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I MADRIGALISMI - Fabio Sartorelli

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IL MADRIGALE NEL XVI SECOLO<br />

Fino al XV secolo, nella musica vocale non si era avvertita l'esigenza di<br />

instaurare un rapporto espressivo con il testo intonato: la musica era<br />

generalmente soggetta a leggi proprie, indifferenti al significato della singola<br />

parola. Ma con i compositori fiamminghi si fece lentamente strada l'idea che<br />

l'evento sonoro potesse rendere in qualche modo ciò che era contenuto<br />

nelle parole: immagini motorie, ad esempio, o atmosfere espressive<br />

particolari.<br />

La sonorità delle parole<br />

Bembo puntò l'attenzione sul fatto che, in poesia, la sonorità e il ritmo delle<br />

parole hanno una diretta ripercussione sul significato stesso: una parola non<br />

è intercambiabile con un suo sinonimo, perché esso determinerebbe una<br />

mutazione di suono e quindi (questa è la novità) un cambiamento nel senso<br />

stesso della frase.<br />

31/05/2012<br />

1


Limiti della forma strofica<br />

Aver considerato la parola più sotto l'aspetto fonetico che sotto quello<br />

semantico portava con sé un'altra conseguenza: per sfruttare le proprietà<br />

sonore della parola, il poeta doveva servirsene con la più grande libertà,<br />

senza soggiacere a schemi troppo rigidi di rime, metri, accenti e strofe; in<br />

questo, Bembo contrapponeva la varietà delle soluzioni adottate da Petrarca<br />

alla fissità di struttura delle terzine dantesche.<br />

Allora, il legame con la musica non poteva più incanalarsi con naturalezza in<br />

forme fisse quale, ad esempio, la frottola: questa era infatti una forma<br />

strofica, in cui più di un verso era sottoposto alla stessa frase musicale; le<br />

parole non potevano avere quindi un rapporto univoco ed esclusivo con la<br />

propria musica. Il nuovo tipo di poesia aveva bisogno di una veste musicale<br />

duttile, senza schemi ripetitivi, che assecondasse la musicalità di ogni singola<br />

parola accogliendola ed esaltandola; niente strofe e ritornelli, dunque, ma<br />

una forma non prefissata, che con un termine tedesco moderno si definisce<br />

durchkomponiert (composta interamente da capo a fondo, senza ripetizioni).<br />

Vantaggi della polifonia<br />

Non solo: mentre la frottola era quasi sempre eseguita da una voce solista, con<br />

un liuto o altri strumenti che realizzavano le altre voci, si giudicò più adatta al<br />

nuovo gusto letterario un'intonazione polifonica interamente vocale, in cui la<br />

flessibilità ritmica di ogni voce potesse essere quasi illimitata, e potesse<br />

contrastare, pur fondamentalmente rispettandolo, con il fluire uniforme del<br />

tempo misurato dal tactus.<br />

Questa forma 'informale' di cui si sentiva il bisogno esisteva già, pur senza aver<br />

ancora assunto il nome con cui divenne celebre dal 1530 in poi: era il<br />

madrigale .<br />

Dunque, rispetto al madrigale italiano del Trecento, quello cinquecentesco<br />

rinuncia alle strutture strofiche (sia da un punto di vista musicale, cioè di<br />

ripetizioni di medesime strutture melodiche per parole diverse, sia da un punto<br />

di vista poetico), al punto che i testi poetici organizzati comunque in strofe<br />

davano origine a madrigali differenti, ossia a composizioni autonome e fra loro<br />

indipendenti.<br />

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2


PRIMI MADRIGALI E PRIMI<br />

MADRIGALISTI – DA FIRENZE A ROMA<br />

A VENEZIA<br />

Firenze, Roma e Venezia<br />

Fra i primi madrigalisti troviamo Philippe Verdelot (1470/80-prima del 1552),<br />

maestro di cappella del Duomo e del Battistero di Firenze. Il suo stile musicale<br />

aveva molto in comune con quello di un tipo di chanson francese molto semplice<br />

(più simile a quella di Claudin che a quella di Janequin) che andava molto di moda<br />

nella Firenze di quel periodo: tutte le parti del madrigaleerano eseguite da voci<br />

umane, alternando sezioni in contrappunto non troppo elaborato, ma aderente<br />

all'esatta declamazione del testo, con sezioni omoritmiche. La caratteristica di<br />

maggiore importanza era però l'assoluta omogeneità e parificazione tra le voci.<br />

