03.09.2014 Views

il tempo della poli'|ica - Liceo Classico Psicopedagogico Cesare ...

il tempo della poli'|ica - Liceo Classico Psicopedagogico Cesare ...

il tempo della poli'|ica - Liceo Classico Psicopedagogico Cesare ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

IL TEMPO DELLA POLI'|ICAdi<br />

Marisa Squ<strong>il</strong>lante<br />

A Seneca, <strong>il</strong> provinciale, di origine equestre, a cui l'oratoria g<br />

l'ingresso nell'ordine senatorio avevano concesso fama, notorieli<br />

e successo in poco <strong>tempo</strong>, <strong>il</strong> forzato es<strong>il</strong>io per otto lunghi anni nelle<br />

solitudini <strong>della</strong> Corsica dovette sembrare ben più che un incubo:<br />

non dimentichiamo che a proposito dell'isola nell'epigr. 229 Shackleton<br />

Ba<strong>il</strong>cy, v. 8 si dice ... sola lmec duo .sunt: entl et ex<strong>il</strong>iun.<br />

Quindi dopo che nel 49, per richiesta di Agrippina, che lo vuole<br />

come precettore del figlio Nerone, Seneca rientra a Roma si riaccende<br />

nel suo animo la speranza di calcare nuovamente la scena<br />

politica, per di piir con I'accesso alla corte imperiale. Un rientro<br />

alla grande, quindi, in un momento in cui la corte imperiale cerca<br />

un avvicinamento al senato: la figura mediatrice del f<strong>il</strong>osofo viene<br />

in tal modo ad assumere una valenza particolarmente forte.<br />

E del 49 è, quasi sicuramente, <strong>il</strong> de brevitate yirae dedicato al<br />

funzionario imperiale Paolino per sollecitarlo ad abbandonare 121<br />

politica e a rivolgersi alla vita contemplativa. Scopo dell'opera è<br />

dimostrare come soltanto per gli occupati la vita sia breve in quanto<br />

essi sciupano <strong>il</strong> loro <strong>tempo</strong> prezioso lasciandosi assorbire {2<br />

fut<strong>il</strong>i impegni. Nei tre capitoli iniziali in cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo ci introduce<br />

al problema con toni di forte denunzia si incomincia a delineare<br />

<strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o di chi deve essere considerato un dissipatore del<br />

<strong>tempo</strong>, colui al quale <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> per luxmn crc neglegerttiam cli.ffluit<br />

(I 3). Nel lungo e dettagliato elenco di uomini che sciupano <strong>il</strong> pro-<br />

* Una versione rielaborata di questo intcrvento è apparsa in 24l:-<br />

2000, pp. 137-151.


160 Marisa Squ<strong>il</strong>lantc<br />

Il <strong>tempo</strong> <strong>della</strong> politica<br />

l6l<br />

prio <strong>tempo</strong> con cui si apre <strong>il</strong> cap. ll (l-2) (Alium insatiab<strong>il</strong>is tenet<br />

avaritia, aliturt... operosa sedulitas, alius vino madet , alius inertia<br />

torpet ... aliwn mercandi cupiditas, ... quosdam torquet cupido<br />

m<strong>il</strong>itiae ... quos ... superiorum cultus voluntaria servitute consumat;<br />

nu<strong>il</strong>tos aut affectatio alienue formae aut suae cura detinuit:<br />

plerosque ... levitas per nova cons<strong>il</strong>ia iactavit ) non manca un concreto<br />

accenno diretto a chi è impegnato nella tenzone politica (...<br />

alium defatigat ex alienis iudiciis suspensa semper ambitio)<br />

secondo quello schema diatribico per cui I'uomo politico, <strong>il</strong> mercante<br />

e <strong>il</strong> soldato costituiscono i tre personaggi esemplari per definire<br />

