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IL CAMALEONTE - Liceo Ginnasio Statale «Raimondo Franchetti

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Il <strong>Liceo</strong> <strong>Ginnasio</strong> <strong>Statale</strong> “R. <strong>Franchetti</strong>” presenta:<br />

<strong>IL</strong> <strong>CAMALEONTE</strong><br />

Anno X N°II Marzo 2012<br />

La LIM tra digital<br />

natives e digital<br />

Immigrants<br />

Con questo primo articolo inizia la nostra indagine<br />

sull’introduzione delle nuove tecnologie a scuola, particolarmente<br />

riguardo a attrezzi come la LIM e l’eBook, che sembrano essere<br />

pronti a diffondersi nella scuola italiana. L’inchiesta continua nel<br />

prossimo numero!<br />

Lo scrittore americano Marc Prensky (nato nel 1946) ha<br />

coniato nel 2011 l'espressione digital natives per riferirsi alle<br />

generazioni nate dopo l'avvento delle tecnologie digitali che<br />

si destreggiano con naturalezza tra computer, cellulari e<br />

internet e padroneggiano i nuovi linguaggi della comunicazione<br />

proprio come una popolazione indigena nel suo ambiente<br />

originario. In opposizione ai digital natives, Prensky<br />

definisce digital immigrants le generazioni che hanno appreso<br />

in età adulta l’uso delle tecnologie digitali. Secondo Prensky,<br />

la tecnologia digitale ha prodotto una forte discontinuità<br />

generazionale che non è circoscritta solo al gergo o alle mode<br />

come è avvenuto nel passato, ma riguarda i processi di<br />

pensiero e di elaborazione dell'informazione. Questo “gap”<br />

generazionale è uno dei temi all'attenzione dell'OCSE che<br />

nel 2006 ha pubblicato The New Millennium Learner, un rapporto<br />

in cui sono analizzati i digital natives come soggetti in<br />

formazione e sono individuati i processi di innovazione che<br />

la scuola dovrebbe attuare per preparare i giovani a vivere<br />

nella società della conoscenza.<br />

Il Parlamento ed il Consiglio dell’Unione Europea nello<br />

stesso 2006 hanno promulgato una “raccomandazione” agli<br />

stati membri sulle competenze chiave per l’apprendimento<br />

permanente. Una delle otto competenze chiave è proprio<br />

quella digitale. Le indicazioni europee sono state recepite<br />

nella normativa italiana con il Decreto Ministeriale n. 193<br />

del 22 agosto 2007 che eleva l’obbligo scolastico a 16 anni e<br />

dettaglia le competenze per l’assolvimento di tale obbligo.<br />

L'introduzione delle LIM nella scuola si inserisce in questo<br />

quadro di riferimento.<br />

LIM è l'acronimo di “Lavagna Interattiva Multimediale”. Gli<br />

inglesi invece la chiamano “Interactive Whiteboard”. Si tratta di<br />

un dispositivo elettronico formato essenzialmente da tre elementi:<br />

un computer, un proiettore e una superficie di scrittura<br />

che nelle lavagne di ultima generazione è touch-screen.<br />

L'utilizzo delle prime LIM (nelle scuole canadesi) risale agli<br />

anni 1998-2002 e fu seguito rapidamente dagli Stati Uniti,<br />

dal Regno Unito, dalla Danimarca, dalla Spagna, dall'Australia.<br />

Nel 2007 erano più di 36000 le lavagne in Messico L'introduzione<br />

nella scuola italiana delle LIM risale al 2006<br />

quando il ministro della pubblica istruzione Giuseppe Fioroni<br />

ne ha annunciato il piano di diffusione e gli stanziamenti.<br />

L'iniziativa è stata poi ripresa, nell'ottobre 2008, dal ministro<br />

Gelmini che ha stabilito il piano con l'obiettivo di dotare le<br />

scuole italiane di 10.000 lavagne multimediali.<br />

La LIM è una tecnologia che, appesa accanto alla lavagna di<br />

ardesia, vuole innovare uno strumento usato quotidianamente<br />

dall'insegnante. E in quest'ottica è un utile strumento di<br />

mediazione culturale tra digital natives e digital immigrants.<br />

La prima cosa che si scopre con l'uso della LIM è che ciò che<br />

“avviene” sulla sua superficie LIM può essere salvato. E' un<br />

po' la stessa cosa successa con il passaggio dalla vecchia macchina<br />

da scrivere ai programmi di videoscrittura sul computer:<br />

non occorre rincominciare sempre daccapo, accumulando<br />

fogli accartocciati nel cestino. E questo è un vantaggio per<br />

l'insegnante che può riprendere il filo del discorso e per lo<br />

studente che può consolidare l'apprendimento nonché per<br />

gli assenti che possono recuperare la lezione perduta.<br />

Ma la LIM non è solo una lavagna con la memoria: è una<br />

periferica che consente di riprodurre contenuti e applicazioni<br />

accessibili da un computer su una superficie di grandi dimensioni;<br />

è utilizzabile per potenziare la lezione e se collegata ad<br />

internet diventa una vera e propria “finestra sul mondo”.<br />

Testi, immagini, filmati possono essere editati e manipolati<br />

sullo schermo creando nuovi oggetti utili all'apprendimento<br />

(Learning Objects) mediante l'utilizzo di appositi software. A<br />

questo punto le possibilità di utilizzo didattico della LIM si<br />

dilatano all'infinito e si intersecano con le proposte didattiche<br />