Da Firenze, questo nuovo tipo di composizione - che una volta diffuso dalle edizioni<br />

a stampa prenderà il nome di madrigale - si estese anche a Roma, città ad essa<br />

collegata per la presenza di due papi medicei: Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico<br />

(regnante dal 1513 al 1521) e Clemente VII (1523-34); e tra Roma e Firenze<br />

orbitavano due altri compositori della prima fase del madrigale, Costanzo e<br />

Sebastiano Festa. A Roma proprio in quegli anni (1513-20) lavorava anche Pietro<br />

Bembo, come segretario di Leone X: è ipotizzabile, allora, una sua influenza sul<br />

nascente mondo madrigalistico ancor prima che egli si trasferisse in area<br />

veneziana, dove ebbe invece diretti e dimostrabili contatti con altri musicisti che<br />

adottarono la forma del madrigale: Adrian Willaert e Cipriano de Rore.<br />

31/05/2012<br />

3


Un gravissimo avvenimento, tuttavia, squassò il mondo romano nel 1527: il<br />

cosiddetto 'sacco di Roma'. Il saccheggio, le stragi e le susseguenti epidemie<br />

dispersero completamente quel mondo culturale (ed editoriale) che sotto il<br />

pontificato di Leone X era stato prospero e vivace; molti intellettuali e musicisti si<br />

trasferirono a Venezia, città che in quell'epoca era assai florida e che cercò<br />

deliberatamente di attirare a sé i fuoriusciti romani. Una della ricchezze<br />

dell'economia veneziana era proprio l'editoria: vi erano circa 150 stamperie, che<br />

producevano il doppio dei libri pubblicati in una grande capitale come Parigi.<br />

Anche l'editoria musicale, appropriatasi del sistema ad impressione unica, rese<br />

Venezia per tutto il Cinquecento la città dominante in questo settore.<br />

Nel 1539 furono pubblicati a Venezia quattro libri di madrigali di un autore di<br />

origine fiamminga o francese, Jacques Arcadelt (1505-1568), i quali si<br />

guadagnarono subito la predilezione degli acquirenti: negli anni '40 si assistette<br />

ad una serie martellante di stampe e ristampe di madrigali di Verdelot e di<br />

Arcadelt.<br />

Una volta approdato a Venezia, il madrigale subì una notevole<br />

evoluzione: la sua appropriazione da parte di Willaert e<br />

soprattutto di Cipriano de Rore si tradusse in una massiccia<br />

infusione di contrappunto fiammingo, che rese ancora più<br />

completa la tavolozza tecnica di cui potevano servirsi i<br />

compositori. In linea con queste tendenze, il Primo libro de<br />

madrigali cromatici di Cipriano de Rore (Venezia 1544)<br />

inaugurò un termine che verrà usato in una duplice<br />

accezione: i madrigali di Rore erano cromatici perché usavano<br />

le crome, ossia note nere (e per questo cromatiche) di valore<br />

molto veloce che infittivano il movimento delle voci; ma ben<br />

presto il termine 'cromatico' passò ad indicare un nuovo stile<br />

armonico, che faceva largo uso di note alterate e di brusche<br />

modulazioni che 'colorivano' ('cromatizzavano') il percorso<br />

armonico.<br />

31/05/2012<br />

4


I madrigalisti italiani<br />

Tra i maggiori autori troviamo, a fianco dei fiamminghi della cosiddetta quinta<br />

generazione, come Orlando di Lasso, Philippe de Monte e Giaches de Wert,<br />

anche numerosi compositori italiani, interessati di nuovo alla musica scritta,<br />

dopo la parentesi quattrocentesca in cui si erano dedicati prevalentemente ai<br />

repertori di tradizione orale. I principali autori italiani di madrigali furono<br />

Giovanni Pierluigi da Palestrina, Luzzasco Luzzaschi (1545-1607), al servizio<br />

della corte di Ferrara anche come organista; ma, soprattutto, Luca Marenzio<br />

(1554-1599), vissuto quasi sempre a Roma sebbene mantenesse solidi legami<br />

con Ferrara, Mantova e Firenze, e Carlo Gesualdo principe di Venosa (1560 ca.l6l3),<br />

napoletano, che nel 1594 si trasferì a Ferrara, avendo sposato in seconde<br />

nozze Eleonora d'Este, nipote del duca Alfonso II. Infine, troviamo Claudio<br />

