Indice 1. La vita di Giacomo Leopardi 2 ... - Biagio Carrubba
Indice 1. La vita di Giacomo Leopardi 2 ... - Biagio Carrubba
Indice 1. La vita di Giacomo Leopardi 2 ... - Biagio Carrubba
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
<strong>In<strong>di</strong>ce</strong><br />
<strong>1.</strong> <strong>La</strong> <strong>vita</strong> <strong>di</strong> <strong>Giacomo</strong> Leopar<strong>di</strong><br />
2. Formazione culturale e filosofica <strong>di</strong> <strong>Giacomo</strong> Leopar<strong>di</strong><br />
3. Il pessimismo in<strong>di</strong>viduale<br />
4. Lo Zibaldone<br />
5. I piccoli i<strong>di</strong>lli<br />
6. Parafrasi della poesia L'infinito - Il tema della poesia<br />
7. Le operette morali - giu<strong>di</strong>zio critico <strong>di</strong> Cesare Luperini sulle operette<br />
morali<br />
8. Sintesi dell'operetta morale “<strong>di</strong>alogo della natura e <strong>di</strong> un islandese”<br />
9. I gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli - parafrasi della poesia “a Silvia”<br />
10.Introduzione del canto “il sabato del villaggio” - parafrasi della poesia<br />
1<strong>1.</strong>A se stesso - parafrasi della poesia - commento e spiegazione della<br />
poesia<br />
12.I canti “struttura, sintesi e messaggi”<br />
13.Sintesi del canto “la ginestra”<br />
14.Il messaggio della ginestra<br />
15.<strong>La</strong> forma della ginestra<br />
16.<strong>La</strong> canzone libera o leopar<strong>di</strong>ana<br />
17.L'ultima lettera <strong>di</strong> <strong>Giacomo</strong> Leopar<strong>di</strong><br />
18.Giu<strong>di</strong>zio conclusivo su Leopar<strong>di</strong><br />
1
<strong>1.</strong> GIACOMO LEOPARDI<br />
<strong>Giacomo</strong> Leopar<strong>di</strong> nacque a Recanati in provincia <strong>di</strong> Ancona il 29 Giugno 1798<br />
dal conte Monaldo Leopar<strong>di</strong> e dalla madre Adelaide Antici. <strong>Giacomo</strong> Leopar<strong>di</strong> fu<br />
il primo figlio <strong>di</strong> 10 figli, i suoi compagni <strong>di</strong> gioco furono: la sorella Paolina e il<br />
fratello Carlo con i quali giocava felicemente, verso i 5-6 anni <strong>di</strong> età <strong>Giacomo</strong><br />
mostrò le sue straor<strong>di</strong>narie capacità intellettive. <strong>La</strong> madre era una donna fredda e<br />
dura e prese la gestione della casa perchè il padre non riusciva a gestire le finanze<br />
familiari. Nel 1809 cominciò a stu<strong>di</strong>are da solo (auto<strong>di</strong>datta), leggendo i<br />
moltissimi libri della biblioteca patena del palazzo <strong>di</strong> famiglia. Imparò da solo il<br />
latino, il greco, l'ebraico e il francese. Questo stu<strong>di</strong>o durò 7 anni dal 1809 al 1816<br />
e Leopar<strong>di</strong> lo definì matto e <strong>di</strong>speratissimo. Infatti questo stu<strong>di</strong>o gli indebolì la<br />
vista e gli deformò la schiena. Leopar<strong>di</strong> in questo modo acquisì una cultura<br />
vastissima: stu<strong>di</strong>ò gli illuministi francesi <strong>di</strong> cui Jean Jacque Rouseaux e tradusse<br />
molte opere greche, tra cui Omero ed Esiodo e molte opere dal latino, come i poeti<br />
Virgilio, Orazio e Lucrezio. Stu<strong>di</strong>ò anche opere scientifiche e scrisse un'opera<br />
giovanile dal titolo STORIA DELL'ASTRONOMIA nel 1813 e un'altra opera dal<br />
titolo SAGGIO SOPRA GLI ERRORI POPOLARI DEGLI ANTICI nel 1815.<br />
Imparò anche la filologia (stu<strong>di</strong>o delle parole nella loro evoluzione e<br />
trasformazione). Anzi <strong>di</strong>ventò nel tempo uno dei maggiori esperti europei <strong>di</strong><br />
filologia <strong>di</strong> quegli anni. Nel 1817 Leopar<strong>di</strong> iniziò uno scambio epistolare con il<br />
grande letterario piacentino Pietro Giordani (1774-1848), era uno dei maggiori<br />
intellettuali <strong>di</strong> quel tempo. Pietro Giordani capì subito le gran<strong>di</strong> potenzialità del<br />
giovane poeta, cosicchè <strong>di</strong>vento una preziosa guida sul piano intellettuale e<br />
umano, infatti lo incoraggiò a superare i con<strong>di</strong>zionamenti familiari e prendere più<br />
chiara coscienza dei nuovi orientamenti ideologici, in<strong>di</strong>rizzandolo ad accettare le<br />
idee del romanticismo e le idee <strong>di</strong> progresso, <strong>di</strong>staccandosi dagli ideali reazionali<br />
nei quali era stato educato. Nel 1817 Leopar<strong>di</strong> cominciò a scrivere tutte le sue<br />
considerazioni e riflessioni su tutto ciò che leggeva e che faceva. Quest'opera è<br />
molto importante per capire il suo carattere e la sua filosofia sulla <strong>vita</strong>.<br />
Quest'opera fu chiamata dal poeta lo ZIBALDONE, che finirà <strong>di</strong> scriverlo nel<br />
<strong>di</strong>cembre 1832. Nel 1817 Leopar<strong>di</strong>, durante la visita <strong>di</strong> sua cugina Gertrude Cassì,<br />
provò un forte innamoramento verso <strong>di</strong> lei e scrisse la prima poesia con il titolo IL<br />
PRIMO AMORE. Nel 1819 cominciò a scrivere 6 piccole poesie che lui chiamò I<br />
PICCOLI IDILLI. Queste poesie sono: IL SOGNO, L'INFINITO, LA SERA DEL<br />