degli editori di testi scolastici che da qualche anno sono<br />

costretti dalla normativa a fornire accanto al libro cartaceo<br />

supporti e integrazioni digitali soprattutto online.<br />

Roberta A.Rosada


2<br />

Focus on<br />

Qualche informazione sui<br />

neutrini...<br />

Anche se la scoperta che poteva rivoluzionare la fisica infine si è<br />

dimostrata essere solo un errore, essa ha comunque lasciato dietro<br />

di sé delle domande insolute: ma cosa sono i neutrini? Perché se<br />

ne è parlato tanto? Ecco la prima delle due puntate di un articolo<br />

in cui cercheremo di darvi finalmente delle risposte!<br />

Che cos’è una teoria? È un’idea che nasce da un’ipotesi,<br />

ma che non può mai essere completamente provata, quindi<br />

non ha un valore di verità assoluta. È sempre possibile<br />

l’esistenza di elementi che potrebbero screditarla, e quando<br />

questo succede, la teoria viene sostituita o modificata.<br />

Nel 1905, a soli 26 anni, un fisico tedesco di nome Albert<br />

Einstein presentava, dopo lunghe e approfondite ricerche,<br />

la sua teoria della relatività ristretta, che fece cambiare il<br />

modo di percepire l’intero universo. Fino a quel momento,<br />

i ricercatori che si erano cimentati in quell’impresa<br />

non erano riusciti a capire da che cosa fosse effettivamente<br />

formata la luce. La geniale intuizione di Einstein segnò<br />

una pietra miliare nella storia della fisica.<br />

Un tempo i filosofi e gli scienziati, partendo da Aristotele<br />

per arrivare a Newton, pensavano che la luce fosse formata<br />

da minuscole particelle velocissime, in grado di passare<br />

attraverso corpi trasparenti. Newton (1642-1727) condusse<br />

molti studi sull’ottica e sulla dispersione della luce che<br />

attraversa un prisma di vetro, e ritenne che i colori più<br />

forti (come rosso e giallo) fossero composti da particelle di<br />

dimensioni maggiori rispetto a quelle che costituivano i<br />

colori deboli (viola e azzurro). Il primo a mettere in dubbio<br />

la sua teoria fu l’inglese Thomas Young (1773-1829):<br />

convinto, in seguito ad una serie di esperimenti, che la<br />

luce fosse composta da onde e che la percezione dei colori<br />

fosse il risultato di diverse lunghezze d’onda, pubblicò nel<br />

1807 la sua teoria, che fu immediatamente rifiutata. Solo<br />

dopo la sua morte e in seguito ad ulteriori accertamenti, la<br />

teoria fu riconosciuta come vera e sostituì quella di<br />

Newton. In seguito, lo scozzese James Clerk Maxwell<br />

(1831-1879) introdusse le congetture sulle onde elettromagnetiche,<br />

che si muovono nel vuoto ad una velocità di<br />

300.000 km al secondo, molto prossima a quella della<br />

luce. Successivamente, elaborò le quattro equazioni, note<br />

con il suo nome, che dimostrano che l’elettricità, il magnetismo<br />

e la luce sono tutte manifestazioni dello stesso<br />

fenomeno: il campo elettromagnetico.<br />

Stabilito questo, rimaneva un’importante domanda a cui<br />

trovare una risposta: perché le onde luminose si propagano<br />

nel vuoto, mentre altre onde, come ad esempio quelle<br />

sonore, non ne sono in grado? Fu necessario ipotizzare un<br />

mezzo per la loro diffusione, identificato come l’etere, un<br />

elemento non meglio definito. Vennero svolti numerosissimi<br />

esperimenti per riuscire a provare la sua esistenza, ma<br />

nessuno ebbe successo.<br />

Fu allora che il grande genio di Einstein provocò una vera<br />

rivoluzione nell’ambito della fisica: fu il primo ad accantonare<br />

le leggi secondo cui tempo e spazio, ovunque e in<br />

qualsiasi situazione li si misurasse, erano valori costanti.<br />

Quindi cominciò ad elaborare la sua teoria della relatività,<br />

ipotizzando che, indipendentemente dalla velocità con cui<br />

si sposta un corpo, la percezione varia in modo da lasciare<br />

invariata la percezione della velocità della luce. Quindi, la<br />

velocità di circa 300.000 chilometri al secondo è un valore<br />

assoluto e può essere chiamato costante, perché è dato<br />

dal prodotto della lunghezza d’onda (λ) per la frequenza<br />

(ν) della luce. Quando una persona aumenta la propria<br />

velocità, la percezione si contrae secondo i fattori v<br />

(velocità dell’individuo) e c (velocità costante della luce,<br />

indicata tradizionalmente con questa lettera dall’a noi<br />

ben noto termine latino celeritas). Einstein concluse inoltre<br />

che le onde elettromagnetiche - luminose sono costituite<br />

da energia pura: riescono a diffondersi nel vuoto<br />

proprio perché non hanno massa. Tornando alla velocità,<br />

bisogna porre come noto che, all’aumentare di essa, aumentano<br />

anche massa ed energia secondo il reciproco del<br />

fattore di contrazione. Quindi, dopo numerose considerazioni…<br />

(continua…)<br />

Elena Pantaleoni


Punti di vista<br />

3<br />

Prof e alunni su<br />

Facebook: le amicizie<br />

sono da vietare?<br />

In Liguria è uscita la prima circolare di una scuola italiana,<br />