Monteverdi che traghetterà definitivamente il madrigale rinascimentale fin<br />

sulle sponde dell'epoca barocca.<br />

FORTUNA E SFORTUNA DEL<br />

MADRIGALE<br />

31/05/2012<br />

5


La fortuna del madrigale attraverso le edizioni<br />

1550 (inizio) * 128 fra prime e successive edizioni Madrigale classico<br />

1551-60 131 Compositori fiamminghi<br />

1561-70 224<br />

1571-80 177<br />

1581-90 367 Periodo del Madrigale Maturo<br />

1591-1600 261<br />

1601-10 264<br />

1611-20 175<br />

1621-30 45<br />

1631-50 13<br />

Il termine madrigale fa la sua comparsa per la prima volta nel 1530 quali titolo nella<br />

raccolta Madrigali novi de diversi excellentissimi autori stampata a Roma.<br />

Il madrigale nel XVI secolo<br />

IL RAPPORTO COL TESTO –<br />

I <strong>MADRIGALISMI</strong><br />

31/05/2012<br />

6


I Madrigalismi (soggetto cavato)<br />

F.Corteccia<br />

F.Corteccia<br />

A.Striggio<br />

O.Lasso<br />

Ottava di F.Bruni<br />

31/05/2012<br />

7


Palestrina<br />

A.Gabrieli<br />

L.Marenzio<br />

L.Marenzio<br />

31/05/2012<br />

8


Luca Marenzio (1553-99)<br />

Fra tutti i madrigalisti la preminenza spetta a Luca Marenzio uno dei<br />

massimi compositori italiani e d'Europa. Prestò servizio a Firenze, Roma e<br />

Venezia presso le famiglie più importanti. Adottò tutti gli artifici del<br />

simbolismo sonoro e della "musica visiva". L'invenzione melodica, la ritmica<br />

attenta a non soffocare mai il significato delle sillabe del testo, la fluidità<br />

delle funzioni armoniche pongono Marenzio al centro dello sviluppo del<br />

madrigale. Magistrale in lui è la varietà ritmica con uso della sincope e di<br />

una fitta mescolanza di figure di piccolo e grande valore. Sull'esempio dei<br />

veneziani spesso ricorrono la tecnica del dialogo policorale e la disposizione<br />

"a eco" delle voci. Gli ultimi libri tendono verso uno stile declamatorio del<br />

testo. Nella vasta produzione madrigalesca spiccano:<br />

9 libri di madrigali a cinque voci<br />

6 libri a 6 voci<br />

2 libri a 4 e a 4-6 voci<br />

1 libro di madrigali spirituali a cinque voci<br />

Luca Marenzio<br />

Madrigale<br />

testo: G. Battista Guarini<br />

da: VII libro di Madrigali a 5 voci<br />

A. Gardano 1595.<br />

Quell’augellin, che canta<br />

sì dolcemente e lascivetto vola<br />

or da l’abete al faggio<br />

ed or dal faggio al mirto,<br />

s’avesse umano spirto,<br />

direbbe: - «Ardo d’amore, ardo d’amore».<br />

Ma ben arde nel core<br />

e parla in sua favella,<br />

sì che l’intende il suo dolce desio.<br />

Ed odi a punto, Tirsi,<br />

il suo dolce desio<br />

che gli risponde: - «Ardo d’amore anch’io.»<br />

Audio – Partitura<br />

31/05/2012<br />

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Carlo Gesualdo principe di Venosa (1560-1613)<br />

