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piena di vita

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più alle femminucce e tanto mi bastava. La mia sorellina<br />

era una vera carognetta e io un povero bamboccio alla sua<br />

mercé. Quand’eravamo a tavola mi sferrava dei potenti<br />

calcioni senza farsi vedere. A quel punto reagivo<br />

“mollandole” uno schiaffetto che mamma regolarmente mi<br />

restituiva con gli interessi. Alle mie proteste perché era<br />

stata lei ad aprire le ostilità, venivo pure ripreso: “Tu sei<br />

più grande, lei, poverina, è piccolina”. Allora cambiavo<br />

tattica: come arrivava l’ine<strong>vita</strong>bile “pedata”, invece <strong>di</strong><br />

reagire, incominciavo a frignare, in<strong>di</strong>cando il motivo <strong>di</strong><br />

tanto dolore. Neanche a farlo apposta, dovevo smetterla <strong>di</strong><br />

frignare per ogni fesseria; che la sorellina, così piccola,<br />

non poteva procurarmi tanto male; insomma, ero proprio<br />

un gran rompiscatole. E la carognetta se la godeva.<br />

In quegli anni, non si poteva essere iscritti alla scuola<br />

pubblica se non si avevano compiuto i sei anni. I miei<br />

genitori, per farmi “guadagnare” un anno, m’iscrissero<br />

alle elementari dalle suore, quando avevo cinque anni. Vi<br />

frequentai i primi due anni e passai alla scuola pubblica<br />

alla terza, presso la “Leonardo da Vinci”. In un certo senso<br />

mi <strong>di</strong>spiacque cambiare scuola perché persi la compagnia<br />

<strong>di</strong> due sorelline, Emma e Laila, che abitavano all’inizio <strong>di</strong><br />

Via Pacini dalla parte del piazzale Gabrio Piola. Le bimbe<br />

venivano prelevate, alla fine delle lezioni, da una domestica<br />

che, abitando vicinissimo a loro, riaccompagnava a casa<br />

pure me. La cosa bella era che, strada facendo, passavamo<br />

davanti a una drogheria dove la tata (che oggi<br />

chiameremmo molto meno poeticamente colf) acquistava<br />

vari tipi <strong>di</strong> caramelle. Le sorelline, che io ritenevo<br />

follemente innamorate <strong>di</strong> me, mi riempivano <strong>di</strong> “scarpette”<br />

( piccole caramelle <strong>di</strong> liquirizia ). In effetti io ero

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