Shamyr, lavavetri a Firenze Potete chiamarmi come ... - Catania per Te
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<strong>Shamyr</strong>, <strong>lavavetri</strong> a <strong>Firenze</strong><br />
<strong>Potete</strong> <strong>chiamarmi</strong> <strong>come</strong> volete: asilante, immigrato, emarginato, extracomunitario,<br />
arabo, musulmano, disadattato, disturbatore degli automobilisti ai semafori e quant’altro<br />
vi venga in mente. Non sono i nomi che fanno le cose: io sono <strong>Shamyr</strong>, il miglior<br />
<strong>lavavetri</strong> di <strong>Firenze</strong>! Ho la cittadinanza italiana, caso rarissimo <strong>per</strong> un <strong>lavavetri</strong>. La<br />
storia è brutta ma ve la racconto in due parole. L., che tra l’altro è una donna molto<br />
bella, da ragazza aveva avuto tante storie ma nessuna era giunta al matrimonio. A un<br />
certo punto cominciò a desiderare una gravidanza . in modo spasmodico. Ero ai primi<br />
giorni di semaforo, circa tre anni fa, quando L., dopo aver fatto cenno d’avvicinarmi,<br />
fece:<br />
«Lava il vetro, svelto».<br />
«Va bene» risposi.<br />
«La vuoi la cittadinanza italiana?».<br />
«Come posso fare?» faccio mentre lavo il vetro.<br />
«Mi sposi, prendi la cittadinanza, mi metti incinta, ci separiamo, ti do’ qualche migliaio<br />
di euro di buonuscita e non ci si vede mai più. Per sempre. E se mi vedi al semaforo o<br />
altrove fai finta di non conoscermi. Accetti?».<br />
Accettai e le cose andarono così. L. era una manager di grande talento e non era<br />
possibile che un suo progetto fallisse. Ottenni la cittadinanza poco prima del<br />
matrimonio. Subito dopo lei restò incinta. Il giorno che andai a farle visita in clinica, in<br />
un orario impossibile, in cui non avrei potuto incontrare i suoi conoscenti, la trovai in<br />
compagnia del suo avvocato di fiducia. Lei, accusando un finto dolore, si ritirò in<br />
stanza. Lui allora tirò fuori dalla borsa di cuoio un mare di carte tutte da firmare, in cui<br />
rinunciavo a questo, a quello, a quell’altro, in sostanza a tutto.<br />
«Questi sono <strong>per</strong> te, <strong>Shamyr</strong> – disse sorridente – Buona fortuna».<br />
Cinquemila euro, non un attestato di paternità. Per una settimana non lavorai e mi<br />
ubriacai tutti i giorni. Poi organizzai una serata in pizzeria con tutti i <strong>lavavetri</strong> della zona<br />
e regalai cento euro ciascuno: mi bastava la cittadinanza italiana e il semaforo,<br />
supplizio, felicità e totem dei <strong>lavavetri</strong>.<br />
Sono uno che non ha studiato. Non scrivo in italiano, né neppure in arabo. L’arabo mi<br />
basta parlarlo e in italiano mi faccio capire:<br />
«Signore, io lavare tuo parabrezza, tu dare piccolo contributo <strong>per</strong> mangiare. Vuoi?».
C’è chi vuole c’è chi no. Io prendo la vita così, da <strong>lavavetri</strong>, anzi <strong>per</strong> la precisione da<br />
lavaparabrezza, si vive alla giornata, che viene divisa esattamente in due parti: fino al<br />
mezzogiorno, quando mangio un panino imbottito e bevo una bottiglietta d’acqua<br />
minerale e partono cinque euro in questa città ingrata e carissima, quando altrove ne<br />
spenderei due-tre. La seconda parte comincia appena finisce il panino e finisce a<br />
mezzanotte, quando mi <strong>per</strong>metto di spendere otto euro <strong>per</strong> una pizza e una birra,<br />
momento bellissimo che corrisponde a un frammento di paradiso in terra. Poi si dorme e<br />
io sono uno che quando dorme, dorme davvero e sogna e fa sogni bellissimi, così belli<br />
che non possono non essere veri e allora penso che sono abbastanza fortunato <strong>per</strong>ché<br />
sono uno che vive nei sogni veri mentre fare il <strong>lavavetri</strong> è un sogno brutto ma<br />
sopportabile <strong>per</strong>ché guadagno venticinque euro al giorno e ne spendo dodici <strong>per</strong><br />
mangiare e cinque <strong>per</strong> dormire al sicuro in un posto dove siamo in tanti, in poco spazio,<br />
questo sì, ma quanto basta <strong>per</strong> entrare ognuno nel suo sogno e allora stiamo larghi<br />
<strong>per</strong>ché nei sogni non incontriamo nessuno di quelli che vediamo nella vita che altri<br />
credono reale: non polizia né vigili urbani che sempre ci chiedono documenti né<br />
semafori, né automobilisti. Ma qualche bella ragazza o anche qualche bella donna che<br />
mi capita di vedere in auto, quella l’assorbo nella mente, e me la porto nel mio sogno. È<br />
così che mi sono fatto un harem! Oltre le porte del sogno ne avrò un migliaio e me le<br />
ricordo tutte benissimo e ogni notte entro nella mia bella vallata piena di sole ma fresca<br />
<strong>per</strong> un venticello dal nord che non manca mai e con un fiume ricco d’acqua che scopre<br />
al centro e un’immensa foresta e fa sventolare le bandiere sul campo di tende dove le<br />
mie donne vivono in buona armonia e mi preparano magnifichi pasti e fanno a gara <strong>per</strong><br />
essere scelte da me <strong>per</strong> fare l’amore insieme e vi assicuro che le forze non si<br />
esauriscono mai, finchè il sogno bello non finisce e comincia quello noioso. Comunque<br />
ogni giorno mi restano cinque-dieci euro che in un mese sono, <strong>per</strong> uno che vive di così<br />
poco <strong>come</strong> me, una bella somma, dai centocinquanta ai trecento euro, che <strong>per</strong> fortuna<br />
non devo mandare a nessuno, <strong>per</strong>ché non ho sposa né figli e sono l’uomo più solo della<br />
terra, ma così è la vita, almeno ho un semaforo che mi da’ da mangiare. Una volta la<br />
settimana vado da Ivonne, una senegalese veramente bella e brava che <strong>per</strong> venticinque<br />
euro mi concede ogni volta un’intera ora del suo tempo, quando <strong>per</strong> questo ne dovrei<br />
pagare almeno cento. Dice che mi ama e un giorno ci si potrebbe sposare ma <strong>come</strong> si<br />
fa? Come cliente non posso essere geloso ma <strong>come</strong> marito dovrei esserlo <strong>per</strong> forza e<br />
allora il matrimonio non si può fare e restiamo così, a volerci bene e ognuno a cercare di<br />
ottenere quello che è possibile, io uno sfogo d’amore settimanale che mi fa’ bene e mi<br />