DI' DI FESTA, ALLA LUNA, LA VITA SOLITARIA, FRAMMENTO XXXVIII.<br />
Nel 1820 iniziò a scrivere altre poesie, ma <strong>di</strong> contenuto civile e filosofico, queste<br />
poesie sono:<br />
- Ad Angelo Mai (1820)<br />
- Nelle nozze della sorella Paolina (1821)<br />
- Ad un vincitore nel pallone (1821)<br />
- Bruto minore (1821)<br />
- Alla primavera o delle favole antiche (1822)<br />
- Inno ai patriarchi (1822)<br />
2
- Ultimo canto <strong>di</strong> Saffo (1822)<br />
- Alla sua donna (1823)<br />
Nel 1823 il padre <strong>di</strong>ede al poeta il permesso <strong>di</strong> recarsi a Roma ospite dello zio<br />
Carlo Antici. Ma il soggiorno romano fu per il poeta una delusione. Non trovò<br />
impiego, la città stessa <strong>di</strong> Roma lo deluse, e anzi il poeta giu<strong>di</strong>cò meschino e<br />
corrotto l'ambiente romano. L'unica cosa che gli piacque fu la tomba del grande<br />
poeta Torquato Tasso.<br />
Ritornò a Recanati (da Roma) accentuando ancora <strong>di</strong> più il suo pessimismo<br />
esistenziale. Nel 1824 a Recanati comincia a scrivere dei racconti, molti dei quali<br />
con personaggi fiabeschi che lui chiama “OPERETTE MORALI”. Sono 24 opere<br />
in prosa che il Leopar<strong>di</strong> pubblicò per la prima volta nel 1827 e l'e<strong>di</strong>zione definitiva<br />
nel 1832.<br />
Le più belle operette morali sono:<br />
-Dialogo <strong>di</strong> Torquato Tasso e del suo genio failiare<br />
-Cantico del Gallo Silvestre<br />
-Dialogo <strong>di</strong> un ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> almanacchi e <strong>di</strong> un pesseggere<br />
-Dialogo <strong>di</strong> Tristano e <strong>di</strong> un amico<br />
<strong>La</strong> maggioranza <strong>di</strong> queste operette ha per titolo “Dialogo” perchè il racconto si<br />
svolge soprattutto con il <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> 2 o più personaggi. Il primo <strong>di</strong>alogo fu<br />
“Dialogo della natura <strong>di</strong> un islandese” (1824). L'ultima operetta fu “Dialogo <strong>di</strong> un<br />
ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Almanacchi e <strong>di</strong> un passeggere” (1832). Nel 1825 si trasferì a Milano<br />
per un breve periodo dove lavorò presso l'e<strong>di</strong>tore Stella. Nel 1826 soggiornò a<br />
Bologna dove conobbe la Contessa Teresa Carminiani Malvezzi della quale si<br />
innamorò; ma non fu ricambiato. Nel 1827 si trasferì a Firenze dove incontrò<br />
Alessandro Manzoni. Nel novembre del 1827 il Leopar<strong>di</strong> per motivi <strong>di</strong> salute si<br />
trasferì a Pisa dove compose la bellissima poesia A SILVIA. Nel 1829 ritornò a<br />
Recanati e qui compose altre poesie, chiamati i “GRANDI IDILLI” che sono:<br />
- A Silvia<br />
- Le ricordanze<br />
- <strong>La</strong> quiete dopo la tempesta<br />
- Il sabato del villaggio<br />
- Canto notturno <strong>di</strong> un pastore errante dell'Asia<br />
Nel 1830 il gruppo dei letterati fiorentini gli <strong>di</strong>edero un assegno mensile, con il<br />
quale ritornò a Firenze. Nel 1831 pubblicò tutte queste poesie con il titolo CANTI.<br />
Nel 1831 il poeta conobbe la contessa Fanny Targioni Tozzetti della quale si<br />
innamorò. Conobbe anche un giovane napoletano, Antonio Ranieri, con il quale ci<br />
fu un'amicizia intima. Il giovane napoletano Ranieri inseguiva la sua fidanzata,che<br />
era un'attrice, e a volte si portava <strong>di</strong>etro Leopar<strong>di</strong> a Roma. Nel 1833 Antonio<br />
Ranieri propose a Leopar<strong>di</strong> <strong>di</strong> recarsi a Napoli per trovare un clima più mite. Nel<br />
1833 il Leopar<strong>di</strong> compose l'ultima poesia de<strong>di</strong>cata alla contessa Fanny Targioni<br />
Tozzetti, che lui chiamò CICLO DI ASPASIA.<br />
Queste poesie sono:<br />
- Il pensiero dominante<br />
- Amore e morte<br />
3
- Consalvo<br />
- A se stesso<br />
- Aspasia<br />
Nel 1833 i due sodali arrivarono a Napoli che non piaque a Leopar<strong>di</strong>. A Napoli le<br />
sue malattie si aggravarono e il Leopar<strong>di</strong> nell'estate del 1835-36 si recò in una villa<br />
a Torre del Greco alle pen<strong>di</strong>ci del Vesuvio. Qui nell'estate del 1836 compose gli<br />
ultimi due canti:<br />
- Il tramonto della luna<br />
- <strong>La</strong> ginestra<br />
Scrisse altre opere, tra cui PARALIPOMERI ALLA BATRACOMIOMACHIA,<br />
che è un poemetto satirico in cui il Leopar<strong>di</strong> immagina una guerra tra granchi (che<br />
simboleggiavano gli Austriaci) e topi ( che simboleggiavano i liberali italiani). Il<br />
14 giugno 1837 alle ore 17:00 dopo una lunga agonia in partenza per recarsi a<br />
Torre del Greco fu colpito da un dolore atroce all'intestino e morì assistito dalla<br />
sorella <strong>di</strong> Antonio Ranieri all'età <strong>di</strong> soli 39 anni.<br />
2. FORMAZIONE CULTURALE E<br />
FILOSOFICA DI G. LEOPARDI<br />
Durante la giovinezza il Leopar<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ò i classici greci e latini, stu<strong>di</strong>ò anche i<br />
filosofi francesi tra cui Diderot e D'Holmac. Nel 1824 il Leopar<strong>di</strong>, nelle operette<br />
morali espresse una concezione laica e materialistica che si sviluppò in seguito<br />
