE) n. 1782/2003<br />
Gli Stati membri devono costituire una riserva nazionale da utilizzare in via prioritaria per<br />
attribuire importi di riferimento agli agricoltori che hanno iniziato l’attività agricola dopo il 31 dicembre<br />
2002, o nel 2002 ma senza ricevere alcun pagamento diretto in tale anno 17 . La riserva è costitui-<br />
14 Per seminativi si intendono i terreni utilizzati per coltivazioni agricole e i terreni messi a set aside, o mantenuti in buone condizioni<br />
agronomiche e ambientali secondo quanto disposto dalle norme sulla condizionalità, a prescindere dal fatto che siano adibiti o meno<br />
a coltivazioni in serre o sotto ripari fissi o mobili (Regolamento (CE) n. 796/2004 e successive modifiche).<br />
15 La superficie a oliveto è quella esistente al 1° maggio 1998 (31 dicembre 2001 per Cipro e Malta) o i nuovi oliveti di sostituzione di<br />
impianti preesistenti o i nuovi impianti realizzati nell'ambito di programmi autorizzati dalla Commissione e registrati in un sistema di<br />
informazione geografica (SIG).<br />
16 Le coltivazioni permanenti sono le colture fuori avvicendamento, con esclusione dei pascoli permanenti, che occupano il terreno per<br />
almeno cinque annate e forniscono raccolti ripetuti, escluse le colture pluriennali<br />
17 La riserva può essere utilizzata anche in favore di coloro che si trovano in una situazione particolare quali quelle definite dagli articoli<br />
dal 19 al 23 del Regolamento (CE) n. 795/2004.<br />
12
ta attraverso una riduzione lineare, non superiore al 3%, degli importi di riferimento. Essa è inoltre alimentata<br />
dai diritti all’aiuto non “attivati” (quelli per i quali non è stata presentata domanda al regime<br />
nel primo anno di applicazione); da quelli non utilizzati (cioè, quelli attivati ma per i quali non è stata<br />
successivamente presentata domanda) per un periodo di tre anni, salvo quelli che risultano inutilizzati<br />
per cause di forza maggiore o per circostanze eccezionali; dalla trattenuta effettuata in caso di<br />
vendita sui diritti all’aiuto o sul loro valore unitario, tranne nel caso in cui la vendita riguardi un agricoltore<br />
che inizia l’attività agricola; dall’eventuale differenza positiva tra il massimale previsto nell’Allegato<br />
VIII e la somma degli importi di riferimento da attribuire agli agricoltori.<br />
Gli Stati membri possono gestire la riserva nazionale a livello regionale.<br />
I diritti all’aiuto possono essere trasferiti solo all’interno dello stesso Stato membro, inoltre uno<br />
Stato può limitare il trasferimento o l’utilizzazione dei diritti nell’ambito della stessa regione.<br />
La vendita dei diritti all’aiuto, o qualsiasi altra forma di trasferimento definitivo, può avvenire<br />
con o senza l’accompagnamento della terra. L’affitto, o altre forme di cessione temporanea, è consentito<br />
solo se il trasferimento dell’aiuto è accompagnato dal trasferimento di un numero equivalente<br />
di ettari ammissibili.<br />
Le superfici per le quali è fatto valere il diritto all’aiuto possono essere utilizzate per qualsiasi<br />
attività agricola, tranne che per le colture permanenti (ad eccezione del luppolo e degli oliveti che soddisfano<br />
i requisiti previsti), per la produzione di ortofrutticoli e per la produzione di patate diverse da<br />
quelle destinate alla fabbricazione di fecola. Sulla rimanente superficie ammissibile l’agricoltore<br />
può svolgere qualunque attività agricola, nel rispetto delle norme fissate nell’ambito dei regimi di<br />
sostegno di riferimento e dei limiti imposti dalla eventuale presenza di quote di produzione e/o divieto<br />
di nuovi impianti. L’agricoltore beneficiario di aiuti può anche decidere di non esercitare alcuna attività<br />
produttiva: egli ha comunque diritto a ricevere il pagamento unico; in ogni caso, egli è tenuto a<br />
rispettare su tutta la superficie aziendale i criteri di gestione obbligatori e le buone condizioni agronomiche<br />
e ambientali fissati nell’ambito della condizionalità 18 .<br />
Sono previste disposizioni particolari in favore dei produttori zootecnici percettori di premi a<br />
capo e non necessariamente in possesso di una superficie ammissibile (diritti all’aiuto sottoposti a<br />
condizioni particolari) 19 . Il Regolamento (CE) n. 1782/2003 stabilisce che gli agricoltori che hanno<br />
percepito tali premi e/o supplementi durante il periodo di riferimento ma che non possedevano ettari<br />
durante tale periodo o il cui diritto per ettaro corrisponde ad un importo superiore a 5.000 euro hanno<br />
diritto, nel primo caso, ad un aiuto pari all’importo di riferimento, nel secondo caso, ad un aiuto<br />
per ogni 5.000 euro o frazione dell’importo di riferimento. Gli agricoltori che dispongono dei diritti<br />
all’aiuto per i quali non possedevano ettari possono derogare dall’obbligo di fornire un numero di ettari<br />
ammissibili equivalente al numero dei diritti, purché mantengano almeno il 50% dell’attività agricola<br />
svolta nel periodo di riferimento espressa in UBA.<br />
Gli agricoltori che nel periodo 2000-2002 erano assoggettati all’obbligo di set aside nell’ambito<br />
dell’OCM seminativi mantengono inalterato tale obbligo anche nel regime di pagamento unico. Gli<br />
agricoltori ricevono un diritto di ritiro a cui deve corrispondere un ettaro ammissibile al diritto di ritiro<br />
che deve essere sottratto dalla produzione.<br />
Entro il 1° agosto 2004 gli Stati membri hanno dovuto operare delle scelte sulle modalità di<br />
18 Il Regolamento (CE) n. 1782/2003 definisce attività agricola anche il mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche e<br />
ambientali secondo quanto stabilito nell'ambito della condizionalità (De Filippis, 2004, pag. 15).<br />
19 Si tratta del premio di destagionalizzazione, premio all'abbattimento, premio speciale per i bovini maschi, premio alla vacca nutrice<br />
e relativi pagamenti supplementari nell'ambito dell'OCM carni bovine; dei premi per gli ovicaprini e relativi supplementi concessi nelle<br />
aree svantaggiate; del premio per i prodotti lattiero-caseari e i pagamenti supplementari.<br />
13
applicazione del regime di pagamento unico. Più in particolare, essi hanno avuto la possibilità di optare<br />
per una attuazione regionalizzata, la facoltà di avvalersi di una attuazione parziale, la possibilità di<br />
escludere alcuni regimi di aiuto dal pagamento unico e l’opportunità di applicare posticipatamente il<br />
regime di pagamento unico.<br />
2.1.2 L’attuazione regionale<br />
Ciascuno Stato membro può applicare il regime di pagamento unico a livello regionale. In tal<br />
caso il massimale nazionale è diviso tra le regioni, secondo criteri oggettivi. Gli Stati membri con<br />
meno di 3 milioni di ettari di superficie ammissibile possono essere considerati una regione unica.<br />
La suddivisione del massimale nazionale tra le regioni rappresenta il primo passo verso la vera<br />
“regionalizzazione” degli aiuti. Infatti, in casi debitamente giustificati e secondo criteri oggettivi lo<br />
Stato membro può dividere il massimale regionale tra tutti gli agricoltori le cui aziende ricadono nella<br />
regione, compresi quelli che nel triennio di riferimento non hanno fruito di almeno uno dei regimi<br />
di sostegno che ricadono nel pagamento unico. La “regionalizzazione”, dunque, attua il disaccoppiamento<br />
degli aiuti a livello territoriale anziché aziendale e dà vita a pagamenti per ettaro forfetari di<br />
uguale valore per tutti gli agricoltori della regione.<br />
La regionalizzazione forfetaria può riguardare la totalità del massimale regionale o parte di<br />
esso. In quest’ultimo caso, possono essere individuati vari criteri di distribuzione: quella per settori<br />
produttivi (ripartizione del massimale regionale in senso verticale) che consente di “regionalizzare”<br />
una o più componenti del massimale regionale, ma non tutte; quella per quote percentuali (ripartizione<br />
in senso orizzontale) che consente di “regionalizzare” una certa percentuale del massimale regionale;<br />
una distribuzione ibrida che mette insieme i due criteri verticale e orizzontale. In tutti e tre i casi<br />
si darebbe vita ad un sistema in cui convivono la dimensione territoriale e quella aziendale (De Filippis,<br />
2004, pagg. 66-67).<br />
In caso di pagamento forfetario ad ettaro gli Stati membri possono differenziare il valore unitario<br />
dell’aiuto per tappeti erbosi o pascoli permanenti rispetto agli altri ettari di superficie ammissibile.<br />
In caso di applicazione regionalizzata forfetaria i relativi diritti all’aiuto possono essere trasferiti<br />
o utilizzati solo all’interno della stessa regione o tra regioni aventi gli stessi diritti per ettaro.<br />
In presenza di regionalizzazione forfetaria, il numero dei diritti per agricoltore è pari al numero<br />
di ettari ammissibili dichiarati nel primo anno di applicazione del regime di pagamento unico. Inoltre,<br />
gli agricoltori possono utilizzare, ove autorizzati, anche le superfici sulle quali viene fatto valere<br />
il diritto all’aiuto per la produzione di ortofrutta e patate destinate alla fabbricazione di fecola. Rimangono<br />
escluse dall’uso del suolo le coltivazioni permanenti ad eccezione del luppolo e degli oliveti che<br />
rispondono ai criteri per la corresponsione degli aiuti. Lo Stato membro stabilisce il numero di ettari<br />
sui quali concedere l’autorizzazione, suddividendo tra le regioni la superficie media nazionale che<br />
nel periodo 2000-2002 è stata dedicata a queste colture. Ogni agricoltore è autorizzato entro il numero<br />
di ettari che egli ha dedicato a queste produzioni nel 2003.<br />
2.1.3 L’attuazione parziale: parziale disaccoppiamento e pagamenti speciali (art. 69)<br />
Il regime di pagamento unico può essere applicato in modo parziale se uno Stato membro decide<br />
di sottrarre al disaccoppiamento totale parte dei pagamenti diretti, per i quali è mantenuto il legame<br />
con il prodotto. L’attuazione parziale può avvenire sia a livello nazionale che regionale ed è limitata<br />
ai settori dei seminativi (colture COP), degli ovicaprini, delle carni bovine e del luppolo. Per ciascuna<br />
di queste componenti viene fissato un massimale separato, determinato moltiplicando il valore<br />
di tali pagamenti diretti nell’ambito del massimale nazionale (regionale) per la percentuale alla qua-<br />
14
le gli Stati membri intendono mantenere il “parziale disaccoppiamento”. L’importo dei massimali così<br />
fissati è dedotto ai massimali nazionali (regionali) relativi al pagamento unico. Conseguentemente,<br />
anche l’importo di riferimento di ciascun agricoltore beneficiario di aiuti è ridotto per tenere conto della<br />
quota dei pagamenti diretti che fuoriesce dal regime di pagamento unico e che ritorna agli agricoltori<br />
dei settori interessati sotto forma di pagamenti supplementari per superficie o a capo di bestiame.<br />
Nel caso dei pagamenti per i seminativi gli Stati membri possono trattenere fino al 25% del corrispondente<br />
valore del massimale nazionale per effettuare pagamenti supplementari, annuali, ad ettaro,<br />
agli agricoltori che producono seminativi, fino al 25% del valore dei relativi pagamenti per ettaro.<br />
In alternativa, gli Stati membri possono mantenere accoppiato fino al 40% del pagamento supplementare<br />
per il frumento duro.<br />
Nel caso dei pagamenti per gli ovicaprini gli Stati membri possono mantenere parzialmente disaccoppiato<br />
fino al 50% dei relativi pagamenti per capo.<br />
Per le carni bovine la Commissione propone diverse alternative. Gli Stati membri possono:<br />
1) mantenere parzialmente disaccoppiato fino al 100% del premio all’abbattimento dei vitelli;a cui<br />
affiancare una delle seguenti alternative:<br />
2a) mantenere parzialmente disaccoppiato fino al 100% dei premi per vacca nutrice e fino al 40% del<br />
premio per l’abbattimento dei bovini diversi dai vitelli;<br />
2b) mantenere parzialmente disaccoppiato fino al 100% del premio per l’abbattimento dei bovini<br />
diversi dai vitelli;<br />
2c) mantenere disaccoppiato fino al 75% del premio speciale per i bovini maschi.<br />
Per il luppolo, gli Stati membri possono mantenere parzialmente disaccoppiato fino al 25% dei<br />
relativi pagamenti per superficie.<br />
Gli Stati membri, inoltre, possono trattenere fino al 10% di ciascuna componente del massimale<br />
nazionale (art. 69) (quindi non solo dei pagamenti per seminativi, carni bovine, ovicaprini e luppolo)<br />
per effettuare un pagamento supplementare annuale agli agricoltori dei settori interessati dalla<br />
trattenuta a favore di specifiche tipologie di agricolture ritenute importanti per tutelare o valorizzare<br />
l’ambiente o per migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli.<br />
L’aiuto è destinato agli agricoltori dei settori interessati dalla trattenuta ed è versato anche se tali<br />
agricoltori non hanno presentato domanda nell’ambito del regime di pagamento unico o non detengano<br />
diritti all’aiuto. Nel caso in cui il pagamento supplementare si riferisca a misure per le quali non<br />
è possibile identificare prodotti o settori specifici il pagamento è concesso a condizione che la trattenuta<br />
sia applicata a tutti i settori che rientrano nel pagamento unico (elencati all’Allegato VI del Regolamento<br />
(CE) n. 1782/2003) e che partecipino al regime solo gli agricoltori attivi in tali settori.<br />
L’articolo 69 può essere applicato anche a livello regionale.<br />
Entro il 1° agosto dell’anno precedente il primo anno di applicazione del regime di pagamento<br />
supplementare gli Stati membri devono comunicare alla Commissione tutte le informazioni riguardanti<br />
le condizioni di ammissibilità e i settori interessati. Successivamente a tale data, se giustificato<br />
da criteri oggettivi, lo Stato membro può modificare i criteri di ammissibilità ma non i settori interessati,<br />
né la percentuale della trattenuta.<br />
Il ricorso all’art. 69 permette agli Stati membri di identificare condizioni di ammissibilità al<br />
pagamento che rispondano ad obiettivi strategici di miglioramento della qualità e della commercializzazione<br />
di specifici prodotti o settori che mal si adattano ad essere remunerati dalla normativa esistente<br />
sui prodotti di qualità certificata. Anche sul versante della tutela dell’ambiente il ricorso all’art.<br />
69 favorirebbe, in teoria, una protezione più specifica e meglio mirata. Tutto dipende dalla capacità/volontà<br />
degli Stati membri di definire condizioni di ammissibilità che premino realmente comportamenti<br />
virtuosi e che non siano solo un pretesto per ridistribuire risorse all’interno del settore inte-<br />
15
essato tra beneficiari storici e altri beneficiari o per reiterare misure già previste dalla normativa<br />
comunitaria. I pagamenti supplementari, in definitiva, possono svolgere quel ruolo di legittimazione<br />
dell’intervento pubblico che potrebbe rivelarsi indispensabile per giustificare nel lungo periodo una<br />
politica di sostegno ai redditi dei produttori, dimostrando come le politiche di qualità possono essere<br />
perseguite anche all’interno del primo pilastro con una dotazione finanziaria di tutto rispetto 20 (De<br />
Filippis, 2004, pag. 78).<br />
2.1.4 Le esclusioni facoltative e il periodo transitorio<br />
Uno Stato membro può decidere di escludere dal regime di pagamento unico l’importo supplementare<br />
ai pagamenti per i seminativi (colture COP) corrisposto nelle regioni a nord del 62°<br />
parallelo; l’aiuto alla produzione per le sementi; tutti gli altri pagamenti che confluiscono nel regime<br />
di pagamento unico corrisposti agli agricoltori delle regioni ultraperiferiche della Comunità.<br />
Qualora lo giustifichino specifiche condizioni agricole, uno Stato membro può posticipare<br />
l’applicazione del regime di pagamento unico al 1° gennaio 2006 o al 1° gennaio 2007, dopo un periodo<br />
transitorio. Per il luppolo è previsto un solo anno di transizione, mentre per cotone, olio d’oliva,<br />
olive da tavola e tabacco l’inserimento nel regime di pagamento unico avviene direttamente al 1° gennaio<br />
2006. Durante il periodo transitorio lo Stato membro applica i pagamenti diretti di cui all’Allegato<br />
VI secondo le condizioni stabilite dal Regolamento (CE) n. 1782/2003 nei limiti della componente<br />
di questi pagamenti nell’ambito dei massimali nazionali.<br />
2.1.5 La condizionalità degli aiuti diretti<br />
Il pagamento integrale degli aiuti diretti, sia di quelli che ricadono nel pagamento unico che di<br />
quelli che ne sono al momento esclusi, è soggetto al rispetto di norme individuate nell’ambito della<br />
condizionalità, alla quale è dedicata il capitolo I del Regolamento (CE) n. 1782/2003. Tali norme<br />
riguardano i criteri di gestione obbligatoria e il mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche<br />
e ambientali.<br />
I criteri di gestione obbligatoria fanno riferimento a requisiti ambientali, di sicurezza alimentare,<br />
di salute delle piante, di benessere e salute degli animali contenuti in regolamenti e direttive già<br />
vigenti nell’ordinamento comunitario il cui rispetto è ora divenuto prerequisito per ottenere gli aiuti<br />
diretti. L’adesione a tali norme è scaglionata nel tempo: a decorrere dal 1° gennaio 2005 devono essere<br />
applicate le disposizioni sull’ambiente, sulla sanità pubblica e salute degli animali, sulla identificazione<br />
e registrazione degli animali; dal 1° gennaio 2006 si aggiungono altre norme sulla sanità pubblica<br />
e quelle riguardanti la salute degli animali e delle piante e la notifica delle malattie; dal 1° gennaio<br />
2007 dovranno essere rispettate anche le disposizioni riguardanti il benessere degli animali.<br />
Nel caso delle buone condizioni agronomiche e ambientali, che sono principalmente rivolte alle<br />
terre non più utilizzate a fini produttivi, i requisiti minimi per la protezione del suolo, il mantenimento<br />
della sua struttura e dei livelli di sostanza organica e il mantenimento degli habitat dovranno essere<br />
definiti a livello nazionale o regionale per tenere conto delle specifiche caratteristiche del suolo, del<br />
clima, dei sistemi aziendali esistenti, dell’utilizzazione della terra, delle pratiche aziendali. Particolare<br />
attenzione viene riservata al mantenimento dei pascoli permanenti. In sostanza, il regolamento fissa<br />
gli obiettivi e gli standard minimi ma rimanda ad un livello territoriale più basso il compito di ema-<br />
20 Le risorse finanziarie potenzialmente disponibili in Italia per i pagamenti supplementari dell'art. 69 superano di gran lunga quelle derivanti<br />
dall'applicazione della modulazione da utilizzare per aumentare la dotazione finanziaria dei Programmi di Sviluppo Rurale.<br />
16
nare specifiche disposizioni legislative atte a raggiungere gli obiettivi definiti.<br />
L’osservanza dei criteri di gestione obbligatoria o delle buone condizioni agronomiche e ambientali<br />
riguarda tutta la superficie agricola dell’azienda, comprese le terre messe a riposo. Il mancato<br />
rispetto delle norme comporta una riduzione degli aiuti diretti nell’anno o negli anni civili nei quali<br />
si è avuta l’infrazione, la cui entità dipende dalla gravità, portata, durata e frequenza dell’inottemperanza,<br />
fino alla completa esclusione degli aiuti.<br />
Le somme ricavate dalla riduzione dei pagamenti conseguenti all’applicazione della condizionalità<br />
per il 75% tornano al FEOGA Garanzia, mentre il restante 25% può essere trattenuto dagli Stati<br />
membri. Il Regolamento, tuttavia, non indica l’uso che può essere fatto di tali risorse, tanto a livello<br />
comunitario che nazionale.<br />
2.1.6 L’attuazione del regime di pagamento unico nei nuovi Stati membri<br />
L’accordo di Copenaghen del dicembre 2002 ha definito i criteri di estensione della PAC ai 10 nuovi<br />
Stati membri. L’approvazione della riforma <strong>Fischler</strong> e la conseguente abrogazione del Regolamento<br />
(CE) n. 1259/1999, nel cui ambito questi meccanismi erano inseriti, ha modificato l’acquis comunitario<br />
sul quale erano basati i negoziati di adesione. La stessa riforma della PAC non tiene conto né dei risultati<br />
dei negoziati né dell’allargamento. Per questo motivo si è reso necessario, da un lato, adattare l’atto<br />
di adesione dei nuovi Stati membri in modo che i risultati dei negoziati corrispondano al nuovo acquis;<br />
dall’altro, modificare i testi di riforma della PAC in modo che questa possa essere applicata ai nuovi paesi<br />
e che incorporino i risultati dei negoziati.<br />
Il primo adattamento è stato realizzato con l’adozione della Decisione del Consiglio 2004/281/CE<br />
del 22 marzo 2004; il secondo, con l’emanazione del Regolamento (CE) n. 583/2004 del 22 marzo 2004.<br />
In entrambi i casi si tratta di modiche apportate al Regolamento (CE) n. 1782/2003.<br />
Per quel che riguarda i pagamenti diretti, superata l’incertezza iniziale sulla opportunità di una loro<br />
estensione ai nuovi paesi membri, la Commissione si è orientata verso una loro graduale introduzione<br />
sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Sotto il profilo quantitativo, si è deciso che i pagamenti<br />
diretti siano progressivamente introdotti (phasing in), per arrivare ad essere pari a quelli dell’UE-15 nell’arco<br />
di 10 anni; sotto il profilo qualitativo, si è prevista la possibilità di applicare i pagamenti diretti<br />
secondo modalità semplificate (Scoppola, 2002).<br />
L’introduzione degli aiuti è attuata secondo una tabella di incrementi percentuali rispetto al livello<br />
raggiunto da tali pagamenti nella Comunità al 30 aprile 2004. Essi saranno pari al:<br />
25% nel 2004 60% nel 2009<br />
30% nel 2005 70% nel 2010<br />
35% nel 2006 80% nel 2011<br />
40% nel 2007 90% nel 2012<br />
50% nel 2008 100% dal 2013<br />
Riguardo alle modalità di applicazione dei pagamenti diretti, i nuovi paesi membri possono scegliere<br />
tra diverse opzioni. Al 2004, e fino al 2006, essi possono adottare il regime classico dei pagamenti<br />
diretti, che prevede che i regimi di sostegno siano applicati in conformità ai diritti e agli obblighi che scaturiscono<br />
dai regolamenti che disciplinano il funzionamento delle diverse OCM nell’UE-15 e che presuppone<br />
il corretto funzionamento del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC). In tal caso, i<br />
pagamenti sono commisurati ai parametri quantitativi (superfici di base, massimali di premio e quantitativi<br />
massimi garantiti) specificati nell’atto di adesione per ciascun paese. Oppure, i nuovi Stati membri<br />
possono optare per un regime semplificato, il regime di pagamento unico per superficie (RPUS), che<br />
prevede l’erogazione di un aiuto ad ettaro calcolato dividendo la dotazione finanziaria annuale a dispo-<br />
17
sizione di ciascun paese 21 per la superficie agricola utilizzata mantenuta in buone condizioni agronomiche<br />
esistente al 30 giugno 2003, sia essa in produzione o meno. Per accedere al pagamento non è<br />
necessario produrre, né utilizzare fattori di produzione, ma occorre che le superfici siano mantenute in<br />
buone condizioni agronomiche secondo le norme per la tutela dell’ambiente. Il regime semplificato può<br />
essere adottato per un periodo transitorio di tre anni (quindi fino alla fine del 2006) con la possibilità di<br />
una duplice proroga di un anno ciascuno.<br />
L’ultima opzione a disposizione dei nuovi paesi membri è l’applicazione, a partire dal 2005 22 , del<br />
regime di pagamento unico regionalizzato 23 . Per tenere conto dei problemi posti dall’estensione tout<br />
court del regime di pagamento unico, legati alla mancanza di statistiche necessarie per la determinazione<br />
dei diritti agli agricoltori, tutti i nuovi Stati membri adottano il regime di pagamento unico quale quello<br />
previsto per l’UE-15 con alcune rilevanti eccezioni (Commissione delle Comunità Europee, 2003a).<br />
In particolare, ai nuovi Stati membri non si applicano tutte le disposizioni relative ai criteri di ammissibilità,<br />
al calcolo degli importi di riferimento e, in generale, tutte le norme che prevedono l’esistenza di<br />
pagamenti diretti comunitari o dati storici di riferimento nel periodo 2000-2002. Nei nuovi Stati membri<br />
il regime di pagamento unico si basa obbligatoriamente su pagamenti per ettaro regionalizzati. Partendo<br />
dai massimali nazionali, a ciascuna regione verrà assegnato un massimale regionale... Il valore unitario<br />
di ciascun diritto all’aiuto è calcolato dividendo il massimale regionale per il numero di ettari<br />
ammissibili stabilito a livello regionale. Tutti gli agricoltori le cui aziende sono situate in una data regione<br />
ricevono diritti all’aiuto per ettaro di medesimo importo e il numero dei diritti sarà pari al numero di<br />
ettari ammissibili dichiarati nel primo anno di applicazione del regime di pagamento unico.<br />
Come si è può notare, il regime di pagamento unico regionalizzato può dare luogo a valori unitari<br />
dei diritti di molto differenti da quelli che derivano dall’applicazione del regime di pagamento unico<br />
per superficie (Scoppola, 2005). Infatti, mentre quest’ultimo fa riferimento ad una dotazione finanziaria<br />
nazionale, da suddividere su tutta la superficie agricola utilizzata, il primo fa riferimento ad una dotazione<br />
finanziaria regionale da distribuire sulla superficie ammissibile 24 .<br />
Tutti gli agricoltori dei nuovi Stati membri ricevono parte dei diritti di pagamento sotto forma di<br />
diritti di ritiro dalla produzione. Sono esclusi da tale distribuzione gli agricoltori che sulla base della normativa<br />
relativa all’OCM seminativi sono da considerarsi “piccoli produttori” e quindi esenti dal set aside<br />
obbligatorio.<br />
Nell’ambito del regime di pagamento unico regionalizzato, ai nuovi paesi membri è riconosciuta<br />
la possibilità di applicare il disaccoppiamento parziale degli aiuti nonché di trattenere il 10% dei massimali<br />
regionali per concedere pagamenti supplementari a favore degli agricoltori di specifici settori.<br />
Inoltre, essi hanno anche la facoltà di avvalersi della possibilità di differenziare il valore dei diritti per<br />
tener conto della presenza di formazioni erbose e pascoli permanenti.<br />
Schematizzando: al 2004 un nuovo Stato membro può scegliere di applicare il regime classico dei<br />
pagamenti diretti o il regime semplificato del pagamento unico per superficie. Se applica il regime classico,<br />
al 2007 dovrà passare al regime di pagamento unico regionalizzato. Se applica il regime semplificato<br />
di pagamento unico per superficie potrà chiedere di passare anticipatamente (al 2005 o al 2006) al<br />
regime di pagamento unico regionalizzato ma non potrà chiedere di abbandonare il regime semplificato<br />
per tornare a quello classico dei pagamenti diretti. Il paese che applica il regime semplificato di paga-<br />
22 Poiché il regime di pagamento unico per l'UE-15 viene adottato dal 2005, i nuovi paesi membri per il 2004 devono scegliere tra regime<br />
classico dei pagamenti diretti o regime semplificato dell'aiuto unico per superficie. Su loro richiesta e previa autorizzazione della<br />
Commissione, al 2005 possono accedere al regime di pagamento unico per azienda.<br />
23 Questa non è una definizione della Commissione ma torna utile per differenziare il regime di pagamento unico dei nuovi Stati membri<br />
da quello che si applica all'UE-15.<br />
24 Nella superficie ammissibile non sono comprese la superficie forestale e quella dedicata alle coltivazioni permanenti, diversamente da<br />
quanto avviene per la SAU.<br />
18
mento unico per superficie al più tardi al 2009 passerà al regime di pagamento unico regionalizzato, salvo<br />
se altrimenti disposto dalla Commissione in base alla sua valutazione sull’efficace funzionamento del<br />
sistema SIGC.<br />
Poiché alcuni paesi prima dell’adesione fornivano un sostegno nazionale ai propri agricoltori sotto<br />
forma di pagamenti diretti, la Commissione ha garantito loro la possibilità di mantenere questi aiuti<br />
nazionali accanto al sostegno comunitario, purché il livello di sostegno complessivo si mantenga al di<br />
sotto di un tetto (topping-up). Gli aiuti complementari nazionali saranno possibili, fino alla fine del 2006<br />
per i paesi che adottano il regime classico di pagamenti diretti, fino alla fine del 2008 per i paesi che adottano<br />
il regime semplificato del pagamento unico per superficie, e dal 2005 in poi per i paesi che adottano<br />
il regime di pagamento unico nella veste indicata per i nuovi paesi membri.<br />
I nuovi Stati membri possono optare tra due criteri di calcolo (l’opzione 30% e la formula preadesione)<br />
che vengono adattati ai tre possibili scenari: pagamenti complementari nell’ambito del regime<br />
classico fino alla fine del 2006, pagamenti complementari nell’ambito del regime di pagamento unico<br />
a partire dal 2005, pagamenti complementari nell’ambito del regime di pagamento unico per superficie<br />
(Commissione delle Comunità europee, 2003b).<br />
Previa autorizzazione della Commissione i nuovi Stati membri possono scegliere tra due opzioni,<br />
una che riguarda tutti i pagamenti diretti (opzione a) e una che distingue tra i pagamenti che confluiscono<br />
nel regime di pagamento unico da quelli che ne sono esclusi (opzione b).<br />
(Opzione a)<br />
Per tutti i pagamenti diretti, uno Stato membro può integrare il sostegno comunitario con pagamenti<br />
complementari fino a raggiungere:<br />
- il 55% del livello dei pagamenti diretti raggiunto nella Comunità al 30 aprile 2004, nel 2004;<br />
- il 60% nel 2005;<br />
- il 65% nel 2006;<br />
- il 100% dal 2007 in poi, con una integrazione nazionale massima del 30%.<br />
(Opzione b)<br />
i. Per i pagamenti diretti che non confluiscono nel regime di pagamento unico, i nuovi Stati membri<br />
possono mantenere il livello complessivo del sostegno diretto al quale l’agricoltore avrebbe avuto<br />
diritto nel 2003, aumentato di 10 punti percentuali;<br />
ii per i pagamenti che confluiscono nel regime di pagamento unico, l’importo totale degli aiuti diretti<br />
complementari è limitato alla differenza tra l’importo complessivo del sostegno nazionale disponibile<br />
al 2003 aumentato del 10% e il massimale nazionale.<br />
È vietata la concessione di pagamenti complementari nazionali per attività agricole per le quali non<br />
sono concessi pagamenti diretti nell’UE-15.<br />
2.1.7 Gli aiuti specifici<br />
Al fine di salvaguardare il ruolo economico, sociale e ambientale che determinate colture rivestono<br />
nelle aree di produzione, il Titolo IV “Altri regimi di aiuto” del Regolamento (CE) n. 1782/2003 introduce<br />
il regime degli aiuti specifici. Essi riguardano il frumento duro, le piante proteiche, il riso, la frutta<br />
in guscio, le colture energetiche, le patate da fecola, il luppolo, il cotone, il tabacco e gli oliveti (tab. 2.2).<br />
Si tratta di aiuti che presuppongono il mantenimento della coltura e che non rientrano nel calcolo del pagamento<br />
unico. Sono generalmente aiuti ad ettaro (solo per la patata da fecola l’aiuto è commisurato alla<br />
quantità prodotta), sottoposti a massimali finanziari, che gli agricoltori ricevono per la superficie investita.<br />
Alcuni aiuti specifici sono introdotti ex novo: per colture energetiche e frutta in guscio si tratta di<br />
19
un aiuto aggiuntivo che gli agricoltori prima non ricevevano e che ora riceveranno per quelle specifiche<br />
colture. In altri casi, come per le colture proteiche, si tratta di un aiuto preesistente che non è stato incluso<br />
nel calcolo del pagamento unico ma che l’agricoltore riceverà nell’ambito degli aiuti specifici solo se<br />
investirà in questa coltura. Per il frumento duro, l’aiuto alla qualità va a compensare, in parte, la riduzione<br />
del pagamento supplementare sulla cui base è stato calcolato l’aiuto unico. Per il riso, le patate da fecola,<br />
il luppolo, il tabacco, il cotone e gli oliveti l’aiuto ricevuto nell’ambito delle diverse OCM è stato suddiviso<br />
in una parte che gli agricoltori ricevono come pagamento unico, quindi indipendentemente dalle<br />
scelte produttive che compie, e in un aiuto specifico collegato alle colture. In particolare, per il tabacco e<br />
gli oliveti parte dell’aiuto può rimanere parzialmente disaccoppiato per permettere la creazione di dotazioni<br />
nazionali a disposizione degli Stati membri in favore della ristrutturazione (tabacco) o per il mantenimento<br />
degli oliveti di particolare valore ambientale o sociale, soprattutto nelle zone marginali (Commissione<br />
delle Comunità europee, 2003c).<br />
Per il frumento duro viene previsto un premio specifico alla qualità pari a 40 euro/ha per il prodotto<br />
derivante da sementi selezionate di varietà predeterminate che rispondono a determinati requisiti<br />
qualitativi. Tale aiuto è concesso alle regioni tradizionali di produzione nell’ambito di superfici di<br />
base nazionali.<br />
Tab. 2.2 - Prodotti che hanno diritto all’aiuto specifico<br />
Prodotto Aiuto specifico Limite<br />
Frumento duro Premio specifico alla qualità Superficie di base nazionale<br />
40 euro/ha dal 2004/05<br />
Piante proteiche Premio specifico Superficie massima garantita<br />
55,57 euro/ha dal 2004/05 (a livello comunitario)<br />
Riso Aiuto specifico Superficie di base nazionale<br />
177 euro/t* per il 2004/05<br />
75 euro/t* dal 2005/06<br />
Frutta in guscio Aiuto comunitario Superficie nazionale garantita<br />
120,75 euro/ha dal 2004<br />
Aiuto nazionale<br />
max 120,75 euro/ha dal 2004<br />
Colture energetiche Aiuto comunitario Superficie massima garantita<br />
45 euro/ha dal 2005 (a livello comunitario)<br />
Fecola di patata Aiuto comunitario** Quota impresa di trasformazione<br />
110,54 euro/t per il 2004/05<br />
66,32 euro/t dal 2005/06<br />
Cotone Aiuto specifico Superficie di base nazionale<br />
Aiuto ad ettaro differenziato per Stato<br />
membro dal 2006<br />
Oliveti Aiuto nazionale (facoltativo) Dotazione finanziaria nazionale<br />
Aiuto ad "ettaro SIG olivo" differenziato per<br />
Stato membro dal 2006<br />
Tabacco Aiuto alla produzione (facoltativo) Dotazione finanziaria nazionale<br />
Aiuto differenziato per Stato membro limitato<br />
agli anni dal 2006 al 2009<br />
* Da moltiplicare per la resa di riferimento di ciascuno Stato membro<br />
** Aiuto concesso al quantitativo di patate necessario a produrre una tonnellata di fecola<br />
Fonte: Regolamento (CE) n. 1782/2003 e successive modifiche<br />
20
Per le piante proteiche (piselli, fave, favette e lupini dolci) l’attuale premio supplementare di 9,5<br />
euro/t viene trasformato in un premio ad ettaro pari a 55,57 euro. Tale aiuto è subordinato al rispetto<br />
di una superficie massima garantita di 1.400.000 ettari, il cui superamento comporta una riduzione proporzionale<br />
dell’aiuto concesso per l’anno in questione.<br />
L’aiuto specifico per il riso è differenziato tra i paesi in funzione delle rese. L’aiuto è concesso nei<br />
limiti di una superficie di base nazionale che gli Stati membri possono suddividere in sottosuperfici di<br />
base.<br />
Per la frutta in guscio (mandorle, nocciole, noci, pistacchi e carrube) è previsto un aiuto comunitario<br />
mediamente pari a 120,75 euro/ha nell’ambito di una SMG di 800.000 ettari. Ad esso può essere<br />
aggiunto un aiuto nazionale, pari, al massimo, a 120,75 euro/ha.<br />
Per le superfici seminate a colture energetiche, cioè destinate alla produzione di biocarburanti o<br />
di energia termica ed elettrica ricavata dalla biomassa, è stato introdotto un aiuto pari a 45 euro/ha.<br />
L’aiuto è concesso nei limiti di una superficie massima garantita di 1.500.000 ettari ed è subordinato<br />
all’esistenza di un contratto con l’industria di trasformazione.<br />
Ai produttori di patate da fecola è destinato un aiuto per il quantitativo di patate necessario a produrre<br />
una tonnellata di fecola ed è adattato in funzione del tenore di fecola delle patate. L’aiuto è subordinato<br />
alla presenza di un contratto di coltivazione concluso con l’impresa di trasformazione, nei<br />
limiti del contingente assegnato a tale impresa.<br />
L’aiuto ad ettaro per il cotone è limitato a Grecia, Spagna e Portogallo. L’aiuto è differenziato per<br />
Stato membro ed è concesso nei limiti di superfici di base nazionali. Tale aiuto è finanziato con una<br />
quota (40%) della spesa FEOGA destinata al settore nel periodo 2000-2002, la restante parte confluisce<br />
nel regime di pagamento unico. A partire dal 2007, il valore medio dell’aiuto per il cotone nel triennio<br />
di riferimento (pari a 22 milioni di euro) costituirà un trasferimento finanziario a favore della ristrutturazione<br />
nelle regioni produttrici di cotone.<br />
Ai produttori di tabacco che hanno usufruito di un premio nel triennio di riferimento, o che hanno<br />
acquistato quote di produzione nel periodo 2002-2005, può essere concesso un aiuto ad ettaro purché<br />
il tabacco provenga da zone di produzione riconosciute, risponda a determinati requisiti qualitativi,<br />
sia consegnato ad una impresa di prima trasformazione. L’aiuto è limitato alle campagne dalla 2006<br />
alla 2009. La riforma prevede di far confluire in questa dotazione nazionale a disposizione dei paesi<br />
membri fino al 60% dell’importo di riferimento calcolato per il prodotto (tab. 2.3). Dal 2010 il 50% della<br />
media triennale dell’aiuto per il tabacco (per un importo di 484 milioni di euro) costituirà un trasferimento<br />
finanziario a favore della ristrutturazione da effettuare nell’ambito dei programmi di sviluppo<br />
rurale finanziati dal FEOGA Garanzia.<br />
Anche nel caso degli oliveti è prevista la corresponsione di un aiuto ad ettaro. In particolare, l’aiuto<br />
è corrisposto ad “ettaro SIG olivo”, che è una unità di misura in via di definizione, che terrà conto<br />
del numero degli alberi e della loro posizione sul terreno. L’aiuto è subordinato alle seguenti condizioni:<br />
a) l’oliveto deve essere registrato nel sistema di informazione geografica (SIG) degli oliveti;<br />
b) sono ammissibili all’aiuto solo gli oliveti piantati anteriormente al 1° maggio 1998 (31 dicembre<br />
2001 per Cipro e Malta), gli oliveti di sostituzione e i nuovi impianti realizzati nell’ambito di un programma<br />
approvato dalla Commissione;<br />
c) il numero di alberi di olivo presenti nell’oliveto non deve differire di oltre il 10% dal numero registrato<br />
al 1° gennaio 2005 nel SIG oliveti;<br />
d) l’oliveto deve presentare le caratteristiche proprie della categoria di oliveti per la quale è richiesto<br />
l’aiuto;<br />
e) l’aiuto richiesto deve ammontare almeno a 50 euro per domanda.<br />
21
Tab. 2.3 - Dotazioni nazionali massime per il pagamento supplementare al tabacco (60%<br />
dell’importo di riferimento)<br />
Stato membro<br />
2006-2009 (milioni di euro)<br />
Belgio 2,374<br />
Germania 21,287<br />
Grecia 227,331<br />
Spagna 70,599<br />
Francia 48,217<br />
Italia 200,821<br />
Austria 0,606<br />
Portogallo 10,161<br />
Fonte: Regolamento (CE) n. 1782/2003 e successive modifiche<br />
L’aiuto può essere differenziato per un massimo di cinque categorie di superfici olivicole, definite<br />
in base al loro valore ambientale e sociale, connesso in particolare ai paesaggi e alle tradizioni sociali (oliveti<br />
paesaggistici, terrazzati, in aree a forte pendenza, ovvero marginali/interne, oliveti in zone vocate).<br />
Un’attenzione particolare sarà riservata agli oliveti delle zone marginali. Gli Stati membri fissano l’aiuto<br />
per ettaro SIG olivo suddividendo la dotazione nazionale massima tra le varie categorie in base a criteri<br />
oggettivi e non discriminatori. Per ciascuna categoria l’aiuto ad ettaro non potrà superare le spese di<br />
mantenimento e non dovrà includere le spese di raccolta delle olive.<br />
La dotazione prevista dalla Commissione per l’aiuto agli oliveti è pari al massimo al 40% degli aiuti<br />
storici di riferimento per il settore di cui dispone ciascun paese (tab. 2.4). Gli Stati membri possono trattenere<br />
fino al 10% della dotazione nazionale per il finanziamento comunitario di programmi di lavoro<br />
triennali elaborati dalle organizzazioni di operatori riconosciute. Alle già previste attività di sorveglianza<br />
e gestione amministrativa del mercato, miglioramento dell’impatto ambientale dell’olivicoltura, miglioramento<br />
della qualità della produzione, sistema di tracciabilità, certificazione e tutela della qualità si<br />
aggiunge una quinta attività che riguarda la diffusione di informazioni sulle attività svolte da tali organizzazioni<br />
ai fini del miglioramento della qualità dell’olio d’oliva. Nel caso in cui uno Stato membro decida<br />
di integrare nel regime di pagamento unico una percentuale di aiuti superiore al 60%, i programmi di<br />
attività potranno essere finanziati tramite una trattenuta massima del 10% calcolata sul massimale nazionale<br />
relativo alla componente olivicola 25 , previa autorizzazione della Commissione. Questo permette agli<br />
Stati membri di finanziare le attività elaborate dalle organizzazioni di operatori anche quando la dotazione<br />
nazionale dovesse risultare insufficiente.<br />
Tab. 2.4 - Dotazioni nazionali massime per il pagamento supplementare agli oliveti (40% dell’importo<br />
di riferimento)<br />
Stato membro<br />
Milioni di euro<br />
Francia 2,11<br />
Grecia 208,14<br />
Italia 272,05<br />
Cipro 2,93<br />
Malta 0,07<br />
Spagna 412,45<br />
Portogallo 22,66<br />
Slovenia 0,17<br />
Fonte: Regolamento (CE) n. 1782/2003 e successive modifiche<br />
25 Il massimale nazionale è il valore massimo all'ammontare di sostegno a cui ciascuno Stato membro ha diritto ed è determinato sulla<br />
base della media degli aiuti storici da ciascuno Stato membro ricevuto negli anni di riferimento per le OCM considerate.<br />
22
2.2 Il nuovo ruolo assegnato agli Stati membri<br />
Il Regolamento (CE) n. 1782/2003 rappresenta un punto di svolta nella concezione del “primo pilastro”<br />
della PAC, non solo per l’approfondimento del processo di disaccoppiamento degli aiuti ma anche<br />
per una nuova visione del ruolo assegnato agli Stati membri. Per oltre 30 anni la politica agricola comunitaria<br />
è stata caratterizzata dall’accentramento delle attività decisionali e di gestione nelle mani della<br />
Commissione Europea, lasciando ai paesi il ruolo di meri esecutori delle decisioni prese a Bruxelles. Con<br />
la riforma <strong>Fischler</strong> si ha una inversione di tendenza nel superamento di una politica meccanicistica e unica<br />
per tutta la Comunità in favore di un maggiore coinvolgimento degli Stati membri, chiamati ad operare<br />
una serie di scelte in merito alla applicazione della PAC, pur nell’ambito di una cornice di riferimento<br />
proposta dalla Commissione. Si può dunque affermare che non siamo in presenza di una “rinazionalizzazione”<br />
della PAC, giacché gli Stati membri operano all’interno di un sistema di regole comuni forti e<br />
ben specificati (INEA, 1997). Si tratta, piuttosto, di un avvicinamento delle regole di funzionamento del<br />
“primo pilastro” a quelle ormai ben consolidate delle politiche per lo sviluppo rurale. Gli Stati membri,<br />
infatti, sono chiamati ad operare delle scelte sulla base di un menù di opzioni predisposto dalla Commissione.<br />
Tuttavia, non si tratta semplicemente di modulare gli strumenti a disposizione nella misura più<br />
appropriata alle esigenze del paese, ma gli stessi strumenti possono scelti in funzione degli obiettivi che<br />
un paese si prefigge. Ad esempio, la possibilità di adottare l’aiuto forfetario permette agli Stati membri di<br />
perseguire al proprio interno obiettivi di redistribuzione del reddito tra agricoltori e settori produttivi che<br />
la “vecchia” PAC non è mai riuscita a realizzare 26 . Le riforme che nel corso degli anni hanno interessato<br />
la politica agricola comunitaria, infatti, si sono sempre concretizzate nel mantenimento dello status quo<br />
in termini di distribuzione del sostegno tra i beneficiari, al fine di non alterare i delicati equilibri politici<br />
e finanziari che si erano consolidati tra i paesi. Occorre precisare, tuttavia, che neanche questa riforma incide<br />
sulla distribuzione storica del sostegno tra gli Stati membri, sebbene permetta a ciascun paese di attuare<br />
una distribuzione interna delle risorse finalizzata al perseguimento di propri obiettivi di politica agraria.<br />
Le opzioni a disposizione dei paesi permettono a ciascuno di loro di implementare lo schema di<br />
pagamento unico in maniera differente. Le possibilità di combinazione sono talmente ampie da permettere<br />
la creazione di tanti schemi quanti sono i paesi membri.<br />
Entro il 1° agosto 2004 gli Stati membri hanno dovuto decidere da quando iniziare ad applicare il<br />
regime di pagamento unico – se dal 2005, oppure, dopo un periodo transitorio, dal 2006 o dal 2007 – e<br />
se applicare il regime a livello nazionale o regionale, con le numerose varianti ad essi associati. Nel caso<br />
in cui si faccia ricorso alla possibilità di godere di un periodo transitorio, la scelta relativa allo schema da<br />
adottare deve essere fatta entro il 1° agosto dell’anno precedente quello di entrata in vigore del regime di<br />
pagamento unico (2005 o 2006).<br />
Sinteticamente, i paesi hanno potuto operare le seguenti scelte (fig. 2.1):<br />
- applicare il regime a livello nazionale o regionale;<br />
- applicare il regime classico basato sugli aiuti storici o applicare il regime regionale forfetario;<br />
- applicare il regime regionale forfetario su tutto il massimale regionale o solo su una parte di esso dando<br />
vita ad uno schema ibrido che contempla sia aiuti storici che forfetari;<br />
- applicare un regime ibrido verticale o orizzontale a seconda di cosa viene interessato dalla regionalizzazione,<br />
se solo alcuni settori produttivi o una percentuale di tutto il massimale regionale;<br />
26 A questo proposito occorre rilevare che la Commissione si è espressamente detta contraria a “un pagamento generalizzato per superficie<br />
negli attuali Stati membri” (Commissione delle Comunità Europee, 2002, pag. 21), in quanto l’aiuto forfetario ha un intento redistributivo<br />
che il disaccoppiamento non vuole avere. Tale opzione, infatti, non era prevista nella Midterm review, ma è stata successivamente<br />
introdotta nel compromesso di Lussemburgo raggiunto nel Consiglio dei ministri agricoli del 26 giugno 2003.<br />
23
- in caso di applicazione regionale forfetaria gli Stati membri hanno potuto differenziare gli aiuti per tappeti<br />
erbosi o pascoli permanenti rispetto agli altri ettari di superficie ammissibile;<br />
- in caso di applicazione regionale (sia classica che forfetaria, sia parziale che totale) i paesi hanno potuto<br />
sottoporre gli aiuti a variazioni progressive secondo criteri oggettivi e una gradualità prestabilita<br />
(phasing-in);<br />
- applicare il disaccoppiamento parziale, sia a livello nazionale che regionale;<br />
- in caso di disaccoppiamento parziale i paesi hanno potuto scegliere quali aiuti mantenere parzialmente<br />
disaccoppiati e in che percentuale (nei limiti fissati dalla Commissione);<br />
- usufruire della possibilità di utilizzare l’envelope per effettuare pagamenti in favore degli agricoltori<br />
impegnati nella tutela dell’ambiente o del miglioramento della qualità;<br />
- escludere le sementi dal regime di pagamento unico;<br />
- escludere dal regime di pagamento unico alcuni aiuti (solo per le zone a nord del 62° parallelo e zone<br />
limitrofe e le regioni ultraperiferiche);<br />
- anticipare l’inclusione nel regime di pagamento unico dei pagamenti e dei premi per il latte al 2005 o<br />
al 2006;<br />
- utilizzare la possibilità di costituire una dotazione nazionale (nei limiti previsti dalla Commissione) per<br />
effettuare pagamenti specifici in favore degli oliveti;<br />
- la percentuale degli aiuti storici mediamente concessi nel periodo di riferimento per il tabacco da far<br />
confluire nel regime di pagamento unico;<br />
- come gestire la riserva nazionale, se a livello nazionale o regionale;<br />
- definire i criteri di assegnazione e l’ammontare dei diritti derivanti dalla riserva.<br />
Anche i nuovi Stati membri sono posti di fronte ad alcune scelte che riguardano:<br />
- lo schema di aiuto da adottare: regime classico di pagamenti diretti, regime semplificato del pagamento<br />
unico per superficie, regime di pagamento unico regionalizzato;<br />
- la possibilità di erogare aiuti complementari nazionali (topping-up) e quale opzione utilizzare per il calcolo<br />
di tali aiuti (opzione 30% o formula preadesione).<br />
Fig. 2.1 - Le opzioni di implementazione dello schema di pagamento unico al 2007<br />
Nazionale<br />
Regionale<br />
Phasing in degli aiuti<br />
Esclusioni facoltative<br />
Schema generale<br />
Forfettario<br />
Esclusioni<br />
facoltative<br />
In parte<br />
Tutto<br />
Disaccoppiamento parziale<br />
Envelope<br />
Pascoli/altro<br />
Prati/altro<br />
Scelta comparti<br />
Scelta%<br />
24
2.3 Le scelte dell’Italia<br />
La flessibilità consentita dalla Commissione Europea agli Stati membri in merito all’applicazione<br />
del regime di pagamento unico ha permesso a ciascun paese di forgiare la PAC “nazionale” sulla base<br />
delle esigenze e delle caratteristiche del proprio sistema agroalimentare. Il documento di riflessione del<br />
MiPAF, che ha preceduto l’emanazione dei decreti applicativi del Regolamento (CE) n. 1782/2003, esprime<br />
la posizione dell’Italia che tiene conto delle priorità individuate dal Ministero nei documenti di programmazione<br />
e di quelle individuate dal Comitato permanente Stato-Regioni. Gli obiettivi più generali<br />
che ci si prefigge con la riforma sono quelli del rafforzamento di alcune filiere strategiche (frumento<br />
duro, proteine vegetali, carni) e della salvaguardia dell’attività produttiva nelle aree rurali e montane. A<br />
questi obiettivi si affiancano altre priorità scaturite dalla riforma stessa: utilizzo di tutto il plafond finanziario<br />
a disposizione dell’Italia, miglioramento della competitività delle imprese attraverso un uso più<br />
efficiente delle risorse, mantenimento del reddito agricolo e dell’occupazione nelle aree rurali, rafforzamento<br />
delle filiere favorendo la sinergia della PAC con politiche nazionali e territoriali, semplificazione<br />
amministrativa, riduzione dei costi amministrativi.<br />
Sulla base di queste considerazioni, con D.M. n. 1787 del 5 agosto 2004 l’Italia ha deciso di dare<br />
avvio al regime di pagamento unico già a partire dal 1° gennaio 2005, eccezion fatta per i premi e i pagamenti<br />
supplementari per i prodotti lattiero-caseari che entreranno nel regime a decorrere dal 1° gennaio<br />
2006. Il disaccoppiamento avviene sulla base del criterio storico aziendale; non viene così attuata alcuna<br />
regionalizzazione del plafond finanziario, né viene applicato alcun tipo di pagamento forfetario. L’Italia<br />
si è avvalsa della facoltà di escludere dal regime di pagamento unico le sementi, per le quali valgono<br />
le regole di funzionamento del regime di sostegno fino ad ora operanti (aiuto alla produzione). L’obiettivo<br />
è quello di garantire un certo grado di approvvigionamento nazionale, oltre ad assicurare la qualità<br />
delle produzioni e tutelare la sicurezza degli alimenti. Le risorse destinate a questo aiuto sono fissate in<br />
13,321 milioni di euro (Regolamento (CE) n. 118/2005).<br />
La scelta di partire con il regime di pagamento unico già al 2005 ha, secondo il MiPAF, numerosi<br />
vantaggi. Innanzitutto permetterà alle aziende di programmare la propria attività produttiva in un clima<br />
di certezze, offrendo al tempo stesso parità di trattamento rispetto ai produttori degli altri paesi europei<br />
che hanno fatto la medesima scelta. In secondo luogo, una partenza immediata permetterà di utilizzare<br />
pienamente le risorse finanziarie a disposizione ed eviterà l’instaurarsi di fenomeni speculativi sui trasferimenti<br />
della terra. La decisione di non fare ricorso ad alcun tipo di regionalizzazione è stata dettata<br />
da considerazioni in merito all’efficacia dello strumento nel raggiungimento di obiettivi quali equità del<br />
sostegno, semplificazione e riduzione dei costi amministrativi. Secondo il MiPAF, l’applicazione della<br />
regionalizzazione comporterebbe una redistribuzione del sostegno disomogenea sul territorio e difficile<br />
da giustificare; allo stesso modo un’applicazione ibrida, quella, cioè, che combina il criterio storico con<br />
quello forfetario, avrebbe lo svantaggio di complicare la gestione degli aiuti e di comportare degli oneri<br />
amministrativi non indifferenti a carico sia degli agricoltori che dell’attività di gestione e controllo.<br />
Relativamente alle possibilità di attuazione parziale, l’Italia non ha inteso aderire a nessun tipo di<br />
parziale disaccoppiamento degli aiuti, proposto dalla Commissione per seminativi, bovini da carne e ovicaprini.<br />
Tale scelta è da ricondurre alla volontà di utilizzare appieno le risorse finanziarie maturate da ciascun<br />
settore, evitando il rischio di sottoutilizzazione dei plafond destinati ai premi accoppiati, e di permettere<br />
il completo orientamento al mercato delle aziende attraverso un’allocazione efficiente delle risorse.<br />
Inoltre, sulla base dei risultati di simulazioni e di studi di impatto effettati il MiPAF sostiene che le<br />
percentuali di accoppiamento proposte dalla Commissione non avrebbero alcun effetto in termini di mantenimento<br />
della produzione e di riduzione del rischio di abbandono; in più, imporrebbero ai produttori<br />
un vincolo sull’attività produttiva che vanificherebbe gli effetti positivi del disaccoppiamento. L’Italia si<br />
è invece avvalsa della facoltà concessa dall’art. 69 di attuare delle trattenute sui plafond settoriali per<br />
effettuare pagamenti in favore di tipi specifici di agricoltura e per la produzione di qualità. Per il 2005<br />
25
e gli anni successivi viene operata una trattenuta dell’8% sulle risorse per i seminativi, del 7% di quelle<br />
per le carni bovine e del 5% di quelle per gli ovicaprini. Questi importi saranno utilizzati per effettuare<br />
pagamenti supplementari agli agricoltori dei settori interessati dalla trattenuta che si impegnano nella<br />
valorizzazione e tutela dell’ambiente o nel miglioramento della qualità e della commercializzazione dei<br />
prodotti agricoli. Come si evince dalla tabella 5 le risorse destinate ai seminativi ammontano a 142 milioni<br />
di euro e l’importo del pagamento supplementare non può superare i 180 euro/ha; la dotazione per le<br />
carni bovine ammonta a circa 29 milioni di euro e il pagamento supplementare è al massimo pari a 180<br />
euro/capo; quella per gli ovicaprini ammonta a poco meno di 9 milioni di euro e l’importo massimo del<br />
pagamento supplementare è fissato in 15 euro/capo. Il decreto del MiPAF n. 2026 del 24 settembre 2004<br />
fissa anche le condizioni di ammissibilità al pagamento supplementare per il 2005.<br />
Come è noto, ciascun paese fissa una volta per tutte i settori interessati all’art. 69 e la percentuale<br />
della trattenuta, può invece variare di anno in anno le condizioni di ammissibilità. Nel settore dei seminativi<br />
l’aiuto è concesso ai coltivatori di frumento duro, frumento tenero, e mais che utilizzano sementi<br />
certificate e prive di contaminazioni OGM oppure ai coltivatori di seminativi in generale (cereali, oleaginose,<br />
proteaginose, lino e canapa) che attuano tecniche di avvicendamento almeno biennale del terreno<br />
che includano le colture miglioratrici della fertilità del terreno o le colture da rinnovo. Nel settore delle<br />
carni bovine il pagamento supplementare è concesso alle vacche nutrici di razze da carne iscritte nei<br />
libri genealogici o nei registri anagrafici, alle vacche nutrici di razze diverse da quelle iscritti nei libri<br />
genealogici di età inferiore ai 7 anni, ai bovini da carne detenuti in azienda per almeno 7 mesi e di età<br />
compresa tra gli 8 e i 20 mesi e alle vacche a duplice attitudine elencate nell’allegato B al D.M. 2026.<br />
Il pagamento è concesso se vengono rispettati determinati requisiti in termini di carico di bestiame per<br />
ettaro di superficie foraggera e se viene soddisfatto l’obbligo a mantenere a pascolo permanente almeno<br />
il 50% della superficie foraggera; l’aiuto è inoltre concesso ai capi macellati che permangono in azienda<br />
per almeno 7 mesi prima della macellazione e sulla cui etichetta è indicata la denominazione dell’azienda<br />
d’allevamento. Per gli ovicaprini il pagamento è erogato agli allevatori singoli o associati con più<br />
di 50 capi che conducono gli animali al pascolo per almeno 120 giorni.<br />
Tab. 2.5 - Applicazione dell’art. 69 del Regolamento (CE) n. 1782/2003 in Italia<br />
Settori<br />
Trattenuta<br />
(%)<br />
Importo della trattenuta<br />
(milioni di euro)<br />
Importo massimo del<br />
pagamento supplementare<br />
Seminativi 8 142,491 180 euro/ha<br />
Carni bovine 7 28,674 180 euro/capo<br />
Ovicaprini 5 8,665 15 euro/capo<br />
Fonte: D.M. n. 2026 del MiPAF del 24 settembre 2004 e Regolamento (CE) n. 118/2005<br />
Il D.M. del 5 agosto sancisce anche tutta una serie di disposizioni in materia di gestione della<br />
riserva nazionale, di gestione degli importi resi disponibili dalla modulazione, di condizionalità,<br />
di ammissibilità al regime di pagamento unico e di prima assegnazione dei titoli 27 . A quest’ultimo<br />
proposito, l’Italia si è orientata verso l’adozione della “ricognizione preventiva” prevista<br />
all’art. 12 del Regolamento (CE) n. 795/2004, attraverso la quale l’AGEA procede alla identificazione<br />
preliminare degli agricoltori aventi diritto al pagamento unico e alla definizione provvisoria<br />
dei titoli, in modo da correggere a priori eventuali errori, sanare le anomalie e registrare le<br />
trasformazioni aziendali intervenute durante e successivamente al triennio di riferimento. Tutto ciò<br />
27 Per informazioni più dettagliate su questi argomenti si rimanda a Frascarelli, 2004.<br />
26
dovrebbe permettere di ridurre i contenziosi successivi alla presentazione di domanda di accesso<br />
al regime di al pagamento unico che ciascun agricoltore dovrà presentare entro il 15 maggio<br />
2005 (AGEA, 2004).<br />
Le disposizioni nazionali di attuazione degli aiuti contenuti nel Titolo IV del Regolamento<br />
(CE) n. 1782/2003 (“Altri regimi di aiuto”) sono contenute nel Decreto MiPAF del 10 marzo<br />
2004 28 . In esso vengono definite le condizioni di ammissibilità all’aiuto specifico per frumento<br />
duro e riso e la suddivisione delle relative superfici di base nazionale in sottosuperfici di base; la<br />
disciplina dell’aiuto per le colture energetiche; il piano di regionalizzazione delle piante proteiche;<br />
le disposizioni relative alla produzione di canapa e quelle relative al ritiro dei seminativi dalla produzione.<br />
Infine, il Decreto ministeriale del 18 febbraio 2004 29 stabilisce le disposizioni nazionali di<br />
attuazione del regime di aiuto alla superficie per la frutta in guscio. In esso si fissa un aiuto<br />
nazionale pari a 120,75 euro/ha per tutta la frutta in guscio, mentre l’aiuto comunitario è differenziato<br />
tra nocciole (314 euro/ha per una superficie interessata di 24.054 ettari) e altra frutta in<br />
guscio (227 euro/ha per una superficie massima di 35.857 ettari).<br />
Tab. 2.6 - Normativa nazionale di applicazione della riforma delle PAC (Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003 e successive modifiche)<br />
Atto Oggetto In applicazione di Estremi pubblicazione<br />
Decreto MiPAF del<br />
18 febbraio 2004<br />
Decreto MiPAF del<br />
10 marzo 2004<br />
Frutta in guscio<br />
Titolo IV, capitolo 4, del<br />
Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003<br />
Altri regimi di aiuto Titolo IV, capitoli 1, 2, 3 e 5,<br />
del Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003 e Regolamento<br />
(CE) n. 2237/2003<br />
G.U.R.I. n. 60 del 12 marzo<br />
2004<br />
G.U.R.I. n. 73 del 27 marzo<br />
2004<br />
Decreto MiPAF del<br />
23 aprile 2004<br />
Altri regimi di aiuto e<br />
frutta in guscio<br />
Modifiche dei Decreti MiPAF<br />
del 18 febbraio 2004 e 10<br />
marzo 2004<br />
G.U.R.I. n. 101 del 30<br />
aprile 2004<br />
Decreto MiPAF del<br />
23 aprile 2004<br />
Premi per i prodotti<br />
lattiero-caseari e<br />
pagamenti supplementari<br />
Artt. 95 e 96 del Regolamento<br />
(CE) n. 1782/2003<br />
G.U.R.I. n. 108 del 10<br />
maggio 2004<br />
Decreto MiPAF n.<br />
1628 del 20 luglio<br />
2004<br />
Decreto MiPAF n.<br />
1787 del 5 agosto<br />
2004<br />
Ammissibilità al regime di<br />
pagamento unico e<br />
circostanze eccezionali<br />
Disposizioni per<br />
l'attuazione della politica<br />
agricola comune<br />
Artt. 33 e 40 del Regolamento<br />
(CE) n. 1782/2003, e<br />
Regolamento (CE) n.<br />
795/2003<br />
Regolamenti (CE) nn.<br />
1782/2003, 795/2003,<br />
796/2003<br />
G.U.R.I. n. 180 del 3 agosto<br />
2004<br />
G.U.R.I. n. 191 del 16<br />
agosto 2004<br />
Decreto MiPAF n.<br />
2026 del 24<br />
settembre 2004<br />
Pagamenti supplementari<br />
di cui all'art. 69 del<br />
Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003<br />
Artt. 8 e 9 del Decreto MiPAF<br />
del 5 agosto 2004<br />
G.U.R.I. n. 287 del 7<br />
dicembre 2004<br />
28 Successivamente modificato dal D.M. del 23 aprile 2004.<br />
29 Anch'esso modificato dal D.M. del 23 aprile 2004.<br />
27
Tab. 2.6 - segue<br />
Atto Oggetto In applicazione di Estremi pubblicazione<br />
Circolare AGEA n.<br />
491 del 5 ottobre<br />
2004<br />
Disposizioni in materia di<br />
attuazione della riforma<br />
della PAC e applicazione<br />
regime di pagamento<br />
unico<br />
Regolamenti (CE) nn.<br />
1782/2003, 795/2003,<br />
796/2003<br />
G.U.R.I. n. 240 del 12<br />
ottobre 2004<br />
Circolare AGEA n.<br />
507 dell'11 ottobre<br />
2004<br />
Disposizioni in materia di<br />
attuazione della riforma<br />
della PAC e applicazione<br />
regime di pagamento<br />
unico<br />
Addendum n. 1 a Circolare<br />
AGEA n. 491 del 5 ottobre<br />
2004<br />
G.U.R.I. n. 249 del 22<br />
ottobre 2004<br />
Circolare AGEA n.<br />
539 del 27 ottobre<br />
2004<br />
Disposizioni in materia di<br />
attuazione della riforma<br />
della PAC e applicazione<br />
regime di pagamento<br />
unico<br />
Addendum n. 2 a Circolare<br />
AGEA n. 491 del 5 ottobre<br />
2004<br />
G.U.R.I. n. 266 del 12<br />
novembre 2004<br />
Decreto MiPAF del<br />
29 ottobre 2004<br />
Prove colturali per premio<br />
specifico alla qualità per il<br />
frumento duro<br />
Capitolo 2 del Regolamento<br />
(CE) n. 2237/2003<br />
G.U.R.I. n. 260 del 5<br />
novembre 2004<br />
Decreto MiPAF n.<br />
2668 del 3 novembre<br />
2004<br />
Pagamenti supplementari<br />
di cui all'art. 69 del<br />
regolamento (CE) n.<br />
1782/2003<br />
Modifiche ed integrazioni al<br />