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ende sopportabile questo brutto sogno in cui devo vivere, e anzi non aspetto altro che il<br />
lunedì sera – quando i clienti sono pochi e Ivonne ha più tempo da dedicarmi – e lei con<br />
i venticinque euro che le do’ in fondo ci vive e così a modo nostro ci amiamo, <strong>come</strong> due<br />
che il mondo non voleva tra i suoi abitanti ma ci siamo lo stesso così, e dopo che<br />
finiamo mi dice che sogna a occhi a<strong>per</strong>ti che un giorno sarà la mia sposa, che mi farà<br />
godere <strong>come</strong> un pazzo, e poi restiamo dieci minuti a pensare <strong>come</strong> sarebbe veramente<br />
bello se tutto fosse diverso da com’è e fossimo davvero sposati. Ma così va bene, <strong>per</strong><br />
me e <strong>per</strong> lei, quei dieci minuti di sentimenti dopo aver scopato alla grande, lo dice lei<br />
che l’ho grosso, <strong>per</strong>ché il confronto io non posso farlo ma lei sì, tranne che lo dica a<br />
tutti, <strong>per</strong> compiacerli, oppure lo dice solo a me <strong>per</strong>ché mi vuol bene, e può mentire<br />
<strong>come</strong> tutte le donne. Beh, sapete tutti che il sindaco di <strong>Firenze</strong> non ci vuole più ai<br />
semafori, pena una grande multa o tre mesi di carcere, cioè tre mesi in cui mangerei tre<br />
volte al giorno senza dover lavar vetri, avrei compagnia, forzata ma sempre compagnia,<br />
un’offerta da non <strong>per</strong>dere. Ma dovrei rinunciare a Ivonne, e questo mi peserebbe, ma<br />
non so, tutto passa. Io, <strong>Shamyr</strong>, non temo tre mesi di carcere, anzi, Ivonne a parte, me<br />
ne farei tre anni <strong>per</strong> riposarmi un po’. Anzi sarebbe doveroso <strong>per</strong> <strong>Firenze</strong> arrestarmi ma<br />
non lo fa <strong>per</strong>ché dovrebbe darmi da mangiare a sue spese e non è una città generosa. La<br />
pena si può convertire in lavori utili <strong>per</strong> la città, cioè in una nuova forma di schiavismo.<br />
Va bene anche questo, ma ci si dovrà far mangiare e bere <strong>per</strong> tutta la durata della pena<br />
alternativa. L’unica cosa che non accettiamo è di non mangiare. Per il resto anche la<br />
schiavitù va bene. Se <strong>Firenze</strong> ha condannato a morte il suo maggior poeta, che lo fu<br />
anche dell’Italia intera, vediamo se ricordo, Dante, Dante Alighieri che l’ha resa famosa<br />
nel mondo, cosa dovrei aspettarmi io, <strong>Shamyr</strong>, che sono così solo e ignorante, e non so<br />
scrivere neppure in arabo? Signor sindaco, visto che hai fatto questa legge, <strong>per</strong>ché non<br />
la applichi, almeno nei miei confronti? Fammi fare tre mesi più tre e Ivonne me la porto<br />
nel sogno, mando via tutte le altre e lascio lei da sola, la regina nera dell’unica tenda che<br />
ci sarà nella valle!<br />
Il risultato dell’ordinanza del sindaco è che i semafori si sono svuotati, <strong>per</strong>ché quasi<br />
nessun <strong>lavavetri</strong> ha il privilegio di avere la cittadinanza italiana <strong>come</strong> me. Nel mio sono<br />
rimasto da solo. I vigili fanno finta di non vedermi. Poliziotti e carabinieri pare non<br />
abbiamo voglia di arrestarmi e tirano dritto. E io continuo la solita vita e vedo <strong>per</strong> lo più<br />
la stessa gente che ogni giorno fa le stesse cose, mamme che portano i figli a scuola, poi<br />
li riprendono, gente di ogni condizione, con prevalenza di ricchi e tutti sanno che mi<br />
chiamo <strong>Shamyr</strong> e mi dicono:<br />
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«Avvicina, <strong>Shamyr</strong>, pulisci bene il parabrezza che oggi non vedo niente» e mi danno<br />
venti-trenta centesimi, raramente cinquanta, qualche volta un euro <strong>per</strong>ché si accorgono<br />
troppo tardi di non avere monete di taglio minore. Poiché non voglion fare la figura<br />
degli schiavisti andandosene senza lasciare nulla, mi danno a malincuore quell’euro che<br />
mi rende felice. C’è un tipo dall’accento fortemente napoletano (che ormai ho imparato<br />
a riconoscere) che passa tutti i giorni, uno ricco o quasi, che fa: «<strong>Shamyr</strong>, fammi ‘o<br />
vetro!» «Oggi no, nun ce sta bisogno» oppure «Ma <strong>per</strong> chi mi hai pigliato, <strong>per</strong> il padrino<br />
tuo? Vattenne, torna in Africa, cercati ‘o pane laggiù!».<br />
Io sopporto tutto e calcolo che in un mese gli porto via sette-dieci euro, che sono<br />
qualcosa anche se non un granché. Quasi sempre ha accanto una bellissima donna<br />
bionda, sui trent’anni, che sembrerebbe slava. Non parla mai e tuttavia parlano al suo<br />
posto le bellissime gambe. È la donna di un uomo forte e non teme di mostrarsi nella<br />
sua monumentale avvenenza, che è <strong>come</strong> l’arco del trionfo del suo proprietario. Non<br />
nego che quando mi avvicino cerco quelle gambe <strong>per</strong> una sbirciatina che dura meno di<br />
un decimo di secondo, più veloce di una mosca in fuga. Ma tanto mi basta <strong>per</strong> rinnovare<br />
la controfigura che ho di lei nell’harem e poi godermela nel sogno. L’importante è che<br />
lui non faccia caso alla mia velocissima occhiata, <strong>per</strong>ché sembra un tipo <strong>per</strong>maloso e<br />
violento, abituato a comandare e forse è un camorrista. L’altra mattina c’è stato il colpo<br />
di scena.<br />
Si ferma al semaforo con la sua donna accanto, che porta una minigonna vertiginosa,<br />
che non copre assolutamente nulla. Indossa calze nere molto trasparenti e stivali di<br />
particolare pregio.<br />
«Fai il vetro, <strong>Shamyr</strong>, oggi non ho spicci, ti do’ due euro». Poi, mentre mi accingo a<br />
spruzzare l’acqua saponata sul parabrezza fa a sorpresa:<br />
«Ehy, <strong>Shamyr</strong>, ti piacciono le gambe di mia moglie?».<br />
Io faccio finta di non aver sentito e comincio a lavare il vetro.<br />
«Ehy, <strong>Shamyr</strong>, dico a te, non sarai sordo! Ho detto, ti piacciono le gambe di mia<br />
moglie?».<br />
Io non capisco cosa vuole da me:<br />
«Signore, l’Islam mi vieta di desiderare la donna d’altri».<br />
«Ma lascia stare l’Islam! – fa lui ridendo – Qui siamo a <strong>Firenze</strong> e non lo diciamo a<br />
nessuno. Allora? Ti piacciono o no?».<br />
E io, che sono davvero sbalordito.<br />