verso un pessimismo sempre più vigoroso, logico e rigido. Nel 1828 il Leopar<strong>di</strong><br />
trasformò il Pessimismo storico-sociale in Pessimismo cosmico-universale<br />
secondo il quale ogni oggetto della natura, animato o inanimato è destinato al<br />
dolore, alla sofferenza ed alla morte. Infatti il Leopar<strong>di</strong> da la colpa della morte<br />
alla natura, definendola<br />
MADRE MATRIGNA. L'operetta più chiara su questo argomento è “<strong>di</strong>alogo<br />
della natura e <strong>di</strong> un islandese”. Dopo il 1833 attenua questo pessimismo perchè<br />
considera l'amore e la fratellanza umana come due manifestazioni importanti con i<br />
quali si può vincere la natura e la morte.<br />
3. IL PESSIMISMO INDIVIDUALE<br />
Nella sua prima parte <strong>di</strong> <strong>vita</strong> il Leopar<strong>di</strong> pensava che vi è uno scontro tra la natura e<br />
la ragione: la natura ha creato gli uomini felici mentre la storia e la civiltà li rende<br />
infelici. Ma l'uomo man mano che <strong>di</strong>venta adulto si <strong>di</strong>stacca dalla felicità, e procede<br />
ine<strong>vita</strong>bilmente verso una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> cosciente dolore. Questa prima fase <strong>di</strong><br />
pensiero il poeta la chiama PESSIMISMO STORICO perchè è determinato dal<br />
confronto tra la decadenza del presente e la <strong>vita</strong>lità dei tempi antichi. Dopo il viaggio<br />
a Roma il Leopar<strong>di</strong> cambia parere e procede verso il pessimismo cosmico, cioè<br />
riguardante tutto l'universo. Adesso il Leopar<strong>di</strong> <strong>di</strong>ce che la natura è persecutrice e<br />
nemica <strong>di</strong> ogni uomo; la natura inganna l'uomo promettendogli la felicità che non<br />
concede mai, allettandolo con le illusioni, mentre la sola certezza è la morte. <strong>La</strong><br />
4
natura, da madre benevola <strong>di</strong>venta matrigna, il pessimismo <strong>di</strong>venta cosmico perchè<br />
anche un sasso è destinato alla morte. Nell'ultima sua opera “la Ginestra” il Leopar<strong>di</strong><br />
se la prende con la scienza, perchè accusa il processo scientifico gli uomini con le<br />
loro scoperte; ma il Leopar<strong>di</strong> all'ottimismo positivista, al mito del progresso<br />
scientifico oppone la convinzione secondo la quale non può essere il progresso<br />
scientifico a garantire la felicità, ne a migliorare la <strong>vita</strong> dell'uomo, ma può soltanto<br />
sostenere un progresso civile fondato sui valori della solidarietà e della fratellanza.<br />
Sempre nella Ginestra il poeta esorta gli uomini ad avere il coraggio <strong>di</strong> guardare in<br />
faccia la loro reale con<strong>di</strong>zione, e ad unirsi in una “socialcatena” per combattere il<br />
loro vero nemico, il dolore insito nella natura delle cose. Se tutta l'umanità si<br />
affratellasse potrà vincere il dolore e la morte, così come i Titani combatterono<br />
insieme contro Zeus (il loro padre) e <strong>di</strong>edero il foco e la <strong>vita</strong> agli uomini (titanismo)<br />
quin<strong>di</strong> anche il Leopar<strong>di</strong> cade nell'utopismo perchè l'umanità tutta intera non riuscirà<br />
mai a <strong>di</strong>ventare una fratellanza universale basata sulla solidarietà perchè ogni uomo<br />
vede in un'altro uomo un concorrente, nemico e avversario.<br />
4. LO ZIBALDONE<br />
Lo Zibaldone è composto da una serie <strong>di</strong> quaderni nei quali il Leopar<strong>di</strong> scriveva le<br />
sue riflessioni personali e filosofiche. Il pensiero <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong> si sviluppa <strong>di</strong> giorno in<br />
giorno e sviluppa così le sue idee sulla <strong>vita</strong> e sulla filosofia. Il Leopar<strong>di</strong> iniziò a<br />
scrivere lo Zibaldone nel 1817. Le prime riflessioni riguardano la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
giovane poeta infelice, tanto che una volta pensò perfino <strong>di</strong> suicidarsi e da questo<br />
momento iniziò anche il suo pessimismo sulla nullità del mondo. Nel 1819<br />
scrisse:”Tutto è nulla al mondo, anche la mia <strong>di</strong>sperazione”. Nel 1821 scrisse che<br />
anche Dio non esisteva e <strong>di</strong>mostrava ciò con questo ragionamento:”Insomma Dio<br />
stesso è nullo giacchè nessuna cosa è necessaria”. Nel '25 scriveva che sia il tempo<br />
che lo spazio sono solo illusioni. Nel '27 scrisse che il mondo lo ammirava per la sua<br />
deformità e nel '28 scrive: tutto è male ciò che esiste è male. <strong>La</strong> fine dell'universo è<br />
male e ogni cosa fu e sarà sempre infelice, e non solo il genere umano, ma tutti gli<br />
esseri del mondo perchè sono destinati alla morte. Nell'ultima pagina dello Zibaldone<br />
scrive: gli uomini non accetteranno mai <strong>di</strong> non sapere nulla, <strong>di</strong> non essere nulla, e<br />
dopo la morte non vi sarà nulla perchè “non c'è più nulla da sperare dopo la morte”.<br />
5. I PICCOLI IDILLI<br />
<strong>La</strong> parola I<strong>di</strong>llio deriva dalla parola greca EIDYLLION che significa paesaggio <strong>di</strong><br />
