piena di vita

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sufficiente qualche briciola di pane, per vedersi circondati
da multicolori esseri che “beccano” direttamente dalle
mani un po’ di cibo, cercando, in un’incredibile
competizione, di arrivare prima degli altri all’inconsueto
pasto. I caldi raggi del sole abbronzano la pelle, regalando
quel sano colorito, che gli amici c’invidieranno al rientro in
città. Si possono visitare delle innumerevoli isole deserte
che, per qualche ora, c’illuderanno di esserci trasformati in
novelli Robinson Crosue. Il cibo, salvo il pesce e le noci di
cocco, è tutto importato (per lo più dallo Shri Lanka), per
cui ci si deve adattare a qualche piccola rinuncia, peraltro
ampiamente compensata dalla beatitudine di vivere in
quella paradisiaca realtà. La visita delle isole abitate dai
pescatori locali ci permette di comprendere il loro sistema
di vita e le loro abitudini, di visitare le loro moschee e le
rudimentali scuole e di acquistare modesti souvenir del loro
semplice artigianato locale. La mia entusiastica descrizione
di questi luoghi, fa intuire che, negli anni futuri, si sarebbe
presa in seria considerazione la possibilità di ritornarvici.
Per chiudere in bellezza il ‘90, nel mese di agosto,
ritornammo, con la compagnia allargata a nuovi amici
monzesi, sull’isola di Rab, dove trovammo conferma di tutte
quelle sensazioni positive che avevamo riscontrato l’anno
precedente.
Per l’inverno del ’91 ci facemmo organizzare un bel
viaggio nelle Filippine, che avrebbe previsto un breve tour
nella capitale Manila ed un soggiorno balneare in una
splendida isoletta del nord dell’arcipelago. Come spesso
succede, in quell’occasione, facemmo i canonici conti,
senza il proverbiale oste. In quel periodo infatti, era da
poco cominciata la “Guerra del Golfo” e, per un certo