Decreto MiPAF del 24<br />
settembre 2004<br />
G.U.R.I. n. 288 del 9<br />
dicembre 2004<br />
Decreto MiPAF n.<br />
2669 del 3 novembre<br />
2004<br />
Livello della trattenuta in<br />
caso di vendita dei diritti,<br />
trasferimento dei titoli<br />
Modifiche ed integrazioni al<br />
Decreto MiPAF del 5 agosto<br />
2004<br />
G.U.R.I. n. 288 del 9<br />
dicembre 2004<br />
Circolare AGEA n.<br />
38 del 16 novembre<br />
2004<br />
Accertamento titoli<br />
individuali<br />
Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003<br />
G.U.R.I n. 282 dell'1<br />
dicembre 2004<br />
Circolare AGEA n.<br />
584 del 18 novembre<br />
2004<br />
Disposizioni in materia di<br />
attuazione della riforma<br />
della PAC e applicazione<br />
regime di pagamento<br />
unico<br />
Addendum n. 3 a Circolare<br />
AGEA n. 491 del 5 ottobre<br />
2004<br />
G.U.R.I n. 283 del 2<br />
dicembre 2004<br />
Comunicato MiPAF<br />
del 24 novembre<br />
2004<br />
Frutta in guscio<br />
Decreti MiPAF 18 febbraio<br />
2004 e 23 aprile 2004<br />
Decreto MiPAF n.<br />
2961 del 2 dicembre<br />
2004<br />
Costituzione Comitato<br />
paritetico tra il MiPAF e<br />
le Regioni e le Province<br />
autonome<br />
Attuazione art. 8, comma 3,<br />
Decreto MiPAF del 5 agosto<br />
2004<br />
G.U.R.I. n. 11 del 15<br />
gennaio 2005<br />
28
Tab. 2.6 - segue<br />
Atto Oggetto In applicazione di Estremi pubblicazione<br />
Decreto MiPAF del 9<br />
dicembre 2004<br />
Quantitativo minimo<br />
sementi certificate per<br />
ettaro per corresponsione<br />
aiuto supplementare ai<br />
seminativi<br />
Decreti MiPAF di attuazione<br />
dell'art. 69 del Regolamento<br />
(CE) n. 1782/2003<br />
G.U.R.I. n. 299 del 22<br />
dicembre 2004<br />
Decreto MiPAF n.<br />
5406 del 13<br />
dicembre 2004<br />
Condizionalità<br />
Attuazione art. 5 del Decreto<br />
MiPAF del 5 agosto 2004<br />
G.U.R.I. n. 304 del 29<br />
dicembre 2004<br />
Decreto MiPAF del<br />
16 dicembre 2004<br />
Casi di forza maggiore e<br />
circostanze eccezionali<br />
Modifiche al Decreto MiPAF<br />
del 20 luglio 2004<br />
G.U.R.I. n. 20 del 26<br />
gennaio 2005<br />
Circolare AGEA n. 2<br />
del 10 gennaio 2005<br />
Circostanze eccezionali Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003<br />
Circolare AGEA n. 7<br />
del 13 gennaio 2005<br />
Casi di forza maggiore e<br />
circostanze eccezionali<br />
Attuazione del Decreto MiPAF<br />
del 16 dicembre 2004<br />
Circolare AGEA n. 3<br />
del 28 gennaio 2005<br />
Accertamento titoli<br />
individuali<br />
Modifiche ed integrazioni<br />
alla Circolare AGEA n. 38<br />
del 16 novembre 2004<br />
G.U.R.I n. 36 del 14<br />
febbraio 2005<br />
Circolare AGEA n.<br />
20 del 28 gennaio<br />
2005<br />
Condizionalità<br />
Attuazione al Decreto MiPAF<br />
5406 del 13 dicembre 2004<br />
G.U.R.I n. 36 del 14<br />
febbraio 2005<br />
2.4 Le scelte degli altri Stati membri 30<br />
L’applicazione della PAC nella nuova veste assunta dopo la riforma <strong>Fischler</strong>, come è stato più<br />
volte ribadito, si presta a numerose interpretazioni. Assieme all’Italia, altri 9 paesi dell’UE-15 hanno<br />
deciso di dare avvio al regime di pagamento unico dal 2005 (tab. 2.7). Finlandia, Francia, Grecia,<br />
Olanda e Spagna, invece, applicheranno il nuovo regime dal 2006. Questi ultimi paesi hanno già<br />
espresso le proprie decisioni, ma queste sono suscettibili di cambiamenti fino alla loro comunicazione<br />
ufficiale alla Commissione Europea, che dovrà avvenire entro il 1° agosto 2005.<br />
Sinteticamente, il regime di pagamento unico è stato applicato seguendo tre modelli: a) storico;<br />
b) ibrido statico; c) ibrido dinamico. Il modello basato solo su pagamenti regionali forfetari non è stato<br />
inizialmente adottato da nessun paese, ma in Germania e Inghilterra si giungerà ad esso attraverso<br />
tappe progressive.<br />
Il modello storico è quello che si basa sugli aiuti da ciascuna azienda percepiti nel periodo storico<br />
di riferimento. Esso è stato adottato da 10 paesi oltre all’Italia (Austria, Belgio, Francia, Irlanda,<br />
Olanda, Portogallo, Spagna, Grecia, Scozia e Galles).<br />
30 Le informazioni contenute in questo paragrafo sono tratte da Agra Europe (2004), Bianchi (2004), Donald (2004), USDA (2004), oltre<br />
che da materiale, vario disponibile on-line, composto prevalentemente da do-cumenti di lavoro dei diversi ministeri agricoli.<br />
29
Tab. 2.7 - Le decisioni dei paesi dell’UE-15 in applicazione della riforma della PAC<br />
Paesi Regioni Inizio regime<br />
Modello di<br />
pagamento<br />
Parziale disaccoppiamento<br />
(artt.66-68)<br />
100% premio vacca nutrice<br />
Pagamenti<br />
Esclusioni<br />
Ingresso premi<br />
supplementari<br />
facoltative<br />
latte nel regime<br />
(art. 69) (art. 70)<br />
40% premio abbatt. bovini adulti<br />
Austria 2005 Storico 100% premio abbattimento vitelli<br />
2007<br />
25% aiuti luppolo<br />
100% premio vacca nutrice<br />
Belgio Fiandre 2005 Storico 100% premio abbattimento vitelli<br />
2006<br />
100% sementi di<br />
lino<br />
Belgio<br />
Vallonia &<br />
Bruxelles<br />
Danimarca Regione unica<br />
2005 Storico 100% premio vacca nutrice 2006<br />
75% premio speciale bov. maschi<br />
2005 Ibrido statico 50% premio ovicaprini<br />
2005<br />
100% sementi di<br />
lino<br />
60% premio fecola di patata<br />
Finlandia* 3 regioni 2006 Ibrido dinamico<br />
75% premio speciale bovini maschi<br />
10% sul totale 2006 100% sementi<br />
50% premio ovicaprini<br />
Francia* 2006 Storico<br />
25% aiuti seminativi<br />
100% premio vacca nutrice<br />
40% premio abbatt. bovini adulti<br />
100% premio abbatt. vitelli<br />
2006<br />
100% aiuti nei<br />
territori d'oltremare<br />
50% premio ovicaprini<br />
Germania 12 Bundeslander 2005<br />
Ibrido dinamico che<br />
muove verso aiuto<br />
forfetario<br />
25% aiuti luppolo 2005<br />
40% aiuti frumento duro<br />
Grecia* 2006 Storico 50% premi ovicaprini<br />
n.d.<br />
Irlanda 2005 Storico Massimo disaccoppiamento 2005<br />
30
Tab. 2.7 - segue<br />
Paesi Regioni<br />
Inizio regime<br />
Modello di<br />
pagamento<br />
Parziale disaccoppiamento<br />
(artt.66-68)<br />
Pagamenti<br />
Esclusioni<br />
Ingresso premi<br />
supplementari<br />
facoltative<br />
latte nel regime<br />
(art. 69) (art. 70)<br />
8% seminativi<br />
Italia 2005 Storico<br />
Massimo disaccoppiamento 7% carni bovine<br />
2006 100% sementi<br />
5% ovicaprini<br />
Lussemburgo Regione unica 2005 Ibrido statico Massimo disaccoppiamento 2005<br />
Olanda 2006 Storico<br />
40% premio abbatt. bovini adulti<br />
100% premio abbatt. vitelli<br />
2007<br />
100% sementi di<br />
lino<br />
Portogallo 2005<br />
100% premio vacca nutrice 100% sementi<br />
40% premio abbatt. bovini adulti<br />
Storico 1% sul totale 2007<br />
100% premio abbattimento vitelli<br />
100% aiuti ai<br />
seminativi nelle<br />
regioni<br />
ultraperiferiche<br />
50% premi ovicaprini<br />
Regno Unito Galles 2005 Storico Massimo disaccoppiamento 2005<br />
Inghilterra<br />
Regno Unito (suddivisa in 3<br />
2005<br />
regioni)<br />
Ibrido dinamico che<br />
muove verso aiuto<br />
forfetario<br />
Massimo disaccoppiamento<br />
2005<br />
Regno Unito Irlanda del Nord 2005 Ibrido statico Massimo disaccoppiamento 2005<br />
Regno Unito Scozia 2005 Storico Massimo disaccoppiamento 10% carne bovina 2005<br />
Spagna* 2006 Storico Massimo disaccoppiamento 2006<br />
Svezia 5 regioni 2005 Ibrido statico 75% premio speciale bovini maschi 0,45% 2007<br />
100% sementi<br />
100% aiuti nelle<br />
regioni<br />
ultraperiferiche<br />
Fonte: Agra Europe, 2004; Bianchi, 2004; Donald, 2004; USDA, 2004; materiale vario proveniente dai diversi ministeri agricoli disponibile on line<br />
31
Il modello ibrido combina il modello storico con quello forfetario. Viene definito statico quando<br />
la proporzione degli aiuti concessa sulla base del riferimento aziendale storico e la proporzione distribuita<br />
forfetariamente sulla base del numero di ettari ammissibili non variano nel tempo. Viene definito<br />
dinamico quando le suddette proporzioni cambiano nel tempo secondo un phasing in predefinito.<br />
Il primo modello è stato prescelto da Danimarca, Lussemburgo, Svezia e Irlanda del Nord. Il<br />
modello dinamico è stato adottato da Finlandia, Germania e Inghilterra. In questi ultimi due paesi il<br />
modello dinamico è spinto alle estreme conseguenze, in quanto, al 2012 per la Germania e al 2013 per<br />
l’Inghilterra, verrà meno il riferimento storico aziendale e l’aiuto sarà corrisposto interamente sulla<br />
base del regime regionalizzato forfetario.<br />
Il modello più complesso è quello adottato dal Regno Unito dove il denominatore comune è rappresentato<br />
dalla scelta di non adottare nessun tipo di parziale disaccoppiamento e di partire al 2005.<br />
Per il resto, le quattro regioni che compongono il paese hanno adottato diversi modelli di applicazione<br />
del regime di pagamento unico: Scozia e Galles hanno preferito il regime classico di aiuti legati al<br />
riferimento storico aziendale; l’Irlanda del Nord ha adottato un modello ibrido statico (verticale), mentre<br />
l’Inghilterra ha scelto un modello ibrido dinamico che prevede un graduale spostamento del calcolo<br />
degli aiuti da un criterio storico (al 2005 i pagamenti saranno composti per il 90% dagli importi<br />
di riferimento storici e per il 10% da aiuti forfetari) ad uno forfetario (al 2012 si perverrà ad un aiuto<br />
interamente calcolato sulla base degli ettari ammissibili posseduti al 2005).<br />
Il parziale disaccoppiamento degli aiuti offerto dagli articoli dal 66 al 68 del Regolamento (CE)<br />
n. 1782/2003 (seminativi, carni bovine, ovicaprini e luppolo) è stato adottato da 10 paesi (Austria, Belgio,<br />
Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Portogallo e Svezia). Altri 4 paesi,<br />
oltre all’Italia, hanno adottato i pagamenti supplementari previsti dall’art. 69 (Finlandia, Portogallo,<br />
Scozia e Svezia). L’esclusione delle sementi dal regime di pagamento unico è stata decisa da Belgio,<br />
Italia, Portogallo e Spagna. Portogallo, Francia e Spagna hanno deciso di escludere dal pagamento<br />
unico gli aiuti alle regioni ultraperiferiche.<br />
2.5 Una valutazione generale del regime di pagamento unico<br />
Il regime di pagamento unico rappresenta la normale evoluzione di un processo di disaccoppiamento<br />
degli aiuti iniziato nel 1992 con Mac Sharry e proseguito nel 1999 con Agenda 2000 31 . Sebbene<br />
la veste definitiva di questa riforma si discosti dalle proposte originarie contenute nella revisione di<br />
medio termine del luglio 2002, soprattutto in termini di minore semplificazione e maggiore complessità<br />
gestionale, è tuttavia indiscutibile che la PAC che ne risulterà sarà molto più orientata al mercato,<br />
competitiva e più aderente agli impegni internazionali relativi alla liberalizzazione del commercio.<br />
Inoltre, gli ampi margini lasciati alle amministrazioni nazionali e regionali in merito alla scelta<br />
degli strumenti da utilizzare rende la PAC più flessibile e più adattabile alle diverse esigenze locali.<br />
Dalla lettura del Regolamento (CE) n. 1782/2003, e soprattutto delle disposizioni contenute nei<br />
Titoli III (Regime di pagamento unico) e IV (Altri regimi di aiuti), si coglie la estrema complessità del<br />
sistema di sostegno realizzato. Sebbene, teoricamente, un pagamento unico che inglobi i diversi<br />
regimi di sostegno implementati nell’ambito delle diverse OCM vada effettivamente in direzione di<br />
una semplificazione, le deroghe e le varianti concesse agli Stati membri rendono molto complicata<br />
l’implementazione dello schema e rendono impossibile una lettura omogenea di “come si muove” la<br />
PAC. Pur senza arrivare ad una rinazionalizzazione della politica agricola, giacché le scelte sono com-<br />
31 Per un'analisi degli aspetti economici del disaccoppiamento si veda Scoppola, 2004.<br />
32
piute nell’ambito di un menù predisposto dalla Commissione e le politiche sono interamente finanziate<br />
dalla sezione Garanzia del FEOGA, le amministrazioni locali godono di una ampia flessibilità che<br />
potrebbe rappresentare un ulteriore elemento di complicazione viste le differenti capacità gestionali<br />
e la diversa attitudine a sopportare un vasto carico amministrativo che hanno regioni e Stati membri.<br />
Ciò contribuirebbe ad acuire la distanza tra paesi/agricolture più efficienti e quelli meno efficienti, tra<br />
i paesi più bravi a gestire le complesse relazioni tra apparato centrale e apparato regionale e quelli<br />
meno capaci.<br />
Ciononostante, il trasferimento del sostegno dal prodotto al produttore comporta un deciso<br />
riorientamento al mercato, poiché le scelte produttive saranno sempre più compiute sulla base di valutazioni<br />
di mercato e saranno sempre meno condizionate dall’entità degli aiuti ottenibili scegliendo un<br />
ordinamento colturale anziché un altro.<br />
Un elemento negativo associato al totale disaccoppiamento degli aiuti è il rischio di smantellamento<br />
dell’attività produttiva, giacché l’agricoltore ha la sicurezza di percepire l’aiuto storico anche<br />
se decide di disattivare la propria azienda. Il rischio è tanto maggiore quanto più si tratta di aziende<br />
orientate prevalentemente all’ottenimento del premio. Fermo restando la legittimità delle preoccupazioni<br />
di ordine economico, sociale e ambientale che l’abbandono dell’attività produttiva avrebbe nelle<br />
aree marginali – basti pensare al ruolo di presidio territoriale delle aziende di montagna o al ruolo<br />
economico e sociale dell’olivicoltura o della tabacchicoltura nelle aree meridionali – c’è da sottolineare<br />
che il rischio di abbandono è avvertito più dalle componenti a monte e a valle dell’attività produttiva<br />
che dagli stessi agricoltori, i quali, al contrario, salutano con favore una riforma che permette<br />
loro di gestire al meglio l’attività produttiva avendo comunque garantito un ammontare di risorse<br />
rappresentato dall’aiuto comunitario storicamente maturato.<br />
Per far fronte al rischio di abbandono la Commissione ha scelto una duplice strada: l’introduzione<br />
degli aiuti specifici, cioè di quegli aiuti che l’agricoltore riceve solo se produce la coltura in<br />
oggetto, e il disaccoppiamento parziale, che non svincola completamente l’aiuto dalla produzione ma<br />
mantiene il legame con i fattori produttivi e lascia agli Stati membri margini di flessibilità attraverso<br />
i quali adattare alle proprie esigenze la nuova politica agraria. Mentre l’aiuto specifico non incide sull’ammontare<br />
dell’importo di riferimento cui ciascun agricoltore ha diritto, in quanto è un aiuto<br />
aggiuntivo percepito dall’agricoltore che produce quella coltura e che rispetta determinati requisiti, il<br />
disaccoppiamento parziale, al contrario, riduce l’ammontare di riferimento storico di quella parte di<br />
aiuti che torna ad essere parzialmente accoppiata. Tra i due strumenti, mentre l’aiuto specifico viene<br />
riconosciuto dall’agricoltore come un incentivo alla produzione e, dunque, come un’opportunità da<br />
cogliere, il disaccoppiamento parziale viene percepito come un vincolo, una restrizione alla propria<br />
libertà imprenditoriale. L’agricoltore, infatti, per poter ricevere l’intero ammontare del suo aiuto storico<br />
è “costretto” a continuare a produrre quella determinata coltura o a mantenere l’allevamento in<br />
questione. L’alternativa è quella di accontentarsi della percentuale di aiuto che riceve in forma totalmente<br />
disaccoppiata e basare le proprie scelte produttive su considerazioni di ordine economico (nel<br />
rispetto del tanto auspicato riorientamento della produzione al mercato) indipendentemente dall’ulteriore<br />
ammontare di aiuto che potrebbe ricevere se “facesse” quella coltura. In taluni casi, però, la<br />
quota di aiuto che uno Stato membro può decidere di far rimanere parzialmente accoppiata è talmente<br />
elevata da condizionare le scelte degli agricoltori spingendoli verso la produzione oggetto d’aiuto.<br />
In ogni caso, il disaccoppiamento parziale garantisce il mantenimento dell’aiuto storico e non<br />
permette all’agricoltore di “guadagnare” di più (in termini di aiuti ricevuti) rispetto ad esso, tranne nel<br />
caso in cui decida di mettere a coltura una superficie maggiore (o mettere a premio un numero maggiore<br />
di capi) di quella storica di riferimento. In tale eventualità, tuttavia, il risultato è incerto e<br />
dipenderà dalle scelte produttive di tutti gli altri produttori. Nel box 1 viene riportato a titolo esemplificativo<br />
il comportamento di un produttore di frumento duro nel caso in cui lo Stato membro, o la<br />
33
egione di appartenenza, decida di far rimanere parzialmente disaccoppiato il 40% dell’aiuto storico<br />
ricevuto da ciascun produttore. Quest’ultimo, dunque, ha la certezza di ricevere in forma totalmente<br />
disaccoppiata il 60% del suo ammontare storico di riferimento, mentre il restante 40% dipenderà dalla<br />
superficie messa a coltura e dalle decisioni produttive degli altri agricoltori. Nell’ipotesi 1 si suppone<br />
che l’agricoltore in questione decida di mettere a coltura una quantità di superficie pari a quella<br />
sua storica di riferimento. Nel caso in cui la superficie di base nazionale si mantenga inferiore o<br />
uguale a quella massima garantita l’agricoltore riceverà integralmente il 40% dell’aiuto storico sulla<br />
sua superficie, che sommato al 60% ricevuto in forma disaccoppiata gli permetterà di ottenere il 100%<br />
dell’aiuto storico di riferimento 32 . Nell’eventualità in cui la superficie garantita sia superata 33 riceverà<br />
un aiuto “accoppiato” inferiore al 40% e quindi un aiuto complessivo inferiore al 100%. Nella<br />
seconda ipotesi si suppone che l’agricoltore metta a coltura una superficie inferiore a quella storica di<br />
riferimento. In questo caso, egli riceverà sempre un aiuto “accoppiato” inferiore al 40% e dunque<br />
complessivamente meno di quanto storicamente maturato. Nella terza ipotesi, infine, si suppone che<br />
l’agricoltore metta a coltura una superficie superiore a quella storica di riferimento. In questo caso, i<br />
risultati sono molto più incerti e dipenderanno dalle scelte compiute dagli altri produttori: se la superficie<br />
di base si mantiene uguale o inferiore a quella massima garantita l’agricoltore riceverà in forma<br />
“accoppiata” più del 40% (quindi, complessivamente, più del 100%), se la superficie garantita viene<br />
superata egli potrà ricevere una aiuto “accoppiato” minore, maggiore o uguale al 40% a seconda dell’entità<br />
della penalizzazione, a cui si aggiungerà il 60% ricevuto in forma totalmente disaccoppiata.<br />
La scelta relativa a se e quanto frumento duro produrre dipenderà dalle condizioni e dall’andamento<br />
del mercato.<br />
Box 1 - Ipotesi di applicazione del disaccoppiamento parziale al frumento duro (40%)<br />
Ipotesi 1 - aiuto disaccoppiato pari al 60% e superficie investita uguale a quella storica di riferimento<br />
caso a) superficie investita ≤ SMG ⇒ aiuto “accoppiato” = 40% ⇒ aiuto complessivo = 100%<br />
caso b) superficie investita > SMG ⇒ aiuto “accoppiato” < 40%⇒ aiuto complessivo < 100%<br />
Ipotesi 2 - aiuto disaccoppiato pari al 60% e superficie investita inferiore a quella storica di riferimento<br />
caso a) superficie investita >≤ SMG ⇒ aiuto “accoppiato” < 40% ⇒ aiuto complessivo < 100%<br />
Ipotesi 3 - aiuto disaccoppiato pari al 60% e superficie investita superiore a quella storica di riferimento<br />
caso a) superficie investita ≤ SMG ⇒ aiuto “accoppiato” > 40% ⇒ aiuto complessivo > 100%<br />
caso b) superficie investita > SMG ⇒ aiuto “accoppiato” >≤ 40% ⇒ aiuto complessivo >≤ 100%<br />
Una questione molto dibattuta in merito al regime di pagamento unico è l’equità dello strumento.<br />
Risulta infatti socialmente poco giustificabile il trasferimento di un consistente e predeterminato<br />
ammontare di risorse verso gli agricoltori, basato su ciò che essi hanno fatto in passato e senza alcun<br />
vincolo per il futuro, in presenza di altri settori produttivi che lamentano la carenza di fondi per attuare<br />
politiche di sviluppo o riconversione e quando l’ingresso di 10 nuovi paesi membri renderà sempre<br />
più indispensabile la disponibilità di risorse per sostenere la coesione economica e sociale dell’UE<br />
allargata. In merito a ciò possono essere colti due segnali lanciati dalla Commissione attraverso gli<br />
strumenti della modulazione e della condizionalità. Sul primo versante, se l’obbligatorietà della<br />
modulazione viene vista come un segnale lanciato al mondo agricolo per ribadire che i pagamenti<br />
diretti non sono garantiti a vita ma che possono essere modificati, lo spostamento di risorse che così<br />
32 Qui non si tiene conto delle trattenute effettuate sugli importi del pagamento unico relative alla costituzione della riserva o all'applicazione<br />
della modulazione.<br />
33 E la sua regione sia responsabile dell'esubero.<br />
34
si realizza (dal primo al secondo pilastro della PAC) avviene tuttavia nello stretto ambito del settore<br />
agricolo e non libera risorse a favore di altre politiche comunitarie o di altri settori produttivi.<br />
Nonostante il bilancio dell’Unione sia palesemente insufficiente a raggiungere gli obiettivi prioritari<br />
individuati dalla Commissione nel vertice di Lisbona, e stia riemergendo la richiesta dei paesi<br />
contribuenti netti a limitare il peso del loro contributo, le decisioni prese con la riforma <strong>Fischler</strong> in<br />
merito agli aiuti diretti (fissati fino al 2013) mettono l’agricoltura al riparo da qualunque cambiamento<br />
nell’ambito delle prospettive finanziarie da definire per il periodo 2007-2013 34 . Per il successivo<br />
periodo finanziario non si può escludere la necessità di dover pervenire ad una riduzione delle spesa<br />
agricola per reperire risorse da destinare non già alle politiche di sviluppo rurale ma al raggiungimento<br />
di obiettivi più generali dell’Unione.<br />
La condizionalità, invece, offre un ombrello sotto il quale gli aiuti disaccoppiati della riforma<br />
<strong>Fischler</strong> trovano una giustificazione di lungo periodo grazie ai servizi che gli agricoltori sono tenuti<br />
ad offrire in termini di protezione ambientale, benessere delle piante e degli animali, sicurezza alimentare.<br />
Passando ad una valutazione più specifica dello strumento del pagamento unico si possono fare<br />
alcune considerazioni sia in merito ai diversi aspetti che esso può assumere a seconda delle scelte dei<br />
paesi sia alle difficoltà che si incontrano quando ci si accinge a leggere il regolamento di riforma e le<br />
sue successive modifiche.<br />
Come abbiamo visto precedentemente, gli Stati membri hanno la possibilità di adottare il regime<br />
classico di pagamento unico o lo schema regionalizzato. Il primo, essendo legato agli aiuti storici<br />
da ciascun agricoltore percepito, congela lo status quo in termini di distribuzione degli aiuti tra settori<br />
e tra aree produttive, dà luogo ad una forte eterogeneità nel valore dei diritti da ciascuno posseduto,<br />
discrimina tra coloro che percepiscono il pagamento unico e coloro che ne sono esclusi perché<br />
non beneficiari di pagamenti diretti nel periodo di riferimento. Inoltre, esso comporta un carico<br />
amministrativo non indifferente dovendo individuare i beneficiari degli aiuti, calcolare gli importi e<br />
le superfici di riferimento, individuare le superfici per singolo agricoltore sanando tutti i possibili conflitti.<br />
L’aiuto forfetario, al contrario, essendo destinato a tutti gli agricoltori di una regione sulla base<br />
della superficie ammissibile regionale, dà luogo ad un aiuto di uguale ammontare e quindi ad un processo<br />
di redistribuzione del sostegno tra coloro che in passato sono stati beneficiari di aiuti diretti e<br />
tra questi e quelli che nel periodo di riferimento non hanno goduto di tali aiuti. Proprio per questo suo<br />
effetto redistributivo alcuni agricoltori risulterebbero “sottocompensati” e altri “sovracompensati”. Tra<br />
i primi si potrebbero includere certamente gli agricoltori altamente specializzati nelle produzioni beneficiari<br />
di aiuti diretti (seminativi, carni bovine) che contribuiscono fortemente alla creazione del<br />
massimale regionale ma che devono spartirlo con gli altri agricoltori. Tra gli agricoltori sovracompensati<br />
si potrebbero includere gli agricoltori che nel periodo di riferimento non sono stati beneficiari<br />
di aiuti e quelli con aiuti diretti ma che investono anche in colture non sostenute, in quanto riceverebbero<br />
il pagamento unico per tutta la superficie ammissibile (calcolata al primo anno di applicazione<br />
del regime) e non solo per gli ettari che hanno dato vita a quegli aiuti, in funzione di un ammontare<br />
di risorse che altri hanno maggiormente contribuito a creare.<br />
Inoltre, l’aiuto forfetario appare più in linea con una semplificazione nell’attuazione dello schema<br />
e una riduzione del carico amministrativo, oltre che con un ampliamento a tutta la superficie regionale<br />
della base su cui applicare lo strumento della condizionalità. Si ricorda che i beneficiari di paga-<br />
34 La proposta concernente le prospettive finanziarie è contenuta nella Comunicazione della Commissione, del 10 febbraio 2004,<br />
Costruire il nostro avvenire comune - Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013 (COM(2004) 101 def.).<br />
35
menti diretti che ricadono nel regime di pagamento unico hanno l’obbligo di soddisfare i criteri<br />
imposti dalla condizionalità su tutta la superficie aziendale. Nel caso di aiuto regionale forfetario la<br />
condizionalità si applica su tutta la superficie ammissibile regionale; nel caso di regime legato agli aiuti<br />
storici risulteranno escluse dalla condizionalità le aziende che non hanno ricevuto pagamenti diretti<br />
nel periodo storico di riferimento (perché ad esempio dedite alla produzione di vite, ortofrutta, barbabietola<br />
da zucchero, patate).<br />
Riguardo alle scelte effettuate dall’Italia, se la decisione di non procedere ad alcuna forma di disaccoppiamento<br />
parziale trova fondamento nella presunta inefficacia di tale strumento nella lotta<br />
all’abbandono della produzione, tale decisione risulta quanto meno paradossale rispetto alla “battaglia”<br />
sul grano duro portata avanti nei negoziati sulla riforma, relativamente ai rischi di abbandono<br />
insiti nel totale disaccoppiamento degli aiuti, sfociata nella facoltà di mantenere parzialmente disaccoppiato<br />
parte dell’aiuto al settore. Tra le motivazioni addotte in favore del totale disaccoppiamento<br />
vi è la volontà di utilizzare tutto il plafond finanziario disponibile ed è in quest’ottica che può essere<br />
letta anche la scelta non molto coraggiosa relativa all’applicazione dell’art. 69. Sia l’esiguità dei settori<br />
interessati che le condizioni di ammissibilità non sembrano in grado di apportare benefici di rilievo<br />
in termini di miglioramento della qualità dei prodotti. Tali scelte rispondono invece all’obiettivo<br />
di piena utilizzazione delle risorse finanziarie riducendo al minimo il rischio di perdite. Occorre precisare,<br />
tuttavia, che mentre le trattenute e i settori interessati non possono più essere modificati, l’Italia<br />
sembra intenzionata a rendere più stringenti i criteri di ammissibilità all’aiuto in modo da premiare<br />
i comportamenti realmente virtuosi degli agricoltori. Altrimenti si correrebbe il rischio di sottrarre<br />
risorse (certe) al pagamento unico per ridistribuirle (probabilmente) agli stessi agricoltori a cui<br />
sono state sottratte con il rischio di una non piena utilizzazione del plafond e l’aggravante di vincolare<br />
le scelte produttive degli agricoltori.<br />
Infine, vale la pena spendere qualche parola a proposito dell’architettura del Regolamento (CE)<br />
n. 1782/2003. Chi si accinge a leggere tale atto normativo si imbatte in un numero elevato di articoli<br />
e di rimandi che nuoce alla comprensione del testo. La complessità della materia deriva dal fatto che<br />
il regolamento ha il compito di stabilire “condizioni comuni applicabili ai pagamenti diretti nell’ambito<br />
dei vari regimi di sostegno al reddito (…)” prima disciplinati dalle diverse OCM di riferimento.<br />
Dalla lettura congiunta del Titolo III (Regime di pagamenti diretti) e del Titolo IV (Altri regimi di aiuto)<br />
si evince come tutto ciò che riguarda il sostegno al reddito dei produttori è stato trasferito nel<br />
1782/2003. Rimangono di competenza dei regolamenti settoriali le norme che regolano il funzionamento<br />
del mercato interno (intervento, stoccaggio) e le relazioni con i paesi terzi. Solo per i prodotti<br />
lattiero-caseari si conserva un assetto normativo separato, in funzione del mantenimento del regime<br />
delle quote fino al 2015. La complessità della costruzione è aggravata dal fatto che nel giro di pochi<br />
mesi sono state introdotte nel regolamento originario modifiche di particolare rilevanza per tener conto<br />
dell’allargamento dell’UE e delle modalità di estensione della PAC ai nuovi paesi membri e della<br />
riforma delle OCM mediterranee. Sembrerebbe che, da questo punto di vista, il tanto proclamato<br />
obiettivo della semplificazione sia stato sacrificato.<br />
36
CAPITOLO 3<br />
LA MODULAZIONE DEGLI AIUTI DIRETTI<br />
R. HENKE<br />
3.1 Introduzione<br />
I pagamenti diretti, introdotti nel 1992 con la riforma Mac Sharry, rappresentano nella PAC di<br />
oggi la principale forma di sostegno agli agricoltori; essi sono concessi come forma di integrazione<br />
diretta di reddito nella maggior parte delle organizzazioni comuni di mercato (OCM).<br />
Con Agenda 2000, all’interno del cosiddetto “regolamento orizzontale” Regolamento (CE)<br />
1259/1999 è stato introdotto nella PAC per la prima volta uno strumento che offriva la possibilità agli<br />
Stati membri di ridurre i pagamenti diretti a favore delle politiche di sviluppo rurale: la modulazione<br />
(INEA, 2000). Essa, in altre parole, assecondando un principio già introdotto dalla conferenza di Cork<br />
nel 1996 e ribadito dalla riforma di Agenda 2000, consente un trasferimento attivo di risorse dal cosiddetto<br />
“primo pilastro” della PAC (le politiche di mercato) a favore del rafforzamento del secondo pilastro<br />
(lo sviluppo rurale).<br />
Con la riforma <strong>Fischler</strong>, la modulazione ha subito numerose modifiche rispetto ad Agenda 2000;<br />
innanzitutto, essa è stata resa obbligatoria per gli Stati membri ed è stata molto semplificata nei criteri<br />
applicativi, resi omogenei e non più lasciati alla discrezionalità dei singoli partner (De Filippis,<br />
2004; INEA, 2004).<br />
All’interno del nuovo regolamento orizzontale Regolamento (CE) 1782/2003, la modulazione<br />
viene trattata nell’articolo 10 (capitolo 2, Titolo II), in cui si prevede un taglio progressivo dell’ammontare<br />
di aiuti che ciascuna azienda riceve a partire dal 2005 e fino (almeno) al 2012. Il taglio è fissato<br />
al 3% per il primo anno; al 4% al secondo anno e al 5% dal terzo anno in poi. Il taglio riguarda<br />
tutti gli aiuti diretti di cui gode una singola azienda e indipendentemente dal loro grado di disaccoppiamento,<br />
e dunque a prescindere dalle scelte operate dai singoli Stati membri riguardo le procedure<br />
di implementazione dello schema di pagamento unico disaccoppiato.<br />
L’ammontare di risorse derivante dal taglio degli aiuti diretti ha due destinazioni: in parte va a<br />
costituire un “aiuto aggiuntivo” pari all’intero importo soggetto a taglio per la quota di aiuti diretti<br />
compresa entro i primi 5.000 euro; in parte viene destinato al rafforzamento del secondo pilastro come<br />
risorse aggiuntive per la programmazione nell’ambito dei piani di sviluppo rurale (PSR). L’aiuto<br />
aggiuntivo rappresenta, di fatto, una franchigia applicata ai primi 5.000 euro di aiuti diretti di cui gode<br />
una azienda, che però agisce non a monte del taglio ma come una restituzione che viene effettuata “a<br />
valle” del calcolo del prelievo 35 .<br />
L’ammontare di risorse creato con il taglio, al netto dell’aiuto aggiuntivo, va ad integrare il sostegno<br />
finanziario alle politiche di sviluppo rurale che sono attualmente a carico del FEOGA Garanzia.<br />
Si tratta, in altre parole, delle misure attivate all’interno dei PSR, che riguardano l’intero menu di<br />
misure previste dal Regolamento (CE) 1257/1999 per le regioni fuori Obiettivo 1 e le sole ex misure<br />
di accompagnamento, insieme con le compensazioni per le aree svantaggiate, per quanto riguarda le<br />
regioni Obiettivo 1 36 . Le risorse tagliate con la modulazione, tuttavia, non giungono “tal quali” al<br />
35 Gli importi che vanno a costituire l'aiuto aggiuntivo sono soggetti ad un tetto fissato dalla Commissione per ciascuno Stato Membro,<br />
per cui se in un paese si verificasse che l'aiuto aggiuntivo complessivo supera il tetto, lo Stato membro deve provvedere ad “aggiustare”<br />
la restituzione in modo da rientrare nell'ammontare massimo fissato dall'UE.<br />
36 Con la riforma, sono state introdotte nuove misure nel menu a disposizione dello sviluppo rurale, a carico del FEOGA Garanzia. Di<br />
conseguenza, anche queste nuove misure saranno finanziabili con gli importi della modulazione.<br />
37
secondo pilastro, ma attraverso un processo redistributivo messo in moto dalla Commissione europea.<br />
Più in particolare, le risorse aggiuntive giungono al secondo pilastro di ciascun paese in due modi<br />
diversi: per una quota, pari ad un punto percentuale del taglio, esse restano all’interno dello Stato<br />
membro da cui sono state prelevate, mentre la maggior parte delle risorse torna all’UE che le redistribuisce<br />
ai paesi con criteri definiti “oggettivi”. Tali criteri sono definiti in base a tre parametri: la<br />
quota di superficie agricola utilizzata (con un peso del 65%); la quota di occupazione agricola (con un<br />
peso del 35%); il PIL pro capite espresso in potere di acquisto, utilizzato come fattore di ponderazione.<br />
Quindi, ciò che rimane all’interno dello Stato membro è pari al 33,3% del taglio nel primo anno (un<br />
punto percentuale su tre), al 25% nel secondo anno, e al 20% a partire dal 2007. La Commissione ha<br />
stabilito che ogni Stato membro deve, nel complesso, recuperare almeno l’80% delle risorse che gli<br />
vengono tagliate 37 .<br />
3.2 L’applicazione della modulazione nell’UE<br />
La modulazione interessa gli aiuti diretti dei Quindici a partire dal 2005, mentre invece verrà<br />
estesa ai Nuovi Paesi Membri (NSM) solo quando essi avranno raggiunto lo stesso livello di<br />
aiuti diretti degli attuali partner, cioè non prima del 2010 38 . D’altra parte, i NSM sono già dal 2004<br />
beneficiari delle risorse comunitarie per lo sviluppo rurale, e dunque a maggior ragione lo saranno<br />
con la nuova programmazione 2007-2013.<br />
Nei prossimi paragrafi, dunque, si terrà contro prima della modulazione sulla sola UE-15, poi<br />
dell’effetto dei NSM nel momento in cui anche i loro aiuti diretti saranno soggetti a modulazione;<br />
infine, si guarderà alla distribuzione delle risorse per lo sviluppo rurale con riferimento<br />
all’UE-25.<br />
3.2.1 La modulazione nell’UE 15<br />
Nel complesso, gli aiuti diretti nei paesi dell’UE-15, stimati al 2007, ammontano a poco più di<br />
35 miliardi di euro; di questi, il 32,4% si colloca al di sotto della soglia di 5.000 euro (tab. 3.1). Come<br />
è noto, gli aiuti si concentrano prevalentemente in 5 paesi: Francia, Germania, Spagna, Italia e Regno<br />
Unito. Tuttavia, la distribuzione percentuale degli aiuti sotto il livello dei 5.000 euro è molto diversa<br />
tra Stati membri: si passa dal 14,9% del Regno Unito al 70,2% della Grecia; l’Italia concentra al di<br />
sotto della soglia dei 5.000 euro il 51,4% degli aiuti. Va sottolineato che buona parte dei paesi mediterranei<br />
dell’UE (Grecia, Italia, Portogallo) mostra una quota elevata di aiuti al di sopra della soglia<br />
di 5.000 euro, insieme con l’Austria. Questa differenziazione nella distribuzione dei pagamenti diretti<br />
tende a diversificare gli effetti della modulazione sulla redistribuzione delle risorse, in considerazione<br />
del fatto che la quota di aiuti al di sotto della soglia dei 5.000 euro è, grazie al meccanismo dell’aiuto<br />
aggiuntivo, di fatto esonerata dal taglio.<br />
37 Nel caso della Germania la quota di restituzione complessiva è pari al 90%. Ciò in seguito ad un accordo specifico che riguarda la<br />
produzione di segale. In Germania, il peso della produzione di segale rispetto alla produzione complessiva è superiore al 5%, mentre<br />
la produzione di segale tedesca supera il 50% della produzione comunitaria. Di conseguenza, alla Germania è stata concesso il recupero<br />
del 90% delle risorse modulate come compensazione per l'abolizione dell'aiuto alla segale. Tale deroga è considerata una forma<br />
di aiuto supplementare alle aree rurali dove si concentra la produzione di segale.<br />
38 Ciò in quanto ai NSM gli aiuti diretti sono stati concessi con un meccanismo progressivo, a partire dal 25% del totale degli aiuti diretti<br />
dei Quindici, fino ad arrivare al 100% nel 2013. Tuttavia, i NSM possono aggiungere alla quota di aiuti diretti che ricevono da Bruxelles<br />
una quota di aiuti nazionali, anche utilizzando i fondi provenienti dal SAPARD, grazie alla quale si prevede che essi arriveranno<br />
a toccare il 100% degli aiuti diretti degli attuali Quindici entro il 2010.<br />
38
Tab. 3.1 - UE 15 - Pagamenti diretti per Stato Membro (2007)<br />
Totali < 5.000 euro > 5.000 euro < 5.000/Totali<br />
(Meuro) (Meuro) (Meuro) (%)<br />
Belgio 531,5 144,5 387,0 27,2<br />
Danimarca 1034,1 258,1 776,0 25,0<br />
Germania 5613,1 1345,8 4267,3 24,0<br />
Grecia 1942,0 1363,0 579,0 70,2<br />
Spagna 4855,5 1883,7 2971,8 38,8<br />
Francia 8556,4 1760,2 6796,2 20,6<br />
Irlanda 1299,5 504,8 794,7 38,8<br />
Italia 3993,3 2051,6 1941,7 51,4<br />
Lussemburgo 31,7 6,7 25,0 21,1<br />
Olanda 797,8 230,1 567,7 28,8<br />
Austria 719,4 404,8 314,6 56,3<br />
Portogallo 597,5 366,7 230,8 61,4<br />
Finlandia 548,5 271,1 277,4 49,4<br />
Svezia 745,5 218,8 526,7 29,3<br />
Regno Unito 3877,2 579,3 3297,9 14,9<br />
UE-15 35143,1 11389,1 23754,0 32,4<br />
Fonte: Council Working Party, 2003<br />
A partire dal 2007, l’applicazione di un prelievo del 5% all’ammontare degli aiuti diretti soggetti<br />
a modulazione porta ad un taglio complessivo di 1.757 milioni di euro, con un aiuto aggiuntivo pari<br />
a circa 570 milioni di euro (tab. 3.2). Per l’Italia, il taglio è pari a 199,7 euro, mentre l’aiuto supplementare<br />
è pari a 102,6 milioni di euro (51,4%).<br />
Tab. 3.2 - UE 15 - Modulazione degli aiuti diretti (2007-2009)<br />
Taglio Aiuto agg. Differenza SM (20%) UE (80%) Tasso eff.<br />
(Meuro) (Meuro) (Meuro) (Meuro) (Meuro) (%)<br />
Belgio 26,6 7,2 19,4 3,9 15,5 3,6<br />
Danimarca 51,7 12,9 38,8 7,8 31 3,8<br />
Germania 280,7 67,3 213,4 42,7 170,7 3,8<br />
Grecia 97,1 68,2 29 5,8 23,2 1,5<br />
Spagna 242,8 94,2 148,6 29,7 118,9 3,1<br />
Francia 427,8 88 339,8 68 271,8 4<br />
Irlanda 65 25,2 39,7 7,9 31,8 3,1<br />
Italia 199,7 102,6 97,1 19,4 77,7 2,4<br />
Lussemburgo 1,6 0,3 1,3 0,3 1 3,9<br />
Olanda 39,9 11,5 28,4 5,7 22,7 3,6<br />
Austria 36 20,2 15,7 3,1 12,6 2,2<br />
Portogallo 29,9 18,3 11,5 2,3 9,2 1,9<br />
Finlandia 27,4 13,6 13,9 2,8 11,1 2,5<br />
Svezia 37,3 10,9 26,3 5,3 21,1 3,5<br />
Regno Unito 193,9 29 164,9 33 131,9 4,3<br />
UE-15 1.757,20 569,5 1.187,70 237,5 950,2 3,4<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati UE<br />
La differenza tra il taglio complessivo e l’aiuto aggiuntivo rappresenta l’ammontare di risorse<br />
messe a disposizione per le politiche di sviluppo rurale, secondo i due criteri già visti: nel 2007,<br />
39
la quota che resta all’interno degli Stati membri è pari a 237,5 milioni di euro, mentre la parte che<br />
torna all’UE è pari a 950,2 milioni di euro. Per l’Italia, la prima è pari a 19,4 milioni di euro, mentre<br />
la seconda ammonta a 77,7 milioni.<br />
A seguito dell’aiuto supplementare, il tasso effettivo di modulazione non solo è complessivamente<br />
inferiore al 5% (per l’UE è pari al 3,4%), ma varia sensibilmente da paese a paese: il più<br />
basso è quello della Grecia (1,5%), mentre il valore più elevato – che corrisponde alla quota più<br />
alta di aiuti al di sopra di 5.000 euro – è relativo al Regno Unito (4,3%); per l’Italia il tasso effettivo<br />
è pari al 2,4%.<br />
La modulazione opera una redistribuzione delle risorse messe a disposizione dal taglio per lo<br />
sviluppo rurale a seguito sia della soglia dei 5.000 euro (cioè in funzione della distribuzione<br />
degli aiuti diretti nei paesi membri, che è a sua volta legata alle strutture aziendali e ai tipi di produzione<br />
effettuati) che dei criteri oggettivi individuati, di cui si è parlato nell’introduzione. Calcolando,<br />
come in tabella 3.3, la restituzione effettuata dall’UE a ciascun paese membro applicando<br />
le aliquote che scaturiscono dall’applicazione dei criteri oggettivi, otteniamo l’ammontare<br />
finanziario aggiuntivo per lo sviluppo rurale (insieme con la quota di risorse modulate che rimane<br />
all’interno dello Stato membro). Tra i paesi che guadagnano dal processo redistributivo troviamo<br />
i paesi mediterranei ed in particolare il Portogallo (+37,3 milioni di euro, pari al 504% delle<br />
risorse effettivamente tagliate), la Grecia (+44,3 milioni, pari al 291%), e anche l’Italia (+44,9<br />
milioni, 157,8%) insieme con l’Austria (+27,3 milioni, 317%). Tra i contributori netti della modulazione<br />
si evidenziano tutti i paesi grandi produttori e beneficiari della PAC: la Francia (-83,7<br />
milioni di euro, con una quota della restituzione rispetto al taglio pari al 69%); la Germania (-48<br />
milioni, 72%); il Regno Unito (-38,8 milioni, 70,6%); la Danimarca (-15 milioni, 52%). Per tre<br />
paesi il vincolo del recupero dell’80% delle risorse tagliate con la modulazione non viene rispettato:<br />
Belgio (77,5%), Danimarca (71,2%) e Germania (82,9%, ma nel suo caso il vincolo è posto<br />
al 90%). Per essi, probabilmente, verranno individuate misure di compensazione per giungere<br />
almeno alla soglia prestabilita.<br />
Tab. 3.3 - UE 15 - Effetti redistributivi della modulazione (2007-2009)<br />
Criteri UE Taglio UE Restituz. Differenza<br />
Rientro SM<br />
(%) (Meuro) (Meuro) (Meuro) (%) (%)<br />
Belgio 1,0 15,5 9,5 -6,0 61,4 77,5<br />
Danimarca 1,7 31,0 16,2 -14,9 52,0 71,2<br />
Germania 12,9 170,7 122,6 -48,1 71,8 82,9<br />
Grecia 5,6 23,2 53,2 30,0 229,7 130,9<br />
Spagna 18,5 118,9 175,8 56,9 147,9 123,4<br />
Francia 19,8 271,8 188,1 -83,7 69,2 80,4<br />
Irlanda 2,7 31,8 25,7 -6,1 80,7 90,6<br />
Italia 12,9 77,7 122,6 44,9 157,8 122,5<br />
Lussemburgo 0,1 1,0 1,0 0,0 95,0 96,9<br />
Olanda 2,2 22,7 20,9 -1,8 92,1 95,5<br />
Austria 4,1 12,6 39,0 26,4 309,6 173,3<br />
Portogallo 4,9 9,2 46,6 37,3 504,3 224,9<br />
Finlandia 1,8 11,1 17,1 6,0 154,1 121,9<br />
Svezia 2,0 21,1 19,0 -2,1 90,2 94,5<br />
Regno Unito 9,8 131,9 93,1 -38,8 70,6 80,0<br />
UE-15 100,0 950,2 950,2 0,0 100,0 100,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati UE<br />
40
3.2.2 La modulazione nei Nuovi Stati Membri<br />
A partire dal 2010, la modulazione comincerà ad incidere anche sui pagamenti diretti ricevuti dai<br />
Nuovi Stati Membri (NSM). Ciò significa che i nuovi partner contribuiranno alla formazione dell’ammontare<br />
di risorse da veicolare verso il secondo pilastro. Tuttavia, dato il processo redistributivo<br />
messo in atto dalla modulazione, essi saranno ampi beneficiari delle risorse liberate per il secondo<br />
pilastro, grazie alle loro caratteristiche strutturali e produttive.<br />
Nella tabella 3.4 sono presentati i pagamenti diretti per i NSM. Come è evidente, la maggior parte<br />
degli aiuti comunitari si concentra in tre partner: la Polonia (46%), l’Ungheria (21%) e la Repubblica<br />
Ceca (14,5%). Per quanto riguarda la soglia dei 5.000 euro che definisce l’aiuto aggiuntivo, è stato<br />
necessario fare qui qualche ipotesi distributiva sugli aiuti diretti nei NSM. Sulla base della struttura<br />
dimensionale delle aziende e della “somiglianza” produttiva con i Quindici, ai tre paesi baltici è stata<br />
assegnata una quota di aiuti al di sotto dei 5.000 euro del 65%; alla Repubblica Ceca una percentuale<br />
del 25%; a tutti gli altri una quota del 45% 39 .<br />
Tab. 3.4 - NSM - Pagamenti diretti (2010)<br />
Totale PD Totale PD DP
caso precedente, si affiancano altri “nuovi contributori” l’Italia, l’Olanda e la Finlandia. Oltre ai NSM,<br />
rimarrebbero beneficiari netti della modulazione la Grecia, il Portogallo e l’Austria, mentre la Spagna<br />
si manterrebbe intorno al pareggio.<br />
Tab. 3.5 - NSM - Modulazione dei pagamenti diretti al 5% (2010)<br />
Taglio Aiuto agg. Differenza SM (20%) UE (80%) Tasso eff.<br />
(Meuro) (Meuro) (Meuro) (Meuro) (Meuro) (%)<br />
Cipro 1 0,5 0,6 0,1 0,5 2,8<br />
Repubblica Ceca 40,5 10,1 30,4 6,1 24,3 3,8<br />
Estonia 4,7 3 1,6 0,3 1,3 1,8<br />
Ungheria 58,4 26,3 32,1 6,4 25,7 2,8<br />
Lettonia 6,4 4,1 2,2 0,4 1,8 1,8<br />
Lituania 17,1 11,1 6 1,2 4,8 1,8<br />
Polonia 129 58 70,9 14,2 56,7 2,8<br />
Slovacchia 16,9 7,6 9,3 1,9 7,5 2,8<br />
Slovenia 5,8 2,6 3,2 0,6 2,5 2,8<br />
NSM 279,7 123,4 156,3 31,3 125,1 2,8<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati UE<br />
Tab. 3.6 - UE 25 - Effetti redistributivi della modulazione (2007-2013)<br />
2007-2009<br />
2010-2013<br />
Cr. Ogg. Taglio UE Restit. Diff. Cr. Ogg. Taglio UE Restit. Diff.<br />
EU-15 (%) Meuro Meuro Meuro EU-25 (%) Meuro Meuro Meuro<br />
Belgio 1,0 15,5 9,5 -6,0 0,5 15,5 5,4 -10,1<br />
Danimarca 1,7 31,0 16,2 -14,9 0,8 31,0 8,6 -22,4<br />
Germania 12,9 170,7 122,6 -48,1 6,5 170,7 69,9 -100,8<br />
Grecia 5,6 23,2 53,2 30,0 3,7 23,2 39,8 16,6<br />
Spagna 18,5 118,9 175,8 56,9 11,1 118,9 119,3 0,5<br />
Francia 19,8 271,8 188,1 -83,7 10,5 271,8 112,9 -159,0<br />
Irlanda 2,7 31,8 25,7 -6,1 1,3 31,8 14,0 -17,8<br />
Italia 12,9 77,7 122,6 44,9 6,5 77,7 69,9 -7,8<br />
Lussemburgo 0,1 1,0 1,0 0,0 0,0 1,0 0,0 -1,0<br />
Olanda 2,2 22,7 20,9 -1,8 1,0 22,7 10,8 -12,0<br />
Austria 4,1 12,6 39,0 26,4 1,9 12,6 20,4 7,8<br />
Portogallo 4,9 9,2 46,6 37,3 3,1 9,2 33,3 24,1<br />
Finlandia 1,8 11,1 17,1 6,0 0,9 11,1 9,7 -1,4<br />
Svezia 2,0 21,1 19,0 -2,1 1,1 21,1 11,8 -9,2<br />
Regno Unito 9,8 131,9 93,1 -38,8 5,1 131,9 54,8 -77,1<br />
UE-15 100,0 950,2 950,2 0,0 53,9 950,2 579,5 -370,6<br />
Cipro 0,1 0,5 1,1 0,6<br />
Repubblica Ceca 2,7 24,3 29,0 4,7<br />
Estonia 0,9 1,3 9,7 8,4<br />
Ungheria 4,1 25,7 44,1 18,4<br />
Lettonia 3,2 1,8 34,4 32,6<br />
Lituania 4,6 4,8 49,5 44,7<br />
Polonia 28,1 56,7 302,1 245,4<br />
Slovacchia 1,9 7,5 20,4 13,0<br />
Slovenia 0,5 2,5 5,4 2,8<br />
NSM 46,1 125,1 495,7 370,6<br />
UE-25 100,0 1075,2 1075,2 0,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati UE<br />
42
3.2.3 Modulazione e sviluppo rurale<br />
Riguardo al rafforzamento del secondo pilastro, se si confrontano le risorse spostate dalla modulazione<br />
con la dotazione media annua per i piani di sviluppo rurale (PSR, FEOGA Garanzia) per il<br />
periodo di programmazione 2000-06, e considerando i Quindici, si evidenzia che le risorse “liberate”<br />
dalla modulazione per le politiche di sviluppo rurale rappresentano poco più del 25% della dotazione<br />
media annua. Tuttavia, il dato medio nasconde ancora una volta un situazione estremamente differenziata:<br />
si passa, infatti, da quote piuttosto ridotte, come nel caso di Finlandia e Austria (rispettivamente,<br />
6,3% e 9,4%), a valori molto elevati, come quelli del Regno Unito (76%) o della Danimarca<br />
(50%). Per l’Italia, il contributo della modulazione alla dotazione media annua per lo sviluppo rurale<br />
(PSR) è pari al 22,6% (Henke, Sardone, 2003).<br />
Dato lo sviluppo temporale della riforma, più interessante è il confronto della dotazione messa<br />
a disposizione dalla modulazione a partire dal 2007 con la possibile nuova distribuzione delle risorse<br />
per lo sviluppo rurale nella nuova programmazione (2007-2013) e tenendo in conto i nuovi partner<br />
comunitari (tabella 3.7).<br />
Tab. 3.7 - UE 25 - Modulazione e sviluppo rurale (2010-2013)<br />
Crit. Ogg. Modulazione<br />
Ipotesi Fondo Unico<br />
(SR) (SM + UE) Fondi SR Mod./SR<br />
(%) (Meuro) (Meuro) (%)<br />
Belgio 0,5 9,2 65,0 14,2<br />
Danimarca 0,8 16,4 104,0 15,7<br />
Germania 6,5 112,6 845,0 13,3<br />
Grecia 3,7 45,6 481,0 9,5<br />
Spagna 11,1 149,1 1443,0 10,3<br />
Francia 10,5 180,9 1365,0 13,2<br />
Irlanda 1,3 21,9 169,0 13,0<br />
Italia 6,5 89,3 845,0 10,6<br />
Lussemburgo 0,0 0,3 0,0 -<br />
Olanda 1,0 16,4 130,0 12,6<br />
Austria 1,9 23,6 247,0 9,5<br />
Portogallo 3,1 35,6 403,0 8,8<br />
Finlandia 0,9 12,5 117,0 10,6<br />
Svezia 1,1 17,1 143,0 12,0<br />
Regno Unito 5,1 87,8 663,0 13,2<br />
UE-15 53,9 817,1 7007,0 11,7<br />
Cipro 0,1 1,2 13,0 9,2<br />
Repubblica Ceca 2,7 35,1 351,0 10,0<br />
Estonia 0,9 10,0 117,0 8,6<br />
Ungheria 4,1 50,5 533,0 9,5<br />
Lettonia 3,2 34,9 416,0 8,4<br />
Lituania 4,6 50,7 598,0 8,5<br />
Polonia 28,1 316,3 3653,0 8,7<br />
Slovacchia 1,9 22,3 247,0 9,0<br />
Slovenia 0,5 6,0 65,0 9,2<br />
NSM 46,1 526,9 5993,0 8,8<br />
UE-25 100,0 1344,0 13000,0 10,3<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati UE<br />
43
In questo caso, dunque, si considera la nuova proposta finanziaria dell’UE per la fase di programmazione<br />
2007-2013 (circa 13.000 milioni di euro in media all’anno), prendendo anche per<br />
“consolidata” la proposta di fondo unico per lo sviluppo rurale, che nascerebbe dalla integrazione<br />
delle risorse per lo sviluppo rurale del FEOGA Garanzia con quelle FEOGA Orientamento,<br />
lasciando cadere la distinzione di programmazione tra regioni Obiettivo 1 e non (Henke, Storti,<br />
2005). Inoltre, il processo redistributivo delle risorse tiene conto della presenza dei NSM. La distribuzione<br />
delle risorse per lo sviluppo rurale si basa, dunque, applicando gli stessi criteri oggettivi<br />
utilizzati per le risorse della modulazione ai 13.000 milioni di euro considerati come dotazione<br />
media annua per lo sviluppo rurale 40 .<br />
Considerando l’UE a 25, la dotazione per i Quindici è pari al 54% del totale (circa 7.000<br />
milioni di euro), mentre il restante 46% è destinato ai NSM (poco meno di 6.000 milioni) 41 . A questa,<br />
a partire dal 2010 si aggiungono i 1.344 milioni di euro che provengono dalla modulazione<br />
(quota nazionale più quota distribuita dall’UE-25). Dunque, le risorse derivanti dalla modulazione<br />
rappresenterebbero, in questo caso, il 10,3% per i Venticinque nel complesso: l’11,7% per i<br />
Quindici e l’8,8% per i NSM. Va notato che fino a che la modulazione non interessa anche i NSM,<br />
pur nella fase della nuova programmazione, le risorse modulate dai soli Quindici verrebbero distribuite<br />
tra di essi. In questo caso, le risorse derivanti dalla modulazione, pari a circa 1.187,7 milioni<br />
di euro, rappresenterebbero il 18,3% delle risorse medie annue destinate allo sviluppo rurale<br />
(Henke, 2004).<br />
3.3 L’applicazione della modulazione in Italia<br />
Per quanto riguarda l’applicazione della modulazione in Italia, si è partiti dal valore degli<br />
aiuti diretti disponibile a livello comunitario (per il 2007), ripartito tra le diverse regioni in base<br />
alla distribuzione degli aiuti che emerge dalla proiezione degli attuali aiuti diretti regionali (2001)<br />
al 2007: in pratica, tenendo fermi tutti gli altri aiuti diretti (disaccoppiati), si sono aggiornati i dati<br />
per quanto riguarda il riso, il grano duro e il latte, per cercare di tenere conto degli effetti della<br />
riforma di giugno 2003 42 . In questo modo, si ottiene il quadro degli aiuti diretti mostrato nella<br />
tabella 4.8.<br />
Tra le regioni italiane, è la Lombardia ad avere la minore quantità di aiuti al di sotto della<br />
soglia dei 5.000 euro (36,3%), mentre Liguria e Valle d’Aosta sono quelle con la quota più elevata<br />
(rispettivamente, 78% e 91%). Tra le regioni del Sud, le regioni con aiuti più concentrati entro il<br />
livello dei 5.000 euro sono l’Abruzzo, il Molise e, a seguire, le due isole maggiori.<br />
Applicando il taglio della modulazione al 5% si crea un ammontare di risorse pari a 199,7<br />
milioni di euro, di cui 102,6 milioni rappresentano le risorse per l’aiuto aggiuntivo (tabella 3.8).<br />
Per quanto riguarda il tasso effettivo di modulazione, che in media è pari al 2,4%, esso oscilla dallo<br />
0,4% in Valle d’Aosta al 3,5% in Umbria.<br />
Fino alla piena assimilazione degli strumenti PAC applicati nei NSM rispetto ai 15, cioè fino<br />
al 2009 secondo le ipotesi formulate nella prima parte, l’ammontare complessivo di risorse che<br />
passa al secondo pilastro in Italia è pari a circa 142 milioni di euro (circa 122 milioni di euro deri-<br />
40 Se si considera la proposta di fondo unico, allora è probabile (ed auspicabile) che i criteri di distribuzione delle risorse siano rivisti<br />
in funzione di una maggiore attenzione ai fattori di coesione e alla convergenza tra le regioni (Henke, Storti, 2004).<br />
41 In questo caso non si tiene conto del possibile nuovo allargamento, nel 2007, a Bulgaria e Romania, che modificherebbe fortemente<br />
la distribuzione delle risorse per lo sviluppo rurale nell'UE.<br />
42 Partendo dai dati del 2001, ultimi disponibili da parte dell'AGEA, sono stati modificati l'aiuto al riso e al frumento duro, secondo quanto<br />
indicato dalla riforma approvata, ed aggiunti gli aiuti diretti al latte.<br />
44
vante dal processo di redistribuzione dell’UE e poco meno di 20 milioni che rimangono allo Stato<br />
Membro). Dal 2010, in seguito al coinvolgimento dei NSM nel processo della modulazione, la<br />
somma che si trasferisce al secondo pilastro si riduce ad 89,3 milioni di euro. La prima cifra può<br />
essere confrontata con l’attuale dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale (in media per l’Italia<br />
644 milioni di euro all’anno per il periodo 2000-2006) o con l’ipotesi di stanziamento per lo sviluppo<br />
rurale nella nuova programmazione (circa 845 milioni di euro medi annui per l’Italia per il<br />
periodo 2007-2013) 43 .<br />
Tab. 3.8 - Italia - aiuti diretti al 2007 (milioni di euro)<br />
Totali 5.000 < 5.000/Totali<br />
(Meuro) (Meuro) (Meuro) (%)<br />
Piemonte 359,4 166,6 192,8 46,4<br />
Valle D'Aosta 3,0 2,7 0,3 91,1<br />
Lombardia 520,4 188,8 331,6 36,3<br />
Trentino Alto Adige 20,5 8,8 11,7 43,0<br />
Veneto 414,5 185,5 229,0 44,7<br />
Friuli Venezia Giulia 90,4 50,0 40,4 55,3<br />
Liguria 4,2 3,3 0,9 78,4<br />
Emilia Romagna 262,1 135,4 126,7 51,7<br />
Toscana 194,5 78,8 115,6 40,5<br />
Umbria 143,6 43,2 100,4 30,1<br />
Marche 140,2 79,7 60,5 56,8<br />
Lazio 156,0 85,2 70,8 54,6<br />
Abruzzo 69,5 50,6 18,9 72,8<br />
Molise 58,7 41,0 17,7 69,8<br />
Campania 265,6 142,6 123,0 53,7<br />
Puglia 514,2 307,2 207,0 59,7<br />
Basilicata 126,6 77,4 49,2 61,2<br />
Calabria 251,6 142,0 109,6 56,4<br />
Sicilia 265,5 174,4 91,1 65,7<br />
Sardegna 132,8 88,3 44,5 66,5<br />
Italia 3993,3 2051,6 1941,7 51,4<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA e UE<br />
Inoltre, si pone il problema del modo con cui avviene il passaggio delle risorse aggiuntive<br />
alla dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale a livello regionale. Questo aspetto non è irrilevante,<br />
perché i criteri possono essere diversi e a seconda di quello che si segue si possono favorire<br />
alcuni gruppi di regioni rispetto ad altri. In generale, si possono opporre due criteri antitetici:<br />
uno che distribuisce le risorse in base al contributo delle singole regioni all’ammontare raccolto<br />
con la modulazione, favorendo chi più ha subìto il taglio della modulazione (ipotesi più “federalista”);<br />
un altro, che distribuisce le risorse a quelle regioni che hanno contribuito di più a tenere<br />
basso il tasso effettivo di modulazione, cioè le regioni con strutture produttive più piccole e meno<br />
orientate alle produzioni sostenute da aiuti diretti (ipotesi più “equa”). In quest’analisi, solo a livello<br />
esemplificativo, sono state sviluppate due ipotesi alternative: una alloca le risorse aggiuntive<br />
secondo il tasso di prelievo della modulazione; la seconda segue, invece, la distribuzione delle<br />
43 A questo proposito, è molto probabile che, a seguito della proposta di fondo unico, i criteri oggettivi per la distribuzione di fondi per<br />
lo sviluppo rurale vedranno rivisti a favore di una maggiore attenzione a parametri di convergenza e coesione.<br />
45
isorse per lo sviluppo rurale 44 .<br />
Cominciamo dunque a confrontare la cifra della modulazione relativa al periodo fino al<br />
2009 (142 milioni di euro) con la dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale per il periodo di programmazione<br />
2000-2006 (tabella 3.9). In questo caso, l’apporto della modulazione allo sviluppo<br />
rurale è pari a circa il 22% delle risorse (142 milioni su 644 milioni di euro). Nel caso che tali<br />
risorse si distribuiscano secondo il taglio effettuato con la modulazione, il contributo della modulazione<br />
alla dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale sarà molto variabile e funzione del contributo<br />
delle singole regioni al totale delle risorse modulate: si passa, infatti, dal 50,4% della Lombardia<br />
al 27% del Piemonte, all’11% della Sicilia, fino allo 0,5% della Liguria 45 . Nel caso, invece,<br />
che per assegnare le risorse aggiuntive derivanti dalla modulazione si utilizzi la distribuzione<br />
dei fondi per lo sviluppo rurale, allora in questo caso la quota del 22% è costante per tutte le regioni.<br />
In questo caso, non si modifica la distribuzione originaria delle risorse FEOGA Garanzia per<br />
lo sviluppo rurale.<br />
Tab. 3.9 - Italia - Modulazione al 5% (2007 e segg., milioni di euro)<br />
Taglio 5% Aiuto agg. Differenza Tasso eff. %<br />
Piemonte 18 8,3 9,6 2,7<br />
Valle D'Aosta 0,2 0,1 0 0,4<br />
Lombardia 26 9,4 16,6 3,2<br />
Trentino Alto Adige 1 0,4 0,6 2,9<br />
Veneto 20,7 9,3 11,5 2,8<br />
Friuli Venezia Giulia 4,5 2,5 2 2,2<br />
Liguria 0,2 0,2 0 1,1<br />
Emilia Romagna 13,1 6,8 6,3 2,4<br />
Toscana 9,7 3,9 5,8 3<br />
Umbria 7,2 2,2 5 3,5<br />
Marche 7 4 3 2,2<br />
Lazio 7,8 4,3 3,5 2,3<br />
Abruzzo 3,5 2,5 0,9 1,4<br />
Molise 2,9 2,1 0,9 1,5<br />
Campania 13,3 7,1 6,1 2,3<br />
Puglia 25,7 15,4 10,4 2<br />
Basilicata 6,3 3,9 2,5 1,9<br />
Calabria 12,6 7,1 5,5 2,2<br />
Sicilia 13,3 8,7 4,6 1,7<br />
Sardegna 6,6 4,4 2,2 1,7<br />
Italia 199,7 102,6 97,1 2,4<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA e UE<br />
Più interessante, tuttavia, risulta il confronto delle risorse della modulazione con la dotazio-<br />
44 Un altro criterio potrebbe essere quello di utilizzare gli stessi parametri (criteri oggettivi) usati dalla Commissione per distribuire le<br />
risorse dello sviluppo rurale, oppure si potrebbe utilizzare un sistema “misto”.<br />
45 Si ricorda che in questo caso il confronto è con i fondi per i programmi di sviluppo rurale, cioè solo con la dotazione finanziaria derivante<br />
dal FEOGA Garanzia. Le regioni Obiettivo 1 sono finanziate anche dal FEOGA Orientamento, ma le misure finanziabili attraverso<br />
la modulazione sono solo quelle del PSR (ex misure di accompagnamento e indennità compensative nelle regioni Obiettivo 1,<br />
anche tutte le altre nelle regioni non Obiettivo 1).<br />
46 La distribuzione delle risorse per lo sviluppo rurale tiene conto, sotto questa ipotesi, anche delle risorse per lo sviluppo rurale imputate<br />
al FEOGA Orientamento (POR).<br />
46
ne finanziaria per il periodo 2007-2013 46 . In questo caso, si deve tenere conto sia del periodo fino<br />
al 2009, in cui i NSM non contribuiscono alla modulazione (e non ne usufruiscono come beneficiari),<br />
sia del periodo 2010-2013, quando la modulazione opera su tutti e 25 paesi membri.<br />
L’analisi del periodo precedente al 2010 è riportato nella tabella 3.10. In questo caso, le risorse<br />
da distribuire sono 142 milioni di euro, con una media di incremento di risorse per lo sviluppo<br />
rurale pari al 16,8%. Nella tabella si ripropongono i due diversi criteri distributivi di cui si è parlato<br />
in precedenza. Nel caso si segua il tasso di prelievo della modulazione la distribuzione oscilla<br />
dal 64% della Lombardia (24,3 milioni di euro di risorse aggiuntive rispetto ad una dotazione<br />
media annua di 38 milioni di euro) allo 0,7% della Liguria, al 5% della Sicilia (6,6 milioni su 135<br />
milioni). Utilizzando, invece, il criterio delle risorse per lo sviluppo rurale, in questo caso il contributo<br />
è uguale per tutte le regioni (16,8%). Per la Lombardia, vi sarebbe un contributo di risorse<br />
aggiuntive di 6,4 milioni di euro, sui 38 milioni di euro per lo sviluppo rurale; per la Sicilia, si<br />
passerebbe a circa 23 milioni di euro sui 135 milioni previsti per lo sviluppo rurale.<br />
Tab. 3.10 - Italia - Effetti redistributivi della modulazione (2007 e segg., PSR 2000-2006)<br />
Dot. PSR<br />
Meuro<br />
(m.a.) % Meuro<br />
Mod./PSR<br />
(%) % Meuro<br />
Mod./PSR<br />
(%)<br />
Piemonte 51,9 9,9 14,1 27,2 8,1 11,4 22,0<br />
Valle D'Aosta 6,2 0,0 0,0 0,3 1,0 1,4 22,0<br />
Lombardia 48,2 17,1 24,3 50,4 7,5 10,6 22,0<br />
Trentino Alto Adige 29,9 0,6 0,9 2,9 4,6 6,6 22,0<br />
Veneto 42,5 11,8 16,8 39,5 6,6 9,4 22,0<br />
Friuli Venezia Giulia 14,2 2,1 3,0 20,7 2,2 3,1 22,0<br />
Liguria 12,4 0,0 0,1 0,5 1,9 2,7 22,0<br />
Emilia Romagna 55,2 6,5 9,3 16,8 8,6 12,2 22,0<br />
Toscana 47,0 6,0 8,5 18,0 7,3 10,4 22,0<br />
Umbria 25,7 5,2 7,4 28,7 4,0 5,7 22,0<br />
Marche 26,5 3,1 4,4 16,7 4,1 5,8 22,0<br />
Lazio 36,5 3,6 5,2 14,2 5,7 8,0 22,0<br />
Abruzzo 18,9 1,0 1,4 7,3 2,9 4,2 22,0<br />
Molise 4,8 0,9 1,3 27,1 0,7 1,1 22,0<br />
Campania 21,6 6,3 9,0 41,6 3,4 4,8 22,0<br />
Puglia 41,7 10,6 15,1 36,3 6,5 9,2 22,0<br />
Basilicata 26,2 2,5 3,6 13,7 4,1 5,8 22,0<br />
Calabria 32,0 5,6 8,0 25,1 5,0 7,0 22,0<br />
Sicilia 60,0 4,7 6,6 11,1 9,3 13,2 22,0<br />
Sardegna 43,3 2,3 3,2 7,5 6,7 9,5 22,0<br />
Italia 644,5 100,0 142,0 22,0 100,0 142,0 22,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA e UE<br />
Redistribuzione Prel. Modulazione<br />
Redistribuzione PSR<br />
Nella tabella 3.11, infine, si riporta l’analisi del periodo successivo al 2010, quando cioè<br />
anche i NSM saranno coinvolti nella modulazione degli aiuti diretti. In questo caso, l’ammontare<br />
di risorse da distribuire tra le regioni sarà minore (89,3 milioni di euro), pari ad una quota del<br />
10.6% sulle risorse destinate allo sviluppo rurale. Anche sotto queste condizioni, la scelta dei criteri<br />
con cui distribuire le risorse sarà rilevante ai fini della disponibilità finanziaria complessiva<br />
per lo sviluppo rurale.<br />
47