«Signore, io sono maschio, che posso farci? Certo che mi piacciono!».<br />
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Ridono entrambi.<br />
«Senti, te la vuoi scopare stasera? Prendere o lasciare».<br />
«Io, signore?».<br />
«Chi allora? Ci sei tu solo qui!».<br />
«Io… la tua signora?».<br />
«Sì, sì, tu scopare la mia signora <strong>come</strong> e quante volte vuoi, ma stasera soltanto. Ridono<br />
ancora. Lei gli dice qualcosa all’orecchio e lui fa: «La mia signora vuol sa<strong>per</strong>e se ce<br />
l’hai grosso. Io dico di sì».<br />
«Io non so, signore, non ho mai guardato altri».<br />
«Ma dillo, ammettilo che ce l’hai grosso, mica te lo tagliamo!».<br />
«Non so, forse, signore. Così dice…».<br />
«La puttanella con cui vai! – esclama l’uomo ridendo – Ivonne, mica male la neretta!<br />
Beh, se lo dice Ivonne, che se ne intende, dev’essere proprio così. Allora che fai, te la<br />
scopi mia moglie?».<br />
«Signore, io sono maschio. Tu capisci. Non mi capita mai questo».<br />
«Allora finisci il vetro e fatti trovare libero stasera <strong>per</strong> le dieci e mezza, qui al<br />
semaforo».<br />
Nel pomeriggio mi concessi una mezza giornata di riposo, in cui <strong>per</strong>ò m’impegnai<br />
molto nelle pulizie <strong>per</strong>sonali. Comprai un buon sapone liquido <strong>per</strong> la pelle (quattro<br />
euro), una spugna (tre euro), due lamette <strong>per</strong> barba usa e getta (due euro), usai la doccia<br />
in affitto <strong>per</strong> un’ora (cinque euro), usai il ferro da stiro mezz’ora <strong>per</strong> la camicia bianca e<br />
i pantaloni neri (due euro) e mi feci prestare la pomata <strong>per</strong> scarpe dal mio compagno di<br />
stanza Muhud che volle offrirmi due-tre spruzzate della sua acqua di colonia, ma poi mi<br />
chiese tre euro in prestito, che non mi avrebbe mai restituito e che quindi eran da<br />
considerarsi pagamento. Dunque le varie spese ammontavano a diciassette euro che<br />
sommate ai dieci-quindici del mancato lavoro pomeridiano facevano ventisette-trenta.<br />
Se la serata mi avesse appagato avrei potuto rinunciare alla cena, otto euro, e così<br />
limitare la spesa complessiva a diciannove-ventidue euro. Era snervante dover fare tutti<br />
questi conti ma di vitale importanza. Dico vitale in senso stretto, senza esagerare.<br />
Complessivamente quelle spese <strong>per</strong> me non erano prive d’importanza, ma considerato<br />
che si trattava di una trasgressione di cui, incredulo, avevo solo sentito parlare, non era<br />
neppure eccessiva e pensavo che ne valesse la pena. E sic<strong>come</strong>, pessimista <strong>come</strong> sono,<br />
reputavo che un evento del genere non si sarebbe più ripetuto nella vita, avrei reso la<br />
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mia memoria in grado di registrarlo istante <strong>per</strong> istante, <strong>per</strong> poterci vivere sopra e<br />
fantasticare finché sarei stato vivo.<br />
Arrivai al marciapiede vicino al semaforo alle 22.45. Qualcuno dalle auto mi chiamò:<br />
«Ehy, <strong>Shamyr</strong>, fammi il vetro!».<br />
«No, stasera non posso, ho un impegno».<br />
«Che impegno?».<br />
«Un appuntamento con amici».<br />
«Allora va bene. Che si fa, si scopa?».<br />
«Io ho già scopato a casa con scopa molta polvere».<br />
«Scopa, scopa, <strong>Shamyr</strong>, che ogni lasciata è <strong>per</strong>sa. Buona fortuna».<br />
Alle 22.30 in punto il napoletano con la consorte erano arrivati al semaforo, e lui mi<br />
fece cenno di salire in auto. Nell’entrare vidi che la donna sedeva dietro con altri due<br />
uomini, dall’aspetto alquanto rude. Naturalmente la cosa m’inquietò: mi sentii geloso di<br />
quella donna che sicuramente oltre che a me si sarebbe concessa a quegli altri due, più il<br />
marito. Così si arrivava a quattro, un po’ di confusione <strong>per</strong> me che non ho familiarità<br />
con queste cose.<br />
«Guarda quant’è bella la mia femmina stasera - fece l’uomo con un sorriso volgare e<br />
con un tono napoletano più marcato del solito - Girati, guarda che cosce tiene, che a te ti<br />
piacciono tanto, lo so, da <strong>come</strong> l’hai sempre guardata». Mi voltai e vidi la sua donna in<br />
mezzo ai due uomini, con la minigonna, le calze nere velatissime e gli stivali di sempre.<br />
Tutti avevano occhiali neri. Ero gelosissimo senza averne titolo: chiunque dei due<br />
avrebbe potuto approfittare sul posto di tanta grazia, se non entrambi<br />
contemporaneamente.<br />
«Questi guaglioni sono amici miei – fa leggendo la mia mezza gelosia – Senza mio<br />
ordine non alzerebbero un dito sulla mia donna neppure sotto il mirino di una pistola. E<br />
poi sono avventizi <strong>come</strong> te. Stasera mia moglie prima di scopare con voi tre vuole fare<br />
un poco di bondage e poi fate la gangbang. Sei d’accordo, no?».<br />
«Cosa è il bondage?» faccio io, ignorantissimo di tutte queste cose erotiche che non<br />
conosco, <strong>come</strong> non capisco <strong>per</strong>ché un uomo dovrebbe organizzare un incontro tra la sua<br />
donna e tre uomini, inconcepibile non solo <strong>per</strong> l’Islam, ma <strong>per</strong> qualsiasi altra cultura.<br />
Ma so che succede spesso, in certi ambienti è abitudine comune, l’ho sentito dire più<br />
volte, e finalmente ci sono dentro.<br />
«Giochi con corde: fare l’amore legati. Lei l’adora».<br />
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«E la gang… Come hai detto?».<br />
«Quattro, cinque e anche più con una donna sola. Luanka adora anche questo».<br />
«Basta, ho capito» ma non avevo capito.<br />
«Eh, tu sei sempre arrapato, <strong>Shamyr</strong>! – esclamò il napoletano ridendo – Tu devi averlo<br />
grosso, amico? È vero, no? Non farmi fare magre figure davanti alla mia donna! Vi<br />
leghiamo vicini e voi dovete fare tutto tra le corde».<br />
Mi voltai un istante verso i tre alle mie spalle: avevano un aspetto davvero particolare<br />
che m’inquietava.<br />
Il napoletano uscì dall’autostrada <strong>per</strong> Scandicci e dopo alcuni chilometri prese una<br />
stradina laterale senza illuminazione. Percorse vari chilometri e poi girò nuovamente <strong>per</strong><br />
