piena di vita

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con dei “cessi”, delle “stanghe” con dei “bassotti”, dei
ricchi con delle “morte di fame”, delle “caciarose” con
degl’introversi, delle “cariatidi” con dei “ragazzini” e
viceversa, e chi più ne ha, più ne metta.
A proposito dell’ottimismo
Ho già scritto che sono un’inguaribile ottimista e
penso che l’esserlo, sia una delle più grandi fortune che
possano capitare ad un essere umano. E’ indubbio che
l’ottimista viva meglio, sia più sereno, soffra meno, sopporti
meglio le avversità e, probabilmente, si ammali meno e viva
più a lungo. Il pessimista è più triste. È pieno di dubbi, vede
sempre il peggio delle cose e non sa apprezzare le piccole
gioie della vita. Sono convinto che ognuno di noi è, in
buona parte, artefice del proprio essere e che, in modo
assai marginale, influiscano il caso, l’imponderabilità o il
tanto decantato ineluttabile destino. E’ vero anche che
l’ottimismo, non dev’essere spinto oltre il limite della
ragionevolezza, per non incorrere in inaspettate e cocenti
delusioni, ma, anche nel caso ciò accada, l’ottimista sarà in
grado, grazie al suo spirito, di trovare nell’avversità una
base di partenza per nuovi successi. Nel mio piccolo,
durante la mia vita, mi sono sempre posto dei traguardi, e,
pur avendo avuto la mia dose di avversità, ho sempre
trovato in me stesso la forza di reazione che mi ha
permesso, con il tempo, di raggiungere gli obiettivi che
via-via mi ponevo. L’importante è porsi delle mete
raggiungibili e, quindi, non aspirare a traguardi troppo
pretenziosi e, onestamente, fuori della nostra portata. I
troppo fiduciosi sono propensi a ritenere, erroneamente,