Tab. 3.11 - Italia - Modulazione e PSR, ipotesi al 2007 (UE 25), dati della CE (SR=13.000<br />
Meuro annui)<br />
Distribuzione Prelievo Modulazione<br />
Distribuzione PSR+POR<br />
PSR UE 25 Distr. Mod. Mod/PSR PSR UE 25 Distr. Mod. Mod/PSR<br />
(Meuro) (%) (Meuro) (%) (Meuro) (%) (Meuro) (%)<br />
Piemonte 41,0 9,9 14,1 34,4 41,0 4,8 6,9 16,8<br />
Valle D'Aosta 4,9 0,0 0,0 0,4 4,9 0,6 0,8 16,8<br />
Lombardia 38,0 17,1 24,3 63,9 38,0 4,5 6,4 16,8<br />
Trentino Alto Adige 23,6 0,6 0,9 3,6 23,6 2,8 4,0 16,8<br />
Veneto 33,5 11,8 16,8 50,0 33,5 4,0 5,6 16,8<br />
Friuli Venezia Giulia 11,2 2,1 3,0 26,2 11,2 1,3 1,9 16,8<br />
Liguria 9,8 0,0 0,1 0,7 9,8 1,2 1,6 16,8<br />
Emilia Romagna 43,6 6,5 9,3 21,2 43,6 5,2 7,3 16,8<br />
Toscana 37,1 6,0 8,5 22,8 37,1 4,4 6,2 16,8<br />
Umbria 20,3 5,2 7,4 36,3 20,3 2,4 3,4 16,8<br />
Marche 20,9 3,1 4,4 21,2 20,9 2,5 3,5 16,8<br />
Lazio 28,8 3,6 5,2 18,0 28,8 3,4 4,8 16,8<br />
Abruzzo 15,0 1,0 1,4 9,2 15,0 1,8 2,5 16,8<br />
Molise 8,0 0,9 1,3 16,1 8,0 1,0 1,3 16,8<br />
Campania 90,4 6,3 9,0 10,0 90,4 10,7 15,2 16,8<br />
Puglia 91,9 10,6 15,1 16,5 91,9 10,9 15,4 16,8<br />
Basilicata 39,9 2,5 3,6 9,0 39,9 4,7 6,7 16,8<br />
Calabria 71,5 5,6 8,0 11,2 71,5 8,5 12,0 16,8<br />
Sicilia 135,8 4,7 6,6 4,9 135,8 16,1 22,8 16,8<br />
Sardegna 79,9 2,3 3,2 4,1 79,9 9,5 13,4 16,8<br />
Italia 845,0 100,0 142,0 16,8 845,0 100,0 142,0 16,8<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA e UE<br />
3.4 Riflessioni conclusive<br />
In conclusione, vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti della modulazione, sia dal punto di<br />
vista più “teorico” che della sua applicazione. Va senz’altro sottolineato che essa è uno strumento<br />
innovativo e flessibile, che mette in discussione (per la prima volta nella PAC) la garanzia illimitata<br />
del sostegno attraverso gli aiuti diretti. In altre parole, la modulazione apre la strada all’idea che<br />
i pagamenti diretti non sono garantiti all’infinito e che potrebbero, in futuro, subire decurtazioni<br />
anche più consistenti di quelle previste dalla modulazione. Va detto tuttavia, che questo strumento,<br />
introdotto con Agenda 2000, ha subito, in un arco di tempo relativamente breve, numerose modifiche<br />
sia nella definizione degli obiettivi da perseguire che nella procedura di applicazione. In primo<br />
luogo, si è verificato spesso un divario di “portata” tra le proposte circolate e lo strumento effettivamente<br />
approvato (percentuali di taglio ridotte, ipotesi di capping degli aiuti diretti lasciata<br />
cadere, ecc.); inoltre, i numerosi cambiamenti rendono difficile valutare gli effetti della modulazione<br />
sulla distribuzione degli aiuti diretti e sul rafforzamento del secondo pilastro.<br />
D’altra parte, la modulazione rappresenta oggi l’unico strumento attivo per il passaggio di<br />
risorse finanziarie dalle politiche di mercato alle politiche per lo sviluppo rurale , ma essa si<br />
mostra ancora molto “timida” nella sua azione di riequilibrio: sarebbe necessaria un’azione più<br />
incisiva per il riassetto finanziario degli interventi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, considerando<br />
anche l’enfasi posta dalla stessa Commissione sulla necessità di riequilibrare i due pilastri<br />
della PAC, e le spinte innovatrici a questo proposito emerse prima con la conferenza di Cork nel<br />
48
1996 e poi con l’incontro di Salisburgo nel 2003.<br />
Riguardo all’ammontare di risorse, su cui si è ampiamente ragionato, vale la pena ricordare<br />
che l’Italia rappresenta uno dei principali beneficiari della modulazione, grazie alla sua struttura<br />
produttiva e anche per il tipo di produzioni, relativamente meno interessate dagli aiuti diretti.<br />
Infine, sulle ipotesi redistributive qui discusse, a livello regionale, si tratta chiaramente di<br />
aspetti del tutto esemplificativi che hanno soprattutto la funzione di sottolineare l’importanza delle<br />
scelte spettanti agli Stati membri, all’interno di un quadro delineato dalla recente riforma che<br />
attribuisce un ruolo centrale, anche per i mercati, alla dimensione nazionale e regionale delle politiche.<br />
49
CAPITOLO 4<br />
LE IMPLICAZIONI NEI RAPPORTI TRA PROPRIETÀ E IMPRESA<br />
D. BORTOLOZZO<br />
4.1 Introduzione<br />
L’introduzione di diversi regimi di sostegno al settore agricolo nel corso degli ultimi cinquant’anni<br />
ha stimolato anche in Italia un’approfondita analisi dei loro effetti sull’andamento dell’offerta<br />
e della domanda dei fattori produttivi, sull’offerta delle produzioni agricole, sui redditi<br />
aziendali e sui rapporti tra proprietà e impresa 47 . In particolare è stato evidenziato come il sostegno<br />
al reddito degli agricoltori basato sull’utilizzo di sistemi accoppiati alla produzione possa<br />
essere causa di rilevanti perdite di efficienza del sistema (Severini, 2003). Tale situazione determinerebbe<br />
distorsioni nell’allocazione delle risorse produttive, nell’equilibrio del mercato dei prodotti<br />
agricoli e dei fattori produttivi e uno spostamento di risorse verso le attività che beneficiano<br />
direttamente del sostegno accoppiato. È stato inoltre reso evidente come determinate tipologie<br />
di intervento a sostegno degli agricoltori possano portare a squilibri tra domanda e offerta e ritardare<br />
la necessaria evoluzione del settore primario (Ferro, 1988).<br />
L’introduzione di un sostegno disaccoppiato dalla produzione agricola e la creazione di nuovi<br />
diritti all’aiuto indipendenti dalla coltivazione dei terreni hanno modificato in modo sensibile<br />
i meccanismi di sostegno all’agricoltura nell’Unione europea. Considerato, infatti, che i diritti<br />
potranno essere esercitati indipendentemente dalla coltivazione del terreno o dall’allevamento del<br />
bestiame è probabile che gli effetti della riforma possano incidere anche sull’offerta delle principali<br />
produzioni agricole e sulla combinazione dei fattori produttivi. In particolare è stata ipotizzata<br />
una contrazione delle superfici coltivate a seminativi e del numero di capi allevati (Arfini, Donati,<br />
2003; Boatto et al., 2003; De Filippis, 2004). La riduzione delle superfici a seminativo e il contestuale<br />
incremento delle coltivazioni foraggere sono, peraltro, strettamente connesse alle diverse<br />
tipologie di applicazione della riforma adottabili dagli Stati membri (disaccoppiamento totale,<br />
parziale, regionalizzazione).<br />
Gli effetti del sostegno all’agricoltura, oltre a riguardare il livello di domanda e offerta delle<br />
produzioni, possono interessare anche l’impiego dei fattori produttivi, soprattutto per quanto<br />
riguarda la terra. Il sostegno attuato attraverso pagamenti diretti legati alla terra determinerebbe,<br />
infatti, maggiori rendimenti da investimenti nei terreni eleggibili al sostegno rispetto agli altri terreni<br />
e quindi un potenziale acquirente sarebbe disponibile a pagare un prezzo più alto per i terreni<br />
direttamente eleggibili al sostegno (USDA, 2003). Tale effetto sarebbe tanto più accentuato<br />
quanto più il sostegno è fissato a specifiche tipologie di terreno o a determinate produzioni. Negli<br />
Stati Uniti le diverse forme di sostegno al settore agricolo avrebbero determinato negli anni più<br />
recenti un significativo incremento del valore dei terreni agricoli (15-25%) anche se in presenza<br />
di una elevata variabilità a livello regionale legata alla produttività, ai costi di produzione, alla<br />
domanda per usi non agricoli, eccetera (USDA, 2003).<br />
Anche a livello nazionale e comunitario sono state realizzate delle analisi volte a misurare la<br />
variazione del valore della terra in presenza di regimi di sostegno al settore agricolo. In particolare,<br />
Sorrentino (1995) ha analizzato i possibili effetti sul mercato dei fattori della produzione deri-<br />
47 Tra gli altri si ricordano i lavori di Casati et al. (1993), De Filippis e Zezza (1993), Ferro et al. (1992), Giacomini et al. (1992), Giardini<br />
(1996), Gallenti (1994), Marchini e Pennacchi (1994), Mariani e Viganò (1992), Moro e Sckokai (1994), Sckokai e Moschini<br />
(1993), Sorrentino (1995).<br />
51
vanti dall’applicazione della riforma Mac Sharry del 1992. In sintesi, i risultati hanno rilevato che<br />
le diminuzioni delle superfici coltivate e delle produzioni, avvenute in seguito all’introduzione del<br />
regime di set aside obbligatorio, avrebbero potuto essere affiancate da un, pur contenuto, incremento<br />
della domanda di terreni da destinare ai seminativi COP e, soprattutto, da un aumento dei<br />
canoni d’affitto, mentre il prezzo degli altri fattori della produzione sarebbe risultato in diminuzione.<br />
Analogamente Grillenzoni e Ragazzoni (1995) indicano che l’indennità di set aside determinerebbe<br />
un aumento dei valori fondiari soprattutto per i terreni meno fertili. I due autori rendono<br />
anche evidente che la normativa in materia di quote latte ha causato la formazione di una quasi<br />
rendita per i detentori e si rifletterebbe in valori fondiari differenti a seconda che il terreno o l’azienda<br />
disponga, o meno, di una quota. Gli aiuti in conto capitale - come ad esempio quelli previsti<br />
per l’imboschimento dei terreni agricoli - possono inoltre contribuire alla rivalutazione di terreni<br />
localizzati in aree collinari e montane. Relativamente alla riforma della PAC del 1992, Sckokai<br />
e Moschini (1993) evidenziano che il legame tra sostegno del reddito e fattore terra influenza<br />
la retribuzione dei fattori produttivi aziendali. Vi sarebbe, infatti, una tendenza a favorire la remunerazione<br />
del fattore terra rispetto agli altri fattori apportati dall’imprenditore, compreso il lavoro<br />
familiare. Nel caso del piccolo produttore si verificherebbe un aumento del prezzo d’uso della<br />
terra a scapito della remunerazione degli altri fattori. Tale aumento tenderebbe inoltre a capitalizzarsi<br />
nel tempo in elevati valori fondiari. Nel caso dei grandi produttori questa situazione verrebbe<br />
accentuata dalla presenza del set aside. In definitiva sembrerebbe che la riforma della PAC<br />
del 1992 non abbia risolto il problema della capitalizzazione del sussidio comunitario nei terreni.<br />
Alla luce delle principali modifiche introdotte dalla riforma <strong>Fischler</strong> del 2003, i risultati di un<br />
recente studio (Severini, 2003) hanno rilevato consistenti riduzioni del prezzo ombra della terra<br />
senza diritti: di fatto, i diritti all’aiuto, considerati come una risorsa scarsa, acquisirebbero una parte<br />
del proprio valore sottraendolo al terreno. A livelli meno spinti di disaccoppiamento (disaccoppiamento<br />
parziale) sono legati inoltre valori più alti del prezzo ombra della terra. Gli operatori<br />
del settore hanno sottolineato, inoltre, che la riforma della PAC potrebbe condizionare il mercato<br />
fondiario e quello degli affitti. I principali effetti sarebbero rilevabili in un ulteriore incremento del<br />
prezzo della terra (con diritti) e, soprattutto, in una netta differenziazione dei valori fondiari tra i<br />
terreni dotati di diritto e quelli che ne sono privi. Semplificando, si può dire che se la riforma Mac<br />
Sharry aveva spostato i finanziamenti della PAC dai produttori ai possessori della terra (Sorrentino,<br />
1995), con la recente riforma <strong>Fischler</strong> i beneficiari saranno gli agricoltori che hanno ricevuto<br />
aiuti nel triennio 2000-2002, indipendentemente dal fatto di essere proprietari fondiari.<br />
A fronte di queste indicazioni che emergono da analisi basate su approcci normativi, sostanzialmente<br />
condivisibili sul piano teorico, non sempre il riscontro con la realtà rende evidente l’influenza<br />
delle politiche di sostegno. Ad esempio, con riferimento alla riforma del 1992, esaminando<br />
l’evoluzione del mercato fondiario nel corso degli anni novanta si è osservato un aumento del<br />
valore reale dei terreni solo a partire dal 1997 parallelamente alla progressiva ripresa del mercato<br />
immobiliare urbano (Povellato, 1997; INEA). Quindi il mercato fondiario non sembrava aver<br />
risposto direttamente alle modifiche del sostegno della PAC. Nella formazione del prezzo sul mercato<br />
fondiario l’effetto delle politiche di sostegno del settore agricolo si somma a quello di altri<br />
fattori come evidenziato da numerosi autori 48 . Inoltre la disomogeneità dei beni scambiati si<br />
riflette in una significativa differenziazione dei prezzi e dei comportamenti degli operatori. Tra i<br />
fattori che influenzano il mercato fondiario si ricordano: le caratteristiche naturali (tipologia del<br />
suolo) e derivate (accessibilità, fabbricati rurali, opere irrigue, ecc.), l’utilizzazione del suolo<br />
48 Si ricordano tra gli altri Di Sandro (1972), Ferro (1968), Gallerani e Grillenzoni (1983), Grillenzoni e Grittani (1994), Grillenzoni e<br />
Ragazzoni (1995), Povellato (1997), Zuccolo (1993).<br />
52
(tipologia colturale), le condizioni fiscali e finanziarie (tassi di interesse sui mutui, tributi sui redditi,<br />
credito agevolato), le condizioni sociali e demografiche, le condizioni economiche generali<br />
(tasso di inflazione, andamento del mercato immobiliare, congiuntura economica), il grado di<br />
competizione per usi alternativi del suolo (residenziale, infrastrutture, ecc.) e la domanda da parte<br />
di operatori extragricoli.<br />
Il presente lavoro è concentrato sull’analisi degli effetti della riforma <strong>Fischler</strong> sui rapporti tra<br />
proprietà e impresa e sulle implicazioni per il mercato fondiario e degli affitti tenendo conto delle<br />
difficoltà insite nella stima di tali effetti sui valori fondiari, soprattutto per le specifiche peculiarità<br />
che caratterizzano questo mercato. Nel prossimo paragrafo si mettono in evidenza le principali<br />
caratteristiche dei diritti all’aiuto, la titolarità, il legame tra i diritti e la superficie che li ha<br />
generati nonché le possibilità di trasferimento. Il terzo paragrafo è dedicato all’esame dei cambiamenti<br />
nei rapporti tra proprietà e impresa, analizzando diversi casi in funzione delle differenti<br />
tipologie di impresa. Nel quarto paragrafo si esaminano i risultati di una stima del valore medio<br />
dei diritti all’aiuto per regione. Alcune considerazioni sulle implicazioni dell’ipotesi di non coltivazione<br />
in funzione del rapporto proprietà/impresa sono proposte nel quinto paragrafo. Infine,<br />
nell’ultimo paragrafo sono mesi in evidenza alcuni degli effetti attesi della riforma della PAC sul<br />
mercato fondiario e degli affitti.<br />
4.2 La titolarità e il trasferimento dei diritti all’aiuto<br />
I beneficiari del nuovo regime di pagamento unico sono individuati dal Regolamento (CE)<br />
1782/2003 all’articolo 33, in quanto hanno:<br />
- ottenuto pagamenti durante il periodo di riferimento 49 in base ai regimi di sostegno ammessi al disaccoppiamento<br />
50 ;<br />
- ricevuto un’azienda o parte di un’azienda per via ereditaria da un altro agricoltore che aveva riscosso<br />
pagamenti durante il periodo di riferimento (secondo quanto previsto al precedente punto);<br />
- ricevuto un diritto all’aiuto dalla riserva nazionale;<br />
- ottenuto un diritto per trasferimento.<br />
Il regolamento assegna quindi all’agricoltore la titolarità dei diritti definendo tale soggetto come<br />
persona fisica o giuridica 51 che esercita un’attività agricola nell’ambito di un’azienda localizzata nel<br />
territorio comunitario. Il beneficiario dei diritti all’aiuto deve possedere lo status di agricoltore alla<br />
data di presentazione della domanda al regime di pagamento unico. Il decreto MiPAF n. 1787 del 5<br />
agosto 2004 stabilisce inoltre che per la presentazione di una domanda di fissazione dei diritti all’aiuto<br />
l’azienda debba possedere una superficie minima non inferiore a 0,3 ettari.<br />
Sono inoltre previste delle eccezioni nel caso di modifica della condizione giuridica da parte dell’agricoltore<br />
avvenuta nel corso del periodo di riferimento. In questa ipotesi l’agricoltore viene<br />
ammesso a godere dei diritti all’aiuto in misura eguale a quella dell’agricoltore che gestiva originariamente<br />
l’azienda. Una situazione analoga è prevista nel caso di fusione di più aziende durante il<br />
periodo di riferimento 52 . Nel caso di scissione di un’azienda in più parti gli agricoltori che gestisco-<br />
49 Il periodo di riferimento è il triennio 2000-2002. La conduzione può riguardare l'intero triennio oppure parte degli anni considerati<br />
(art. 38).<br />
50 Tali regimi sono quelli previsti dall'allegato VI del Regolamento (CE) stesso: seminativi, riso, patate da fecola, leguminose da granella<br />
(lenticchie, ceci, vecce), sementi, foraggi essiccati, carni bovine, carni ovicaprine, latte.<br />
51 Oppure associazioni di persone fisiche o giuridiche.<br />
52 In base a quanto disposto dal Regolamento (CE) 795/2004 il numero dei diritti assegnati e il loro corrispondente valore vengono calcolati<br />
in base agli importi di riferimento e alle corrispondenti superfici delle aziende di origine (art. 15).<br />
53
no le nuove aziende così originatesi saranno beneficiari dei diritti in misura direttamente proporzionale<br />
alla quota posseduta 53 .<br />
Per poter beneficiare dei diritti all’aiuto gli agricoltori dovranno abbinarli annualmente ad un<br />
numero corrispondente di ettari ammissibili 54 . Inoltre la riscossione dei pagamenti è vincolata alla<br />
presentazione di una domanda al regime di pagamento unico nel primo anno di applicazione della<br />
riforma 55 . In assenza della presentazione della domanda non viene erogato nessun aiuto e pertanto<br />
i beneficiari effettivi potrebbero non essere perfettamente coincidenti con i soggetti che hanno ricevuto<br />
gli importi compensativi durante il periodo di riferimento.<br />
Secondo quanto stabilito dal Regolamento (CE) 1782/2003, i diritti all’aiuto possono essere<br />
trasferiti unicamente a un altro agricoltore che opera nello stesso Stato membro 56 (art. 46). Gli Stati<br />
membri possono, peraltro, vincolare il trasferimento o l’utilizzazione dei diritti all’interno di una<br />
stessa regione 57 . Questo comporta che non possono essere trasferiti o utilizzati esternamente alla<br />
regione interessata un numero di diritti equivalente al numero di ettari dichiarati dall’agricoltore<br />
nella domanda presentata nel primo anno di applicazione del regime di pagamento unico 58 . Assume<br />
una rilevante importanza a tale riguardo la definizione di regioni omogenee. L’utilizzo delle<br />
regioni amministrative potrebbe condizionare il trasferimento dei diritti verso certe aree e portare,<br />
in extremis, all’abbandono nelle aree da cui proviene il flusso dei trasferimenti. Limitando il trasferimento<br />
ad aree omogenee dal punto di vista agricolo e territoriale si potrebbe contribuire a evitare<br />
questo problema 59 .<br />
I diritti possono essere trasferiti in qualsiasi periodo dell’anno e la loro cessione può avvenire:<br />
- a titolo definitivo (vendita, donazione, permuta, altro);<br />
- in via temporanea (affitto o altre forme di possesso temporaneo);<br />
- per successione 60 .<br />
Nel caso in cui la cessione avvenga a titolo definitivo, la vendita dei diritti può essere accompagnata<br />
anche alla vendita dei terreni che li hanno generati. L’affitto o gli altri tipi di cessione tem-<br />
53 Le disposizioni riportate nel decreto MiPAF del 5 agosto 2004 hanno definito i casi di movimenti aziendali avvenuti nel periodo di riferimento<br />
che portano a un cambio di titolarità dell'azienda. I casi previsti riguardano (art. 3): l'agricoltore che ha esercitato attività<br />
agricola come membro compartecipe dell'impresa familiare o che sia stato parte attiva in agricoltura della famiglia che precedentemente<br />
controllava l'azienda; l'agricoltore che ha esercitato attività agricola attraverso il controllo di una società o che abbia esercitato<br />
questa attività come affittuario in una società da esso controllata; una società che ha esercitato attività agricola attraverso i propri<br />
soci.<br />
54 Per superficie ammissibile si intende qualsiasi superficie agricola investita a seminativi o pascolo permanente. Sono escluse le colture<br />
permanenti (frutteti, vigneti, ecc.), le superfici forestali e quelle destinate ad uso non agricolo. L'agricoltore dovrà disporre delle superfici<br />
ammissibili per almeno 10 mesi all'anno. Il già citato decreto ministeriale ha stabilito che tale periodo sia compreso tra l'11 novembre<br />
e il 10 settembre.<br />
55 Per il primo anno la domanda di pagamento deve essere presentata entro il 15 maggio del 2005.<br />
56 E' concessa una deroga in caso di successione o di anticipo di successione.<br />
57 Il decreto MiPAF del 5 agosto 2004 ha stabilito che il trasferimento dei titoli potrà avvenire solo all'interno di regioni omogenee la cui<br />
definizione verrà specificata in un successivo decreto.<br />
58 Il Regolamento (CE) 795/2004 prevede che il vincolo del trasferimento regionale dei diritti possa essere applicato anche solo per i diritti<br />
di ritiro.<br />
59 Si ricordano a tale proposito le problematiche sorte con il trasferimento, a livello nazionale, dei diritti di reimpianto dei vigneti, relative<br />
in particolare all'acquisto di diritti nelle regioni meridionali da parte di vitivinicoltori del nord.<br />
60 Secondo quanto riportato nelle disposizioni per l'attuazione della riforma predisposte dal MiPAF (decreto 1787 del 5 agosto 2004), si<br />
definisce successione anticipata “il consolidamento dell'usufrutto in capo al nudo proprietario” e tutti i casi nei quali “un agricoltore<br />
abbia ricevuto a qualsiasi titolo l'azienda o parte dell'azienda precedentemente gestita da un altro agricoltore, al quale il primo può<br />
succedere per succes-sione legittima”. Inoltre il trasferimento per successione può essere realizzato in qualsiasi momento dell'anno e<br />
senza limitazioni territoriali nell'ambito dello Stato membro.<br />
54
poranea sono invece consentiti solamente se al trasferimento dei diritti si accompagna anche il trasferimento<br />
di un numero equivalente di ettari ammissibili. Il trasferimento può avvenire a titolo<br />
oneroso o mediante altre forme di cessione, inoltre nel caso di cessione senza terra l’agricoltore non<br />
potrà trasferire i diritti di cui è titolare prima di aver utilizzato almeno l’80% dei diritti stessi per<br />
almeno un anno civile o, in alternativa, prima di aver ceduto volontariamente alla riserva nazionale<br />
tutti i diritti non utilizzati nel primo anno di applicazione del regime di pagamento unico. È pertanto<br />
evidente che il trasferimento dei diritti senza terra potrà iniziare solo dopo il primo anno di<br />
applicazione della riforma. Con il trasferimento dei diritti all’aiuto, con o senza terra, gli Stati membri<br />
possono decidere di destinarne una parte alla riserva nazionale o di ridurre il loro valore unitario<br />
a favore della riserva 61 .<br />
Il Regolamento (CE) 795/2004 porta alcune novità in merito alla possibilità di utilizzare clausole<br />
contrattuali private in caso di vendita di un’azienda (art. 17). In particolare qualora in un contratto<br />
sia prevista la vendita di tutta l’azienda o di parte di essa assieme ai relativi diritti all’aiuto<br />
il contratto sarà considerato equivalente a un trasferimento dei diritti all’aiuto con terra. Tale norma<br />
vale per i contratti conclusi o modificati entro la data di presentazione delle domande di adesione<br />
al primo anno di applicazione del regime di pagamento unico. In pratica, quindi, venditore e<br />
acquirente possono inserire una clausola attestante che il trasferimento dei diritti segue quello della<br />
terra (Bianchi, 2004).<br />
Va infine ricordato che il Regolamento applicativo considera una locazione di diritti all’aiuto<br />
con terra qualsiasi clausola dei contratti di affitto che preveda il trasferimento di un numero di diritti<br />
non superiore al numero di ettari concessi in affitto (art. 27). Tale possibilità si applica nei casi<br />
in cui:<br />
- un agricoltore ha affittato i propri terreni (o l’azienda) entro la data di scadenza per la presentazione<br />
delle domande nel primo anno di applicazione del regime di pagamento unico;<br />
- il contratto di locazione scade dopo il termine di presentazione delle domande e l’agricoltore<br />
affitta i diritti all’aiuto a un altro agricoltore che ha preso in affitto la sua azienda o parte di essa.<br />
4.2.1 La riserva nazionale<br />
Gli Stati membri possono costituire una riserva nazionale di diritti all’aiuto. Essa ha lo scopo di<br />
concedere diritti agli agricoltori che non li hanno maturati nel periodo di riferimento o che per situazioni<br />
particolari hanno ricevuto un importo di riferimento inferiore alle potenzialità aziendali ovvero<br />
per quelli che si trovano in aree sottoposte a programmi di ristrutturazione e/o sviluppo finalizzati<br />
a contrastare l’abbandono dei terreni o a compensare svantaggi specifici. Nel primo caso si tratta di<br />
quegli agricoltori che hanno iniziato l’attività agricola a partire dal 2003 62 e, in particolare, sono considerati<br />
quei soggetti (persone fisiche e giuridiche) che non abbiano condotto nessuna attività nei cinque<br />
anni precedenti l’inizio della nuova attività agricola. Le situazioni particolari riguardano invece<br />
gli agricoltori che (artt. 19 - 23 del Regolamento (CE) 795/2004):<br />
- hanno ricevuto dei terreni 63 che erano affittati a terzi durante il periodo di riferimento da un agricoltore<br />
deceduto o andato in pensione prima della presentazione della domanda nel primo anno del<br />
regime di pagamento unico (15 maggio 2005);<br />
- hanno eseguito degli investimenti destinati ad accrescere la capacità produttiva dell’azienda o<br />
acquistato terreni. Nel primo caso saranno considerati gli investimenti che hanno incrementato la<br />
61 Si veda il paragrafo 4.2.1.<br />
62 Ovvero che avevano iniziato un'attività nel 2002 senza ricevere alcun pagamento diretto in tale anno.<br />
63 A titolo gratuito, per successione o in affitto per sei o più anni.<br />
55
capacità produttiva dei settori per i quali era previsto un pagamento diretto nel periodo di riferimento<br />
(ovvero quelli compresi nell’Allegato VI al Regolamento (CE) 1782/2003). Tali investimenti<br />
devono rientrare in un programma presentato alle autorità competenti e iniziato non oltre il<br />
29 settembre 2003. Nel secondo caso saranno considerati gli acquisti di terreni 64 ammissibili<br />
secondo quanto stabilito dall’art. 44 del Regolamento (CE) 1782/2003 (seminativi e pascoli permanenti);<br />
- hanno preso in affitto, tra l’1 Gennaio e il 29 settembre del 2003, per 6 o più anni un’azienda o parte<br />
di essa nel caso in cui le condizioni del contratto di affitto non possano essere modificate. . Tale<br />
condizione sarà applicata anche agli agricoltori che nel periodo di riferimento, e non oltre il 29 settembre<br />
2003, hanno acquistato un’azienda, o parte di essa, che era affittata a terzi, con lo scopo di<br />
avviare o ampliare la propria attività agricola entro un anno dalla scadenza del contratto di affitto;<br />
- hanno riconvertito la produzione, partecipando a programmi nazionali di riorientamento delle<br />
produzioni. È il caso degli agricoltori che hanno cessato la produzione di latte orientandosi verso<br />
i prodotti previsti dall’allegato VI al Regolamento (CE) 1782/2003. Anche in questo caso la riconversione<br />
della produzione deve essere avvenuta nel corso del periodo di riferimento e, comunque,<br />
non oltre il 29 settembre 2003.<br />
Ricadono inoltre nelle situazioni particolari i produttori di latte che hanno ceduto in affitto il proprio<br />
quantitativo individuale di riferimento a causa delle circostanze eccezionali previste dall’art. 40<br />
del Regolamento (CE) 1782/2003 65 .<br />
Si ricorda infine che - secondo quanto riportato nel decreto MiPAF 1787 del 5 agosto 2004 - l’Italia<br />
si avvarrà della possibilità di includere i contratti di affitto di durata quinquennale nell’ambito<br />
degli affitti a lungo termine.<br />
La riserva nazionale svolge quindi una funzione di riequilibrio nella distribuzione dei diritti cercando<br />
di rimuovere eventuali incongruenze generate dall’applicazione della riforma. La riserva può<br />
essere costituita attraverso:<br />
- la differenza tra il massimale assegnato a ciascuno stato membro 66 e la sommatoria di tutti gli<br />
importi di riferimento attribuiti agli agricoltori al netto delle riduzioni dovute alla modulazione;<br />
- la decurtazione lineare degli importi di riferimento nella misura massima del 3%;<br />
- il conferimento dei diritti non fissati nel primo anno di applicazione del regime di pagamento unico;<br />
- il conferimento dei diritti che non sono utilizzati per un periodo di tre anni;<br />
- la decurtazione dei diritti in caso di vendita o di affitto per più di 6 anni di un’azienda o di parte<br />
di essa o dei diritti al premio durante il periodo di riferimento e non oltre il 29 settembre 2003. La<br />
quota dei diritti trasferiti che confluisce nella riserva nazionale è pari al 90% in caso di vendita e<br />
al 50% in caso di affitto per più di 6 anni. In quest’ultimo caso la detrazione è aumentata di un ulteriore<br />
5% per ogni anno successivo ai primi 6 (fino a un massimo del 20%). Questa norma non viene<br />
applicata se entro un anno dalla vendita o dall’affitto il venditore o il locatore acquista o prende<br />
in affitto per almeno 6 anni un’altra azienda, oppure se dimostra che il prezzo di vendita o di<br />
affitto corrisponde al reale valore dell’azienda (art. 10 Regolamento (CE) 1782/2003).<br />
64 Si ricorda inoltre che un contratto di affitto della durata di almeno 6 anni, iniziato non oltre il 30 settembre 2003, viene equiparato<br />
all'acquisto.<br />
65 La cessione deve essere avvenuta nei dodici mesi precedenti il 31 marzo del primo anno di applicazione del regime di pagamento<br />
unico.<br />
66 Secondo quanto riportato nell'Allegato VIII al Regolamento (CE) 1782/2003 il massimale assegnato all'Italia ammonta a 2.539<br />
milioni di euro nel 2005 e cresce a 2.882 milioni di euro dal 2007.<br />
56
Il Regolamento (CE) 795/2004 stabilisce inoltre che - dopo l’avvio del regime di pagamento unico<br />
- nel caso di vendita dei diritti all’aiuto una parte di questi confluirà nella riserva nazionale. Nel<br />
seguente prospetto viene riportata l’incidenza della decurtazione a seconda delle tipologie di trasferimento.<br />
In caso di vendita dei diritti a un agricoltore che inizia una nuova attività agricola non viene<br />
prevista nessuna decurtazione del numero o del valore di ciascun diritto.<br />
Prospetto 1 - Trasferimenti alla riserva nazionale in caso di vendita di diritti (art. 9 Regolamento<br />
794/2004)<br />
Tipologia del trasferimento<br />
Parte che confluisce nella riserva nazionale<br />
- vendita dei diritti all’aiuto senza terra max 30% aumentabile al 50% nei primi tre anni<br />
- vendita dei diritti all’aiuto con terra max 10%<br />
- vendita dei diritti di ritiro senza terra max 30% aumentabile al 50% nei primi tre anni<br />
- vendita dei diritti all’aiuto con azienda intera max 5%<br />
- vendita dei diritti all’aiuto in caso di regionalizzazione max 10%<br />
Nota: il decreto MiPAF n. 1787 prevede l’adozione delle percentuali massime per le trattenute sui diritti all’aiuto.<br />
Un’ulteriore tipologia di alimentazione della riserva nazionale si riferisce ai titoli che saranno<br />
restituiti volontariamente dagli agricoltori. È il caso di quei soggetti che possiedono un numero di titoli<br />
superiore agli ettari ammissibili.<br />
Il numero dei diritti all’aiuto che un agricoltore può ricevere attraverso la riserva nazionale non<br />
può essere superiore al numero di ettari dichiarati dallo stesso al momento della presentazione della<br />
domanda. Tali diritti potranno essere attribuiti anche a quegli agricoltori che già ne detengono, limitatamente<br />
al numero di ettari ammissibili per i quali non sono titolari di diritti.<br />
I diritti assegnati all’agricoltore attraverso la riserva nazionale non devono essere trasferiti per<br />
almeno 5 anni dalla loro attribuzione. Quei diritti che non vengano utilizzati in ciascuno degli anni del<br />
quinquennio ritornano automaticamente alla riserva.<br />
Agli Stati membri è inoltre data la possibilità di gestire la riserva nazionale a livello regionale:<br />
in questo caso l’assegnazione dei diritti avverrebbe, quindi, esclusivamente all’interno di ogni singola<br />
regione. Sono peraltro previste eccezioni nel caso di situazioni particolari o di assegnazione dei diritti<br />
per i nuovi agricoltori. Si ricorda infine che gli Stati membri possono provvedere alla riduzione<br />
lineare di tutti gli importi di riferimento nel caso la riserva nazionale non sia in grado di soddisfare tutti<br />
i casi prioritari di richiesta. Per quanto riguarda l’Italia, le decisioni prese in sede governativa hanno<br />
escluso la possibilità di gestire la riserva nazionale a livello regionale assegnando all’AGEA le funzioni<br />
di riduzione lineare degli importi di riferimento e di gestione della riserva stessa.<br />
4.3 Gli effetti sui diversi tipi di impresa<br />
Il Regolamento (CE) 1782/2003 definisce in modo chiaro i soggetti che saranno titolari dei diritti<br />
all’aiuto e condiziona il pagamento dei diritti stessi all’abbinamento a un numero equivalente di ettari<br />
ammissibili. Come evidenziato nei paragrafi precedenti sono inoltre previste norme a favore dei<br />
soggetti che avviano una nuova attività agricola dal 2003 in poi.<br />
Ipotizzare il comportamento di proprietari e affittuari alla luce dei rilevanti cambiamenti introdotti<br />
con la riforma della PAC risulta alquanto complicato, soprattutto in relazione alle particolari<br />
caratteristiche del mercato fondiario e degli affitti. Dopo la pubblicazione dei regolamenti applicativi<br />
si è aperto un ampio dibattito sugli effetti che la riforma avrebbe potuto avere soprattutto sui rapporti<br />
tra concedente e concessionario nell’ambito dei contratti di affitto in scadenza dopo la fine del<br />
57
periodo di riferimento e prima dell’inizio del regime di pagamento unico. È peraltro evidente che con<br />
questa riforma viene affermato il ruolo della PAC nel sostegno all’attività agricola e non alla proprietà<br />
fondiaria.<br />
Di seguito si cercherà di ipotizzare il comportamento di diverse figure imprenditoriali che,<br />
generalmente, operano nelle realtà agricole italiane 67 . In particolare sono stati analizzati i casi riassunti<br />
nel seguente prospetto.<br />
Prospetto 2 - Quadro sinottico dei casi analizzati<br />
Figura economica Situazione ante riforma Situazione inizio riforma<br />
Proprietario concedente Affitta i propri terreni Terreni senza i diritti all’aiuto<br />
Proprietario coltivatore Coltiva direttamente i propri terreni Terreni con diritti all’aiuto<br />
Proprietario coltivatore<br />
Vende, dopo la fine del 2002, parte o tutti<br />
i terreni della propria azienda<br />
Senza terreni ma con diritti all’aiuto<br />
Nuovo imprenditore Non esercita attività agricola Terreni senza i diritti all’aiuto<br />
Affittuario Coltiva terreni di terzi Contratto scaduto, senza terreni ma con<br />
diritti all’aiuto<br />
4.3.1 Il caso del proprietario concedente<br />
Il proprietario che ha concesso in affitto i propri terreni durante il periodo di riferimento non potrà<br />
beneficiare dei diritti all’aiuto che andranno invece all’affittuario, o agli affittuari, che hanno coltivato<br />
il terreno. Durante il periodo di riferimento il reddito derivante dall’attività agricola ricevuto dal proprietario<br />
era costituito dal canone di affitto corrisposto dal concessionario (affittuario). A seconda delle<br />
realtà osservabili nell’agricoltura italiana il canone di affitto di un seminativo PAC tende, in genere,<br />
anche ad inglobare parte o tutto il premio PAC. In caso di scadenza del contratto di affitto, con l’avvio<br />
della riforma il proprietario ritornerà nel pieno possesso dei propri terreni che gli saranno restituiti<br />
dall’affittuario senza i diritti all’aiuto. Nel caso di contratto di affitto in scadenza le principali scelte<br />
che il proprietario può effettuare sono riportate di seguito:<br />
a) Il proprietario può concedere in locazione il terreno ad un affittuario in possesso dei diritti all’aiuto.<br />
In questo caso il reddito del proprietario sarà ancora costituito dal canone di affitto (CA). È evidente<br />
che il proprietario cercherà di incorporare nel canone anche i diritti all’aiuto ovvero di ottenere<br />
un livello del canone simile a quello goduto nel periodo ante riforma. Si può ipotizzare, per<br />
questo primo scenario, un mantenimento o un aumento del livello dei canoni di affitto rispetto alla<br />
situazione ante riforma.<br />
b) Il proprietario può affittare il terreno ad un affittuario senza diritti all’aiuto. Anche in questa situazione<br />
il reddito del proprietario sarà costituito dal canone di affitto. Tuttavia difficilmente potrà trovare<br />
affittuari disposti a pagare canoni di livello simile a quello del caso precedente dato che il reddito<br />
dell’affittuario è unicamente costituito da quanto ricava dalla coltivazione del fondo al netto dei<br />
costi (RE C ). È quindi ipotizzabile che si verifichi una riduzione del canone ricevuto dal proprietario<br />
rispetto alla situazione ante riforma.<br />
c) Il proprietario potrebbe coltivare il fondo senza ricevere alcun diritto. In questo caso il suo reddito<br />
sarà costituito essenzialmente da ciò che ricava dalla coltivazione del fondo al netto dei costi<br />
67 Si ricorda che le analisi svolte in questo capitolo fanno riferimento alla normativa comunitaria vigente nel 2004 (Regolamenti<br />
(CE) 1782/2003 e 795/2004) e al Decreto MiPAF del 5 agosto 2004. Nella pratica alcune ipotesi di comportamento potrebbero<br />
essere modificate dalle successive decisioni prese in sede go-vernativa riguardo specifici aspetti.<br />
58
(RE c ). Risulta evidente come questa situazione abbia una convenienza per il proprietario solo nel<br />
caso in cui il reddito derivante dalla coltivazione del fondo è superiore (o uguale) al canone di affitto<br />
che riceverebbe se concedesse il fondo in locazione (RE C ≥ CA).<br />
d) Per poter disporre dei nuovi diritti il proprietario che non li possiede può seguire due strade. Una prima<br />
opzione è quella di presentare comunque una domanda per l’assegnazione di diritti da parte della<br />
riserva nazionale nel caso soddisfi i requisiti per potervi accedere 68 . In questo caso il suo reddito<br />
sarà costituito sia da quanto ritrae dalla coltivazione del fondo che dall’esercizio dei diritti<br />
all’aiuto, quindi avrà convenienza ad adottare questa opzione quando RE C + DA ≥ CA.<br />
e) Una volta ricevuti i diritti all’aiuto (dalla riserva nazionale) e abbinati gli stessi con un equivalente<br />
numero di ettari ammissibili, il proprietario potrebbe anche non coltivare il fondo eseguendo solo<br />
le operazioni necessarie per mantenere i terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali<br />
(BCAA). In questo caso il suo reddito sarà costituito esclusivamente dai diritti all’aiuto. Dovendo<br />
sostenere i costi per la BCAA, la redditività dipenderà direttamente dal livello di BCAA definito a<br />
livello nazionale e quindi dai costi a carico di ogni singolo agricoltore sostenuti per rispettare gli<br />
standard prefissati. Tale scelta potrebbe essere conveniente soprattutto nelle aree marginali e meno<br />
produttive dove il reddito delle colture è molto limitato. Rispetto alla situazione precedente (punto<br />
e)il proprietario avrà convenienza ad adottare questa opzione quando DA - BCAA ≥ RE C + DA.<br />
Questa soluzione è conveniente quando nella coltivazione dei terreni i costi colturali superano i ricavi<br />
69 . In questo caso, infatti, si ottengono dei redditi colturali negativi. È evidente che il giudizio di<br />
convenienza dipenderà sostanzialmente dai vincoli agronomici e ambientali che dovranno essere<br />
adottati dagli agricoltori nell’ambito della BCAA e dai costi necessari per la loro attuazione.<br />
f) Un secondo modo per poter disporre dei diritti è quello di acquistarli da altri agricoltori. Il proprietario<br />
potrà quindi coltivare il fondo e beneficiare dei diritti all’aiuto. Il reddito del proprietario<br />
sarà dato da quanto guadagna con la coltivazione del fondo più i diritti. Peraltro, dato che il proprietario<br />
deve acquistare i diritti per poterli esercitare, nel giudizio di convenienza è necessario considerare<br />
il costo di acquisto di tali diritti. Allo scopo si potrebbe ripartire tale costo nel periodo di<br />
utilizzo dei diritti (K DA ), ovvero per la durata della riforma della PAC. In questo caso la convenienza<br />
si ha quando RE C + DA - K DA ≥ CA. Questa ipotesi introduce il rilevante problema della<br />
determinazione del valore dei diritti all’aiuto nel caso di una loro cessione a titolo definitivo. Il diritto<br />
all’aiuto assegna al suo possessore la possibilità di avere una serie di pagamenti annui costanti.<br />
Il suo valore dovrebbe essere pari, quindi, al valore attuale del flusso atteso di pagamenti, ovvero<br />
si tratterebbe di calcolare il valore attuale di un’annualità costante limitata nel tempo 70 . La determinazione<br />
di questo valore non è affatto agevole, perché richiede che siano fatte delle ipotesi a proposito<br />
del tasso di interesse, della durata del regime di pagamento unico e dell’ammontare dei pagamenti<br />
futuri. In particolare la durata dovrebbe essere prevista fino al 2012, considerando che non è<br />
dato sapere in che misura questa riforma della PAC verrà prorogata anche negli anni successivi.<br />
Inoltre, con la scelta del disaccoppiamento totale da parte del governo italiano, l’ammontare dei<br />
diritti è strettamente connesso ai premi PAC riscossi nel periodo di riferimento e risulta pertanto<br />
variabile in funzione di ogni singola azienda.<br />
68 Giova ricordare che i titoli assegnati dalla riserva nazionale sono gratuiti.<br />
69 L'espressione DA - BCAA ≥ REC + DA è, infatti, equivalente a:<br />
-BCAA ≥ REC, ovvero<br />
-BCAA - REC ≥ 0.<br />
Questa equazione è vera solo quando sono verificate contemporaneamente due condizioni:in valore assoluto BCAA ≤ REC e il<br />
REC è negativo.<br />
70 Si veda il paragrafo 4.4.<br />
59
g) Come nel caso e) il proprietario potrebbe esercitare i diritti (dopo averli acquistati) senza coltivare<br />
il fondo ma applicando la BCAA. Il suo reddito sarebbe costituito dai soli pagamenti pubblici<br />
legati ai diritti all’aiuto dai quali dovrà detrarre le spese per la buona conduzione dei terreni e un<br />
costo annuo legato all’acquisto dei diritti. Si avrà convenienza nel caso in cui DA - K DA - BCAA<br />
≥ CA oppure, rispetto al caso precedente, quando DA - K DA - BCAA ≥ RE C + DA - K DA .<br />
h) Il proprietario potrebbe prendere in affitto dei diritti all’aiuto ma tale trasferimento può avvenire<br />
solo se abbinato all’affitto di un equivalente numero di ettari di superficie ammissibile. Vi sarebbe<br />
quindi un incremento della superficie dell’azienda e una parte dei terreni rimarrebbe comunque<br />
senza diritti.<br />
i) Una scelta estrema è data dalla vendita dei terreni senza diritti. Tale opzione presume, peraltro, una<br />
cessazione o un ridimensionamento dell’attività agricola da parte del proprietario. Si ricorda<br />
comunque che in caso di compravendita dei diritti con o senza terra si applicano le trattenute previste<br />
dal decreto ministeriale 1787 del 2004.<br />
l) Un’ulteriore opzione da considerare sarebbe legata a forme di “elusione”. Il proprietario potrebbe<br />
cedere l’azienda o parte dei terreni a un familiare che inizia una nuova attività agricola usufruendo<br />
dei diritti della riserva nazionale 71 .<br />
4.3.2 Il caso del proprietario coltivatore<br />
L’imprenditore agricolo, proprietario del fondo, che ha coltivato i terreni nel triennio 2000-2002<br />
è titolare dei diritti all’aiuto maturati sui terreni che hanno beneficiato dei premi PAC. Nel periodo<br />
ante riforma il suo reddito è costituito da quanto ricava dalle colture e dalle compensazioni PAC. Con<br />
l’inizio del nuovo regime di pagamento unico gli saranno assegnati i diritti a lui spettanti in base<br />
all’opzione del disaccoppiamento totale. Il comportamento di questo imprenditore, nel caso in cui<br />
eserciti ancora l’attività agricola nell’anno iniziale del regime di pagamento unico, può essere sintetizzato<br />
come di seguito:<br />
a) Dal 2005 l’agricoltore continua a coltivare i terreni esercitando i diritti dei quali è titolare. Si tratta<br />
di una situazione tipologicamente simile a quella iniziale: il suo reddito sarà ancora formato dai<br />
ricavi delle colture ai quali si aggiungono i diritti all’aiuto in sostituzione del premio PAC. Il livello<br />
del reddito dovrebbe rimanere sostanzialmente immutato 72 anche se deve essere ricordato che,<br />
rispetto ai premi PAC, i diritti all’aiuto saranno soggetti a decurtazioni dovute alla modulazione,<br />
al prelievo da destinare alla riserva nazionale e a eventuali pagamenti supplementari per tipi specifici<br />
di agricoltura. Il suo reddito complessivo sarà dato da RE C + DA.<br />
b) Il proprietario coltivatore può rinunciare alla coltivazione dei terreni abbinati ai diritti ed esercitare<br />
comunque questi ultimi. L’unica condizione che deve rispettare è l’adeguamento alle norme<br />
della BCAA. In questo caso il suo reddito sarà formato esclusivamente dal valore dei diritti al netto<br />
delle spese necessarie per attuare la BCAA. Il giudizio di convenienza, rispetto al caso precedente,<br />
è positivo se DA – BCAA ≥ RE C + DA 73 .<br />
c) Una situazione particolare è ipotizzabile se l’agricoltore decide di ridurre la propria attività nel settore<br />
agricolo. Potrebbe a riguardo affittare i propri diritti, unitamente all’affitto della terra. La convenienza<br />
ad adottare questa soluzione si ha quando il canone di affitto (di terra e diritti) tende ad<br />
inglobare anche il valore dei diritti all’aiuto ovvero quando: CA ≥ RE C + DA.<br />
71 La cessione dovrebbe tuttavia avvenire a titolo gratuito, per non incorrere nelle decurtazioni dei diritti all'aiuto a favore della<br />
riserva nazionale previste dall'art. 9 del Regolamento (CE) 794/2004 (cfr par. 4.2.1).<br />
72 Nell'ipotesi ovviamente che non muti il livello dei prezzi dei prodotti e dei fattori produttivi.<br />
73 Si veda a proposito il caso e) del precedente paragrafo.<br />
60
d) Un caso estremo è infine quello in cui l’agricoltore decide di cedere l’azienda, o parte di essa. Tale<br />
decisione è alla base di una cessazione definitiva dell’attività, o di un suo ridimensionamento, e<br />
porta al trasferimento dei terreni e dei diritti a essi abbinati. Giova sottolineare che in questo caso<br />
e in tutti quelli dove è previsto il trasferimento dei diritti all’aiuto dovranno essere considerate<br />
anche le decurtazioni dei titoli previste dal decreto MiPAF 1787.<br />
4.3.3 Il caso del proprietario coltivatore che ha venduto i propri terreni<br />
Un caso particolare è quello del proprietario che ha coltivato direttamente il proprio fondo nel<br />
periodo di riferimento e ha venduto, dopo la fine del 2002, parte o tutti i terreni della propria azienda.<br />
Tale agricoltore risulta titolare dei diritti ma per riscuotere i pagamenti a essi connessi deve esercitarli<br />
su una equivalente superficie.<br />
a) Se il proprietario ha cessato l’attività a titolo definitivo perderà i diritti che confluiranno direttamente<br />
nella riserva nazionale. Si ricorda infatti che titolari dei diritti sono gli agricoltori secondo<br />
la definizione dell’art. 2 del Regolamento (CE) 1782/2003 74 e che i diritti non utilizzati entro tre<br />
anni dall’assegnazione confluiscono nella riserva (Frascarelli, 2003; Frascarelli, 2004a).<br />
b) Nel caso il proprietario non abbia cessato l’attività agricola l’organismo pagatore provvederà ad<br />
assegnargli i diritti che gli spettano. Questo tuttavia non è sufficiente per poter beneficiare dei<br />
pagamenti: il proprietario dovrà, infatti, abbinarli a un equivalente numero di ettari. Per non perdere<br />
i diritti deve quindi trovare una superficie ammissibile sulla quale esercitarli e presentare<br />
domanda all’inizio del regime di pagamento unico. I diritti non possono essere affittati, in quanto<br />
il Regolamento stabilisce che devono essere accompagnati anche dall’affitto della terra, né tanto<br />
meno venduti perchè prima devono essere utilizzati per l’80% per almeno un anno. Il titolare di<br />
questi diritti potrà agire sostanzialmente in due modi:<br />
- prendere in affitto una superficie sulla quale esercitare i diritti. Tale superficie potrebbe anche non<br />
essere coltivata purché venga rispettata la BCAA;<br />
- acquistare una superficie equivalente.<br />
4.3.4 Il caso del nuovo imprenditore agricolo<br />
L’agricoltore che inizia la propria attività dopo il 31 dicembre 2002, senza averla esercitata nel<br />
triennio di riferimento, non sarà titolare dei diritti all’aiuto nel momento di avvio del regime di pagamento<br />
unico. In questo caso, secondo quanto stabilito dal Regolamento (CE) 1782/2003 (art. 42), l’agricoltore<br />
può ricorrere alla riserva nazionale 75 . Questa situazione riveste una notevole importanza per<br />
i soggetti che si insediano per la prima volta in azienda: a parità di tutti gli altri fattori, (caratteristiche<br />
aziendali, territoriali, prezzi dei fattori produttivi, ecc.) vi sarebbero, infatti, forti differenze tra il<br />
reddito degli agricoltori che dispongono di diritti all’aiuto e quello dei neo agricoltori che non hanno<br />
tale sostegno. Nel caso dei giovani agricoltori la possibilità di ricorrere alla riserva potrebbe contribuire<br />
a ridurre i vincoli che limitano il ricambio generazionale nel settore primario, tra i quali riveste<br />
un ruolo significativo la rigidità del mercato fondiario.<br />
4.3.5 Il caso dell’affittuario con contratto scaduto<br />
Nel periodo ante riforma il reddito dell’affittuario è dato da quanto esso ricava dalla coltivazione<br />
74 Si veda il paragrafo 4.2.<br />
75 Nei casi previsti dal Regolamento (CE) 795/2004.<br />
61
del fondo al netto del canone conferito al concessionario. Il canone pagato è ovviamente maggiore, a<br />
parità di altre condizioni, per le colture che beneficiano del sostegno PAC. Si ipotizza la situazione di un<br />
affittuario che ha coltivato i terreni nel periodo di riferimento ma che, all’avvio del regime di pagamento<br />
unico, abbia il contratto di affitto scaduto. In questo caso l’affittuario è il titolare dei diritti all’aiuto maturati<br />
sui terreni da lui coltivati e nulla spetta al proprietario concedente. In pratica l’affittuario si trova nella<br />
condizione di essere in possesso dei diritti ma di aver bisogno di un numero equivalente di ettari di<br />
superficie ammissibile sulla quale esercitarli. Il Regolamento (CE) 1782/2003 non consente che l’affittuario<br />
affitti i propri diritti disgiuntamente dalla terra, quindi le scelte che esso potrà fare sono, in sintesi,<br />
le seguenti:<br />
a) La soluzione più immediata è quella di trovare nuovi terreni in affitto. Evidentemente esiste una maggiore<br />
probabilità che la superficie gli sia concessa in affitto da proprietari che non dispongono di diritti<br />
all’aiuto. In termini economici, il massimo livello del canone di affitto che l’affittuario è disposto<br />
a pagare per ottenere un ettaro di terreno sul quale esercitare i diritti è pari a:<br />
CA ≤ RE a (y) + DA a<br />
dove il RE a (y) è il valore atteso del reddito netto y che l’affittuario otterrebbe coltivando la superficie<br />
unitaria presa in affitto, mentre DA a è l’ammontare del suo diritto all’aiuto.<br />
Semplificando, il proprietario della superficie, che non dispone di un diritto all’aiuto, può scegliere<br />
di affittarla o di coltivarla direttamente richiedendo un diritto dalla riserva nazionale (DA p ). Dalla coltivazione<br />
di quel terreno il proprietario otterrebbe un reddito pari a RE p (y) + DA p . Dato questo costo<br />
opportunità, il proprietario non concederà il terreno in affitto per un livello annuo del canone inferiore<br />
a RE p (y) + DA p . Da questa situazione emerge una conseguenza molto importante: nei casi in cui le<br />
figure del proprietario fondiario e dell’imprenditore che coltiva il fondo siano distinte vi sarà la tendenza<br />
a un trasferimento del pagamento dei diritti all’aiuto dall’imprenditore al proprietario attraverso<br />
canoni di affitto tendenzialmente più elevati.<br />
b) Una seconda opzione è l’acquisto di un terreno sul quale esercitare i diritti. È peraltro ipotizzabile che<br />
un affittuario non disponga di una quantità sufficiente di risorse finanziarie per acquistare un terreno,<br />
considerati anche gli elevati prezzi della terra. Egli dovrà pertanto ricorrere a un istituto finanziario<br />
contraendo un debito sul quale pagherà degli interessi passivi (Deb). Il suo reddito sarà quindi<br />
costituito dai ricavi ottenuti dalla coltivazione del fondo e dai diritti. Dovrà peraltro tener conto<br />
annualmente del debito che ha contratto. La convenienza, rispetto alla situazione ante riforma, si avrà<br />
quando RE Cpost + DA – Deb ≥ RE Cante .<br />
c) Analogamente a quanto riportato nel precedente punto b) l’affittuario potrebbe acquistare un terreno,<br />
decidere di non coltivarlo rispettando la BCAA ed esercitare i diritti all’aiuto. In questo modo la<br />
sua convenienza, rispetto al caso precedente, si avrebbe quando DA – Deb – BCAA ≥ RE Cpost + DA<br />
– Deb.<br />
d) Una soluzione più drastica prevede che l’affittuario venda i suoi diritti ridimensionando o cessando<br />
l’attività agricola. Tuttavia, il trasferimento dei diritti senza terra potrà avvenire solo dopo che il legittimo<br />
titolare ne avrà utilizzato almeno l’80% per almeno un anno 76 . Inoltre la riduzione dei diritti nel<br />
caso di cessione senza terra è particolarmente penalizzante per il venditore 77 .<br />
e) L’affittuario potrebbe anche trovarsi nella situazione di non trovare terreni sprovvisti di diritti all’aiuto<br />
da prendere in affitto. L’alternativa alla rinuncia all’esercizio dei diritti è quella di chiedere in affitto<br />
dei terreni già dotati di diritti. In questo caso a quale livello del canone un proprietario sarebbe disposto<br />
a rinunciare all’esercizio dei propri diritti per cedere in affitto i terreni a chi non li possiede? È<br />
evidente che un proprietario incorporerà nel canone anche tutto il valore dei diritti di cui è titolare.<br />
76 Oppure dopo aver ceduto alla riserva nazionale tutti i diritti non utilizzati.<br />
77 Si veda a proposito quanto riportato nel prospetto 1.<br />
62
f) Si supponga, infine, che un affittuario alla ricerca di terreni sui quali esercitare i propri diritti trovi<br />
un proprietario disposto ad affittargli dei terreni che in precedenza, nel triennio di riferimento,<br />
non avevano beneficiato dei premi PAC (ad esempio superfici coltivate a bietola, a foraggere avvicendate<br />
o permanenti). In assenza della riforma il canone di affitto per un ettaro di foraggere è, in<br />
genere, inferiore a quello di un seminativo PAC 78 (mais, frumento, soia). Un proprietario che dispone<br />
di terreni coltivati a foraggere, ma non di diritti, potrebbe quindi chiedere dei canoni superiori<br />
a quelli precedenti alla riforma sfruttando la necessità di un affittuario che, pur avendo i diritti,<br />
non può esercitarli se non li associa a un equivalente numero di ettari.<br />
Tra le diverse ipotesi deve essere considerato il caso dell’affittuario che decide di cessare anche<br />
l’attività agricola contestualmente alla scadenza del contratto: i diritti all’aiuto non gli verranno assegnati<br />
né, peraltro, potranno essere utilizzati dal proprietario. Le parti potrebbero concordare la restituzione<br />
dei terreni e la cessione, da parte dell’affittuario, dei diritti all’aiuto. I diritti potranno, peraltro,<br />
essere ceduti solo dopo la loro assegnazione. L’affittuario potrà quindi (Lenucci, 2004):<br />
- utilizzare i diritti nel primo anno di applicazione del regime di pagamento unico per poi cederli al<br />
proprietario;<br />
- concordare una proroga del contratto di affitto, alla scadenza del quale cedere i diritti unitamente<br />
alla terra.<br />
4.4 La determinazione del valore del diritto all’aiuto<br />
Il diritto all’aiuto può essere considerato come una rendita annua costante e limitata nel tempo.<br />
Una volta assegnati da parte degli organismi pagatori i diritti all’aiuto, questi manterranno inalterato<br />
il loro valore per tutta la durata della riforma della PAC, salvo particolari riduzioni dovute a trasferimenti.<br />
L’accumulazione di una serie costante di diritti all’aiuto al momento in cui inizia il nuovo regime<br />
di pagamento unico (2005), ovvero all’anno 0, può essere calcolata attraverso la seguente formula<br />
di matematica finanziaria:<br />
A<br />
0<br />
n<br />
q −1<br />
= a<br />
n<br />
rq<br />
dove:<br />
a = annualità costante limitata posticipata e quindi, nel nostro caso, il diritto all’aiuto;<br />
r = saggio di interesse;<br />
n = periodo di tempo;<br />
q = r+1.<br />
La determinazione del valore di A 0 richiede che siano fatte alcune ipotesi. Innanzitutto va ricordato<br />
che, allo stato attuale, non è ancora stato determinato il livello dei diritti all’aiuto e quindi la loro<br />
assegnazione agli agricoltori non è ancora avvenuta. Peraltro considerando che l’ipotesi di regionalizzazione<br />
è stata esclusa a favore del disaccoppiamento totale, il livello dei nuovi diritti varierà di<br />
78 Secondo l'indagine sul mercato fondiario realizzata annualmente dall'INEA il canone di affitto per un seminativo PAC nella provincia<br />
di Rovigo oscilla tra 500 e 800 euro/ettaro, mentre per un seminativo non PAC è di 200-400 euro/ettaro. Per le colture<br />
foraggere i canoni sono, ad esempio, di 200-400 euro/ettaro nel trevigiano e di circa 500 euro/ettaro a Latina. I canoni di affitto<br />
per prati e pascoli di collina e montagna sono molto contenuti nelle regioni del Sud (anche di 30 euro/ettaro) e tendono a crescere<br />
nelle regioni settentrionali (100-150 euro/ettaro nel bellunese, 50-360 in Valle d'Aosta) raggiungendo valori particolarmente elevati<br />
per i prati permanenti per i quali il canone (600-1.000 euro/ettaro) è spesso condizionato dalla disponibilità di risorse idriche<br />
e dalla presenza di allevamenti bovini da latte.<br />
63
conseguenza a seconda dell’azienda. A livello nazionale gli importi di riferimenti della PAC seminativi<br />
ammontano a circa 2 miliardi di euro che, suddivisi per la superficie di riferimento (poco meno<br />
di 7 milioni di ettari), originano un diritto medio di 289 euro/ettaro. Se vengono considerati anche gli<br />
importi di riferimento relativi alla PAC zootecnia (escluso latte) il diritto medio aumenta considerevolmente<br />
raggiungendo i 373 euro/ettaro. Questo valore medio nasconde, peraltro, una situazione<br />
molto diversa a livello regionale: si va infatti da un massimo di 638 euro/ettaro in Veneto a un minimo<br />
di 208 euro/ettaro in Liguria (tab. 4.1). Nel calcolo di A 0 si è, pertanto, ipotizzato che in caso di<br />
disaccoppiamento totale il diritto all’aiuto medio abbia, in Italia, un valore compreso tra 200 e 650<br />
euro per ettaro. Tale importo non considera le eventuali riduzioni dovute a modulazione, riserva<br />
nazionale, ed altro.<br />
Una ulteriore ipotesi riguarda il periodo di tempo da considerare nell’accumulazione dei diritti<br />
(n). A tale riguardo si ipotizza che il diritto sia valido per il periodo di durata della riforma della PAC,<br />
visto che attualmente non è dato sapere in che misura la riforma verrà prorogata anche negli anni successivi.<br />
Pertanto si ipotizza che l’ultimo anno di godimento dei nuovi diritti all’aiuto sia il 2012.<br />
Tab. 4.1 – Diritti all’aiuto medi per regione (euro/ettaro)<br />
Solo PAC seminativi<br />
PAC seminativi e zootecnia<br />
(escluso latte)<br />
Piemonte 276 386<br />
Valle d’Aosta - 268<br />
Lombardia 430 516<br />
Trentino Alto Adige 31 211<br />
Veneto 458 638<br />
Friuli Venezia Giulia 384 404<br />
Liguria 15 208<br />
Emilia Romagna 335 374<br />
Toscana 294 340<br />
Umbria 224 271<br />
Marche 342 378<br />
Lazio 269 356<br />
Abruzzo 194 260<br />
Molise 275 310<br />
Campania 227 304<br />
Puglia 311 335<br />
Basilicata 240 288<br />
Calabria 166 310<br />
Sicilia 202 293<br />
Sardegna 87 261<br />
Italia 289 373<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA<br />
La stima che presenta le maggiori difficoltà riguarda il saggio di interesse da applicare nella<br />
accumulazione. Tale saggio sarà tanto maggiore quanto più elevati sono gli elementi di incertezza<br />
legati all’applicazione della riforma della PAC. Nell’analisi è stato ipotizzato che il saggio di interesse<br />
sia compreso tra il 3% e il 6% in funzione dell’attuale tasso di interesse per i mutui fondiari e delle<br />
incertezze sulle prospettive della PAC dopo il 2012.<br />
Sulla base di queste ipotesi sono stati riportati nella tabella 4.2 i valori dell’accumulazione iniziale<br />
(A 0 ). A 0 risulta compreso tra 1.200 e 4.600 euro/ettaro e tende ovviamente ad aumentare – a parità<br />
di saggio di interesse - in modo direttamente proporzionale al valore del diritto all’aiuto.<br />
64
Tab. 4.2 - Accumulazione iniziale dei diritti all’aiuto<br />
Diritto all’aiuto medio Saggio di sconto Accumulazione<br />
iniziale<br />
N. anni: 8<br />
Capitalizzazione del<br />
diritto all’aiuto<br />
(euro/ettaro) (euro/ettaro) (euro/ettaro)<br />
(a) (r) (A0) (a/r)<br />
valore 650 0,06 4.000 10.800<br />
massimo 650 0,03 4.600 21.700<br />
valore 200 0,06 1.200 3.300<br />
minimo 200 0,03 1.400 6.700<br />
Nel caso un agricoltore volesse acquistare dei diritti all’aiuto per esercitarli su delle superfici<br />
ammissibili in suo possesso dovrebbe pertanto pagare al venditore un valore medio compreso tra quelli<br />
sopra indicati 79 . In un mercato fondiario caratterizzato da valori particolarmente elevati (tab. 4.3) si<br />
intuisce come, almeno potenzialmente, i diritti all’aiuto possono influenzare i prezzi dei terreni,<br />
soprattutto nel caso di vendita di terra abbinata ai diritti stessi. In quest’ultimo caso, infatti, il valore<br />
del terreno sarà ulteriormente accresciuto da una quota relativa ai diritti all’aiuto a esso associati.<br />
Infine, si potrebbe ipotizzare anche una durata illimitata del diritto all’aiuto. In questo caso n tenderebbe<br />
a infinito e l’accumulazione iniziale si otterrebbe capitalizzando il diritto all’aiuto. I valori<br />
ottenuti con questa ipotesi sono compresi tra 3.300 e 21.700 euro/ettaro. È evidente che tale valore<br />
dipende direttamente dal saggio di interesse utilizzato: impiegando saggi di capitalizzazione più vicini<br />
a quelli fondiari (0,01-0,02) si otterrebbero valori dell’accumulazione molto più elevati e compresi<br />