I'alienazione: a questi aveva fatto riferimento anche Orazio<br />

nell'ode proemiale a Mecenate (I 1). Lo stesso Seneca nel de ira,<br />

pubblicato, forse, nel 41, quando enumera, secondo le direttive<br />

stoiche i vizi più turpi che sconvolgono I'animo umano vi include<br />

la smania di ricoprire cariche pubbliche che tormenta l'uomo che<br />

uno nomine occupare fastus vult, per omnem orbem titulos disponere<br />

(de ira I21,3). Lambizione politica è messa alla pari con<br />

l'amore per <strong>il</strong> lusso,l'avarizia e la libidine a proposito dei quali<br />

lapidariamente Seneca dice ornnia ista ... angusta sunt, misera,<br />

depressa (4). Nel de brevitate vitae, perltanto i primi casi di di una vita affaccendata non possono non essere che<br />

tre grandi <strong>della</strong> politica Augustus divus, Cicero e Livius Drusus ai<br />

quali <strong>il</strong> Nostro, per descriverne i tormenti derivanti ex <strong>il</strong>lo fastigio<br />

sllo, dedica, addirittura, un capitolo ciascuno. Uomini potentissimi<br />

et in altum sublatis (IV l) a cui, dice Seneca excidere voces videbis<br />

quibus otium optent, laudent, omnibus bonis suis praeferant.<br />

> traduce da interprete<br />

raffinato <strong>il</strong> Traina ricordando, a testimonianza del significato da<br />

attribuire a excidere voces, Cic. Ph<strong>il</strong>. 10, 6. Questi uomini, dunque,<br />

desiderano e lodano <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> libero preferendolo a tutti i loro<br />

beni: tuttavia quest'invocazione dell'otium sembra loro sfuggire di<br />

bocca inconsapevolmente, quasi come un lamento inconsulto. Del<br />

resto Seneca stesso sembra sapere a cosa si debba attribuire <strong>il</strong> loro<br />

cedimento: egli infatti conclude <strong>il</strong> paragrafo dicendo che, se anche<br />

nessuna forza ost<strong>il</strong>e intervenga dall'esterno (ut nih<strong>il</strong> extra lacessat<br />

aut quatiat), è la fortuna a crollare sotto <strong>il</strong> suo stesso peso (in se<br />

ipsa fortuna rullr). Sembrerebbe, pertanto, che la sofferenza nasca<br />

nell'uomo di potere non tanto dalla consapevolezza di aver poco<br />

<strong>tempo</strong> per sé quanto dall'amara coscienza <strong>della</strong> precarietà <strong>della</strong><br />

propria sorte e, quindi, dalla privazione del proprio potere.<br />

Del resto le parole che lo scrittore pone in bocca a Nerone nella<br />

sezione iniziale del de clementia (l 2) costituiscono una celebrazione<br />

quasi orgiastica del potere: un periodo lunghissimo, che occupa<br />

quasi tutto <strong>il</strong> secondo paragrafo, si snoda in una serrata e articolata<br />

successione di brevi cola scanditi da anafore, allitterazioni,<br />

poliptoti Egone ... qui ...Ego ... qualem quisqtte . .. mea ... quid cuique<br />

... meo ... me ... quae ... mea ... qlms ... quas ... quibus ... quibus<br />

... quos ... quontmque ... quae ,,. Ene ... mea producendo nel<br />

lettore una tensione fortissima che gli consente di essere viva parte<br />

delle emozioni del protagonista. Quel protagonista che apparentemente<br />

è Nerone ma che, in realtà, è Seneca stesso che proprio in<br />

apertura dell'opera si presenta come I'alter ego dell'imperatore nel<br />

momento in cui dichiara


t62<br />

Marisa Squ<strong>il</strong>lantc<br />

Il <strong>tempo</strong> <strong>della</strong> politica<br />

163<br />

est: lloc praecipit. Longam <strong>il</strong>li vitam.facit omnium <strong>tempo</strong>rum i<strong>il</strong><br />

mumt conlatio). Al lettore attento non sfugge che in questa dimensione<br />

di onnipotenza attribuita al saggio può leggersi in f<strong>il</strong>igrana la<br />

fotografia di un'esperienza autobiografica dello scrittore che sa di<br />

poter intelvenire dall'alto <strong>della</strong> sua posizione stllo scorrere dcl<br />