campagna. I piccoli i<strong>di</strong>lli <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong> sono:<br />
– Alla luna;<br />
– L'infinito;<br />
– <strong>La</strong> sera del dì <strong>di</strong> festa;<br />
– <strong>La</strong> <strong>vita</strong> solitaria;<br />
– Il sogno.<br />
5
Il Leopar<strong>di</strong> aggiunge al quadretto campestre i suoi sentimenti, e quin<strong>di</strong> si avvicina<br />
alla poetica del Romanticismo per ricavarne una riflessione esistenziale.<br />
6. PARAFRASI DELLA POESIA “L'INFINITO”<br />
Questo solitario colle mi è stato sempre caro e anche questo cespuglio che mi sta<br />
davanti e che mi toglie la visuale dell'estremo orizzonte mi è stato tanto caro; ma<br />
stando seduto e guardando mi immagino nella mente sterminati spazi che stanno al <strong>di</strong><br />
la della siepe e immagini sovrumani silenzi e mi raffiguro una profon<strong>di</strong>ssima quiete,<br />
tanto profonda che il cuore ne ha quasi paura. E mentre sento frusciare il vento tra<br />
questi alberi io confronto l'infinito silenzio al rumore <strong>di</strong> questa <strong>vita</strong>; e mi ricordo<br />
l'eternità e le stagioni che passano, e il tempo presente con i suoni <strong>di</strong> questo<br />
momento. Così immagino il mio pensiero che sprofonda in questa grande immensità,<br />
e questo mio contemplare mi è dolce in questo infinito.<br />
IL TEMA DELLA POESIA<br />
Questa poesia composta nel 1819 mostra tutto il genio poetico del giovane Leopar<strong>di</strong>.<br />
Il tema della poesia è la contrapposizione tra il finito e l'infinito, tra il temporale e la<br />
temporale, tra il materiale e l'immateriale, tra il presente e il passato. L'i<strong>di</strong>llio è una<br />
scintillante poesia <strong>di</strong> creatività poetica; la poesia è la sintesi universale e sublime <strong>di</strong><br />
tante riflessioni personali del poeta. <strong>La</strong> poesia è bellissima perchè è tutta pervasa dal<br />
sentimento attivo e positivo verso la <strong>vita</strong> e l'universo.<br />
7.”LE OPERETTE MORALI”<br />
Sono tutti brevi racconti quasi tutti in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>aloghi. <strong>La</strong> prima e<strong>di</strong>zione fu<br />
pubblicata a Milano nel 1827. Nel 1834 uscì la seconda e<strong>di</strong>zione con l'aggiunta <strong>di</strong><br />
due operette:<br />
– Dialogo <strong>di</strong> un ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> almanacchi e <strong>di</strong> un passeggero<br />
– Dialogo <strong>di</strong> Tristano e <strong>di</strong> un amico<br />
– Nel 1835 la censura borbonica impedì l'uscita del libro che poi fu ripubblicato nel<br />
1845 a cura del suo amico Antonio Ranieri. Le operette morali hanno per<br />
argomento riflessioni filosofiche e religiose sulla <strong>vita</strong>, sulla morte e sugli uomini.<br />
Molti personaggi sono derivati da favole e miti come Atlante ed Ercole, altri<br />
personaggi sono ripresi dal mondo storico e dalla letteratura come: Cristoforo<br />
Colombo, Plotino, Copernico, Tasso e Parini. <strong>La</strong> tesi fondamentale delle operette<br />
morali è:”la compiuta espressione del pessimismo cosmico (perchè supera il<br />
singolo in<strong>di</strong>viduo e accomuna tutti gli uomini nel dolore). L'intera opera si<br />
presenta come una lucida ed implacabile indagine sulla estraneità della natura al<br />
destino dell'uomo e sull'infelicità che ne deriva, e assume toni polemici contro i<br />
pregiu<strong>di</strong>zi e il falso ottimismo della società moderna e contro la stoltezza<br />
(stupi<strong>di</strong>tà) degli uomini che si ritengono al centro dell'universo, mentre non sono<br />
che vittime del cieco meccanismo naturale che lo governa”.<br />
6
Tutte le operette sono 24.<br />
GIUDIZIO CRITICO DI ROMANO LUPERINI<br />
Le operette morali assolvono tre funzioni fondamentali:<br />
<strong>1.</strong> Smascherare le illusioni consolatorie, esaltate dai liberali moderati;<br />
2. Ad<strong>di</strong>tare un modello <strong>di</strong> reazione all'infelicità;<br />
3. Affrontare la realtà per quello che è con la sola forza della ragione;<br />
8.SINTESI DELL'OPERETTA MORALE<br />
“DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE”<br />
L'operetta si <strong>di</strong>vide in tre parti:<br />
Nella prima parte il Leopar<strong>di</strong> ci presenta i due personaggi principali dell'operetta, che<br />
sono l'islandese e la natura. L'islandese è un viaggiatore instancabile che ha visto<br />
buona parte della Terra; la natura invece si presenta come una donna <strong>di</strong> smisurata<br />
forma, seduta ed appoggiata con il gomito ad una montagna.<br />
Lo scopo dell'islandese è quello <strong>di</strong> fuggire dalla natura; mentre lo scopo della natura<br />
è quello <strong>di</strong> sviluppare la sua potenza sulla Terra. L'islandese vuole sfuggire al dolore<br />
della Terra, ma la natura è in<strong>di</strong>fferente al dolore degli uomini, ed infatti afferma:”Se<br />
anche mi avvenisse <strong>di</strong> estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei”. In<br />
questo punto il pessimismo leopar<strong>di</strong>ano raggiunge il suo massimo cosmico perchè<br />