Si rese celebre per due fatti, entrambi legati alla sua<br />

vita sentimentale. Sposatosi con Maria d'Avalos e<br />

sorpresala mentre lo tradiva con Fabrizio Carafa,<br />

uccise i due amanti (1590); allontanatosi da Napoli<br />

per evitare la vendetta dei parenti degli uccisi sposò<br />

in seconde nozze Eleonora d'Este. A Ferrara si legò in<br />

amicizia col Tasso. La maggior parte delle sue opere<br />

fu pubblicata dai musicisti della sua corte. Ciò<br />

dimostra che l'attività di Gesualdo non fu mai legata<br />

a ragioni professionali, ma dilettantistiche e<br />

personali. Ha lasciato una produzione che<br />

comprende 110 madrigali divisi in 6 libri (1594-<br />

1611).<br />

1594: Madrigali libro primo (a 4 voci)<br />

1594: Madrigali libro secundo (a 5 voci)<br />

1595: Madrigali libro terzo (a 5 voci)<br />

1596: Madrigali libro quarto (a 5 voci)<br />

1603: Sacrarum cantionum liber primus, 21 Motetti<br />

(a 5 voci)<br />

1603: Sacrarum cantionum liber secundus, 20<br />

Motetti (a 6-7 voci)<br />

1611: Madrigali libro quinto (a 5 voci)<br />

1611: Madrigali libro sesto (a 5 voci)<br />

1611: Responsoria et alia ad Officium Hebdomadae<br />

Sanctae spectantia (a 6 voci)<br />

1626: Madrigali libro settimo (a 6 voci, scomparso)<br />

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Carlo Gesualdo<br />

da: Libro quinto a cinque voci – uso degli ossimori<br />

O dolorosa gioia<br />

O soave dolore<br />

Per cui quest'alma è mesta e lieta more!<br />

O miei cari sospiri,<br />

Miei graditi martiri<br />

Del vostro duol non mi lasciate privo,<br />

Poiché sì dolce mi fa morto e vivo.<br />

Audio<br />

Itene o miei sospiri (Quinto libro): articolazione stilistica<br />

Audio<br />

31/05/2012<br />

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Gesualdo, VI libro di Madrigali, Beltà poi che t’assenti (audio) (partitura)<br />

Claudio Monteverdi (Cremona, 15 maggio 1567 – Venezia, 29 novembre 1643)<br />

Nel 1589 Monteverdi fu assunto alla corte di Mantova in qualità di corista e<br />

violinista e nel 1603 fu nominato dal duca Vincenzo Gonzaga maestro di<br />

cappella.<br />

Assillato dalle pressanti e poco remunerative commissioni del duca Vincenzo<br />

Gonzaga Monteverdi si reca a Roma nel 1610 col proposito di donare al Papa<br />

Paolo V il Vespro della Beata Vergine (la più importante composizione sacra<br />

italiana del Seicento). La speranza che lo anima, espressa in uno scambio<br />

epistolare con il cardinale Ferdinando Gonzaga, è di ottenere un posto gratuito<br />

al Seminario Romano per il figlio e per sé una nuova sistemazione. Deluse tali<br />

aspettative, l'occasione si sarebbe presentata nel 1613.<br />

Nel 1613 Monteverdi, infatti, fu nominato, dai Procuratori della Serenissima<br />

Repubblica Veneta, direttore a San Marco, Venezia, dove ben presto fece<br />

rinascere il coro, che era in declino sotto il suo predecessore. Qui egli completò<br />

il sesto, settimo ed ottavo libro di madrigali. Durante gli ultimi anni di esistenza<br />

Monteverdi si ammalò, ma ciò non lo tenne lontano dalla composizione dei suoi<br />

due ultimi capolavori, entrambi opere: Il ritorno di Ulisse in patria (1641), e<br />

l'opera storica L'incoronazione di Poppea (1642).<br />

31/05/2012<br />

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Libro 1, 1587: Madrigali a cinque voci<br />

Libro 2, 1590: Il secondo libro de madrigali a cinque voci<br />

Libro 3, 1592: Il terzo libro di madrigali a cinque voci<br />

Libro 4, 1603: Il quarto libro di madrigali a cinque voci<br />

Libro 5, 1605: Il quinto libro de madrigali a cinque voci (vi<br />

compaiono gli strumenti per il basso continuo)<br />

Libro 6, 1614: Il sesto libro di madrigali a cinque voci<br />

Libro 7, 1619: Concerto. Settimo libro di madrigali<br />

Libro 8, 1638: Madrigali guerrieri, et amorosi con alcuni<br />

opuscoli in genere rappresentativo, che saranno per brevi<br />

Episodij fra i canti senza gesto.<br />

Libro 9, 1651: Madrigali e canzonette a due e tre voci<br />

La fortuna del madrigale attraverso le edizioni<br />

1550 (inizio) * 128 fra prime e successive edizioni Madrigale classico<br />

1551-60 131 Compositori fiamminghi<br />

1561-70 224<br />

1571-80 177<br />

1581-90 367 Periodo del Madrigale Maturo<br />

1591-1600 261<br />

1601-10 264<br />

1611-20 175<br />

1621-30 45<br />

1631-50 13<br />

Il termine madrigale fa la sua comparsa per la prima volta nel 1530 quali titolo nella<br />

raccolta Madrigali novi de diversi excellentissimi autori stampata a Roma.<br />

31/05/2012<br />

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Tasso e Marino: due poeti a<br />