<strong>tempo</strong> e <strong>della</strong> storia (de brev. vitae XIV 2 ... rerum natura in consortium<br />

omnis aevi patiatur incedere... )1. Una storia che non costituisce,<br />

come per lo stoicismo di Marco Aurelio, uno spettacolo<br />

degradato di fatuità e precarietà ma una dimensione <strong>il</strong>limitata dove<br />

trionfa la rnagnindo animi: (de brev. vitae XIY l-2).ll passato, dei<br />

tre momenti in cui è diviso <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> (de brev. vitae X2 in tria <strong>tempo</strong>ra<br />

vita dividitur : quod fuit, quod est, quod futurum est), è l'unico<br />

Etod egimus certwn e per tale motivo lontano dalle emozioni e,<br />

quindi, sacro (4 Atqui haec est pars <strong>tempo</strong>ris nostri .sacra ac dedicata,<br />

omnis lutmanos casus sttpergressa, extra regnlrm fortunae<br />

subducta, quam non inopia, non metus, non morborum incursus<br />

exagitet; haec nec turbari nec eripi potest: perpetua eius et intrepida<br />

possessio est).<br />

Nel pieno dell'impegno politico Seneca, quasi a scaricare la<br />

tensione da cui è gravato per la sua intensa partecipazione alla vita<br />

politica, anche se egli non volle mai esercitare cariche pubbliche<br />

(fu forse soltanto nel 56 d.C. consul snffectus), scrive trattati morali<br />

di profonda significatività dove cerca di liberare le sue ansie più<br />

vere e profonde. Tra queste opere va annoverato tl de vita beata,<br />

giuntoci incompleto e dedicato al fratello Novato quando questi<br />

aveva già <strong>il</strong> nome adottivo di Gallione: <strong>il</strong> testo per i più va datato<br />

t In tutti i momenti dclla propria vita Seneca ha manifestato <strong>il</strong> convincimento<br />

che <strong>il</strong> saggio ed <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> sono strettamcnte lcgati: <strong>il</strong> saggio si deve porre <strong>il</strong> problema<br />

del <strong>tempo</strong> come una delle primc e più importanti riflessioni (ep. 88, 33<br />

magna et spatiosa res est sapientia: vacuo <strong>il</strong>li loco oplts est: de divinis humanisqtte<br />

discendum est, de praeteritis de futuri.s de caducis de aeternis de <strong>tempo</strong>re.<br />

De quo uno vide quam nu<strong>il</strong>ta quaerantur: primum an per se sit aliquid: deinde an<br />

aliquid ante tempus sit sine <strong>tempo</strong>re: cum mundo coeperit an etiam ante mundurn<br />

qttia fircrit aliquid, fuerit et tenryus).<br />

tra <strong>il</strong> 54 e <strong>il</strong> 59. Qui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo sottraendosi ad ogni possib<strong>il</strong>e precedente<br />

suggestione di Epicuro, riprende la polemica stoica, contro<br />

la tesi epicurea, per cui sommo bene deve essere considerata la<br />

virtù e non <strong>il</strong> piacere. I-a sua posizione nei riguardi del potere sembrerebbe<br />

cambiata rispetto al de clementia'. <strong>il</strong> potere politico<br />

comincia ad essere guardato con sospetto in quanto, come afferma<br />

all 4 opes, gratia et potentia sono cose appariscenti che ci lasciano<br />

a bocca aperta, e che ci mostriamo I'un l'altro con ammirazione.<br />

Esse splendono dal di fuori, ma di dentro sono miserevoli (lsra<br />

quae spectantur, ad qtme consistitur, Erue alter alteri stupens<br />

monstrat, foris nitent, inÍrorsus misera.runl). Nel corso dell'opera<br />

I'atteggiamento di Seneca diviene meno inflessib<strong>il</strong>e: l'apertura al<br />

mondo esterno è concessa purché lo spirito rimanga padrone di se<br />

stesso e quindi degli stessi beni senza farsi soggiogare da loro<br />

(VIII 4 ... cum secuta sensus suos per <strong>il</strong>los se ad externa porrexerit,<br />

et <strong>il</strong>lorum et sui potens si/). Il leit-motiv del de vita beata è<br />

proprio questa continua affermazione dell'indipendenza del saggio<br />

dai beni terreni, e quindi anche dal piacere procurato dalla gestione<br />

del potere: un'indipendenza che però non vuol assolutamente<br />

dire privazione o rinuncia perché come afferrna Seneca a X 3 Tu<br />

voluptatem complecteris, ego compesco; tu voluptate frtteris, ego<br />

utor ... trt onmia voluptatis causa facis, ego nih<strong>il</strong> (


__T_<br />

t&<br />

Marisa Squ<strong>il</strong>lantt:<br />

II <strong>tempo</strong> <strong>della</strong> politica<br />

165<br />

quanto <strong>tempo</strong> dei grandi progetti non può essere considerato comc<br />

