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25<br />

Gli stessi sentimenti che spingono noi, anche se provate<br />

ed esauste, a progettare altre possibili, interessanti,<br />

future avventure.<br />

Un atteggiamento simile ma, nello stesso tempo,<br />

drammaticamente diverso, è quello di Carlo Michelstaedter,<br />

il filosofo e poeta goriziano morto suicida a ventitrè<br />

anni. Nella poesia “Dato ho la vela al vento” (1910)<br />

esprime la delusione di non riuscire ad abbandonare il<br />

porto della sicurezza inerte.<br />

Al mare aperto drizzata ho la prora<br />

per navigare …<br />

Invano, perché il libero mar, la meta, a dispetto di<br />

ogni sforzo, rimane lontana e la speranza svanisce. È il<br />

presentimento del naufragio. A chiglia inerte il timone<br />

non giova. Anche lui un Ulisse, ma alla ricerca eroica<br />

dell’assoluto. Noi non ci sentiamo altrettanto eroiche,<br />

conosciamo i nostri limiti. Vorremmo soltanto poter<br />

navigare ancora un poco, prima di ripiombare nel banale<br />

tran-tran quotidiano che ci aspetta.<br />

Trascuriamo di prendere in considerazione l’Ulysses<br />

di Joyce (1922), dove il protagonista, Leopold Bloom,<br />

ritarda il ritorno a casa perché sa che la moglie lo sta<br />

tradendo. Ci pare – così speriamo, almeno – che non<br />

faccia al caso nostro.<br />

Nel frattempo, proprio nel bel mezzo di queste nostre<br />

elucubrazioni, arriviamo a Roma dove, dopo frettolosi<br />

e poco convinti “Arrivederci” al gruppo e alle guide,<br />

e, dopo una lunga interminabile attesa, saliamo sull’ultimo<br />

aeromobile di questa storia a puntate, ossia su<br />

quello che ci porta a Trieste. Una folla di parenti ci assale.<br />

I nipotini, miei, ci travolgono con bacini appiccicosi<br />

e abbracci, ansiosi di sorprese e regali, per altro da noi<br />

preannunciati. Così, appena arrivata a casa devo aprire<br />

le valigie e distribuire i “pensierini” lì dentro accumulati<br />

durante il viaggio. Avrei preferito farlo in seguito,<br />

con calma, dopo aver preparato dei regolari pacchetti<br />

con carta da regalo e relativi fiocchetti, ma tant’è, anche<br />

questo è un aspetto del nostos, ossia del ritorno: tanto<br />

affetto, tanti legami, meno libertà, autonomia limitata.<br />

Poi, finalmente, piombo nel sonno riparatore, sperando<br />

che niente e nessuno osi svegliarmi per almeno<br />

ventiquattr’ore. E mi auguro che Marzia, dal canto suo,<br />

abbia fatto lo stesso.<br />

Le Foci del Timavo, mitico approdo

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