internarsi in uno sterrato. Finalmente arrivammo a una vecchia villa dal cancello a<strong>per</strong>to<br />
che aveva un aspetto quanto mai tetro. Scendemmo tutti e l’uomo disse:<br />
«È qui che ci divertiremo stanotte, vero Carmine e Gennaro? Certo è un poco<br />
vecchiotto, ma l’anno prossimo, Luana, vedrai che te la rimetterò a nuovo di sana pianta<br />
e, allora sì ca ce potimmo divertì tutte ‘e sere co gli amici nostri. Potimmo fa’ pranzi e<br />
cene e poi tutti a scopà comme ‘è coniglie!».<br />
Aprì la porta, che fece un cigolio stridulo e accese il lampadario, che illuminò un<br />
ambiente orribilmente brutto di parecchi divani posti attorno a un grande spazio<br />
centrale al centro del quale si trovava un tavolo da buffet con sopra parecchi rotoli di<br />
corde di varie dimensioni.<br />
«Beh, divertiamoci. Carmine e Gennaro, serviamoci da bere, mentre <strong>Shamyr</strong> comincia a<br />
legare Luanka, tutta vestita <strong>per</strong> com’è. Facciamo finta di fare un rapimento con legatura<br />
e poi ce la scopiamo tutti».<br />
«Come devo fare?» chiesi.<br />
«Fai <strong>come</strong> ti viene prima – disse il napoletano – Tanto è <strong>per</strong> giocare. Solo non stringere<br />
forte».<br />
A me questo genere di cose, che considero anormali, non piacciono, a me piace scopare<br />
in modo naturale, nudi, senza oggetti in mezzo, né calze, né corde, né vibratori, tutte<br />
cose che piacciono agli occidentali depravati. Comunque, cosa dovevo fare? Era<br />
un’occasione <strong>per</strong> scopare con una donna bianca, che non me ne sono capitate mai.<br />
Pensavo che il color chiaro della pelle dovesse risultare diverso dal color cioccolato di<br />
Ivonne, che conoscevo troppo bene. Forse aveva un aroma diverso. In qualche strada da<br />
ricchi passeggiano ragazze bianche ma il loro prezzo è troppo al di sopra delle mie<br />
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possibilità e non si praticano sconti. Stavolta mi era possibile appagare la mia curiosità<br />
gratis, ma c’era tutta questa storia delle corde. Comunque la legai senza metterci<br />
nessuna forza, dimodochè si potesse slegare in qualsiasi momento con facilità.<br />
Quand’ebbi finito il napoletano disse:<br />
«Ora tocca a te di essere legato».<br />
«E <strong>come</strong> posso scopare legato?».<br />
«Ci riuscirai, nun te preoccupa’, vedrai che ne riuscirai! Gennaro, Carmine, legatelo<br />
voi!».<br />
I due non si fecero pregare e in breve mi legarono con forza, usando una tecnica molto<br />
sofisticata, che prevedeva giri di corda simmetrica da ambo le parti del corpo, a<br />
dimostrazione della loro pratica in queste cose.<br />
«Hai visto che onore, marucchino? – fece il napoletano – Ti stanno facendo il bondage,<br />
una cosa fina». Quindi m’imbavagliarono dopo avermi spinto in bocca una palla di<br />
gomma. Alla fine risultai legato un salame, poi mi misero un bavaglio. Quand’ebbero<br />
finito diedero due ginocchiate dietro le mie ginocchia, cosicché tonfai subito a terra con<br />
un botto e fu una fortuna che non battei la testa.<br />
«E ora cominciamo a scopare!» fece il napoletano.<br />
I due scagnozzi andarono a prendere quattro ramazze all’antica e un sacco di polvere e<br />
spazzatura che avevano già preparato e me lo scaricarono addosso.<br />
«Così sei pronto <strong>per</strong> la scopata! – fece il napoletano – Veramente eri tu che volevi<br />
scopare e invece lo facciamo noi. Pazienza, la vita è questa qua».<br />
Si avvicinò a quella che aveva detto essere sua moglie e la slegò facilmente. Poi forse<br />
una ramazza ciascuno agli altri, una ne prese <strong>per</strong> se stesso e iniziò il pestaggio:<br />
«Ora scopatelo <strong>come</strong> si deve!».<br />
All’inizio non mi fecero molto male, <strong>per</strong>ché mi strusciavano con la scopa di paglia in<br />
modo da ripulirmi dai rifiuti, ma ben presto le sfilarono dai bastoni e cominciarono a<br />
colpirmi brutalmente con questi.<br />
«E così tu fai il <strong>lavavetri</strong> pe’ mangia’, e va bene, ma pure pe’ guarda’ ‘e cosce de’<br />
‘ffemmene! - disse il napoletano e mi colpì lì, proprio in quel punto, facendomi urlare<br />
nella mente - E così, te piacciono ‘e cosce de Luanka! E dillo! <strong>Te</strong> piacciono o no?».<br />
E mi calò un colpo sulla schiena, mentre i suoi amici non avevano bisogno di essere<br />
incoraggiati a farlo.<br />
«Luanka, ma guarda che scostumato questo guaglione! Gli ho dato la possibilità di farti<br />
un complimento e invece fa il sufficiente e non parla».<br />
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Allora lei, con sarcasmo:<br />
«Tu sei proprio maleducato e cafone! Una bella donna <strong>come</strong> me, anzi dicono bellissima,<br />
tu che mi hai sempre guardato le gambe ora non me lo vuoi dire che quanto son belle.<br />
Dillo allora!».<br />
Dopo qualche secondo mi calò un colpo sulle reni che mi fece urlare nella mente più<br />
forte di prima. Il pestaggio andò avanti con brutalità omicida <strong>per</strong> un bel po’, tanto che a<br />
un certo punto mi meravigliai di non essere ancora morto o forse il dolore era tanto che<br />
non sentivo più dolore. Poi pensai che le cose andavano così: solo in sogno non si può<br />
sentire dolore a tutti quei colpi e <strong>per</strong>ciò dovevo essere morto, forse al colpo di quella<br />
Luanka e adesso, da morto, sognavo che tutti mi picchiavano inutilmente, <strong>per</strong>ché ero già<br />
morto e non sentivo dolore. A un certo punto sento uno dei due, Gennaro o Carmine:<br />
«Chesto ca è proprio morto!».<br />
«Chesto è morto sì!» fece il loro capo.<br />
«Iamoccenne, va’!» fece l’altro compare.<br />
«Nu <strong>lavavetri</strong> marucchino morto! A chi volete che interessi? – fece il napoletano – La<br />
polizia ha da pensa’ agli italiani, non a sti fetenti marucchine ca nun solo se pijano ‘e<br />
monetine ma pure ‘e cosce de femmine nostre se vogliono gode’… gratis!».<br />
Sentii la donna che senza nessuna emozione diceva:<br />
«Trovare un cadavere in una casa va bene ma trovarlo legato col bondage non va».<br />
«Va bene che sei un’oca, Luanka, ma <strong>per</strong> una volta hai ragione. Slegatelo».<br />
Mi slegarono <strong>per</strong> morto e se la squagliarono.<br />
Credevo di essere morto e non ero. Dopo non so quanto tempo trovai la forza di<br />