dissipato o sprecato: non è un caso che Socrate, <strong>il</strong> quale a XXV 4<br />

si fa portavoce del f<strong>il</strong>osofo, faccia una vera e propria apologia<br />

dell'uomo di potere che sarà uomo, realizzando, quindi, in pieno la<br />

sua umanità, quando tutti io osanneranno come un dio (... ltominem<br />

esse maxime cogitabo, cum deus wtdique consalutabor).<br />

Siamo ancora in una fase in cui <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo, mantenendo <strong>il</strong> pieno<br />

controllo sugli eventi, è proiettato verso <strong>il</strong> futuro in quanto guida<br />

per l'azione sebbene <strong>il</strong> rapporto di Seneca con <strong>il</strong> <strong>tempo</strong>, in ogni<br />

momento <strong>della</strong> sua vita, presupponga un rapporto priv<strong>il</strong>egiato con<br />

<strong>il</strong> solo presente: secondo I'impostazione stoica, <strong>il</strong> passato costituisce,<br />

infatti, <strong>il</strong> regno <strong>della</strong> morte; non ha, perciò, alcun significato <strong>il</strong><br />

culto <strong>della</strong> memoria, ed <strong>il</strong> futuro, sempre secondo la direttiva stoica<br />

è fonte soltanto di ansia, di incertezza, in altre parole di<br />

quell'instab<strong>il</strong>ità che è la causa primaria dell'infelicità umana (vlt.<br />

ó. XV 3 ... sequitttr vita anxia, suspiciosa, trepida, casum pavens,<br />

<strong>tempo</strong>rum suspensa momentis). All'epoca del de vita beata <strong>il</strong> futuro<br />

non è ancora un magma potente e ost<strong>il</strong>e che tende ad annientare<br />

l'individuo che gli si rivolge angosciato in attesa ma è una parte<br />

di noi che ci permette di arricchire la dimensione del presente<br />

vivendolo con maggiore intensità: I'importante è appropriarsi del<br />

futuro senza che sia questo a travolgerci con <strong>il</strong> timore e l'aspettativa<br />

di ciò che avverrà. Il presente stesso ha, del resto, un enorme<br />

valore in quanto <strong>tempo</strong> dell'azione: è I'unica dimensione che ci<br />

permette agendo, appunto, di costruire <strong>il</strong> nostro avvenire.<br />

Il dirottamento dell'ambizione politica da un ambito particolaristico<br />

e occasionale ad un ambito ecumenico ed universale ritorna,<br />

amplificato, nel de tranqu<strong>il</strong>litate animi. Scritto per Anneo<br />

Sereno, suo fam<strong>il</strong>iaris e capitano delle guardie imperiali, <strong>il</strong> testo<br />

offre, comunque, un'apertura verso I'umanità, verso <strong>il</strong> mondo<br />

estemo al sé. Ideo magno animo nos non unius urbis moenibus<br />

clusimus, sed in totius orbis commercium emisimus dice Seneca a<br />

IV 4 dove, poi, conclude affermando patriamque nobis mundttm<br />

professi sumus, ut liceret latiorem virtuti campum dare.ln realtà <strong>il</strong><br />

male con più forza denunciato da Seneca nel de tranqu<strong>il</strong>litate<br />

animi è iI taedium, quel turbamento che porta l'animo a provarc<br />

disgusto e a non fissarsi su niente, nttsqrmm residentis animi volu-<br />

rafio (ll l0). L animo umano per sua natura è ag<strong>il</strong>is ... et proruts ad<br />

nntus (II l1), quindi incline a rivolgere <strong>il</strong> suo interesse a passioni<br />

sempre differenti: pertanto è chiaro che I'inerzia può soltanto<br />

distruggerlo. Campo d'azione priv<strong>il</strong>egiato per la discussione e<br />

