AMMINISTRARE Immobili - Anaci
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Abbiamo sottolineato la forza dirompente con cui è piombata<br />
sul mondo condominiale la pronuncia delle Sezioni Unite:<br />
è pur vero che la sentenza del 2008 ha il merito di aver risolto<br />
una innegabile iniquità, avendo affrancato, in presenza di un<br />
debito condominiale, il condomino adempiente dal pericolo<br />
di subire un’esecuzione a causa dell’inadempimento (o addirittura<br />
del fallimento) di altri, ma non si può negare che<br />
oggi il condominio è diventato un contraente per così dire<br />
“scomodo”.<br />
In altre parole, mentre in passato il recupero dei crediti nei<br />
confronti di un condominio era connotato da modalità estremamente<br />
agevoli (proprio in ragione della possibilità di escutere,<br />
in via solidale e quindi per l’intero debito, il patrimonio<br />
di ciascun singolo condomino), oggi è intuibile prevedere,<br />
proprio a causa della maggiore difficoltà e della incontestabile<br />
farraginosità dell’attività di recupero, un indebolimento<br />
della posizione contrattuale del condominio.<br />
Non è questa la sede per approfondire le innumerevoli questioni<br />
che si porranno (si pensi, per il campo procedurale, alla<br />
problematica attinente alla necessità o meno di notificare un<br />
titolo esecutivo ad ogni condomino), ma va sottolineato che<br />
l’aspetto più rilevante sarà quello della frammentazione, direttamente<br />
proporzionale al numero dei partecipanti al condominio,<br />
delle procedure esecutive che il creditore del condominio<br />
sarà costretto ad intraprendere.<br />
Dicevamo che il condominio oggi diventa un contraente “scomodo”,<br />
il potenziale creditore, infatti, per evitare il rischio di<br />
imbarcarsi in un’attività di recupero lunga, articolata e costosa,<br />
vorrà acquisire garanzie che gli permettano di blindare il<br />
più possibile il suo credito e di porre in essere un’azione più<br />
snella.<br />
Come non comprendere i timori di un soggetto che si accinge<br />
ad entrare in rapporto giuridico con un condominio di<br />
fronte alle conseguenze della sconvolgente decisione delle<br />
Sezioni Unite?<br />
è presumibile che il terzo (si pensi ad una Società incaricata<br />
di eseguire opere sulla facciata condominiale) pretenda il rilascio<br />
di una fideiussione a garanzia dell’adempimento (con<br />
inevitabile lievitazione di costi) o addirittura imponga all’amministratore<br />
la previa acquisizione di tutta la somma, magari<br />
facendola vincolare in suo favore.<br />
Senza contare gli inevitabili riflessi sulla privacy dei singoli<br />
condomini, i cui dati completi, le relative quote millesimali e<br />
la situazione relativa ai pagamenti (morosità o meno) saranno<br />
certamente pretesi dal fornitore di fronte al principio della<br />
parziarietà della obbligazione condominiale.<br />
Gli interpreti hanno dunque tentato di reperire soluzioni che,<br />
vigente il nuovo e rivoluzionario sistema introdotto dalle Sezioni<br />
Unite, fossero in grado di contemperare le esigenze che<br />
emergono nel mondo condominiale con la tutela della posizione<br />
giuridica del terzo contraente.<br />
Ed infatti, è incontestabile che il principio della parziarietà,<br />
se da un lato tende a garantire i condòmini adempienti,<br />
dall’altro determina un innegabile stravolgimento nel diritto<br />
di credito del terzo contraente, che non può più considerare<br />
il condominio come debitore destinatario di una escussione<br />
caratterizzata da tempi solleciti, modalità semplici e costi<br />
contenuti.<br />
In questo panorama, deflagrato dalla sentenza delle Sezioni<br />
Unite, si registra l’intervento della Terza Sezione Civile della<br />
Suprema Corte, che, con la sentenza del 21 luglio 2009<br />
n.16920, pur facendo propria la tesi della parziarietà, propone,<br />