tra 10.000 e 65.000 euro/ettaro.<br />
Tab. 4.3 - Valori fondiari medi dei seminativi in Italia<br />
Tipologia<br />
euro per ettaro<br />
seminativo irriguo nord-ovest 30.700<br />
seminativo irriguo nord-est 37.300<br />
seminativo irriguo centro 20.900<br />
seminativo irriguo meridione 17.400<br />
seminativo irriguo isole 13.200<br />
seminativo non irriguo nord-ovest 13.100<br />
seminativo non irriguo nord-est 23.800<br />
seminativo non irriguo centro 9.800<br />
seminativo non irriguo meridione 7.900<br />
seminativo non irriguo isole 6.900<br />
Fonte: INEA, Banca dati sul mercato fondiario<br />
4.5 L’ipotesi di non coltivazione: implicazioni per gli imprenditori agricoli<br />
Il Regolamento (CE) 1782/2003 prevede che l’esercizio dei diritti all’aiuto possa essere realizzato<br />
anche in assenza di coltivazione della superficie ammissibile alla quale sono legati i diritti. L’unica<br />
condizione che l’agricoltore dovrà rispettare è il mantenimento dei terreni in buone condizioni<br />
agronomiche e ambientali (BCAA).<br />
79 È peraltro evidente che in presenza di diritti all'aiuto calcolati su base aziendale potranno risultare attribuiti dei valori anche nettamente<br />
superiori a quelli medi ipotizzati nell'esempio.<br />
65
Appare evidente che, a parità di tutti gli altri fattori, la convenienza a non coltivare il terreno sarà<br />
tanto maggiore quanto più contenuto è il costo legato alla BCAA e quanto più ridotto è il reddito agricolo<br />
ritraibile dalla coltivazione del fondo, ovvero quanto minore è il reddito al quale si rinuncia. Ad<br />
esempio, nel caso dei terreni meno produttivi presenti in alcuni ambienti i ricavi ottenuti dalla vendita<br />
dei prodotti possono risultare insufficienti a coprire i costi di produzione. Un agricoltore potrebbe pertanto<br />
giudicare più conveniente la non coltivazione associata al rispetto della BCAA: in questo caso<br />
l’unica fonte di ricavo derivante (indirettamente) dall’attività agricola è costituita dai diritti all’aiuto.<br />
Questa tendenza verrebbe confermata anche da un recente studio che ha stimato gli effetti dell’applicazione<br />
della riforma della PAC sulle aziende agricole italiane (Università di Parma, 2004). In particolare<br />
la flessione della superficie coltivata a seminativi sarebbe associata anche a un significativo<br />
incremento delle superfici non coltivate.<br />
Nel recente passato l’obbligo del set aside, finalizzato principalmente al contenimento delle produzioni<br />
eccedentarie, aveva rappresentato una delle più importanti novità introdotte dalla riforma Mac<br />
Sharry. Per le aziende dove le superfici erano destinate esclusivamente all’ottenimento di prodotti da<br />
reimpiegare nell’allevamento il set aside costituiva, di fatto, una diminuzione della base produttiva e<br />
implicava una maggiore dipendenza dall’esterno per l’approvvigionamento delle materie prime da utilizzare<br />
nella formulazione delle razioni alimentari. A tale riguardo risulta evidente come vi sia stata<br />
una maggiore convenienza nel destinare a riposo i terreni meno dotati dal punto di vista della fertilità<br />
e, in generale, quelli marginali, utilizzando la rimanente superficie per ottenere le produzione<br />
necessarie al sistema aziendale.<br />
Nel caso dei diritti all’aiuto l’associazione degli stessi a un terreno marginale porta a confrontare<br />
alcune ipotesi alternative:<br />
a) con la coltivazione di un terreno marginale l’agricoltore otterrebbe un reddito costituito dai proventi<br />
ricavati dal fondo (al netto dei costi di coltivazione) e dai diritti all’aiuto (RE C + DA);<br />
b) scegliendo di non coltivare un terreno marginale l’unica fonte di ricavo è costituita dai diritti<br />
all’aiuto ai quali dovranno essere sottratti i costi connessi alla BCAA (DA – BCAA) dato che il<br />
reddito derivante dalla coltura non sarebbe disponibile.<br />
Si avrà convenienza ad adottare la seconda ipotesi (non coltivazione) quando:<br />
DA – BCAA ≥ RE C + DA.<br />
Come già osservato in precedenza, questa equazione risulta verificata quando sono rispettate<br />
contemporaneamente due condizioni: il valore assoluto di BCAA è minore del valore assoluto di RE C<br />
e il RE C è negativo.<br />
L’agricoltore potrebbe associare i diritti all’aiuto, di cui è in possesso, ai terreni aziendali meno<br />
produttivi, per i quali i risultati economici sono negativi. In tal modo i terreni marginali 80 non sarebbero<br />
coltivati ma interessati esclusivamente dal mantenimento delle buone condizioni agronomiche<br />
e ambientali. Si supponga il caso (estremo) di una azienda non zootecnica che nel periodo di riferimento<br />
aveva una SAU di 10 ettari per metà costituiti da terreni di medio-alta fertilità/produttività investiti<br />
a colture che hanno beneficiato di premi PAC e per la rimanente quota costituiti da terreni a bassa<br />
fertilità/produttività per i quali non erano stati ottenuti premi PAC. In questa situazione l’azienda<br />
riceverà 5 diritti all’aiuto. L’agricoltore può scegliere di abbinarli alla superficie più produttiva – continuando<br />
a coltivare seminativi COP - e il suo reddito sarà quindi costituito da quanto ricava dalla coltivazione<br />
dei terreni più fertili (RE CF ) e di quelli marginali (RE CM ) e dai diritti all’aiuto, ovvero RE CF<br />
+DA + RE CM . Un’ipotesi alternativa prevede di abbinare i diritti ai terreni meno fertili rinunciando<br />
80 Ad esempio prati permanenti o pascoli in alcune aree di collina-montagna.<br />
66
alla loro coltivazione (con il solo vincolo di rispettare la BCAA) e di coltivare nei terreni più fertili<br />
colture più redditizie (RE CR ) rispetto ai seminativi COP. In questo caso il suo reddito sarebbe dato da<br />
RE CR +DA – BCAA. Si avrà convenienza a scegliere questa seconda ipotesi quando RE CR +DA –<br />
BCAA ≥ RE CF +DA + RE CM . È facile dimostrare come l’equazione è soddisfatta solo quando il valore<br />
assoluto di BCAA è minore del valore assoluto di RE CM, RE CM è negativo e le colture alternative<br />
ai seminativi COP presentano una redditività significativamente più elevata rispetto a questi ultimi<br />
(ad esempio alcune orticole).<br />
La non coltivazione potrebbe rappresentare anche una valida alternativa per tutti quei possessori<br />
di diritti per i quali l’attività agricola riveste scarsa o nulla importanza (aziende di ridotte dimensioni<br />
condotte da agricoltori part time, o aziende marginali). Tali soggetti stipulano accordi con i contoterzisti<br />
che prevedono l’anticipazione delle spese colturali e la vendita della produzione a carico di questi<br />
ultimi, mentre i proprietari trattengono le compensazioni PAC. La sempre minore redditività dell’attività<br />
agricola e la progressiva riduzione delle compensazioni PAC avvenuta con Agenda 2000<br />
potrebbe convincere questi agricoltori part time a rinunciare alla coltivazione del fondo - eseguendo<br />
solo le operazioni necessarie alla BCAA – e incassare i diritti all’aiuto. Ovviamente questo comportamento<br />
avrebbe dei riflessi anche per le imprese che erogano servizi di contoterzismo che vedrebbero<br />
diminuire la domanda.<br />
Si consideri infine il caso (estremo) di un soggetto che dispone di un diritto all’aiuto maturato<br />
su una superficie di un ettaro coltivata a cereali. Sotto determinate condizioni potrebbe sussistere la<br />
convenienza a prendere in affitto un ettaro di terreno marginale. Per questa tipologia di terreni i canoni<br />
risultano molto più contenuti rispetto ai terreni a maggiore vocazione agricola e, generalmente, si<br />
osserva una più elevata offerta sul mercato. A tale terreno sarebbe associato il diritto all’aiuto esercitato<br />
attraverso la non coltivazione e il rispetto della BCAA. La superficie più fertile potrebbe invece<br />
essere investita a colture più redditizie dei cereali o comunque che siano in grado di garantire una<br />
maggiore remunerazione rispetto all’ipotesi di coltivazione e associazione del diritto al terreno fertile.<br />
Nell’ipotesi di base (coltivazione di cereali e associazione del diritto al terreno fertile) il reddito<br />
sarebbe dato da RE CFcere + DA. Nell’ipotesi di associazione del diritto a un terreno marginale preso<br />
in affitto e di coltivazione di orticole su quello più fertile (in proprietà) si avrebbe invece RE CForto +<br />
DA – BCAA – CA. La convenienza si avrebbe quando: RE CForto +DA – BCAA – CA ≥ RE CFcere<br />
+DA.<br />
Questa equazione sarebbe verificata solo quando il reddito ottenuto da una coltura più redditizia<br />
(orticola) è maggiore di quello di partenza (es. cereali) e consente di compensare anche i costi relativi<br />
a BCAA e canone d’affitto. Nell’ipotesi di un costo contenuto per la BCAA e di un modesto livello<br />
del canone di affitto di un terreno marginale questa soluzione potrebbe risultare conveniente all’agricoltore.<br />
In questo caso potrebbe aumentare la domanda di terreni marginali. Inoltre se il possesso<br />
di terreni marginali avvenisse tramite forme gratuite (ad esempio donazioni nell’ambito della famiglia<br />
coltivatrice, comodati gratuiti) l’ipotesi avrebbe maggiore convenienza venendo a mancare il costo<br />
connesso al canone di affitto.<br />
4.6 Possibili effetti sul mercato fondiario e degli affitti<br />
Dopo la pubblicazione dei regolamenti sulla riforma della PAC sono emerse le posizioni dei principali<br />
attori che agiscono sul mercato fondiario e degli affitti. I commenti e le osservazioni registrate<br />
negli ultimi mesi sono apparsi, da subito, molto differenti. Tra gli aspetti che potrebbero risultare<br />
maggiormente influenzati dalla definizione e successiva assegnazione dei diritti all’aiuto ci sono,<br />
soprattutto, i rapporti di affitto e la domanda di terreni sul mercato fondiario finalizzata, e legata, alla<br />
necessità di associare le superfici agricole ai diritti all’aiuto.<br />
67
4.6.1 I proprietari fondiari<br />
I proprietari fondiari hanno messo in evidenza una possibile svalutazione dei fondi rustici a<br />
seguito dell’applicazione della riforma della PAC. Il disaccoppiamento, che determina una netta<br />
scissione tra intervento pubblico e coltivazioni praticate, potrebbe, infatti, creare una netta differenziazione<br />
dei valori fondiari tra i terreni con diritto e quelli senza.<br />
Come ampiamente evidenziato nella letteratura, è stata proprio la PAC uno dei fattori che<br />
hanno sostenuto il progressivo aumento del prezzo della terra. Con la presente riforma il sostegno<br />
non sarà più collegato alle attività svolte sul terreno (disaccoppiamento) e pertanto sarebbe logico<br />
attendersi una diminuzione dei valori fondiari ipotizzando che il singolo diritto all’aiuto comprenda<br />
la parte del valore del terreno legata ai pagamenti comunitari. Tuttavia, i proprietari ricordano<br />
che per esercitare i diritti è necessario abbinarli a un equivalente numero di ettari di superficie<br />
ammissibile. Questa esigenza prevista dalla normativa lascia, pertanto, prevedere che il<br />
prezzo della terra non sia destinato a diminuire, almeno per i terreni con diritto, considerato il probabile<br />
incremento della domanda di questa tipologia di terreni.<br />
La riforma <strong>Fischler</strong> prevede che i terreni affittati nel periodo di riferimento siano restituiti al<br />
proprietario senza il diritto all’aiuto. I nuovi diritti rimangono, infatti, legati all’agricoltore che ha<br />
effettivamente coltivato i terreni e ricevuto i premi PAC nel periodo di riferimento, assegnando a<br />
questo soggetto la possibilità di beneficiare direttamente dei diritti coltivando altri terreni o di<br />
cederli a terzi. A tale riguardo, i proprietari temono che per riaffittare i propri terreni – ottenendo<br />
livelli di reddito simili a quelli ante riforma - sia necessario cercare un affittuario in possesso di<br />
diritti all’aiuto, mentre per coltivare direttamente il proprio fondo diventi fondamentale trovare<br />
degli agricoltori disposti a vendere i diritti. Inoltre i proprietari temono che i diritti all’aiuto possano<br />
costituire una forte barriera all’entrata nel mondo agricolo (Cagnoni, 2003) e ritengono<br />
poco logica la scelta di destinare il sostegno ai produttori storici anziché a quelli attuali. I livelli<br />
elevati dei valori fondiari presenti sul mercato costituiscono attualmente una forte barriera all’ingresso<br />
di nuovi imprenditori e all’aumento delle dimensioni aziendali. Con il disaccoppiamento<br />
questi vincoli potrebbero ulteriormente aumentare, soprattutto se la riserva nazionale non fosse in<br />
grado di soddisfare tutte le richieste.<br />
Negli ultimi mesi le principali organizzazioni dei proprietari fondiari hanno consigliato ai<br />
propri associati di rinnovare per un solo anno i contratti di affitto in scadenza (cosiddetto “contratto<br />
ponte”). In un alcuni casi sono state fatte anche delle proposte molto penalizzanti per gli<br />
affittuari. Cappa (2003) propone, ad esempio, di inserire clausole secondo le quali: “...la parte<br />
affittuaria si obbliga a non disporre in alcun modo dei diritti di pagamento disaccoppiati previsti<br />
dalla riforma della Politica Agricola Comune”. L’inosservanza di questa clausola dà luogo alla<br />
“risoluzione del contratto di affitto”. Inoltre “...se al termine del contratto di affitto i diritti non<br />
dovessero essere trasferiti al nuovo conduttore senza oneri a suo carico, l’affittuario uscente sarà<br />
tenuto a corrispondere un equo indennizzo alla parte proprietaria…”. In modo analogo l’Associazione<br />
tra proprietari di fondi rustici della provincia di Cremona ha proposto la seguente clausola<br />
(Mastroantonio, 2003): “Per tutta la durata del presente contratto di affitto, la parte affittuaria<br />
si obbliga a non vendere in alcun modo i diritti di pagamento disaccoppiati previsti dalla<br />
riforma della Politica agraria comune. Per i diritti di pagamento...maturati con la conduzione del<br />
presente fondo durante il periodo di riferimento, la parte affittuaria... si impegna a vendere tali<br />
diritti alla parte proprietaria al termine del contratto di locazione e conseguente rilascio del fondo,<br />
concedendo quindi alla parte proprietaria diritto di prelazione all’acquisto dei suddetti diritti”.<br />
Inoltre queste condizioni “...valgono anche nel caso di risoluzione anticipata e conseguente<br />
rilascio del fondo”.<br />
68
Appare peraltro evidente la difficoltà di far accettare queste clausole agli affittuari e alle<br />
Organizzazioni Professionali. Di particolare interesse sono alcune proposte avanzate da Frascarelli<br />
(2004b) che propone di introdurre nel contratto di affitto una clausola a tutela del proprietario che<br />
preveda l’obbligo di utilizzo dei titoli in modo da evitare che confluiscano alla riserva nazionale.<br />
In modo analogo a tutela dell’affittuario appare interessante la proposta di prevedere una clausola<br />
che impegni il proprietario a fare domanda di fissazione per i titoli affittati.<br />
Per facilitare il passaggio al nuovo regime di pagamento unico i proprietari fondiari puntano<br />
su una oculata gestione della riserva nazionale. In particolare le principali proposte vengono di<br />
seguito sintetizzate (Oliva, 2004; Visconti, 2004):<br />
1) il proprietario concedente che al termine del contratto di affitto intenda condurre direttamente<br />
il proprio fondo deve essere posto in condizione di ricorrere alla riserva nazionale;<br />
2) una analoga priorità deve essere concessa all’affittuario che non ha maturato diritti nel periodo<br />
di riferimento e voglia subentrare nella conduzione di un fondo rimasto sfitto. In particolare<br />
tale priorità andrebbe assegnata agli affittuari che subentrano nella conduzione di fondi di<br />
proprietà di Enti che non svolgono attività agricola (Comuni, Ospedali, Enti, Curia, ecc.);<br />
3) l’accesso alla riserva nazionale dovrebbe essere previsto anche per i proprietari già titolari di<br />
diritti che intendono ampliare la propria azienda;<br />
4) per il calcolo degli importi di riferimento attribuiti attraverso la riserva nazionale dovranno<br />
essere applicati criteri di omogeneità con gli importi di riferimento storici relativi alla medesima<br />
regione omogenea;<br />
5) la costituzione della riserva nazionale dovrebbe inoltre prevedere che il trasferimento dei diritti<br />
avvenga esclusivamente all’interno di zone omogenee per evitare possibili distorsioni speculative.<br />
Da un confronto con quanto riportato nei paragrafi precedenti si può facilmente osservare che<br />
solo parte di queste richieste sono compatibili con la normativa sinora prodotta a livello comunitario<br />
e nazionale. In particolare appare evidente che con il disaccoppiamento totale l’assegnazione<br />
di titoli a soggetti differenti dal produttore storico - attraverso la riserva nazionale - rappresenta<br />
una eccezione soggetta al rispetto di specifiche caratteristiche. Rispetto alla gestione della riserva<br />
ipotizzata dai proprietari fondiari, il decreto ministeriale 1787 riduce le possibilità di utilizzo<br />
di questo strumento a una casistica specifica ed è probabile che la riserva stessa non riesca a soddisfare<br />
tutte le richieste che saranno presentate nei prossimi mesi. Di notevole importanza risulta<br />
invece la gestione del trasferimento dei diritti a livello territoriale: come già evidenziato devono<br />
ancora essere definiti i criteri per identificare le zone omogenee, ma tale suddivisione riveste una<br />
fondamentale importanza per evitare fenomeni speculativi.<br />
4.6.2 I contoterzisti<br />
I contoterzisti ritengono che con la riforma della PAC una parte degli agricoltori troverà più conveniente<br />
esercitare i diritti all’aiuto senza coltivare i terreni. La contestuale riduzione dell’offerta<br />
potrebbe inoltre riflettersi in una diminuzione della domanda di servizi di contoterzismo, soprattutto<br />
per quanto riguarda le operazioni colturali relative a colture cerealicole, proteolaginose e foraggere<br />
(lavorazioni, semina, raccolta). Il minor utilizzo dei macchinari porterebbe a un aumento del periodo<br />
di ammortamento, rallentando il rinnovamento del parco macchine. Secondo recenti stime dell’UNI-<br />
MA - l’associazione che rappresenta la maggioranza degli agromeccanici – nel 2003 il fatturato dei<br />
contoterzisti potrebbe essere diminuito di circa un quinto rispetto all’anno precedente. In sostanza l’attuale<br />
definizione del disaccoppiamento viene vista come una misura che porterà conseguenze negative<br />
per le imprese che erogano servizi di contoterzismo (Gulinelli, 2004).<br />
69
4.6.3 Gli affittuari<br />
Gli affittuari mettono innanzitutto in evidenza il crescente ruolo dell’istituto dell’affitto nella<br />
realtà italiana. Secondo l’ultimo Censimento dell’Agricoltura la superficie media delle aziende in conduzione<br />
mista (affitto e proprietà) è nettamente superiore a quella delle aziende con terreni in sola proprietà.<br />
L’affitto riveste, pertanto, un importante ruolo nell’ampliamento della maglia poderale (Piccirilli,<br />
2003) soprattutto in presenza di un mercato fondiario statico e caratterizzato da elevati livelli di<br />
prezzo e dalla ridotta disponibilità di risorse finanziaria da parte degli agricoltori.<br />
Con il nuovo regime di pagamento unico, alla scadenza del contratto di locazione l’affittuario,<br />
in caso di non rinnovo, rimane comunque il titolare dei diritti all’aiuto maturati nel periodo di riferimento.<br />
L’affittuario è però vincolato dalla necessità di trovare un’equivalente superficie ammissibile<br />
per poter ricevere i pagamenti legati alla PAC e teme che i proprietari fondiari possano sfruttare<br />
questa necessità per imporre delle condizioni contrattuali non eque. Gli affittuari ritengono, inoltre,<br />
particolarmente penalizzanti le proposte fatte dai proprietari in alcuni recenti casi relativi a rinnovi<br />
contrattuali che vengono interpretate come un tentativo di recuperare una parte o la totalità dei diritti<br />
di cui, nella realtà, sono legittimi titolari i soli affittuari. In particolare vengono ritenute inaccettabili<br />
le clausole che impediscono ai concessionari di trasferire i diritti all’aiuto, imponendo invece di<br />
venderli alla parte concedente entro la scadenza del contratto.<br />
E’ inoltre ribadito che il contratto d’affitto è lo strumento giuridico che regola il rapporto di concessione<br />
del fondo rustico e non è ammissibile la sua utilizzazione per regolare rapporti patrimoniali<br />
estranei ad esso. La normativa vigente stabilisce, infatti, che il contratto deve essere costituito da<br />
clausole relative alla disciplina dei contratti agrari e quindi l’introduzione di clausole estranee alla legge<br />
203/82 dovrebbe essere considerata illegittima (Piccirilli, 2003).<br />
Le associazioni a cui fanno riferimento gli affittuari hanno, quindi, consigliato di non sottoscrivere<br />
“contratti ponte” che prevedono rinnovi di un solo anno. Esse propongono inoltre che a favore<br />
del proprietario che intende coltivare i terreni di cui è ritornato in possesso venga data la possibilità<br />
di accedere ai diritti della riserva nazionale.<br />
4.7 Conclusioni<br />
Con la pubblicazione del Regolamento (CE) 1782/2003 si è aperto anche in Italia un ampio<br />
dibattito sui possibili effetti delle diverse forme di disaccoppiamento introdotte con la riforma della<br />
PAC. L’individuazione del produttore storico come unico beneficiario dei nuovi diritti all’aiuto e l’affermazione<br />
del ruolo della PAC nel sostegno all’attività agricola hanno segnato una netta distinzione<br />
rispetto alla precedente riforma. Alla luce di tali importanti novità risulta quindi opportuno individuare<br />
i possibili comportamenti dei soggetti che operano nel settore primario nazionale e in particolare degli<br />
imprenditori agricoli. Gli effetti della riforma <strong>Fischler</strong> avranno, infatti, delle rilevanti implicazioni nell’ambito<br />
dei rapporti tra proprietà e impresa.<br />
A tale riguardo le figure economiche del concedente e del concessionario - nell’ambito dei contratti<br />
di affitto - sembrano quelle maggiormente interessate dal cambiamento che ha interessato il<br />
sostegno all’agricoltura. Nell’ambito dei vincoli stabili dalla normativa comunitaria, è emerso come<br />
il comportamento di proprietari e affittuari sarà profondamente condizionato dalla disponibilità dei<br />
nuovi diritti all’aiuto. Le scelte a disposizione di questi soggetti appaiono limitate: in particolare gli<br />
agricoltori che hanno affittato i propri terreni durante il periodo di riferimento potrebbero subire una<br />
marcata contrazione del reddito, soprattutto se non dovessero rientrare tra le categorie di soggetti che<br />
potranno accedere alla riserva nazionale.<br />
La necessità di associare i nuovi diritti all’aiuto a una corrispondente superficie potrebbe avere<br />
70
dei significativi riflessi sulla mobilità del mercato fondiario e degli affitti. Il trasferimento dei diritti<br />
all’aiuto può, infatti, essere associato a quello dei terreni oppure risultare indipendente dalla cessione<br />
della terra da parte degli agricoltori. In questo modo è ipotizzabile che si crei una netta differenziazione<br />
tra il mercato dei terreni dotati di diritto e il mercato di quelli che ne sono privi. Alla creazione<br />
di mercati paralleli risulterebbero inoltre associati valori fondiari profondamente diversi che<br />
potrebbero portare ad una ulteriore accentuazione del divario già esistente tra le aree marginali e quelle<br />
più fertili. A tale riguardo risulta indispensabile provvedere a una razionale definizione delle regioni<br />
omogenee all’interno delle quali può aver luogo il trasferimento dei diritti all’aiuto. Da più parti viene<br />
reputato indispensabile un superamento della definizione di regione omogenea coincidente con<br />
quella amministrativa. Potrebbero invece essere utilizzati dei criteri che tengano conto delle specifiche<br />
caratteristiche agricole di territori definiti a un livello subregionale.<br />
A seconda delle diverse realtà locali e della prevalenza di determinati rapporti tra proprietà e<br />
impresa, i principali effetti determinati dal disaccoppiamento potrebbero riguardare:<br />
- l’aumento della domanda di terreni da parte di soggetti titolari dei diritti che non possiedono la<br />
superficie alla quale abbinarli ma dispongono di sufficienti risorse per poterla acquistare. Questo<br />
incremento potrebbe essere associato anche ad una maggiore richiesta di terreni in affitto da parte<br />
di quegli agricoltori che invece non sono dotati di risorse finanziare per poter procedere all’acquisto.<br />
Tale domanda risulterà tuttavia condizionata dal numero di richieste di diritti che saranno<br />
soddisfatte attraverso la riserva nazionale: quanto più questa fonte riuscirà a coprire le richieste dei<br />
proprietari senza diritti e tanto più la domanda da parte di questa categoria di soggetti risulterà contenuta;<br />
- l’incremento della domanda di terreni marginali in alcune aree e per particolari tipologie d’impresa.<br />
L’abbinamento dei diritti a terreni con un minore grado di fertilità, congiuntamente alla non<br />
coltivazione e al rispetto della BCAA, potrebbe consentire di utilizzare i terreni più fertili per coltivazioni<br />
a maggiore redditività. Questa situazione è peraltro connessa al livello dei costi necessari<br />
per la BCAA;<br />
- la crescita del canone di affitto, tanto più spinta quanto maggiore sarà la tendenza dei proprietari<br />
fondiari a inglobare nel canone i nuovi diritti e quanto maggiore sarà il loro potere contrattuale per<br />
far accettare le nuove condizioni agli affittuari.<br />
I consolidati rapporti tra proprietà e impresa potrebbero quindi subire dei significativi mutamenti<br />
a seguito dell’applicazione della recente riforma della PAC. Se in questa breve fase che precede l’avvio<br />
della nuova gestione della PAC e la relativa assegnazione dei diritti, il mercato fondiario sembra<br />
più statico, a partire dal 2005 il mutato equilibrio potrebbe avere dei riflessi sul comportamento dei<br />
principali attori che operano sul mercato fondiario e degli affitti modificando la domanda e l’offerta<br />
dei terreni agricoli e il loro valore. Non deve tuttavia essere trascurato l’effetto delle trattenute sui<br />
diritti in caso di trasferimento degli stessi: in quest’ultimo caso sono, infatti, previste delle riduzioni<br />
che potrebbero penalizzare l’alienazione di questi titoli e limitare in misura sostanziale la mobilità dei<br />
nuovi diritti all’aiuto sul mercato.<br />
71
CAPITOLO 5<br />
GLI AIUTI DIRETTI IN ITALIA<br />
C. DE VIVO, P. DORIA<br />
5.1 Introduzione<br />
L’analisi dell’andamento degli aiuti diretti negli ultimi anni e la loro influenza sui risultati economici<br />
delle aziende agricole e dei comparti interessati è un importante elemento per una valutazione<br />
degli effetti della politica agricola comunitaria sull’agricoltura italiana. In questo capitolo si esamina<br />
l’andamento e la distribuzione dei contributi comunitari erogati nel periodo 1997-2002 dall’Agenzia<br />
per le erogazioni in agricoltura (AGEA) a favore dei comparti seminativi (cerealicolo, oleoproteaginose<br />
e riso), olio d’oliva, tabacco, carni bovine, carni ovicaprine. Nella seconda parte del capitolo<br />
si analizza l’impatto degli aiuti comunitari sui risultati economici delle aziende agricole, sulla<br />
base delle informazioni provenienti dalla Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA) per l’anno<br />
contabile 2001.<br />
L’analisi effettuata sui dati AGEA si focalizza sugli aiuti diretti dei cinque principali comparti,<br />
che di fatto costituiscono i principali settori d’intervento comunitario in termini di aiuti diretti al reddito.<br />
In questa sede si tralascia l’analisi di altre forme di sostegno che interessano comparti produttivi<br />
particolarmente importanti come il comparto lattiero-caseario e quello bieticolo-saccarifero. I dati<br />
forniti dall’AGEA fanno riferimento al momento in cui viene effettuato il pagamento al beneficiario,<br />
quindi, a causa di eventuali ritardi nelle procedure di erogazione, si possono verificare variazioni<br />
significative nella serie storica degli aiuti diretti non direttamente imputabili a modifiche delle politiche<br />
in atto.<br />
Attraverso la Banca dati RICA-INEA è possibile analizzare a livello aziendale la distribuzione<br />
dei pagamenti diretti al settore agricolo e, di conseguenza, gli effetti da questi prodotti, incrociando<br />
le informazioni sulle caratteristiche strutturali e sui risultati economici di impresa con le informazioni<br />
relative al sostegno che le aziende agricole riescono ad assicurarsi. Ciò consente di individuare le<br />
aziende che, per dimensione economica e per ordinamento produttivo, dipendono più di altre dal regime<br />
di aiuti, e pertanto risultano più sensibili ai mutamenti nello scenario degli interventi comunitari.<br />
Per esigenze di confrontabilità, anche in questo caso, il campo di osservazione è stato ristretto agli aiuti<br />
diretti relativi agli ordinamenti tecnici produttivi (OTE) riferibili ai comparti succitati. E’ necessario,<br />
comunque, evidenziare che mentre la Banca dati AGEA fa riferimento all’universo delle aziende<br />
italiane che percepiscono pagamenti diretti, la Banca dati RICA-INEA riguarda un campione di tutte<br />
le aziende agricole censite.<br />
Per un ulteriore approfondimento degli aspetti metodologici delle elaborazioni si veda il capitolo<br />
“Gli aiuti diretti della PAC in Italia secondo le Banche Dati AGEA e RICA-INEA” in INEA (2004).<br />
5.2 La distribuzione territoriale e per classi di importo ricevuto degli aiuti diretti<br />
Secondo i dati AGEA relativi all’arco temporale 1997-2002, il numero di aziende che hanno ricevuto<br />
aiuti diretti è mediamente pari a circa 1.465.000, cioè oltre il 50% delle aziende censite dall’Istat nell’ambito<br />
del 5° Censimento generale dell’agricoltura del 2000 (tab. 5.1). La distribuzione territoriale evidenzia<br />
una concentrazione delle aziende nel Sud Italia, con oltre il 60%, seguito dal Nord (circa il 20%)<br />
e dal Centro (17%). In particolare, quattro regioni meridionali contano, complessivamente, il 50% del totale<br />
delle aziende: la Sicilia (12%), la Campania e la Calabria con circa il 9% ciascuna e la Puglia. Quest’ultima<br />
regione, pur pesando per il 10% sull’universo censuario italiano, rappresenta il 18% del totale<br />
73
nazionale delle aziende con aiuti diretti, dato peraltro giustificabile se si considera che i comparti interessati<br />
dagli aiuti stessi sono ampiamente presenti in Puglia. Con una media di circa 274.000 unità, pari<br />
al 75% dell’universo regionale, la Puglia è la regione italiana con il maggior numero di aziende beneficiarie.<br />
Nel corso del periodo considerato, il numero delle aziende oggetto di aiuto è cresciuto di circa il<br />
4,5%, registrando un andamento discontinuo, con un minimo nel 1997 (circa 1,4 milioni di aziende) ed<br />
un massimo nel 1999 con circa 1,6 milioni di aziende. La variazione non ha interessato in modo omogeneo<br />
tutte le regioni italiane. Nel complesso, mentre le aziende del Centro hanno dimostrato una tendenza<br />
in linea con la media nazionale, le regioni meridionali e settentrionali si sono distaccate dall’andamento<br />
generale. Le aziende del Sud sono aumentate dell’8,4% - fatta eccezione per le aziende lucane che sono<br />
diminuite -, mentre quelle del Nord si sono ridotte del 6,1%, con Trentino e Liguria in controtendenza.<br />
Anche per quanto riguarda gli importi erogati per regione e per anno, si evidenzia un andamento tendenzialmente<br />
crescente nell’intero periodo esaminato ad eccezione del 2000 e del 1998 (tab. 5.2). Complessivamente<br />
gli aiuti sono aumentati del 10,5%. Il confronto con i dati relativi al numero delle aziende<br />
beneficiarie evidenzia differenze sostanziali tra le circoscrizioni geografiche, in termini di importo medio<br />
degli aiuti diretti per azienda. Infatti, a fronte di un incremento dei premi pressoché omogeneo nelle regioni<br />
del Nord e in quelle del Sud (12% circa), la diminuzione delle aziende nel primo caso e l’aumento nel<br />
secondo hanno comportato una variazione positiva dell’importo medio nel Nord pari a quasi il 20%, contro<br />
il ben più basso 3,5% nel Sud. La circoscrizione del Centro Italia è apparsa invece più equilibrata.<br />
Inoltre, dall’analisi per regione, spiccano alcune situazioni particolari: in Trentino Alto Adige e in<br />
Liguria gli aiuti diretti sono più che raddoppiati dal 1997 al 2002, pur continuando a ricevere una parte<br />
infinitesima del totale delle risorse nazionali, mentre incrementi più significativi, in rapporto alla loro incidenza<br />
relativa sul globale, sono stati registrati dalla Calabria (oltre 53%) e dal Piemonte (oltre 37%). Di<br />
contro le contrazioni più sostanziali sono state rilevate in Valle d’Aosta, in cui una diminuzione di<br />
250.000 euro pesa per il 18,6% sul totale degli aiuti regionali, in Abruzzo (7,5%) e in Basilicata (6,6%),<br />
a conferma della diminuzione del numero di aziende.<br />
La Puglia è la regione che ha percepito l’ammontare di aiuti maggiore in tutto il periodo considerato<br />
ma, come osservato nelle altre regioni del Sud, l’incremento degli aiuti nel 2002 rispetto al 1997 è più<br />
contenuto rispetto a quello del numero di aziende ed il peso percentuale degli aiuti stessi sul totale nazionale<br />
è inferiore al peso delle aziende, a dimostrazione, come vedremo in seguito, del minor importo unitario<br />
percepito da queste ultime. Puglia, Campania, Calabria e Sicilia assorbono in media oltre il 70% di<br />
tutte le risorse finanziarie destinate alle regioni meridionali e circa il 36% delle risorse totali, pur partecipando<br />
per percentuali inferiori alla definizione del valore della produzione italiana (27% circa).<br />
Concentrandosi sull’esame congiunto del numero delle aziende e degli aiuti da esse percepite, e dunque<br />
sull’evoluzione del premio medio per azienda, si rileva come, a fronte di un aiuto medio nazionale per<br />
azienda di 2.241 euro, calcolato come media del periodo 1997-2002, nel Nord tale valore sia ben più elevato<br />
(3.780), nel Centro di poco superiore, e nelle regioni meridionali inferiore di oltre 500 euro rispetto<br />
al dato medio nazionale. Il rapporto, quindi, varia molto tra le tre ripartizioni geografiche e, all’interno di<br />
esse, tra le regioni. Spiccano, tra gli altri, i casi del Piemonte (+53%) e del Trentino Alto Adige, dove il<br />
premio medio aziendale, in sei anni, è più che raddoppiato. In Piemonte il dato si giustifica con l’aumento<br />
degli aiuti erogati, verificatosi contemporaneamente alla diminuzione del 10% del numero di aziende<br />
beneficiarie. In Lazio e in Abruzzo, invece, il valore registrato nel 2002 è calato rispetto al 1997 del 10%,<br />
da ricondurre ad una diminuzione degli importi erogati, ma anche all’incremento delle aziende beneficiarie.<br />
La Lombardia, che, con una media di 6.713 euro, rappresenta la regione con il più alto premio<br />
aziendale, ha visto, nel corso del periodo analizzato, un flusso di aiuti più o meno costante, ma una tendenza<br />
al ribasso nel numero dei beneficiari. Il Veneto, pur essendo la seconda regione per consistenza totale<br />
di premi ricevuti (oltre 10% sul totale), si pone solo al quinto posto nella graduatoria degli importi medi<br />
74
Tab. 5.1 - Aziende beneficiarie di aiuti diretti per regione e per anno<br />
incidenza su<br />
1997 1998 1999 2000<br />
2001 2002<br />
totale regione *<br />
(n.) (%) (n.) (%) (n.) (%) (n.) (%) (n.) (%) (n.) (%) (%)<br />
Piemonte 49.158 3,6 47.998 3,2 46.580 3,0 45.468 3,2 44.498 3,0 44.139 3,1 38,3<br />
Valle D'Aosta 1.759 0,1 1.652 0,1 1.539 0,1 1.564 0,1 1.646 0,1 1.672 0,1 24,8<br />
Lombardia 48.361 3,5 46.584 3,1 45.014 2,9 45.157 3,1 43.988 3,0 42.091 2,9 60,7<br />
Trentino Alto Adige 4.564 0,3 4.762 0,3 4.466 0,3 5.543 0,4 6.461 0,4 7.621 0,5 9,1<br />
Veneto 108.050 7,8 107.359 7,2 105.721 6,8 106.415 7,4 106.092 7,2 105.320 7,3 55,7<br />
Friuli Venezia Giulia 27.083 2,0 26.467 1,8 25.452 1,6 24.648 1,7 25.912 1,8 23.677 1,6 73,0<br />
Liguria 10.988 0,8 16.206 1,1 10.623 0,7 13.759 1,0 8.790 0,6 15.090 1,0 28,8<br />
Emilia Romagna 61.035 4,4 57.514 3,8 55.679 3,6 55.400 3,9 54.822 3,7 52.545 3,6 52,1<br />
Toscana 63.937 4,6 69.354 4,6 68.487 4,4 65.120 4,5 62.696 4,2 65.249 4,5 47,0<br />
Umbria 38.116 2,8 40.518 2,7 41.013 2,6 39.769 2,8 38.628 2,6 39.484 2,7 69,3<br />
Marche 49.892 3,6 51.881 3,5 51.852 3,3 50.027 3,5 50.994 3,4 50.109 3,5 76,6<br />
Lazio 82.291 6,0 104.037 7,0 103.815 6,7 92.252 6,4 102.850 6,9 90.323 6,3 44,7<br />
Abruzzo 67.953 4,9 75.468 5,0 75.007 4,8 70.165 4,9 70.449 4,8 69.856 4,8 86,3<br />
Molise 28.290 2,0 30.132 2,0 29.735 1,9 28.692 2,0 28.599 1,9 28.170 2,0 85,2<br />
Campania 126.745 9,2 139.854 9,3 130.205 8,4 123.174 8,6 127.032 8,6 126.770 8,8 51,8<br />
Puglia 257.706 18,7 258.817 17,3 298.451 19,2 269.463 18,8 289.609 19,6 267.773 18,5 77,6<br />
Basilicata 54.883 4,0 57.484 3,8 59.129 3,8 52.836 3,7 56.585 3,8 44.945 3,1 66,3<br />
Calabria 99.690 7,2 129.185 8,6 148.756 9,6 119.688 8,3 137.894 9,3 134.652 9,3 65,4<br />
Sicilia 152.465 11,0 179.625 12,0 191.985 12,4 181.123 12,6 169.874 11,5 185.379 12,8 48,4<br />
Sardegna 48.512 3,5 51.529 3,4 57.155 3,7 46.679 3,2 52.608 3,6 48.678 3,4 45,1<br />
Nord 310.998 22,5 308.542 20,6 295.074 19,0 297.954 20,7 292.209 19,7 292.155 20,2 46,7<br />
Centro 234.236 17,0 265.790 17,8 265.167 17,1 247.168 17,2 255.168 17,2 245.165 17,0 52,7<br />
Sud 836.244 60,5 922.094 61,6 990.423 63,9 891.820 62,1 932.650 63,0 906.223 62,8 61,9<br />
ITALIA 1.381.478 100,0 1.496.426 100,0 1.550.664 100,0 1.436.942 100,0 1.480.027 100,0 1.443.543 100,0 56,5<br />
* Rapporto tra media 1997-2002 delle aziende beneficiarie e n. aziende del Censimento dell’agricoltura 2000.<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA<br />
75
Tab. 5.2 - Aiuti diretti erogati per regione e per anno<br />
1997 1998 1999 2000<br />
2001 2002<br />
('000 euro) (%) ('000 euro) (%) ('000 euro) (%) ('000 euro) (%) ('000 euro) (%) ('000 euro) (%)<br />
Piemonte 187.246 5,9 216.592 6,9 174.130 5,3 206.296 6,5 241.464 7,1 257.452 7,3<br />
Valle D'Aosta 1.336 0,0 1.538 0,0 459 0,0 631 0,0 1.087 0,0 1.070 0,0<br />
Lombardia 307.253 9,7 286.118 9,1 279.185 8,5 303.750 9,6 330.578 9,8 308.860 8,8<br />
Trentino Alto Adige 3.206 0,1 3.729 0,1 2.054 0,1 3.985 0,1 6.881 0,2 13.050 0,4<br />
Veneto 332.375 10,5 301.858 9,6 300.157 9,1 337.680 10,6 359.984 10,6 381.240 10,9<br />
Friuli Venezia Giulia 81.284 2,6 73.949 2,4 77.896 2,4 78.630 2,5 79.358 2,3 79.333 2,3<br />
Liguria 4.696 0,1 11.288 0,4 3.061 0,1 7.089 0,2 3.581 0,1 9.346 0,3<br />
Emilia romagna 192.953 6,1 173.978 5,6 170.260 5,2 185.104 5,8 201.493 6,0 198.105 5,6<br />
Toscana 191.278 6,0 194.778 6,2 187.830 5,7 187.547 5,9 193.759 5,7 191.897 5,5<br />
Umbria 130.908 4,1 126.400 4,0 126.890 3,9 134.766 4,2 137.886 4,1 139.827 4,0<br />
Marche 126.119 4,0 133.590 4,3 130.832 4,0 131.620 4,1 143.910 4,3 136.433 3,9<br />
Lazio 138.689 4,4 144.497 4,6 130.770 4,0 127.176 4,0 140.664 4,2 137.265 3,9<br />
Abruzzo 75.625 2,4 77.799 2,5 67.278 2,0 63.903 2,0 64.112 1,9 69.988 2,0<br />
Molise 49.134 1,5 56.018 1,8 52.384 1,6 49.997 1,6 51.922 1,5 52.524 1,5<br />
Campania 233.930 7,4 244.169 7,8 225.107 6,8 235.419 7,4 241.856 7,1 255.202 7,3<br />
Puglia 447.897 14,1 420.012 13,4 518.585 15,7 465.945 14,7 486.465 14,4 479.969 13,7<br />
Basilicata 123.481 3,9 104.337 3,3 102.937 3,1 101.425 3,2 108.087 3,2 115.354 3,3<br />
Calabria 175.712 5,5 180.150 5,7 407.574 12,4 215.451 6,8 235.374 7,0 269.814 7,7<br />
Sicilia 245.209 7,7 237.088 7,6 208.096 6,3 219.191 6,9 234.887 6,9 274.015 7,8<br />
Sardegna 128.694 4,1 145.758 4,7 127.500 3,9 121.070 3,8 121.875 3,6 140.809 4,0<br />
Nord 1.110.348 34,9 1.069.051 34,1 1.007.200 30,6 1.123.165 35,4 1.224.427 36,2 1.248.458 35,6<br />
Centro 586.994 18,5 599.266 19,1 576.323 17,5 581.110 18,3 616.219 18,2 605.422 17,2<br />
Sud 1.479.682 46,6 1.465.331 46,8 1.709.460 51,9 1.472.401 46,4 1.544.578 45,6 1.657.675 47,2<br />
ITALIA 3.177.023 100,0 3.133.648 100,0 3.292.983 100,0 3.176.676 100,0 3.385.224 100,0 3.511.556 100,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA<br />
76
unitari, a seguito di una notevole consistenza delle aziende destinatarie. Con la riforma <strong>Fischler</strong> l’importo<br />
di questi aiuti medi per azienda verranno di fatto cristallizzati.<br />
Un altro elemento di analisi è dato dalla ripartizione degli importi erogati e delle aziende beneficiarie<br />
per classi di aiuto (tab. 5.3). La classe fino a 5.000 euro assorbe in media nel periodo 2000-2002 circa il<br />
35% delle risorse finanziarie, con una lieve e costante flessione nel corso degli anni. Nel Sud tale percentuale<br />
arriva al 43%, controbilanciata da rapporti prossimi al 30% per il Centro e il Nord. Tale scala di<br />
valori tende, con l’incremento delle classi di aiuto, progressivamente a capovolgersi, in particolare nella<br />
classe tra 20.000 – 50.000 euro, nella quale, il Nord pesa maggiormente rispetto alle altre due circoscrizioni.<br />
Nella classe più alta, invece, è il Centro ad avere la maggior allocazione di risorse (circa il 26%),<br />
seguito dal Nord ed infine dal Sud. Complessivamente si può affermare che, nel triennio considerato, gli<br />
importi sono progressivamente diminuiti nella classe più bassa di aiuti (fino a 5.000 euro) e, di contro,<br />
sono incrementati in misura rilevante in quelle più alte. Nelle ultime due classi, da 20.000 a 50.000 euro<br />
ed oltre 50.000 euro, l’ammontare dei premi è aumentato rispettivamente del 21% e del 32% circa, a fronte<br />
di un incremento totale delle risorse del 10,5%.<br />
Analizzando il numero di aziende suddivise per classi di aiuto si riscontra che la quota di aziende collocate<br />
nella classe più bassa è superiore al 90% nell’intero periodo, con una piccolissima flessione nel<br />
2002 rispetto al 2000. Nelle altre fasce, invece, si assiste ad un lieve incremento percentuale, anche se,<br />
considerando che la quasi totalità delle aziende si situa nella classe di aiuti più bassa, in termini assoluti<br />
le variazioni sono davvero irrilevanti. In media, quindi, nel periodo 2000-2002 lo 0,4% delle aziende della<br />
classe oltre 50.000 euro assorbe il 17,6% dei mezzi finanziari e, di contro, il 90,3% delle aziende nella<br />
classe fino a 5000 euro si ripartisce il 35% delle risorse. Appare evidente, quindi, una forte polarizzazione<br />
attorno alle classi più estreme. Tra le classi centrali, la più importante in termini di ammontare complessivo<br />
di sostegno diretto percepito è quella tra 10.000 e 20.000 euro, nella quale ricade il 2,8% delle<br />
aziende che ricevono aiuti per circa 535 milioni di euro (15,9% del totale).<br />
Tab. 5.3 - Aziende beneficiarie e aiuti diretti per classi di importo ricevuto - Media 2000-2002<br />
50.000<br />
euro<br />
euro<br />
euro<br />
euro euro<br />
TOTALE<br />
Aziende (n.)<br />
Nord 242.967 26.246 14.446 7.813 2.224 293.696<br />
Centro 226.752 11.642 6.148 3.334 1.429 249.304<br />
Sud 842.272 38.957 19.989 7.520 1.766 910.504<br />
Italia 1.311.991 76.845 40.582 18.667 5.419 1.453.504<br />
Aiuti ('000 euro)<br />
Nord 327.627 179.021 195.732 225.514 270.790 1.198.683<br />
Centro 182.194 80.434 80.366 98.489 159.403 600.886<br />
Sud 674.215 262.141 259.104 201.055 161.703 1.558.218<br />
Italia 1.184.035 521.596 535.202 525.058 591.897 3.357.788<br />
Aziende (%)<br />
Nord 82,7 8,9 4,9 2,7 0,8 100,0<br />
Centro 91,0 4,7 2,5 1,3 0,6 100,0<br />
Sud 92,5 4,3 2,2 0,8 0,2 100,0<br />
Italia 90,3 5,3 2,8 1,3 0,4 100,0<br />
Aiuti (%)<br />
Nord 27,3 14,9 16,3 18,8 22,6 100,0<br />
Centro 30,3 13,4 13,4 16,4 26,5 100,0<br />
Sud 43,3 16,8 16,6 12,9 10,4 100,0<br />
Italia 35,3 15,5 15,9 15,6 17,6 100,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA<br />
77
La ripartizione delle aziende e degli importi per classi di aiuto non assume lo stesso andamento<br />
nelle tre circoscrizioni geografiche. Il Sud si caratterizza per il maggior numero di aziende (circa<br />
842.000) e per i maggiori importi (674 milioni di euro) nella classe di aiuto più bassa, con un importo<br />
medio per azienda di 800 euro. Un importo medio simile si riscontra anche nelle regioni del Centro,<br />
anche se ha origine da valori assoluti nettamente inferiori. Nel Nord, nella stessa fascia di aiuto,<br />
si osserva un numero relativamente contenuto di aziende rispetto agli importi percepiti, quindi il premio<br />
medio aziendale si assesta sui 1.348 euro. Il numero delle aziende, come evidenziato in precedenza,<br />
decresce rapidamente nelle altre classi di aiuto fino quasi ad annullare le differenze tra le circoscrizioni<br />
geografiche.<br />
5.3 La distribuzione degli aiuti diretti per comparto<br />
Il comparto più rilevante, in termini di aiuti diretti percepiti, a livello nazionale è quello dei seminativi,<br />
che ha assorbito, in media, oltre il 58% delle risorse finanziarie erogate, per un importo medio pari<br />
a 1.924 milioni di euro (tab. 5.4). Seguono l’olio di oliva con oltre il 19%, il tabacco, le carni bovine ed<br />
infine quelle ovicaprine. L’andamento degli aiuti mostra variazioni negative per i comparti dei seminativi<br />
e del tabacco, negli ultimi due anni del periodo analizzato, molto probabilmente per effetto dell’applicazione<br />
delle nuove politiche di Agenda 2000. Gli aiuti per le carni bovine, invece, hanno fatto registrare<br />
una flessione notevole nel 1999, anno in cui, per problemi relativi all’applicazione della nuova OCM<br />
del settore, si è verificato un rallentamento nelle erogazioni. Anche il settore delle carni ovicaprine ha<br />
segnato una netta riduzione degli importi erogati nel 2001, da addebitare all’implementazione della riforma<br />
dell’OCM, basata su premi forfetari su capo e sulla fissazione di quote individuali distribuite per Stato<br />
membro.<br />
Tab. 5.4 - Aiuti diretti per comparto e per anno<br />
1997 1998 1999 2000 2001 2002<br />
Aziende (n.)<br />
Seminativi 706.720 681.669 652.042 603.037 619.070 606.891<br />
Olio d'oliva 774.125 940.401 1.028.658 923.679 974.156 933.112<br />
Tabacco 36.187 33.619 31.877 30.644 30.062 26.193<br />
Bovini 121.987 94.870 96.434 122.097 125.963 128.754<br />
Ovicaprini 83.280 77.593 76.610 72.934 68.413 67.056<br />
Aiuti ('000 euro)<br />
Seminativi 1.952.684 1.854.161 1.878.592 1.910.138 2.010.300 1.941.526<br />
Olio d'oliva 521.420 523.848 854.163 595.923 612.076 663.603<br />
Tabacco 306.287 315.258 329.085 337.900 321.056 315.751<br />
Bovini 265.516 262.533 64.814 193.648 356.550 433.481<br />
Ovicaprini 131.116 177.848 166.329 139.067 85.243 157.505<br />
Aiuto medio per azienda (euro)<br />
Seminativi 2.763 2.720 2.881 3.168 3.247 3.199<br />
Olio d'oliva 674 557 830 645 628 711<br />
Tabacco 8.464 9.377 10.324 11.027 10.680 12.055<br />
Bovini 2.177 2.767 672 1.586 2.831 3.367<br />
Ovicaprini 1.574 2.292 2.171 1.907 1.246 2.349<br />
Aiuti/PL (%)<br />
Seminativi 30,0 31,0 32,0 33,0 35,0 33,0<br />
Olio d'oliva 21,0 28,0 36,0 31,0 33,0 32,0<br />
Tabacco 94,0 99,0 101,0 104,0 91,0 88,0<br />
Bovini 8,0 8,0 2,0 6,0 10,0 12,0<br />
Ovicaprini 35,0 51,0 41,0 39,0 24,0 55,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA; INEA, Annuario dell’agricoltura italiana - annate varie<br />
78
In termini di aziende beneficiate, è l’olio d’oliva con una media di 929.000 aziende ad essere il<br />
comparto prevalente, seguito dai seminativi e poi dai bovini. L’andamento del numero di aziende varia<br />
tra i diversi settori: per il comparto dei seminativi si registra una diminuzione di circa il 13%; le aziende<br />
del comparto dell’olio d’oliva e quelle delle carni bovine hanno avuto un andamento altalenante,<br />
mentre sia quelle del settore del tabacco che delle carni ovicaprine sono in progressiva diminuzione.<br />
Le forti disparità tra ammontare di aiuti e numero di aziende beneficiarie determina premi medi<br />
per azienda estremamente variabili: nel 2002 si va dai 711 euro nel caso dell’olio di oliva a causa dell’elevato<br />
numero di beneficiari ai 12.055 euro per il tabacco dove gli aiuti sono ingenti e i produttori<br />
sono localizzati in poche aree.<br />
Nell’intero periodo considerato, gli aiuti hanno un peso notevole sulla produzione lorda dei singoli<br />
comparti (tab. 5.4). L’incidenza percentuale degli aiuti è molto alta nel caso del tabacco, per il<br />
quale, in alcuni anni, il relativo valore è addirittura superiore a quello della produzione 81 . Anche per<br />
i seminativi e l’olio d’oliva si evidenzia un peso rilevante, pari a oltre un terzo del valore della produzione.<br />
Per le carni ovicaprine il contributo degli aiuti diretti raggiunge punte di oltre il 50% nel 1998<br />
e, di nuovo, nel 2002, dopo tre anni caratterizzati da forti decrementi, dovuti alla diminuzione dell’ammontare<br />
dei premi più che proporzionale rispetto alla contrazione della produzione lorda. Nel<br />
caso dei bovini i pagamenti raggiungono il 10% della produzione, anche se il dato medio deriva dalla<br />
sintesi di situazioni eterogenee, dovute, come nel caso dei seminativi, ai differenti premi che compongono<br />
l’OCM.<br />
5.4 La distribuzione territoriale e per ordinamento produttivo degli aiuti diretti delle<br />
aziende RICA<br />
Le aziende RICA che hanno beneficiato di aiuti diretti relativi ai comparti dei seminativi, olio<br />
d’oliva, tabacco, carni bovine, carni ovicaprine sono risultate 11.532 rispetto alle 16.219 aziende contabilizzate<br />
nel campione RICA nel 2001 (tab. 5.5). Esse sono distribuite pressoché in uguale misura<br />
nella circoscrizione Centro-Nord (51%) e in quella Meridionale ed Insulare (49%). Nelle isole, in particolare,<br />
si localizza circa il 20% del campione complessivo. L’importo mediamente percepito è stato<br />
pari a 268 euro ad ettaro di Superficie Agricola Utilizzata (SAU). Rispetto alla media campionaria,<br />
alcune regioni riescono ad assicurarsi mediamente un importo ad ettaro ben più elevato: è il caso<br />
di Puglia, Campania e Calabria per la circoscrizione meridionale e del Veneto per la circoscrizione settentrionale.<br />
Nelle regioni alpine, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, l’aiuto medio per ettaro di SAU<br />
si riduce in misura considerevole arrivando, nel caso della Valle D’Aosta, a soli 29 euro. Nelle regioni<br />
meridionali, le Isole, insieme con la Basilicata, registrano gli importi medi ad ettaro più bassi, pari<br />
a 155 euro per le aziende lucane, 118 per le aziende sarde e 211 euro per quelle siciliane.<br />
L’incidenza degli aiuti diretti sui risultati produttivi e reddituali delle aziende comprese nel<br />
campione RICA risente in misura evidente della localizzazione geografica delle aziende stesse, nonché<br />
del loro orientamento produttivo. La tabella evidenzia, infatti, come gli aiuti diretti, che a livello<br />
nazionale complessivo pesano per l’11% sulla Produzione Lorda Vendibile (PLV) e per il 28% sul<br />
Reddito Netto (RN), incidano in misura molto differente nelle diverse regioni. Nel Centro-Sud si evidenziano<br />
le Marche, l’Umbria e la Puglia in cui il peso del sostegno comunitario su entrambi gli indicatori<br />
economici aziendali è circa il doppio di quello registrato a livello nazionale. In altre regioni la<br />
81 Si tratta evidentemente di una discordanza tra fonti statistiche, dato che la produzione lorda ai prezzi di base calcolata dall'ISTAT include<br />
anche i contributi pubblici ricevuti dai produttori. È probabile che siano stati utilizzati valori dei contributi diversi rispetto a quelli<br />
ricevuti da AGEA ed elaborati in questa sede.<br />
79
forte distanza dalla situazione media nazionale si rileva solo per l’incidenza sui risultati produttivi o<br />
reddituali e non su entrambi; è questo il caso delle aziende del Lazio e della Calabria. All’estremo<br />
opposto della panoramica regionale, per le aziende della Valle D’Aosta, del Trentino Alto Adige e della<br />
Liguria sembra irrilevante, ai fini dei risultati produttivi e reddituali, il ruolo svolto dal sostegno<br />
comunitario elargito sotto forma di aiuti diretti.<br />
Tab. 5.5 - Aiuti diretti ad ettaro di SAU, su PLV e su RN per regione (2001)<br />
Regioni<br />
Aziende con Aiuti diretti / Aiuti diretti / Aiuti diretti /<br />
aiuti diretti<br />
SAU<br />
PLV<br />
RN<br />
(n.) (euro) (%) (%)<br />
Piemonte 771 289 11,0 33,0<br />
Valle D'Aosta 260 29 3,0 7,0<br />
Lombardia 603 336 8,0 20,0<br />
Trentino 36 57 1,0 5,0<br />
Alto Adige 40 56 1,0 3,0<br />
Veneto 569 418 10,0 27,0<br />
Friuli Venezia Giulia 522 278 6,0 16,0<br />
Liguria 166 191 5,0 8,0<br />
Emilia Romagna 577 222 6,0 37,0<br />
Toscana 655 261 10,0 30,0<br />
Umbria 422 453 22,0 53,0<br />
Marche 517 337 21,0 59,0<br />
Lazio 719 276 10,0 18,0<br />
Abruzzo 721 223 9,0 18,0<br />
Molise 514 252 13,0 29,0<br />
Campania 402 495 15,0 26,0<br />
Puglia 839 552 23,0 58,0<br />
Basilicata 257 155 12,0 26,0<br />
Calabria 781 452 20,0 37,0<br />
Sicilia 1.159 211 16,0 28,0<br />
Sardegna 1.002 118 11,0 23,0<br />
ITALIA 11.532 268 11,0 28,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati RICA-INEA<br />
Esaminando la distribuzione degli aiuti diretti per ordinamento produttivo si evince che<br />
l’importo ad ettaro mediamente percepito dalle aziende specializzate in olivicoltura, 817 euro,<br />
risulta di oltre tre volte superiore alla media del campione complessivo (tab. 5.6). Nessun altro<br />
ordinamento percepisce aiuti unitari così elevati. I seminativi, che pure si collocano in posizione<br />
immediatamente successiva, ricevono mediamente circa 360 euro ad ettaro. Tra le aziende specializzate,<br />
quelle vitivinicole, frutticole e agrumicole riescono ad assicurarsi aiuti diretti solo per<br />
importi inferiori alla media, rispettivamente pari a 123 e 145 euro ad ettaro. Le analisi riferite alla<br />
tipologia produttiva, in sostanza, confermano quanto già evidenziato nell’analisi della distribuzione<br />
regionale. Ad esempio in Puglia, dove l’importo medio del sostegno è pari a 552 euro ad<br />
ettaro, sono particolarmente diffusi gli ordinamenti produttivi olivicolo e cerealicolo caratterizzati<br />
da aiuti diretti mediamente più elevati.<br />
Il forte sostegno risulta evidente anche dal rapporto tra aiuti diretti e performance aziendali<br />
produttive e reddituali. Infatti, come riportato in tabella 5.6, gli ordinamenti olivicolo e cerealicolo<br />
sono anche gli ordinamenti in cui gli aiuti incidono in misura preponderante sul fatturato e sul red-<br />
80
dito netto. Per le aziende del campione con specializzazione cerealicola gli aiuti diretti comunitari<br />
rappresentano oltre un quarto della produzione lorda vendibile e oltre i tre quarti del reddito netto<br />
aziendale. La stessa incidenza sul valore della produzione si registra anche per le aziende olivicole<br />
specializzate in cui tuttavia i premi pesano in misura inferiore sul reddito netto (58%). Tra<br />
gli ordinamenti zootecnici specializzati solo i bovini da carne registrano rapporti tra aiuti diretti<br />
e fatturato e tra aiuti diretti e reddito superiori alle citate medie complessive, rispettivamente pari<br />
al 15% e al 38%; tuttavia tale indirizzo produttivo non si pone particolarmente in evidenza in termini<br />
di aiuti ad ettaro. Le performance economiche delle aziende specializzate in granivori, che<br />
pure riescono ad assicurarsi una buona risorsa di aiuti per ettaro di SAU, non sono palesemente<br />
connesse al sostegno comunitario; gli aiuti diretti rappresentano infatti solo il 2% della PLV ed il<br />
10% del reddito netto nelle aziende con granivori, specializzate o miste.<br />
Tab. 5.6 - Aiuti diretti ad ettaro di SAU, su PLV e su RN per OTE (2001)<br />
OTE<br />
Aziende con Aiuti diretti / Aiuti diretti / Aiuti diretti /<br />
aiuti diretti<br />
SAU PLV<br />
RN<br />
(n.) (euro) (%) (%)<br />
Cereali Specializzati, Oleaginose, Proteaginose 1.900 359 26,0 79,0<br />
Altri Seminativi, Seminativi Misti 1.592 365 16,0 47,0<br />
Ortofloricoltura 104 272 3,0 8,0<br />
Viticolo 659 123 2,0 4,0<br />
Frutticolo e/o Agrumicolo 351 145 4,0 7,0<br />
Olivicolo 773 817 29,0 58,0<br />
Arboreo Misto 685 294 7,0 15,0<br />
Bovino da latte 1.423 139 4,0 9,0<br />
Bovino da carne 303 177 15,0 38,0<br />
Bovino Misto 101 148 7,0 13,0<br />
Ovino-Caprino e Altri Erbivori 1.019 90 9,0 16,0<br />
Granivoro 79 316 2,0 10,0<br />
Erbaceo-Arboreo 1.319 291 13,0 36,0<br />
Erbivoro Misto 225 224 10,0 24,0<br />
Granivoro Misto 26 221 2,0 10,0<br />
Seminativi - Erbivori 756 253 15,0 35,0<br />
Misto Coltivazioni - Allevamenti 217 246 5,0 19,0<br />
ITALIA 11.532 268 11,0 28,0<br />
Fonte: elaborazioni INEA su dati RICA-INEA<br />
Se nell’ambito delle regioni e degli ordinamenti produttivi si evidenziano alcuni casi che<br />
riescono ad assicurarsi aiuti diretti ad ettaro ben al di sopra della media nazionale, nella distribuzione<br />
per dimensione economica, invece, nessuna classe si distingue per importi di molto superiori<br />
all’andamento generale del campione (tab. 5.7). Le aziende RICA che rientrano nella classe di dimensione<br />
economica più ridotta (4 < UDE ≤ 16, Unità di Dimensione Europea) ricevono 292 euro di aiuti<br />
diretti per ettaro di SAU, contro i 238 euro percepiti dalle aziende medie (16 < UDE < 40) e i 261<br />
euro di quelle grandi (≥ 40 UDE). E’ interessante, invece, analizzare la corrispondenza diretta tra il<br />
contributo che gli aiuti diretti forniscono alla formazione del valore della produzione e del reddito netto<br />
e la classe di UDE. La tabella 5.7 evidenzia, infatti, come l’incidenza del sostegno comunitario sulle<br />
performance economiche delle aziende aumenti all’aumentare della dimensione economica delle<br />
stesse. Si passa dal 9% sulla PLV e dal 27% sul reddito netto per le aziende di piccole dimensioni al<br />
15% e 38% nelle unità produttive maggiori.<br />
81
Tab. 5.7 - Aiuti diretti ad ettaro di SAU, su PLV e su RN per classe di dimensione economica (2001)<br />
Classe di UDE<br />
Aziende con<br />
aiuti diretti<br />
Aiuti diretti /<br />
SAU<br />
Aiuti diretti /<br />
PLV<br />
Aiuti diretti /<br />
RN<br />
(n.) (euro) (%) (%)<br />
4 < UDE 16 2.924 292 9,0 27,0<br />
16 < UDE
PARTE SECONDA:<br />
L’APPLICAZIONE DELLA RIFORMA IN ITALIA: ALCUNI CASI STUDIO
CAPITOLO 6<br />
UN’INDAGINE PER CASI STUDIO<br />
A. POVELLATO<br />
6.1 Obiettivi dell’indagine<br />
La riforma <strong>Fischler</strong> si prefigge di mantenere sostanzialmente inalterato il livello di sostegno<br />
concesso al settore agricolo, lasciando nel contempo maggiore libertà ai produttori nelle scelte<br />
imprenditoriali attraverso l’introduzione di nuovi meccanismi di disaccoppiamento parziale o<br />
totale. Il sistema del pagamento unico aziendale pone al centro dell’intervento pubblico l’agricoltore<br />
che diviene, in pratica, l’unico responsabile delle scelte produttive. Soltanto nel caso in cui<br />
lo Stato membro scelga l’opzione del disaccoppiamento parziale si manterrebbe un certo legame<br />
tra sostegno e produzione, ma comunque non paragonabile ad altri meccanismi di controllo dell’offerta<br />
quali il sostegno dei prezzi o gli aiuti diretti differenziati per tipo di produzione effettuata.<br />
Nello scenario post-riforma, di conseguenza, le decisioni dell’agricoltore in termini di ordinamenti<br />
colturali e dimensione dell’allevamento dovrebbero basarsi principalmente sui segnali<br />
provenienti dal mercato, quindi le scelte dovrebbero indirizzarsi verso i processi produttivi che<br />
consentono la massimizzazione del reddito o di un altro obiettivo imprenditoriale, date le caratteristiche<br />
strutturali ed organizzative dell’impresa. L’unico vincolo derivante dall’intervento pubblico<br />
riguarda il rispetto delle condizioni imposte dal sistema del pagamento unico aziendale.<br />
Infatti gli agricoltori, per poter continuare a ricevere i pagamenti, sono solamente obbligati a coltivare<br />
una delle produzioni elencate nell’allegato I del Regolamento 1782/2003 o una superficie<br />
foraggera e a mantenere il terreno agricolo in buone condizioni agronomiche e ambientali, mentre,<br />
per quanto riguarda l’attività zootecnica, è previsto un vincolo di mantenimento dell’attività<br />
zootecnica soltanto per le aziende che detengono diritti all’aiuto di importo unitario superiore a<br />
5.000 euro.<br />
Sotto questo profilo il meccanismo di disaccoppiamento proposto pone una serie di interrogativi<br />
per quanto riguarda il presumibile comportamento degli agricoltori. Le simulazioni di<br />
seguito presentate offrono una prima valutazione dell’impatto dei nuovi meccanismi di sostegno<br />
sul reddito aziendale e sull’incidenza del sostegno pubblico, ipotizzando alcune opzioni che l’imprenditore<br />
potrebbe adottare con l’avvio della riforma in aziende ritenute significative delle realtà<br />
agricole regionali oggetto di indagine. Le situazioni ipotetiche post-riforma sono state disegnate<br />
considerando da un lato le diverse modalità di applicazione del disaccoppiamento e dall’altro lato<br />
le possibili scelte degli agricoltori in termini di ordinamenti colturali e/o di capi allevati. In questo<br />
modo è stato possibile verificare quali combinazioni produttive potrebbero essere convenienti<br />
e quali, all’opposto, tradursi in una riduzione del reddito d’impresa. Ciò ha permesso inoltre di<br />
valutare le possibilità di espansione e i rischi di abbandono di talune colture e/o allevamenti.<br />
6.2 La metodologia di analisi<br />
Tutte le simulazioni partono dalla situazione di riferimento (baseline) relativa ai processi attuati,<br />
ai contributi percepiti e ai redditi aziendali del periodo 2000-2002 secondo quanto disposto dal<br />
Regolamento (CE) 1782/2003. I parametri economici e strutturali presi in considerazione per valutare<br />
gli effetti delle <strong>Riforma</strong> sono rappresentati da:<br />
- superfici delle singole colture;<br />
- numero di capi allevati;<br />
85
- superfici aventi diritto al premio o dichiarate ammissibili;<br />
- premi ricevuti in base al meccanismo del pagamento unico aziendale;<br />
- margine lordo (valore aziendale, valore per ettaro e variazione percentuale);<br />
- unità lavoro familiari (ULF) e salariate (ULS).<br />
Il margine lordo si riferisce alle colture e/o allevamenti presenti in azienda e si ottiene sottraendo<br />
al ricavo del processo le spese specifiche. Si tratta di una misura dell’efficienza del singolo processo<br />
produttivo utile per definire la combinazione produttiva più soddisfacente tra differenti processi<br />
produttivi. Il margine lordo aziendale deriva dalla somma dei margini lordi dei singoli processi,<br />
quindi non tiene conto dei potenziali ricavi accessori derivanti dalla gestione extracaratteristica dell’impresa.<br />
In questo esercizio di simulazione il margine lordo aziendale viene preso in considerazione<br />