rialzarmi e camminare benché non vi fosse parte del corpo che non mi dolesse<br />
terribilmente. Uscii dalla casa, imboccai la strada buia <strong>come</strong> la pece dove a malapena<br />
riuscivo a vedere dove mettevo i piedi e dopo non so quanti chilometri di steccato<br />
disagevole e pieno di buche arrivai finalmente a una strada di campagna asfaltata e con<br />
illuminazione. Cominciai a <strong>per</strong>correrla nella stessa direzione della maggior parte delle<br />
auto, pensando che nella notte fonda si dovesse soprattutto tornare a <strong>Firenze</strong> piuttosto<br />
che uscirne. Provai a fare autostop, ma capii subito che le auto non si sarebbero fermate<br />
neppure se avessi sbarrato loro la strada col mio corpo. Finalmente un cartello stradale<br />
mi confermò che andavo nella direzione giusta: <strong>Firenze</strong> – Viale… - 7 Km. Ma il<br />
Viale… era il posto dove lavorava Ivonne! Se fossi arrivato prima dell’alba l’avrei<br />
trovata! Allora, non so <strong>come</strong>, cominciai a correre, correre, correre! Cosa mi dava la<br />
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forza di fare questo? Vidi le luci del viale, i fari dei clienti che accostavano e facevano<br />
salire su le ragazze o i trans… E Ivonne? La beccai mentre scendeva da un auto di lusso.<br />
Mi vide mentre correvo verso di lei e viste le mie ferite corse anche lei verso di me<br />
scoppiando a piangere.<br />
«Amore mio, che ti è capitato? Come stai? Dimmelo? Che ti è successo?».<br />
Le raccontai tutto <strong>per</strong> filo e <strong>per</strong> segno, <strong>come</strong> a una moglie tradita da cui si s<strong>per</strong>a di<br />
ottenere il <strong>per</strong>dono con una confessione completa e la promessa di pieno ravvedimento.<br />
Quand’ebbi finito mi prese la testa tra le mani e mi avvicinò al seno, dicendo:<br />
«Povero <strong>Shamyr</strong>, che disavventura aver creduto di scopare gratis una donna bianca<br />
senza lasciarci la pelle. E io che ti facevo furbo!».<br />
«Capita, Ivonne, capita anche ai furbi – dissi lamentosamente – Sai quanti grandi<br />
uomini sono finiti a terra <strong>per</strong> colpa del… sì… del… della…».<br />
«Sì, sì, lo so che succede, tutte le donne lo sanno e <strong>per</strong> questo ci provano sempre, <strong>per</strong>ché<br />
può succedere che anche un furbo finisca <strong>come</strong> un tonto – disse Ivonne – A momenti ti<br />
ammazzavano solo <strong>per</strong> provare cosa succede con una donna dalla pelle chiara. Ma io ti<br />
ho amato, <strong>Shamyr</strong>, nell’unico modo in cui ho potuto e anche tu l’hai fatto. L’es<strong>per</strong>ienza<br />
parla chiaro: la pelle nera non ti ha tradito mai, la bianca stava <strong>per</strong> accopparti. Vuoi<br />
farlo ancora con le bianche? Se sì, dimmelo, ma ti prego, non venirmi più a cercare».<br />
«Oh, Ivonne – feci io sospirando – Non lo faccio più, promesso».<br />
«E allora – disse lei ridendo – Quale colore è più bello ai tuoi occhi, <strong>Shamyr</strong>, dico della<br />
pelle, il color chiaro o lo scuretto <strong>come</strong> il mio?».<br />
«Lo scuretto <strong>come</strong> il tuo – dissi io ripetendo a pappagallo – Ma ora che devo fare?<br />
L’unico mestiere che conosco è il <strong>lavavetri</strong> e l’unico semaforo libero è quello. Ma ho<br />
paura, Ivonne, una paura da morire. Quel camorrista mi crede morto e appena mi<br />
rivedrà mi sparerà con un mitra».<br />
Ivonne si mise a ridere:<br />
«Non credo proprio. Ho molti clienti napoletani e specialmente quelli così sono molto<br />
su<strong>per</strong>stiziosi. Fai <strong>come</strong> ti dico, ma <strong>per</strong> oggi vieni a riposare nella mia tana». Quindi mi<br />
diede un suggerimento prezioso assai.<br />
L’indomani mi recai al semaforo <strong>come</strong> sempre, con in più un comunissimo berretto blu<br />
tipo baseball sul cui frontale avevo cucito due numeri ricavati su stoffe da altrettanti<br />
adesivi, “4” e “7”, “47”.<br />
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Oltre il semaforo c’era una pattuglia di vigili urbani con compiti di repressione del<br />
fenomeno <strong>lavavetri</strong>, che non avevano nessuna intenzione di identificarmi e prendermi<br />
multe, <strong>per</strong>ché mi conoscevano bene. Anzi uno mi avvicinò <strong>per</strong> un istante e mi sussurrò<br />
velocemente: «Come sono le dita della mano così siamo noi fiorentini, anche se<br />
dobbiamo sembrare tutti allineati col sindaco e la giunta Comunale che vi dichiara<br />
banditi. Stamattina ci occupiamo degli automobilisti indisciplinati. Tu a mezzogiorno<br />
squagliati e non tornare prima delle 16».<br />
Il primo che mi conosceva disse:<br />
«Che hai, <strong>Shamyr</strong>, cosa sono tutti questi lividi?».<br />
«Io sono caduto – risposi – Son davvero caduto».<br />
«E dove?».<br />
«Sulla terra, signore».<br />
«Sulla <strong>Te</strong>rra! – fece uno ridendo – E da quale pianeta?».<br />
«Non sono caduto nella pineta, ma sulla terra».<br />
«Beh, se è così, lavami il vetro, <strong>Shamyr</strong>. E quel 47 che hai sul berretto?».<br />
«Sono gli anni che farò tra dieci anni, dieci meno di quelli che avrò tra vent’anni».<br />
«Burlone! – fece l’automobilista – Sono uscito di casa ch’ero di cattivo umore e tu mi<br />
hai fatto ridere! Oggi paga speciale, cinque euro. E sic<strong>come</strong> sono un rappresentante<br />
farmaceutico, guarda che ti do’ in omaggio: pomate <strong>per</strong> ecchimosi, contusioni,<br />
ematomi. Prendi» e mi porse uno scatolo che ne conteneva una decina: «Non badare alla<br />
scadenza: l’hanno raggiunta da un paio di mesi, ma non importa <strong>per</strong>ché ancora <strong>per</strong> un<br />
altro anno si possono usare senza problemi».<br />
A caval donato non si guarda in bocca: proverbio universale. Finalmente giunse il<br />
momento atteso e temutissimo: si fermò al semaforo la grossa macchina di lusso nera<br />
all’interno della quale c’era, alla guida, il camorrista con a lato la slava e dietro i suoi<br />
scagnozzi. Appena si accorsero di me mi guardarono con occhi sbarrati <strong>come</strong> se stessero<br />
vedendo il diavolo. Allora il camorrista premette a tavoletta l’acceleratore e fece girare<br />