confronto<br />

TASSO<br />

Là dove sono i pargoletti Amori,<br />

ed altri ha teso l’arco,<br />

altri saetta al varco<br />

altri polisce le quadrella d’oro,<br />

Voi parete un di Ioro<br />

scherzando in verde colle o ‘n riva<br />

ombrosa<br />

fra la turba vezzosa;<br />

e se voi non avete auree saette,<br />

Ie dolci paroIette<br />

e i dolci sguardi son facelle e strali<br />

e i bei pensieri in voi son piume ed ali.<br />

MARINO<br />

Pargoletta è colei<br />

ch’accende i desir miei,<br />

e pargoletto Amore<br />

che mi saetta il core.<br />

Ma ne l’anima io sento<br />

e gran foco e gran piaga e gran<br />

tormento.<br />

Claudio Monteverdi (1567-1643)<br />

testo: T. Tasso<br />

da: Secondo Libro de Madrigali a Cinque voci, Venezia 1590<br />

Ecco mormorar l’onde<br />

E tremolar le fronde<br />

A l’aura matutina<br />

E gl’arborscelli,<br />

E sovra i verdi rami i vag’ augelli<br />

Cantar soavemente,<br />

E rider l’oriente.<br />

Ecco già l’alba appare<br />

E si specchia nel mare,<br />

E rasserena il cielo,<br />

E imperla il dolce gielo,<br />

E gl’alti monti indora.<br />

O, bella e vag’aurora,<br />

l’aura è tua messaggiera,<br />

E tu de Laura,<br />

Ch’ogn’arso cor ristaura!<br />

Audio<br />

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II libro<br />

Non sono in queste rive<br />

Fiori così vermigli<br />

Come le labra de la donna mia.<br />

Né il suon de l'aure estive<br />

Tra fonti e rose e gigli<br />

Fan del suo canto più dolce armonia.<br />

Canto che m'ardi e piaci,<br />

T'interrompano solo i nostri baci!<br />

II libro<br />

Mentre io miravo fiso<br />

De la mia donna<br />

Gl'occhi ardenti e belli,<br />

Due vaghi spiritelli<br />

Fiammeggiando n'uscir a l'improviso,<br />

E, leggiadretti e snelli,<br />

Facendo mille scherzi<br />

E mille giri,<br />

Mille fughe d'intorno,<br />

E mille aguati<br />

Dentr'al seno adorno,<br />

Mi trassero dal cor mille sospiri;<br />

Onde con dolci ed amorosi lai<br />

"Pietà, pietà!" gridai.<br />

T. Tasso<br />

Torquato Tasso<br />

Audio<br />

Audio<br />

31/05/2012<br />

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II libro<br />

Se tu mi lassi, perfida,<br />

Tuo danno!<br />

Non ti pensar che sia<br />

Misera senza te la vita mia.<br />

Misero ben sarei,<br />

Se miseria stimassi<br />

E non ventura<br />

Perder chi non mi cura,<br />

E ricovrar quel che di me perdei.<br />

Misera e tu,<br />

Che per novello amore<br />

Perdi quel fido core<br />

Ch'era più tuo che tu di te non sei!<br />

Ma il tuo già non perd'io,<br />

Perché non fu mai mio.<br />

T. Tasso<br />

Audio<br />

31/05/2012<br />

16


31/05/2012<br />

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Sì ch’io vorrei morire<br />

ora ch’io bacio, Amore,<br />

la bella bocca del mio amato core.<br />

Ahi cara e dolce lingua,<br />

datemi tant’umore<br />

che di dolcezz’in questo sen m’estingua!<br />

Ahi, vita mia, a questo bianco seno,<br />

deh, stringetemi fin ch’io venga meno!<br />

Ahi bocca, ahi baci, ahi lingua,<br />

torn’a dire:<br />

«Sì ch’io vorrei morire».<br />

Moro<br />

(Monteverdi, IV libro di Madrigali)<br />

vedi dia successiva<br />

audio<br />

31/05/2012<br />

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Non si levav’ancor l’alba novella<br />