soprattutto come indicatore della dimensione economica dell’azienda e, in misura approssimata, del<br />
reddito agricolo che afferisce alla famiglia coltivatrice.<br />
Le simulazioni riguardano esclusivamente la ripartizione della superficie coltivata, la dimensione<br />
dell’allevamento e l’entità dei contributi ricevuti come pagamento unico aziendale e come aiuti specifici<br />
secondo quanto stabilito dal Regolamento (CE) 1782/2003 e dai decreti nazionali di attuazione.<br />
Non vengono ipotizzate variazioni delle rese produttive, delle quantità di mezzi tecnici impiegati<br />
e dei relativi prezzi. Soltanto nel caso delle aziende con allevamento da latte sono state ipotizzate<br />
variazioni del prezzo del latte 82 . Quindi nella situazione post-riforma il calcolo del margine lordo<br />
aziendale è stato effettuato a partire dalla composizione produttiva ipotizzata, utilizzando il margine<br />
lordo per ettaro o per UBA (media 2000-2002) dei singoli processi al netto degli aiuti diretti 83 e<br />
aggiungendo i nuovi importi del pagamento unico aziendale. Eventuali contributi ricevuti sulla base<br />
di altre normative (ad es. pagamenti agroambientali, aiuti all’investimento) sono stati considerati<br />
costanti per evitare che una loro variazione tra il triennio di riferimento e il primo anno di applicazione<br />
della riforma potesse rendere non comparabili i risultati economici.<br />
La combinazione produttiva associata ai diversi scenari ipotizzati deriva da valutazioni soggettive,<br />
realizzate sulla base di una conoscenza approfondita dei singoli casi studio o di indicazioni ottenute<br />
da operatori del settore. Non sono stati utilizzati modelli di ottimizzazione per individuare le<br />
combinazioni produttive che massimizzano il reddito d’impresa in presenza di una serie di vincoli<br />
agronomici, strutturali ed organizzativi. La determinazione della ripartizione colturale e/o della<br />
dimensione dell’allevamento è sostanzialmente riconducibile alla tecnica del bilancio preventivo<br />
che, come noto, presenta alcuni limiti per quanto riguarda la soggettività e l’empirismo delle scelte<br />
effettuate, ma assicura una completa trasparenza e una costante verifica nel processo di scelta. Dato<br />
che le simulazioni hanno come obiettivo la valutazione dell’impatto del nuovo sistema di pagamento<br />
unico sulle singole unità produttive piuttosto che nel complesso del settore agricolo, le scelte produttive<br />
sono state ipotizzate tenendo conto di alcune situazioni emblematiche che possono crearsi a<br />
livello aziendale nello scenario post riforma.<br />
Nella definizione dei criteri di selezione delle aziende, si è cercato di individuare casi aziendali<br />
caratterizzati da ordinamenti produttivi e dimensioni compatibili con le varie realtà agricole regionali.<br />
Un primo processo di selezione ha portato ad accantonare tutte quelle aziende i cui ordinamenti<br />
produttivi sono marginalmente interessati dalla riforma, quindi, in generale le aziende specializzate<br />
in colture arboree e orticole. La scelta è stata successivamente ristretta a realtà aziendali general-<br />
82 Nel caso della OCM latte la riforma prevede riduzioni dei prezzi di intervento per il burro e il latte scremato e l'abolizione del prezzo<br />
indicativo per il latte. Le riduzioni dei prezzi amministrati saranno progressive nel tempo fino alla campagna commerciale 2007-08.<br />
Supponendo una parziale trasmissione di tali riduzioni al prezzo di mercato del latte, sono state ipotizzate variazioni di -2,5%, -5% e<br />
-7,5% rispettivamente dal 2005 al 2007.<br />
83 In assenza di dati relativi al caso studio specifico, si è fatto ricorso a valori medi ricavati dalla RICA in aziende simili.<br />
86
mente di tipo professionale, a conduzione familiare e dove l’attività agricola rappresenta la fonte di<br />
reddito primaria per il nucleo familiare. Una volta soddisfatto il vincolo imposto dalla necessità di trovare<br />
imprese contabilizzate nei tre anni di riferimento (2000-02), si è cercato di individuare casi aziendali<br />
differenziati in termini di dimensione fisica ed economica, ubicati in aree geografiche differenziate<br />
(pianura, collina o montagna) e caratterizzati da ordinamenti specializzati o misti comprendenti<br />
seminativi, allevamenti bovini o allevamenti ovicaprini. Non sono mancati casi specifici in alcune<br />
regioni che possono assumere una particolare significatività in relazione agli effetti della riforma.<br />
Successivamente sono stati individuati gli scenari ipotizzabili per il periodo post-riforma alla<br />
luce degli orientamenti adottati in Italia a partire dal primo decreto del MiPAF del 5 agosto 2004. In<br />
alcuni casi la selezione delle opzioni va anche oltre questi orientamenti, dato che si è cercato di evidenziare<br />
quali risultati si potevano raggiungere in presenza di uno scenario diverso da quello deciso<br />
a livello nazionali, ad esempio nel caso della regionalizzazione degli aiuti (Toscana), del disaccoppiamento<br />
parziale per gli aiuti alla zootecnia o di una particolare forma di premio qualità. Tra le opzioni<br />
previste dal Regolamento 1782/2003 sono stati prese in considerazione il disaccoppiamento totale<br />
dei premi previsti per i seminativi e il disaccoppiamento totale o parziale dei premi previsti per la<br />
macellazione di bovini adulti, tralasciando la possibilità di disaccoppiamento parziale nel settore dei<br />
seminativi. Gli aiuti sono stati calcolati tenendo conto dei tagli previsti dalla modulazione (3%), dalla<br />
costituzione della riserva nazionale (3%) e dalle trattenute per consentire i pagamenti supplementari<br />
(il cosiddetto “premio qualità” previsto ai sensi dell’articolo 69 del Regolamento (CE) 1782/2003)<br />
che variano a seconda del comparto produttivo (8% per i seminativi, 7% per le carni bovine e 5% per<br />
gli ovicaprini). Per quanto riguarda le simulazioni condotte nelle aziende con bovini da latte si sono<br />
valutati gli effetti della riforma relativamente agli anni 2005, 2006 e 2007 con differenti ipotesi di<br />
riduzione del prezzo di mercato del latte. Infine sono stati valutati gli effetti dell’introduzione del premio<br />
per la qualità (art. 69) e anche l’impatto della “regionalizzazione” del pagamenti unico. L’elenco<br />
completo comprende le seguenti sei opzioni:<br />
- disaccoppiamento totale seminativi<br />
- disaccoppiamento totale macellazione<br />
- disaccoppiamento parziale macellazione<br />
- introduzione premio diretto latte<br />
- regionalizzazione aiuti<br />
- disaccoppiamento totale seminativi con premio qualità (seminativi, vacca nutrice e ovicaprini)<br />
Si ricorda che le simulazioni non tengono conto della riforma dell’OCM olio d’oliva, quindi la<br />
superficie investita ad oliveto non rientra nel calcolo della superficie ammissibile e nemmeno i premi<br />
percepiti nel calcolo del pagamento unico.<br />
A fronte di queste opzioni della riforma, sono state ipotizzate una serie di scelte imprenditoriali<br />
elencate in forma sintetica di seguito:<br />
a) baseline (situazione di riferimento ante riforma)<br />
b) mantenimento dell’ordinamento ante riforma<br />
c) diversificazione colturale<br />
d) concentrazione colturale<br />
e) abbandono / diminuzione allevamento<br />
f) abbandono coltivazione<br />
g) premio qualità<br />
h) riduzione del prezzo del latte<br />
Ad ogni scelta imprenditoriale è corrisposta una determinata ipotesi di simulazione. In tutti i casi<br />
87
la prima ipotesi riguarda la scelta del “Mantenimento dell’ordinamento ante riforma” (a) mentre le<br />
altre 2-4 simulazioni riguardano scelte che possono essere ragionevolmente ipotizzate analizzando la<br />
situazione aziendale specifica. Nel caso del premio qualità è stata utilizzata anche una analisi di sensitività,<br />
dato che il decreto ministeriale fissa soltanto il livello massimo dell’incentivo che molto probabilmente<br />
non sarà mai raggiunto. Quindi questi valori massimo rappresentano soltanto il punto di<br />
partenza per una serie di simulazioni che normalmente tendono ad individuare il livello di premio corrispondente<br />
al raggiungimento di un certo obiettivo (ad es. l’ottenimento di un margine lordo o di un<br />
ammontare di contributi simili a quelli del periodo di riferimento ante riforma).<br />
Per le elaborazioni sono state utilizzate le seguenti fonti informative:<br />
- la Banca Dati RICA degli anni 2000-2002, per i dati aziendali relativi a superfici, capi allevati e<br />
quantitativi di latte venduti e margini lordi dei processi vegetali e animali;<br />
- i piani di regionalizzazione degli anni 2000-2002, per le rese di riferimento utilizzate nel calcolo<br />
dei premi ad ettaro per i seminativi;<br />
La Banca Dati RICA 84 ha reso possibile l’estrazione di informazioni relative a redditi e costi di<br />
processi attuati nelle aziende oggetto di studio e ai relativi contributi pubblici ricevuti. Sono stati, inoltre,<br />
calcolati i margini lordi medi regionali dei processi che, pur non essendo presenti in azienda, sono<br />
comunque stati ipotizzati in una o più situazioni post-riforma.<br />
L’indagine ha riguardato otto regioni: Piemonte, Veneto, Toscana, Marche, Puglia, Basilicata,<br />
Calabria e Sicilia. Sono stati individuati un numero variabile da 4 a 6 casi studio per regione per un<br />
totale di 44 aziende agricole.<br />
84 La Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA) è l’indagine comunitaria più importante per il settore agricolo. Essa rende infatti<br />
disponibili, per un nutrito numero di aziende, informazioni sia di tipo strutturale che di tipo economico-contabile, con le quali è possibile<br />
compilare il bilancio economico-aziendale e determinare il reddito conseguito nell’anno di esercizio.<br />
88
CAPITOLO 7<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN PIEMONTE<br />
R. CAGLIERO<br />
7.1 La selezione delle aziende<br />
Le simulazioni sono state condotte su 6 aziende caratterizzate da ordinamenti produttivi e dimensioni<br />
compatibili con la realtà agricola piemontese (tab. 7.1). Tre delle aziende selezionate attuano<br />
esclusivamente processi vegetali, mentre nelle altre tre sono presenti anche processi di allevamento; di<br />
questi ultimi casi, uno solo presenta allevamento specializzato da latte.<br />
In termini territoriali, le aziende selezionate sono collocate per la maggior parte in pianura, dove<br />
si concentra l’agricoltura piemontese più intensiva e ”più sensibile” ai mutamenti nella politica comunitaria.<br />
Sono presenti, tuttavia, un allevamento, con la tecnica vacca-vitello situato nel cuneese premontano,<br />
e un’azienda policolturale anch’essa collocata in area collinare.<br />
Dal punto di vista dimensionale, le imprese rappresentano realtà comunemente presenti sul territorio<br />
regionale; l’obiettivo della selezione, in questo senso, è stato quello di porre in evidenza condizioni<br />
normali, cercando di escludere situazioni colturali troppo intensive o aziende non professionali.<br />
Tab. 7.1 - Caratteristiche delle aziende selezionate<br />
Azienda<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
UL<br />
salariate<br />
Polo<br />
Torino<br />
1 64,0 0 0,7 1 Seminativi<br />
pianura<br />
Tipologia coltivazioni<br />
allevamenti<br />
Concentrazione colturale<br />
(seminativi)<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
49.964<br />
Vercelli<br />
2 62,3 0 2,4<br />
pianura<br />
0 Seminativi<br />
Concentrazione colturale<br />
(riso)<br />
88.202<br />
Cuneo<br />
3 90,0 95 3,3<br />
collina<br />
0<br />
Bovini da allev.<br />
e carne<br />
Allevamento intensivo<br />
bovini da carne<br />
75.137<br />
Cuneo<br />
4 29,0 80 1,5<br />
pianura<br />
0<br />
Bovini da allev.<br />
e carne<br />
Allevamento intensivo<br />
bovini da carne<br />
85.133<br />
Torino<br />
5 25,5 69 2,7<br />
pianura<br />
0 Bovini da latte<br />
Allevamento estensivo<br />
vacche da latte<br />
100.202<br />
6<br />
Alessandria<br />
collina<br />
28,6 0 2,0 0 Policoltura Seminativi e vite 25.618<br />
Per la simulazione degli scenari post riforma relativi ai seminativi, si è ritenuto opportuno ipotizzare<br />
sempre un’applicazione con disaccoppiamento totale dei premi previsti. In relazione all’OCM per<br />
le carni bovine, si sono prese in considerazioni differenti possibilità: il disaccoppiamento totale dei premi<br />
e il disaccoppiamento parziale, con l’opzione accoppiamento per la vacca nutrice. Sia nel caso dei<br />
seminativi, sia nel caso delle produzioni di carni bovine si è anche ipotizzata la possibilità di un’applicazione<br />
del cosiddetto “premio qualità”, previsto ai sensi dell’art. 69 del Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003, con il relativo regime di trattenute settoriali.<br />
Per il settore del latte, la simulazione condotta sull’azienda specializzata ha tenuto conto degli effetti<br />
della riforma relativamente agli anni 2005, 2006 e 2007 (introduzione del sostegno diretto) e ha preso<br />
in considerazione differenti ipotesi di variazione del prezzo di mercato del latte, stimando una contrazione<br />
percentuale progressiva negli anni presi in esame.<br />
89
Infine, per le simulazioni condotte sul caso aziendale con coltivazione di riso, si è ritenuto<br />
opportuno, oltre a stimare le variazioni nell’entità dei premi, considerare anche una variazione nell’andamento<br />
del margine lordo, in relazione all’effetto derivante dalla riduzione del prezzo di<br />
intervento prevista dal Regolamento (CE) n. 1785/2003. Tale Regolamento indica una diminuzione<br />
del prezzo di intervento da 298.35 euro a tonnellata a 150,00 euro a tonnellata.<br />
7.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (con seminativi in pianura)<br />
L’azienda 1, localizzata nella pianura torinese, ha una SAU di oltre 64 ettari con investimenti<br />
a mais, soia, altri cereali e coltivazioni proteiche, per quanto queste ultime occupino estensioni<br />
molto limitate. Sono presenti anche coltivazioni foraggere, per oltre 2 ettari. Le unità lavoro<br />
familiari (ULF) sono pari a 0,7 e sono presenti anche salariati. L’azienda è caratterizzata da un’elevata<br />
percentuale di superficie a mais, che nel triennio di riferimento, rappresenta oltre la metà<br />
della SAU; anche gli investimenti ad oleaginose rivestono un peso significativo. Relativamente ai<br />
risultati economici dell’azienda, si deve porre in evidenza che i valori del margine lordo aziendale<br />
appaiono abbastanza contenuti.<br />
Tab. 7.2 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 34,8 34,8 55,3 0,0 0,0<br />
Altri cereali PAC 2,6 2,6 0,0 0,0 0,0<br />
Oleaginose 17,5 17,5 0,0 55,3 55,3<br />
Proteiche 0,4 0,4 0,0 0,0 0,0<br />
Set aside obbligatorio 6,4 6,4 6,4 6,4 6,4<br />
Foraggere 2,3 2,3 2,3 2,3 2,3<br />
Altre colture 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5<br />
Superficie con diritto 61,7 61,7 61,7 61,7 61,7<br />
Superficie ammissibile 64,0 64,0 64,0 64,0 64,0<br />
SAU 64,6 64,6 64,6 64,6 64,6<br />
Premi ricevuti (euro) 29.555 21.970 22.911 22.911 32.865<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -26 -22 -22 11<br />
Premio per ettaro con diritto 479 356 371 371 532<br />
Margine lordo aziendale (euro) 49.964 42.379 51.287 36.584 46.538<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -15 3 -27 -7<br />
Margine lordo per ettaro 774 656 794 567 721<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 59 52 45 63 71<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: trasformazione di tutte le superfici a mais;<br />
3 a ipotesi: trasformazione di tutte le superfici a oleaginose;<br />
4 a ipotesi: ordinamento della 3a ipotesi e premio qualità per la soia (180 euro/ha).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
90
Al fine di simulare gli effetti della riforma <strong>Fischler</strong>, si è provveduto, innanzitutto, alla stima della<br />
superficie media sul periodo 2000-2002 con diritto ai premi. L’importo di riferimento è stato stimato<br />
in quasi 24.000 euro; tuttavia questo valore si deve considerare come lordo, poiché deve ancora essere<br />
ridotto per la parte eccedente i 5.000 euro del 3% (modulazione) e del 3% per la riserva nazionale.<br />
In sintesi, dunque, il premio unico che potrebbe percepire l’azienda in caso di disaccoppiamento<br />
è di circa 22.000 euro, pari a 356 euro circa per ettaro con diritto. La tabella 7.2 riassume i risultati delle<br />
simulazioni relative alla situazione di riferimento e alle ipotesi di cambiamento conseguenti alla<br />
riforma.<br />
1 a ipotesi. In questa ipotesi si considera costante l’ordinamento colturale base (media del triennio<br />
2000-2002); la simulazione pone in evidenza una riduzione del margine lordo aziendale, in questo<br />
caso pari a poco più di 42.000 euro, dell’ordine del -15%. Oltre alla riduzione derivante dai<br />
cambiamenti nei premi dovuti alle decurtazioni per la riserva nazionale e alla modulazione e al premio<br />
qualità, l’azienda registra anche una perdita nel livello di sostegno per la presenza nella rotazione<br />
di una quota significativa di oleaginose, svantaggiate dal nuovo meccanismo, mentre, viceversa,<br />
la presenza di proteiche - comunque poco presenti - dovrebbe assicurare in teoria un incremento<br />
dei premi.<br />
2 a ipotesi. La superficie a oleaginose viene del tutto eliminata e sostituita con mais. In questo caso, i<br />
premi risultano evidentemente costanti, ma vi sono sensibili variazioni nel valore del margine lordo<br />
aziendale, che appare incrementato a oltre 50.000 euro, circa 790 euro ad ettaro.<br />
3 a ipotesi. Una scelta da valutare, per quanto presenti già a priori alcune debolezze, è quella di una<br />
conversione delle coltivazioni a oleaginose. Questo scenario pone in luce la bassa competitività<br />
dell’espansione della soia, che comporta una marcata contrazione nel margine lordo, pari a circa<br />
36.500 euro; tale dato indica una perdita dell’ordine del -27%, rispetto alla situazione ante riforma.<br />
4 a ipotesi. Si riferisce al medesimo ordinamento colturale della 3 a ipotesi, ma si prevede l’introduzione<br />
del premio qualità per la soia previsto ai sensi dell’art. 69 del Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003. Tale ipotesi è stata proposta in quanto risulta la volontà sia a livello nazionale sia a<br />
livello regionale di applicare un sostegno supplementare alle coltivazioni oleaginose. Nell’ipotesi<br />
in cui tale aiuto supplementare fosse pari a 180 euro per ettaro, i premi ricevuti dall’azienda<br />
ammonterebbero a quasi 33.000 euro. La situazione reddituale aziendale risulterebbe, di conseguenza,<br />
migliorata in modo sensibile e il margine lordo potrebbe superare i 46.500 euro. Questo<br />
scenario potrebbe rendere relativamente interessante la coltivazione della soia, ponendo i risultati<br />
di un ordinamento con oleaginose comunque superiori alla situazione media del triennio 2000-<br />
2003 (1 a ipotesi), anche se, per pareggiare le performance ottenibili nell’ipotesi 2, il premio qualità<br />
della soia dovrebbe essere in realtà superiore ai 265 euro per ettaro.<br />
In sintesi, in un’azienda di questo tipo la presenza della soia nell’ordinamento colturale<br />
potrebbe divenire significativamente penalizzante in termini di margine lordo. Tuttavia, l’introduzione<br />
di un aiuto supplementare per tale coltivazione (premio qualità) potrebbe in parte ridurre<br />
il differenziale negativo. Con un’ipotesi di un’erogazione di 180 euro ad ettaro le oleaginose<br />
restano sensibilmente meno convenienti del mais, ma potrebbero raggiungere un livello di profittabilità<br />
sufficiente per un’introduzione stabile in rotazione, anche in prospettiva dell’applicazione<br />
delle buone pratiche agronomiche.<br />
L’azienda 2 (con seminativi, specializzata a riso)<br />
L’azienda 2, localizzata nella pianura di Vercelli, dispone di una SAU pari a 62,3 ettari, tutti investiti<br />
a riso, eccetto una contenuta superficie coltivata a mais. La dotazione di manodopera familiare<br />
91
pari a 2,4 ULF; sono assenti salariati. La presenza significativa del riso mette in evidenza la possibilità<br />
dell’azienda di aderire al regime di pagamenti supplementari previsto dal Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003; in particolare il Capitolo 3 del Titolo IV del Regolamento riporta il regime specifico per<br />
il riso e prevede nell’art. 80 un premio supplementare per l’Italia di 453 euro ad ettaro.<br />
La tabella 7.3 riassume i risultati delle simulazioni relative alla situazione di riferimento (Baseline)<br />
e alle tre situazioni ipotizzate per il periodo post-riforma.<br />
Tab. 7.3 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 3,0 3,0 0,0 0,0<br />
Riso 59,4 59,4 62,3 62,3<br />
Oleaginose 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Set aside obbligatorio 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Altre colture 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Superficie con diritto 62,3 62,3 62,3 63,3<br />
Superficie ammissibile 62,3 62,3 62,3 62,3<br />
SAU 62,3 62,3 62,3 62,3<br />
Premi ricevuti (euro) 20.243 57.319 57.319 57.319<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 183 183 208<br />
Premio per ettaro con diritto 325 919 919 1.000<br />
Margine lordo aziendale (euro) 88.202 125.278 125.118 98.203<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 42 42 11<br />
Margine lordo per ettaro 1.415 2.010 2.008 1.576<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 23 46 46 58<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione della superficie a mais e aumento della superficie a riso;<br />
3 a ipotesi: riduzione della superficie a mais e aumento della superficie a riso e variazione del prezzo di intervento.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Con il mantenimento dell’ordinamento colturale base (media del triennio 2000-2002),<br />
a causa del premio supplementare per il riso, si osserva significativa crescita dei premi percepiti<br />
dall’azienda, che quasi triplicano. Di conseguenza anche il margine lordo aziendale risulta<br />
incrementato in modo rilevante e raggiunge quasi 125.000 euro (+42%), per un valore ad<br />
ettaro di 2.010 euro.<br />
2 a ipotesi. La superficie a mais viene eliminata e, vista la elevata capacità di produrre reddito del<br />
riso, viene convertita a riso. I risultati economici dell’azienda non migliorano ulteriormente, ma<br />
il margine lordo si attesta comunque oltre i 125.000 euro.<br />
3 a ipotesi. In questa simulazione viene introdotta una riduzione del margine lordo aziendale in proporzione<br />
alla contrazione del prezzo di intervento. La riforma, infatti, prevede una diminuzione<br />
unica del prezzo di intervento del riso del 50%, portandolo da 298,35 a 150 euro a tonnellata,<br />
in linea con i prezzi del mercato mondiale. L’effetto di tale riduzione si ripercuoterà<br />
anche sui prezzi degli scambi interni e quindi sul margine lordo; in questa ipotesi si considera<br />
plausibile, anche alla luce di interviste con testimoni privilegiati, una contrazione del margine<br />
del 40%. Il livello dei premi risulta quindi uguale a quelli stimati nella 2 a ipotesi, mentre il<br />
92
valore del margine lordo si riduce a poco meno di 100.000 euro, un valore, comunque, superiore<br />
dell’ordine del 10% rispetto alla situazione pre-riforma.<br />
In conclusione, in un’azienda caratterizzata dalla tendenza alla monocoltura risicola, l’effetto<br />
del premio supplementare per il riso appare rilevante, soprattutto quale compensazione della<br />
perdita di redditività della coltura, a seguito della riduzione del prezzo di intervento. La possibilità<br />
per la coltura di utilizzare un regime di aiuto specifico, pur rientrando nel pagamento unico<br />
aziendale, potrebbe offrire vantaggi rispetto al regime precedente, solo nel caso in cui le riduzioni<br />
del prezzo del riso restino limitate a quanto stabilito dal nuovo regime. Ulteriori flessioni<br />
sarebbero compatibili soltanto fino ad un livello che determini una contrazione del margine non<br />
superiore al 55%.<br />
L’azienda 3 (con allevamento bovino da carne e presenza di vacche nutrici)<br />
L’azienda 3, situata nella collina cuneese, presenta i seguenti dati strutturali: una dotazione di<br />
manodopera pari a 3,3 ULF, assenza di salariati, una SAU di oltre 90 ettari, utilizzata prevalentemente<br />
a foraggere, ma anche con presenza di mais da granella e mais ceroso, reimpiegati nell’alimentazione<br />
dei bovini. L’allevamento - che ha una dimensione pari a 95 UBA - è composto da circa 70 vacche<br />
nutrici e da una trentina di UBA di maschi da macello. L’azienda percepisce, oltre ai diritti per i<br />
premi su superfici, anche i diritti per i capi: premio speciale bovini maschi, premio vacche nutrici, premi<br />
per l’estensivizzazione, macellazione dei bovini maschi, premio supplementare dell’envelope.<br />
Le simulazioni sono basate su diverse ipotesi di disaccoppiamento: disaccoppiamento totale sia<br />
dei premi previsti per i seminativi che per quelli a favore dei bovini; disaccoppiamento totale per i<br />
seminativi e parziale per i bovini; introduzione del premio qualità per le vacche nutrici.<br />
Il seguente prospetto (tabella 7.4) riporta i risultati delle simulazioni relative alla situazione ante<br />
riforma (Baseline) e alle quattro situazioni ipotizzate per il periodo post riforma.<br />
1 a ipotesi. In questa ipotesi si ipotizza che l’imprenditore agricolo continui le attività di allevamento<br />
in presenza di un disaccoppiamento totale dei premi per i bovini. si osserva un sostanziale mantenimento<br />
del livello di aiuto percepito dall’azienda e anche il reddito aziendale non presenta alcuna<br />
variazione.<br />
2 a ipotesi. Si considera che l’imprenditore agricolo abbandoni completamente l’allevamento, sempre<br />
in presenza di disaccoppiamento totale anche dei premi per i bovini. Il livello degli aiuti non subisce<br />
nessuna riduzione, mentre si registra una riduzione abbastanza limitata del margine lordo delle<br />
attività di allevamento. Infatti, dalle elaborazioni prodotte risulta che il margine lordo, al netto<br />
dei premi, dell’allevamento, è stato molto contenuto nel periodo osservato, mostrando anche<br />
valori fortemente negativi nell’anno 2000. In sostanza i risultati della simulazione descrivono uno<br />
scenario sostanzialmente molto simile all’ipotesi 1.<br />
3 a ipotesi. Nel caso in cui si introduca il disaccoppiamento parziale dei premi alla macellazione<br />
(mantenendo il livello di accoppiamento al 40%), si ipotizza che l’agricoltore continui a praticare<br />
l’allevamento, ma riducendo i capi macellati. In questo caso si osserva una riduzione del margine<br />
lordo aziendale, che scende a 67.000 euro (-11%) per effetto della marcata contrazione dei<br />
premi.<br />
4 a ipotesi. In questa ipotesi si considera la possibilità dell’introduzione, a fronte di un disaccoppiamento<br />
totale per i seminativi e per i bovini, del premio qualità per le vacche nutrici, stimato in 180<br />
euro a capo. Dalla lettura dei risultati si evince come questa situazione generi il più elevato livello<br />
di premi e anche un effetto positivo sul margine lordo aziendale, che passa a oltre 87.500 euro.<br />
93
Tab. 7.4 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 2,7 2,7 2,7 2,7 2,7<br />
Altri cereali PAC 0,8 0,8 0,8 0,8 0,8<br />
Mais ceroso 11,1 11,1 11,1 11,1 11,1<br />
Set aside obbligatorio 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Foraggere 75,8 75,8 75,8 75,8 75,8<br />
Altre colture 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Superficie con diritto 90,4 90,4 90,4 90,4 90,4<br />
Superficie ammissibile 90,4 90,4 90,4 90,4 90,4<br />
SAU 90,4 90,4 90,4 90,4 90,4<br />
Bovini maschi macellati (n. capi) 31 31 0 20 20<br />
Vacche nutrici compensate 69 69 0 69 69<br />
Premi ricevuti (euro) 30.079 30.211 30.211 21.702 42.631<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 0 0 -28 42<br />
Premio per ettaro con diritto 333 334 334 240 472<br />
Margine lordo aziendale (euro) 75.137 75.270 72.194 66.838 87.690<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 0 -4 -11 17<br />
Margine lordo per ettaro 831 833 799 740 970<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 40 40 42 32 49<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’allevamento con disaccoppiamento totale premi alla macellazione;<br />
2 a ipotesi: abbandono dell’allevamento disaccoppiamento totale premi alla macellazione;<br />
3 a ipotesi: riduzione dell’allevamento (20 capi macellati) con accoppiamento premi alla macellazione al 40% (massimo consentito nell’ipotesi<br />
di accoppiamento al 100% dei premi per la vacca nutrice);<br />
4 a ipotesi: mantenimento dell’allevamento con disaccoppiamento totale premi alla macellazione e premio qualità vacche nutrici (180<br />
euro a capo).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In questa azienda, dunque, l’andamento del margine lordo degli allevamenti rende le scelte dell’imprenditore<br />
abbastanza simili, tranne nel caso di aiuto disaccoppiato in modo parziale per i bovini.<br />
In questo caso si assiste ad una significativa contrazione del margine lordo nell’ipotesi che si assista<br />
ad una contrazione della mandria. L’introduzione del premio qualità per le vacche nutrici sembra<br />
potere offrire un marcato incremento dei risultati aziendali, assumendo l’erogazione del premio al<br />
valore massimo consentito: il valore del premio massimo (180 euro) rende i risultati proposti nell’ipotesi<br />
4 significativamente migliori rispetto alle altre ipotesi. Tuttavia si può stimare che anche con<br />
valori di premio molto più ridotti, il margine lordo aziendale con l’introduzione del premio qualità per<br />
le vacche nutrici sarà maggiore rispetto a quello della situazione pre-riforma. Il valore soglia al di sotto<br />
del quale la situazione reddituale peggiora si può valutare attorno ai 30 euro per capo.<br />
L’azienda 4 (con allevamento bovino da carne)<br />
L’azienda 4, situata nella pianura cuneese, ha una SAU di circa 30 ettari investita prevalentemente<br />
a mais da granella e mais ceroso e presenta una dotazione di manodopera pari a 1,5 ULF, senza<br />
salariati. Il numero di capi macellati è pari a 80 capi, come media nel triennio di riferimento.<br />
94
Il meccanismo di calcolo dell’importo dei diritti prevede la quantificazione del premio storico riferito<br />
alle colture compensate, dei premi speciali percepiti dai bovini maschi e di quello per le macellazioni.<br />
La tabella 7.5 illustra i risultati delle simulazioni relative alla situazione di riferimento e alle tre<br />
opzioni possibili per il periodo post-riforma, che comprendono sia ipotesi di disaccoppiamento totale<br />
sia di disaccoppiamento parziale per le attività di allevamento.<br />
Tab. 7.5 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 18,0 18,0 18,0 18,0<br />
Altri cereali PAC 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Mais ceroso 5,7 5,7 5,7 5,7<br />
Oleaginose 1,7 0,0 1,7 0,0<br />
Set aside obbligatorio 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Foraggere 3,5 3,5 3,5 3,5<br />
Altre colture 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Superficie con diritto 28,9 28,9 28,9 28,9<br />
Superficie ammissibile 28,9 28,9 28,9 28,9<br />
SAU 28,9 28,9 28,9 28,9<br />
Bovini maschi macellati (n. capi) 80 80 0 80<br />
Premi ricevuti (euro) 18.998 22.172 22.172 19.164<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 17 42 1<br />
Premio per ettaro con diritto 658 768 935 664<br />
Margine lordo aziendale (euro) 85.133 88.306 55.720 85.299<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 4 -35 0<br />
Margine lordo per ettaro 2.951 3.061 2.349 2.956<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 22 25 40 22<br />
Note:<br />
1a ipotesi: mantenimento dell’allevamento con disaccoppiamento totale premi alla macellazione;<br />
2a ipotesi: abbandono dell’allevamento con disaccoppiamento totale premi alla macellazione;<br />
3a ipotesi: mantenimento dell’allevamento con accoppiamento premi alla macellazione al 40% (massimo consentito nell’ipotesi di<br />
accoppiamento al 100% dei premi per la vacca nutrice).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Nel caso in cui venga scelta l’opzione di disaccoppiamento totale dei premi alla macellazione,<br />
si suppone in prima istanza che l’imprenditore continui a macellare lo stesso numero di capi<br />
del periodo ante riforma. In tale scenario, il margine lordo aumenterebbe del 4% e arriverebbe a<br />
quasi 90.000 euro per effetto dei premi che salgono a 22.000 euro.<br />
2 a ipotesi. Sempre in uno scenario di disaccoppiamento totale dei premi alla macellazione si ipotizza<br />
invece che l’imprenditore abbandoni completamente l’allevamento. In questo caso si può<br />
osservare una consistente riduzione del margine lordo aziendale (-35%), mentre il livello degli aiuti<br />
rimarrebbe uguale a quello descritto nell’ipotesi 1.<br />
3 a ipotesi Per questa ipotesi, si fa riferimento alla situazione in cui lo stato membro opti per il disaccoppiamento<br />
parziale dei premi alla macellazione (mantenendo il livello di accoppiamento al<br />
40%) e l’agricoltore continui a praticare l’allevamento, senza riduzione nel numero dei capi<br />
macellati. In questo caso i premi percepiti dall’azienda mostrano una sensibile riduzione rispetto<br />
alle ipotesi precedenti (i premi totali assommano a circa 19.000 euro), ma il valore del margine lor-<br />
95
do aziendale si mantiene comunque sui livelli della situazione pre-riforma (85.000 euro).<br />
In questa azienda, caratterizzata da elevata specializzazione per la produzione di carne bovina,<br />
l’elemento di maggiore peso nella simulazione è sicuramente l’attività di allevamento e la sua capacità<br />
di generare utili. Infatti, l’ipotesi meno favorevole in termini di margine lordo è quella che vede<br />
l’abbandono dell’attività di allevamento; mentre nel caso di mantenimento del numero di capi il reddito<br />
potrebbe anche aumentare in conseguenza del meccanismo di calcolo dei premi.<br />
L’azienda 5 (con allevamento bovino da latte)<br />
L’azienda 5 è situata nella pianura torinese ed è caratterizzata dalla specializzazione nell’allevamento<br />
bovino da latte. I quantitativi di latte prodotto nel periodo preso in considerazione variano tra 305 tonnellate<br />
e 333 tonnellate all’anno. Le superfici aziendali, per una SAU pari a 25,5 ettari, sono investite prevalentemente<br />
a foraggere e secondariamente a mais. In azienda operano 2,7 unità di lavoro, tutte familiari.<br />
La simulazione qui presentata si basa su ipotesi differenti dalle altre simulazioni di questo capitolo.<br />
In questo caso, infatti, si ipotizza che nel periodo post riforma venga mantenuto il consueto livello produttivo,<br />
mentre le variazioni stimano gli effetti dell’introduzione del pagamento diretto negli anni 2005,<br />
2006 e 2007 e una progressiva riduzione del prezzo di vendita del latte: rispettivamente -2,5%, -5% e -7,5%.<br />
La tabella 7.6 riporta nel dettaglio i risultati delle simulazioni relative alla situazione di riferimento<br />
e alle tre simulazioni prodotte.<br />
Tab. 7.6 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 5<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 6,1 6,1 6,1 6,1<br />
Altri cereali PAC 0,9 0,9 0,9 0,9<br />
Mais ceroso 6,6 6,6 6,6 6,6<br />
Set aside obbligatorio 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Superficie foraggera 12,0 12,0 12,0 12,0<br />
Superficie con diritto 25,5 25,5 25,5 25,5<br />
Superficie ammissibile 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
Altre colture 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
SAU 25,5 25,5 25,5 25,5<br />
Quote latte (t) 323 323 323 323<br />
Premi ricevuti (euro) 6.099 9.802 13.402 17.014<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 61 120 179<br />
Premio per ettaro con diritto 239 384 525 666<br />
Margine lordo aziendale (euro) 100.202 102.045 103.784 105.536<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 2 4 5<br />
Margine lordo per ettaro 3.924 3.996 4.064 4.133<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 6 10 13 16<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: Anno 2005 con riduzione del prezzo del latte pari a 2,5%;<br />
2 a ipotesi: Anno 2006 con riduzione del prezzo del latte pari a 5%;<br />
3 a ipotesi: Anno 2007 con riduzione del prezzo del latte pari a 7,5%.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
96
I risultati delle simulazioni indicano sostanzialmente che la redditività di questa tipologia di impresa<br />
potrà mantenersi su livelli simili a quelli ante riforma, soltanto se le oscillazioni del prezzo del latte<br />
saranno moderate. Con le riduzioni del prezzo ipotizzate l’introduzione del sostegno diretto sembra in grado<br />
di compensare adeguatamente la contrazione dei ricavi. Infatti, il margine lordo aziendale, nelle varie<br />
ipotesi, oscilla tra un valore massimo di 105.000 euro (anno 2007) e 102.000 (anno 2005), ma si mantiene<br />
comunque superiore al valore calcolato per situazione pre-riforma. Solo nel caso di riduzioni significativamente<br />
maggiore delle quotazioni, i risultati aziendali risulterebbero inferiori alla situazione attuale; più<br />
nel dettaglio, tali situazioni si avrebbero:<br />
- per l’anno 2005 a fronte una contrazione del prezzo del latte maggiore del 5,5%;<br />
- per l’anno 2006 a fronte di una contrazione del prezzo del latte maggiore del 10%;<br />
- per l’anno 2007 a fronte di una contrazione del prezzo del latte maggiore del 14,5%.<br />
L’azienda 6 (azienda policolturale di collina)<br />
L’azienda 6 è situata in territori collinari della parte meridionale del Piemonte e non presenta,<br />
secondo la tipologia comunitaria, una specializzazione produttiva marcata; è, infatti, definita<br />
policolturale. Più nel dettaglio, le coltivazioni presenti in azienda sono il grano, l’orzo, la soia, il<br />
prato permanente, il pascolo e vite. Come molte aziende situate nelle aree collinari del Piemonte<br />
Sud presenta quindi una struttura a “mosaico”. Le superfici aziendali totali occupano 28 ettari, di<br />
cui solo 1,8 con coltivazioni permanenti; in azienda sono occupate 2 unità di lavoro, tutte familiari.<br />
Le simulazioni condotte prendono in considerazione la possibilità di variare l’ordinamento<br />
colturale aziendale, alla ricerca di un equilibrio economicamente efficiente. Nella tabella 7.7<br />
sono riportati in dettaglio i risultati delle simulazioni relative alla situazione Baseline e alle tre<br />
proiezioni prodotte.<br />
1 a ipotesi. In questa ipotesi si considera costante l’ordinamento colturale base (media del triennio<br />
2000-2002); la simulazione pone in evidenza una riduzione del margine lordo aziendale dell’ordine<br />
di circa 600 euro. In termini di livello del sostegno ricevuto rispetto alla situazione preriforma,<br />
si può osservare una contrazione ad ettaro del 20%.<br />
2 a ipotesi. La situazione proposta ipotizza un incremento significativo della coltivazione della<br />
soia, a scapito degli altri seminativi. Come già evidenziato nella simulazione per l’ipotesi 1, il<br />
deficit in termini di margine lordo rilevato per la soia comporta una riduzione anche del margine<br />
lordo aziendale, che si contrae di oltre 2.000 euro mentre l’entità dei contributi non cambia<br />
rispetto all’ipotesi 2.<br />
3 a ipotesi. In questo caso si è ipotizzato uno scenario di abbandono dei seminativi e completa conversione<br />
delle superfici a coltivazioni foraggere. Nello stesso tempo è stata aumentata la superficie<br />
a vite per recuperare una parte dei margini di reddito perduti nella conversione dei seminativi<br />
a foraggere permanenti. I risultati della simulazione mostrano una tenuta nel valore<br />
aggiunto aziendale al livello dell’ipotesi 1, ma in lieve diminuzione rispetto alla situazione preriforma.<br />
Il margine lordo ad ettaro, infatti, passa dai 915 euro ai 844 della corrente simulazione,<br />
mentre l’entità dei contributi non cambia rispetto all’ipotesi 2.<br />
I risultati delle simulazioni indicano sostanzialmente che, nel caso di un’azienda caratterizzata<br />
da un ordinamento policolturale, il passaggio al nuovo regime comporta generalmente una<br />
riduzione dei risultati economici aziendali. Tuttavia, la scelta di una maggiore presenza di foraggere<br />
sembra un’ipotesi di interesse, sopratutto in termini di rotazione e di diversificazione rispetto<br />
alla produzione delle grandi colture.<br />
97
Tab. 7.7 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 6<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Grano tenero 5,3 5,3 0,0 0,0<br />
Orzo 3,0 3,0 0,0 0,0<br />
Soia 4,2 4,2 12,5 0,0<br />
Set aside obbligatorio 0,4 0,4 0,4 0,0<br />
Foraggere 13,2 13,2 13,2 26,1<br />
Vite 1,8 1,8 1,8 3,2<br />
Superficie con diritto 12,9 12,9 12,9 12,9<br />
Superficie ammissibile 26,2 26,2 26,2 26,2<br />
SAU 28,0 28,0 28,0 28,0<br />
Premi ricevuti (euro) 4.280 3.375 3.375 3.375<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -21 -21 -21<br />
Premio per ettaro con diritto 331 261 261 261<br />
Margine lordo aziendale (euro) 25.618 24.713 23.574 24.702<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -4 -8 -4<br />
Margine lordo per ettaro 915 883 843 844<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 17 14 14 14<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: sostituzione dei seminativi con soia;<br />
3 a ipotesi: sostituzione dei seminativi con le foraggere.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
98
CAPITOLO 8<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN VENETO<br />
S. SCHIAVON<br />
8.1 La selezione delle aziende<br />
I comparti produttivi interessati in modo diretto dalla riforma <strong>Fischler</strong> rappresentano una quota<br />
significativa della produzione agricola veneta. Accanto alle colture cerealicole e oleoproteaginose, che<br />
contribuiscono a formare il 17% circa della produzione ai prezzi di base, vanno prese in considerazione<br />
le produzioni di carne e latte bovino (20% circa). In modo indiretto partecipano poi al processo<br />
di riforma le colture foraggere (4%) e altri seminativi non ancora interessati dal regime di aiuto al<br />
reddito come la barbabietola da zucchero (2%).<br />
Le sei aziende selezionate, mostrando una rilevante presenza delle produzioni sopraccitate,<br />
risultano caratterizzate da ordinamenti produttivi e dimensioni compatibili con la realtà agricola<br />
regionale. In tre aziende vengono attuati esclusivamente processi vegetali, in una azienda è presente<br />
l’allevamento bovino da carne, in un’altra l’allevamento bovino da latte e l’ultima azienda è caratterizzata<br />
dalla presenza di foraggere permanenti e di un allevamento bovino misto (tab. 8.1).<br />
Tab. 8.1 - Caratteristiche delle aziende selezionate<br />
Azienda<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
UL<br />
salariate<br />
Polo<br />
Tipologia coltivazioni<br />
allevamenti<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
Rovigo<br />
1 41,3 0,0 2,7 0,0 Seminativi<br />
pianura<br />
Concentrazione colturale<br />
(monocoltura mais)<br />
59.364<br />
Venezia<br />
2 120,1 0,0 0,9 2,3 Policoltura<br />
pianura<br />
Diversificazione colturale<br />
(mais, frumento, soia,<br />
barbabietola e coltivazioni<br />
arboree)<br />
262.954<br />
Vicenza<br />
3 7,6 78,7 1,1 0,0<br />
pianura<br />
Bovini da<br />
allev. e<br />
carne<br />
Allevamento intensivo<br />
bovini da carne<br />
63.058<br />
Padova<br />
4 17,8 0,0 1,7<br />
collina<br />
0,0 Policoltura Seminativi e vite 23.182<br />
Belluno<br />
5 28,6 54,2 1,6<br />
montagna<br />
0,0<br />
Bovini da<br />
latte<br />
Allevamento estensivo<br />
vacche da latte<br />
73.236<br />
Belluno<br />
6 24,3 12,3 1,1<br />
montagna<br />
0,0<br />
Erbivori<br />
diversi<br />
Allevamento bovino<br />
misto con vacche nutrici<br />
24.054<br />
Le tre aziende con seminativi sono state scelte considerando che l’attività di coltivazione in<br />
assenza di allevamento viene attuata nel 55% circa delle imprese agricole regionali. Le prime due sono<br />
localizzate in pianura e hanno una SAU superiore a 20 ettari. L’esclusione delle unità produttive di<br />
dimensione inferiore che, secondo l’ultimo Censimento dell’Agricoltura rappresentano più del 95%<br />
del totale regionale, è derivata dall’opportunità di analizzare gli effetti della riforma in aziende che<br />
conducono l’attività agricola in modo professionale. La terza azienda con seminativi è invece loca-<br />
99
lizzata in collina; pur non appartenendo ad una tipologia particolarmente diffusa nel territorio regionale,<br />
essa è stata selezionata per valutare i possibili effetti della riforma nelle zone marginali ad elevato<br />
rischio di abbandono.<br />
L’azienda con allevamento bovino da carne è stata estratta fra quelle con numero di capi medi<br />
allevati superiore a 100. In Veneto le realtà produttive con caratteristiche simili sono circa 500 e rappresentano<br />
il 15% dell’universo delle aziende di pianura con bovini maschi da macello di età compresa<br />
fra 1 e 2 anni. Gli effetti della riforma sugli allevamenti bovini da latte sono stati invece valutati<br />
prendendo come esempio un’azienda localizzata in montagna e con un numero di vacche lattifere<br />
medio superiore a 30. Come per l’azienda con seminativi di collina, anche in questo caso l’obiettivo<br />
è quello di valutare i possibili impatti della riforma su una tipologia aziendale largamente diffusa<br />
nelle aree marginali. Infine l’azienda di montagna con vacche nutrici è stata selezionata allo scopo<br />
di valutare gli effetti conseguenti all’introduzione dei premi previsti dall’art. 69 del Regolamento<br />
(CE) 1782/2003 (premio “qualità”) per questa tipologia di allevamenti.<br />
8.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (con seminativi specializzata a mais)<br />
L’azienda 1, localizzata in provincia di Rovigo, ha una SAU di circa 41 ettari, una dotazione<br />
di manodopera familiare pari a 2,7 ULF ed è caratterizzata da un’elevata presenza di mais. Nel<br />
2002 questo cereale rappresentava circa il 90% della SAU. Tale azienda rappresenta una realtà<br />
produttiva consolidata della pianura veneta, dedita in prevalenza alla maiscoltura.<br />
Il calcolo della superficie media con diritto è stato effettuato prendendo in considerazione gli<br />
ettari coltivati su cui l’agricoltore ha ricevuto i pagamenti diretti nel periodo di riferimento. L’ampia<br />
presenza di seminativi COP determina il mantenimento di un’elevata superficie storica di riferimento<br />
che risulta pari a 39,9 ettari (96,5% della SAU). Ne consegue che il premio unico che percepirà<br />
l’azienda ammonta a 16.670 euro, pari a 418 euro circa per ettaro con diritto. La tabella 8.2<br />
riassume i risultati delle simulazioni relative alla situazione di riferimento (baseline) e alle quattro<br />
situazioni ipotizzate per il periodo post riforma.<br />
1 a ipotesi. Viene mantenuto l’ordinamento colturale base; in questo caso si osserva una riduzione<br />
del margine lordo aziendale del 5% dovuto prevalentemente alle decurtazioni per la qualità,<br />
la modulazione e la riserva nazionale.<br />
2 a ipotesi. La superficie a mais viene ridotta a vantaggio della barbabietola che, comunque, viene<br />
coltivata al massimo sul 25% della SAU, e quindi su 10 ettari, tenendo conto di un corretto<br />
avvicendamento colturale. Se ciò fosse possibile (per la sottoscrizione di nuovi contratti con<br />
gli zuccherifici) il margine lordo aziendale potrebbe crescere del 13% senza avere ulteriori<br />
riduzioni del sostegno percepito dato che la barbabietola fa parte della superficie ammissibile<br />
a premio.<br />
3 a ipotesi. Corrisponde alla situazione in cui non sia possibile incrementare la superficie a bietola<br />
(assenza di contratti) e siano introdotti vincoli rotazionali legati alle BCAA che obbligano<br />
l’agricoltore alla coltivazione di altri cereali PAC. In questo caso si osserva una riduzione del<br />
margine lordo aziendale del 17% dovuto alla diminuzione della coltura a reddito più elevato<br />
(barbabietola).<br />
4 a ipotesi. Si riferisce alla situazione che caratterizza la 3 a ipotesi con l’introduzione della soia al<br />
posto degli altri cereali e la possibilità di poter beneficiare del premio “qualità” previsto per gli<br />
agricoltori che si impegnano ad applicare l’avvicendamento almeno biennale fra cereali e colture<br />
miglioratrici della fertilità del terreno. Nel caso in cui esso assuma il valore massimo con-<br />
100
sentito (180 euro per ettaro, v. capitolo 6), i premi ricevuti dall’azienda ammonterebbero a<br />
19.594 euro. L’introduzione di una compensazione aggiuntiva per la soia, associata alla possibilità<br />
di dedicare a questa coltura una discreta parte della SAU aziendale, consente di mantenere<br />
la redditività aziendale lorda su un livello simile a quello che caratterizza l’ipotesi 1<br />
(relativa alla forte concentrazione verso il mais). Naturalmente, in caso di elevato ricorso<br />
all’incentivo riservato ai seminativi “di qualità”, il premio per ettaro percepibile dalle colture<br />
proteoleaginose sarebbe destinato a subire una riduzione più o meno consistente rispetto al<br />
massimale. D’altro canto, però, bisogna considerare che in un’azienda di questo tipo una certa<br />
quota della superficie a mais potrebbe essere seminata con varietà certificate esenti da OGM<br />
e quindi ammesse a ricevere la compensazione aggiuntiva prevista dall’articolo 69.<br />
Tab. 8.2 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 32,6 32,6 25,5 20,0 20,0<br />
Frumento tenero 3,0 3,0 3,0 16,3 0,0<br />
Soia 0,0 0,0 0,0 0,0 16,3<br />
Set aside obbligatorio 4,2 4,2 2,8 3,6 3,6<br />
Barbabietola 1,4 1,4 10,0 1,4 1,4<br />
Superficie con diritto 39,9 39,9 39,9 39,9 39,9<br />
Superficie ammissibile 41,3 41,3 41,3 41,3 41,3<br />
SAU 41,3 41,3 41,3 41,3 41,3<br />
Premi ricevuti (euro) 19.796 16.669 16.669 16.669 19.594<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -16 -16 -16 -1<br />
Premio per ettaro con diritto 497 418 418 418 492<br />
Margine lordo aziendale (euro) 59.364 56.186 66.824 49.418 56.506<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -5 13 -17 -5<br />
Margine lordo per ettaro 1.438 1.361 1.618 1.197 1.369<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 33 30 25 34 35<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione della superficie a mais e aumento della superficie a bietola;<br />
3 a ipotesi: ulteriore riduzione del mais e aumento della superficie ad altri cereali;<br />
4 a ipotesi: 3a ipotesi con soia al posto dei cereali e premio qualità per la soia (180 euro/ha).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In questa azienda, caratterizzata da una tendenza alla monocoltura maidicola, sono massimizzati<br />
gli ettari con diritto all’aiuto congiuntamente ai redditi medio-alti del mais. Ciò comporta<br />
rilevanti conseguenze solamente nel caso in cui si riesca ad aumentare la superficie a bietola<br />
(aumento del reddito complessivo) mentre l’introduzione di vincoli imposti dalle BCAA determina<br />
una forte diminuzione del margine lordo aziendale solamente in assenza di un premio qualità per<br />
le colture miglioratrici. In molte aziende maidicole che non sono dedite alla coltivazione della barbabietola,<br />
quest’ultimo sarebbe infatti in grado di garantire una redditività lorda simile a quella<br />
ottenuta con la monocoltura di mais, contribuendo in modo efficace alla riduzione degli impatti<br />
negativi che questa pratica ha sul suolo.<br />
101
L’azienda 2 (con seminativi e coltivazioni arboree, di grande dimensione)<br />
L’azienda 2, situata in provincia di Venezia, ha una SAU di circa 120 ettari investita in modo<br />
abbastanza omogeneo a mais, altri cereali PAC, soia e barbabietola. È l’unica realtà in cui, accanto alla<br />
manodopera familiare (0,9 ULF), trovano impiego alcuni lavoratori salariati (2,3 ULS) a causa della<br />
presenza significativa di colture frutticole non interessate dagli aiuti diretti al reddito. La superficie<br />
media con diritto risulta pari a 78,4 ettari (65,3% della SAU). Tale azienda rappresenta le imprese agricole<br />
di medio-grandi dimensioni in cui la produzione vegetale è diversificata fra più processi.<br />
Il meccanismo di calcolo dell’importo di riferimento permette di risalire al premio unico che percepirà<br />
l’azienda (36.150 euro circa, pari a 460 euro per ettaro con diritto). I risultati delle simulazioni,<br />
che prevedono la conversione di parte della superficie a mais verso la barbabietola o la concentrazione<br />
colturale verso il cereale da granella, sono riassunti in tabella 8.3.<br />
Tab. 8.3 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 32,8 32,8 22,4 45,0<br />
Frumento tenero 14,6 14,6 15,0 21,0<br />
Soia 22,2 22,2 23,0 12,6<br />
Set aside obbligatorio 8,8 8,8 6,0 7,9<br />
Barbabietola 18,1 18,1 30,0 10,0<br />
Altre colture (pero, vite) 23,6 23,6 23,6 23,6<br />
Superficie con diritto 78,4 78,4 78,4 78,4<br />
Superficie ammissibile 96,5 96,5 96,5 96,5<br />
SAU 120,1 120,1 120,1 120,1<br />
Premi ricevuti (euro) 43.173 36.155 36.155 36.155<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -16 -16 -16<br />
Premio per ettaro con diritto 551 461 461 461<br />
Margine lordo aziendale (euro) 262.954 255.936 269.556 248.474<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -3 3 -6<br />
Margine lordo per ettaro 2.189 2.130 2.245 2.069<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 16 14 8 15<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione della superficie a mais e aumento della superficie a bietola;<br />
3 a ipotesi: aumento della superficie a mais e riduzione delle superfici a soia e a bietola.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Nel caso in cui venga mantenuto l’ordinamento colturale base, si osserva una riduzione del<br />
margine lordo aziendale del 3% per effetto dei prelievi legati alla qualità, alla modulazione e alla<br />
riserva nazionale.<br />
2 a ipotesi. La superficie a mais viene ridotta e si aumenta la coltivazione della barbabietola che,<br />
comunque, interessa al massimo il 25% della SAU e quindi 30 ettari. Se ciò fosse possibile (per<br />
la sottoscrizione di nuovi contratti con gli zuccherifici) il margine lordo aziendale potrebbe crescere<br />
del 3% e quindi in misura minore (almeno in termini percentuali) della crescita osservabile<br />
in aziende di dimensioni più contenute (ad esempio l’azienda 1).<br />
3 a ipotesi. Parte della superficie iniziale a bietola viene investita a mais e ad altri cereali. A parità di<br />
102
premi ricevuti, la minore redditività per ettaro di tali colture determina una riduzione del margine<br />
lordo aziendale del 6%.<br />
In questa azienda, caratterizzata da processi vegetali diversificati, la modificazione dell’ordinamento<br />
colturale non determina sostanziali cambiamenti del reddito aziendale. Anche il maggior ricorso<br />
alla barbabietola, contraddistinta da redditi unitari più elevati, non si traduce in sostanziali cambiamenti<br />
del margine lordo aziendale per l’elevata estensione della superficie coltivata e la presenza<br />
contemporanea di più processi. Le aziende con una certa dimensione risentirebbero quindi in misura<br />
minore degli effetti della riforma <strong>Fischler</strong> sul reddito complessivo, almeno laddove parte della SAU<br />
viene interessata da colture (es. vitivinicole e frutticole) che garantiscono l’ottenimento di elevati margini<br />
lordi (oltre 5.000 euro per ettaro).<br />
L’azienda 3 (con allevamento bovino da carne e piccola superficie)<br />
L’azienda 3, situata nella zona altimetrica provinciale di Vicenza Pianura e con una dotazione<br />
di manodopera pari a 1,1 ULF, ha una SAU di 7,6 ettari investita prevalentemente a mais ceroso<br />
utilizzato per l’alimentazione dei bovini da carne presenti in stalla. Il numero di capi macellati<br />
è variato, nel triennio di riferimento, tra 165 e 251, probabilmente a causa del crollo dei consumi<br />
innescato dalla BSE nel 2000. L’elevato ammontare dei premi per la macellazione unito alla<br />
bassa estensione della superficie con diritto determina un elevato valore unitario dei diritti (3.197<br />
euro/ha) rispetto alle aziende con soli seminativi (circa 450 euro/ha).<br />
Il meccanismo di calcolo dell’importo dei diritti spettanti a questa azienda prevede la quantificazione<br />
del premio storico generato dalle colture compensate (mais), di quello speciale per i<br />
bovini maschi e di quello per le macellazioni 85 e l’applicazione delle decurtazioni dovute all’incentivo<br />
per le produzioni di qualità, alla modulazione e alla riserva nazionale. La limitata estensione<br />
della SAU e il cospicuo numero di capi allevati si traducono in un elevato carico per ettaro<br />
(oltre 10 UBA/ha) che limita il numero di capi ammissibili al premio speciale per i bovini (15<br />
UBA ovvero 25 capi). I risultati delle simulazioni effettuate ipotizzando l’applicazione del disaccoppiamento<br />
totale o parziale dei premi alla macellazione associati a diversi livelli di mantenimento<br />
dell’allevamento sono riportati in tabella 8.4.<br />
1 a ipotesi. Nel caso di disaccoppiamento totale dei premi previsti per la macellazione, se l’agricoltore<br />
continua a macellare lo stesso numero di capi del periodo ante riforma l’importo dei<br />
diritti al netto delle decurtazioni risulta di 22.830 euro 86 e il margine lordo aziendale aumenta<br />
di circa 1.400 euro rispetto alla situazione ante riforma, per effetto della differenza fra premio<br />
unico aziendale e la somma dei premi effettivamente percepiti nel triennio 2000-02. In questo<br />
modo la redditività lorda per ettaro di SAU passa da 8.264 euro a 8.445 euro (+2%).<br />
2 a ipotesi. Nel caso in cui vengano disaccoppiati totalmente sia i premi previsti per i seminativi<br />
che quelli previsti per i capi animali e l’agricoltore abbandoni completamente l’allevamento,<br />
si osserva una riduzione del margine lordo aziendale del 55% circa, anche se l’elevato ammontare<br />
dei contributi garantiti dal regime di pagamento unico determina il mantenimento della<br />
redditività lorda per ettaro di SAU ad un livello (3.755 euro) ben superiore di quello relativo<br />
ai margini lordi realizzabili nelle aziende che nel periodo di riferimento attuavano esclusiva-<br />
85 In questa azienda non sono stati considerati i premi legati all'envelope eventualmente percepiti.<br />
86 Nonostante le decurtazioni, esso risulta superiore alla media dei premi percepiti nel triennio di riferimento per effetto del meccanismo<br />
di calcolo stabilito all'Allegato VII, punto C. del Regolamento (CE) 1782/2003. Infatti, nel caso dei premi per gli animali "l'importo<br />
è calcolato moltiplicando il numero degli animali per cui il pagamento è stato erogato, rispettivamente, in ciascun anno del periodo<br />
di riferimento per gli importi per capo stabilito per l'anno civile 2002…".<br />
103
mente processi vegetali (1.000-2.000 euro per ettaro di SAU). I riflessi sul reddito aziendale<br />
disponibile per la famiglia coltivatrice sarebbero comunque tali da rendere remota la possibilità<br />
di cessazione dell’attività, soprattutto in assenza di disinvestimenti e quindi di azioni in grado<br />
di ridurre il peso dei costi fissi (in primo luogo gli ammortamenti).<br />
3 a e 4 a ipotesi. Si riferiscono entrambe alle opzioni di disaccoppiamento parziale nel settore dei<br />
bovini (accoppiamento dei premi ad un livello pari al 40%) e a diversi livelli di conduzione<br />
(numero di macellazioni) dell’allevamento. La 3 a ipotesi prevede la riduzione dei capi macellati<br />
annualmente a 100 e la 4 a ipotesi l’abbandono dell’allevamento. La riduzione del margine<br />
lordo aziendale si attesta rispettivamente sul 34% e sul 67% rispetto alla baseline. Anche nella<br />
peggiore delle ipotesi, pur rimanendo elevato il margine lordo per ettaro di SAU (2.722<br />
euro), gli effetti sul reddito aziendale disponibile per la famiglia coltivatrice sarebbero tali da<br />
rendere assolutamente non conveniente la cessazione dell’attività, in assenza di riduzione dei<br />
costi fissi.<br />
Tab. 8.4 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 0,0 0,0 7,6 0,0 7,6<br />
Mais ceroso 7,1 7,1 0,0 7,1 0,0<br />
Albicocco 0,5 0,5 0,0 0,5 0,0<br />
Superficie con diritto 7,1 7,1 7,1 7,1 7,1<br />
Superficie ammissibile 7,1 7,1 7,1 7,1 7,1<br />
SAU 7,6 7,6 7,6 7,6 7,6<br />
Bovini maschi macellati (n. capi) 217 217 0 100 0<br />
Premi ricevuti (euro) 21.449 22.829 22.829 18.124 14.924<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 6 6 -15 -30<br />
Premio per ettaro con diritto 3.004 3.197 3.197 2.538 2.090<br />
Margine lordo aziendale (euro) 63.058 64.438 28.652 41.507 20.771<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 2 -55 -34 -67<br />
Margine lordo per ettaro 8.264 8.445 3.755 5.440 2.722<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 34 35 80 44 72<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’allevamento con disaccoppiamento totale premi alla macellazione;<br />
2 a ipotesi: abbandono dell’allevamento con disaccoppiamento totale premi alla macellazione e passaggio al mais da granella;<br />
3 a ipotesi: riduzione dell’allevamento con accoppiamento premi alla macellazione al 40%;<br />
4 a ipotesi: abbandono dell’allevamento con accoppiamento premi alla macellazione al 40% e passaggio al mais da granella.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In questa azienda, caratterizzata da un allevamento di media dimensione e ridotta superficie aziendale,<br />
l’elevato livello dei diritti accumulati nel triennio di riferimento non appare sufficiente a rendere conveniente<br />
la chiusura dell’attività zootecnica che, da sola, contribuisce a formare più del 50% del margine<br />
lordo aziendale. Per avere un quadro completo sugli impatti dell’applicazione della riforma in aziende<br />
di questo tipo bisognerebbe conoscere anche le disponibilità degli imprenditori ad operare scelte radicali<br />
nella dotazione di capitali aziendali - la cui riduzione, in assenza di allevamento, verrebbe resa<br />
obbligatoria per abbassare il peso delle quote - e nel fabbisogno lavorativo familiare che verrebbe drasticamente<br />
ridotto.<br />
104
L’azienda 4 (con seminativi e vite, in collina)<br />
L’azienda 4, localizzata nella zona altimetrica di Padova collina, ha una SAU di circa 18 ettari<br />
investita a mais, altri cereali PAC o soia, medica e vite. Essa è contraddistinta da un’elevata percentuale<br />
della superficie (90%) avente pendenza compresa tra 5 e 15% e la rimanente quota avente pendenza<br />
superiore a 15%. I margini lordi delle colture risultano inferiori del 20% circa rispetto a quelli<br />
ottenuti, dalle medesime colture, in aziende localizzate in pianura. La dotazione di manodopera<br />
familiare ammonta a 1,7 ULF.<br />
In base ad una superficie media con diritto pari a 13,5 ettari, il premio unico che percepirà l’azienda<br />
nell’ipotesi di disaccoppiamento totale dei premi ai seminativi e al netto di tutte le decurtazioni,<br />