mentre negli Usa, in Missouri, c'è già una legge sul tema. L'esperto:<br />

"Il rischio è quello di perdere autorevolezza senza creare<br />

un rapporto reale"<br />

"I PROFESSORI non possono dare l'amicizia su Facebook<br />

ai loro studenti". Poche parole, scritte nero su bianco<br />

nella circolare scolastica, sono arrivate all'improvviso a<br />

dettar legge nei rapporti di classe di un piccolo borgo<br />

ligure sulla Riviera di ponente. E la notizia del provvedimento,<br />

dalle medie di Albisola superiore, in un clic è<br />

arrivata in tutt'Italia. Si riapre così il dibattito sull'opportunità<br />

di condividere bacheche, foto private, conversazioni<br />

virtuali tra chi sta in cattedra e chi dovrebbe imparare,<br />

dopo che quest'estate una legge identica era stata approvata<br />

in Missouri provocando proteste e ricorsi.<br />

Il rapporto online tra chi insegna e chi studia continua a<br />

far discutere. Questione di opportunità, ruoli, privacy e<br />

libertà, dicono studenti e insegnanti. Divisi tra chi considera<br />

il social network solo un altro mezzo di comunicazione<br />

- come il preside torinese che ha 899 amici tra gli<br />

alunni - e chi teme di "perdere autorevolezza in cambio<br />

di una impossibile amicizia reale".<br />

Molti ragazzi, se non lo usano per continuare le lezioni<br />

dopo scuola via web, lo vivono come un "mezzo di controllo<br />

da parte dei prof sulle nostre vite". Perché, come<br />

dice lo psichiatra Pietropolli Charmet, favorevole al social<br />

network per motivi di studio, "la relazione con gli<br />

studenti deve essere educativa, il controllo è sull'apprendimento,<br />

non sulle emozioni". Il nodo resta sempre quello:<br />

in rete o in classe, al centro c'è il legame tra insegnanti<br />

e alunni: come deve essere, cosa vogliono i ragazzi e<br />

cosa si aspettano i docenti? "Non bisogna creare confusione<br />

di ruoli né fingere un'impossibile parità: perché il<br />

rapporto è sbilanciato visto che noi diamo i voti". Tiziana<br />

Sallusti è preside del liceo Mamiani di Roma e il suo<br />

"non amore" per Facebook, non significa distanza, anzi:<br />

"È rispetto per i ragazzi, per il loro mondo, che non deve<br />

essere invaso dagli adulti, genitori compresi". E a confermare<br />

la sua ipotesi arrivano i commenti dei ragazzi sul<br />

web: temono di essere inquadrati, giudicati, vittime di<br />

pregiudizi dei loro insegnanti per commenti, politici e<br />

non, letti sulle loro bacheche. E mamma e papà su Facebook<br />

non li vorrebbero mai. Non la pensa così Federica<br />

Cenci, 17 anni, presidente della Consulta Provinciale<br />

degli Studenti laziali, che ha parenti e professori sul<br />

network. "Perché non ho nulla da nascondere e poi mica<br />

racconto i fatti miei! I rapporti con i docenti possono migliorare,<br />

senza contare che la mia classe usa Facebook per<br />

fare lezione".<br />

Tino Pessina, preside del liceo milanese Berchet, è della<br />

scuola di Don Milani: severità, rispetto e partecipazione.<br />

"La nostra generazione voleva abbattere la vecchia scuola e<br />

abbiamo condannato il concetto di autorità; ma l'autorevolezza<br />

è fondamentale. Si può essere amichevoli, ma l'amicizia,<br />

come in ogni rapporto asimmetrico, è impossibile.<br />

E poi i ragazzi non vogliono docenti amici; stimano chi<br />

insegna con passione anche se è severo, chi li rispetta. Io<br />

per capire come sta un alunno ho bisogno di guardarlo<br />

negli occhi". Un altro professore, precario, ha rifiutato<br />

l'amicizia degli studenti in rete. Ermanno Ferretti, autore<br />

del libro "Per chi suona la campanella" (Fazi) dice: "Non<br />

voglio vedere quello che dicono; sono ingenui non si rendono<br />

conto cosa rischiano se leggo che saltano scuola per<br />

un compito in classe o scrivono che si fanno le canne".<br />

Preferisce quattro chiacchiere in corridoio piuttosto che<br />

navigare in rete Mario Rusconi, vicepresidente dell'associazione<br />

nazionale presidi che insegna al liceo Newton di<br />

Roma, ma di colleghi e professori che hanno rapporti con<br />

gli alunni su Facebook ne conosce schiere. "L'importante<br />

è che prevalga la ragionevolezza dell'adulto con la capacità<br />

di non confondere i ruoli". Anche perché, racconta Nina<br />

studentessa di quarta ginnasio, a lei interessa che la prof<br />

insegni "in modo che io capisca, che mi interroghi senza<br />

essere spietata. Non voglio sapere se è stata mollata dal<br />

fidanzato". Così, tra allievi e docenti chi decide di essere<br />

amico in rete, deve comunque autocensurarsi un po'. E<br />

nascondere un pezzo di sé agli altri.<br />

Tratto da “La Repubblica” del 6 dicembre 2011<br />

http://www.repubblica.it/scuola/2011/12/06/news/<br />

prof_alunni_facebook-26155010/?ref=HRV-9


4<br />

Un tema scottante<br />

Punti di vista<br />

Ci può essere quindi amicizia tra professori e studenti sul social-network più popolare e usato del mondo? Due dei nostri redattori hanno<br />