né spiegavan le piume<br />

gl’augelli al novo lume,<br />

ma fiammeggiava l’amorosa stella,<br />

quand’i duo vaghi e leggiadrett’amanti,<br />

ch’una felice notte aggiuns’insieme,<br />

com’acanto si volg’in vari giri,<br />

divise il novo raggio e i dolci pianti<br />

nell’accoglienz’estreme<br />

mescolavan con baci e con sospiri<br />

mille ardenti pensier, mille desiri.<br />

Mille voglie non paghe<br />

in quelle luci vaghe,<br />

scopria quest’alma innamorata e quella.<br />

E dicea l’una sospirand’allora:<br />

anima, a dio, con languide parole.<br />

E l’altra: vita, a dio, le rispondea,<br />

a dio, rimanti. E non partiansi ancora<br />

inanzi al novo sole,<br />

e inanzi a l’alba che nel ciel sorgea,<br />

e questa e quella impallidir vedea<br />

Ah! dolente partita!<br />

ah, fin de la mia vita!<br />

da te parto e non moro?<br />

E pur i' provo<br />

la pena de la morte<br />

e sento nel partire<br />

un vivace morire,<br />

che dà vita al dolore<br />

per far che moia immortalmente il core.<br />

(Giovanni Battista Guarini, Il pastor fido III, 3)<br />

IV libro di madrigali<br />

le bellissime rose<br />

ne le labr’amorose,<br />

e gl’occhi scintillar come facella<br />

e come d’alma che si part’e svella,<br />

fu la partenza loro:<br />

a dio che part’e moro,<br />

dolce languir, dolce partita e fella.<br />

Torquato Tasso<br />

(Monteverdi Secondo libro di Madrigali)<br />

Audio 1° parte – partitura<br />

Audio 2° parte<br />

Sovrapposizioni polifoniche<br />

Ah! dolente partita!<br />

ah, fin de la mia vita!<br />

da te parto e non moro?<br />

Ah! dolente partita!<br />

E pur i' provo<br />

la pena de la morte<br />

da te parto e non moro?<br />

Ah! dolente partita!<br />

E pur i' provo<br />

la pena de la morte<br />

E pur i' provo<br />

la pena de la morte<br />

ah, fin de la mia vita!<br />

da te parto e non moro?<br />

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Audio<br />

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Claudio Monteverdi<br />

Madrigale<br />

testo: G. Battista Guarini<br />

da: IV libro di Madrigali<br />

Quell’augellin, che canta<br />

sì dolcemente e lascivetto vola<br />

or da l’abete al faggio<br />

ed or dal faggio al mirto,<br />

s’avesse umano spirto,<br />

direbbe: - «Ardo d’amore, ardo d’amore».<br />

Ma ben arde nel core<br />

e parla in sua favella,<br />

sì che l’intende il suo dolce desio.<br />

Ed odi a punto, Tirsi,<br />

il suo dolce desio<br />

che gli risponde: - «Ardo d’amore anch’io.»<br />

Audio<br />

IL QUINTO LIBRO<br />

31/05/2012<br />

27


Poco tempo dopo il suo ritorno dalle Fiandre, Monteverdi fu<br />

coinvolto in una lunga e articolata disputa. A iniziarla fu la<br />

pubblicazione nel 1600 a Venezia presso Vicenti, de L’Artusti,<br />

overo Delle imperfezioni della moderna musica, opera<br />

appunto di Giovanni Maria Artusi, canonico a Bologna e<br />

allievo di Zarlino a Venezia. In forma di dialogo tra Vario<br />

(gentiluomo aretino) e Luca austriaco, L’Artusi si proponeva di<br />

dimostrare i traviamenti di certe tendenze compositive<br />

moderne che contraddicevano le regole tradizionali.<br />

Nel far ciò il canonico bolognese riportava passi di madrigali<br />

di un autore non nominato – ma era appunto Monteverdi –<br />

preso ad esempio delle nuove deprecabili tendenze: sette<br />

citazioni sono tratte dal madrigale Cruda Amarilli, che col<br />

nome ancora (edito nel Quinto libro del 1605), una da Anima<br />

mia perdona e così via…<br />

Artusi censura anzitutto le dissonanze – seconde e<br />

settime – che si vengono a produrre tra il basso e le<br />

parti superiori. Negativa, per Artusi, non è la<br />

dissonanza in sé ma un suo uso improprio e<br />

contrario alle buone regole:<br />

«Non nego che il ritrovare cose nuove non sia bene,<br />

anzi necessario… [si deve però evitare] che il senso<br />

dell’udito ne resti offeso perché non le usate in<br />

modo ordinario…»<br />

31/05/2012<br />

28


Vedi: Cruda Amarilli battute 13 e 14 (ahi lasso)<br />

Battute 19-20-22 (lasso amaramente)<br />

31/05/2012<br />

29


Va però detto che nel citare questi passaggi<br />

L’Artusi eliminò la parte letteraria<br />

limitandosi a riportare esclusivamente la<br />

musica senza l’orazione.<br />

Nel 1603, non pago del primo attacco rivolto a<br />

Monteverdi, Artusi pubblicò una seconda parte<br />

con la quale rinvigorì gli umori polemici.<br />

La risposta del compositore arrivò però<br />

soltanto nel 1605 quale premessa al Quinto<br />

libro di Madrigali:<br />

31/05/2012<br />

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Premessa al V libro di madrigali<br />