I'esemplificazione è, non a caso, quello politico: anche in uno<br />

stato oppresso dalla tirannide - ricorda Seneca - è possib<strong>il</strong>e per <strong>il</strong><br />

saggio mostrare ciò che egli è (V 3 et in afflicta re publica esse<br />

occasionem sapienti viro ad se proferendtm). ll ritiro dalla politica<br />

non è ancora la soluzione migliore per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo: la tesi abbracciata<br />

da Atenodoro per cui è preferib<strong>il</strong>e abbandonare I'impegno<br />

politico e sociale per dedicarsi completamente agli studi (III 5<br />

Ergo si tempus in studia conferas quod subduxeris fficiis, non<br />

deserueris nec munus detractraverls) non è da lui condivisa in<br />

quanto - egli dice -<br />


Marisa Sclu<strong>il</strong>llnlr'<br />

Y<br />

Il tentpo <strong>della</strong> politica<br />

t67<br />

ra completamente allontanato dal suo raggio d'azione le questiorri<br />

politiche per cui anche quando condanna l'attività frenetica clrc<br />

troppo coinvolge, ha sempre una parola di giustificazione pcr'<br />

I'impegno come parte dei propri doveri. Chi la sorte ha escluso clni<br />

ruoli di primo piano viene sollecitato a resistere e a tener duro (lV<br />

6 stes tamen) e lo stesso invito a reagire viene rivolto immmediatamente<br />

dopo a coloro a cui è stato sottratto anche <strong>il</strong> diritto di<br />

replicare con le parole: esso è realizzato attraverso I'icastica ripctizione<br />

a distanza ravvicinata del sintagma stes t(unen.ltalo Lanaz,<br />

analizzando in maniera persuasiva <strong>il</strong> passo, mette in esatto r<strong>il</strong>ievo<br />

quanto la significatività del passaggio sia accentuata dall'uso di un<br />

lessico attinto dal gergo m<strong>il</strong>itare e dall'ctprosdoketon che chiude la<br />

riflessione stes tamen et s<strong>il</strong>entio itues. Lontano dall'inerzia epicurea<br />

ma anche dal frenetico iperattivismo stoico Seneca sceglie la<br />

strada di mescolare riposo e azione: non, quindi, I'otimn fine a se<br />

stesso ma mezzo per conquistare l'honestum. La cosa migliore è,<br />

pertanto, per l'uomo miscere otium rebus (lV 7). Riprendendo,<br />

infatti, l'affermazione di Democrito per cui Seneca<br />

ricorda come essa vada riferita agli impegni inut<strong>il</strong>i mentre se si<br />

tratta di occupazioni necessarie, private o pubbliche che siano, se<br />

ne devono prendere in gran numero addirittura senza limite. Solo<br />

quando non siamo chiamati dai nostri doveri inhibendae actiones<br />

(xrrr 1).<br />

La scelta del disimpegno è operata a partire dal 62, anno <strong>della</strong><br />

morte di Afranio Burro, avvenimento che comporta un fortissimo<br />

indebolimento <strong>della</strong> posizione di Seneca presso I'imperatore come<br />

ci testimonia Tac. Ann. XIY 52, I mors Burri infregit Senecae<br />

potentiam. E agli anni del ritiro dalla politica va ricondotta la composizione<br />

del de otio, come tutti gli altri dialoghi diffic<strong>il</strong>mente<br />

datab<strong>il</strong>e. L'annosa querelle può essere conclusa da queste parole di<br />

Ivano Dionigi:


168 Marisa Squ<strong>il</strong>lantc<br />

Il <strong>tempo</strong> <strong>della</strong> politica<br />

t69<br />

scena pubblica portando a giustificazione <strong>della</strong> propria sofferta<br />

decisione la salute malferma. Eppure lo scrittore sente la necessità<br />

di ribadire che la vita umana si realizza nella doppia dimensione<br />

<strong>della</strong> vita attiva e di quella contemplativa. Se è vero, come afferma<br />

sempre Dionigi, che nell'espressione natura nos ad utrumque<br />

genuit, et contemplationi rerum et actioni (V l) la presenza di<br />

rerum accanto acontemplationi, evifando I'atteso omeottoto (contemplationi<br />

et actioni), sb<strong>il</strong>ancia <strong>il</strong> periodo a favore di quest'ultima5,<br />