l'uomo soggiace a una legge ineluttabile che è questa:”Esso (l'uomo è sottomesso a<br />
un perpetuo circuito <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione. Esistere vuol <strong>di</strong>re quin<strong>di</strong> soffrire e<br />
morire”. L'operetta si conclude con un'amara riflessione: il povero islandese, sfuggito<br />
a tanti mali, finisce sbranato da leoni o sommerso da una tempesta <strong>di</strong> sabbia, ma<br />
morto in un modo o nell'altro, la natura rimane in<strong>di</strong>fferente, impassibile. In sintesi, il<br />
<strong>di</strong>alogo della natura e <strong>di</strong> un islandese approfon<strong>di</strong>sce il rapporto tra la natura e<br />
l'infelicità umana.<br />
L'islandese è sfuggito tutta la <strong>vita</strong> dalla natura, convinta che essa perseguiti gli<br />
uomini rendendoli infelici, ma benchè l'abbia sfuggita si è proprio imbattuta in essa,<br />
raffigurata come una inquietante e gigantesca figura <strong>di</strong> donna. Nel <strong>di</strong>alogo tra i due<br />
personaggi emerge la completa in<strong>di</strong>fferenza, passività ed impotenza della natura che<br />
non si preoccupa del bene o della felicità degli uomini. Ed è la natura stessa ad<br />
affermare le leggi <strong>di</strong> un rigoroso e spietato materialismo: la scomparsa <strong>di</strong> un<br />
in<strong>di</strong>viduo, non tocca l'interesse della natura, volta solo a perseguire la durata<br />
dell'esistenza attraverso il perpetuo circuito <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong>struzione. Il <strong>di</strong>alogo è<br />
stroncato sulla <strong>di</strong>sperata richiesta <strong>di</strong> significato della <strong>vita</strong>, rivolto dall'islandese alla<br />
natura, ma essa non da nessuna risposta. Il corpo mummificato dell'islandese è poi<br />
stato trasportato in un museo <strong>di</strong> una città europea.<br />
9. I GRANDI IDILLI<br />
Tra il 1828 e il 1830, Leopar<strong>di</strong> torna a Recanati dove scrive altri canti definiti<br />
7
“gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli”.<br />
Il primo grande i<strong>di</strong>llio fu “A Silvia” scritto a Pisa nel 1828. Il Leopar<strong>di</strong> compose “A<br />
Silvia” tra il 29-30 aprile 1828. Ricorda una giovane conoscente, Teresa Fattorini,<br />
figlia del cocchiere della famiglia Leopar<strong>di</strong>, morta all'età <strong>di</strong> 21 anni nel 1818.<br />
Leopar<strong>di</strong> cambia il nome della giovane da Teresa a Silvia, perchè Silvia è un nome<br />
più nobile e lo riprende dalla protagonista dell'Aminta del Tasso. Ugo Dotti scrive:<br />
Teresa Fattorini, trasfigurata in Silvia, è <strong>di</strong>venuto il simbolo della fanciulla che nel<br />
suo pieno sviluppo della <strong>vita</strong> viene stroncata dalla morte. Dunque il Leopar<strong>di</strong> in<br />
questo aprile <strong>di</strong> Pisa, preso dal fervore creativo e dalla nuova linfa poetica, nella sua<br />
mente si rivolge a lei chiamandola per nome e subito la riporta nel mese <strong>di</strong> maggio,<br />
che è il mese della speranza, quando loro, sia il poeta che lei, godevano delle<br />
speranze del futuro perchè entrambi giovani.<br />
Silvia ricor<strong>di</strong> ancora<br />
quel tempo della tua <strong>vita</strong> mortale,<br />
quando la bellezza risplendeva<br />
nei tuoi occhi luminosi e fuggitivi<br />
e tu, contenta e pensierosa, varcavi<br />
la soglia della giovinezza?<br />
PARAFRASI DELLA POESIA<br />
"A SILVIA"<br />
Le silenziose stanze<br />
e le vie circostanti risuonavano<br />
al tuo continuo canto,<br />
quando, mentre eri intenta ai lavori femminili,<br />
sedevi ed eri contenta<br />
del tuo vago futuro,<br />
che avevi in testa.<br />
Era il profumato mese <strong>di</strong> maggio e tu eri solita<br />
così trascorrere la tua giornata.<br />
Io, talora, abbandonando<br />
gli stu<strong>di</strong> letterati e i miei quaderni scritti<br />
sui quali si consumava la mia <strong>vita</strong>,<br />
dal balcone della casa paterna<br />
ascoltavo il tuo canto<br />
e il rumore della tua mano veloce<br />
che scorreva sul telaio.<br />
Guardavo il cielo sereno,<br />
le strade indorate dal sole<br />
e vedevo <strong>di</strong> qua il sole e <strong>di</strong> la le montagne.<br />
8
Nessuna parola potrebbe <strong>di</strong>re<br />
quello che io ho provato dentro <strong>di</strong> me.<br />
Che pensieri piacevoli,<br />
che speranze, che sentimenti,<br />
o Silvia mia?<br />
Come ci sembravano allora,<br />
la nostra <strong>vita</strong> il nostro destino.<br />
Quando mi ricordo <strong>di</strong> quella speranza<br />
così grade, un sentimento duro<br />
e inconsolabile mi opprime<br />
e a me ritorna il desiderio<br />
a dolermi della mia infelicità.<br />
O natura, o natura perché non dai<br />
quello che hai promesso prima?<br />
Perché <strong>di</strong> tanto inganni i figli tuoi?<br />
Tu, o Silvia, prima che l'inverno inari<strong>di</strong>sse l'erba,<br />
indebolita e vinta da un male nascosto,<br />
morivi, o fragile creatura,<br />
e, mentre le lo<strong>di</strong> per i tuoi neri capelli<br />
o ai tuoi sguar<strong>di</strong> innamorati e verecon<strong>di</strong><br />