Quella sopra riportata fu l’unica risposta<br />

diretta del compositore, poiché la<br />

successiva presa di posizione contro<br />

l’Artusi fu scritta dal fratello del<br />

compositore, Giulio Cesare Monteverdi,<br />

in una lettera posta in appendice agli<br />

Scherzi musicali dello stesso Claudio<br />

Monteverdi (usciti però a cura di suo<br />

fratello Giulio Cesare) usciti nel 1607.<br />

31/05/2012<br />

31


PREMESSA AGLI SCHERZI MUSICALI<br />

31/05/2012<br />

32


Bisogna tuttavia dire che Monteverdi sembra abbia<br />

lavorato per tutta la vita a questo trattato, anche se non<br />

riuscì mai a completarlo. Tracce di questo lavoro, rimasto<br />

incompiuto e mai rinvenuto, nemmeno in forma<br />

manoscritta, sopravvivono in alcune lettere di Monteverdi<br />

e nell’orazione funebre che di lui fece Matteo Caberloti in<br />

cui si dice che:<br />

«datosi alla filosofia Monteverdi era dietro alla<br />

composizione di un volume, nel quale notificando i più<br />

occulti arcani della sua disciplina era per impedire che mai<br />

più nei secoli venturi restassero nascoste a studenti le vere<br />

strade per facilitarsi l’acquisto della perfettione dell’arte<br />

musica. Ma l’empia morte ha cagionato che resti priva<br />

della luce della stampa»<br />

31/05/2012<br />

33


«UN BASSO CONTINUO PER LI SEI<br />

ULTIMI»<br />

Allo scopo di non precludersi alcuna via espressiva,<br />

Monteverdi adottò per il Quinto libro un «basso<br />

continuo per il clavicembalo, chitarrone o altro<br />

simile istromento, fatto particolarmente per li sei<br />

ultimi et per li altri a beneplacito».<br />

Il continuo (così detto perché accompagnava senza<br />

interruzione le altre parti, a differenza del<br />

contrappunto che è spezzato) è perciò obbligatorio<br />

negli ultimi sei pezzi, ad libitum, nei precedenti:<br />

questo perché nei madrigali finali l’organico delle<br />

cinque voci si riduce spesso ad una o a due,<br />

necessitando perciò di un supporto armonico.<br />

31/05/2012<br />

34


La novità del Quinto libro, non risiede però<br />

nell’uso degli strumenti in ambito<br />

madrigalistico, dato che questa era prassi<br />

comune e diffusa, quanto piuttosto nel fatto<br />

che gli strumenti qui non raddoppiano le<br />

voci ma le sostituiscono a fini<br />

«drammatici», ossia anche teatrali.<br />

Monteverdi V libro (1605)<br />

(1a parte) – (Audio)<br />

Ch'io t'ami e t’ami più de la mia vita,<br />

se tu nol sai, crudele,<br />

chiedilo a queste selve,<br />

che tel diranno...<br />

e tel diran con esse<br />

le fere lor' e i duri sterpi e i sassi<br />

di quest'alpestri monti,<br />

ch'i' ho sì spesse volte<br />

intenerito al suon de' miei lamenti...<br />

G. Guarini<br />

(2° parte) (Audio vedi dia successiva)<br />

«T’amo, mia vita!» la mia cara vita<br />

Mi dice e in questa sola<br />

Dolcissima parola<br />

Par che trasformi lietamente il core<br />

Per farsene signore<br />

O voce di dolcezza e di diletto,<br />

Prendila tosto, Amore,<br />

Stampala nel mio core!<br />

Spiri solo per te l'anima mia<br />

«T'amo, mia vita», la mia vita sia.<br />

G. Guarini<br />

31/05/2012<br />

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Audio<br />

Amor, se giusto sei,<br />

Fa che la donna mia<br />

Anch’ella giusta sia.<br />

Io l’amo, tu il conosci e ella il vede;<br />

Ma più mi strazia e mi trafigge il core<br />

E per più mio dolore<br />

E per dispreggio tuo non mi dà fede.<br />

Non sostener, Amor, che nel tuo regno,<br />

Là dovi’o ho sparta fede…<br />

Mieta sdegno.<br />

Ma fa giusto, signore,<br />

Ch’in premio del mio amor<br />

Io colga amore…<br />

Anonimo<br />

soprano<br />

baritono<br />

tenore<br />

tutti<br />

Audio<br />

31/05/2012<br />

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DALLA SCENA D’OPERA AL<br />