provato a esprimere le loro opinioni:<br />

perché no<br />

Io non sono molto favorevole all'amicizia tra insegnanti e<br />

professori su Facebook, in quanto essa secondo me non ha<br />

utilità pratica. Sono convinto innanzitutto che siano veramente<br />

pochi gli studenti disposti a chiedere al pomeriggio ai<br />

rispettivi insegnanti delucidazioni su quanto fatto la mattina<br />

in classe: infatti credo che Facebook abbia perso l'iniziale<br />

funzione riassunta nel termine "social-network" (cioè qualcosa<br />

che rende unite le persone a dispetto di qualsiasi barriera<br />

spaziale) a vantaggio di una che potremmo chiamare "asocialnetwork",<br />

perché esso crea una sorta di benessere virtuale,<br />

un appagamento che dà solo l'illusione di trovarsi in una<br />

sorta di piazza telematica, ma che in realtà non va oltre, e<br />

lascia una persona che si sente in compagnia sola di fronte a<br />

uno schermo.<br />

Per spiegarmi meglio, questo meccanismo ricorda il dipinto<br />

di Magritte, chiamato "Ceci n'est pas une pipe" in cui è raffigurata<br />

una pipa con sotto la provocante frase "Questa non è<br />

una pipa". La prima reazione è :"Ma come, certo che è una<br />

pipa!" e la seconda è: “No, questo è un quadro”. Ecco, a me<br />

Facebook dà questa impressione. Il concetto è semplicissimo:<br />

ti siedi davanti allo schermo, spegni il cervello e lasci che il<br />

mouse vaghi per ore. E la mente, il pensiero? Perduti.<br />

Alla luce di ciò, lo studente medio percepirà negativamente il<br />

sospetto di poter venire controllato da in adulto concepito<br />

come l'autorità e quindi come una forma di coercizione alla<br />

sua libertà; oppure, peggio ancora, inizierà a sottovalutare<br />

l'insegnante, perdendo la corretta valutazione del suo ruolo<br />

in quanto lo sentirà più vicino a sé dal momento in cui gli ha<br />

appena concesso oppure chiesto "l'amicizia" e questo non sarà<br />

di certo un bene. Allo stesso modo non credo che esistano<br />

molti insegnanti che sarebbero contenti di condividere informazioni<br />

con i propri studenti, sempre per quanto detto precedentemente.<br />

Inoltre, poiché molte associazioni e movimenti giovanili vietano<br />

espressamente il contatto su Facebook tra educati ed<br />

educatori, non vedo il motivo per cui la scuola pubblica<br />

dovrebbe fare eccezione.<br />

Lorenzo Manzoni<br />

perché sì<br />

Non trovo che le amicizie in rete con i professori possano<br />

causare problemi così gravi, anzi, le trovo molto utili. Avendo<br />

il professore/ssa come amico, disponibile fuori dalla<br />

scuola, si possono chiedere gli argomenti che non si sono<br />

capiti durante la lezione in classe; fare troppe domande potrebbe<br />

occupare troppo tempo, togliendo al professore la<br />

possibilità di andare avanti con il programma. Penso che<br />

servano anche per i professori, nel caso un insegnante stia<br />

assente per problemi di salute e volesse assegnare dei compiti<br />

così da recuperare, almeno in parte, le ore perse.<br />

Riguardo alla mancanza di privacy, ritengo che sia inutile<br />

pensare ad un problema del genere visto che i professori<br />

non indagherebbero mai su un certo alunno per semplice<br />

curiosità e gli studenti non sarebbero così ingenui da scrivere<br />

sulla propria bacheca di bigiare la scuola per saltare un<br />

dato compito o interrogazione, etc.<br />

Secondo me i professori dovrebbero conoscere meglio gli<br />

alunni, comprenderli e ciò dovrebbe valere anche per gli<br />

studenti. In alcuni paesi i professori si fermano a scuola a<br />

bere il tè con i propri alunni, non per qualche secondo fine,<br />

ma semplicemente per parlare. Oramai la parola ha perso il<br />

suo vero valore, e non lo trovo giusto; la parola è l’unico<br />

mezzo che abbiamo per conoscerci, e non serve guardare per<br />

forza in faccia una persona per poterla comprendere: da ciò<br />

che una persona scrive, si possono capire i suoi pensieri e<br />

anche gli stati d’animo.<br />

Alessia Hu Jiaxi<br />

Giustizia per Gabriele<br />

(e per molti altri)<br />

Le furiose guerriglie urbane dei Black Block e più recentemente le<br />

proteste del Movimento No-Tav in Val di Susa lasciano regolarmente<br />

sul campo un buon numero di feriti e spesso qualcuno di loro non<br />

si alza più. Ma i colpevoli effettivi vengono sempre puniti?<br />

L'11 novembre 2007, in un autogrill nei pressi di Arezzo l’<br />

agente della Polstrada Luigi Spaccarotella uccise il tifoso laziale<br />

Gabriele Sandri. Il 15 febbraio 2012 il processo si è definitivamente<br />

concluso e Spaccarotella è stato condannato per<br />

omicidio volontario a 9 anni e 4 mesi di reclusione.<br />