ammonta a 5.754 euro, pari a 425 euro circa per ettaro con diritto. Per il periodo post riforma sono state<br />
ipotizzate la sostituzione dei cereali PAC e della soia con il mais e la concentrazione colturale verso<br />
l’erba medica la cui coltivazione, data la localizzazione dell’azienda, potrebbe contribuire a soddisfare<br />
la domanda di fieno da parte delle aziende limitrofe dedite alla produzione di latte bovino. I<br />
risultati delle simulazioni sono riassunti nella tabella 8.5.<br />
Tab. 8.5 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 4,6 4,6 12,1 0,0<br />
Frumento tenero, orzo 4,7 4,7 0,0 0,0<br />
Soia 2,8 2,8 0,0 0,0<br />
Set aside obbligatorio 1,4 1,4 1,4 0,0<br />
Prati permanenti e pascoli 1,1 1,1 1,1 14,6<br />
Vite 3,2 3,2 3,2 3,2<br />
Superficie con diritto 13,5 13,5 13,5 13,5<br />
Superficie ammissibile 14,6 14,6 14,6 14,6<br />
SAU 17,8 17,8 17,8 17,8<br />
Premi ricevuti (euro) 6.158 5.754 5.754 5.754<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -7 -7 -7<br />
Premio per ettaro con diritto 456 426 426 426<br />
Margine lordo aziendale (euro) 23.182 22.778 24.967 23.493<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -2 8 1<br />
Margine lordo per ettaro 1.304 1.281 1.405 1.321<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 27 25 23 24<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: sostituzione degli altri seminativi con il mais;<br />
3 a ipotesi: sostituzione dei seminativi con le foraggere (erba medica).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. L’introduzione del regime di pagamento unico determina lievi modificazioni (–2%) del margine<br />
lordo aziendale se viene mantenuto lo stesso ordinamento colturale del periodo ante riforma.<br />
2 a ipotesi. Le superfici ad altri seminativi, in assenza di vincoli imposti dalle BCAA, vengono coltivate<br />
a mais. In questo caso, a parità di premi ricevuti garantiti dal disaccoppiamento totale, si osserva un<br />
aumento del margine lordo aziendale dell’8% (1.400 euro per ettaro circa) per il passaggio ad una<br />
105
coltura contraddistinta da una redditività lorda più elevata.<br />
3 a ipotesi. Tutte le superfici che nel periodo ante riforma erano coltivate a seminativi vengono investite<br />
a foraggere (erba medica). In questo caso è interessante osservare che il margine lordo aziendale non<br />
subisce modificazioni rispetto alla situazione base. Ciò deriva dal fatto che la vendita del fieno di<br />
medica permette di incassare circa 700-800 euro per ettaro a fronte di una spesa di coltivazione compresa<br />
tra 100 e 150 euro per ettaro. Se questi margini potessero essere mantenuti, l’azienda avrebbe<br />
la convenienza ad investire gran parte della SAU a medica, scelta che determina, fra le altre cose,<br />
una notevole semplificazione dei processi aziendali oltre che una migliore conservazione della fertilità<br />
del suolo.<br />
In un’azienda di questo tipo l’accumulo di un certo numero di diritti nel triennio 2000-2002<br />
potrebbe spingere l’agricoltore a semplificare i processi aziendali convertendo la superficie a seminativi<br />
in foraggere (medica). In questo modo sarebbero infatti garantiti sia la redditività aziendale che il<br />
soddisfacimento di qualsiasi requisito imposto dalle BCAA dal momento che la superficie in pendenza<br />
sarebbe coperta durante tutto l’anno. Diversamente, nel caso in cui l’agricoltore non fosse più in grado<br />
di ottenere i redditi che la medica gli ha garantito nel triennio di riferimento e non fossero imposti<br />
rigorosi vincoli di copertura del suolo, egli potrebbe dedicarsi ad una maggiore coltivazione del mais,<br />
coltura in grado di garantire redditi più elevati ma anche maggiori rischi di impatto sull’ambiente.<br />
L’azienda 5 (con allevamento bovino da latte in montagna)<br />
Nell’azienda 5, situata nella montagna bellunese, vengono allevate (grazie all’impiego di 1,6<br />
ULF) un numero medio annuo di vacche lattifere compreso fra 32 e 36 e si coltivano mais ceroso<br />
e prati permanenti su una SAU di circa 29 ettari. La ridottissima presenza di colture a premio<br />
nel periodo di riferimento unita alla coltivazione su gran parte della SAU di specie foraggere da<br />
utilizzare per l’alimentazione del bestiame determina una notevole riduzione del premio medio per<br />
ettaro di superficie con diritto (57 euro).<br />
Le ipotesi post riforma si riferiscono al mantenimento del livello produttivo ante riforma (221<br />
tonnellate di latte venduto annualmente) ma considerano gli effetti dell’introduzione del pagamento<br />
diretto negli anni 2005, 2006 e 2007 in presenza di progressive riduzioni del prezzo di vendita<br />
del latte. Gli effetti sulla redditività aziendale relativa alle tre situazioni ipotizzate per il periodo<br />
post riforma sono riportati in tabella 8.6.<br />
1 a , 2 a e 3 a ipotesi. Sono relative agli anni 2005, 2006 e 2007 e a riduzioni del prezzo del latte, realizzato<br />
nel periodo ante riforma, rispettivamente pari al 2,5, 5 e 7,5%. In tutti i casi l’introduzione<br />
del sostegno diretto è in grado di compensare la riduzione del prezzo di vendita del latte:<br />
l’aiuto per litro di latte passa infatti da 1 a 3 centesimi di euro tra il 2005 e il 2007 e il prezzo<br />
di vendita realizzato in questa azienda si riduce, nello stesso periodo, da 0,38 a 0,36 euro per<br />
litro. In questo modo il margine lordo aziendale subisce lievissimi incrementi (dell’ordine<br />
dell’1%) e la redditività per ettaro di SAU sale fino a 2.590 euro per ettaro circa.<br />
Le simulazioni evidenziano come, nelle zone gravate da svantaggi naturali, il margine lordo<br />
aziendale per ettaro di superficie sia pari al 50% circa di quello ottenuto in altre aziende con vacche<br />
da latte localizzate in pianura. Queste ultime sono infatti contraddistinte da un’elevata capacità<br />
produttiva e da una maggiore incidenza dei premi percepiti sul margine lordo aziendale. In<br />
ogni caso emerge che la redditività degli allevamenti bovini da latte potrà mantenersi su livelli<br />
simili a quelli ante riforma solamente nell’ipotesi che le riduzioni del prezzo del latte siano contenute<br />
tra il 2,5% e il 7,5%. Tale situazione dovrebbe corrispondere alla realtà italiana caratterizzata<br />
da un’elevata percentuale di destinazione del latte alla caseificazione.<br />
106
Tab. 8.6 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 5<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais ceroso 4,0 4,0 4,0 4,0<br />
Superficie foraggera 24,6 24,6 24,6 24,6<br />
Superficie con diritto 28,6 28,6 28,6 28,6<br />
Superficie ammissibile 28,6 28,6 28,6 28,6<br />
Altre colture 0,0 0,0 0,0 0,0<br />
SAU 28,6 28,6 28,6 28,6<br />
Quote latte (t) 221 221 221 221<br />
Premi ricevuti (euro) 1.622 3.936 6.396 8.866<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 143 294 446<br />
Premio per ettaro con diritto 57 138 224 310<br />
Margine lordo aziendale (euro) 73.236 73.399 73.709 74.028<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 0 1 1<br />
Margine lordo per ettaro 2.560 2.566 2.577 2.588<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 2 5 9 12<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: Anno 2005 con riduzione del prezzo del latte pari a 2,5%;<br />
2 a ipotesi: Anno 2006 con riduzione del prezzo del latte pari a 5%;<br />
3 a ipotesi: Anno 2007 con riduzione del prezzo del latte pari a 7,5%.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’azienda 6 (con vacche nutrici in montagna)<br />
L’azienda 6, localizzata nella zona altimetrica di Belluno montagna, ha una SAU di circa 24<br />
ettari investita in minima parte a mais (granella e ceroso) e in larga misura a prati permanenti. Essa<br />
è contraddistinta dalla presenza di un allevamento bovino di modeste dimensioni (12 UBA) e dall’aver<br />
percepito, nel triennio di riferimento, il premio riservato alle vacche nutrici. A differenza<br />
delle foraggere coltivate nell’azienda 5 (medica), in questo caso il margine lordo dei prati permanenti<br />
(e di conseguenza il reddito lordo aziendale) si mantiene su livelli soddisfacenti grazie ai<br />
premi percepiti per la sottoscrizione di impegni agroambientali (circa 280 euro/ha).<br />
La superficie media con diritto risulta pari a 24,3 ettari, in sostanza si tratta di tutta la superficie<br />
agricola utilizzata con colture soggette a premio e foraggere utilizzate per l’alimentazione del<br />
bestiame. Il premio unico che percepirà nell’ipotesi di disaccoppiamento totale dei premi ai seminativi<br />
e al netto di tutti i prelievi, ammonta quindi a 2.490 euro circa, pari a 100 euro per ettaro con<br />
diritto. L’analisi della redditività aziendale ante e post riforma, i cui esiti sono riportati in tabella<br />
8.7, è stata effettuata considerando anche le ipotesi di regionalizzazione degli aiuti e di incentivazione<br />
delle produzioni zootecniche di qualità.<br />
1 a ipotesi. Se i premi previsti per i bovini maschi venissero totalmente disaccoppiati e l’azienda<br />
decidesse di mantenere lo stesso ordinamento colturale e lo stesso numero di capi (vacche<br />
nutrici e bovini) ammessi a premio nel triennio 2000-2002, il margine lordo aziendale si manterrebbe<br />
sostanzialmente stabile.<br />
2 a ipotesi. È relativa al caso in cui lo stato membro scelga la regionalizzazione degli aiuti prevista<br />
dal capitolo 5 del Regolamento 1782/2003. Le modalità di attuazione ipotizzate sono le<br />
seguenti: attuazione su base regionale, fissazione di un premio specifico per le foraggere per-<br />
107
manenti (40 euro/ha), regionalizzazione degli aiuti relativi alla sola PAC seminativi, ammissibilità<br />
a pagamento di tutte le superfici a seminativi ad esclusione della barbabietola e del<br />
tabacco; in questo modo è prevista l’erogazione di un premio indifferenziato sui seminativi<br />
(foraggere avvicendate ed orticole incluse) pari a 456 euro per ettaro. Nell’ipotesi in cui l’azienda<br />
mantenga lo stesso ordinamento colturale e ammetta a premio lo stesso numero di capi<br />
del periodo ante riforma, i contributi totali percepiti ammonterebbero a 3.542 euro e il margine<br />
lordo aziendale potrebbe subire un incremento del 4%.<br />
3 a ipotesi. Si riferisce al caso in cui la superficie aziendale venga coltivata allo stesso modo del<br />
periodo ante riforma e venga introdotto il premio “qualità” per le vacche nutrici previsto ai sensi<br />
dell’art. 69 del Regolamento 1782/2003. Nella migliore delle ipotesi, e cioè quella in cui esso<br />
assuma il valore massimo consentito (180 euro/capo, v. capitolo 6), i premi ricevuti dall’azienda<br />
ammonterebbero a 4.230 euro circa. La situazione migliorerebbe quindi in modo tangibile<br />
rispetto alla situazione ante riforma (+7% in termini di margine lordo aziendale) nonostante<br />
la decurtazione operata sulla quota zootecnica del premio unico aziendale e destinata<br />
a sostenere le produzioni animali di qualità. Diversamente, in presenza di un elevato numero<br />
di domande per l’ottenimento del sostegno previsto dall’articolo 69, il premio per capo sarà<br />
soggetto a riduzioni più o meno consistenti. In ogni caso, anche se a livello nazionale il numero<br />
di capi rispondenti ai criteri di ammissibilità raggiungesse quota 500.000 (Betti, 2004), il<br />
premio per capo ammonterebbe a circa 60 euro e il margine lordo di questa azienda potrebbe<br />
risultare in lieve crescita (+2%) rispetto alla baseline.<br />
Tab. 8.7 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 6<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 0,7 0,7 0,7 0,7<br />
Mais ceroso 1,2 1,2 1,2 1,2<br />
Foraggere 22,5 22,5 22,5 22,5<br />
Superficie con diritto 24,3 24,3 24,3 24,3<br />
Superficie ammissibile 24,3 24,3 24,3 24,3<br />
SAU 24,3 24,3 24,3 24,3<br />
Capi allevati (UBA) 12,3 12,3 12,3 12,3<br />
di cui: - Vacche nutrici compensate (n.) 9,7 9,7 9,7 9,7<br />
Premi ricevuti (euro) 2.621 2.488 3.542 4.228<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -5 35 61<br />
Premio per ettaro con diritto 108 102 146 174<br />
Margine lordo aziendale (euro) 24.054 23.921 24.975 25.661<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -1 4 7<br />
Margine lordo per ettaro 990 984 1.028 1.056<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 11 10 14 16<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: regionalizzazione degli aiuti su base regionale considerando ammissibili le superfici a seminativo PAC, a orticole e a foraggere<br />
avvicendate (premio pari a 456 euro/ha) e fissando a 40 euro/ha il premio per i prati permanenti;<br />
3 a ipotesi: introduzione del premio qualità per le vacche nutrici (180 euro/capo).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
108
In un’azienda di questo tipo, già ai limiti della sopravvivenza economica, sia la scelta della regionalizzazione<br />
che l’introduzione del premio “qualità” per le vacche nutrici determina un miglioramento<br />
della redditività lorda rispetto alla situazione ante riforma. Purtroppo l’elenco delle specie animali<br />
ammesse al sostegno previsto dall’art. 69 potrebbe determinare un’eccessiva riduzione del premio unitario<br />
e precludere la possibilità di rendere gli incentivi per le produzioni di qualità realmente in grado<br />
di contrastare il fenomeno dell’abbandono, soprattutto nelle zone maggiormente gravate da svantaggi<br />
naturali.<br />
109
CAPITOLO 9<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN TOSCANA<br />
L. TUDINI<br />
9.1 La selezione delle aziende<br />
Le simulazioni sono state effettuate su sei aziende, selezionate dal campione costante RICA<br />
2000-02 in maniera da rappresentare le principali realtà produttive regionali oggetto di riforma e<br />
tenendo conto della diversificazione e della specializzazione territoriale, della dimensione fisica ed<br />
economica, nonché del grado di dipendenza dei risultati aziendali dal livello dei contributi percepiti.<br />
Tre aziende presentano esclusivamente produzioni vegetali, mentre nelle altre tre sono praticati anche<br />
allevamenti bovini da carne e da latte (tab. 9.1).<br />
Tab. 9.1 – Caratteristiche delle aziende selezionate<br />
Azienda<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
UL<br />
salariate<br />
Polo<br />
Tipologia coltivazioni<br />
allevamenti<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
1<br />
Firenze<br />
collina<br />
51,8 58<br />
2,8 0,3<br />
Bovini da<br />
latte<br />
Allevamento estensivo<br />
vacche da latte<br />
93.652<br />
2<br />
Livorno<br />
collina<br />
13,8 0<br />
2,8<br />
0,2<br />
Seminativi<br />
Diversificazione<br />
colturale (frumento,<br />
barbabietola, orticole)<br />
19.810<br />
Pisa<br />
3 197,5 0<br />
collina<br />
2,5<br />
0<br />
Seminativi<br />
Concentrazione colturale<br />
(monocoltura frumento<br />
duro)<br />
137.707<br />
4<br />
Arezzo<br />
collina<br />
64,7 48,8<br />
2,6<br />
0,7<br />
Misto<br />
coltivazioni<br />
allevamenti<br />
Allevamento estensivo<br />
bovini da carne con<br />
foraggere<br />
133.991<br />
5<br />
Siena<br />
collina<br />
33,9<br />
0<br />
0,7<br />
0<br />
Seminativi<br />
Diversificazione<br />
colturale<br />
35.439<br />
6<br />
Grosseto<br />
montagna<br />
105,1 24 5,6<br />
0<br />
Seminativi<br />
Seminativi con<br />
allevamento bovino da<br />
carne<br />
75.629<br />
Cinque aziende sono localizzate in collina e solamente una in montagna, mentre non sono rappresentate<br />
le realtà aziendali della pianura. Ciò dipende da diverse motivazioni. In primo luogo nel<br />
campione costante 2000-2002 le aziende localizzate in pianura costituiscono una quota molto modesta<br />
(il 14% del totale), che rispecchia tuttavia la ripartizione altimetrica rilevata dall’ultimo Censimento<br />
dell’Agricoltura (tab. 9.2). Inoltre, gli indirizzi produttivi delle aziende localizzate in pianura<br />
e presenti nella Banca dati RICA risultano non idonei per le simulazioni (produzioni floricole, vivaistiche<br />
ed orticole). Infatti, il territorio della Toscana non si presenta uniforme dal punto di vista orografico<br />
e ciò condiziona lo sviluppo dell’agricoltura regionale. La montagna, localizzata lungo la dorsale<br />
appenninica, è caratterizzata da boschi e pascoli, dove vengono allevati soprattutto bovini e ovi-<br />
111
ni; la collina, diffusa su tutto il territorio, è caratterizzata da coltivazioni arboree, cerealicole e dalla<br />
presenza di allevamenti ovini; infine, la pianura si estende nel Valdarno, nella Valdichiana e nella<br />
Maremma, dove prevalgono colture industriali, ortofrutticole e allevamenti di varie tipologie.<br />
Tab. 9.2 – Aziende del Censimento e campione costante RICA Toscana per zona altimetrica<br />
Campione costante 2000-02 RICA Toscana<br />
5° Censimento dell’Agricoltura<br />
N. aziende % N. aziende %<br />
Montagna 126 19,6 30.161 21,6<br />
Collina 428 66,6 88.040 62,9<br />
Pianura 89 13,8 21.617 15,5<br />
Totale 643 100,0 139.872 100,0<br />
Fonte: ISTAT, Censimento dell’agricoltura e INEA, Rete di Informazione Contabile Agricola<br />
Nella selezione delle aziende, nonché nella fase di simulazione dei possibili scenari, ci si è<br />
avvalsi anche del supporto dei tecnici rilevatori della RICA. In tale modo è stato possibile, da un<br />
lato avere ulteriori informazioni di tipo qualitativo e sul tipo di scelta che l’imprenditore avrebbe<br />
effettuato, dall’altro lato verificare se le ipotesi formulate erano coerenti con la realtà produttiva<br />
delle aziende e dell’area in cui esse sono localizzate.<br />
Un settore che si è cercato di esaminare in maniera approfondita è quello del frumento duro,<br />
sia per la rilevanza che i contributi assumono rispetto al valore della produzione e alle altre colture<br />
COP, sia perché costituisce il principale settore produttivo interessato dalla riforma a livello<br />
regionale, con una incidenza del 23% sulle coltivazioni erbacee e del 7% sulla produzione agricola<br />
toscana complessiva. Nel campione RICA anno 2002 la coltivazione di frumento duro risulta presente<br />
in circa la metà delle aziende in rilevazione e occupa il 28% della SAU.<br />
Tranne alcune eccezioni, nelle simulazioni presentate sono proposte variazioni contenute nell’ordinamento<br />
colturale, ipotizzando che nei primi anni non ci siano stravolgimenti radicali, ma<br />
che la piena attuazione della riforma si realizzi attraverso successivi adeguamenti. Per il calcolo<br />
dei pagamenti per il frumento duro è stato considerato anche il premio specifico alla qualità previsto<br />
dal regolamento orizzontale (40 euro/ha). In una ipotesi (azienda 5) è stato, inoltre, introdotto<br />
il premio supplementare per il settore dei seminativi concesso ex art. 69 del Regolamento (CE) n.<br />
1782/2003, mentre in un’altra ipotesi si sono calcolati gli aiuti supplementari per il settore delle<br />
carni bovine (azienda 4), non considerando tuttavia gli effetti sul margine lordo dei maggiori costi<br />
dovuti al rispetto delle condizioni di ammissibilità previste (utilizzo sementi certificate, ad esempio).<br />
Particolare attenzione, inoltre, è stata dedicata alla possibilità di attribuzione a livello regionale<br />
del massimale nazionale e di regionalizzazione del regime di pagamento unico, anche se tale<br />
scelta non è stata adottata in Italia. Le simulazioni qui proposte si riferiscono alla regionalizzazione<br />
parziale del settore dei seminativi, per cui la componente zootecnia viene assegnata con il<br />
metodo del disaccoppiamento aziendale, con un pagamento uniforme su tutti gli ettari di superficie<br />
ammissibile (seminativi o pascolo permanente, escluse colture permanenti, forestali e usi non<br />
agricoli) e considerando la Toscana come un’unica regione omogenea 87 . Sebbene queste ipotesi<br />
possano sembrare estreme, a fronte della possibilità di poter differenziare i valori per alcune particolari<br />
superfici (art. 61 Regolamento (CE) 1782/2003) e di poter individuare specifiche zone<br />
87 Si osserva che, in base all’art. 58, per regione dovrebbe intendersi un territorio definito in base a criteri obiettivi e quindi non identificabile<br />
con i confini amministrativi.<br />
112
omogenee (art. 59, comma 3 Regolamento (CE) 1782/2003), esse consentono di confrontare in<br />
maniera immediata i possibili scenari dati dall’applicazione di questo regime rispetto a quello del<br />
pagamento unico e valutarne gli eventuali effetti redistributivi. In queste ipotesi l’ordinamento<br />
produttivo aziendale viene mantenuto stabile rispetto alla situazione iniziale. Nelle simulazioni si<br />
sono considerate due opzioni: di mantenere accoppiato il 40% del premio supplementare frumento<br />
duro e il disaccoppiamento totale. In particolare, la stima per la prima simulazione ammonta a 170<br />
euro per ettaro di superficie ammissibile, mentre nel caso di disaccoppiamento totale l’importo<br />
raggiunge i 201 euro ad ettaro di superficie ammissibile 88 ; entrambi i valori sono espressi al lordo<br />
della trattenuta della componente settoriale seminativi ex art. 69, fissata dal Mipaf all’8% e<br />
applicata nell’ambito delle ipotesi presentate.<br />
9.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (con allevamento bovino da latte)<br />
L’azienda 1, localizzata nelle colline del Mugello in provincia di Firenze e a conduzione<br />
diretto-coltivatrice, è specializzata nell’allevamento bovino da latte con 58 UBA della razza Frisona,<br />
particolarmente diffusa nella vallata del Basso Mugello, territorio caratterizzato da una<br />
conformazione montuosa ricca di pascoli e con un’agricoltura ancora tradizionale. Sebbene la<br />
superficie aziendale, di circa 52 ettari, risulti destinata prevalentemente alla produzione di erbai<br />
e foraggi per l’alimentazione del bestiame, nel periodo di riferimento sono presenti anche colture<br />
che hanno beneficiato di pagamenti PAC. L’azienda percepisce gli aiuti sulle colture COP praticate<br />
e il premio speciale bovini maschi, con un importo medio annuo di circa 6.500 euro e una<br />
incidenza sul margine lordo del 7% (tab. 9.3).<br />
1 a , 2 a e 3 a ipotesi. Per queste simulazioni si stimano gli effetti post riforma dell’introduzione del<br />
sostegno diretto in relazione alla riduzione del prezzo di vendita del latte (con percentuali del<br />
2,5% per il 2005, del 5% per il 2006 e del 7,5% per il 2007), mantenendo il livello produttivo<br />
ante riforma, in media pari a 210 tonnellate di latte. Soltanto nel primo anno il sostegno diretto<br />
è in grado di compensare la riduzione del prezzo del latte, mentre negli anni successivi il<br />
margine lordo aziendale tende a contrarsi, anche se in misura molto limitata.<br />
4 a ipotesi. In questo caso, assieme alla riduzione del prezzo del latte del 2,5% prevista per il 2005,<br />
si è introdotta anche la sostituzione del mais ibrido con quello da foraggio, che presenta un<br />
margine lordo unitario al netto dei contributi maggiore e costituisce una idonea scelta colturale<br />
per aumentare la quantità di fibra necessaria all’alimentazione dei bovini da latte. Questa<br />
soluzione consente all’azienda di continuare a percepire il premio storico maturato nel periodo<br />
di riferimento e di ridurre i costi del contoterzista per la raccolta della granella. La redditività<br />
aziendale tende ad aumentare non solo rispetto alla situazione iniziale ma anche in riferimento<br />
alla 1 a ipotesi.<br />
L’applicazione della riforma apporterebbe una riduzione della redditività aziendale, dato<br />
che il sostegno diretto non riesce a controbilanciare riduzioni del prezzo di vendita del latte. La<br />
revisione dell’ordinamento colturale a favore di produzioni ammissibili, che beneficiano quindi<br />
dei premi accumulati da altre colture, ma con margini lordi unitari maggiori consentirebbe di recuperare<br />
parte delle perdite.<br />
88 I valori utilizzati per queste simulazioni sono stati calcolati in base alle elaborazioni, su dati AGEA e 5° Censimento dell’Agricoltura,<br />
presentate da R. Pagni dell’IRPET nel corso di un seminario svoltosi nel mese di febbraio 2004 presso il Consiglio Regionale della<br />
Toscana, avente per oggetto l’analisi delle opzioni relative alla riforma della PAC.<br />
113
Tab. 9.3 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha)<br />
Frumento tenero 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2<br />
Mais da granella 8,6 8,6 8,6 8,6 0,0<br />
Orzo 11,7 11,7 11,7 11,7 11,7<br />
Set aside obbligatorio 0,8 0,8 0,8 0,8 0,8<br />
Mais da foraggio insilato 9,3 9,3 9,3 9,3 18,0<br />
Medica (fieno) 7,6 7,6 7,6 7,6 7,6<br />
Erbaio polifita (fieno) 4,3 4,3 4,3 4,3 4,3<br />
Pascolo 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6<br />
Foraggi avvicendati 7,5 7,5 7,5 7,5 7,5<br />
Ortaggi 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1<br />
Pesco 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0<br />
Vite comune 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2<br />
Superficie con diritto 21,3 21,3 21,3 21,3 21,3<br />
Superficie ammissibile 50,5 50,5 50,5 50,5 50,5<br />
SAU 51,8 51,8 51,8 51,8 51,8<br />
UBA allevate 58 58 58 58 58<br />
Quote latte (t) 210 210 210 210 210<br />
Premi ricevuti (euro) 6.494 9.138 11.480 13.830 9.138<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 41 77 113 41<br />
Premio per ettaro con diritto 305 429 539 650 429<br />
Margine lordo aziendale (euro) 93.652 94.203 92.115 90.012 96.418<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 1 -2 -4 3<br />
Margine lordo per ettaro 1.810 1.820 1.780 1.739 1.863<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 7 10 12 15 9<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: anno 2005 con riduzione del prezzo del latte pari a 2,5%;<br />
2 a ipotesi: anno 2006 con riduzione del prezzo del latte pari a 5%;<br />
3 a ipotesi: anno 2007 con riduzione del prezzo del latte pari a 7,5%;<br />
4 a ipotesi: anno 2005 con riduzione del prezzo del latte pari a 2,5% e sostituzione del mais da granella con mais da foraggio.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’azienda 2 (con seminativi e orticole di collina)<br />
L’azienda 2, situata nelle colline litoranee di Piombino nella provincia di Livorno, ha una<br />
superficie di 14 ettari e presenta una produzione diversificata con cereali, orticole, barbabietola e<br />
colture arboree. La manodopera impiegata è di circa 3 unità, quasi totalmente di tipo familiare. Ai<br />
fini della simulazione ed in relazione alle produzione oggetto di riforma, l’azienda selezionata può<br />
essere considerata rappresentativa del territorio provinciale, dove la viticoltura sicuramente è tra<br />
le colture più significative soprattutto nelle aree della Bassa Val di Cecina e in Val di Cornia.<br />
Seguono le coltivazioni orticole, che rappresentano una parte preponderante delle produzioni<br />
agricole livornesi in termini di superfici (in particolare il pomodoro da industria, lo spinacio e il<br />
carciofo della Val di Cornia), mentre l’olivo è diffuso su tutto il territorio.<br />
In assenza di riforma, l’azienda continuerebbe a percepire aiuti in base alle colture effettivamente<br />
praticate, pari ad oltre 1.900 euro, con un importo medio per ettaro con diritto di 450 euro<br />
e una incidenza sul margine lordo aziendale del 10% (tab. 9.4).<br />
114
Tab. 9.4 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi 5 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 3,2 3,2 0,0 0,0 3,2 3,2<br />
Frumento tenero 0,8 0,8 0,8 0,8 0,8 0,8<br />
Orzo 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3<br />
Prato monofita( fieno) 0,6 0,6 3,8 0,6 0,6 0,6<br />
Barbabietola 4,1 4,1 4,1 7,3 4,1 4,1<br />
Carciofo 2,0 2,0 2,0 2,0 2,0 2,0<br />
Pomodoro 1,7 1,7 1,7 1,7 1,7 1,7<br />
Ortaggi 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3<br />
Vite comune 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4<br />
Olivo 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3<br />
Superficie con diritto 4,3 4,3 4,3 4,3 4,3 4,3<br />
Superficie ammissibile 9,1 9,1 9,1 9,1 13,0 13,0<br />
SAU 13,8 13,8 13,8 13,8 13,8 13,8<br />
Premi ricevuti (euro) 1.935 1.714 1.601 1.601 2.464 2.449<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -11 -17 -17 27 27<br />
Premio per ettaro con diritto 447 396 370 370 569 566<br />
Margine lordo aziendale (euro) 19.810 19.588 19.638 22.752 20.339 20.324<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -1 -1 15 3 3<br />
Margine lordo per ettaro 1.435 1.419 1.423 1.648 1.473 1.472<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 10 9 8 7 12 12<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e sostituzione del frumento duro con prato monofita;<br />
3 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e sostituzione del frumento duro con barbabietola;<br />
4 a ipotesi: regionalizzazione seminativi con 40% supplementare frumento duro accoppiato e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
5 a ipotesi: regionalizzazione seminativi e mantenimento ordinamento ante riforma.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. L’applicazione del regime unico di pagamento, nell’ipotesi di mantenimento dell’ordinamento<br />
colturale, determina una contrazione del premio per ettaro con diritto (-11%), dovuta alla trattenuta<br />
settoriale e alla decurtazione a favore della riserva nazionale. I diritti ordinari di superficie ammontano<br />
a 4,3 ettari con un valore unitario del diritto standard di 396 euro/ha.<br />
2 a ipotesi. La superficie a frumento duro viene sostituita con prato monofita per la produzione di fieno,<br />
già praticata in azienda e con un margine lordo unitario al netto dei contributi leggermente superiore<br />
a quello del frumento. La sostituzione di una coltura con diritti storici con una ammissibile consente<br />
all’azienda di continuare a percepire gli aiuti maturati nel periodo di riferimento (ad eccezione in questo<br />
caso del premio specifico alla qualità accoppiato alla produzione del frumento duro di cui all’art.<br />
72 del Regolamento (CE) 1782/2003). Il margine lordo aziendale risulta sostanzialmente invariato<br />
rispetto alla situazione iniziale, sebbene il premio ad ettaro con diritto si riduca sensibilmente (-17%).<br />
3 a ipotesi. In questo caso, come nel precedente, si è sostituito il frumento duro con una coltura ammissibile<br />
e con un margine lordo maggiore, la barbabietola. Il margine lordo aziendale, a condizione che<br />
fosse possibile sottoscrivere nuovi contratti con le industrie di trasformazione, risulterebbe in crescita,<br />
con un aumento del 15% rispetto alla situazione di base.<br />
4 a e 5 a ipotesi. A fronte di una limitata superficie con diritto e di una più ampia superficie ammissi-<br />
115
ile non coperta dai diritti storici, l’azienda in esame, nel caso di regionalizzazione parziale del settore<br />
dei seminativi, avrebbe un netto vantaggio in termini di pagamenti che ammonterebbero, al<br />
netto di tutte le trattenute, ad oltre 2.400 euro (+27%), con un incremento del margine lordo di circa<br />
il 3% rispetto alla situazione iniziale. I risultati ottenuti nella simulazione potrebbero, tuttavia,<br />
essere sovrastimati se si dovesse tener conto dell’applicazione dei limiti previsti dall’art. 60 del<br />
regolamento orizzontale in relazione all’uso del suolo per le produzioni ortofrutticole.<br />
L’introduzione del regime di pagamento unico genera una contrazione dei contributi percepiti<br />
dall’agricoltore, a meno che non si attuino cambiamenti nell’ordinamento colturale verso produzioni<br />
ammissibili ma con più elevati risultati reddituali, mentre la regionalizzazione apporta significativi<br />
incrementi alla redditività aziendale, potendo beneficiare di una maggior superficie ammissibile.<br />
L’azienda 3 (con seminativi specializzata a frumento duro)<br />
L’azienda 3, situata nelle colline tra Era e Fine della provincia di Pisa, è specializzata nella produzione<br />
di frumento duro, che costituisce oltre il 70% della SAU totale. La restante superficie è investita<br />
ad altri cereali, oleaginose, foraggere, arboree o ritirata dalla produzione per il rispetto del set aside<br />
obbligatorio. Tale situazione rispecchia in parte le caratteristiche dell’agricoltura provinciale, contraddistinta<br />
da un forte peso delle colture vegetali (particolarmente elevata l’incidenza della produzione<br />
cerealicola), una buona presenza delle colture arboree e un peso limitato della produzione zootecnica.<br />
Una quota consistente dei terreni aziendali (84%) risulta in affitto. La manodopera utilizzata,<br />
pari a 2,5 unità lavorative, è esclusivamente familiare.<br />
In assenza di riforma gli aiuti percepiti dall’azienda ammontano complessivamente a circa<br />
89.700 euro, con un premio per ettaro con diritto di 470 euro e una incidenza sul margine lordo del<br />
65%. La quasi totalità dei terreni utilizzati ha, infatti, percepito premi durante il periodo di riferimento<br />
(tab. 9.5).<br />
1 a ipotesi. L’applicazione della riforma, con l’introduzione del pagamento unico, determina una riduzione<br />
dei contributi. L’azienda può beneficiare di 168,6 diritti ordinari di superficie e 21,9 diritti<br />
di set aside, per un importo complessivo al netto della trattenuta ex art. 69, della decurtazione riserva<br />
nazionale e della modulazione pari a 76.160 euro e un importo medio per ettaro con diritto pari<br />
a 400 euro (-15% rispetto alla situazione iniziale).<br />
2 a ipotesi. In questo caso si è ipotizzata una riduzione della superficie investita a frumento duro, come<br />
effetto del mancato rinnovo di una quota dei terreni in affitto da parte dei proprietari o degli elevati<br />
costi raggiunti dai terreni in affitto. Come prima conseguenza di ciò, l’agricoltore si trova nell’impossibilità<br />
di utilizzare i diritti all’aiuto per il pagamento dell’importo fissato, stante la non disponibilità<br />
di superfici ammissibili. In termini economici si avrebbe una netta riduzione dei contributi<br />
complessivi che l’agricoltore potrebbe percepire (-41%), del premio per ettaro con diritto (-<br />
20%) e del margine lordo aziendale (-37%).<br />
3 a ipotesi. Parte della superficie a frumento duro viene sostituita da altre colture già presenti in<br />
azienda, avena e favino, con la finalità di diversificare ulteriormente la produzione aziendale e<br />
aumentare la superficie in rotazione colturale. I risultati ottenuti mostrano che la perdita del premio<br />
specifico per la qualità per il frumento duro viene in parte recuperata dalla maggior redditività<br />
dell’avena. Rispetto alla situazione iniziale, i premi diminuiscono del 17% ed il margine lordo<br />
aziendale del 10%.<br />
4 a e 5 a ipotesi. Al contrario dell’azienda 2, in questo caso l’applicazione della regionalizzazione al settore<br />
dei seminativi determinerebbe una forte perdita, dovuta alla scarsa presenza di superfici con<br />
colture non compensate e alla forte incidenza del frumento duro nel periodo di riferimento. La<br />
diminuzione del margine lordo rispetto alla situazione iniziale è di circa il 30%, nell’ipotesi di<br />
116
mantenere accoppiato il 40% del premio supplementare frumento duro e del 37%, nell’ipotesi di<br />
regionalizzazione con disaccoppiamento totale.<br />
Tab. 9.5 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi 5 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Avena 6,6 6,6 6,6 26,6 6,6 6,6<br />
Frumento duro 141,7 141,7 91,7 101,7 141,7 141,7<br />
Favino 16,6 16,6 16,6 36,6 16,6 16,6<br />
Colza 3,8 3,8 3,8 3,8 3,8 3,8<br />
Set aside obbligatorio 21,9 21,9 21,9 21,9 21,9 21,9<br />
Medica (fieno) 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6 0,6<br />
Ciliegio 2,3 2,3 2,3 2,3 2,3 2,3<br />
Noce 2,7 2,7 2,7 2,7 2,7 2,7<br />
Olivo 1,3 1,3 1,3 1,3 1,3 1,3<br />
Superficie con diritto 190,5 190,5 140,5 190,5 190,5 190,5<br />
Superficie ammissibile 191,2 191,2 141,2 191,2 191,2 191,2<br />
SAU 197,5 197,5 147,5 197,5 197,5 197,5<br />
Premi ricevuti (euro) 89.730 76.160 52.969 74.775 48.127 38.319<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -15 -41 -17 -46 -57<br />
Premio per ettaro con diritto 471 400 377 392 253 201<br />
Margine lordo aziendale (euro) 137.707 124.137 87.021 123.995 96.105 86.296<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -10 -37 -10 -30 -37<br />
Margine lordo per ettaro 697 629 590 628 487 437<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 65 61 61 60 50 44<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e riduzione superficie in affitto (frumento duro);<br />
3 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e sostituzione di frumento duro con avena e favino;<br />
4 a ipotesi: regionalizzazione seminativi con 40% supplementare frumento duro accoppiato e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
5 a ipotesi: regionalizzazione seminativi e mantenimento ordinamento ante riforma.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In una azienda come questa, in cui una quota consistente del margine lordo proviene dai premi<br />
percepiti e il frumento duro costituisce la principale coltura praticata, si possono rilevare notevoli<br />
variazioni di segno negativo a seguito dell’applicazione delle varie ipotesi di riforma. Stante, inoltre,<br />
il forte ricorso a terreni in affitto, si può ipotizzare una maggior esposizione agli effetti indiretti della<br />
riforma in termini di disponibilità di superficie ammissibile su cui far valere i diritti acquisiti nel<br />
periodo di riferimento. Introducendo, tuttavia, anche in questo caso l’aiuto supplementare per i seminativi<br />
ex art. 69 (ipotesi qui non presentata), si avrebbe un netto miglioramento dei risultati economici<br />
complessivi anche se l’importo previsto dovesse subire una riduzione.<br />
L’azienda 4 (con allevamento da carne e vacche nutrici)<br />
L’azienda 4, situata nelle colline dell’Alta Valtiberina in provincia di Arezzo, è specializzata nell’allevamento<br />
bovino da carne con 50 UBA della razza Chianina. La SAU, pari a 65 ettari, viene destinata<br />
principalmente alla produzione di foraggere per l’alimentazione del bestiame e a seminativi.<br />
117
Risulta, inoltre, praticata la coltivazione del tabacco da fascia della qualità Kentucky, utilizzato per il<br />
sigaro toscano, produzione tipica di tutta la zona.<br />
Nel periodo di riferimento l’azienda ha ricevuto un ammontare di contributi pari a 18.800 euro,<br />
a valere per il 58% sui premi per la zootecnia e il restante 42% sulle colture COP. L’incidenza di questi<br />
premi sul margine lordo aziendale ammonta al 14% (tab. 9.6).<br />
Tab. 9.6 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi 5 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento tenero 10,0 10,0 10,0 10,0 10,0 10,0<br />
Mais ibrido 6,3 6,3 6,3 6,3 6,3 6,3<br />
Orzo 5,7 5,7 5,7 9,5 5,7 5,7<br />
Girasole 3,8 3,8 3,8 0,0 3,8 3,8<br />
Girasole Set aside 1,3 1,3 1,3 1,3 1,3 1,3<br />
Set aside obbligatorio 2,8 2,8 2,8 2,8 2,8 2,8<br />
Foraggere (fieno) 29,0 29,0 29,0 29,0 29,0 29,0<br />
Tabacco 3,2 3,2 3,2 3,2 3,2 3,2<br />
Peperone 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5<br />
Vite 2,0 2,0 2,0 2,0 2,0 2,0<br />
Superficie con diritto 30,0 30,0 30,0 30,0 30,0 30,0<br />
Superficie ammissibile 62,2 62,2 62,2 62,2 62,7 62,7<br />
SAU 64,7 64,7 64,7 64,7 64,7 64,7<br />
UBA allevate 48,8 48,8 48,8 48,8 48,8 48,8<br />
di cui: Vacche nutrici compensate (capi) 22,3 22,3 22,3 22,3 22,3 22,3<br />
Premi ricevuti (euro) 18.794 17.962 27.502 17.962 20.966 22.648<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -4 46 -4 12 21<br />
Premio per ettaro con diritto 626 599 917 599 699 755<br />
Margine lordo aziendale (euro) 133.991 133.159 144.343 133.770 136.163 137.844<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -1 8 0 2 3<br />
Margine lordo per ettaro 2.072 2.059 2.232 2.069 2.106 2.132<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 14 13 19 13 15 16<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e bovini con mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: disaccoppiamento totale con aiuto supplementare carni bovine ex art. 69 e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
3 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e bovini con sostituzione del girasole con orzo;<br />
4 a ipotesi: regionalizzazione seminativi con 40% supplementare frumento duro accoppiato e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
5 a ipotesi: regionalizzazione seminativi e mantenimento ordinamento ante riforma.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. L’applicazione della riforma non sembrerebbe modificare la situazione aziendale. Infatti,<br />
i minori premi ricevuti sui diritti standard (in particolare la contrazione dell’importo ricalcolato per<br />
il girasole) e i diritti set aside vengono in parte riequilibrati dai maggiori premi percepiti sugli allevamenti.<br />
Complessivamente i premi si riducono del 4% e il margine lordo aziendale si contrae<br />
dell’1% rispetto alla situazione iniziale.<br />
2 a ipotesi. Si introduce, in attuazione dell’art. 69, l’aiuto supplementare nel settore delle carni bovine,<br />
applicando l’importo massimo previsto pari a 180 euro/capo per le vacche nutrici e i bovini<br />
118
macellati in età superiore ai 12 e inferiore ai 26 mesi. Ipotizzando che l’azienda rispetti le condizioni<br />
di ammissibilità stabilite dal DM n. 2026 del settembre 2004 e che i capi siano paragonabili<br />
alla media del periodo di riferimento, l’importo complessivo degli aiuti percepiti tenderebbe a<br />
crescere sensibilmente (+46%) così come il margine lordo aziendale (+8%).<br />
3 a ipotesi. Il girasole viene sostituito aumentando la superficie investita ad orzo, più utile per l’alimentazione<br />
del bestiame e con un più elevato margine lordo al netto dei premi. In questo caso, a<br />
fronte di una riduzione del 4% dei contributi, i risultati economici restano sostanzialmente invariati<br />
rispetto alla situazione iniziale.<br />
4 a e 5 a ipotesi. Applicando la regionalizzazione del settore seminativi i premi complessivamente percepiti<br />
per la superficie ammissibile aumentano in misura del 12% nel caso del mantenimento di<br />
parte del premio supplementare frumento duro accoppiato ed in misura maggiore (21%) con il disaccoppiamento<br />
totale. I risultati economici, in termini di margine lordo aziendale, presentano un<br />
leggero incremento (2-3%).<br />
L’esempio qui riportato mostra come vi possano essere aziende sostanzialmente poco coinvolte<br />
dagli effetti della riforma della PAC, sia con l’introduzione del regime di pagamento unico che del<br />
sistema della regionalizzazione (che risulterebbe meno favorevole se si tenesse conto della possibilità<br />
di differenziare il valore unitario stimato per alcune superfici), con variazioni del margine lordo<br />
aziendale contenute attorno al 3%. Tale risultato viene spiegato in parte dalla non presenza in azienda<br />
del frumento duro più sensibile, come visto nelle altre simulazioni, alle varie ipotesi e soprattutto<br />
all’effetto redistributivo della regionalizzazione. Particolare importanza assumerebbe, invece, l’introduzione<br />
dell’aiuto supplementare nel settore delle carni bovine ex art. 69, con notevoli incrementi<br />
del totale dei premi a favore dell’azienda, sebbene si possa ipotizzare che rispetto a quello calcolato<br />
(applicazione dell’importo massimo previsto alla media dei capi) l’ammontare complessivo potrebbe<br />
in realtà essere minore.<br />
L’azienda 5 (con seminativi)<br />
L’azienda 5, localizzata nelle colline della Val d’Orcia in provincia di Siena, ha una superficie di<br />
34 ettari investita prevalentemente a cereali (frumento duro e avena) e in misura limitata a trifoglio per<br />
la produzione da seme e a riposo. La dotazione di manodopera familiare è pari a 0,7 unità. Il settore agrozootecnico<br />
rappresenta la componente primaria per l’economia della zona, ma ancora poco toccato dall’introduzione<br />
di metodi tecnologici innovativi, con l’eccezione del comparto vitivinicolo, contraddistinto<br />
da produzioni di eccellenza e ben posizionato sui mercati internazionali.<br />
In base alle colture praticate l’azienda percepisce circa 10.500 euro di contributi, provenienti per i<br />
3/4 dalla coltivazione di frumento duro. L’incidenza degli aiuti diretti per le colture COP sul margine lordo<br />
aziendale è del 30% (tab. 9.7).<br />
1 a ipotesi. L’agricoltore è titolare di 25,3 diritti ordinari di superficie e 2,3 diritti set aside, con un valore<br />
unitario, al netto di tutte le trattenute, rispettivamente di 331 e 209 euro. L’applicazione della riforma,<br />
mantenendo l’ordinamento colturale base, determina una contrazione dei pagamenti diretti in<br />
misura del 12% e del margine lordo aziendale del 4%.<br />
2 a ipotesi. L’introduzione per il frumento duro del premio supplementare nel settore dei seminativi ex<br />
art. 69 consentirebbe non solo di recuperare parte delle perdite rilevate nella precedente ipotesi, ma<br />
anche di migliorare sensibilmente i risultati economici aziendali, con un incremento del margine lordo<br />
rispetto alla situazione iniziale del 4%. La simulazione effettuata si basa, tuttavia, sia sul rispetto<br />
delle condizioni di ammissibilità al pagamento supplementare per tutta la superficie a frumento duro<br />
sia sull’applicazione dell’importo massimo previsto pari a 180 euro/ha.<br />
3 a ipotesi. La superficie a frumento duro viene leggermente ridotta e ampliata la produzione di trifoglio<br />
119
da seme, che presenta risultati economici particolarmente elevati. In questo caso a fronte di una contrazione<br />
dei premi ricevuti che comprende anche la riduzione del premio specifico alla qualità per il<br />
frumento duro, il margine lordo aziendale rimane stabile rispetto alla situazione iniziale, stante la<br />
maggior redditività unitaria del trifoglio da seme rispetto alla coltura sostituita.<br />
4 a e 5 a ipotesi. La scelta di regionalizzare il regime di pagamento unico per la componente seminativi<br />
comporterebbe una contrazione di circa ? del valore complessivo degli aiuti, dato che il valore unitario<br />
stimato per le simulazioni risulta inferiore a quello medio percepito nel triennio di riferimento<br />
e che è limitata la superficie ammissibile non coperta da diritti storici che potrebbe beneficiarne.<br />
Tab. 9.7 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma Azienda 5<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi 5 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 14,9 14,9 14,9 12,9 14,9 14,9<br />
Avena 10,5 10,5 10,5 10,5 10,5 10,5<br />
Set aside obbligatorio 2,3 2,3 2,3 2,3 2,3 2,3<br />
Trifoglio da seme 4,6 4,6 4,6 6,6 4,6 4,6<br />
A riposo 1,7 1,7 1,7 1,7 1,7 1,7<br />
Superficie con diritto 27,6 27,6 27,6 27,6 27,6 27,6<br />
Superficie ammissibile 33,9 33,9 33,9 33,9 33,9 33,9<br />
SAU 33,9 33,9 33,9 33,9 33,9 33,9<br />
Premi ricevuti (euro) 10.534 9.259 11.935 9.190 7.264 7.114<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -12 13 -13 -31 -32<br />
Premio per ettaro con diritto 381 335 432 333 263 257<br />
Margine lordo aziendale (euro) 35.439 34.164 36.840 35.303 32.169 32.020<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -4 4 0 -9 -10<br />
Margine lordo per ettaro 1.046 1.009 1.088 1.042 950 945<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 30 27 32 26 23 22<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: disaccoppiamento totale con aiuto supplementare frumento duro ex art. 69 e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
3 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e sostituzione di frumento duro con trifoglio da seme;<br />
4 a ipotesi: regionalizzazione seminativi con 40% supplementare frumento duro accoppiato e mantenimento ordinamento ante riforma;<br />
5 a ipotesi: regionalizzazione seminativi e mantenimento ordinamento ante riforma.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
Le varie ipotesi esaminate (pagamento unico e regionalizzazione) possono creare cambiamenti<br />
sensibili e di segno negativo sia sull’importo dei contributi percepiti che sui risultati complessivi<br />
aziendali. Al contrario, la possibilità di poter beneficiare del premio supplementare per il settore dei<br />
seminativi consentirebbe, nel caso del pagamento unico, di migliorare la performance produttiva rilevata<br />
nella situazione iniziale, ma in misura minore rispetto a quanto riportato in tabella, se si dovesse<br />
tener conto dei maggiori costi per soddisfare le condizioni di ammissibilità previste.<br />
L’azienda 6 (cerealicola con allevamento da carne)<br />
L’azienda 6, situata nelle montagne dell’Amiata grossetano, ha una superficie utilizzata di 105<br />
ettari e un allevamento di 24 UBA di razza Chianina, con un impiego di manodopera familiare di 5,6<br />
120
unità. La superficie risulta investita prevalentemente a frumento duro e a colture destinate all’alimentazione<br />
del bestiame. In tutto il territorio amiatino risulta particolarmente consistente il patrimonio<br />
zootecnico, sia per quanto riguarda l’allevamento ovino che quello bovino, orientato in quest’ultimo<br />
caso alla produzione di carne.<br />
Nel periodo di riferimento l’azienda ha percepito un totale di 36.900 euro di aiuti, provenienti<br />
soprattutto dalle colture COP e in misura limitata dai premi per l’allevamento (bovini maschi e vacche<br />
nutrici), con un’incidenza sul margine lordo di circa la metà (tab. 9.8).<br />
Tab. 9.8 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma Azienda 6<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi 5 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Avena 1,0 1,0 1,0 6,0 1,0 1,0<br />
Frumento duro 56,6 56,6 56,6 36,6 56,6 56,6<br />
Orzo 4,8 4,8 4,8 9,8 4,8 4,8<br />
Fava 6,2 6,2 6,2 6,2 6,2 6,2<br />
Set aside obbligatorio 9,2 9,2 9,2 9,2 9,2 9,2<br />
Medica fieno 4,2 4,2 4,2 4,2 4,2 4,2<br />
Erbaio fieno 12,7 12,7 12,7 22,7 12,7 12,7<br />
Prati e pascoli 6,5 6,5 6,5 6,5 6,5 6,5<br />
Vite comune 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4<br />
Olivo 3,6 3,6 3,6 3,6 3,6 3,6<br />
Superficie con diritto 77,8 77,8 77,8 77,8 77,8 77,8<br />
Superficie ammissibile 101,2 101,2 101,2 101,2 101,2 101,2<br />
SAU 105,1 105,1 105,1 105,1 105,1 105,1<br />
UBA allevate 24,0 24,0 0,0 24,0 24,0 24,0<br />
di cui: Vacche nutrici compensate (capi) 17,0 17,0 0,0 17,0 17,0 17,0<br />
Premi ricevuti (euro) 36.877 32.261 32.261 31.568 27.421 24.082<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -13 -13 -14 -26 -35<br />
Premio per ettaro con diritto 474 414 414 406 352 309<br />
Margine lordo aziendale (euro) 75.629 71.013 58.637 73.490 66.173 62.834<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -6 -22 -3 -13 -17<br />
Margine lordo per ettaro 719 675 558 699 629 598<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 49 45 55 43 41 38<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: disaccoppiamento totale seminativi e disaccoppiamento totale premi zootecnici;<br />
2 a ipotesi: disaccoppiamento totale premi seminativi e zootecnia con abbandono allevamento;<br />
3 a ipotesi: disaccoppiamento con riduzione superficie a frumento duro e aumento erbaio fieno, orzo e avena;<br />
4 a ipotesi: regionalizzazione seminativi con 40% supplementare frumento duro accoppiato;<br />
5 a ipotesi: regionalizzazione seminativi.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Nel caso di applicazione della riforma con disaccoppiamento totale per il settore dei seminativi<br />
e dell’allevamento bovino e mantenimento dell’ordinamento colturale, si ha una contrazione<br />
del premi (-13%) e del margine lordo aziendale (-6%).<br />
2 a ipotesi. Se l’agricoltore decidesse di abbandonare completamente l’allevamento si avrebbe, a parità<br />
di contributi da percepire, una riduzione consistente del margine lordo aziendale (-22%). Tale<br />
121
simulazione potrebbe essere ipotizzabile nel caso ci fosse la possibilità di impiegare nel mercato<br />
del lavoro locale la manodopera familiare in eccesso. In realtà nell’area in esame non sono presenti<br />
alternative produttive altrettanto valide.<br />
3 a ipotesi. La superficie a frumento duro viene in parte sostituita a favore dell’ampliamento della produzione<br />
di erbai da fieno, orzo e avena. In questo caso l’agricoltore continua a percepire gli elevati<br />
premi accumulati nel periodo di riferimento sul frumento duro e aumenta la produzione di colture<br />
maggiormente idonee all’allevamento, riuscendo in tal modo a limitare la contrazione del margine<br />
lordo aziendale (-3%), rispetto all’ipotesi di mantenimento dell’ordinamento colturale.<br />
4 a e 5 a ipotesi. Nel caso di applicazione della regionalizzazione, con le modalità ed i limiti specificati<br />
in precedenza, i premi percepiti risulterebbero ridotti rispetto alla situazione ante riforma, stante<br />
la elevata superficie investita a frumento duro. Particolarmente penalizzante sarebbe inoltre la scelta<br />
del disaccoppiamento totale seminativi, con riduzione del 35% degli aiuti percepiti e del 17%<br />
del margine lordo aziendale.<br />
I risultati ottenuti mostrano un elevato grado di sensibilità, in termini di variazioni percentuali di<br />
segno negativo dei premi ricevuti e della redditività aziendale, alle varie ipotesi formulate, stante la<br />
forte incidenza della superficie a frumento duro sul totale della SAU ed il peso marginale dei contributi<br />
percepiti sugli allevamenti. Tale situazione potrebbe in parte essere sicuramente riequilibrata nel<br />
caso di applicazione dell’aiuto supplementare previsto dall’art. 69 per il settore seminativi e bovini da<br />
carne, anche per importi inferiori a quelli massimi previsti.<br />
122
CAPITOLO 10<br />
LA RIFORMA FISCHLER NELLE MARCHE<br />
G. GIGLI<br />
10.1 La selezione delle aziende<br />
Per simulare gli effetti della riforma si sono assunte alcune ipotesi di base che semplificano la<br />
realtà operativa in cui si trovano ad operare gli imprenditori. Come già evidenziato nel capitolo 6, il<br />
modello di simulazione è orientato alle decisioni di breve periodo e non comprende alternative produttive<br />
che comportano un diverso impiego delle dotazioni strutturali. In conseguenza di questi presupposti,<br />
la logica tramite la quale si è fatto operare il modello ha risposto più alla volontà di verificare<br />
alcuni scenari alternativi, rispondenti ad estremizzazioni dei comportamenti attesi. Oltre allo scenario<br />
base, in cui si è ipotizzato che non vi siano “reazioni” da parte dell’imprenditore, se ne sono ipotizzati<br />
altri due. Da un lato il primo comportamento imprenditoriale che si è preso in considerazione<br />
è quello della massimizzazione dei risultati economici e quindi della ulteriore professionalizzazione<br />
dell’attività aziendale. Il secondo comportamento, invece, ipotizza una destrutturazione dell’attività<br />
aziendale e una spinta alla semplificazione dell’ordinamento produttivo, al fine di diminuire significativamente,<br />
sino ad arrivare al limite dell’abbandono, tutte quelle attività che richiedono un maggiore<br />
impegno, sia in termini di lavoro che di capitali.<br />
In entrambi gli scenari non sono state considerate attività alternative non comprese nel corrente<br />
ordinamento produttivo dell’azienda al fine di non introdurre ipotesi di fatto incompatibili con le<br />
dotazioni aziendali. Ovviamente nessuno di questi “approcci” sembra realistico per la loro radicalità,<br />
ma si è ritenuto che questi due estremi comportamentali comprendano al loro interno ciò che presumibilmente<br />
accadrà, e sono da considerare quindi come una sorta di “limiti inferiori e superiori”<br />
all’interno dei quali si collocheranno le future scelte imprenditoriali.<br />
La validità delle simulazioni non va quindi ricercata nella precisione dei risultati proposti ma nel<br />
loro ordine di grandezza e nella direzione dello scostamento rispetto alla situazione ante riforma (baseline).<br />
La selezione delle aziende è stata realizzata nell’ambito di un progetto di ricerca più ampio, commissionato<br />
la Regione Marche ha chiesto all’INEA di simulare gli effetti di alcune opzioni della riforma<br />
<strong>Fischler</strong> attraverso l’utilizzo di un modello di programmazione matematica positiva (PMP) 89 . La<br />
selezione stessa si è così snodata attraverso quattro fasi:<br />
1. la prima fase ha riguardato l’individuazione, a livello di contabilità RICA, delle aziende che fossero<br />
presenti in tutti gli anni del triennio di riferimento per il calcolo dei diritti (quindi dal 2000 al<br />
2002);<br />
2. da questo primo elenco sono state scelte tutte quelle aziende che fossero più rappresentative della<br />
situazione dell’agricoltura nelle Marche. Sono dunque state scelte le aziende che presentassero<br />
gli indirizzi produttivi dei cereali e della zootecnia da carne;<br />
3. in questa fase sono stati somministrati dei questionari ad una trentina di conduttori delle aziende<br />
selezionate nella seconda fase, per riscontrare i risultati emersi dal modello econometrico.<br />
4. con l’ultima fase sono state selezionati i quattro casi aziendali su cui applicare il modello di simulazione<br />
proposto in questo lavoro, scegliendoli tra quegli imprenditori che nella fase precedente<br />
avessero mostrato la disponibilità maggiore all’indagine.<br />
89 Il coordinamento scientifico di questo studio è dovuto alla prof.ssa Margherita Scoppola.<br />
123
Le caratteristiche strutturali delle quattro aziende selezionate vengono riportate nella tabella 10.1.<br />
Molto concisamente, considerando i fini di questa indagine, queste possono essere riassunte considerando<br />
che la prima azienda è un’azienda cerealicola in area vocata, la seconda è una cerealicola<br />
marginale, la terza presenta un allevamento di bovini estensivi mentre la quarta ha un allevamento di<br />
ovicaprini.<br />
Tab. 10.1 – Caratteristiche delle aziende selezionate (medie 2000-2002)<br />
Azienda<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
Macerata<br />
1 collina 105 0 1,9 0,2 Seminativi Cerealicola 88.517<br />
interna<br />
Ancona<br />
2 collina 8,4 0 1,1 0 Seminativi Cerealicola marginale 10.269<br />
litoranea<br />
Macerata<br />
3 66,2 36,4 1<br />
montagna<br />
3 a ipotesi. L’azienda riduce sia i cereali che le colture industriali, riconvertendo il suo indirizzo produttivo<br />
verso colture estensive a basso impiego di capitale e lavoro, aumentando quindi le foraggere<br />
e il set aside. In questo caso il margine lordo aziendale diminuisce del 19%.<br />
La riforma <strong>Fischler</strong>, almeno per questa tipologia aziendale e per la sola opzione del disaccoppiamento,<br />
sembra garantire un livello reddituale superiore al precedente, se la superficie viene investita<br />
a colture a più alto reddito unitario. Chi dispone delle capacità imprenditoriali, di una struttura<br />
aziendale adeguata, come in questo caso, e di condizioni agronomiche adatte si orienterà probabil-<br />
Pesaro<br />
4 collina 67,3 47 1,9<br />
inetrna interna<br />
UL<br />
salariate<br />
0<br />
0<br />
Polo<br />
Bovini da<br />
allev. e carne<br />
Bovini da<br />
allev. e carne<br />
Tipologia coltivazioni<br />
allevamenti<br />
Allevamento da carne<br />
estensivo<br />
Allevamento<br />
ovicaprino<br />
37.860<br />
61.433<br />
10.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (cerealicola vocata)<br />
La prima azienda, localizzata nella provincia di Macerata, ha una SAU pari a quasi 105 ettari<br />
investita a frumento duro, girasole ed erba medica ed una dotazione media di unità di lavoro totali pari<br />
a 1,89. I diritti stimati ammontano a 105 ettari che produrranno un premio unico unitario pari a 382<br />
euro/ha. La tabella 10.2 riassume gli scenari ipotizzati.<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi di mantenimento dell’ordinamento colturale i contributi ricevuti diminuirebbero<br />
del 16% portandosi a 40.054 euro, mentre il margine lordo diminuirebbe dell’8%.<br />
2 a ipotesi. L’azienda aumenta la superficie coltivata a frumento e a medica per conseguire migliori<br />
risultati reddituali, grazie al maggiore margine lordo unitario di queste colture e alla previsione del<br />
premio qualità per i seminativi, eliminando la coltivazione del girasole. In questo caso il margine<br />
lordo aziendale aumenta del 15% portandosi a 97.382 euro. Peraltro la previsione di un premio pari<br />
a 180 euro/ha non tiene conto dell’ammontare dei fondi disponibili a livello nazionale, al momento<br />
non quantificabili. In realtà il solo aumento delle colture a maggior reddito è in grado di superare<br />
di poco il margine lordo della situazione di partenza, quindi l’erogazione di un eventuale premio<br />
qualità a livelli inferiori a quelli stabiliti dal decreto ministeriale comporta comunque un certo<br />
vantaggio per l’azienda.<br />
124
mente verso il mercato cogliendo tutte le opportunità offerte dal riconoscimento delle produzioni di<br />
qualità, ma potrebbe anche optare per altri indirizzi produttivi, magari irrigui. Nel caso aziendale specifico<br />
date le caratteristiche strutturali appare quindi razionale una intensificazione delle attività produttive<br />
verso quelle colture che possono conseguire migliori risultati reddituali. In particolare sembra<br />
profilarsi una ulteriore specializzazione verso il frumento duro che potrebbe inoltre risultare avvantaggiato<br />
dalla prevista riduzione della produzione regionale nelle aree non vocate. Resta l’interrogativo<br />
degli effetti agroambientali di una specializzazione cerealicola ancora più esasperata per questa<br />
tipologia aziendale<br />
Tab. 10.2 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 58,2 58,2 78,2 30,0<br />
Girasole 25,2 25,2 0,0 0,0<br />
Erba medica 12,0 12,0 15,0 50,1<br />
Set aside 9,5 9,5 10,0 24,0<br />
Olivo 0,1 0,1 0,9 0,9<br />
Superficie con diritto 104,9 104,9 104,9 104,9<br />
Superficie ammissibile 104,9 104,9 104,9 104,9<br />
SAU 105,0 105,0 105,0 105,0<br />
Premi ricevuti (euro) 47.563 40.054 54.930 38.926<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -16 15 -18<br />
Premio per ettaro con diritto 454 382 524 317<br />
Margine lordo aziendale (euro) 88.517 81.476 97.382 72.047<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -8 10 -19<br />
Margine lordo per ettaro 843 776 921 681<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 54 49 56 54<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità (180 euro/ha), aumento del frumento e foraggere, abbandono del girasole;<br />
3 a ipotesi: riduzione dei cereali e delle colture industriali, aumento delle foraggere e del set aside.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’azienda 2 (cerealicola marginale)<br />
La seconda azienda è localizzata nella provincia di Ancona, ha una SAU media di 8 ha ed una<br />
disponibilità di lavoro media di poco superiore a una unità lavoro. I diritti ammontano a 5,3 ha che<br />
daranno luogo ad un premio unitario di 522 euro circa. La tabella 10.3 riassume gli scenari ipotizzati.<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi di mantenimento dello stesso ordinamento colturale i premi ricevuti ammonterebbero<br />