non ti rallegravano il cuore;<br />
ne le tue amiche nei giorni festivi,<br />
conversavano d'amore con te<br />
tu non vedevi<br />
il fiorire dei tuoi anni.<br />
(come tu sei morta)<br />
Così poco dopo anche la mia dolce speranza moriva:<br />
il destino ha negato i miei anni<br />
anche la giovinezza hai come<br />
sei fuggita in fretta<br />
cara compagna della mia giovane età,<br />
mia speranza tanto rimpianta.<br />
Questo è il mondo tanto sognato?<br />
Questi sono i <strong>di</strong>letti, l'amore, le opere e gli eventi<br />
<strong>di</strong> cui così a lungo ragionammo insieme?<br />
Questo è il destino degli uomini?<br />
Quando è apparsa la vera e cruda realtà<br />
tu misera, sei scomparsa; e con la mano<br />
mi in<strong>di</strong>cavi da lontano<br />
la fredda morte e una muta tomba.<br />
9
10. INTRODUZIONE AL CANTO:<br />
IL SABATO DEL VILLAGGIO<br />
Questo canto fu scritto da Leopar<strong>di</strong> nell'agosto 1829. Il canto, dopo una descrizione<br />
naturalistica dell'ambiente sociale e del sabato come un giorno <strong>di</strong> vacanza e <strong>di</strong> riposo<br />
passa subito a una conclusione filosofica nella quale da un ammonimento a non farsi<br />
illusione sulla natura. Il finale del sabato è dolce e gradevole, è un invito a godere i<br />
possibili piaceri della fanciullezza, prima che arrivi la giovinezza che darà dolori a<br />
cui seguirà la terribile vecchiaia.<br />
PARAFRASI DELLA POESIA<br />
IL SABATO DEL VILLAGGIO<br />
<strong>La</strong> fanciulla viene dalla campagna<br />
mentre il sole sta tramontando<br />
con un fascio d'erba; e reca nella mano<br />
un mazzolino <strong>di</strong> rose e <strong>di</strong> viole<br />
con il quale, come è solita fare<br />
si prepara ad ornare domani,<br />
nel giorno <strong>di</strong> festa, il petto e i capelli.<br />
<strong>La</strong> vecchietta siede con le vicine<br />
presso la scala esterna della casa<br />
e rivolta verso il giorno che svanisce<br />
racconta fatti della sua giovinezza.<br />
Quando si faceva bella nel giorno della festa<br />
e ancora agile e in buona salute<br />
era solita danzare la sera insieme a coloro<br />
che erano i suoi compagni <strong>di</strong> giovinezza.<br />
L'aria intanto si fa scura.<br />
Il cielo torna a colorarsi <strong>di</strong> un azzurro intenso,<br />
le ombre tornano giù dai colli e dai tetti,<br />
mentre la luna appena spuntata<br />
rende bianca la luce della sera.<br />
Ora la campagna da inizio<br />
Alla festa che incomincia,<br />
e si <strong>di</strong>rebbe che a quel suono<br />
il cuore si riconforta.<br />
I fanciulli fanno un rumore allegro<br />
Gridando in gruppo sulla piazzetta,<br />
e qua e là saltando.<br />
Intanto il conta<strong>di</strong>no torna fischiettando<br />
Alla sua povera mensa e pensa<br />
fra se e se al giorno <strong>di</strong> riposo.<br />
10
Poi, quando, intorno ogni lume è spento<br />
Ogni cosa tace<br />
Si sente il martello battere, si sente la sega<br />
Del falegname che è ancora sveglio<br />
Nella sua bottega chiusa<br />
E si affretta e si sbriga per finire il lavoro prima del chiarore dell'alba<br />
Il sabato è il più piacevole <strong>di</strong> tutti i giorni,<br />
pieno <strong>di</strong> gioie e <strong>di</strong> speranze, domani le ore<br />
porteranno tristezza e noia.<br />
Ognuno penserà al lavoro abituale.<br />
O fanciullo scherzoso<br />
Questa età tua felice<br />
E' come un giorno pieno <strong>di</strong> allegria,<br />
un giorno chiaro e luminoso,<br />
essa precede la giovinezza.<br />
Go<strong>di</strong> o fanciullo mio la tua è una con<strong>di</strong>zione felice<br />
Un età piena <strong>di</strong> gioia<br />
Non voglio <strong>di</strong>rti altro;<br />
ma non ti <strong>di</strong>spiaccia<br />
che la tua festa tar<strong>di</strong> ancora a venire.<br />
1<strong>1.</strong> A SE STESSO<br />
Or poserai per sempre,<br />
stanco mio cor. Perì l'inganno estremo<br />
ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,<br />
in noi <strong>di</strong> cari inganni<br />
non che la speme, il desiderio è spento.<br />
Posa per sempre. Assai<br />
Palpitasti. Non val cosa nessuna<br />
I moti tuoi, ne <strong>di</strong> sospiri è degna<br />
<strong>La</strong> terra. Amaro e noia<br />
<strong>La</strong> <strong>vita</strong>, altro mai nulla, e fango è il mondo.<br />
T'acqueta omai. Dispera<br />
L'ultima volta. Al gener nostro il fato<br />
Non donò che il morire. Ormai <strong>di</strong>sprezza<br />
Te, la natural, il brutto<br />
Poter che, ascoso, a comun danno impera,<br />
e l'infinita vanità del tutto.<br />
11
PARAFRASI<br />
Tu, stanco cuor mio ora riposerai,<br />
l'ultima illusione che io credevo eterna,<br />
è morta, Sento fortemente che non solo<br />
la speranza è spenta, ma anche il desiderio<br />
delle care illusioni è spento.<br />
E riposa per sempre. Assai<br />
Palpitasti. Nessuna cosa terrena<br />
Vale i tuoi sentimenti, i tuoi sogni,<br />
ne la terra è degna dei tuoi sospiri.<br />
<strong>La</strong> <strong>vita</strong> amara e noiosa non è altro<br />
Che nulla, è il mondo è fango.<br />
Ormai fermati. Non sperare più<br />
Il fato ha donato<br />
Agli uomini soltanto il morire.<br />