il motore al massimo, <strong>come</strong> se volesse far alzare istantaneamente l’auto al pari di un<br />
elicottero ma la vista della pattuglia dei vigili urbani lo convinse a non passare col<br />
rosso.<br />
Fui subito sul loro parabrezza, col mio “47” bene in vista.<br />
«47 è ‘o morto che parla!» esclamò Gennaro..<br />
«Ma allora non era morto!» fece Carmine.<br />
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«Colpa tua, scema! – disse il camorrista a Luanka assestandole un sonoro ceffone – Tu e<br />
quella storia delle corde! A quest’ora era morto!».<br />
Presi lo spruzzino speciale, che avevo riservato alla loro auto, pieno della mia pipì del<br />
giorno prima e anche del primo mattino e con quello bagnai l’intero parabrezza, senza<br />
che dall’interno, rimbrotti a parte, ci fosse alcuna reazione importante.<br />
Quindi mi rivolsi al camorrista:<br />
«Signore, non è <strong>per</strong> guardare le gambe della sua baldracca, che sono così bianchicce da<br />
lasciare stecchiti, ma mi sono <strong>per</strong>messo di far ciò che ho fatto <strong>per</strong> pulire bene il vostro<br />
vetro».<br />
Il camorrista azionò lo spruzzo d’acqua interno e il tergicristalli e il parabrezza acquistò<br />
un colore indefinibile.<br />
A malapena vi si vedeva attraverso. Nel frattempo era scattato il verde e gli<br />
automobilisti dietro suonarono <strong>per</strong>ché ripartisse sollecitamente. Furono costretti a<br />
mettere in moto e subito dopo il semaforo furono fermati dai vigili urbani, i quali<br />
dapprima contestarono loro il parabrezza sporco, poi accertarono varie infrazioni fin<br />
quando, dopo aver esaminato i documenti dell’auto giunsero alla conclusione che essa<br />
era stata blindata senza darne comunicazione alla Prefettura. Al che giunsero un paio di<br />
volanti della polizia che li caricarono su <strong>per</strong> portarli in commissariato.<br />
Dopodiché il capo della pattuglia dei vigili urbani mi fece segno di avvicinarmi alla loro<br />
auto e quando lo raggiunsi mi disse:<br />
«Bravo <strong>per</strong> averci segnalato con quella schifezza che hai spruzzato sul parabrezza quei<br />
furfanti. Il capitano di polizia mi ha detto che forse si tratta di una cellula della camorra.<br />
Però è arrivata anche un’altra telefonata dal Comando di Polizia Municipale che<br />
sollecita di identificarti <strong>per</strong> forza e infliggerti una pena amministrativa, escluso il<br />
carcere <strong>per</strong> tre mesi <strong>per</strong> meriti speciali contro la criminalità organizzata. Escludiamo la<br />
pena pecuniaria <strong>per</strong>ché tu hai appena i soldi <strong>per</strong> mangiare. Restano i lavori socialmente<br />
utili. Ma non mi viene in mente nulla».<br />
«Se <strong>per</strong>mette, signor comandante, io un’idea ce l’avrei – disse una delle guardie – La<br />
mia suocera me la trovo sempre <strong>per</strong> casa, che è <strong>come</strong> una cavalla in calore che si sfoga<br />
mettendo tutto sottosopra, compreso il mio matrimonio con la sua figlia. Occuparsi di<br />
lei, vi lascio immaginare in che modo, che poi nel corpo non è niente male ma è la testa<br />
che non va, occuparsi di lei, se lo fa uno stallone <strong>come</strong> penso che debba essere <strong>Shamyr</strong>,<br />
sarebbe sì un lavoro socialmente utile e non solo <strong>per</strong> me, ma <strong>per</strong> tutta <strong>Firenze</strong>, <strong>per</strong>ché l’è<br />
proprio una gran rompiballe ché l’altro giorno mi ha detto che ha così tanta energia, lei<br />
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dice energia, io direi che è arrapata, che vuole risistemare il Museo degli Uffizi!<br />
<strong>Shamyr</strong>, qui c’è un uomo e un padre di famiglia che t’implora: fallo a la mi suocera quel<br />
lavoro socialmente utile dell’ordinanza municipale!».<br />
Lettera a<strong>per</strong>ta di Ivonne, prostituta nera di Viale Leonardo, al sindaco di <strong>Firenze</strong><br />
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Spettabile signor Sindaco, io e le mie colleghe di lavoro siamo state colpite <strong>come</strong> da un<br />
fulmine a ciel sereno dalle Sue ultime disposizioni, soprattutto quella che impedisce a<br />
molti nostri compagni <strong>lavavetri</strong> di poter continuare a svolgere la loro attività, che in<br />
effetti è poco remunerativa ma <strong>per</strong>mette di sopravvivere, ed è utile <strong>per</strong> gli automobilisti.<br />
Io potrei definirmi una prostituta colta <strong>per</strong>ché nel mio paese sono riuscita a laurearmi in<br />
Sociologia anche se poi non ho potuto svolgere alcuna professione attinente al mio<br />
titolo di studio <strong>per</strong> mancanza della benché minima occasione di lavoro in merito.<br />
Tuttavia qui, nel viale Leonardo mi sento sociologa, antropologa, psicologa e guaritrice<br />
di uomini che si trovano sul punto di essere rottamati dalle mogli o buttati via dalle loro<br />
fidanzate. La funzione socialmente positiva svolta da noi donnacce, poco di buono,<br />
puttane, prostitute, zoccole, mignotte, troie, busone, è in realtà quanto di più importante<br />
possa essere esercitato da una donna a buon pro del genere umano. Il disprezzo sociale<br />
che ci circonda è enorme, eppur lo sopportiamo, <strong>per</strong>ché sappiamo che, almeno <strong>per</strong><br />
quanto riguarda gli uomini, è quasi sempre purissima apparenza, <strong>per</strong>ché diversamente<br />
non guadagneremmo mai neppure un euro. Al contrario io stimo che a <strong>Firenze</strong> e nel<br />
circondario ci siano almeno duecento uomini che non dicono a nessuno quanto sia<br />
importante <strong>per</strong> loro aver fatto biblica conoscenza col mio corpo. Quando un uomo<br />
importante <strong>come</strong> lei emana un editto contro la prostituzione al pari di un proconsole<br />
dell’Im<strong>per</strong>o Romano, nessuno di questi tipi osa aprir bocca a nostro favore e anzi molti,<br />
<strong>per</strong> depistare eventuali sospetti su di loro, si mettono a vomitare veleno contro di noi,<br />
contro lo schifo dell’amore prezzolato. Ma almeno quando si viene da noi le tariffe sono<br />
chiare, venticinque euro ogni mezz’ora, e se si pretende una prestazione doppia bisogna<br />
