piena di vita

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ha visitato Cuba, non rendersi conto dell’enorme sofferenza
sopportata da quel popolo splendido.
Come da programmi, dividemmo la nostra estate del
2001 fra Lampedusa e la Val Camonica, mentre studiammo
un bel viaggio per la fine dell’inverno 2002. La
destinazione era il Brasile, ma, avendo i soliti amici degli
impegni, saremmo partiti da soli. Decidemmo per un
soggiorno di tre settimane, di cui la prima e la terza
stanziali, mentre in quella centrale, avremmo effettuato un
giro turistico dedicato alla conoscenza di quell’immenso
Paese. A causa delle grandi distanze fra i differenti luoghi,
ci saremmo dovuti sorbire ben undici stressanti passaggi
aerei, ma non volevamo rinunciare a vedere dei posti, che
ci descrivevano come “imperdibili”. Dopo una settimana di
soggiorno presso il Venta Club Pratagy, nelle vicinanze di
Macelò, nel Nord Est del Paese, dove saremmo rientrati al
termine del tour, partimmo alla volta di Salvador da Bahia.
Si unì a noi nel viaggio, appena arrivata dall’Italia, una
famiglia del comasco, composta da marito e moglie e da
due simpatiche figliole, studentesse universitarie. Anch’essi
associati a “Vacanze nel Mondo” (gruppo Ventaglio),
sfruttando le festività scolastiche della Pasqua,
approfittavano di quel periodo, per effettuare un viaggio
nell’America del Sud. A Salvador la popolazione è
composta dai discendenti degli indios locali, dei
conquistatori europei e degli schiavi deportati dal
continente africano. I tratti somatici, il colore della pelle e
la religione, ne sono infallibili testimoni. Girando per la
città, non è difficile imbattersi in improvvisati concertini e
spettacoli di ballerini di Capoeira e di Samba. Sono
assolutamente da visitare il quartiere del Pelurinho, nella