è anche importante sottolineare che la forte dichiarazione che<br />

introduce I'affermazione precedenfe, solemus dicere summum<br />

bonum esse secundttm naturamvivere (V 1), costruita attraverso un<br />

allitterante parallelismo, coinvolge nella sua forte significatività<br />

l'affermazione nel suo complesso per cui actio e contemplatio, in<br />

quanto obbedienti ad una regola di natura, permettono entrambe di<br />

conseguire <strong>il</strong> sommo bene. Lo stesso concetto viene ripetuto più<br />

innanzi aYl2, un passo analizzato attentamente e con enorme precisione<br />

da Dionigi che lo confronta con Cic. de off.I, 153-157 mettendone<br />

in luce le convergenze ma, ancor più le divergenze che<br />

portano lo studioso a concludere che tra i due testi 6.<br />

Alle raffinate e documentatisssime riflessioni dello studioso che<br />

pongono I'accento su come la nota ciceroniana ruoti intorno alla<br />

virtù sociale mentre quella senecana intorno a quella individuale<br />

con l'esplicito riferimento all'amor virtutis e al cultus ingenii vorrei<br />

aggiungere una notazione che, a mio parere, sposta I'asse<br />

dell'interesse senecano di nuovo al centro tra azione e contemplazione.<br />

In posizione mediana nell'ambito del complesso periodo<br />

strutturato in maniera binaria (Yl 2 quomodo res appetere sine<br />

ullo virtutttm amore et sine cultu ingenii ac nudas edere operas<br />

minime probab<strong>il</strong>e est ... sic imperfecnm ac languidum borutm est<br />

s<br />

Cfr. Dionigi (ad loc., p.2n).<br />

6<br />

Cfr. l'introduzione di Dionigi a p. 99 e comm. ad loc., p.253.<br />

in otium sine actu proiecta virtus, numquatn id quod didicit ostendens)<br />

si inserisce la parentesi misceri enim ista inter se et conseri<br />

debent. La parentesi, come sappiamo, da un punto di vista retorico,<br />

non realizza soltanto ùn'aversio sintattica inserendo una frase<br />

estranea alla costruzione ma, in quanto figura dell'im;nutatio, produce<br />

un effetto emozionale ed evocativo con la sua potenzialità<br />

amplificante: Seneca concentra la nostra attenzione su tale asserzione<br />

ribadendo così I'importanza di fondere i due momenti. In<br />

conclusione, dunque, con<strong>il</strong> de ofio siamo ormai ad un momento di<br />

svolta <strong>della</strong> vita di Seneca che non riesce, però, a controllare del<br />

tutto <strong>il</strong> rimpianto per quella realtà che con tanto sforzo aveva<br />

costruito.<br />

Dopo la morte di Burro, dalle cause non chiare, visto fallire <strong>il</strong><br />

suo grandioso progetto di rigenerazione civ<strong>il</strong>e che mirava a<br />

costruire un'armoniosa collaborazione tra <strong>il</strong> principe ed <strong>il</strong> senato,<br />

Seneca si ritira definitivamente dalla vita pubblica. Nello stesso<br />

anno vengono uccisi per volontà di Nerone Plauto, S<strong>il</strong>la e Ottavia"<br />

All'orizzonte si prof<strong>il</strong>a la congiura di Calpurnio Pisone.<br />

Come afferma Hannah Arendt 7 violenza e aggressività, per<br />

quanto costituiscano strumenti di cui la politica si serve per<br />

ampliare <strong>il</strong> proprio potere, non sono la politica: laddove la violenzaregnasovrana<br />

non c'è spazio per la politica. Nel politico la violenzaha<br />

una sua ragion d'essere nello scopo finale che è quello<br />

<strong>della</strong>real\zzazione e strutturazione <strong>della</strong> regola, del fondamento di<br />

una reale libertà intesa come vivib<strong>il</strong>ità: la violenza è


t70<br />

Marisa Squ<strong>il</strong>lantc<br />

Il <strong>tempo</strong> <strong>della</strong> politica<br />

t7t<br />

In questa nuova fase <strong>della</strong> vita di Seneca nascono le naturales<br />

quaestiones, rl de providentia e le epistulae ad Luc<strong>il</strong>ium ed è soltanto<br />

su queste che per esigenza di <strong>tempo</strong> concentrerò la mia attenzione.<br />