E' possibile che ancora una volta i tempi della giustizia italiana<br />

debbano essere così lunghi e ci vogliano ben 5 anni prima<br />

di arrivare ad una sentenza?<br />

L'omicidio di Gabriele Sandri può apparire come un caso<br />

isolato, ma in realtà non lo è: talvolta la "violenza di Stato”,<br />

commessa non da ultras o manifestanti, ma dalle forze<br />

dell'ordine, la cui divisa sembra pesare più della verità, viene<br />

giustificata dalle autorità.<br />

Nessuno dovrebbe scordare il caso di Stefano Cucchi, un<br />

giovane che venne massacrato di botte dalla polizia peniten-


Punti di vista<br />

5<br />

ziaria del carcere di Regina Coeli. Cucchi aveva già avuto problemi<br />

con la giustizia, era anoressico e tossicodipendente,<br />

ma ciò non toglie che avesse dei diritti che dovevano essere<br />

rispettati dai carcerieri. Cucchi non<br />

morì solamente a causa delle percosse,<br />

ma anche per la mancanza di<br />

assistenza medica nei suoi confronti.<br />

Tuttavia i poliziotti e i medici responsabili<br />

della sua morte non sono<br />

mai finiti in cella e, nonostante numerose<br />

testimonianze di detenuti<br />

che avevano assistito al pestaggio e<br />

all'abbandono del ragazzo mentre<br />

era in fin di vita, è caduta l'accusa di<br />

omicidio colposo.<br />

E' questo dunque il sistema giudiziario italiano? Un ragazzo<br />

innocente viene ucciso da un colpo di pistola sparato da un<br />

agente ed è necessario aspettare cinque anni perché egli venga<br />

condannato? La vita di Gabriele Sandri valeva forse di<br />

meno di quella dell'ispettore Raciti, ucciso negli scontri fra<br />

ultras catanesi e palermitani, solo perché nella mentalità<br />

comune l'ultrà è il cattivo e il poliziotto il buono?<br />

Si può definire giusta una giustizia che non condanna dei<br />

carcerieri assassini anche se le prove e le testimonianze sono<br />

più che sufficienti?<br />

Invece di battersi per una giustizia migliore alcuni esponenti<br />

News dal <strong>Franchetti</strong><br />

Palestra: cosa è successo?<br />

Da un po’ la palestra nuova della nostra scuola è stata chiusa a<br />

causa di alcuni danni che hanno provocato anche un ferito.<br />

Ancora una volta la sicurezza degli studenti è stata trascurata per<br />

il profitto di sconosciuti ma risposte oppure rassicurazioni dalle<br />

autorità competenti tardano ad arrivare.<br />

politici difendono il sistema vigente e si scagliano contro<br />

quei giudici che a parer loro sono troppo severi nell'infliggere<br />

pene; Daniela Santanché, alla notizia della condanna di<br />

Spaccarotella per omicidio volontario,<br />

scrive sulla sua pagina Facebook:<br />

"Gli uomini delle forze dell'ordine<br />

non sono mai assassini, nemmeno<br />

quando uccidono". La Santanché si<br />

è già dimenticata che proprio lei al<br />

funerale di Gabriele piangeva copiosamente?<br />

Ora invoca clemenza per il<br />

suo assassino?<br />

Carlo Giovanardi, ex Sottosegretario<br />

alla Presidenza del Consiglio, riguardo<br />

al brutale pestaggio di Stefano Cucchi disse : "Cucchi<br />

non è morto per le percosse, bensì perché era tossicodipendente<br />

e anoressico". Come si può essere così ipocriti da negare<br />

l'evidenza? Con quale coraggio si può sostenere una tesi<br />

contraria a quella dei medici incaricati di effettuare l'autopsia<br />

sul corpo del giovane?<br />

Sarei molto curioso di sapere quanto sarebbero durati i processi<br />

a Spaccarotella e agli agenti della Penitenziaria se al<br />

posto di Gabriele Sandri e Stefano Cucchi ci fossero stati il<br />

figlio della Santanché e il figlio di Giovanardi<br />

La legge, in Italia, NON è uguale per tutti.<br />

Enrico Ellero<br />

Quello che fino a poco più di un mese fa sembrava impossibile<br />

si è verificato, colpendo a sorpresa<br />

la scuola proprio nel punto in cui mai<br />

se la sarebbe aspettata. «Si dispone l'immediata<br />

chiusura per effettuare le verifiche<br />

e la manutenzione del caso». Si<br />

legge questo nella nota trasmessa da un<br />

funzionario dell'Ufficio per l'Edilizia<br />

Scolastica. L'oggetto del provvedimento<br />

è ovviamente la nostra palestra, quella<br />

nuova, già chiusa dopo nemmeno tre<br />

anni dall’inaugurazione.<br />

Tutto è iniziato un giovedì sera, quando un ragazzo delle<br />

scuole medie che giocava a basket con una delle società che<br />

utilizzano abitualmente il palazzetto è caduto a terra. Scivolando<br />

sul pavimento ha sollevato con i pantaloncini una<br />

delle listarelle che compongono il parquet, che si è spezzata<br />

conficcandoglisi nel fianco. La scheggia, lunga all'incirca<br />

venti centimetri, è stata rimossa con un intervento chirurgico.<br />