a 2.777 euro e il margine lordo a 10.395 euro, presentando una diminuzione del 9%.<br />
2 a ipotesi. Nell’ipotesi che l’azienda ottenga il premio qualità massimo di 180 euro/ha per i seminativi<br />
il margine lordo aumenterebbe del 21%, attestandosi ad un livello pari a 11.331 euro. C’è però<br />
da considerare che l’ammontare del premio appare alquanto improbabile e che lo stesso sarà sicuramente<br />
di entità minore. Il premio supplementare che permetterebbe di mantenere gli aiuti allo<br />
stesso livello ante riforma ammonta a 55 euro/ha.<br />
3 a ipotesi. Si ipotizza un aumento della coltura a maggior reddito (barbabietola) e l’abbandono dei<br />
125
cereali. Si tratta di una ipotesi non sempre percorribile nel medio periodo, dato che il sistema delle<br />
quote di fatto limita le scelte imprenditoriali e si deve tener conto della necessaria rotazione<br />
agronomica. In questo caso, comunque, al maggior reddito della barbabietola si aggiunge il diritto<br />
al premio e di conseguenza il margine lordo aziendale evidenzia un incremento del 62%.<br />
4 a ipotesi. La simulazione prevede l’abbandono delle coltivazioni annuali. Questa ipotesi viene inquadrata<br />
in una tendenza evolutiva comune nelle aziende di questa tipologia verso la “destrutturazione”,<br />
ovvero la minimizzazione dell’impiego di manodopera e di capitali in azienda. In questo caso<br />
il margine lordo aziendale ammonta a 3.230 euro, con un decremento del 69%.<br />
Tab. 10.3 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 1,2 1,2 1,2 0,0 0,0<br />
Frumento duro 4,0 4,0 4,0 0,0 0,0<br />
Erba medica 0,1 0,1 0,1 0,0 0,0<br />
Set aside 0,0 0,0 0,0 0,0 8,0<br />
Barbabietola 2,6 2,6 2,6 8,0 0,0<br />
Vite per uva da vino 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1<br />
Altre colture 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7<br />
Superficie con diritto 5,3 5,3 5,3 5,3 5,3<br />
Superficie ammissibile 8,0 8,0 8,0 8,0 8,0<br />
SAU 8,8 8,8 8,8 8,8 8,8<br />
Premi ricevuti (euro) 3.060 2.777 3.713 2.617 2.617<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -9 21 -14 -14<br />
Premio per ettaro con diritto 575 522 697 492 492<br />
Margine lordo aziendale (euro) 10.269 10.395 11.331 16.648 3.230<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 1 10 62 -69<br />
Margine lordo per ettaro 1.172 1.181 1.288 1.892 367<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 30 27 33 16 81<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per i seminativi (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: aumento della coltura a maggiore reddito ed abbandono dei cereali;<br />
4 a ipotesi: abbandono delle coltivazioni annuali per la non coltivazione;<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
Analogamente al caso aziendale precedente, la riforma induce un peggioramento della situazione<br />
economica in assenza dei premi supplementari. La forbice delineata dalle ultime due ipotesi è molto<br />
ampia e indirettamente conferma come la via che verrà probabilmente seguita sarà quella di non<br />
introdurre particolari cambiamenti. Sebbene le variazioni reddituali nella terza ipotesi siano apparentemente<br />
molto allettanti, le dotazioni aziendali in termini di manodopera non sembrano poter<br />
sostenere un rapido riorientamento verso colture ad alto reddito e ad elevata intensità di capitale. Probabilmente<br />
le aziende che ricadono in questa tipologia accelereranno il processo di destrutturazione,<br />
approfittando della rendita garantita senza particolari vincoli di coltivazione. In questi casi forse si<br />
avrà una espansione della foraggicoltura, ma il settore zootecnico regionale non sembra capace di<br />
accrescere significativamente la domanda di materie prime per l’alimentazione.<br />
L’ipotesi simulata di destrutturazione rende evidente la riduzione di reddito ma non coglie il fat-<br />
126
to che il minore impegno di lavoro potrebbe essere una contropartita accettabile per chi dispone di redditi<br />
integrativi (es. pensioni). In definitiva per questa tipologia aziendale molto diffusa nelle Marche,<br />
ci sarà probabilmente un effetto “inerziale” ovvero un periodo di attesa in cui solo pochi ri-orienteranno<br />
le scelte produttive, mentre la maggior parte delle aziende continuerà le consuete attività. Si tratta<br />
di una classe imprenditoriale che solitamente non accede direttamente alle fonti informative ma che<br />
preferisce attendere gli eventi, per cui i tempi di reazione saranno necessariamente più lunghi.<br />
L’azienda 3 (con allevamento bovino estensivo e vacche nutrici)<br />
L’azienda 3 è localizzata nella provincia di Macerata, ha una SAU media di circa 68 ettari ed una<br />
disponibilità di lavoro media pari a 1 unità di lavoro. I diritti ammontano a quasi 67 ettari per un premio<br />
unico previsto pari a 200 euro. La tabella 10.4 riassume gli scenari ipotizzati.<br />
Tab. 10.4 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Mais 0,6 0,6 0,0 0,0<br />
Avena 1,4 1,4 0,0 0,0<br />
Frumento duro 1 1 31 0,0<br />
Orzo 7,4 7,4 0,0 0,0<br />
Fava e Favetta 0,5 0,5 0,0 0,0<br />
Erba medica 20,1 20,1 0,0 31<br />
Pascoli 35,3 35,3 35,3 35,3<br />
Altre colture 1,5 1,5 1,5 1,5<br />
Superficie con diritto 66,3 66,3 66,3 66,3<br />
Superficie ammissibile 66,3 66,3 66,3 66,3<br />
SAU 67,8 67,8 67,8 67,8<br />
Capi allevati (UBA) 36,4 36,4 20 36,4<br />
di cui: - Vacche nutrici compensate 31 31 17 31<br />
Premi ricevuti (euro) 12.985 13.281 20.060 16.269<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 2 54 25<br />
Premio per ettaro con diritto 196 200 303 245<br />
Margine lordo aziendale (euro) 37.860 37.543 35.242 40.787<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -1 -7 8<br />
Margine lordo per ettaro 559 554 520 602<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 34 35 57 40<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione dell’allevamento, introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha) e sostituzione delle foraggere<br />
con i cereali;<br />
3 a ipotesi: introduzione del premio qualità per le vacche nutrici (180 euro/capo) e riconversione alle foraggere.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi di mantenimento dello stesso ordinamento culturale i premi ricevuti ammonterebbero<br />
a 13.281 euro e il margine lordo a 37.543 euro, presentando una leggera flessione pari<br />
all’1%.<br />
127
2 a ipotesi. In questa ipotesi, grazie anche all’introduzione del premio aggiuntivo di qualità per i<br />
seminativi, l’azienda ridimensiona gli allevamenti rinunciando all’auto-approvvigionamento foraggero<br />
e investendo sui cereali per compensare la perdita reddituale. Il margine lordo aziendale<br />
ammonterebbe a 35.242 euro, presentando quindi, nonostante il premio, una diminuzione rispetto<br />
alla situazione ante riforma del 7%. In realtà va tenuto presente che la localizzazione in montagna<br />
dell’azienda di fatto vincola in senso agronomico lo sviluppo della cerealicoltura. Inoltre è<br />
molto probabile che il premio qualità difficilmente potrà essere pagato al livello massimo, quindi<br />
la flessione del margine lordo aziendale sarà sicuramente maggiore. Il premio che manterrebbe<br />
inalterato il margine lordo di partenza dovrebbe essere fissato a 270 euro/ha.<br />
3 a ipotesi. Questo scenario è speculare al precedente in quanto si ipotizza un abbandono della cerealicoltura<br />
a favore delle foraggere. Il margine lordo aumenterebbe dell’8% rispetto alla situazione<br />
ante riforma. Un limite a questa ipotesi potrebbe derivare dall’aggravio di costi per l’approvvigionamento<br />
alimentare per integrare la dieta, nonché dal premio per vacca nutrice che sicuramente<br />
sarà inferiore rispetto al massimo di 180 euro/capo ipotizzato nella simulazione.<br />
Se queste simulazioni sono in grado di rappresentare una tipologia aziendale esemplificativa delle<br />
aziende zootecniche marchigiane, gli effetti indotti della riforma suggeriscono di non variare la consistenza<br />
zootecnica a condizione che venga riconosciuto il premio supplementare per la qualità. D’altra<br />
parte, nell’ipotesi che ci si orienti verso indirizzi cerealicoli a scapito di quelli zootecnici, il conseguente<br />
minore impiego di manodopera potrebbe attenuare di molto i differenziali reddituali. Va,<br />
inoltre, considerato che ci potrebbero essere altre componenti ad influenzare le scelte imprenditoriali<br />
in maniera molto più marcata, come ad esempio i prezzi di vendita della carne e i costi delle materie<br />
prime. La riforma <strong>Fischler</strong> può risultare determinante per quelle aziende che in questi ultimi anni<br />
non hanno effettuato una chiara scelta verso una modernizzazione delle strutture e che comunque hanno<br />
mantenuto una minima struttura zootecnica.<br />
L’azienda 4 (con allevamento di ovicaprini)<br />
L’azienda 4 è localizzata nella provincia di Pesaro, ha una SAU media di circa 67 ettari ed una<br />
disponibilità di lavoro media pari a quasi 2 unità. I diritti ammontano a 61 ettari ed il premio per ettaro<br />
stimato è pari a 453 euro. La tabella 10.5 riassume gli scenari ipotizzati.<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi di mantenimento dello stesso ordinamento culturale i contributi ricevuti<br />
ammonterebbero a 29.709 euro e il margine lordo a 58.705 euro, con un decremento del 4%<br />
rispetto all’ipotesi di base.<br />
2 a ipotesi. Si ipotizza l’introduzione del premio qualità massimo di 180 euro/ha per i seminativi e che,<br />
in conseguenza, l’azienda riduca fortemente l’allevamento e abbandoni le foraggere in favore dei<br />
cereali nel tentativo di recuperare la perdita dei contributi conseguente ai tagli della riforma. Il margine<br />
lordo evidenzierebbe un incremento dell’11%. Anche in questa ipotesi però si deve considerare<br />
come il premio massimo difficilmente verrà pagato. Il premio aggiuntivo che permetterebbe<br />
di mantenere allo stesso livello ante-riforma il margine lordo è di 70 euro/ha.<br />
3 a ipotesi. In questo caso si prevede l’introduzione del premio massimo di 15 euro/capo per gli ovini<br />
ed il conseguente aumento della consistenza zootecnica, con una espansione delle foraggere per<br />
diminuire l’impiego di manodopera. Il margine lordo aziendale aumenta del 3%.<br />
Questa tipologia aziendale registra variazioni negative di reddito nel caso in cui si mantenga lo<br />
stato attuale delle attività produttive, ciò significa che l’imprenditore sarà spinto a fare scelte di cambiamento.<br />
Anche in questo caso, valgono le considerazioni espresse per la zootecnia bovina, ovvero<br />
che i fattori che determineranno lo sviluppo saranno più che altro le dinamiche di mercato. Semmai<br />
la nuova PAC potrà accelerare alcune scelte di abbandono che in realtà sono già state prese prece-<br />
128
dentemente. Infine l’effetto indiretto che potrebbe delinearsi in seguito alla riforma, che sfugge all’analisi<br />
microeconomica, è la probabile maggiore disponibilità futura di superfici a pascolo anche nell’alta<br />
collina (400-600 m s.l.m.) dove oggi la cerealicoltura è ancora molto diffusa. Il verificarsi di<br />
questo nuovo scenario potrebbe favorire l’espansione degli allevamenti ora quasi esclusivamente localizzati<br />
nelle aree montane.<br />
Tab. 10.5 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Trifoglio 2,0 2,0 0,0 9,7<br />
Avena 1,7 1,7 0,0 0,0<br />
Frumento duro 26,7 26,7 57,7 0,0<br />
Set aside 3,3 3,3 3,3 3,3<br />
Erba medica 27,3 27,3 0,0 48,0<br />
Pascoli 4,6 4,6 4,6 4,6<br />
Altre colture 11,8 11,8 11,8 11,8<br />
Superficie con diritto 65,6 65,6 65,6 65,6<br />
Superficie ammissibile 65,6 65,6 65,6 65,6<br />
SAU 77,4 77,4 77,4 77,4<br />
Ovini allevati (n. capi) 319 319 190 407<br />
Premi ricevuti (euro) 31.965 29.709 41.341 34.743<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -7 29 9<br />
Premio per ettaro con diritto 487 453 630 530<br />
Margine lordo aziendale (euro) 61.433 58.705 67.961 63.346<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -4 11 3<br />
Margine lordo per ettaro 794 758 878 818<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 52 51 61 55<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione dell’allevamento, introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha) e conversione delle superfici a<br />
frumento duro;<br />
3 a ipotesi: aumento dell’allevamento, introduzione del premio qualità per gli ovicaprini (15 euro/capo) e conversione delle superfici a<br />
foraggere.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
129
CAPITOLO 11<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN PUGLIA<br />
G. VALENTINO<br />
11.1 La selezione delle aziende<br />
In Puglia la riforma <strong>Fischler</strong> interesserà in particolar modo il comparto del frumento duro e degli<br />
allevamenti ovicaprino e bovino da carne. Si tratta di produzioni abbastanza rilevanti per l’economia agricola<br />
regionale, dato che il frumento duro partecipa alla formazione del valore delle coltivazioni erbacee<br />
per il 18% e più del 50% delle aziende pugliesi con cereali coltiva frumento duro. L’allevamento contribuisce<br />
per circa il 9% alla determinazione del valore della produzione agricola regionale. Malgrado il<br />
patrimonio zootecnico ovicaprino copra soltanto il 10% del patrimonio regionale, risulta importante per<br />
la sua localizzazione in quanto in alcune aree la permanenza dell’attività antropica è legata essenzialmente<br />
a tale allevamento. Infine la consistenza bovina è circa il 6% del patrimonio zootecnico totale della regione.<br />
La selezione delle aziende è stata realizzata contestualmente alla identificazione di areali, relativamente<br />
omogenei per caratteristiche produttive ed elementi ambientali, ove fossero presenti in modo rilevante<br />
i comparti interessati dalla riforma. Sostanzialmente sono stati identificati tre areali: a) il primo corrispondente<br />
alla pianura della provincia di Foggia, identificabile con la zona del Tavoliere ove domina la<br />
coltivazione di frumento duro a carattere intensivo; b) il secondo, tipicamente marginale, corrisponde<br />
all’area murgiana settentrionale della provincia di Bari dove la coltivazione dei seminativi e degli allevamenti<br />
ovicaprini è a carattere prioritariamente estensivo; c) nel terzo, costituito dalla parte meridionale<br />
della Murgia barese, si concentra prevalentemente la zootecnia bovina regionale.<br />
Tab. 11.1 - Caratteristiche delle aziende selezionate<br />
Azienda<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
UL<br />
salariate<br />
Polo<br />
Foggia<br />
1 47 0 1,1 1,1 Policoltura<br />
pianura<br />
Tipologia coltivazioni<br />
allevamenti<br />
Frumento duro pomodoro<br />
e broccolo rapa<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
70.282<br />
Bari<br />
2 63 0 1,2<br />
collina<br />
0 Seminativi<br />
Frumento duro,<br />
leguminose e erbai<br />
41.666<br />
Bari<br />
3 120 73 3<br />
collina<br />
0,9 Ovicaprini<br />
Allevamento ovicaprini<br />
con pascoli<br />
88.223<br />
Bari<br />
4 27 38 1,6<br />
collina<br />
0,1<br />
Bovini da<br />
carne<br />
Allevamento bovini da<br />
carne<br />
50.261<br />
In tali areali sono state selezionate 4 aziende (tab.11.1). Nel primo areale è stata scelta un’azienda<br />
di medie dimensioni con prevalente coltivazione di frumento duro e pomodoro. Le statistiche censuarie<br />
evidenziano che le aziende con superficie compresa tra i 20 e i 50 ettari, benché modeste come numerosità,<br />
rappresentano circa il 30% della superficie a frumento duro. Queste aziende è probabile che siano più<br />
orientate al mercato e pronte a rispondere ai cambiamenti della PAC con specifiche strategie aziendali. Il<br />
secondo areale è rappresentato dalla seconda e dalla terza azienda, selezionate rispettivamente per la coltivazione<br />
di seminativi e per l’allevamento ovicaprino. L’azienda dedita alla coltivazione di frumento duro<br />
evidenzia una realtà aziendale condotta in modo più orientato al mercato rispetto alla media dell’area.<br />
131
Anche l’azienda zootecnica ha una dimensione piuttosto rilevante, ma la consistente superficie a pascolo<br />
attribuisce un carattere estensivo all’allevamento in linea con le caratteristiche dell’area. Infine la quarta<br />
azienda è localizzata nel terzo areale e rappresenta una realtà media per il comparto dei bovini da carne.<br />
11.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (policoltura – frumento duro e ortaggi)<br />
Questa prima azienda è localizzata sull’altopiano foggiano e ne può essere considerata rappresentativa<br />
per tipologia di coltivazioni praticate. Il frumento duro, infatti, elemento di evidenza<br />
nell’area nella misura in cui rappresenta più del 40% di quanto presente in tutta la regione, è<br />
coltivato in azienda sul 72% della SAU. Come tipicamente si osserva nell’area, questa azienda fatta<br />
eccezione per il frumento duro non ha altre colture COP. La rimanente superficie, infatti, circa<br />
13 ettari sui 47 totali, è investita ad ortaggi (pomodoro e broccolo rapa). Da ciò discende che la<br />
superficie con diritto di questa azienda coincide con quella coltivata a frumento duro, la quale porta<br />
ad un premio unico pari a circa 14.454 euro. La tabella 11.2 riassume i risultati delle simulazioni<br />
ipotizzate rispetto alla situazione di riferimento (baseline).<br />
1 a ipotesi. In questo caso, in cui si è ipotizzato il mantenimento dell’ordinamento ante riforma, si<br />
osserva una riduzione del margine lordo del 3% giustificata dalle riduzioni dei massimali operate<br />
a vantaggio della qualità, della modulazione e della riserva nazionale.<br />
2 a ipotesi. Si è ipotizzato che l’imprenditore decida di mantenere la superficie a frumento duro,<br />
adeguandola agli standard qualitativi imposti dai decreti applicativi dell’art. 69, e di introdurre<br />
nell’ordinamento colturale una leguminosa, il cece, al fine di tener conto di un più corretto<br />
avvicendamento colturale, sottraendone la superficie al broccolo rapa. In questo caso si ha un<br />
incremento del margine lordo aziendale del 5% dovuto essenzialmente all’ottenimento dei<br />
premi qualità per il frumento duro, i quali segnano evidentemente un incremento consistente<br />
del premio ad ettaro ammissibile. Tenendo conto che molto probabilmente l’entità del premio<br />
qualità sarà inferiore al livello massimo stabilito nel decreto (180 euro/ha), per mantenere inalterato<br />
l’ammontare complessivo dei contributi ricevuti nella situazione ante riforma, il premio<br />
qualità dovrebbe essere fissato intorno ai 25 euro/ha.<br />
3 a ipotesi. Al fine di rispettare un corretto avvicendamento, funzionale al raggiungimento degli<br />
obiettivi imposti dalle BCAA, e di introdurre nell’ordinamento una leguminosa, l’imprenditore<br />
decide di diminuire la superficie a frumento duro piuttosto che quella a broccolo rapa,<br />
come proposto nel caso precedente, in quanto il margine lordo unitario del frumento duro è<br />
consistentemente più basso di quello del broccolo rapa. A queste condizioni, la crescita del margine<br />
lordo è ancora più apprezzabile rispetto a quella della seconda ipotesi, dato che la leguminosa<br />
(cece) ha un margine lordo unitario superiore a quello del frumento duro. Anche in questo<br />
caso valgono le considerazioni precedenti a proposito dell’entità del premio qualità con un<br />
valore al punto di pareggio pari a circa 35 euro/ha.<br />
4 a ipotesi. In questo caso l’agricoltore intende ancor più diversificare l’ordinamento colturale<br />
destinando la superficie sottratta al frumento duro non solo al cece ma anche ad una coltura<br />
proteaginosa, ad esempio il colza, che potrebbe rendere più corretto il piano di avvicendamento.<br />
Il margine lordo aumenta anche se in misura inferiore rispetto alla precedente ipotesi a<br />
causa della redditività più bassa del colza rispetto al cece. Va, inoltre, notato che, se il premio<br />
qualità dovesse ridursi intorno a 35 euro/ha, l’incremento del margine lordo sarebbe pari soltanto<br />
a +2%.<br />
132
Tab. 11.2 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 34,1 34,1 34,1 29,1 29,1<br />
Broccolo rapa 8,0 8,0 7,0 8,0 8,0<br />
Pomodoro 4,9 4,9 4,9 4,9 4,9<br />
Olive da olio 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2<br />
Cece 0,0 0,0 1,0 5,0 3,0<br />
Colza 0,0 0,0 0,0 0,0 2,0<br />
Superficie con diritto 34,1 34,1 34,1 34,1 34,1<br />
Superficie ammissibile 34,1 34,1 35,1 34,1 34,1<br />
SAU 47,1 47,1 47,1 47,1 47,1<br />
Premi ricevuti (euro) 16.525 14.455 21.950 20.850 20.850<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -13 33 26 26<br />
Premio per ettaro con diritto 485 424 644 611 611<br />
Margine lordo aziendale (euro) 70.282 67.990 74.134 76.296 76.169<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -3 5 9 8<br />
Margine lordo per ettaro 1.492 1.443 1.574 1.620 1.617<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 24 21 30 27 27<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione di una leguminosa e del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: riduzione della superficie a frumento duro con premio qualità per introduzione di coltura miglioratrice;<br />
4 a ipotesi: riduzione della superficie a frumento duro con premio qualità e introduzione di due nuove colture.<br />
Fonte: elaborazioni INEA.<br />
A margine delle precedenti riflessioni va ricordato che l’importante incremento di reddito per l’azienda<br />
nelle situazioni di post riforma è dovuto per la maggior parte al premio qualità derivante dall’art.<br />
69 per il frumento duro. Tale premio, comunque, potrebbe essere oggetto di diminuzione in funzione<br />
del numero di ettari che aderirebbero alle prescrizioni dell’art. 69, cosa tra l’altro non inverosimile<br />
considerando che la Puglia è zona tradizionale di produzione del frumento duro. È evidente che<br />
l’ipotesi più conveniente per l’agricoltore è la terza in termini di margine lordo, ma anche in termini<br />
di rispetto delle BCAA in quanto l’introduzione di una leguminosa permette una più corretta gestione<br />
dell’avvicendamento.<br />
L’azienda 2 (seminativi estensivi)<br />
Questa azienda, situata nella zona murgiana nord-orientale della provincia barese ha una SAU<br />
di 63 ettari quasi completamente destinati a seminativi e leguminose. È da considerare un’azienda<br />
estensiva che ricorre unicamente alla manodopera familiare (ULF 1,2) e che segue già in fase di preriforma<br />
un corretto avvicendamento colturale, il che le darebbe un vantaggio nei confronti di altre<br />
aziende, al di fuori dell’areale di riferimento, in termini di rispetto delle BCAA.<br />
La superficie con diritto è pari a circa il 96% della SAU aziendale e il premio unico, calcolato<br />
sui pagamenti storici, è di 16.700 euro. La tabella 11.3 mostra le ipotesi di cambiamento rispetto alla<br />
situazione di pre-riforma.<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi che le scelte imprenditoriali e l’ordinamento colturale non siano modificati<br />
rispetto alla situazione di riferimento di pre-riforma, si registra un calo del margine lordo del 5%<br />
133
dovuto essenzialmente alle detrazioni operate per la qualità (art. 69), per la modulazione e per la<br />
riserva nazionale.<br />
2 a ipotesi. Questa simulazione ipotizza, come nel caso della prima ipotesi, che non venga realizzato<br />
alcun cambiamento a livello di ordinamento colturale, ma vengano introdotte solo quelle variazioni<br />
necessarie all’adesione alle prescrizioni di qualità legate all’art. 69. In questo caso si registra,<br />
rispetto alla situazione di partenza, una variazione del margine lordo pari a circa il 10%. È opportuno<br />
ricordare che tali simulazioni assumono che il pagamento del premio qualità sia stabilito al<br />
livello massimo senza contemplare la possibilità che le richieste di adesione al premio qualità possano<br />
essere tanto numerose da determinare una decurtazione dello stesso. Comunque, per ottenere<br />
un ammontare di contributi invariato rispetto alla situazione ante riforma sarebbe necessario che<br />
il premio qualità fosse fissato intorno ai 35 euro/ha.<br />
3 a ipotesi. Nel caso in cui l’imprenditore decida di modificare l’ordinamento colturale, si potrebbe<br />
scegliere di diminuire la superficie di una coltura con un minor margine lordo, come il frumento<br />
duro, a vantaggio di una con un margine lordo più alto, ad esempio il cece e contemporaneamente<br />
decidere di coltivare il frumento restante aderendo al regime del premio qualità. Tale scelta<br />
potrebbe essere sostenuta anche dalla necessità di operare una più corretta gestione della rotazione.<br />
In questo caso si registrerebbe un incremento del margine lordo totale del 10%, ma tenendo<br />
conto di una presumibile riduzione del premio, come nel caso delle seconda ipotesi, un premio qualità<br />
fissato intorno a 50 euro/ha determinerebbe un aumento del margine lordo di 2%.<br />
Tab. 11.3 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 28,6 28,6 28,6 23,6<br />
Orzo 0,9 0,9 0,9 0,9<br />
Set aside volonario 11,1 11,1 11,1 11,1<br />
Cece 5,0 5,0 5,0 10,0<br />
Fava e favetta 15,2 15,2 15,2 15,2<br />
Ortaggi 0,5 0,5 0,5 0,5<br />
Erbaio vern-prim 1,5 1,5 1,5 1,5<br />
OlIve da olio 0,1 0,1 0,1 0,1<br />
Vite vino comune 0,2 0,2 0,2 0,2<br />
Superficie con diritto 60,7 60,7 60,7 60,7<br />
Superficie ammissibile 62,7 62,7 62,7 62,7<br />
SAU 63,1 63,1 63,1 63,1<br />
Premi ricevuti (euro) 16.700 14.606 20.890 19.790<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -13 25 19<br />
Premio per ettaro con diritto 275 241 344 326<br />
Margine lordo aziendale (euro) 41.666 39.572 45.857 45.631<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -5 10 10<br />
Margine lordo per ettaro 661 628 727 724<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 40 37 32 32<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità (180 euro/ha).<br />
3 a ipotesi: riduzione della superficie a frumento duro con premio qualità e aumento della superficie a cece.<br />
Fonte: elaborazioni INEA.<br />
134
L’azienda 3 (allevamento estensivo di ovicaprini)<br />
Questa azienda è localizzata come la precedente nella zona nord-orientale della provincia barese<br />
con una SAU di 120 ettari di cui il 64% a pascolo e il resto a foraggere e frumento duro; è presente,<br />
inoltre, un allevamento ovicaprino di 730 capi. Si tratta di una realtà aziendale tipica dell’area per<br />
ordinamento produttivo ed estensività delle produzioni e rappresentativa delle aziende medio-grandi.<br />
Proprio per il consistente numero di capi allevati l’azienda utilizza manodopera salariata. Il calcolo<br />
degli importi di riferimento per questa azienda stabilisce un premio unico pari a 19.579 euro per un<br />
margine lordo di 88.220 euro. La tabella 11.4 riassume i risultati delle simulazioni ipotizzate rispetto<br />
alla situazione di riferimento.<br />
Tab. 11.4 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 22,0 22,0 27,0 22,0 12,0<br />
Orzo 3,0 3,0 3,0 3,0 3,0<br />
Avena 3,0 3,0 2,0 3,0 3,0<br />
Trifoglio 15,0 15,0 11,0 15,0 20,0<br />
Pascoli incolti 77,0 77,0 77,0 77,0 82,0<br />
Superficie con diritto 28,0 28,0 28,0 28,0 28,0<br />
Superficie ammissibile 120,0 120,0 120,0 120,0 120,0<br />
SAU 120,0 120,0 120,0 120,0 120,0<br />
Ovini (n. capi) 730 730 650 730 800<br />
Premi ricevuti (euro) 19.580 17.358 23.298 33.148 27.198<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -11 19 69 39<br />
Premio per ettaro con diritto 699 620 832 1.184 971<br />
Margine lordo aziendale (euro) 88.223 86.002 55.875 101.792 93.745<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -3 -37 15 6<br />
Margine lordo per ettaro 735 717 466 848 781<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 22 20 42 33 29<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: aumento della superficie a frumento duro con premio qualità (180 euro/ha) e diminuzione dell’allevamento ovino;<br />
3 a ipotesi: introduzione del premio qualità per gli ovini e il frumento duro;<br />
4 a ipotesi: diminuzione superficie a frumento duro con premio qualità, aumento superficie a trifoglio e pascolo incolto e aumento dell’allevamento<br />
ovino con premio qualità (180 euro/capo).<br />
Fonte: elaborazioni INEA.<br />
1 a ipotesi. Questa prima simulazione contempla il caso in cui l’imprenditore non decida di realizzare<br />
modifiche nella gestione della sua azienda in riferimento all’applicazione della riforma. In<br />
questo caso si registrerebbe una diminuzione dei premi ricevuti in funzione dell’applicazione<br />
delle trattenute per la qualità (art. 69), per la modulazione e per la riserva nazionale con un conseguente<br />
calo del margine lordo.<br />
2 a ipotesi. Si ipotizza che l’agricoltore decida di ridurre il numero di capi allevati, diminuendo la<br />
superficie foraggera e aumentando quella a frumento duro. Quest’ultima coltura, dato che l’azienda<br />
è collocata in area DOP Pane di Altamura, verrà coltivata ai fini dell’ottenimento del premio qua-<br />
135
lità. Questi cambiamenti provocano un aumento dei premi percepiti del 19%, ma con una diminuzione<br />
del margine lordo pari al 37%. Il calo è imputabile alla contrazione del numero di capi (-<br />
80 unità).<br />
3 a ipotesi. Questa ipotesi contempla il mantenimento dell’ordinamento ante riforma con l’unica<br />
variante costituita dall’adeguamento alle prescrizioni definite nei documenti attuativi dell’art. 69,<br />
sia per gli ovicaprini che per il frumento duro. In questo caso si evidenzia accanto alla crescita del<br />
premio totale anche quella del margine lordo aziendale del 15%. Se dovesse diminuire, come probabile,<br />
l’entità del premio qualità, tali aumenti potrebbero essere totalmente azzerati con un livello<br />
di premio intorno a 45 euro/ha.<br />
4 a ipotesi. Quest’ultima simulazione, infine, contempla il caso in cui l’agricoltore decida di aumentare<br />
ulteriormente (+70 capi) il patrimonio zootecnico anche in virtù della considerevole superficie<br />
a pascolo dell’azienda. Tale decisione impone comunque di aumentare la superficie foraggera,<br />
per cui 10 ettari vengono sottratti al frumento duro e destinati equamente al trifoglio e ai<br />
pascoli. L’azienda rimane comunque legata ai premi qualità sia per il frumento duro che per gli ovicaprini.<br />
L’aumento di margine lordo è del 6%. Anche in questo caso vale quanto rilevato nel caso<br />
della terza ipotesi per quanto riguarda il livello del premio qualità.<br />
Pare opportuno evidenziare che la scelta dell’azienda di mantenere il proprio patrimonio zootecnico,<br />
collegandolo all’ottenimento del premio qualità, sembra essere una soluzione ideale. Va<br />
tenuto conto, tuttavia, anche in questo caso come per il frumento duro, che se dovessero verificarsi<br />
adesioni numerose al premio qualità (art. 69) si renderà assolutamente necessario un abbattimento dei<br />
massimali utilizzati per i calcoli di tali simulazioni e di conseguenza si verificherebbe un abbattimento<br />
dei margini lordi corrispondenti.<br />
L’azienda 4 (allevamento bovini da carne)<br />
Questa azienda è localizzata nell’area murgiana sud-orientale della provincia di Bari. È un’azienda<br />
zootecnica con un patrimonio bovino di 50 capi. Anche se nell’area è diffuso tanto l’allevamento<br />
di bovini da latte soprattutto per la trasformazione in latticini freschi, quanto quello di bovini<br />
da carne, è stata selezionata un’azienda con allevamento da carne anche per meglio valutare gli<br />
impatti della riforma che avrà effetti più evidenti sull’allevamento di bovini maschi. La SAU di pertinenza<br />
è di 26,6 ettari che quasi completamente costituiscono la superficie con diritto fatta eccezione<br />
per due ettari coltivati a ciliegio. La tabella 11.5 riassume i risultati delle simulazioni ipotizzate<br />
rispetto alla situazione di riferimento (baseline).<br />
1 a ipotesi. In questo caso, in cui si ipotizza che la situazione ante-riforma venga mantenuta anche dopo<br />
la sua applicazione, si registra una diminuzione del 10% del premio unico dovuto alle decurtazioni<br />
operate per la qualità (art. 69) e per la riserva nazionale (non si opera la decurtazione per la<br />
modulazione in quanto il premio unico calcolato per l’azienda in questione è inferiore a 5000<br />
euro).<br />
2 a ipotesi. Questa simulazione prevede una riduzione del patrimonio zootecnico di 10 capi accompagnata<br />
da una riduzione della superficie foraggera e dall’introduzione di una coltura nuova per<br />
l’azienda: il frumento duro, con il quale si riesce ad ottenere il premio qualità previsto (art. 69) ma<br />
non il diritto al premio dato che questa coltura non era inserita nell’ordinamento nel periodo ante<br />
riforma. Tali modifiche benché aumentino considerevolmente il premio percepito dall’azienda,<br />
determinano una contrazione del margine lordo dell’8% a causa sostanzialmente della riduzione<br />
dell’allevamento. Inoltre, una probabile contrazione del premio qualità amplificherebbe ulteriormente<br />
la riduzione del margine lordo.<br />
3 a ipotesi. In questo caso rispetto alla situazione di partenza, viene lasciato inalterato il patrimonio<br />
136
zootecnico, ma viene comunque prevista una riduzione, seppure più contenuta di quella operata<br />
con la seconda ipotesi, della superficie foraggera a vantaggio del frumento duro, coltura nuova per<br />
l’ordinamento colturale aziendale, anche se tipica dell’areale. Questa scelta conduce ad un incremento<br />
del margine lordo aziendale del 3%, in presenza del massimale del premio qualità associato<br />
alla coltivazione di frumento duro. Peraltro in questa ipotesi non si considera la probabile riduzione<br />
del premio qualità e il presumibile aumento dei costi per l’approvvigionamento foraggero<br />
dell’allevamento.<br />
Tab. 11.5 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Erbaio polifita invernali-primaverili 24,5 24,5 14,5 19,5<br />
Ciliegio 2,1 2,1 2,1 2,1<br />
Frumento duro 0,0 0,0 10,0 5,0<br />
Superficie con diritto 24,5 24,5 24,5 24,5<br />
Superficie ammissibile 24,5 24,5 24,5 24,5<br />
SAU 26,6 26,6 26,6 26,6<br />
Bovini da carne (n. capi) 50 50 40 50<br />
Premi ricevuti (euro) 1.555 1.403 3.603 2.503<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -10 132 61<br />
Premio per ettaro con diritto 63 57 147 102<br />
Margine lordo aziendale (euro) 50.261 50.109 46.023 51.730<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - 0 -8 3<br />
Margine lordo per ettaro 1.890 1.884 1.730 1.945<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 3 3 8 5<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione dell’allevamento con introduzione del frumento duro con premio qualità (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: introduzione del frumento duro con premio qualità.<br />
Fonte: elaborazioni INEA.<br />
Pare evidente che in tale areale non esistano significative alternative, in termini reddituali,<br />
all’allevamento bovino; di fatti la seconda ipotesi, che contempla una diminuzione dell’allevamento,<br />
registra il più consistente calo del margine lordo. A rafforzare tale osservazione, pare importante sottolineare<br />
che in molti casi il mantenimento stesso dell’attività agricola nell’areale sia strettamente collegato<br />
alla presenza di allevamenti in azienda.<br />
137
CAPITOLO 12<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN BASILICATA<br />
C. DE VIVO, C. DI CARLO<br />
12.1 La selezione delle aziende<br />
Nella selezione delle aziende si è tenuto conto della vocazione agricola delle diverse aree della<br />
regione, scegliendo unità appartenenti alle principali tipologie strutturali del territorio per i comparti<br />
oggetto di riforma. Alcune aziende risultano essere fortemente specializzate, soprattutto<br />
nella produzione di frumento duro, mentre altre adottano un ordinamento colturale misto. Le cinque<br />
aziende con allevamenti riguardano ovini da carne (2), bovini da latte (1), bovini da carne (1)<br />
e infine un allevamento misto (tab. 12.1).<br />
Il campione si presenta differenziato anche per quanto attiene l’altimetria in cui ricadono le<br />
aziende. In particolare, alcune sono localizzate nell’area collinare dell’Alto Bradano, altre nei fondovalle<br />
dell’Agri, altre ancora nella montagna del Lagonegrese-Pollino.<br />
Tab. 12.1 - Caratteristiche delle aziende selezionate<br />
Azienda<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
Potenza<br />
1 26,7<br />
collina<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
UL<br />
salariate<br />
Polo<br />
14 0,7 0 Seminativi<br />
Tipologia coltivazioni<br />
allevamenti<br />
Diversificazione<br />
colturale (cereali e<br />
foraggere)<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
34.549<br />
Potenza<br />
2 105,7 0 0,9 0 Seminativi<br />
collina<br />
Concentrazione colturale<br />
(monocoltura grano)<br />
79.150<br />
Potenza<br />
3 44,4<br />
collina<br />
63 1 0<br />
Bovini da<br />
latte<br />
Allevamento estensivo<br />
vacche da latte<br />
41.045<br />
Potenza<br />
4 15 10 2<br />
montagna<br />
0<br />
Ovini da<br />
carne<br />
Allevamento estensivo<br />
ovini da carne<br />
14.839<br />
Potenza<br />
5 280 23 4<br />
montagna<br />
0<br />
Seminativi e<br />
erbivori<br />
Seminativi con<br />
allevamento ovino e<br />
bovino da carne<br />
24.215<br />
Potenza<br />
6 25,5 10 0,9<br />
montagna<br />
0<br />
Seminativi e<br />
erbivori<br />
Seminativi con<br />
allevamento bovino da<br />
carne<br />
15.761<br />
Le simulazioni ipotizzate vengono confrontate con un riferimento storico (Baseline) alla<br />
situazione aziendale esistente nel periodo 2000-2002. Gli scenari aziendali post riforma prevedono<br />
modifiche di breve periodo dell’indirizzo produttivo dell’azienda, che sono valutati in termini<br />
di variazioni del margine lordo e dei premi. L’introduzione del premio qualità (art. 69) è stata<br />
ipotizzata per due aziende, di cui una specializzata cerealicola. Per l’azienda con allevamento<br />
bovino da latte si è scelto di valutare soltanto gli effetti dell’introduzione dei pagamenti diretti e<br />
della riduzione del prezzo del latte.<br />
139
12.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (cereali e allevamento ovino)<br />
L’azienda è situata in collina nella provincia di Potenza, presenta una SAU di oltre 27 ettari, investita<br />
prevalentemente a frumento duro. L’azienda ricade nell’area dell’Alto Bradano, territorio caratterizzato<br />
da una sostanziale vocazione cerealicola e con una elevata percentuale di aziende fortemente<br />
specializzate nella produzione di frumento duro. La morfologia del territorio (sostanzialmente pianeggiante<br />
e con carenza di risorse idriche) orienta le aziende verso una forte specializzazione cerealicola<br />
e conseguentemente permette costi di produzione più contenuti rispetto ad altre aree della<br />
regione. Gli aiuti diretti per il frumento duro previsti dalla riforma Mac Sharry del 1992 hanno contribuito<br />
in misura considerevole alla formazione della PLV della coltura stessa. Il patrimonio zootecnico<br />
è costituito da 140 ovini da carne.<br />
L’ordinamento colturale rispecchia la vocazione principale dell’area, evidenziando nel contempo<br />
la necessità di produrre foraggio per soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali presenti in<br />
azienda. La manodopera esclusivamente familiare ammonta a 0,7 unità. La tabella 12.2 riassume le<br />
diverse ipotesi di simulazione.<br />
Tab. 12.2 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 21,7 21,7 10,0 8,0<br />
Orzo 0,0 0,0 0,0 6,7<br />
Avena 0,0 0,0 5,0 5,0<br />
Olivo 0,7 0,7 0,7 0,7<br />
Trifoglio 5,0 5,0 4,0 0,0<br />
Favetta 0,0 0,0 1,5 2,0<br />
Medica 0,0 0,0 0,0 5,0<br />
Foraggere (miscuglio) 0,0 0,0 6,2 0,0<br />
Superficie con diritto 26,7 26,7 26,7 26,7<br />
Superficie ammissibile 26,7 26,7 26,7 26,7<br />
SAU 27,4 27,4 27,4 27,4<br />
Ovini carne (n. capi) 140 140 140 70<br />
Premi ricevuti (euro) 14.234 13.231 12.765 12.685<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -7 -10 -11<br />
Premio per ettaro con diritto 534 496 479 476<br />
Margine lordo aziendale (euro) 34.549 33.546 34.590 29.028<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -3 0 -16<br />
Margine lordo per ettaro 1.296 1.258 1.297 1.089<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 41 39 37 44<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione del frumento duro e introduzione di avena e foraggere;<br />
3 a ipotesi: riduzione dell’allevamento e ulteriore sostituzione del frumento duro con introduzione dell’orzo.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi d adottare lo stesso ordinamento produttivo ante riforma si nota una riduzio-<br />
140
ne del 7% dei premi e una contrazione del margine lordo intorno al 3%. L’incidenza dei contributi<br />
comunitari è pari al 39% del margine lordo, poco al di sotto rispetto alla situazione ante riforma.<br />
2 a ipotesi. Si ipotizza la parziale sostituzione del frumento duro con foraggere temporanee come il trifoglio<br />
al fine di introdurre una rotazione colturale, più coerente con il rispetto delle buone condizioni<br />
agronomiche ambientali e comunque in grado di aumentare l’autoapprovvigionamento a fini<br />
zootecnici. Si ottiene una ulteriore riduzione dei premi ricevuti rispetto alla prima ipotesi, ma il<br />
margine lordo si mantiene all’incirca allo stesso livello ante riforma, in conseguenza dell’introduzione<br />
di colture che conseguono migliori risultati economici.<br />
3 a ipotesi. Si ipotizza una riduzione del 50% del numero degli ovini. Non è da escludere, infatti, in<br />
considerazione anche della elevata età media degli imprenditori agricoli e del carico di lavoro<br />
richiesto dalle attività zootecniche, la riduzione delle attività di allevamento. Gli ettari coltivati a<br />
grano sono ridotti ulteriormente fino a diventare poco più di un terzo rispetto alla situazione iniziale,<br />
anche per lasciare spazio alla coltura dell’orzo, in virtù della possibilità di conferire il prodotto<br />
ad un maltificio presente in zona. Il parziale abbandono della zootecnia provoca una sensibile<br />
riduzione del margine lordo (-16%).<br />
In un’azienda come questa, vocata alla produzione di frumento duro da una parte e all’allevamento<br />
ovino da carne dall’altra, le scelte sullo scenario futuro si potranno orientare necessariamente<br />
in due direzioni: da un lato con l’introduzione di foraggere da impiegare per l’allevamento ovino o,<br />
comunque, da destinare alla vendita ad aziende zootecniche del circondario e dall’altra con l’introduzione<br />
di cereali minori (orzo, avena, etc.) che presentano rese unitarie mediamente più elevate e un<br />
mercato certamente più stabile del frumento duro.<br />
L’azienda 2 (cerealicola specializzata)<br />
L’azienda, localizzata in collina in provincia di Potenza nell’area dell’Alto Bradano, presenta un<br />
indirizzo produttivo completamente specializzato in cerealicoltura. I premi mediamente ricevuti nel<br />
periodo di riferimento sono stati di quasi 46.000 euro con un premio per ettaro di 435 euro. L’azienda<br />
occupa esclusivamente manodopera familiare pari a 0,9 unità. L’azienda ricorre al contoterzismo<br />
per gran parte delle operazioni colturali.<br />
In questa azienda, come in tante altre aziende specializzate della collina dell’Alto Bradano, continuare<br />
a coltivare frumento duro è legato necessariamente all’importo del premio supplementare. Se<br />
gli ettari ammissibili al pagamento supplementare per il frumento duro dovessero essere tali da far<br />
diminuire fortemente l’importo unitario per ettaro, le alternative produttive immaginabili sarebbero<br />
molto ridotte e si orienterebbero verso la produzione di altri cereali che garantiscono una maggiore<br />
remunerazione dei fattori (avena e orzo, da destinare all’alimentazione zootecnica), o verso la produzione<br />
di foraggere, anche in considerazione della forte spinta dell’imprenditoria locale verso la zootecnia<br />
e delle scelte di natura strutturale verso la dotazione di impianti irrigui. Nella tabella 12.3 sono<br />
elencate nel dettaglio le relative ipotesi di simulazione.<br />
1° ipotesi. In questa ipotesi l’ordinamento colturale rimane invariato. Ciò comporta una riduzione dei<br />
premi del 14%. Il calo del margine lordo è di qualche punto inferiore (8%).<br />
2 a ipotesi. I cambiamenti relativi all’ordinamento colturale hanno riguardato il frumento duro, che è<br />
stato ridotto di oltre il 40% con introduzione di altri cereali autunno-vernini (avena e orzo). La<br />
riduzione del frumento duro comporta anche la parziale erogazione del premio specifico alla qualità<br />
(art. 73 del Regolamento (CE) 1782/2003) e quindi un’ulteriore contrazione del premio per<br />
ettaro (-17,6%).<br />
3 a ipotesi. Il frumento duro viene completamente eliminato, proponendo un ordinamento colturale<br />
orientato in parte alla produzione di cereali (avena e orzo) ed in parte alla produzione di foragge-<br />
141
e. Malgrado i premi inferiori rispetto alle altre ipotesi, il margine lordo aziendale ha un calo meno<br />
che proporzionale dei premi rispetto alla situazione ante riforma, data la buona redditività delle<br />
nuove colture introdotte nell’ordinamento colturali.<br />
4 a ipotesi. La quarta simulazione simula l’introduzione del premio qualità (art. 69 del Regolamento<br />
1782/2003) in uno scenario colturale immutato rispetto alla situazione ante riforma. I premi aziendali<br />
aumentano di oltre il 20%, mentre il margine lordo del 13%. In realtà difficilmente il premio<br />
qualità potrà essere erogato al livello massimo fissato dal decreto ministeriale. Comunque per mantenere<br />
inalterato il reddito o i premi erogati nella situazione ante riforma basterebbe fissare il premio<br />
intorno ai 60-70 euro/ha.<br />
Tab. 12.3 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 93,0 93,0 53,0 0,0 93,0<br />
Avena 0,0 0,0 20,0 20,0 0,0<br />
Medica 0,0 0,0 0,0 23,0 0,0<br />
Foraggere (miscuglio) 0,0 0,0 0,0 35,0 0,0<br />
Orzo 0,0 0,0 20,0 15,0 0,0<br />
Set aside obbligatorio 12,7 12,7 12,7 12,7 12,7<br />
Superficie con diritto 105,7 105,7 105,7 105,7 105,7<br />
Superficie ammissibile 105,7 105,7 105,7 105,7 105,7<br />
SAU 105,7 105,7 105,7 105,7 105,7<br />
Premi ricevuti (euro) 45.956 39.470 37.870 35.750 56.210<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -14 -18 -22 22<br />
Premio per ettaro con diritto 435 373 358 338 532<br />
Margine lordo aziendale (euro) 79.150 72.664 71.347 75.350 89.404<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -8 -10 -5 13<br />
Margine lordo per ettaro 749 687 675 713 846<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 58 54 53 47 63<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione della superficie investita a frumento duro (-40%) ed introduzione altri cereali;<br />
3 a ipotesi: sostituzione del frumento duro con colture foraggere e altri cereali;<br />
4 a ipotesi: introduzione del premio qualità (180 euro/ha).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In un’azienda di questo tipo, fortemente specializzata nella produzione di frumento duro, le<br />
simulazioni ipotizzate si orientano necessariamente in due direzioni. La prima mira all’introduzione<br />
di foraggere, data la maggiore redditività di queste colture rispetto al frumento duro e le potenzialità<br />
derivanti dall’irrigazione; la seconda ripercorre la possibilità di coltivare frumento duro nel caso possa<br />
usufruire del premio specifico alla qualità previsto dall’articolo 69 del Regolamento CE 1782/2003.<br />
L’impatto che potrà avere l’applicazione della riforma <strong>Fischler</strong> in questo tipo di aziende, dovrebbe<br />
tener conto anche dell’opzione relativa all’abbandono della coltivazione. Infatti molte aziende dell’area<br />
sono gestite con l’utilizzo del contoterzismo per tutte le operazioni colturali. Il fabbisogno di<br />
lavoro per la coltivazione del frumento duro è piuttosto ridotto (circa 25 ore/ha) e quindi non pre-<br />
142
suppone la presenza continua dell’imprenditore in azienda. Inoltre la PLV derivante dalla coltura (al<br />
netto dei premi) molto spesso si avvicina ai costi di produzione e l’andamento del prezzo di vendita<br />
del frumento duro è da alcuni anni negativo. In un simile contesto alcuni imprenditori potrebbero optare<br />
per l’abbandono colturale. Infatti, ipotizzando un costo per il rispetto delle buone condizioni agronomiche<br />
e ambientali previste dal Regolamento (CE) non superiore ai 50 euro/ha, il premio si assesterebbe<br />
intorno ai 30.000 euro, che costituirebbe una rendita non indifferente.<br />
L’azienda 3 (allevamento di vacche da latte)<br />
L’azienda, situata nell’area collinare dell’Alto Bradano in provincia di Potenza, è caratterizzata dall’allevamento<br />
di 59 vacche da latte e presenta una SAU di circa 45 ettari. L’azienda impiega una sola unità<br />
lavorative familiari e non ricorre a salariati. Nel caso specifico di questa azienda, le simulazioni post<br />
riforma riguardano soltanto gli effetti dell’introduzione del pagamento diretto, con riferimento agli anni<br />
2005, 2006 e 2007, in conseguenza della riduzione del prezzo di vendita del latte (tab. 12.4).<br />
Tab. 12.4 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 16,0 16,0 16,0 16,0<br />
Trifoglio 26,6 26,6 26,6 26,6<br />
Olivo 1,8 1,8 1,8 1,8<br />
Superficie con diritto 16,0 16,0 16,0 16,0<br />
Superficie ammissibile 42,6 42,6 42,6 42,6<br />
SAU 44,4 44,4 44,4 44,4<br />
Quote latte 1.524 1.524 1.524 1.524<br />
Bovini latte (n. capi) 59 59 59 59<br />
Premi ricevuti (euro) 7.619 8.966 10.605 12.166<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - 18 39 60<br />
Premio per ettaro con diritto 476 560 663 760<br />
Margine lordo aziendale (euro) 41.045 40.877 41.001 39.533<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - 0 0 -4<br />
Margine lordo per ettaro 2.565 2.555 2.563 2.471<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 19 22 26 31<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: anno 2005 - riduzione del prezzo del latte del 2,5%;<br />
2 a ipotesi: anno 2006 - riduzione del prezzo del latte del 5% ;<br />
3 a ipotesi: anno 2007 - riduzione del prezzo del latte del 7,5%.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a , 2 a e 3 a ipotesi. Per i tre anni sono state ipotizzate delle riduzioni del prezzo del latte pari rispettivamente<br />
al 2,5%, al 5,0% e al 7,5% con la contestuale introduzione del pagamento diretto pari a<br />
11,14 euro per tonnellata di latte. Rispetto alla situazione ante riforma i premi aumentano progressivamente<br />
dal 18% del primo anno al 60% dell’ultimo anno, mentre il margine lordo rimane<br />
sostanzialmente stabile nei primi due anni e si riduce del 4% nel 2007. Di conseguenza anche l’incidenza<br />
percentuale dei premi sul margine lordo aziendale assume valori più elevati, passando dal<br />
19% al 31%.<br />
143
In questa azienda, caratterizzata da una buona specializzazione nella produzione di latte, la<br />
riduzione del sostegno al prezzo del latte, compensata con l’incremento progressivo del pagamento<br />
diretto per tonnellata di latte prodotto, non porta cambiamenti rilevanti nelle diverse simulazioni.<br />
L’azienda 4 (allevamento ovini da carne)<br />
L’azienda, localizzata in Val d’Agri, presenta una SAU piuttosto ridotta (15 ha) ed un indirizzo<br />
produttivo orientato verso l’allevamento di ovini da carne (95 capi). Le aziende dell’area hanno la possibilità<br />
di adottare ordinamenti colturali di tipo intensivo in quanto il clima è mite e sono servite da<br />
un Consorzio di Bonifica, per cui usufruiscono dell’irrigazione. La maggiore produttività dei terreni<br />
consente alle aziende zootecniche di ottenere un buon grado di autoapprovvigionamento foraggero.<br />
Le unità lavorative familiari sono 2 e l’azienda non ricorre a manodopera salariata.<br />
Tab. 12.5 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Avena 1,0 1,0 4,5 2,0<br />
Mais 0,5 0,5 0,0 1,5<br />
Orzo 0,6 0,6 2,6 0,6<br />
Erba medica 2,6 2,6 2,6 5,6<br />
Prati pascoli permanenti 10,3 10,3 5,3 5,3<br />
Superficie con diritto 15,0 15,0 15,0 15,0<br />
Superficie ammissibile 15,0 15,0 15,0 15,0<br />
SAU 15,0 15,0 15,0 15,0<br />
Bosco 1,0 1,0 1,0 1,0<br />
Ovini carne (n. capi) 95 95 0 95<br />
Premi ricevuti (euro) 2.878 2.646 2.646 2.646<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -8 -8 -8<br />
Premio per ettaro con diritto 192 176 176 176<br />
Margine lordo aziendale (euro) 14.839 14.607 8.687 16.180<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -2 -41 9<br />
Margine lordo per ettaro 989 974 579 1.079<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 19 18 30 16<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: eliminazione dell’allevamento e incremento della superficie investita a cereali;<br />
3 a ipotesi: riduzione della superficie a prato pascolo.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. In presenza di un ordinamento colturale invariato rispetto alla situaizone ante riforma i premi<br />
percepiti dall’azienda diminuiscono del 8% con un diritto al premio intorno ai 176 euro/ha. Il<br />
margine lordo aziendale diminuisce solo del 2%.<br />
2 a ipotesi. Viene eliminato l’allevamento ovino e l’ordinamento colturale si concentra maggiormente<br />
sulla produzione di cereali, riducendo le superfici investite a prati pascoli permanenti. L’abbandono<br />
dell’allevamento potrebbe essere giustificato da un minore impiego della manodopera<br />
aziendale, senza che sia modificato il suo diritto al premio. Il margine lordo aziendale subisce un<br />
144
calo del 42% e aumento considerevolmente l’incidenza percentuale dei premi sul margine lordo<br />
(31%). Questa simulazione può assumere una certa rilevanza nel caso in cui l’azienda sia condotta<br />
da anziani che, pur in presenza di una consistente riduzione del margine lordo, optino per una<br />
soluzione meno impegnativa in termini di fabbisogno di lavoro.<br />
3 a ipotesi. la disponibilità di acqua per l’irrigazione potrebbe consentire un maggiore investimento a<br />
colture foraggere intensive come il mais e anche avena e erba medica in sostituzione dei prati<br />
pascoli permanenti. Il disaccoppiamento totale non vincola, infatti, il premio all’ordinamento colturale,<br />
per cui l’imprenditore si orienta verso colture che possono conseguire migliori risultati economici.<br />
Sebbene la riduzione dei premi rimanga invariata (-8% rispetto alla situazione ante riforma),<br />
il margine lordo aziendale cresce del 9%.<br />
Questa azienda presenta un indirizzo produttivo orientato all’allevamento ovino da carne e alla<br />
produzione di cereali e foraggere. La massimizzazione del margine lordo aziendale (al netto dei premi)<br />
si ottiene con l’aumento delle superfici a foraggere, in quanto più remunerative, o di cereali minori,<br />
in quanto presentano buone produzioni e un mercato piuttosto stabile.<br />
L’azienda 5 (foraggere e allevamento bovino e ovino)<br />
L’azienda è localizzata nel fondovalle dell’Agri ed è caratterizzata da una elevata estensione, 280<br />
ettari di SAU, con allevamento ad attitudine produttiva carne di 30 pecore e 25 bovini. Anche in questa<br />
azienda, le scelte relative all’ordinamento colturale sono vincolate alla necessità di auto-approvvigionamento<br />
di alimenti per uso zootecnico, piuttosto che ai premi previsti nell’ambito delle OCM.<br />
E’ presente, infatti, il mais nel riparto della SAU aziendale e la presenza di questa coltura è legata<br />
esclusivamente alla possibilità di irrigare. Le simulazioni adottate modificano l’indirizzo produttivo<br />
dell’azienda, ipotizzando in alcune il mantenimento parziale dell’allevamento o il suo completo<br />
abbandono. Una superficie aziendale così estesa garantisce il pieno soddisfacimento delle unità<br />
foraggere necessarie per l’allevamento e una variazione dell’ordinamento colturale permetterebbe, in<br />
un’area così produttiva, anche l’aumento del numero di animali allevati. In azienda sono impiegate 4<br />
unità lavorative familiari.<br />
1 a ipotesi. Ipotizzando il mantenimento dell’ordinamento ante riforma, il volume dei premi diminuisce<br />
in termini percentuali del 19%, mentre il margine lordo subisce un calo del 5,6% e dipende<br />
esclusivamente dalla diminuzione dei premi, non avendo apportato nessuna modifica all’ordinamento<br />
colturale.<br />
2 a ipotesi. L’introduzione di alcune foraggere temporanee (trifoglio, favetta e miscuglio) in sostituzione<br />
di una parte dei prati pascoli permanenti comporta una crescita sostenuta del margine lordo<br />
(+54%) in conseguenza della buona redditività delle nuove colture introdotte.<br />
3 a ipotesi. Ipotizzando che l’imprenditore scelga un ordinamento produttivo con un minore fabbisogno<br />
di lavoro (ad esempio a causa dell’età avanzata e dell’assenza di ricambio familiare), viene<br />
abbandonato l’allevamento e si aumentano ulteriormente gli ettari coltivati a foraggere e a favetta,<br />
data la disponibilità di acqua irrigua e la domande di produzioni foraggere da parte di aziende<br />
della zona. La riduzione dei premi e del reddito di allevamento viene più che compensata dalla<br />
buona redditività delle colture foraggere che portano il margine lordo a quasi 40.000 euro.<br />
4 a ipotesi. L’introduzione del premio qualità (art. 69) per l’allevamento bovino da carne e per gli ettari<br />
investiti a grano e mais porta all’eliminazione degli ovini e all’aumento dei bovini, mantenendo<br />
invariate le UBA aziendali. Questa scelta è giustificata dalle decisioni ministeriali, che istituiscono<br />
un premio supplementare per gli ovini da carne solo se il numero dei capi allevati è superiore<br />
a 50, mentre il premio alle vacche nutrici non ha lo stesso vincolo numerico. Il premio qualità,<br />
con l’importo massimo previsto dal decreto MiPAF, modifica radicalmente gli effetti della<br />
145
iforma, in termini sia di variazione dei premi, che aumentano quasi del 48%, che di margine lordo<br />
aziendale, incrementato di circa del 10% circa. È probabile che molto più realisticamente il premio<br />
qualità si assesterà a valori unitari più bassi, quindi per mantenere lo stesso valore dei premi<br />
ante riforma, non dovrebbe comunque scendere al di sotto dei 130 euro per ettaro di cereale e per<br />
capo bovino.<br />
Tab. 12.6 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 5<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 1,6 1,6 1,6 0,0 1,6<br />
Avena 3,0 3,0 3,0 2,0 3,0<br />
Mais 1,0 1,0 1,0 4,6 1,0<br />
Orzo 2,0 2,0 2,0 1,0 2,0<br />
Trifoglio 0,0 0,0 7,0 5,0 0,0<br />
Favetta 0,0 0,0 5,0 15,0 0,0<br />
Foraggere (miscuglio) 0,0 0,0 8,0 10,0 0,0<br />
Prati e pascoli permanenti 100,0 100,0 80,0 70,0 100,0<br />
Pascoli incolti produttivi 172,2 172,2 172,2 172,2 172,2<br />
Vite 0,2 0,2 0,2 0,2 0,2<br />
Superficie con diritto 107,6 107,6 107,6 107,6 107,6<br />
Superficie ammissibile 107,6 107,6 107,6 107,6 107,6<br />
SAU 280,0 280,0 280,0 280,0 280,0<br />
Bosco 50,0 50,0 50,0 50,0 50,0<br />
Ovini carne (n. capi) 30 30 30 0 0<br />
Bovini carne (n. capi) 25 25 25 0 30<br />
Di cui<br />
vacche nutrici 15 15 18 0 18<br />
bovini maschi 6 6 8 0 6<br />
Premi ricevuti (euro) 7.141 5.780 6.058 6.550 10.568<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -19 -15 -8 48<br />
Premio per ettaro con diritto 66 54 56 61 98<br />
Margine lordo aziendale (euro) 24.215 22.854 37.369 38.188 26.608<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -6 54 58 10<br />
Margine lordo per ettaro 225 212 347 355 247<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 29 25 16 17 40<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: diminuzione della superficie a prato pascolo e introduzione di foraggere temporanee;<br />
3 a ipotesi: abbandono dell’attività zootecnica e ulteriore specializzazione in foraggere temporanee;<br />
4 a ipotesi: introduzione del premio qualità per vacche nutrici e seminativi (180 euro/capo e /ha) con riduzione dei capi di bestiame.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’azienda 6 (allevamento bovino da carne in montagna)<br />
L’azienda, localizzata nella zona montana del Lagonegrese-Pollino, è caratterizzata da una SAU<br />
di circa 25 ettari e dall’allevamento di bovini da carne. La ripartizione della superficie aziendale è<br />
molto articolata (9 colture) quasi esclusivamente per autoapprovvigionamento. L’azienda è dotata di<br />
146
impianti irrigui, che aprono alle aziende la possibilità di praticare colture più remunerative, soprattutto<br />
se reimpiegate in azienda per l’alimentazione zootecnica (ad esempio il mais per la produzione di insilato).<br />
Le unità lavorative, tutte familiari, sono 0,9.<br />
1 a ipotesi. Mantenendo invariato sia l’ordinamento produttivo che il numero di capi presenti in azienda,<br />
i premi subiscono una diminuzione del 17% ed il margine lordo del 4% a causa esclusivamente<br />
dalla diminuzione del valore dei premi.<br />
2 a ipotesi. La riduzione parziale dell’allevamento e il maggior orientamento verso le foraggere temporanee<br />
riduce ulteriormente l’ammontare dei premi (-20%), mentre il margine lordo aziendale<br />
diminuisce dell’8% circa.<br />
3 a ipotesi. L’abbandono dell’allevamento riduce in misura drastica il reddito aziendale (-23%) mentre<br />
il livello dei premi rimane quasi inalterato rispetto alla precedente ipotesi.<br />
Tab. 12.7 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 6<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 3,5 3,5 0,5 0,0<br />
Avena 1,3 1,3 0,0 3,3<br />
Frumento tenero 0,6 0,6 2,0 0,0<br />
Mais 2,6 2,6 0,0 1,6<br />
Orzo 0,5 0,5 2,5 1,5<br />
Trifoglio 5,0 5,0 8,9 5,0<br />
Foraggere (miscuglio) 0,0 0,0 5,0 8,2<br />
Prati e pascoli permanenti 11,4 11,4 6,0 5,4<br />
Patata 0,2 0,2 0,2 0,2<br />
Vite 0,3 0,3 0,3 0,3<br />
Superficie con diritto 25,0 25,0 25,0 25,0<br />
Superficie ammissibile 25,0 25,0 25,0 25,0<br />
SAU 25,5 25,5 25,5 25,6<br />
Bovini carne (n. capi) 11 11 6 0<br />
Di cui<br />
vacche nutrici 7 7 4 0<br />
bovini maschi 2 2 0 0<br />
Premi ricevuti (euro) 3.751 3.130 3.010 2.990<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -17 -20 -20<br />
Premio per ettaro con diritto 150 125 121 119<br />
Margine lordo aziendale (euro) 15.761 15.140 14.444 12.162<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -4 -8 -23<br />
Margine lordo per ettaro 630 605 578 486<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 24 21 21 25<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: riduzione dell’allevamento e aumento delle superfici a foraggere;<br />
3 a ipotesi: abbandono dell’attività zootecnica.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’analisi condotta sull’azienda dimostra che in nessuna simulazione la redditività aziendale<br />
147
iesce a mantenersi sui livelli della situazione ante riforma. L’ipotesi meno penalizzante sembrerebbe<br />
quella relativa al mantenimento dell’ordinamento colturale e del numero di animali in azienda. Certamente<br />
nel caso fosse possibile introdurre il premio qualità (art. 69) la redditività aziendale sarebbe<br />
simile a quella ante riforma.