È questo <strong>il</strong> testo che maggiormente comunica l'ossessione<br />

che Seneca ebbe del <strong>tempo</strong>, un <strong>tempo</strong> troppo breve, che tutto trascina,<br />

che incalza inesorab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> momento del nostro incontro<br />

con la morte. Il <strong>tempo</strong> delle Epistole non è più un'organica e per,<br />

fetta mescolanza di <strong>tempo</strong> csterno, <strong>tempo</strong> politico cioè, e <strong>tempo</strong><br />

individuale: nell'epistolario tutto è concentrato sull'attimo presente<br />

inteso come frammento del vissuto personale e quotidiano. Se<br />

per Seneca <strong>il</strong> presente ha sempre costituito una dimensione priv<strong>il</strong>egiata,<br />

come del resto ho già affermato all'inizio <strong>della</strong> mia relazione,<br />

tuttavia nei momenti di forte impegno politico passato e<br />

futuro assumono per iui una diversa e forte significatività. Dopo <strong>il</strong><br />

ritiro dalla scena politica <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> non può più essere inteso come<br />

una realtà in lineare sv<strong>il</strong>uppo ma ci viene presentato come una<br />

dimensione frammentaria fatta di piccoli, insignificanti, puntuali<br />

attimi: <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> che noi viviamo quasi si confonde nel nulla -<br />

dichiara Seneca nell'epist. 99. La stessa scelta letteraria del genere<br />

dell'epistolario risulta in tal senso molto significativa: è stato a<br />

giusta ragione messo in luce come I'assenza nella maggior parte<br />

delle singole lettere di qualsiasi dato cronologico e logistico<br />

accentua <strong>il</strong> fatto che 86, 1988, pp. 53-67, in partic. p. 54.<br />

t0<br />

Cfr. I. Prigogine, Lct noscitu del tenpo, tr. it., M<strong>il</strong>ano 1998, p. 55.<br />

ferazione degli eventi, porta ad un'accelerazione del <strong>tempo</strong> e,<br />

quindi, all'impossib<strong>il</strong>ità di scandirlo essendo la distanza tra gli<br />

avvenimenti troppo ravvicinata. La grande sensib<strong>il</strong>ità di Seneca<br />

percepisce quindi questa parossistica accelerazione, e, di conseguenza,<br />

la sua impossib<strong>il</strong>ità a intervenire sul rcale e sul <strong>tempo</strong>: è<br />

per questo che egli cerca di sottrarsi al flusso degli eventi rifugiandosi<br />

in una dimensione intellettuale e solitaria (epist. 10, 1...<br />

fuge multitudinem, fuge paucitatem, fltge etiam unurn). Seneca<br />

costruisce I'epistolario rivendicando con durezza ed in modo<br />

esplicito <strong>il</strong> suo diritto ad allontanarsi dal reale: egli è un saggio e<br />

. Egli si allontana dalla vita con netta consapevolezza e non per<br />

vigliaccheria o perché ha visto fallire i suoi propositi; può, perciò,<br />

anche arrogarsi <strong>il</strong> diritto di condannare chi ha agito diversamente:<br />

.<br />

La raccolta di lettere è strutturata sull'affiancarsi di piccole<br />

schegge di vita, tanti piccoli attimi che sembrano fermare lo scorrere<br />

del <strong>tempo</strong> nella pregnanza del momento. Un mondo artefatto,<br />

letterario, speculare rispetto ad una realtà vista come <strong>il</strong> regno del<br />

disordine assoluto, che non ha più alcuna possib<strong>il</strong>ità di progresso.<br />

Lo scrittore ci propone un racconto fatto di brevi flashes, racconti<br />

vivaci e brevissimi, con qualche notazione di carattere psicologico<br />

posti spesso in apertura alle lettere, a cui fanno seguito ampie<br />

riflessioni di carattere etico: penso all'inizio dell'epistola 11 ; dell'epistola24 o dell'epistola<br />

29


172 Marisa Squ<strong>il</strong>lantc<br />

Il tentpo <strong>della</strong> politica<br />

t73<br />

ficienti a ribadire come seneca si sia rifugiato in questa dimensione<br />

tutta attuale e presente per paura di quel futuro che si sta preparando<br />

non solo per sé ma anche per I'intera società romana.<br />

Vivere a pieno <strong>il</strong> presente vuol dire liberarsi dall'ansia e dall,angoscia<br />

che genera in noi l'attesa de futuro.