La Provincia quindi ha inviato dei tecnici a fare dei controlli,<br />

che hanno infine portato alla chiusura di tutto il complesso<br />

fino a nuovo ordine.<br />

Adesso la palestra sembra un campo di battaglia; infatti le<br />

diverse ispezioni hanno rilevato sul pavimento complessivamente<br />

più di cinquanta punti a rischio, tra rigonfiamenti,<br />

sbeccature, chiodi sporgenti e veri e propri buchi, che sono<br />

segnalati con delle croci di scotch. Presumibilmente dovuti<br />

alla pessima qualità del materiale usato, anche se la ditta<br />

costruttrice si arrocca sulla scusa dell'uso improprio, che appare<br />

effettivamente troppo comoda,<br />

problemi già notati in passato (qualche<br />

anno fa si è verificato un episodio analogo,<br />

anche se in quell'occasione non è<br />

stato necessario il ricovero), ma che purtroppo<br />

sono stati sottovalutati, essendo<br />

la garanzia del parquet decennale, anche<br />

se buchi nella zona delle porte e soprattutto<br />

uno enorme da venti centimetri<br />

localizzato a metà campo sembrano dire<br />

con forza il contrario. La sostituzione<br />

totale sembra essere necessaria, però questa non è di competenza<br />

della scuola, ma della Provincia, che intende addebitare<br />

il costo dei lavori alla stessa ditta che ha effettuato quelli<br />

di costruzione dell'impianto, dando probabilmente il via a<br />

un processo i cui tempi non si annunciano per niente brevi e<br />

che ci lascerà senza palestra per gran parte (se non per tutta)<br />

la sua durata. Già adesso però le difficoltà di questa situazio-


6<br />

News dal <strong>Franchetti</strong><br />

ne si stanno facendo sentire: la palestra piccola del pianterreno<br />

infatti non è assolutamente sufficiente per due classi (a<br />

cui si dovrebbe /teoricamente/ aggiungere una classe del<br />

<strong>Liceo</strong> Artistico). E quando si è cercato di permettere ad<br />

almeno due classi di fare palestra sgomberando l'Aula Magna,<br />

questa è stata dichiarata inagibile dai Vigili del Fuoco a<br />

causa del parquet non ignifugo; di conseguenza, è stata<br />

chiusa anche questa, per permettere l'effettuazione dei lavori<br />

necessari. A tutte le carenze appena descritte che un edificio<br />

costruito settant'anni fa sta dimostrando (pardon, la<br />

palestra era nuova) bisogna aggiungere la mancanza di tende<br />

che con il ritorno dell'estate sta tornando pericolosamente a<br />

pesare; a ciò si uniscono problemi minori, quali il pericoloso<br />

stato di degrado degli antiscivolo sulle scale oppure lo<br />

scrostamento della vernice sui muri (anche se questo è evidentemente<br />

un male endemico della scuola pubblica), sui<br />

quali vengono inviati continuamente dalla Presidenza richieste<br />

di finanziamenti che però non arrivano.<br />

Quello che allora io chiedo, come studente, è il diritto a<br />

studiare in una scuola adeguata, in cui ad ogni acquazzone i<br />

bidelli non debbano disseminare secchi per tutta l'Aula<br />

Magna oppure un ragazzo non debba essere portato in ospedale<br />

con una scheggia di venti centimetri in corpo. Chiedo<br />

che non venga messa questa grande ipoteca sulle teste dei<br />

giovani, con il sempre più spietato taglio dei fondi all'edilizia<br />

scolastica, perché i soldi ci sono, ma non sono impiegati<br />

come dovrebbero. Chiedo di poter trascorrere questi anni<br />

in sicurezza e che ci vengano date delle risposte soddisfacenti;<br />

e che per il profitto di sconosciuti non si vengano a trascurare<br />

norme fondamentali così da mettere in pericolo<br />

l'incolumità fisica. Chiedo soprattutto, però, che ci vengano<br />

date finalmente delle risposte chiare, che ai “piani alti” della<br />

Provincia non ci si nasconda dietro un silenzio colpevole,<br />

ma si venga in prima persona a toccare con mano la situazione<br />

in cui noi studiamo, perché la scuola è la base su cui<br />

noi costruiamo il nostro futuro. Come cittadino di domani<br />

voglio, pretendo, esigo che ci venga dato ascolto e che non<br />

si ostenti una tranquillità che non si ha, perché è per questo<br />

modo di affrontare le difficoltà se adesso, e non voglio<br />

parlare del domani, ci troviamo in mezzo a una crisi globale,<br />

e non solo economica. Forse l'arricchimento personale è<br />

più importante dell'integrità fisica di una persona, fosse<br />

anche il primo sciagurato che passa?<br />

Una giornata in Viale<br />

Trastevere<br />

Come certamente saprete, la classe IV A recentemente è stata<br />

invitata a Roma, presso il Quirinale, per partecipare alle commemorazioni<br />

della Shoah nell’ambito della Giornata della Memoria,<br />