Ormai tu o<strong>di</strong>a te stesso, la natura,<br />
il brutto potere il quale, invisibilmente governa<br />
il male a danno degli uomini.<br />
E o<strong>di</strong>a l'infinita vanità del tutto.<br />
COMMENTO<br />
“A se stesso” è la quarta poesia del ciclo <strong>di</strong> “Aspasia”. E` certamente la poesia più<br />
drammatica e dolorosa <strong>di</strong> tutto il ciclo. Il Leopar<strong>di</strong> vi esprime tutto il suo intenso<br />
dolore per la bella Fannj Targioni Tozzetti. E` la poesia del non ritorno all'amore<br />
vissuta in prima persona. Di li a poco partirà per Napoli, dove scriverà l'ultima poesia<br />
del ciclo per la bella Fannj, dal titolo ASPASIA. Il poeta, in balia della sua<br />
<strong>di</strong>sperazione coinvolge tutto il mondo e si rivolge al <strong>di</strong>o del male, il quale <strong>di</strong><br />
nascosto domina il male sulla Terra.<br />
12.CANTI<br />
STRUTTURA, SINTESI E MESSAGGI<br />
I canti è il titolo dell'opera poetica <strong>di</strong> <strong>Giacomo</strong> Leopar<strong>di</strong>. <strong>La</strong> raccolta è composta da<br />
34 canti più altri piccoli frammenti poetici. I l Leopar<strong>di</strong> cominciò a scrivere i canti<br />
nel 1816 e finì <strong>di</strong> scriverli nel 1837.<br />
Il primo canto è “All'Italia”, seguendo i piccoli i<strong>di</strong>lli, i gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli, le 5 poesie del<br />
ciclo <strong>di</strong> ASPASIA e finiscono con i 2 gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli finali che sono:” Il tramonto della<br />
luna” (1837) e “<strong>La</strong> Ginestra” (1836). <strong>La</strong> grandezza del Leopar<strong>di</strong> sta nel saper<br />
esprimere il suo lamento, il suo dolore che rappresenta il canto <strong>di</strong> tutti gli sfortunati<br />
del mondo.<br />
12
Egli ha saputo cantare e dare voce alle proteste delle persone sfortunate e infelici che<br />
non hanno avuto niente dalla <strong>vita</strong> (pessimismo cosmico).<br />
13. SINTESI DEL CANTO “LA GINESTRA”<br />
1:Nella prima strofa (versi 1-51) il Leopar<strong>di</strong> parla della presenza della Ginestra nelle<br />
terre desolate del Vesuvio.<br />
Essa rallegra con il suo colore e con il suo odore quelle terre e quei luoghi desolati.<br />
<strong>La</strong> ginestra è quel fiore che accompagna il trascorrere del tempo, ed è amica degli<br />
spazi desolati e tristi. Essa testimonia la grandezza dell'impero romano. <strong>La</strong> ginestra<br />
emana un profumo al cielo cosicchè consola questi luoghi. Chi vuol vedere la vera<br />
con<strong>di</strong>zione misera degli uomini, venga in queste terre e vedrà quanto la natura si<br />
preoccupa del genere umano.<br />
Essa è dura e matrigna, e può annientare con improvvisi terremoti qualsiasi posto<br />
della Terra, e potrà vedere le magnifiche sorti e progressive.<br />
2:Nella seconda strofa (versi 52-86), il Leopar<strong>di</strong> si scaglia <strong>di</strong>rettamente contro la<br />
filosofia dei filosofi cattolici liberali fiduciosi del progresso umano. Il Leopar<strong>di</strong> a<br />
questo punto proclama la sua estraneità al pensiero cattolico e afferma che non morrà<br />
con questa vergogna e sa che sarà <strong>di</strong>menticato nei tempi futuri.<br />
3:Nella terza strofa (versi 158-201) il Leopar<strong>di</strong> traccia la grande <strong>di</strong>stinzione tra<br />
l'uomo con coscienza <strong>di</strong> se stesso e l'uomo che ha una falsa coscienza <strong>di</strong> se stesso. Il<br />
primo è quello che accetta la sua con<strong>di</strong>zione misera e malata, senza false illusioni sul<br />
suo destino ultraterreno, e conclude <strong>di</strong>cendo che bisogna partire da questa con<strong>di</strong>zione<br />
per unirsi agli altri uomini per vincere la natura. Il Leopar<strong>di</strong> conclude <strong>di</strong>cendo<br />
che solo una fratellanza universale può creare una nuova società, basata sulla<br />
giustizia e sulla solidarietà umana. Tutte le altre cose sono soltanto illusioni e<br />
menzogne.<br />
4:Nella quarta strofa (versi 158-201) il Leopar<strong>di</strong> si scaglia contro l'utopia e le<br />
illusioni. Egli si siede in alto sulle falde del Vesuvio a contemplare il cielo stellato, e<br />
vede le innumerevoli galassie rispetto alle quali la Terra è soltanto un puntino, così<br />
come una stella appare alla Terra (e cioè come un puntino).<br />
5:Nella quinta strofa (versi 202-236) il poeta svolge una lunga similitu<strong>di</strong>ne per<br />
<strong>di</strong>mostrare come la natura è in<strong>di</strong>fferente, imparziale e <strong>di</strong>staccata nei confronti degli<br />
uomini. Come una mela che cade da un albero ed uccide un popolo <strong>di</strong> formiche, così<br />
la cenere e i lapilli schiacciarono le ricche città poste vicino al mare (Pompei-<br />
Ercolano). Ora su queste terre non nasce nient'altro<br />
6:Nella sesta strofa (versi 237-246) il poeta se la prende con il trascorrere del tempo<br />
che passa talmente veloce. Il povero conta<strong>di</strong>no guarda la vetta del Vesuvio perchè ha<br />
ancora paura che si possa verificare un'altra eruzione <strong>di</strong>struttiva. Anche il forestiero<br />
