piena di vita

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disseminati di noci di cocco; gli ombrelloni, seppure
sorretti da pali di cemento, erano stati in gran parte divelti;
la folta vegetazione che circondava il complesso era stata
quasi rasa al suolo; un grande albero, al centro del cortile
interno, era stato spezzato come un fuscello e alcuni
inservienti e ragazzini di colore si davano un gran da fare
per rimettere le cose a posto. Sapemmo poi che il ciclone,
bontà sua, aveva deviato all’ultimo momento e il suo
“occhio” era passato a cinquanta miglia a sud dell’isola. Il
sabato, tutti i voli erano stati soppressi e l’attività
aeroportuale riprese la domenica nel primo pomeriggio, in
concomitanza con il decollo del nostro aereo con
destinazione Seychelles. Arrivammo nello scalo di Mahé
all’una di notte trovando, oltre a scortesissimi doganieri
che ci sequestrarono l’omaggio floreale donatoci alla
partenza da Mauritius, una temperatura di circa
trentacinque gradi con un’umidità “impressionante”.
La nostra permanenza nell’arcipelago delle Isole
Seychelles fu sicuramente più comoda e piacevole di quella
trascorsa nell’altra isola dell’oceano indiano. In
compagnia degli amici di Gattinara, conosciuti all’inizio
del viaggio, noleggiammo una vetturetta Suzuki, che ci
consentì di visitare l’isola in ogni sua parte. La
circolazione non fu molto agevole, dato che alle Seychelles
si usa il sistema inglese di guida a sinistra, ma, in ogni
caso, ce la cavammo egregiamente. Potemmo così
ammirare e godere delle notevoli bellezze di
quell’affascinante spicchio di mondo. Avemmo, tra l’altro,
l’opportunità di provare l’ebbrezza di viaggiare sui più
disparati mezzi di locomozione. Solcammo le acque
cristalline con le moto, ci emozionammo sorvolandole,