La patologia dell'agevolazione "prima casa" - Notaio-Busani.It
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CAPITOLO IX 671<br />
conferma che il riferimento al concetto di «abitazione principale» nella normazione<br />
sull’acquisto della ‘‘<strong>prima</strong> casa’’ è del tutto precario, perché evidente frutto<br />
di un errore di coordinamento normativo, cui sopra s’è accennato): la conclusione<br />
non può allora non essere che nel senso di ritenere non necessaria la destinazione<br />
ad ‘‘abitazione principale’’ per un periodo minimo di tempo (80) , cosicché<br />
pare diventare sufficiente (a meno che non si tratti di un atteggiamento<br />
palesemente simulato o ‘‘abusivo’’ della norma agevolatrice) (81) anche una destinazione<br />
‘‘momentanea’’ (e pure se questa sia evidentemente una conclusione<br />
che è lungi dal dare soddisfazione; ma è difficile dare un senso a posteriori a una<br />
norma che è nata senza senso, come sopra è stato illustrato).<br />
Quanto poi al tema se vi siano particolari adempimenti da compiere o<br />
dichiarazioni da rilasciare per conseguire l’effetto che il ‘‘riacquisto’’ abbia il<br />
voluto effetto esimente dalla revoca dell’agevolazione, e quindi sia qualificabile<br />
come ‘‘riacquisto’’ di una casa destinata ad «abitazione principale» del contribuente<br />
in questione, occorre innanzitutto osservare che, come già detto, la Nota<br />
II bis, comma 4, all’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 131/<br />
1986, commina la revoca dell’agevolazione per il caso del trasferimento per atto<br />
a titolo oneroso o gratuito degli immobili «acquistati con i benefici di cui al<br />
presente articolo» <strong>prima</strong> del decorso del termine di cinque anni dalla data del<br />
loro acquisto, a meno che, appunto, il contribuente, entro un anno «dall’alienazione<br />
dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo» proceda<br />
all’acquisto di altro immobile «da adibire a propria abitazione principale».<br />
Ora, il tenore letterale della norma (immobile «da adibire a propria abitazione<br />
principale») potrebbe anche indurre a ritenere che, per conseguire l’effetto<br />
esimente, sarebbe sufficiente l’espressione da parte dell’acquirente della mera<br />
intenzione di voler adibire il nuovo acquisto a fungere da propria «abitazione<br />
principale», senza cioè che si renda rilevante una effettiva destinazione in tal<br />
senso. In effetti, nonostante che questa sia una possibilità interpretativa non<br />
certo implausibile, l’opinione univoca (di dottrina, giurisprudenza e prassi) è nel<br />
senso di ritenere l’effetto esimente conseguibile non a seguito dell’espressione di<br />
una mera intenzione ma in dipendenza del concreto utilizzo della casa oggetto di<br />
‘‘riacquisto’’ quale «abitazione principale» del contribuente in questione.<br />
Da ciò giocoforza consegue dunque che, originandosi l’effetto esimente in<br />
dipendenza del fatto del concreto utilizzo della casa oggetto di ‘‘riacquisto’’ quale<br />
(80)<br />
Si veda, di contro, la previsione secondo cui l’imponibilità della plusvalenza di cui<br />
all’articolo 67, comma 1, lett. b), d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è esclusa se la vendita<br />
concerna «unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto<br />
o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi<br />
familiari».<br />
(81)<br />
Si veda, per associazione di idee, quanto sopra detto al paragrafo 5.5. in tema di<br />
abusivo adempimento, da parte dell’acquirente, della promessa di trasferimento entro diciotto mesi<br />
della propria residenza nel Comune ove è sito l’immobile acquistato con l’agevolazione, per effetto<br />
del subitaneo ritrasferimento di detta residenza ad altro Comune.