13
che giunge dalla piazza <strong>di</strong> Pompei vede già il bagliore della lava. Anche i popoli<br />
muoiono, e con essi la lingua, ma la natura resta in<strong>di</strong>fferente e si proclama eterna.<br />
7:Nella settima strofa (versi 247-317) il poeta dopo aver <strong>di</strong>mostrato la stoltezza e la<br />
superbia dell'umanità perchè si crede immortale, si rivolge alla Ginestra e le <strong>di</strong>ce che<br />
<strong>di</strong> fronte alla <strong>di</strong>strazione della natura china il capo con <strong>di</strong>gnità e fierezza.<br />
14.IL MESSAGGIO DELLA GINESTRA<br />
Il messaggio nuovo della Ginestra è senza dubbio l'appello alla solidarietà e alla<br />
fratellanza che il poeta lancia per vivere l'empia natura. Il Leopar<strong>di</strong> si fa portavoce <strong>di</strong><br />
tutti gli infelici e innalza una vigorosa protesta contro il fato, gli dei e la natura.<br />
<strong>La</strong> tesi della Ginestra è sintetizzata nell'ultima strofa:”Gli uomini devono<br />
comportarsi come l'umile ginestra e cioè affrontare la morte senza codar<strong>di</strong>a, ne con<br />
orgoglio così l'umanità dovrà affrontare la propria <strong>di</strong>struzione, senza viltà né senza<br />
folle orgoglio.<br />
15. LA FORMA DELLA GINESTRA<br />
<strong>La</strong> Ginestra è una poesia allegorica. Il canto è composto da 317 versi endecasillabi e<br />
settenari (183 endecasillabi e 134 settenari). Le strofe sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa lunghezza e la<br />
rima è libera. Le figure retoriche utilizzate sono: ALLEGORIA,<br />
ALLITTERAZIONE, METAFORA.<br />
<strong>La</strong> lexis della poesia è stata definita dura (anti-i<strong>di</strong>lliaca) cioè che segue un<br />
ragionamento rigido e logico. <strong>La</strong> lexis della poesia ha un fascino particolare dovuto<br />
all'asciuttezza del linguaggio poetico ed anche alla profon<strong>di</strong>tà del pensiero filosofico<br />
che vi è espresso.<br />
<strong>La</strong> bellezza della poesia deriva:<br />
1: Dal suo linguaggio asciutto e vibrante;<br />
2: Dal suo pensiero filosofico accusatorio e persecutorio contro l'empia natura;<br />
3: Dalla fusione <strong>di</strong> classicismo latino e greco con il romanticismo europeo allora<br />
molto sentito e <strong>di</strong>ffuso in Europa;<br />
Il canto è pieno <strong>di</strong> una bellezza maestosa ed unica come quella della 5° sinfonia <strong>di</strong><br />
Beethoven.<br />
16. LA CANZONE LIBERA DEL LEOPARDI<br />
<strong>La</strong> canzone aveva le sue regole metriche nella letteratura italiana. Il poeta più famoso<br />
fu Francesco Petrarca. Leopar<strong>di</strong> scrive in modo più libero, con una rima più libera e<br />
sciolta, e da maggiore musicalità del verso. Si può <strong>di</strong>re ce la canzone libera del<br />
Leopar<strong>di</strong> ha dato inizio alla poesia moderna italiana del XIX secolo.<br />
14
17. L'ULTIMA LETTERA DI GIACOMO LEOPARDI<br />
Il 27 maggio 1837 pochi giorni prima <strong>di</strong> morire, il Leopar<strong>di</strong> scrisse una lettera al<br />
conte Monaldo (suo padre) nella quale lo ringrazia per tutto ciò che aveva fatto per<br />
lui, e poi fa questo ultimo riferimento a Dio:<br />
“Se scamperò dal colera e subito che la mia salute lo permetterà, io farò ogni<br />
possibile per rivederla in qualunque stagione, perchè ancora io mi do fretta persuaso<br />
oramai dai fatti <strong>di</strong> quello che ho sempre previsto: che il termine prescritto da Dio alla<br />
mia <strong>vita</strong> non sia molto lontano. I miei patimenti fisici ed incurabili giornalieri sono<br />
arrivati con l'età ad un grado tale che non possono più crescere: spero che, superata<br />
finalmente la piccola resistenza che oppone loro il moribondo mio corpo, mi<br />
condurranno all'eterno riposo che invoco caldamente ogni giorno non per egoismo<br />
ma per il rigore delle pene che provo. Ringrazio teneramente la mamma del dono dei<br />
10 scu<strong>di</strong>, bacio le mani ad ambedue loro, abbraccio i fratelli e prego loro tutti <strong>di</strong><br />
raccomandarmi a Dio, a ciò che dopo che io li avrò riveduti una buona e pronta<br />
morte ponga fine ai miei mali fisici che non possono guarire altrimenti.<br />
Il tuo amorosissimo<br />
figlio <strong>Giacomo</strong><br />
Da questa lettera si deduce che il Leopar<strong>di</strong> negli ultimi suoi giorni <strong>di</strong> <strong>vita</strong> ha<br />
avuto un improvviso dubbio sulla possibilità dell'esistenza <strong>di</strong> Dio, il quale può<br />
davvero e presto salvarci dalla morte eterna.<br />
18. GIUDIZIO COMPLESSIVO SU LEOPARDI<br />
Secondo Cesare Luperini, Leopar<strong>di</strong> è un poeta moderno e ancora attuale. I temi<br />
toccati da Leopar<strong>di</strong> sono ancora attuali:<br />
1: Il rapporto con la natura;<br />
2: Il bisogno <strong>di</strong> valori e <strong>di</strong> significati;<br />
3: <strong>La</strong> ricerca <strong>di</strong> nuovi rapporti fra tutti gli uomini;<br />
4: <strong>La</strong> ricerca <strong>di</strong> fratellanza fra tutti gli uomini;<br />
5: Il non credere alle illusioni del dopo-<strong>vita</strong> ma accettare la natura per quella che è.<br />
15