pagare una tariffa doppia, se tripla tripla. Tutto chiaro, senza cattive sorprese future.<br />
Molti pagano la tariffa doppia <strong>per</strong>ché passano la prima mezz’ora a parlarmi della moglie<br />
che non si concede se… non si prendono in casa la suocera… se non cacciano di casa la<br />
loro madre… se non comprano la cucina nuova… se non accettano di andare al mare<br />
anziché in montagna… se… se… se… e poi scoprono che le loro consorti hanno amanti<br />
a grappoli. Tariffe esose <strong>per</strong> prestazioni coniugali incerte e di scarsa qualità <strong>per</strong>ché un<br />
mal di testa o che altro posson sempre arrivare all’ultimo minuto, mentre con i loro<br />
amanti fanno davvero di tutto e <strong>come</strong> son puntuali, ché altrimenti quelli le scaricano<br />
<strong>come</strong> loro vorrebbero fare o fanno con i mariti. E così, caro sindaco, questi ultimi ci<br />
arrivan la sera che son proprio da carro attrezzi: scoraggiati, senza nessuna fiducia in se<br />
stessi, amareggiati <strong>per</strong> le tante ingratitudini delle mogli, <strong>per</strong> i loro tradimenti, <strong>per</strong> le loro<br />
sconfitte in tutti i campi, dal lavoro alla squadra di calcio, mentre da noi provano il<br />
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piacere di sentirsi uomini! E che uomini! Ma lo sa, signor sindaco, che i maschi della<br />
sua cittadinanza dai quarant’anni in su, quando vengono da noi metton subito le mani<br />
avanti, e non <strong>per</strong> i soldi. Dicono quasi tutti: “Sai… ho bisogno di qualche minuto e<br />
anche delle attenzioni in più… <strong>per</strong>ché… negli ultimi tempi… causa lo stress… è<br />
successo che…”. Insomma è successo che con le mogli, anche quando quelle<br />
acconsentono a unirsi a loro nel talamo, è mancata… è mancata… insomma, ha capito,<br />
no? e chiedono… una s<strong>per</strong>anza! Allora io dico: “Signore, niente vane s<strong>per</strong>anze ma<br />
tariffa doppia, <strong>per</strong>ché se nella prima parte mi sta raccontando le malefatte di sua moglie,<br />
nella seconda la sistemerò io <strong>per</strong> le feste!”.<br />
Quando poi li lascio andare crepano, dico crepano – cioè alla lettera, son così pieni di<br />
autostima che in su<strong>per</strong>ficie gli si fanno le crepe di fiducia nella vita, nelle proprie<br />
capacità amatorie, nell’adeguatezza e nel buon funzionamento della loro dote<br />
anatomica, nella loro simpatia <strong>per</strong>sonale e guardano alle mogli senza più paura o<br />
rancore ma con compassione, <strong>per</strong>ché constatano <strong>come</strong> quelle si accontentino di amanti<br />
che si accontentano di loro, e sic<strong>come</strong> sono pur sempre le madri dei loro figli, magari<br />
fanno loro qualche regalino… di consolazione! E loro che si aspettano di venir<br />
rimbrottate <strong>per</strong> i loro amanti si trovano anzi gratificate da mazzi di fiori o gioiellini o<br />
anche pellicce e non osano chiedere <strong>per</strong>ché. Ha visto che movimento di denaro<br />
comporta la mia attività e non solo a mio beneficio ma anche del suo comune di<br />
<strong>Firenze</strong>, <strong>per</strong>ché fiorai, gioiellieri, sarti, agenzie di viaggio e anche i cinema, godendo di<br />
introiti maggiori, pagan più tasse <strong>per</strong> i forzieri comunali! E non parliamo delle<br />
fidanzate, che sono lagnose, a giornata, lunatiche, capricciose, oggi scostumate, domani<br />
confessate e i poveri fidanzati sempre appesi alla bilancia dei loro umori in <strong>per</strong>enne<br />
altalena. Ma poi si decidono, metton mano ai venticinque euro, che in caso di bei<br />
giovani molto bisognosi si posson scontare a venti, anche a quindici, e noi li rimettiamo<br />
in sesto. Così Lei, caro il nostro sindaco, non solo ci deve casse comunali scoppiettanti,<br />
ma anche il buon nome della cittadinanza maschile, ben appagato e stabilizzato, un<br />
tasso di delinquenza sessuale quasi uguale a zero, meno liti nei condomini o <strong>per</strong><br />
questioni di precedenza o gli ultras dello stadio molto meno aggressivi di quel che<br />
sarebbero senza fare il loro saltino settimanale a viale Leonardo. Eh sì, <strong>per</strong>ché,<br />
l’inappagamento sessuale rende feroci e ogni occasione è buona <strong>per</strong> attaccar briga. Ora,<br />
Lei vuol cacciarci via da qui, si comporta <strong>come</strong> se i pisani scavassero via la terra da<br />
sotto la Torre di Pisa, da lato da cui pende. Da sociologa laureata posso assicurarle che<br />
qualsiasi buona intenzione possa animare questo suo proposito, il risultato sarebbe<br />
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catastrofico: casse semivuote e… molti, ma molti più gay in città, ma quanti! Sarebbero<br />
così numerosi che i turisti eterosessuali rinuncerebbero a <strong>Firenze</strong> <strong>come</strong> meta obbligata<br />
dei loro tour in Italia! E dico questo non <strong>per</strong>ché ce l’abbia con i gay o consideri<br />
disdicevole la gaiezza, ma semplicemente <strong>per</strong>ché, com’è ben dimostrato dalle carceri di<br />
tutto il mondo, dalle grandi navi in giro <strong>per</strong> i sette mari e da tanto altro, l’uomo o la<br />
donna, impediti <strong>per</strong> via di divieti d’ogni sorta o giudiziari di accedere temporaneamente,<br />
alla confidenza col sesso opposto, diventano gay e lesbiche <strong>per</strong> lo più in modo<br />
temporaneo ma molti anche in modo completo e definitivo. Ora, ripeto, senza avercela<br />
con gay e lesbiche <strong>per</strong>ché non sono affatto nocivi <strong>per</strong> le sorti del mondo, e anzi oggi<br />
sono accettati, pubblicamente apprezzati e anche politicamente coccolati, <strong>per</strong>ché<br />
rappresentano poniamo il 10% della popolazione, una volta diventati il 30-40% se non<br />
addirittura il 50% del totale, beh, <strong>per</strong> tutti quelli che non lo sono l’aria si farebbe<br />
pesante, specialmente se venisse fondato un partito dal nome poniamo, Democrazia<br />
gay, che conquistasse la maggioranza assoluta. Lei, caro signor sindaco, <strong>per</strong>derebbe di<br />
certo la sua poltrona (a meno che… ma non oso pensare a questa eventualità!) e la<br />