se non proprio una soluzione alle problematiche sopra<br />
segnalate, quanto meno una possibilità di dar vita ad un’ulteriore<br />
inversione, con un ritorno all’applicazione del principio<br />
della solidarietà. Il principio base da cui origina il ragionamento<br />
della Corte è questo: sia che viga il principio della obbligazione<br />
solidale, sia che si applichi la parziarietà, siamo sempre in presenza<br />
di una disciplina derogabile dall’accordo delle parti.<br />
In altre parole, l’obbligazione condominiale è caratterizzata<br />
dalla natura parziaria, ma le parti contrattuali (quindi condominio<br />
e terzo), possono derogarvi e decidere concordemente<br />
per l’applicazione del principio della soli-darietà. Dunque, una<br />
apertura alla libera contrattazione tra le parti e l’affermazione<br />
della natura “derogabile” della disciplina.<br />
Questo il principio giuridico proposto, con interessante argomentare,<br />
dalla Terza Sezione della Cassazione nella richiamata<br />
sentenza: vi è però un aspetto che va, a nostro avviso,<br />
approfondito, essendo gravido di conseguenze rilevanti per i<br />
singoli condomini.<br />
Essendo oggi affermato in termini generali il principio della<br />
“parziarietà” delle obbligazioni condominiali, la deroga<br />
non dà luogo a dubbi di sorta se è prevista nel corpo del<br />
Regolamento condominiale ovvero espressamente accettata<br />
dai singoli condòmini: in tali casi, il peggioramento della loro<br />
po-sizione debitoria trova una determinante base giuridica e<br />
sostanziale nella volontà di ogni soggetto.<br />
Proprio perché nel nostro ordinamento giuridico le obbligazioni<br />
condominiali sono ormai annoverate nell’ambito della<br />
‘parziarietà’ e, di conseguenza, ogni condòmino può essere<br />
chiamato a rispondere solo per la propria quota millesimale,<br />
appare giuridicamente fondato consentire ai singoli condòmini<br />
di derogare al principio generale, esprimendo la volontà<br />
di regolare diversamente la propria posizione debitoria relativa<br />
allo specifico rapporto contrattuale ovvero attribuire al<br />
Regolamento il potere di stabilire l’ applicazione delle norme<br />
previste in materia di obbligazioni solidali.<br />
Qualche perplessità desta invece il caso (che è proprio quello<br />
sottoposto all’attenzione della Cassazione nella sentenza<br />
n.16920/09) in cui la deroga venga introdotta, non già attraverso<br />
la manifestazione di volontà dei condòmini, ma con<br />
una clausola, inserita nel contratto stipulato non dai singoli<br />
condòmini, ma dall’amministratore e dal terzo (si pensi al contratto<br />
di appalto per l’esecuzione di lavori di manutenzione,<br />
a firma dell’amministratore e dell’appaltatore, nel quale sia<br />
stabilito l’accordo che per l’intero debito relativo alle somme<br />
dovute rispondono solidalmente i condomini uti singuli).<br />
A nostro avviso, non possono essere liquidate con disinvoltura<br />
le problematiche sorte dalla appena evidenziata fattispecie,<br />
nella quale l’amministratore e la Ditta appaltatrice sottoscrivono<br />
un contratto che, oltre al contenuto suo proprio,<br />
preveda particolari modalità di escussione del debito per il<br />
caso di inadempimento, con il conferimento alla stessa Ditta<br />
del diritto di agire per l’intero nei confronti dei condòmini<br />
solidalmente responsabili.<br />
La Cassazione risolve il problema affermando che le parti (tramite<br />
un accordo firmato dall’amministratore) possono sottrarsi<br />
al principio vigente (oggi quello della parziarietà delle<br />
obbligazioni condominiali). Tale impostazione si sorregge sul<br />
richiamo all’art. 1294 c.c., che fa salvo il caso in cui “dalla<br />
legge o dal titolo non risulti diversamente”: secondo il Supremo<br />
Collegio, “è addirittura ovvio che, con quest’ultima<br />
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