MADRIGALE<br />

LAMENTOD’ARIANNA (L’Arianna 1608)<br />

Lasciatemi morire,<br />

e chi volete voi che mi conforte<br />

in così dura sorte,<br />

in così gran martire?<br />

Lasciatemi morire.<br />

(versione monodica) Audio<br />

Lasciatemi morire / lasciatemi morire / e chi volete voi che mi conforte in così<br />

dura sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire / lasciatemi morire.<br />

31/05/2012<br />

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LAMENTOD’ARIANNA (L’Arianna 1608)<br />

Lasciatemi morire,<br />

e chi volete voi che mi conforte<br />

in così dura sorte,<br />

in così gran martire?<br />

Lasciatemi morire.<br />

(versione polifonica a 5 voci, Sesto libro, 1614) (Audio)<br />

testo con ripetizioni nella versione monodica<br />

Lasciatemi morire / Lasciatemi morire / e chi volete voi che mi conforte in così dura<br />

sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire / e chi volete voi che mi conforte in<br />

così dura sorte, in così gran martire? Lasciatemi morire / lasciatemi morire.<br />

testo con ripetizioni nella versione polifonica<br />

Lasciatemi / Lasciatemi morire / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi /<br />

Lasciatemi morire / morire! E chi volete voi / E chi volete voi che mi conforte / che<br />

mi conforte / in così dura / in così dura sorte / in così gran / in così gran martire /<br />

Lasciatemi morire / E chi volete voi / E chi volete voi che mi conforte / in così dura /<br />

in così dura sorte / in così gran / in così gran martire / Lasciatemi / Lasciatemi<br />

morire / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi / Lasciatemi morire /<br />

morire / morire / morire!<br />

VII libro (Audio)<br />

Al lume delle stelle (Tasso) Audio<br />

Al lume delle stelle<br />

Tirsi sotto un alloro<br />

si dolea lagrimando in questi accenti:<br />

«O celesti facelle,<br />

di lei ch’amo ed adoro<br />

rassomigliate voi gli occhi lucenti.<br />

Luci care e serene,<br />

sento gli affanni, ohimé, sento le pene;<br />

luci serene e liete,<br />

sento le fiamme lor mentre splendete».<br />

31/05/2012<br />

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VIII libro (1638) Madrigali guerrieri e amorosi<br />

Non schivar, non parar, non ritirarsi<br />

voglion costor, né qui destrezza ha parte.<br />

Non danno i colpi or finti, or pieni, or scarsi:<br />

toglie l'ombra e 'l furor l'uso de l'arte.<br />

Odi le spade orribilmente urtarsi<br />

a mezzo il ferro, il piè d'orma non parte;<br />

sempre è il piè fermo e la man sempre in moto,<br />

né scende taglio in van, né punta a vòto.<br />

L'onta irrita lo sdegno a la vendetta,<br />

e la vendetta poi l'onta rinova;<br />

onde sempre al ferir, sempre a la fretta<br />

stimol novo s'aggiunge e cagion nova.<br />

D'or in or più si mesce e più ristretta<br />

si fa la pugna, e spada oprar non giova:<br />

dansi co' pomi, e infelloniti e crudi<br />

cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi.<br />

Audio<br />

Claudio Monteverdi<br />

testo: O. Rinuccini da: Madrigali e Canzonette a 2 e 3 voci (detto: Libro nono<br />

di madrigali) op. post.<br />

Zefiro torna<br />

Zefiro torna e di soavi accenti<br />

l’aer fa grato e’ il pié discioglie a l’onde<br />

e, mormorando tra le verdi fronde,<br />

fa danzar al bel suon su’l prato i fiori.<br />

Inghirlandato il crin Fillide e Clori<br />

note temprando lor care e gioconde;<br />

e da monti e da valli ime e profonde<br />

raddoppian l’armonia gli antri canori.<br />

Sorge più vaga in ciel l’aurora, e’l sole,<br />

sparge più luci d’or; più puro argento<br />

fregia di Teti il bel ceruleo manto.<br />

Sol io, per selve abbandonate e sole<br />

l’ardor di due begli occhi e’l mio tormento,<br />

come vuol mia ventura, hor piango hor canto.<br />

audio<br />

31/05/2012<br />

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PIANTO DELLA MADONNA (Selva Morale e Spirituale, 1640)<br />

Iam moriar mi Fili, Lasciami morire, figlio mio<br />

quisnam poterit mater consolari Chi mai potrà consolare una madre<br />

in hoc fero dolore, In questo atroce dolore,<br />

in hoc tam duro tormento? In un sì duro tormento?<br />

Iam moriar mi Fili Lasciami morire, figlio mio.<br />

audio<br />

31/05/2012<br />

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