dal momento che alcuni studenti avevano girato un cortometraggio<br />

che poi è stato scelto come vincitore del concorso indetto<br />

dal Ministero dell’Istruzione. Ecco un resoconto del viaggio.<br />

“Avete venti minuti per portare i bagagli nelle vostre camere,<br />

rinfrescarvi, cambiarvi ed essere di nuovo in pullman!”,<br />

ci apostrofa la professoressa Rosada appena arrivati nella<br />

hall dell’albergo. Di corsa, recuperiamo le chiavi delle stanze,<br />

saliamo al nostro piano, molliamo le borse, ci infiliamo<br />

camicia e giacca e scendiamo. Il pullman ci mette un bel po’<br />

a raggiungere la zona di Trastevere, nel traffico notoriamente<br />

caotico della capitale. A un certo punto si ferma, e noi<br />

proseguiamo a piedi verso il Ministero della Pubblica Istruzione,<br />

prima tappa di una “vacanza romana” molto speciale.<br />

Siamo stati invitati a partecipare alle celebrazioni per la<br />

dodicesima Giornata della Memoria. Oggi saremo ricevuti<br />

al Ministero, dove, secondo il programma, pranzeremo e<br />

assisteremo alla premiazione dei progetti vincitori della X<br />

edizione del concorso “I giovani ricordano la Shoah”; nel<br />

pomeriggio andremo al Vittoriano a visitare la mostra sui<br />

ghetti ebraici in Polonia.<br />

Domani sarà la volta -e che volta!- del Quirinale. Qui riceveremo,<br />

dalle mani del Presidente della Repubblica Italiana<br />

Giorgio Napolitano, il premio che la nostra classe ha vinto.<br />

Primi fra tutte le classi delle scuole superiori di secondo<br />

grado che hanno partecipato!<br />

Il Ministero è proprio come lo immaginavo: un palazzo imponente,<br />

solenne, con rampe, scalinate, e poi saloni, corridoi.<br />

In uno di questi alcuni operai stanno montando dei<br />

pannelli di cartone su cui è rappresentato il simbolo<br />

dell’evento, un albero. Mi fermo ad osservarlo: l’albero è<br />

rigoglioso, frondoso, ma le sue radici si fondono con del<br />

filo spinato: lo stesso filo spinato dei campi di concentramento.<br />

Noi siamo la chioma, e la nostra forza trae nutrimento<br />

anche dalle cose più atroci che sono accadute nel<br />

passato, un passato recente, che dobbiamo ricordare e che<br />

abbiamo l’obbligo di tramandare. Ritroviamo la medesima<br />

immagine stampata sulla borsa di tela che ci viene consegnata<br />

da alcuni funzionari del Ministero come dono da parte<br />

delle Comunità Ebraiche Italiane e del Ministero stesso.<br />

Nella borsa troviamo tre libri: un fumetto, lo “storico”<br />

Maus; poi Storia di una vita, l’autobiografia di Aharon Appelfeld<br />

che racconta di come, ancora bambino, vagava solo<br />

per i boschi cercando di scappare dalla guerra; infine Parole<br />

Chiare, una descrizione dei luoghi della memoria in Italia.<br />

Uno degli ultimi capitoli del libro è scritto da Marco Rossi<br />

Doria, il sottosegretario che fra poco incontreremo.<br />

Intanto approfittiamo del buffet offerto dal ministero e<br />

preparato dagli studenti di una scuola alberghiera di Roma,


News dal <strong>Franchetti</strong><br />

7<br />

e conosciamo gli altri ragazzi premiati: una scuola primaria<br />

di Genova, una secondaria di primo grado di Lugo di Romagna<br />

e un conservatorio di Benevento. Tra una pizzetta e<br />

un saltimbocca chiacchieriamo e scherziamo per sciogliere<br />

un po’ la tensione. Non so se siamo così nervosi per<br />

l’inconsueta sveglia antelucana (siamo<br />

partiti alle quattro stamane) o per<br />

tutte le novità.<br />

Finito il pranzo, ci trasferiamo in<br />

una grande sala per assistere alla presentazione<br />

del concorso tenuta da<br />

Marco Rossi Doria e da un rappresentante<br />

delle Comunità Ebraiche Italiane.<br />

Il sottosegretario ci parla un po’<br />

di sé, della sua scelta di fare il maestro<br />

elementare e il maestro di strada, decisione molto impegnativa<br />

che lo ha portato nelle zone più difficili dell’Italia<br />

e del mondo. Leggendo la sua biografia nel volume<br />

“Parole Chiare” scopriamo che è anche fondatore, assieme<br />

a studiosi e ricercatori, dell’associazione 27 Gennaio che si<br />

occupa dei temi della Shoah. Ci spiega il senso e lo scopo<br />

del concorso “I giovani ricordano la Shoah”, nato dieci<br />

anni fa, con la finalità di promuovere studi e approfondimenti,<br />

da parte dei giovani, sulla tragicità dell’Olocausto,<br />

sui campi di sterminio nazisti e su tutte le persecuzioni<br />

razziali. Passa poi la parola al rappresentante delle Comunità<br />

Ebraiche Italiane, il quale ci ringrazia a nome di tutti<br />

gli ebrei della nostra nazione, poiché in questo momento<br />

rappresentiamo gli studenti italiani che hanno partecipato<br />

