scarica qui la rivista di agosto 2013 in formato PDF - Salvamiregina.it

Giovanni terminò come primo
alunno il corso di retorica e, a 17 anni,
bussò alla porta del noviziato della
Compagnia di Gesù. Il suo cuore
palpitava di ardore missionario:
voleva andare a incontrarsi con i figli
di Sant’Ignazio nelle lontane terre
dell’India, del Giappone, della Cina
e delle Americhe e con quest’obiettivo
desiderava studiare per conoscere
in profondità la bellezza dei tesori della
dottrina della Chiesa, giungendo a
essere un notevole teologo. Si sentiva
così felice di essere stato ammesso come
novizio gesuita che pianse di gioia.
Frère Hilarius
Nel noviziato, la rigorosa disciplina
spirituale scolpirà e fisserà la sua personalità,
mettendogli le redini dell’anima
in mano. La sua fede intrepida e la
fedeltà incrollabile alla Regola, unite a
una raffinata delicatezza di cuore, rifulserò
in tutta la sua persona.
Dopo un anno di noviziato, il superiore
gli affidò l’incarico di prefetto dei
novizi. Quando era necessario imporre
un lavoro sgradevole, egli lo chiedeva
con una parola così amabile e un
sorriso così franco che la resistenza diventava
impossibile. E se aveva una reprimenda
da fare, non affrontava mai
il compagno senza prima aver pregato.
I suoi confratelli lo chiamavano
Frère Hilarius – Frate Allegro –, poiché
rifiutava energicamente qualsiasi
ombra di tristezza o malinconia.
La sua grande mortificazione consisteva
nella vita comune, nella duplice
accezione del termine: il quotidiano
e l’esimia fedeltà alla Regola in
tutti gli atti della comunità, in perfetta
e continua obbedienza.
Nel settembre 1618, emise i voti
solenni e scrisse al padre: “Io morirò
sulla Croce di Gesù, su di essa
inchiodato con i tre chiodi della povertà,
della castità e dell’obbedienza.
Quanto dolce è morire nella Compagnia
di Gesù, tra le braccia di Gesù.
Rallegratevi: vostro figlio vivrà in
questa morte e vivrà felice”. 7
Difensore dell’Immacolata
Concezione
Nonostante la sua fermezza, sperimentava
la paura spirituale di non
perseverare nella vocazione, il che
in verità era la sfiducia in se stesso.
Presso la Vergine lui trovava la pace.
“Se amo Maria, sono sicuro della
mia salvezza, della mia perseveranza
nello stato religioso, e otterrò da Dio
tutto quanto voglio”. 8 E lui non voleva
altro che la santità.
Ancora nel noviziato, aveva pronunciato
un voto di devozione alla
Madonna, secondo un costume
dell’epoca e nel 1620, ormai nell’ultimo
anno della sua vita, scrisse di
suo pugno un nuovo voto in difesa
dell’Immacolata Concezione, firmandolo
col suo stesso sangue. Ancor oggi
questo documento si conserva in
un reliquario, nel Collegio San Giovanni
Berchmans di Bruxelles.
Secondo il Cardinale Giovanni di
Lugo, gesuita ed eminente teologo
contemporaneo del Santo, “non si sarebbe
ottenuta, senza l’influenza soprannaturale
di questo giovane studente
gesuita di Roma”, 9 la promulgazione
del decreto del 24 maggio
1622, nel quale Papa Gregorio XV
prescrisse: “Nessuno affermi, verbalmente
o per iscritto, in pubblico o in
privato, sotto pena e censura gravissima,
nulla di contrario all’Immacolata
Concezione”. 10 Questo è stato un importante
passo per la solenne proclamazione
del dogma, fatta due secoli e
mezzo più tardi dal Beato Pio IX.
Nel Collegio Romano
Nello stesso anno in cui pronunciò
i voti solenni, un suo superiore lo
mandò a studiare filosofia nel Collegio
di Anversa. Tuttavia, la sua intelligenza
e applicazione indussero
il Padre Provinciale a trasferirlo nel
Collegio Romano, attuale Università
Gregoriana.
Lì, una grande gioia gli riempì l’anima:
la cella del Beato Luigi Gonzaga
gli era stata attribuita. Coinci-
denza... o Provvidenza? Il suo arrivo
causò viva impressione nei professori
e alunni. Tra questi si commentava:
“È arrivato un piccolo fiammingo
con aspetto di angelo”. 11 Il suo unico
obbligo ora era studiare, e a questo
si dedicò con tutte le sue energie.
Animo e gioia nella malattia
All’inizio della sua vita religiosa
egli s’interrogava: “Con tanti mezzi
che mi saranno offerti, come non arrivare
alla più alta santità?” E, profeticamente,
diceva: “Se non mi santifico
nella mia gioventù, gli anni non mi
porteranno la santità”. 12 Il Signore gli
concesse la grazia di arrivare all’eroismo
delle virtù a soli 22 anni di età.
Si riteneva un peccatore e si sottoponeva
ad austere privazioni in materia
di cibo. Come meravigliarsi che
questo, sommato a tanti sforzi intellettuali
e morali, gli debilitasse la salute?
Così, alla fine del 1620, Giovanni
si trovò ad affrontare l’infermità.
Mentre la malattia minava il suo
corpo, egli ingaggiava una grande lotta
interiore per mantenere la serenità.
Il suo diario di note intime rivela la tremenda
difficoltà per la quale passava.
Alla metà di dicembre, Dio ricompensò
la sua severità verso se stesso, concedendogli
una grande consolazione, “un
fiume di pace”. 13 Nell’ultimo giorno
dell’anno egli riconobbe il suo progresso
nel completo abbandono nelle mani
del Creatore: “Non credo di essere più
attaccato a nulla”. 14 E nell’aprile successivo,
manifestò la sua intera impassibilità
per quanto riguarda la salute: “Piuttosto
morire che essere obbligato, per
la preoccupazione per la mia salute, a
rinunciare a qualunque cosa dell’ideale
di santità al quale Dio mi chiama”. 15
Sebbene debilitato, sostenne in
luglio, con grande successo, l’esame
pubblico conclusivo dell’anno di filosofia.
Agli inizi di agosto, designato
dai superiori, rappresentò il Collegio
Romano nella difesa della sua
tesi, nel Collegio Greco. Svolse il suo
compito con tanto lustro che l’udito-
32 Araldi del Vangelo · Agosto 2013
_Madonna_di_Fatima_124_RAE140.indb 32 24/07/2013 09:52:41