t74<br />

Marisa Squ<strong>il</strong>lantc<br />

Il <strong>tempo</strong> <strong>della</strong> politica<br />

175<br />

ac suettt, <strong>il</strong>le niteat alieno, hoc inter hanc viram et <strong>il</strong>lam: lmec Jttlgore<br />

extrinsecus percussa est, crassam i<strong>il</strong>i statirn umbrarn faciet<br />

quisquis ob.stiíerit; <strong>il</strong>la suo lunúne inlustris esl. L'identificazione<br />

tra i due elementi <strong>della</strong> sim<strong>il</strong>itudine si prorunga nella battuta conclusiva<br />

del paragrafo sÍudiu te ttm clartmt et nob<strong>il</strong>em efficient dove<br />

Luc<strong>il</strong>io sembra venire <strong>il</strong>luminato da un riflesso sfuggito al contesto.<br />

L'onda alta del <strong>tempo</strong> che profimcla supra nos .,. veniet fra_<br />

volgerà tutti anche i grandi ingegni, però questi si sottrarranno pcl.<br />

lungo <strong>tempo</strong> all'oblio con la loro fama. viene qui affermata cléfinitivamente<br />

la superiorità clell'intelrettuare sull'uomo politico e<br />

d'azione: infatti coloro che hanno potuto farsi avanti nellà vita aiutati<br />

dalla foftuna o che ebbcro parte ne<strong>il</strong>a potenza altrui (6 ltonrnt<br />

gratia vigttit, donuts freclrrcnÍaÍa esf , tlum ipsi sreterunl) hanno trascinato<br />

nella morte anche <strong>il</strong> ricordo di sé (post ipsos cito ntentoria<br />

defecit). Nell'epistola I13, 30 <strong>il</strong> coman<strong>il</strong>are a se stessi è detto nmxinmn<br />

inrperium: in grave errore caclono qui ius dominandi trat6 nmria<br />

atpiunr pennittere felicissintosque se iutlicant, si nu<strong>il</strong>tus pro m<strong>il</strong>ite<br />

provincias obrinenÍ et novas veteribus adimtgtutt ignaii, quod<br />

sit <strong>il</strong>hd ingens parqrrc dis regnum.<br />

L'cpistolario, dunque, come abbiamo visto funge da specchio<br />

ad una realtzì degradata senza prospettive future su cui incombe<br />

continuamente la morte. Lo specchio, però, non ha solo la funzione<br />

di riflettere ma anche quella cli rovesciare, di ribaltare I'immagine<br />

riflessa; da questo rovesciamento nasce un mondo antinomico<br />

a quello esterno: <strong>il</strong> fuori è un <strong>tempo</strong> accelerato, frenetico, sconvolgente,<br />

all'interno scorre un tcmpo senza <strong>tempo</strong> immob<strong>il</strong>e, fatto<br />

di attimi senza progresso, direi ripetitivi nella loro quotidianità e<br />

banalità e insignificanza dove <strong>il</strong> sapiens diviene signóre del <strong>tempo</strong><br />

(epist. 102,22 nullun saeatlum magnis ingeniis clusum est, ni<strong>il</strong>_<br />

lum non cogitatiotri perviuttt tentpus).<br />

Un significato particolare assume pertanto I'affermazione <strong>della</strong><br />

prima lettera onuùa, Ltrc<strong>il</strong>i, aliena sunt, tempus rantum nostrum<br />

est (1,3). Si intravede in questa affermazione <strong>il</strong> sogno più grande<br />

dell'uomo, quello di essere creatore e signore del <strong>tempo</strong>r2, nón più<br />

'r Non dirncntichiamo dcl rcsto chc, quando all'inizio dell'epistolario Scncca<br />

si rivolgc all'amico I-uc<strong>il</strong>io sollccitancroio acl una picna ,"*).i,ioii a, *, gtt<br />

un semplice calcolatore del prima e del poi quale ce lo aveva presentato<br />

Aristotele nella sua fisica, ma produttore di quel <strong>tempo</strong> che<br />

non esisterebbe senza I'uomo e, fondamentalmente, senza la sua<br />

coscienza t3. Ma è questo soltanto un sogno come sa bene anche<br />

Seneca che nell'epistola l0l fa quest'amara considerazione'. volvitur<br />

teftrprts rato quident lege, sed per obscunmr (

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!