maggioranza assoluta trasformerebbe <strong>Firenze</strong> in una succursale di San Francisco in<br />
Italia il che sicuramente danneggerebbe il turismo artistico, <strong>per</strong>ché in genere chi lo<br />
pratica non ama le città sessualmente esuberanti. S’immagina gli Uffizi penosamente<br />
vuoti e una drastica riduzione dei suoi introiti comunali?<br />
Ma poi sa dirmi il nome di un solo grande scrittore o regista – dico quelli grandi<br />
davvero – che non ci abbia messo al centro di qualche loro rappresentazione<br />
importante? Lasciamo stare la poesia, dove l’animo deve sempre cercar di sembrare<br />
sublime, ma racconti, romanzi e film sono ritratti del mondo e dentro ci siamo anche noi<br />
e nessun regista o scrittore ci ha mai descritte <strong>come</strong> distruggitrici di uomini, rovinafamiglie,<br />
peste della società, ma <strong>come</strong> donne che fanno un mestiere che, pur co<strong>per</strong>to da<br />
impro<strong>per</strong>i, risulta poi necessario. Noi siamo le concubine degli im<strong>per</strong>atori romani, le<br />
innumerevoli mogli degli sceicchi, le cortigiane dei signori e di monarchi, siamo le<br />
signorine dei saloon del West, siamo Marlene Dietrich dell’Angelo Azzurro, siamo<br />
Sofia Loren di tanti suoi film, siamo Julia Roberts di Pretty Woman. Orbene, caro<br />
signor sindaco, <strong>come</strong> avrebbero fatto e fanno tuttora scrittori e registi a descriverci così<br />
bene se non han modo di conoscerci altrettanto bene nella realtà? E quel suo Dante<br />
Alighieri? È sicuro che Beatrice fosse la santa che ha voluto farci credere? Anche noi, a<br />
volte, diamo la beatitudine, o almeno così ci dicono quasi tutti i nostri clienti anche se<br />
loro non ci dicono poi: “Sei la mia Beatrice” ma “Sei la mia…!”, ha capito, no? Una<br />
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volta un professore di Lettere mi ha spiegato che “nel mezzo del cammin di nostra vita”<br />
vuol dire il membro maschile, <strong>per</strong>ché il “cammin di nostra vita” non è altro che la<br />
circonferenza addominale al bacino, che voi chiamate “vita”, e quindi il membro si<br />
ritrovò “in una selva oscura, che la diritti via era smarrita”, cioè essendo il suo Dante un<br />
po’ ines<strong>per</strong>to nella “selva oscura”, che lei sa bene di che si tratta, <strong>per</strong>se la “diritta via”,<br />
<strong>per</strong> mancanza di pratica, non si trovava più e la selva, chiamandola così, gli risultava<br />
“aspra” e “forte”, che un po’ aspra a volte lo è davvero se non ci si può lavar bene e<br />
forte, anzi fortissima, è di necessità, <strong>per</strong>ché non è detto che dietro il cespuglio vi sia<br />
necessariamente il sentiero, ma può ben esservi la roccia “che nel pensier rinnova la<br />
paura”, lo credo bene. E poi se Beatrice era davvero una santa si doveva chiamare<br />
Beata, <strong>come</strong> dire Benedetta. Ma Beatrice <strong>per</strong>ché? Secondo il professore Beatrice era il<br />
soprannome affettuosa a una che faceva il mestiere. Insomma, signor sindaco… E non<br />
ho parlato dei pittori! Chi sono le modelle dei pittori? Le brave mamme di famiglia o<br />
noi? Non <strong>per</strong> parlare male di loro, ma visto che loro parlano sempre male di noi, ebbene<br />
senza di noi non esisterebbe una sola immagine della femminilità normale, a parte la<br />
religione. A proposito: quando verrà il momento in cui un prete, anziché fare Porta a<br />
Porta con Bruno Vespa e lì sermoneggiare che ci vuol redimere <strong>per</strong> salvare la nostra<br />
dignità umana, così dopo potremo finalmente morir di fame, <strong>per</strong>ché non viene a trovarci<br />
a Viale Leonardo fatta salva la castità a piedi nudi <strong>come</strong> San Francesco? E senza far<br />
salva la castità, che vuol fare? Un corpo ce l’ha: <strong>per</strong>ché lo deve mortificare<br />
<strong>per</strong>ennemente? Non è un’ingiustizia senza fine avere il pene e tenerselo solo <strong>come</strong><br />
fonte… di pene infinite, <strong>per</strong>ché gli è stato vietato di usarlo! Si sposino i preti! E si<br />
sposino con noi, se è vero che voglion toglierci di strada! Noi siamo pronte a convertirci<br />
purchè non ci facciano fare le sagrestane – che le messe e le cerimonie sono affari loro –<br />
ma le donne di casa che sanno deliziare i mariti a tavola e a letto. Ora basta con le<br />
prediche. Visto che dicono così spesso di essere uomini, che lo dimostrino! E poi le<br />
femministe, le sindacaliste rosa, il telefono rosa, le associazioni associate… chi li vede<br />
mai? Compagne della sinistra. Stracompagne femministe, sensibilissime di ultima<br />
generazione, <strong>per</strong> voi noi siamo “le nigeriane”, “le albanesi”, “le colombiane”, noi siamo<br />
in sostanza le donnacce di sempre. Voi con noi non c’entrate. Chi vi ha visto mai<br />
venirci a distribuire un volantino su qualsiasi argomento? Voi siete <strong>per</strong> il proletariato,<br />
no? Noi non siamo proletariato? Sono furibonda! Signor sindaco, i senza-stimoli fanno<br />
a gara ad abbaiarci contro, ma lei dimostri di non essere di questi! Io amo un uomo che<br />
si chiama <strong>Shamyr</strong> e fa il <strong>lavavetri</strong>. Una sua ordinanza di pochi giorni fa vuole<br />
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impedirgli di continuare a svolgere questo mestiere. Un’altra ordinanza, che si vocifera<br />
sarà emanata a breve, vuole allontanare me e le mie colleghe dal viale Leonardo. Ora,<br />
<strong>Shamyr</strong> facendo il <strong>lavavetri</strong> <strong>per</strong> pochi centesimi alla volta, contribuisce a ridurre il<br />
numero degli incidenti che avvengono in città a causa dai parabrezza impolverati e forse<br />
salva qualche vita umana, che, sommata a quella dei suoi colleghi, significa tante vite,<br />
senza parlare dai danni alle auto. Io, dal mio canto, contribuisco a fare di <strong>Firenze</strong> una<br />
città d’arte nel modo che le ho estesamente spiegato. Riconosca questi nostri meriti e<br />
non dimentichi che io e <strong>Shamyr</strong> ci amiamo e forse un giorno, se riusciremo a conservare<br />
i nostri lavori, riusciremo a sposarci.<br />
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