CAPITOLO 13<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN CALABRIA<br />
T. CASTELLOTTI<br />
13.1 La selezione delle aziende<br />
La selezione delle aziende del campione RICA è stata guidata dall’obiettivo di cogliere gli<br />
aspetti caratterizzanti l’agricoltura calabrese, in modo che il caso aziendale potesse essere considerato<br />
il più possibile rappresentativo della realtà territoriale in cui l’azienda è localizzata. La letteratura esistente<br />
sulle analisi territoriali del sistema agricolo calabrese (Anania e Nisticò 1998, Anania e Gaudio<br />
2001) consente di individuare i casi aziendali in base alle caratteristiche dell’area omogenea in<br />
modo che abbiano maggiore potere interpretativo. Si è tenuto conto sia delle realtà più dinamiche dell’agricoltura<br />
calabrese sia delle realtà marginali. Infatti, uno dei temi del dibattito sulla riforma <strong>Fischler</strong><br />
è rappresentato dai suoi possibili effetti sui sistemi agricoli marginali; la preoccupazione è che gli<br />
agricoltori possano incassare il pagamento unico disaccoppiato e disattivare le aziende, ridimensionando<br />
l’attività produttiva fino al livello minimo richiesto dalla normativa.<br />
Tuttavia, non sempre è stato possibile individuare aziende del campione RICA che rispecchiassero<br />
le caratteristiche dell’area omogenea a causa dei differenti criteri di selezione del campione. In<br />
questi casi, le caratteristiche dell’area omogenea sono servite ad interpretare i risultati delle simulazioni<br />
e a individuare le scelte a disposizione dell’azienda.<br />
Due aziende sono localizzate in aree marginali e sono dedite all’allevamento bovino e caprino<br />
di piccole dimensioni. Una azienda è dedita alla monocoltura del frumento duro, mentre l’ordinamento<br />
colturale misto di una azienda situata nel Vibonese consente di valutare la convenienza a sostituire<br />
cereali con ortive rinunciando a parte del pagamento unico. Infine vi sono due aziende localizzate in<br />
aree economicamente forti sia dal punto di vista agricolo che economico generale con indirizzo produttivo<br />
rispettivamente monocolturale e misto. Le caratteristiche delle aziende selezionate sono sintetizzate<br />
nella tabella 13.1.<br />
Tab. 13.1 - Caratteristiche delle aziende selezionate<br />
Azienda<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
Cosenza<br />
collina<br />
Cosenza<br />
montagna<br />
Crotone<br />
montagna<br />
Vibo<br />
Valentia<br />
montagna<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
UL<br />
salariate<br />
4 7 1 0<br />
25,4 9 1,2 0<br />
erbivoro<br />
misto<br />
Tipologia<br />
coltivazioni<br />
allevamenti<br />
frumento duro e<br />
allevamento<br />
bovino e ovino<br />
pascolo,<br />
allevamento e<br />
frumento duro<br />
9.300<br />
15.201<br />
39 0 0,6 0 seminativi frumento duro 14.754<br />
5,2 2 0,6 0<br />
Polo<br />
seminativoerbivoro<br />
seminativicombinati<br />
ortive, foraggere e<br />
allevamenti piccole<br />
dimensioni<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
5.902<br />
5<br />
Catanzaro<br />
collina<br />
11 0 0,8 0<br />
seminativoarboreo<br />
frumento duro,<br />
fruttiferi, olivo<br />
12.424<br />
6<br />
Cosenza<br />
collina<br />
25 41 1 0,3<br />
arboreo<br />
misto<br />
diversificazione<br />
colturale (fruttiferi,<br />
ortive, olivo,<br />
allevamento)<br />
60.120<br />
149
Le simulazioni si sono basate su differenti ipotesi a seconda del tipo di azienda e di localizzazione.<br />
Nel caso delle aziende situate in aree marginali (aziende 1 e 2) è stata simulata l’introduzione<br />
dei premi specifici per la qualità (art. 69 del Regolamento 1782/2003) per valutarne l’efficacia come<br />
strumento di sostegno del reddito per evitare l’abbandono di tali aree. Per le aziende specializzate nella<br />
coltivazione del frumento duro si è invece voluto valutare la convenienza a sostituire tale coltivazione<br />
con altre colture (in particolare, piante proteiche) oppure ad abbandonare ogni tipo di coltivazione<br />
limitandosi a percepire il premio unico (azienda 3). Per le aziende delle aree vocate alla produzione<br />
di ortive, le ipotesi introdotte hanno voluto verificare la convenienza a sostituire grano con<br />
ortive (aziende 4 e 5). Infine, nelle aree vocate alla produzione di colture ricche (agrumi e ortive) non<br />
legate ai premi, si è valutata la convenienza ad abbandonare quelle legate ai premi (grano e allevamento)<br />
per orientarsi definitivamente al mercato (azienda 6).<br />
13.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (frumento duro e allevamento)<br />
L’azienda è localizzata nell’area dell’Alto Ionio Cosentino, caratterizzata dalla presenza di<br />
aziende di medie dimensioni, da un rilevante peso dei cereali, dei prati permanenti e dei pascoli e di<br />
modesti allevamenti di ovi-caprini. A questa debole realtà strutturale non si accompagna un’elevata<br />
presenza di conduttori impegnati in attività extra-aziendali; ciò è dovuto al forte peso dei conduttori<br />
anziani e alla limitatezza delle opportunità di lavoro nei settori extra-agricoli. D’altra parte, quest’area<br />
si caratterizza come periferica ed è tra quelle più povere dell’intera regione (Anania et al. 2001).<br />
L’azienda esaminata ha una SAU di 4 ettari suddivisa tra frumento duro e foraggere (erbaio) per<br />
l’allevamento bovino e ovino. Ha una dotazione di manodopera familiare di quasi una unità lavoro<br />
familiare. Il peso dei premi sui risultati economici dell’azienda è relativamente basso (30%). Il pagamento<br />
unico risulta pari a circa 2700 euro e il valore del diritto per ettaro è relativamente elevato (circa<br />
800 euro), dato che si tratta di un’azienda di piccole dimensioni. La tabella 13.2 riassume i risultati<br />
delle simulazioni alla situazione di riferimento (baseline) e alle due situazioni ipotizzate per il<br />
periodo post-riforma.<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi di introduzione del pagamento unico e di mantenimento dell’ordinamento colturale<br />
ante riforma, si osserva una riduzione dei premi percepiti del 6% a causa delle decurtazioni<br />
per la qualità e la riserva nazionale. Il margine lordo subisce una lieve diminuzione (-3%) a causa<br />
della diminuzione dei premi.<br />
2 a ipotesi. Si ipotizza che l’azienda percepisca i premi per la qualità. In questo caso, si registra un<br />
aumento dei premi dell’80% dato che l’azienda riceve il premio qualità sia per il frumento duro sia<br />
per l’allevamento bovino e ovino; il margine lordo aziendale, di conseguenza, registra un incremento<br />
(pari al 23%), e il peso dei premi sul margine lordo si porta al 45%. In realtà è assai probabile<br />
che il premio qualità sarà decisamente inferiore all’importo massimo stabilito dal decreto<br />
ministeriale, quindi è presumibile che gli incrementi di reddito siano nettamente inferiori.<br />
3 a ipotesi. L’agricoltore decide di disattivare l’attività agricola. In questo caso, il margine lordo<br />
aziendale diminuirebbe di circa il 70% e i premi del 7% rispetto alla situazione ante riforma.<br />
I risultati economici di quest’azienda mostrano che gli obiettivi perseguiti sono extra-mercantili.<br />
L’unità di lavoro familiare impiegata a tempo pieno in azienda segue una strategia di sussistenza,<br />
rispetto al rapporto tra la famiglia e il mercato del lavoro. Pertanto, nel caso l’azienda sia condotta da<br />
giovani, è da escludere l’ipotesi di disattivazione aziendale. Infatti, la strategia di incassare il premio<br />
e abbandonare l’attività agricola non è perseguibile a causa della limitatezza di lavori extra-aziendali<br />
e del basso livello dei premi. Nel caso in cui questo tipo di azienda sia condotta da anziani, la stra-<br />
150
tegia seguita sarebbe dettata dalla scarsità del reddito globale familiare proveniente dalle pensioni, per<br />
cui, anche in questo caso è possibile che essi continuino l’attività agricola. L’introduzione del premio<br />
qualità (art. 69) migliora i risultati economici dell’azienda; tuttavia, questo premio specifico non è la<br />
variabile in base alla quale un’azienda di questo tipo, localizzata in un’area marginale, sceglie di continuare<br />
l’attività agricola. Infatti, i premi migliorano certamente il reddito familiare ma la scelta di continuare<br />
l’attività sembra essere obbligata, data la debolezza generale del sistemo economico dell’area<br />
e il livello relativamente basso del premio unico.<br />
Tab. 13.2 - Confronti tra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Avena 0,4 0,4 0,4 0,0<br />
Frumento duro 1,0 1,0 1,0 0,0<br />
Frumento tenero 1,0 1,0 1,0 0,0<br />
Erbaio 1,1 1,1 1,1 0,0<br />
Olivo 0,5 0,5 0,5 0,5<br />
Non coltivazione 0,0 0,0 0,0 3,5<br />
Superficie con diritto 3,5 3,5 3,5 3,5<br />
Superficie ammissibile 3,5 3,5 3,5 3,5<br />
SAU 4,0 4,0 4,0 4,0<br />
Allevamenti (UBA)<br />
bovini 6,5 6,5 6,5 0<br />
ovini 8,3 8,3 8,3 0<br />
Premi ricevuti (euro) 2.900 2.740 5.200 2.700<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -6 79 -7<br />
Premio per ettaro con diritto 829 783 1.486 771<br />
Margine lordo aziendale (euro) 9.300 9.023 11.483 2.700<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -3 23 -71<br />
Margine lordo per ettaro 2.325 2.256 2.871 675<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 31 30 45 100<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha), bovini (180 euro/capo) e ovini (15 euro/capo);<br />
3 a ipotesi: mantenimento delle superfici in buone condizioni agronomiche e ambientali.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’azienda 2 (pascolo e frumento duro)<br />
L’azienda è localizzata nell’area omogenea della Sila meridionale, caratterizzata dalla presenza<br />
di grandi aziende e di allevamenti di dimensioni superiori a quelle medie dei comuni della regione,<br />
con una utilizzazione del suolo prevalentemente prativa e pascoliva. Anche quest’area può essere definita<br />
marginale dal punto di vista della dotazione delle risorse. Dal punto di vista dell’assetto economico-produttivo<br />
complessivo la significativa presenza di imprese nei settori manifatturieri tradizionali<br />
e dei servizi, seppure di piccole dimensioni, consente il raggiungimento di livelli di reddito e di<br />
consumi pro capite solo di poco inferiori a quelli medi regionali (Anania et al. 2001).<br />
Il caso di studio ha una SAU di 25 ettari investita a frumento duro, pascoli e allevamento bovino<br />
da carne, con poco più di una unità lavoro familiare. Il pagamento unico risulta essere pari a cir-<br />
151
ca 4.300 euro e il valore del diritto per ettaro è relativamente basso (170 euro) a causa dell’elevata<br />
superficie a prato pascolo per l’allevamento bovino. I risultati delle simulazioni, che prevedono l’introduzione<br />
del premio qualità per seminativi e bovini e la sostituzione del grano con foraggere sono<br />
riassunte nella tabella 13.3.<br />
Tab. 13.3 - Confronti tra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 7,0 7,0 7,0 7,0 0,0<br />
Prati permanenti e pascoli 18,4 18,4 18,4 18,4 25,4<br />
Superficie con diritto 25,4 25,4 25,4 25,4 25,4<br />
Superficie ammissibile 25,4 25,4 25,4 25,4 25,4<br />
SAU 25,4 25,4 25,4 25,4 25,4<br />
Allevamenti (UBA) 11,0 11,0 11,0 11,0 11,0<br />
Premi ricevuti (euro) 4.613 4.280 5.540 7.160 5.620<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -7 20 55 22<br />
Premio per ettaro con diritto 182 169 218 282 221<br />
Margine lordo aziendale (euro) 15.201 14.868 16.128 17.748 13.568<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -2 6 17 -11<br />
Margine lordo aziendale per ettaro 598 585 635 699 534<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 30 29 34 40 41<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: introduzione del premio qualità per i bovini da carne (180 euro/capo);<br />
4 a ipotesi: sostituzione del frumento duro con prati e pascolo.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi d’introduzione del pagamento unico e di mantenimento dell’ordinamento colturale<br />
ante riforma, si osserva una riduzione dei premi percepiti del 7% e del margine lordo aziendale del<br />
2% a causa delle decurtazioni per qualità e riserva nazionale.<br />
2 a ipotesi. Con l’introduzione del premio qualità per la produzione di frumento duro, i contributi aumentano<br />
di circa il 20% mentre il margine lordo del 6%. L’incidenza dei premi sul margine lordo aumenta<br />
portandosi al 34%.<br />
3 a ipotesi. L’applicazione del premio qualità per le carni bovine porta ad un aumento dei contributi del<br />
55% e il margine lordo del 17% rispetto alla situazione ante riforma.<br />
4 a ipotesi. Si è ipotizzato l’ampliamento della superficie a prato pascolo di 7 ettari, a scapito della superficie<br />
a frumento duro. In questo caso i premi aumentano del 22% grazie ai premi per i bovini, e il margine<br />
lordo aziendale diminuisce dell’11% dato che, in questa azienda, il reddito al netto dei premi delle<br />
foraggere è inferiore rispetto a quello del frumento duro.<br />
In un’azienda come questa, di tipo estensivo, con un peso relativamente basso dei premi sul margine<br />
lordo, vocata alla produzione di frumento duro e foraggere per l’allevamento, le scelte sullo scenario<br />
futuro si potranno orientare in due direzioni. Da un lato, nel caso in cui il premio qualità per il frumento<br />
duro sarà pari al limite massimo previsto di 180 euro/ha, all’azienda converrà continuare a produrre grano<br />
in quanto il margine lordo sarebbe superiore rispetto alla situazione ante riforma. Allo stesso modo, se<br />
152
il premio per capo sarà corrisposto per un valore pari a 180 euro/capo, converrà continuare l’attività d’allevamento<br />
poiché il margine aumenta. Dall’altro lato sembra probabile che il premio qualità sia per il frumento<br />
duro che per i bovini subirà delle contrazioni, quindi l’azienda potrebbe giudicare conveniente<br />
aumentare la superficie a pascolo per produrre foraggere da destinare all’allevamento zootecnico aziendale<br />
o alla vendita del foraggio, dato che l’area è caratterizzata dalla presenza di aziende zootecniche di<br />
dimensioni superiori alla media regionale. Naturalmente, la scelta dipenderà dall’andamento relativo del<br />
prezzo del grano rispetto alle foraggere.<br />
In nessun caso, comunque, converrebbe abbandonare l’attività agricola e limitarsi a percepire i premi<br />
data la bassa incidenza dei premi sulla formazione del margine lordo. Quindi, anche in questa seconda<br />
area marginale, i premi per la qualità (art. 69) non costituiscono la variabile in base alla quale scegliere<br />
se limitarsi a tenere i terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali oppure continuare l’attività<br />
agricola.<br />
L’azienda 3 (frumento duro)<br />
L’azienda è localizzata nella provincia di Crotone, in un’area agricola caratterizzata da un’utilizzazione<br />
delle risorse relativamente estensiva, ma con aziende di notevoli estensioni. Il livello dei<br />
redditi e dei consumi appare assai vicino a quello medio dei Comuni della regione, ma esiste una marcata<br />
variabilità tra i comuni dell’area.<br />
L’azienda 3 ha una SAU pari a 25 ettari investita esclusivamente a frumento duro e una dotazione<br />
di lavoro familiare pari a 0,55 unità lavoro. I premi rappresentano circa l’80% del margine lordo aziendale<br />
per cui l’azienda è fortemente dipendente da cambiamenti della politica agricola comunitaria. La<br />
tabella 13.4 riassume i risultati delle simulazioni relative alla situazione di riferimento e alle tre<br />
situazioni ipotizzate per il periodo post riforma.<br />
Tab. 13.4 - Confronti tra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 25,0 25,0 25,0 0,0 0,0<br />
Fave e favette 0,0 0,0 0,0 25,0 0,0<br />
Prati e pascoli 14,0 14,0 14,0 14,0 39,0<br />
Superficie con diritto 25,0 25,0 25,0 25,0 39,0<br />
Superficie ammissibile 39,0 39,0 39,0 39,0 39,0<br />
SAU 39,0 39,0 39,0 39,0 39,0<br />
Premi ricevuti (euro) 11.680 10.200 14.700 10.575 9.200<br />
Differenza premi rispetto a Baseline (%) - -13 26 -9 -21<br />
Premio per ettaro con diritto 467 408 588 423 236<br />
Margine lordo aziendale (euro) 14.754 13.200 17.700 20.949 9.200<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -11 20 42 -38<br />
Margine lordo per ettaro 378 338 454 537 236<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 79 77 83 50 100<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 uro/ha);<br />
3 a ipotesi: sostituzione del frumento duro con fave e favetta;<br />
4 a ipotesi: mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche e ambientali.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
153
1 a ipotesi. Mantenendo l’ordinamento colturale ante riforma il margine lordo aziendale si riduce<br />
dell’11% a causa delle decurtazioni per la qualità, la modulazione e la riserva nazionale. La dipendenza<br />
dai premi rimane comunque elevata (77%).<br />
2 a ipotesi. L’introduzione del premio qualità per il frumento duro comporta un consistente aumento<br />
dei premi percepiti e del margine lordo. La dipendenza dai premi aumenta fino all’83% del margine<br />
lordo aziendale.<br />
3 a ipotesi. La coltivazione del grano è sostituita con la favetta che, sulla base dei prezzi del triennio<br />
di riferimento, ha un margine lordo al netto dei premi superiore a quello del grano. In questa situazione<br />
i premi diminuiscono del 9% rispetto alla situazione di partenza mentre il margine lordo<br />
aziendale aumenta di circa il 40%. Il peso dei premi sul margine lordo diminuisce portandosi al<br />
50% e l’azienda diventa più dipendente dal mercato.<br />
4 a ipotesi. Si è ipotizzato l’abbandono dell’attività di coltivazione e il mantenimento delle buone condizioni<br />
agricole e ambientali applicate ad una superficie a foraggere permanenti. In questo caso i<br />
premi diminuirebbero del 20% e il margine lordo aziendale di circa il 40%.<br />
Le scelte per un’azienda di questo tipo, fortemente dipendente dai premi, seguono potenzialmente<br />
due percorsi. Se l’azienda è condotta da un coltivatore diretto, egli sceglierà innanzitutto di continuare<br />
a produrre perché il margine lordo aziendale in tali ipotesi aumenta rispetto alla situazione di<br />
partenza. Rispetto al cosa produrre, la scelta dipenderà dall’andamento relativo del prezzo del grano<br />
rispetto alle piante proteiche. Se l’andamento dei prezzi è analogo a quello del periodo di riferimento<br />
allora converrà sostituire grano con proteiche. Se l’azienda è, invece, una azienda cosiddetta “di<br />
rendita” con la gestione affidata a contoterzisti, il reddito agricolo è una variabile secondaria rispetto<br />
a quelli derivanti da attività extra-aziendali. In questo caso converrà la scelta del mantenimento della<br />
terra in buone condizioni agronomiche a ambientali e percepire il premio unico. Infatti, la PLV derivante<br />
dalla coltura (al netto dei premi) molto spesso si avvicina ai costi di produzione.<br />
L’azienda 4 (ortive, foraggere e allevamenti di piccole dimensioni)<br />
L’azienda è situata nel vibonese sulla fascia tirrenica costiera verso l’interno. L’agricoltura di<br />
quest’area vede una presenza relativamente forte di aziende contadine di medie dimensioni. Gli ordinamenti<br />
colturali sono caratterizzati da una presenza delle colture ortive, dei cereali e di attività zootecniche<br />
bovine (sia pur di ridotte dimensioni), significativamente più alta di quella media dei Comuni<br />
della regione. Dal punto di vista dell’assetto economico-produttivo complessivo quest’area si<br />
caratterizza per un livello dei redditi e dei consumi pro capite più alto della media, grazie soprattutto<br />
alla diffusa presenza di consistenti attività produttive nel settore turistico (Anania et. al. 2001).<br />
L’azienda 4 ha una SAU di circa 6 ha, investita a avena, mais e favetta e allevamenti bovini di<br />
ridotte dimensioni (2 UBA). La forza lavoro impiegata in azienda è costituita da 0,64 ULF. Si tratta<br />
di un’azienda che ha un peso dei premi sul margine lordo relativamente basso (20%). Il premio unico<br />
che percepirà l’azienda è pari a circa 1000 euro tenendo conto delle decurtazioni per la riserva<br />
nazionale e per la qualità. I risultati delle simulazioni che prevedono la sostituzione di grano con<br />
foraggere e l’ampliamento della superficie ad ortaggi sono riassunti nella tabella 13.5.<br />
1 a ipotesi. Con il mantenimento dell’ordinamento colturale ante riforma, si osserva una riduzione del<br />
9% dei premi per effetto della decurtazione per la riserva nazionale e la qualità.<br />
2 a ipotesi. L’attività di allevamento viene abbandonata e la superficie a piante proteiche aumenta portandosi<br />
a 5 ettari in sostituzione delle foraggere temporanee e permanenti. In questo caso, il margine<br />
lordo aziendale rimane sostanzialmente immutato rispetto alla situazione ante riforma (-2%)<br />
e i premi aumentano del 9%. Questo risultato dipende fortemente dal prezzo delle piante proteiche<br />
154
spuntato da quest’azienda nel periodo di riferimento.<br />
3 a ipotesi. Si conferma l’ipotesi di abbandono dell’allevamento con un aumento della superficie a<br />
favetta e ortaggi, a scapito di mais, avena e prati e pascoli. La superficie con diritto diminuisce e<br />
così i premi (31%) ma aumenta il margine lordo aziendale del 58%.<br />
Tab. 13.5 - Confronti tra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Avena 2,0 2,0 0,0 0,0<br />
Mais 0,8 0,8 0,0 0,0<br />
Favetta 1,2 1,2 5,0 3,0<br />
Prati permanenti e pascoli 1,0 1,0 0,0 0,0<br />
Ortaggi 1,0 1,0 1,0 3,0<br />
Superficie con diritto 5,0 5,0 5,0 3,0<br />
Superficie ammissibile 5,0 5,0 5,0 3,0<br />
SAU 6,0 6,0 6,0 6,0<br />
Allevamento bovino (UBA) 2 2 0 0<br />
Premi ricevuti (euro) 1.174 1.066 1.275 805<br />
Differenza premi rispetto a Baseline (%) - -9 9 -31<br />
Premio per ettaro con diritto 235 213 255 268<br />
Margine lordo aziendale (euro) 5.902 5.794 5.770 9.347<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -2 -2 58<br />
Margine lordo per ettaro 984 966 962 1.558<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 20 18 22 9<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: abbandono allevamento e foraggere, ampliamento superficie a favetta;<br />
3 a ipotesi: abbandono dell’allevamento e sostituzione del frumento duro con colture proteiche e ortaggi.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In questa azienda, è conveniente comunque abbandonare la piccola attività di allevamento.<br />
Riguardo alle scelte produttive, l’agricoltore può scegliere tra investire l’intera superficie con diritto<br />
a piante proteiche, qualora l’andamento dei prezzi fosse quello del periodo di riferimento; oppure<br />
rinunciare ad una parte dei diritti per aumentare la superficie ad ortive, qualora l’aumento del margine<br />
lordo (58%) non fosse assorbito dall’aumento dei costi.<br />
L’azienda 5 (frumento duro, fruttiferi e olivo)<br />
L’azienda è localizzata nell’area Catanzaro-Lamezia dove prevalgono aziende di medie<br />
dimensioni con ordinamenti colturali che vedono una forte presenza dell’olivo e dei fruttiferi. La<br />
presenza delle attività zootecniche è modesta, sia in termini di diffusione tra le aziende che delle<br />
loro dimensioni medie. Quest’area si caratterizza anche per un assetto economico-produttivo<br />
complessivo relativamente robusto, grazie alla presenza di un buon numero di imprese di dimensioni<br />
piccole e medie nei settori manifatturieri e nei servizi.<br />
L’azienda 5 ha una SAU di circa 11 ettari, investita prevalentemente a frumento duro ed<br />
impiega 0,8 ULF. Circa la metà del margine lordo aziendale deriva dai premi. Il premio unico che<br />
155
l’azienda percepirà nel 2005 sarà pari a circa 5.000 euro. I risultati delle simulazioni che prevedono<br />
l’introduzione del premio qualità ex art. 69 e l’abbandono della coltivazione del grano e la<br />
sostituzione con foraggere sono riassunti nella tabella 13.6.<br />
1 a ipotesi. Il mantenimento dell’ordinamento colturale ante riforma comporta una riduzione dei<br />
premi percepiti del 9% e del margine lordo aziendale dell’4%.<br />
2 a ipotesi. L’introduzione del premio qualità per il frumento duro porta ad un incremento del 17%<br />
dei premi, mentre il margine lordo aziendale aumenta dell’8%.<br />
3 a ipotesi. Viene ipotizzato l’abbandono della coltivazione del grano a favore della non coltivazione<br />
nel rispetto della buone condizioni agricole e ambientali. Il margine lordo aziendale diminuisce<br />
del 35% e l’azienda aumenta il suo grado di dipendenza dai premi a causa di tale riduzione.<br />
4 a ipotesi. In questa ipotesi si è simulata la sostituzione del grano con le proteiche; essa è valida<br />
qualora l’azienda trovi un mercato di sbocco per questo prodotto. Il tal caso si riduce la dipendenza<br />
dai premi e il margine lordo aziendale aumenta del 26%.<br />
Tab. 13.6 - Confronti tra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 5<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 8,5 8,5 8,5 0,0 0,0<br />
Piante proteiche 0,0 0,0 0,0 0,0 8,5<br />
Non coltivazione 0,0 0,0 0,0 8,5 0,0<br />
Vite 0,8 0,8 0,8 0,8 0,8<br />
Olivo da olio 1,3 1,3 1,3 1,3 1,3<br />
Altro 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4<br />
Superficie con diritto 8,5 8,5 8,5 8,5 8,5<br />
Superficie ammissibile 8,5 8,5 8,5 8,5 8,5<br />
SAU 10,9 10,9 10,9 10,9 10,9<br />
Premi ricevuti (euro) 5.883 5.340 6.870 5.000 5.468<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -9 17 -15 -7<br />
Premi per ettaro con diritto 692 628 808 588 643<br />
Margine lordo aziendale 12.424 11.873 13.403 8.045 15.649<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -4 8 -35 26<br />
Margine lordo per ettaro 1.142 1.091 1.232 739 1.438<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 47 45 51 62 35<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: abbandono coltivazione del frumento duro;<br />
4 a ipotesi: sostituzione del frumento duro con colture proteiche.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
Un’azienda di questo tipo può trovare conveniente abbandonare la coltivazione del grano e<br />
la sostituzione con piante proteiche qualora trovasse un mercato di sbocco per questi prodotti. L’agricoltore<br />
potrebbe trovare, invece, conveniente abbandonare l’attività agricola e percepire il<br />
premio unico, dato che l’unità di lavoro familiare impiegato può trovare nell’area opportunità di<br />
integrazione del reddito.<br />
156
L’azienda 6 (frumento duro, ortive, agrumi, olivo, allevamento)<br />
L’azienda è situata nella Piana di Sibari dove si riscontra il maggiore addensamento regionale di<br />
attività agricole strutturalmente ed economicamente “forti” e di esperienze imprenditoriali e di cooperazione<br />
agricola di successo, che hanno determinato significativi processi di modernizzazione, tanto<br />
delle attività aziendali che di quelle a monte ed a valle di queste. La superficie irrigata è piuttosto elevata<br />
e risulta notevole la superficie investita a olivo e agrumi. Relativamente bassa, invece, è la presenza<br />
delle aziende zootecniche.<br />
L’azienda 6 ha una SAU di 25 ettari suddivisa tra grano, ortive, arancio, olivo e prato-pascolo per<br />
l’allevamento ovino, con una dotazione di manodopera familiare di 1 unità e di manodopera salariata<br />
di 0,3 unità. Prevale la diversificazione: il 56% della SAU è occupata a frumento duro e a prati per<br />
l’allevamento ovino da carne; il resto della SAU è investito a ortive, arancio e olivo. Il calcolo della<br />
superficie media con diritto porta ad un valore unitario del diritto relativamente elevato (circa 800<br />
euro/ha) con un pagamento unico di circa 9.000 euro. La tabella 13.7 riassume i risultati delle simulazioni<br />
relative alla situazione di riferimento e alle quattro situazioni ipotizzate per il periodo postriforma.<br />
Tab.13.7 - Confronti fra situazione ante riforma (Baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 6<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi 5 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 8,0 8,0 8,0 8,0 0,0 0,0<br />
Prati permanenti e pascoli 6,0 6,0 6,0 6,0 6,0 14,0<br />
Peperone 2,0 2,0 2,0 2,0 6,0 2,0<br />
Pomodoro 2,0 2,0 2,0 2,0 6,0 2,0<br />
Arancio 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0<br />
Olivo 2,0 2,0 2,0 2,0 2,0 2,0<br />
Superficie con diritto 14,0 14,0 14,0 14,0 6,0 14,0<br />
Superficie ammissibile 14,0 14,0 14,0 14,0 6,0 14,0<br />
SAU 25,0 25,0 25,0 25,0 25,0 25,0<br />
Allevamenti ovini (n. capi) 360 360 360 360 360 0<br />
Premi ricevuti (euro) 11.349 10.320 11.760 17.160 9.684 10.000<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - -9 4 51 -15 -12<br />
Premi per ettaro con diritto 811 737 840 1.226 1.614 714<br />
Margine lordo aziendale (euro) 60.120 59.993 61.433 66.833 87.271 44.300<br />
Differenza rispetto a Baseline (%) - 0 2 11 45 -26<br />
Margine lordo per ettaro 2.405 2.400 2.457 2.673 3.491 1.772<br />
Incidenza premi su Margine Lordo (%) 19 17 19 26 11 23<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione dei premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: introduzione dei premio qualità per gli ovicaprini (15 euro/capo);<br />
4 a ipotesi: sostituzione del frumento duro con ortive;<br />
5 a ipotesi: abbandono dell’attività zootecnica e sostituzione del frumento duro con prati permanenti.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Nell’ipotesi di mantenimento dell’ordinamento colturale ante riforma, i premi percepiti<br />
157
diminuiscono del 10% mentre il margine lordo resta sostanzialmente immutato.<br />
2 a ipotesi. Si ipotizza che l’azienda riceva i premi per la qualità del frumento duro (art. 69). I premi<br />
percepiti aumentano del 4% e il margine lordo aziendale del 2%. É probabile che il premio qualità<br />
non raggiunga il livello massimo fissato dal decreto ministeriale, quindi non sembra del tutto<br />
plausibile questo incremento di reddito. Il punto di pareggio con la situazione ante riforma si avrebbe<br />
a livelli del premio qualità intorno a 100-130 euro/ha.<br />
3 a ipotesi. Con l’introduzione del premio qualità per gli ovini i premi aumentano del 50%, mentre il<br />
margine lordo aziendale solo dell’11%.<br />
4 a ipotesi. L’abbandono della produzione di grano e la sostituzione con ortive comporta una riduzione<br />
dei premi pari al 15%, mentre il margine lordo aumenterebbe di circa il 45%. In questo caso il<br />
premio per ettaro invece aumenta perché diminuisce la superficie ammissibile.<br />
5 a ipotesi. In questo caso si è simulato l’abbandono della coltivazione di grano e dell’attività zootecnica.<br />
I premi ricevuti diminuirebbero del 12% mentre il margine lordo aziendale del 26%.<br />
In un’azienda autonoma ed economicamente efficiente come questa, l’attuale riforma della PAC<br />
potrebbe condurre verso una maggiore indipendenza dai contributi comunitari. Infatti, i premi per il<br />
frumento duro e per l’allevamento non sono sufficienti a rendere economicamente conveniente la continuazione<br />
di tali coltivazioni. Risulta, infatti, più vantaggioso sostituire il grano con le ortive se il<br />
mercato per questi prodotti è in via di espansione. D’altro canto, potrebbe essere conveniente anche<br />
l’abbandono dell’allevamento e della coltivazione del grano, senza aumentare l’impegno delle colture<br />
specializzate, se la riduzione del margine lordo fosse compensata da una riduzione dei costi sostenuti<br />
dall’azienda.<br />
158
CAPITOLO 14<br />
LA RIFORMA FISCHLER IN SICILIA<br />
I. AGOSTA<br />
14.1 La selezione delle aziende<br />
L’agricoltura siciliana si caratterizza per la presenza contemporanea di comparti produttivi con alto<br />
grado di specializzazione e buoni livelli di redditività, alimentati da mercati attivi, accanto a realtà poco<br />
specializzate, con bassa redditività e ordinamenti estensivi rivolti a produzioni tradizionali, che trovano<br />
pochi sbocchi sul mercato e sopravvivono grazie al sostegno comunitario. Il primo tipo di ordinamenti<br />
sono rappresentati da ortaggi, agrumi e vite, che rappresentano quasi il 50% della produzione agricola<br />
regionale, secondo quanto stimato nei Conti regionali dall’ISTAT. Per contro cereali, leguminose da granella<br />
e foraggi, che rappresentano circa il 40% della SAU dell’Isola, partecipano alla produzione agricola<br />
regionale con appena il 6%.<br />
La distribuzione territoriale vede le realtà altamente specializzate e produttive localizzate lungo l’esigua<br />
fascia costiera e le poche pianure concentrate nel catanese, nel palermitano e in provincia di Ragusa,<br />
mentre la vasta area interna collinare e montana è occupata da seminativi estensivi, con qualche presenza<br />
significativa a livello locale di investimenti viticoli (soprattutto in provincia di Trapani). Gli allevamenti<br />
zootecnici siciliani sono, per lo più, estensivi, indirizzati alla produzione di carne (bovini), in<br />
montagna, e latte (ovini), in collina e montagna. Allevamenti bovini specializzati per la produzione di latte<br />
sono presenti a Ragusa, dove hanno sede le più importanti industrie lattiero-casearie della regione.<br />
Tab. 14.1 - Caratteristiche delle aziende selezionate<br />
Azienda<br />
Zona altim.<br />
provinciale<br />
SAU<br />
media<br />
(ha)<br />
UBA<br />
medie<br />
(n.)<br />
UL<br />
familiari<br />
UL<br />
salariate<br />
Polo<br />
Tipologia coltivazioni<br />
allevamenti<br />
ML medio<br />
aziendale<br />
(euro)<br />
1<br />
Palermo<br />
collina<br />
30 0 0,5 0 Seminativi<br />
Cerealicolo (frumento<br />
duro-foraggere)<br />
21.102<br />
2<br />
Trapani<br />
collina<br />
81 0 1 0 Seminativi<br />
Cerealicolo (frumento<br />
duro-foraggere)<br />
46.732<br />
3 Enna collina 72 0 2,3 0 Seminativi<br />
4<br />
5<br />
6<br />
Palermo<br />
montagna<br />
Messina<br />
montagna<br />
Ragusa<br />
collina<br />
55 51 1 0<br />
59 35 0,9 0,2<br />
89 136 3 0<br />
Bovini da<br />
allev. e<br />
carne<br />
Bovini da<br />
allev. e<br />
carne<br />
Bovini da<br />
latte<br />
Orticolo pieno campocerealicolo<br />
(frumento<br />
duro)<br />
Allevamento estensivo<br />
bovini da carne<br />
Allevamento estensivo<br />
bovini da carne<br />
Allevamento bovini da<br />
latte<br />
85.355<br />
25.851<br />
22.866<br />
120.190<br />
Da quanto detto emerge che le aziende fortemente interessate alla riforma sono localizzate in collina<br />
e montagna e, pertanto, il campione selezionato per le simulazioni ricade proprio in queste aree.<br />
In particolare, quattro aziende sono ubicate in collina e due in montagna. Delle prime, tre sono rappresentate<br />
da seminativi, distribuiti tra le province di Palermo, Enna e Trapani, e una, in provincia di<br />
Ragusa, è specializzata nell’allevamento di vacche da latte. Le due aziende di montagna, in provin-<br />
159
cia di Palermo (Madonie) e Messina (Nebrodi), sono dedite all’allevamento estensivo di bovini da carne<br />
(tab. 14.1). In cinque delle sei aziende viene coltivato il frumento duro, a testimonianza dell’importanza<br />
che questa coltura riveste nell’economia agricola delle aree interne dell’Isola. Allo stato<br />
attuale, di fatto, l’entroterra siciliano non è in grado di trovare valide alternative alla coltivazione del<br />
frumento duro. Da ciò deriva una particolare attenzione da parte degli imprenditori e operatori agricoli<br />
siciliani nei confronti dei cambiamenti e dei nuovi orientamenti della politica comunitaria.<br />
14.2 I risultati delle simulazioni<br />
L’azienda 1 (seminativo estensivo)<br />
L’azienda 1 si trova nella collina interna della provincia di Palermo, presenta una SAU di 30 ettari<br />
e ordinamento cerealicolo, dove il frumento duro entra in rotazione con leguminose da granella<br />
(veccia, cece, lenticchia) e trifoglio. Una piccola superficie è a pascolo e un ettaro è investito a olivo<br />
da olio. L’azienda ricade in un’area che, per caratteristiche morfologiche (terreni in leggero declivio),<br />
pedologiche (terreni a tessitura prevalentemente argillosa) e infrastrutturali (mancanza di irrigazione),<br />
è essenzialmente vocata alla produzione cerealicola. La coltura principale è quella del frumento<br />
duro, per la quale gli aiuti comunitari hanno, storicamente, costituito un incentivo fondamentale, in<br />
grado di sostenere la produzione, spesso ritenuta dagli agricoltori della zona l’unica soluzione attuabile.<br />
Rispettando la consuetudine della zona, la superficie investita a frumento duro ospita, nell’anno<br />
successivo, una coltura in grado di arricchire il terreno con l’apporto di azoto (una leguminosa).<br />
Nel periodo ante riforma gli aiuti ricevuti dall’azienda per i seminativi costituiscono una parte<br />
considerevole dei ricavi complessivi (circa il 37%) con un premio per ettaro di 318 euro. L’azienda<br />
percepisce anche aiuti per la produzione di olio, che non sono stati inclusi tra i “premi ricevuti”, ma<br />
sono stati inglobati nel valore del margine lordo dell’olivo. La tabella 14.2 riassume i risultati delle<br />
simulazioni effettuate per il periodo post riforma, mettendoli a confronto con la situazione di riferimento<br />
(baseline).<br />
1 a ipotesi. Mantenendo lo stesso ordinamento colturale ante riforma, l’azienda vedrebbe variare l’importo<br />
sia del margine lordo che dei premi. In particolare, il margine lordo aziendale si ridurrebbe del 4%,<br />
mentre i premi subirebbero una contrazione dell’11%. La riduzione del sostegno comunitario sarebbe<br />
più consistente se non intervenisse il premio specifico per la qualità del frumento duro di 40 euro<br />
per ettaro, previsto per le zone di produzione tradizionali.<br />
2 a ipotesi. L’introduzione del premio qualità per il frumento duro (art. 69) comporterebbe un incremento<br />
del 19% dei contributi ricevuti dall’azienda rispetto alla situazione ante riforma, nel caso in cui il<br />
premio assuma il valore massimo consentito di 180 euro per ettaro. Anche il margine lordo subirebbe<br />
un significativo miglioramento, per cui il premio potrebbe rappresentare uno strumento di incentivazione<br />
alla coltivazione di frumento duro di qualità. Va peraltro ricordato che l’entità del premio unitario<br />
difficilmente sarà fissata al suo livello massimo, per cui i benefici corrispondenti risulterebbero<br />
più contenuti. Con un premio di 100 euro/ha si avrebbe un incremento del margine lordo del 2% e con<br />
66 euro/ha si raggiungerebbe il punto di pareggio con la situazione ante riforma.<br />
3 a ipotesi. Nel caso in cui l’agricoltore abbandoni la coltivazione e si limiti a percepire il premio unico si<br />
avrebbe una diminuzione dei contributi del 17% rispetto al periodo ante riforma, comunque superiore<br />
a quella evidenziata nella prima ipotesi, dato che cesserebbe l’erogazione del premio speciale di 40<br />
euro/ha accoppiato alla produzione di frumento duro. Naturalmente, il margine lordo crollerebbe, con<br />
una perdita di quasi il 70% rispetto al valore ante riforma e risulterebbe costituito dal premio unico<br />
diminuito delle spese minime necessarie per mantenere la superficie con diritto in buone condizioni<br />
agronomiche e ambientali.<br />
160
4 a ipotesi. La sostituzione del frumento duro con leguminose, malgrado la consistente riduzione dei contributi,<br />
comporterebbe una riduzione del margine lordo molto simile al mantenimento della situazione<br />
ante riforma, a seguito della buona redditività delle leguminose da granella che potrebbero costituire<br />
un’alternativa alla coltivazione del frumento duro. In realtà va tenuta presente l’effettiva situazione<br />
del mercato e i reali sbocchi del prodotto nel prossimo futuro. Un ridimensionamento del patrimonio<br />
zootecnico dell’Isola, peraltro non inverosimile, potrebbe vanificare quanto detto.<br />
5 a ipotesi. Al contrario di quanto ipotizzato nel caso precedente, in questa ultima simulazione si è previsto<br />
di estendere la coltivazione del frumento duro fino al massimo consentito dal rispetto delle regole<br />
agronomiche normalmente seguite in Sicilia e che consigliano di evitare di investire lo stesso<br />
appezzamento di terreno a frumento duro per più di due anni consecutivi. Con una rotazione granograno-leguminosa<br />
si registrerebbe una minore riduzione dei contributi rispetto alla prima ipotesi. In<br />
particolare, si avrebbe una contrazione dei premi dell’8% e anche del margine lordo (-5%), che<br />
potrebbe essere compensata soltanto nel caso fosse introdotto il premio qualità per il frumento duro.<br />
Tab. 14.2 - Confronti fra situazione ante riforma (baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 1<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi 5 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 13,1 13,1 13,1 0,0 0,0 19,3<br />
Leguminose da granella 11,7 11,7 11,7 0,0 27,5 8,2<br />
Trifoglio 2,7 2,7 2,7 0,0 0,0 0,0<br />
Prati e pascoli 1,5 1,5 1,5 0,0 1,5 1,5<br />
Olivo 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0<br />
Terreni non coltivati 0,0 0,0 0,0 29,0 0,0 0,0<br />
Superficie con diritto 24,8 24,8 24,8 24,8 24,8 24,8<br />
Superficie ammissibile 29,0 29,0 29,0 29,0 29,0 29,0<br />
SAU 30,0 30,0 30,0 30,0 30,0 30,0<br />
Premi ricevuti (euro) 7.885 7.024 9.382 6.531 6.531 7.257<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -11 19 -17 -17 -8<br />
Premio per ettaro con diritto 318 283 378 263 263 292<br />
Margine lordo aziendale (euro) 21.102 20.241 22.599 6.392 20.404 20.135<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -4 7 -70 -3 -5<br />
Margine lordo per ettaro 703 675 753 213 680 671<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 37 35 42 102 32 36<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: abbandono della coltivazione con rispetto delle buone condizioni agricole e ambientali;<br />
4 a ipotesi: sostituzione del frumento duro con leguminose;<br />
5 a ipotesi: aumento superficie a frumento duro.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In una realtà produttiva caratterizzata da seminativi estensivi, dove il frumento duro rappresenta<br />
il fulcro produttivo, si può prevedere che, laddove dovessero continuare ad essere presenti gli allevamenti<br />
zootecnici, le foraggere potranno rappresentare un’interessante alternativa al frumento. D’altra<br />
parte, l’introduzione del premio qualità del frumento duro (art. 69) potrà costituire un effettivo<br />
incentivo alla produzione a condizione che si mantenga su valori di una certa consistenza, quanto più<br />
161
prossimi al massimo consentito di 180 euro per ettaro. Mentre l’ipotesi di abbandono della coltivazione<br />
potrebbe, in qualche modo, essere giustificata, per l’azienda in questione, dal modesto impiego<br />
di manodopera familiare (0,5 ULF).<br />
L’azienda 2 (seminativo estensivo)<br />
L’azienda 2 è situata in un’area caratterizzata da spiccata marginalità (la collina interna della provincia<br />
di Enna), dove l’economia è ancora fondata prevalentemente sull’attività agricola svolta con<br />
colture tradizionali, praticata in regime asciutto e con modesti sbocchi di mercato. Presenta una SAU<br />
di 81 ettari e ordinamento cerealicolo, dove i cereali (frumento duro e orzo) entrano in rotazione con<br />
le leguminose da granella (favetta e veccia). Nel periodo di riferimento, l’azienda ha percepito aiuti<br />
in base alle colture effettivamente praticate, ottenendo un margine lordo di oltre 46.000 euro, con una<br />
incidenza dei premi sul margine lordo pari del 47%. La tabella 14.3 riassume i risultati delle simulazioni<br />
relative alla situazione ante riforma e a quattro ipotesi per il periodo post riforma.<br />
Tab. 14.3 - Confronti fra situazione ante riforma (baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 2<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 43,5 43,5 43,5 0,0 0,0<br />
Orzo da granella 7,7 7,7 7,7 0,0 51,3<br />
Favetta 18,6 18,6 18,6 0,0 18,6<br />
Veccia 4,4 4,4 4,4 0,0 4,4<br />
Set aside obbligatorio 7,0 7,0 7,0 7,0 7,0<br />
Terreni non coltivati 0,0 0,0 0,0 74,2 0,0<br />
Superficie con diritto 81,2 81,2 81,2 81,2 81,2<br />
Superficie ammissibile 81,2 81,2 81,2 81,2 81,2<br />
SAU 81,2 81,2 81,2 81,2 81,2<br />
Premi ricevuti (euro) 21.766 19.697 27.533 17.086 18.058<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -10 26 -22 -17<br />
Premio per ettaro con diritto 268 243 339 210 222<br />
Margine lordo aziendale (euro) 46.732 44.662 52.498 13.838 53.182<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -4 12 -70 14<br />
Margine lordo per ettaro 575 550 646 170 655<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 47 44 52 123 34<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: abbandono della coltivazione con rispetto delle buone condizioni agricole e ambientali;<br />
4 a ipotesi: sostituzione del frumento duro con orzo.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
1 a ipotesi. Il mantenimento dello stesso ordinamento colturale della situazione ante riforma evidenzia<br />
una perdita del margine lordo pari al 4%, mentre i premi ne risentono in misura maggiore (-<br />
10%). La riduzione sarebbe più consistente se non intervenisse il premio specifico per la qualità<br />
del frumento duro di 40 euro per ettaro.<br />
2 a ipotesi. L’introduzione del premio qualità per il frumento duro (art. 69) comporta un incremento dei<br />
162
premi ricevuti dall’azienda del 26% e anche il margine lordo segna un miglioramento rispetto alla<br />
situazione ante riforma. In presenza di incentivi più contenuti si otterrebbe un miglioramento della<br />
situazione di partenza fino a valori del premio qualità intorno ai 50 euro per ettaro.<br />
3 a ipotesi. L’abbandono della coltivazione determina una drastica riduzione dei contributi percepiti (-<br />
22%), dato che l’agricoltore non potrebbe più avvantaggiarsi dei premi speciali accoppiati al frumento<br />
duro e alle colture proteiche. Il margine lordo aziendale risulterebbe costituito dal premio<br />
unico, compreso l’aiuto relativo al set aside obbligatorio, diminuito delle spese per il mantenimento<br />
dei terreni nel rispetto delle buone condizioni agricole e ambientali. In realtà, nel caso specifico<br />
esaminato, essendo il conducente impegnato a tempo pieno in azienda, non sembra plausibile<br />
l’abbandono della coltivazione, almeno nel breve periodo.<br />
4 a ipotesi. La sostituzione del frumento duro a favore dell’orzo da granella comporta una contrazione<br />
dei premi pari al 17%, ma la buona redditività di quest’ultima coltura consente un discreto<br />
miglioramento del margine lordo aziendale. In effetti l’orzo potrebbe costituire una valida alternativa<br />
alla coltivazione del frumento duro, ma anche in questo caso valgono le considerazioni<br />
esposte a proposito della 4 a ipotesi delle simulazioni dell’azienda 1. Infatti, sarebbe necessario<br />
conoscere gli effettivi sbocchi commerciali dell’orzo nel prossimo futuro, inevitabilmente legati<br />
alla consistenza del patrimonio zootecnico siciliano e agli indirizzi produttivi degli allevamenti.<br />
L’azienda 3 (seminativo combinato)<br />
L’azienda 3, situata nella collina interna della provincia di Trapani, adotta un ordinamento cerealicolo<br />
alternato con ortaggi da pieno campo e una discreta superficie investita a vigneto per la produzione<br />
di vino comune e ad oliveto da olio. L’area in cui ricade l’azienda è caratterizzata dalla presenza<br />
di vigneti per la produzione di vino, anche di qualità (DOC, IGT), e di seminativi, dove la coltura principale<br />
è rappresentata dal frumento duro, ma dove diffusa è anche la coltivazione di ortaggi da pieno<br />
campo, quali il melone bianco invernale.<br />
Nel periodo ante riforma l’azienda ha superato gli 85.000 euro di margine lordo, sul quale i premi<br />
per il frumento duro hanno inciso per il 26%. I risultati delle simulazioni effettuate sono riportati<br />
in tabella 14.4.<br />
1 a ipotesi. Il mantenimento dello situazione ante riforma determina una perdita pari al 4% del margine lordo,<br />
in conseguenza di una riduzione dei premi del 14%, essenzialmente dovuta alla contrazione dell’importo<br />
dell’aiuto supplementare al frumento duro e alla trattenuta dell’8% per l’accantonamento<br />
delle risorse per l’attuazione dell’art. 69.<br />
2 a ipotesi. Nell’ipotesi che venga introdotto il premio qualità per il frumento duro previsto all’art. 69, si<br />
evidenzia un incremento dei premi ricevuti dall’azienda pari al 26% che si traduce in un aumento del<br />
margine lordo pari al 7% in presenza del livello massimo di incentivo fissato dal decreto. In corrispondenza<br />
di importi intorno ai 100 euro/ha l’incremento del margine lordo si indurrebbe al 2% e con<br />
64 euro si raggiungerebbe il punto di pareggio rispetto alla situazione ante riforma.<br />
3 a ipotesi. L’abbandono della coltivazione comporta una diminuzione dei premi del 22%, rispetto alla<br />
situazione ante riforma, mentre il margine lordo accuserebbe una contrazione tutto sommato abbastanza<br />
contenuta (-30%), che potrebbe indurre l’agricoltore ad abbandonare la coltivazione del grano,<br />
per dedicarsi con maggiore impegno alle coltivazioni più intensive.<br />
Questa azienda evidenzia una minore dipendenza dai contributi comunitari rispetto alle due aziende<br />
precedenti. Il margine lordo aziendale risulta influenzato in modo non indifferente da colture non COP,<br />
precisamente da ortaggi, vite e olivo. A conferma di ciò va sottolineata l’incidenza dei premi sul margine<br />
lordo nell’ipotesi di abbandono della coltivazione della superficie con diritto, che si attesta sul 29%.<br />
163
Tab. 14.4 - Confronti fra situazione ante riforma (baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 3<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 49,1 49,1 49,1 0,0<br />
Terreni non coltivati 0,0 0,0 0,0 49,1<br />
Melone 12,5 12,5 12,5 12,5<br />
Pomodoro 0,3 0,3 0,3 0,3<br />
Vite 4,4 4,4 4,4 4,4<br />
Olivo 6,0 6,0 6,0 6,0<br />
Superficie con diritto 49,1 49,1 49,1 49,1<br />
Superficie ammissibile 49,1 49,1 49,1 49,1<br />
SAU 72,4 72,4 72,4 72,4<br />
Premi ricevuti (euro) 22.271 19.113 27.951 17.265<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -14 26 -22<br />
Premio per ettaro con diritto 453 389 569 351<br />
Margine lordo aziendale (euro) 85.355 82.196 91.027 59.515<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -4 7 -30<br />
Margine lordo per ettaro 1.180 1.136 1.258 823<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 26 23 31 29<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: introduzione del premio qualità per il frumento duro (180 euro/ha);<br />
3 a ipotesi: abbandono della coltivazione con rispetto delle buone condizioni agricole e ambientali.<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’azienda 4 (seminativo con allevamento estensivo bovino da carne)<br />
L’azienda 4, localizzata nella montagna interna della provincia di Palermo (Madonie), presenta<br />
un ordinamento zootecnico-cerealicolo, dove il frumento duro entra in rotazione con le foraggere (sulla,<br />
veccia, erbai) e una parte dell’apporto foraggero deriva da quasi 40 ettari di pascolo. Vengono allevati<br />
bovini per la produzione di carne, mantenuti al pascolo quasi per tutto l’anno e ricoverati in stalla<br />
solo per brevi periodi durante i mesi più freddi (gennaio-marzo). Il sistema di allevamento è a ciclo<br />
chiuso (ingrasso fino all’età di 18-20 mesi), con rimonta interna e qualche rifornimento esterno per<br />
rinsanguare l’allevamento. L’integrazione tra le due attività produttive permette il conseguimento di<br />
risultati economici soddisfacenti. Nel periodo di riferimento ante riforma l’azienda ha ricevuto aiuti<br />
in base alle colture effettivamente praticate e ai capi di bestiame effettivamente allevati per un importo<br />
complessivo medio pari a circa 9.000 euro. In questa situazione specifica, il margine lordo si è attestato<br />
su 26.000 euro con un’incidenza dei contributi pari al 34%. La tabella 14.5 riassume i risultati<br />
delle simulazioni effettuate.<br />
1 a ipotesi. Nel caso di mantenimento della situazione di partenza la contrazione dei premi risulta più<br />
contenuta (-3%) rispetto a quanto già visto per le altre aziende, grazie alla rivalutazione dei premi<br />
per gli animali. Il margine lordo aziendale si manterrebbe sugli stessi livelli ante riforma (-1%)<br />
e l’incidenza dei premi risulterebbe invariata.<br />
2 a ipotesi. In questa ipotesi viene contemplata la possibilità che l’allevatore decida di abbandonare<br />
l’allevamento, limitandosi a percepire il premio unico che gli spetta in virtù dei diritti acquisiti nel<br />
periodo di riferimento, e di dedicarsi esclusivamente alla coltivazione dei seminativi, lasciando<br />
inalterata la ripartizione colturale ante riforma. Il premio si attesterebbe sugli stessi livelli dell’i-<br />
164
potesi precedente, mentre il margine lordo subirebbe una contrazione del 17% con un aumento dell’incidenza<br />
dei premi di sei punti percentuali.<br />
3 a ipotesi. Viene ricalcata la situazione precedente, ma nell’ipotesi di adozione, per l’OCM carni bovine,<br />
dell’opzione del disaccoppiamento parziale, con il mantenimento dei premi accoppiati al<br />
100% per le vacche nutrici e al 40% per la macellazione. In tal caso si avrebbe una contrazione dell’entità<br />
del premio del 36%, dovuta alla mancata assegnazione dei contributi per le vacche nutrici<br />
e ad una parte del premio alla macellazione. In conseguenza della forte riduzione del margine<br />
lordo (-29%) questa ipotesi appare poco allettante e sembra improbabile che un allevatore decida<br />
di alienare l’attività zootecnica con prospettive così penalizzanti.<br />
4 a ipotesi. L’introduzione del premio per le vacche nutrici, previsto dall’art. 69, comporta un aumento<br />
degli aiuti ricevuti dall’azienda del 28%, mentre il margine lordo aziendale avrebbe un incremento<br />
del 10%. Naturalmente il miglioramento della redditività andrebbe riducendosi al diminuire<br />
dell’entità del premio qualità, strettamente collegata al numero di allevatori che dovessero<br />
ricorrere all’incentivo, fino a raggiungere il punto di pareggio rispetto alla situazione ante riforma<br />
con un premio intorno ai 15 euro per capo di vacca nutrice.<br />
Le simulazioni condotte su questa azienda evidenziano un discreto incremento dei premi per le<br />
carni bovine. Ciò comporta che, nel caso venga adottata l’opzione del disaccoppiamento totale, l’allevatore<br />
potrebbe alienare l’attività zootecnica con una perdita del margine lordo aziendale non<br />
eccessivamente penalizzante e accettabile qualora si decidesse di dedicare il proprio tempo lavorativo<br />
ad altre attività.<br />
Tab. 14.5 - Confronti fra situazione ante riforma (baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 4<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi 4 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 8,2 8,2 8,2 8,2 8,2<br />
Leguminose 6,1 6,1 6,1 6,1 6,1<br />
Erbaio 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4<br />
Pascolo 38,3 38,3 38,3 38,3 38,3<br />
Superficie con diritto 53,0 53,0 53,0 53,0 53,0<br />
Superficie ammissibile 53,0 53,0 53,0 53,0 53,0<br />
SAU 53,0 53,0 53,0 53,0 53,0<br />
UBA allevate 51 51 - - 51<br />
Vacche nutrici compensate (n. capi) 15 15 - - 15<br />
Premi ricevuti (euro) 8.901 8.671 8.671 5.665 11.371<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -3 -3 -36 28<br />
Premio per ettaro con diritto 168 164 164 107 214<br />
Margine lordo aziendale (euro) 25.851 25.621 21.444 18.438 28.321<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - -1 -17 -29 10<br />
Margine lordo per ettaro 488 483 404 348 534<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 34 34 40 31 40<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: abbandono dell’allevamento;<br />
3 a ipotesi: abbandono dell’allevamento con disaccoppiamento parziale (40% macellazione + 100% vacche nutrici);<br />
4 a ipotesi: introduzione del premio qualità per le vacche nutrici (180 euro/capo).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
165
L’azienda 5 (allevamento estensivo bovino da carne)<br />
L’azienda 5 è situata nella montagna interna della provincia di Messina (Nebrodi), in un’area,<br />
dove l’attività zootecnica assume carattere di spiccata estensività. La superficie aziendale è totalmente<br />
investita a prato-pascolo per l’approvvigionamento alimentare di animali bovini da carne, mantenuti<br />
al pascolo per quasi tutto l’anno e ingrassati fino all’età di 18-20 mesi. L’azienda detiene quote per<br />
17 vacche nutrici e ha percepito premi per bovini maschi e premi alla macellazione per un importo<br />
complessivo pari a circa 6.500 euro con un’incidenza dei premi sul margine lordo del 29%. La tabella<br />
14.6 riassume i risultati delle simulazioni effettuate.<br />
1 a ipotesi. Il mantenimento della situazione ante riforma consente un incremento del 4% dei contributi,<br />
dovuto alla rivalutazione degli importi per capo, come si è detto a proposito dell’azienda 4.<br />
Il margine lordo aziendale si manterrebbe sugli stessi livelli ante riforma (+1%).<br />
2 a ipotesi. L’abbandono completo dell’attività agricola comporta una netta contrazione del margine<br />
lordo (-81%), che risulterebbe costituito dai premi diminuiti del costo relativo alle operazioni<br />
necessarie per adempiere all’obbligo del mantenimento del terreno in buone condizioni agronomiche<br />
e ambientali; costo che verrebbe a gravare sui contributi ricevuti per quasi il 35%.<br />
3 a ipotesi. L’introduzione dei premi qualità per la carne bovina (art. 69) al massimo livello concesso<br />
dal decreto ministeriale determina un incremento dei premi ricevuti dall’azienda del 51% e del<br />
margine lordo del 15%. È interessante osservare che per questa azienda il premio qualità rappresenta<br />
un effettivo incentivo alla produzione, indipendentemente dalla sua entità, in quanto in ogni<br />
caso il margine lordo si manterrà al di sopra dei valori ante riforma.<br />
Tab. 14.6 - Confronti fra situazione ante riforma (baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 5<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Prato-pascolo 59,4 59,4 0,0 59,4<br />
Terreni non coltivati 0,0 0,0 59,4 0,0<br />
Superficie con diritto 59,4 59,4 59,4 59,4<br />
Superficie ammissibile 59,4 59,4 59,4 59,4<br />
SAU 59,4 59,4 59,4 59,4<br />
UBA allevate 35 35 - 35<br />
Vacche nutrici compensate (n. capi) 17 17 - 17<br />
Premi ricevuti (euro) 6.549 6.815 6.815 9.875<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 4 4 51<br />
Premio per ettaro con diritto 110 115 115 166<br />
Margine lordo aziendale (euro) 22.866 23.132 4.439 26.192<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 1 -81 15<br />
Margine lordo per ettaro 385 389 75 441<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 29 29 154 38<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: mantenimento dell’ordinamento ante riforma;<br />
2 a ipotesi: abbandono dell’allevamento e della coltivazione con rispetto delle buone condizioni agricole e ambientali;<br />
3 a ipotesi: introduzione del premio qualità per le vacche nutrici (180 euro/capo).<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
In questa azienda, caratterizzata da un’attività zootecnica a carattere fortemente estensivo, con<br />
166
livelli di margine lordo per ettaro molto bassi e margine lordo aziendale appena sufficiente a mantenere<br />
le 0,9 ULF legate all’azienda, non sembra prevedibile, a breve, l’abbandono dell’allevamento,<br />
almeno in mancanza di concrete alternative occupazionali per le forze lavorative familiari.<br />
L’azienda 6 (allevamento bovino da latte con seminativi)<br />
L’azienda 6 è situata nel Ragusano, nell’altopiano Ibleo, in un’area dove l’attività zootecnica assume<br />
una sua precisa collocazione, con indirizzi produttivi intensivi, alta specializzazione e buoni livelli<br />
qualitativi, spesso supportati da notevoli capacità manageriali degli allevatori ed efficiente organizzazione<br />
del mercato di collocamento del prodotto (centri di stoccaggio, industrie di trasformazione). In<br />
essa si ritrovano i migliori pascoli naturali della Sicilia, che vengono avvicendati periodicamente con<br />
il frumento. La flora spontanea è costituita in prevalenza da leguminose, graminacee, crocifere, e<br />
composite. I pascoli del ragusano vengono sfruttati in maniera razionale, grazie alla loro tipica struttura<br />
a chiudende. Gli appezzamenti sono suddivisi in sub-aree chiuse da muretti a secco, che una volta<br />
pascolate vengono isolate per il periodo di tempo necessario al loro rinnovamento floristico.<br />
Tab. 14.7 - Confronti fra situazione ante riforma (baseline) e opzioni post riforma nell’Azienda 6<br />
Baseline 1 a ipotesi 2 a ipotesi 3 a ipotesi<br />
Distribuzione superfici (ha):<br />
Frumento duro 15,3 15,3 15,3 15,3<br />
Prato pascolo 17,7 17,7 17,7 17,7<br />
Fieno 48,0 48,0 48,0 48,0<br />
Altre colture 8,0 8,0 8,0 8,0<br />
Superficie con diritto 81,0 81,0 81,0 81,0<br />
Superficie ammissibile 81,0 81,0 81,0 81,0<br />
SAU 89,0 89,0 89,0 89,0<br />
UBA 136 136 136 136<br />
Quote latte 747,6 747,6 747,6 747,6<br />
Premi ricevuti (euro) 7.315 15.209 23.545 31.910<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 108 222 336<br />
Premio per ettaro con diritto 90 188 291 394<br />
Margine lordo aziendale netto* (euro) 121.113 122.111 123.550 125.019<br />
Differenza rispetto a baseline (%) - 1 2 3<br />
Margine lordo per ettaro 1.361 1.372 1.388 1.405<br />
Incidenza premi su margine lordo (%) 6 12 19 26<br />
Note:<br />
1 a ipotesi: Anno 2005 con riduzione del prezzo del latte pari a 2,5%;<br />
2 a ipotesi: Anno 2006 con riduzione del prezzo del latte pari a 5%;<br />
3 a ipotesi: Anno 2007 con riduzione del prezzo del latte pari a 7,5%.<br />
* Il margine lordo ante riforma comprensivo dei premi agroambientali ricevuti nel 2000 era pari 127.158 euro<br />
Fonte: elaborazioni INEA<br />
L’azienda adotta il tipico ordinamento zootecnico-cerealicolo, dove il frumento duro entra in<br />
rotazione con le foraggere, utilizzate per l’alimentazione degli animali (fieno e pascolo), assieme al<br />
carrubeto, i cui frutti vengono anch’essi utilizzati per l’allevamento. Nel periodo di riferimento,<br />
2000-2002, l’azienda, che alleva bovini da latte, ha ricevuto aiuti PAC esclusivamente per il frumen-<br />
167
to duro, oltre ai contributi per l’adesione a misure agroambientali (Regolamento CEE 2078/1992), che<br />
hanno inciso considerevolmente sulla determinazione del margine lordo. Per non inficiare l’analisi<br />
comparativa con le situazioni post riforma considerate si è preferito scorporare detto importo dal margine<br />
lordo del baseline. Per le simulazioni si è ipotizzato il mantenimento della situazione produttiva<br />
di partenza, sia dal punto colturale, che dell’allevamento. Si è mantenuto costante il quantitativo di latte<br />
venduto (747,6 tonnellate) e si è considerata l’introduzione dei premi diretti negli anni 2005, 2006<br />
e 2007, ipotizzando una riduzione del prezzo del latte. I risultati delle simulazioni sono riportati nella<br />
tabella 14.7.<br />
1 a , 2 a e 3 a ipotesi. Fanno riferimento all’introduzione del pagamento diretto e alla riduzione progressiva<br />
del prezzo del latte negli anni 2005, 2006 e 2007. In tutte le ipotesi il premio diretto riuscirebbe<br />
a compensare la riduzione del prezzo di vendita del latte, facendo incrementare il margine<br />
lordo di un 1% l’anno. L’incidenza dei premi, invece, passerebbe dal 6% del periodo ante riforma<br />
al 26% del 2007. Dalle simulazioni condotte su questa azienda risulta che nell’ipotesi di una contenuta<br />
diminuzione dei prezzi di vendita del latte, pari ad un 2,5% annuo, tra il 2005 e il 2007, l’introduzione<br />
dei premi diretti per il latte sarebbe in grado di compensare la contrazione del margine<br />
lordo.<br />
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