piena di vita

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volentieri alle mie “mancette”, per regalarle tutti quelli che
riuscivo a procurarmi. Ricordo che una volta gliene regalai
uno dal titolo “Ho ballato una sola estate”, che era la
versione stampata dell’omonimo lungometraggio. Lei
adorava quelli che finivano bene e io, ritenendo
erroneamente che tutti avessero delle conclusioni del tipo
…e vissero felici e contenti, alle sue richieste in tal senso, le
assicurai un finale adeguato alle sue preferenze. Quando mi
disse che le era piaciuto molto, anche se aveva un finale
tragico, che peraltro avrei potuto immaginare dal titolo,
avrei voluto sprofondare dalla vergogna. Dopo un lungo
periodo di assidua corte piena di “gaffes e figuracce”, ella
liquidò sia me sia Giorgio, per dedicare le sue attenzioni ad
un ragazzo più “vecchio”, sicuramente meno “imbranato”
e in possesso di un’automobile, cosa che ci metteva
immediatamente “fuori gioco”. Ricordo anche la sorella
Amneris, più grande di noi di qualche anno, con la quale
non avevamo però confidenza, proprio per la differenza di
età. L’ho rivista dopo molti anni entrare nel negozio dove
lavoravo, ma credo che Lei non mi abbia riconosciuto.
In quell’epoca, la via era come un piccolo paese dove
ci si conosceva tutti. Quando in casa mancava qualcosa, ci
si rivolgeva al vicino che, prontamente, arrivava in
soccorso con un po’ di latte o di zucchero o di farina o lo
spicchio d’aglio. Ognuno sapeva o supponeva di sapere
tutto di tutti: quelli di sotto che litigavano tutto il giorno; il
“pelato” del quarto piano, che doveva avere un’amichetta,
perché usciva spesso la sera e quando rientrava la moglie
gli faceva le scenate di gelosia; quell’altro del secondo
piano in cortile, che passava le serate al caffè a giocare a
carte; l’mbianchino del piano terra, che si era “fatto” una