al concorso. Si sofferma sull’importanza di questa attività,<br />

rivolta alle giovani generazioni perché possiedono il futuro<br />

e devono portare nel futuro la memoria di persecuzioni<br />

così terribili e incomprensibili affinché non si verifichino<br />

mai più. Il sottosegretario passa quindi a presentare i lavori<br />

premiati: il cartellone dei bambini<br />

delle elementari, il testo dei ragazzi<br />

delle medie, la composizione musicale<br />

degli allievi del conservatorio, e<br />

naturalmente il nostro cortometraggio.<br />

Che emozione vederlo proiettato<br />

in una sede istituzionale così importante<br />

davanti a decine e decine di<br />

persone! E’ poi il momento delle<br />

spiegazioni: gli studenti che hanno<br />

realizzato i singoli progetti sono invitati ad illustrare al<br />

pubblico idee, spunti, modalità di realizzazione e difficoltà<br />

incontrate.<br />

E’ sera e, forse per l’emozione, forse perché sono veramente<br />

molto stanco, non riesco ad addormentarmi. Prendo in<br />

mano il libro di Aharon Appelfeld e la mia attenzione è<br />

catturata da una frase sulla quarta di copertina: “La memoria<br />

custodisce ciò che sceglie di custodire”. Penso: la nostra<br />

memoria sceglie di custodire quegli eventi di<br />

settant’anni fa.<br />

Guglielmo Greco IV A<br />

Appuntamenti<br />

Ecco un breve elenco dei prossimi appuntamenti:<br />

CORO D’ISTITUTO<br />

Auditorium Candiani<br />

Giovedì 19 Aprile, h.21.00<br />

Ultimo appuntamento della rassegna “All you<br />

need is X-Music”:<br />

“Steve Jobs - L’uomo che ha cambiato il nostro<br />

futuro”<br />

GRUPPO SPORTIVO D’ISTITUTO:<br />

Istituto Stefanini<br />

Lunedì 16 Aprile, 14.15<br />

Torneo di Pallavolo Mista Interistituti


SOLUZIONE INDOVINELLO N°1: Il pretendente<br />

avrebbe dovuto scegliere lo scrigno d’argento.<br />

8<br />

Donna o tigre?<br />

a cura di Alessia Hu Jiaxi<br />

Molti di voi certamente conoscono il racconto di Frank Stockton Donna o Tigre?, in cui un prigioniero deve scegliere<br />

tra due stanze, una delle quali contiene una donna e l’altra una tigre. Se sceglie la prima, sposa la donna; se<br />

sceglie l’altra, viene (probabilmente) mangiato dalla tigre.<br />

Anche il re di un paese ha letto il racconto e ciò gli ha suggerito un’idea. «Ecco il modo migliore per mettere alla<br />

prova i miei prigionieri!» disse un giorno al suo ministro. «Solamente non voglio lasciare tutto al caso; metterò dei<br />

cartelli sulle porte delle stanze, e ogni volta dirò al prigioniero alcuni fatti riguardo ai cartelli. Se il prigioniero è<br />

ingegnoso e in grado di ragionare in modo logico, salverà la propria vita e in più vincerà». «Eccellente idea!» disse<br />

il ministro.<br />

Il re spiegò al prigioniero che ognuna delle due stanze conteneva una donna o una tigre, ma poteva accadere che ci<br />

fossero tigri in entrambe le stanze,o donne in entrambe le stanze, o ancora una donna in una stanza e una tigre<br />

nell’altra.<br />

«Supponete che entrambe le stanze contengano tigri» domandò il prigioniero «Cosa faccio allora?»<br />

«Avrai avuto sfortuna!» rispose il re.<br />

«E se entrambe le stanze contenessero donne?» domandò il prigioniero.<br />

«Allora ovviamente avrai avuto fortuna» rispose il re «Avresti indovinato comunque la risposta».<br />

«Bene, supponete che una stanza contenga una donna e l’altra una tigre; cosa succederà?» domandò il prigioniero.<br />

«In questo caso c’è una bella differenza tra quale stanza scegli, non ti pare?»<br />

«Come faccio a sapere quale stanza scegliere?» domandò il prigioniero.<br />

Il re indicò i cartelli sulla porta delle stanze e spiegò che i cartelli erano entrambi veri o entrambi falsi. Ecco i cartelli:<br />

C’è una tigre in questa stanza<br />

oppure c’è una donna nell’altra<br />

stanza.<br />

C’è una donna<br />

nell’altra stanza.<br />

La prima stanza contiene una donna o una tigre? E la seconda?<br />

In redazione: Alice Boscariol (IV C), Giulia Carrucciu (IV C), Irene Gasparini (IV C), Pietro<br />

Scaggiante Brunello (IV C), Tommaso Faoro (IV D), Alessia Hu Jiaxi (IV D), Giovanni Stigliano<br />

(IV D), Elena Pantaleoni (VB), Virginia Barelli (V D), Laura Carraro (I C), Elena Viggiani<br />

(I C), Irene Zuin (I C).<br />

Impaginazione: Francesca Trevisan (V B), Lorenzo Manzoni (V C)<br />

Docente responsabile: prof.ssa Maria Angela Gatti<br />

<strong>IL</strong> <strong>CAMALEONTE</strong><br />

Periodico del <strong>Liceo</strong> <strong>Ginnasio</strong> <strong>Statale</strong> «Raimondo <strong>Franchetti</strong>»<br />

Corso del Popolo, 82 - 30172 Mestre (VE) tel.: 041/5315531<br />

www.liceofranchetti.it/index.php?pagina=camaleonte

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