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<strong>Fimmini</strong> <strong>di</strong> <strong>Sicilia</strong><br />
Molti mesi dell’anno Arturo li trascorreva in una casa a mare che posta in alto<br />
dominava una baia ricca del colore del verde degli alberi e dell’azzurro del<br />
mare e da un cielo cangian<strong>te</strong> come l’animo <strong>di</strong> un bambino. La <strong>te</strong>rrazza era il<br />
luogo <strong>di</strong> osservazione <strong>di</strong> questi cambiamenti che sono del mare e si riflettono<br />
sugli alberi; sono del cielo che <strong>di</strong> giorno con la sua luce influenza i riflessi sul<br />
mare che con le sue onde è in continuo <strong>di</strong>venire; sono della not<strong>te</strong> quando<br />
luminosa <strong>di</strong> s<strong>te</strong>lle o illuminata dalla luna costituisce l’atmosfera magica del<br />
sogno o della favola o, decisamen<strong>te</strong> buia, col suo silenzio assume i toni<br />
inquietanti della paura.<br />
Sempre dalla <strong>te</strong>rrazza guardando verso nord con lo sfondo dell’Etna e<br />
l’ampio golfo su cui si <strong>di</strong>spiega <strong>Catania</strong> è sempre la luce a creare scenari<br />
suggestivi sia <strong>di</strong> giorno che <strong>di</strong> not<strong>te</strong> e appartiene ad Arturo quel paesaggio<br />
<strong>per</strong> i molti mesi dell’anno che vive in quella casa. I fenomeni naturali spesso<br />
creano uno sfavillio <strong>di</strong> magica bellezza ma restano un mis<strong>te</strong>ro <strong>per</strong><br />
l’osservatore come, a vol<strong>te</strong>, lo è uno spettacolo a <strong>te</strong>atro <strong>di</strong> cui cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong><br />
sa<strong>per</strong>e spiegare tutto. Spesso non è così <strong>per</strong>ché non sappiamo dov’è o cos’è<br />
la verità o il segreto della bellezza. Quasi sempre le cose navigano <strong>per</strong> conto<br />
loro e noi viviamo <strong>di</strong> emozioni che ci vengono regala<strong>te</strong> senza che ci<br />
preoccupiamo <strong>di</strong> ringraziare l’ar<strong>te</strong>fice <strong>di</strong> tali avvenimenti.<br />
La giornata <strong>di</strong> Arturo si svolgeva in maniera monotona e seguiva un rituale<br />
con dei punti obbligati come “…comprare i giornali”, “..il pane, la<br />
frutta,l’insalata, il pesce…”, “andare al su<strong>per</strong>mercato”.<br />
Le prime sos<strong>te</strong> gli consentivano <strong>di</strong> scambiare delle battu<strong>te</strong> sul <strong>te</strong>mpo o<br />
informazioni se c’era qualche conta<strong>di</strong>no che sapeva fare anche gli innesti e<br />
fosse <strong>di</strong>sposto a curare una ventina <strong>di</strong> viti <strong>per</strong> farne un <strong>per</strong>golato; ma, anche<br />
comprando il pesce si parla d’altro e quel giorno il pescivendolo e un suo<br />
amico conversando ridevano su un antico proverbio “Cu schecchi caccia e<br />
fimmini criri facci <strong>di</strong> pararisu nun ni viri” che pressappoco vuol <strong>di</strong>re “Chi asini<br />
guida e crede alle donne non vedrà mai la faccia del para<strong>di</strong>so” che<br />
parafrasando significa “Non sarà felice e rimarrà gabbato”.<br />
Almeno così credo <strong>di</strong> un proverbio francamen<strong>te</strong> maschilista in cui <strong>per</strong>ò <strong>te</strong>nuti<br />
in gran considerazione “fimmini e scecchi” cioè <strong>per</strong>sone ed animali. E una<br />
conferma imme<strong>di</strong>ata l’ho avuta subito dal riso compiaciuto <strong>di</strong> una giovane<br />
donna entrata <strong>per</strong> comprare del pesce ma con l’orecchio at<strong>te</strong>nto a quel<br />
proverbio che le aveva procurato un riso sod<strong>di</strong>sfatto e <strong>di</strong>vertito.<br />
Questo episo<strong>di</strong>o – chissà <strong>per</strong>ché – mi riportò in<strong>di</strong>etro nel <strong>te</strong>mpo quando,<br />
ancora giovanissimo avevo capito che in <strong>Sicilia</strong> sono le donne a comandare<br />
anche se <strong>per</strong> in<strong>te</strong>rposta <strong>per</strong>sona; attraverso gli uomini o meglio i loro<br />
compagni o mariti ai quali non resta che adeguarsi e magari tirar fuori<br />
proverbi simili che ripropongono il loro po<strong>te</strong>re. Intanto premettiamo,<br />
analizzando il proverbio, che l’asino che non risponde ai coman<strong>di</strong> non è<br />
<strong>per</strong>ché non li capisce ma <strong>per</strong>ché non li accetta <strong>per</strong> i più svariati motivi così
come il fidarsi delle donne o credere tout court a quello che <strong>di</strong>cono può<br />
essere <strong>per</strong>icoloso. Per cui il rapporto fra uomo e donna come fra uomo e<br />
asino, <strong>per</strong> la posizione dura e subal<strong>te</strong>rna <strong>di</strong> entrambi si presenta <strong>di</strong>fficile <strong>per</strong><br />
quello che abbiamo detto e anche <strong>per</strong>ché spesso dove c’è una <strong>per</strong>sonalità si<br />
nasconde un carat<strong>te</strong>re for<strong>te</strong> o quello che viene chiamato un pessimo<br />
carat<strong>te</strong>re. Ques<strong>te</strong> <strong>di</strong>vagazioni Arturo non li comunicò ai suoi amici mattutini<br />
ma mentre gli frullavano in <strong>te</strong>sta gli sovvenne il ricordo <strong>di</strong> don Petru, molto<br />
ascoltato e <strong>te</strong>muto in paese. Egli non pigliava mai una decisione su due pie<strong>di</strong><br />
anzi con at<strong>te</strong>ggiamento me<strong>di</strong>tabondo <strong>di</strong>ceva che era meglio fare passare una<br />
not<strong>te</strong> <strong>per</strong>ché la not<strong>te</strong> porta consiglio. Ma la ragione vera stava nella moglie da<br />
cui pigliava consiglio nel senso che ogni decisione relativa al caso da risolver<br />
e o quando “qualcuno gli voleva fare le scarpe” allora la moglie suggeriva a<br />
“Petruzzu suo” anche la più feroce soluzione <strong>per</strong>ché “la situazione era tale<br />
che non si po<strong>te</strong>va agire <strong>di</strong>versamen<strong>te</strong>”. Ai piccoli o gran<strong>di</strong> casi, essa trovava<br />
sempre una soluzione congeniale che rendeva grande “don Petru” con le sue<br />
assenna<strong>te</strong> decisioni prese dopo una not<strong>te</strong> <strong>di</strong> consiglio dalla moglie, ‘na<br />
fimmina. Eppure ci sono voluti molti anni prima che si arrivasse a capire<br />
come le donne gestivano gli uomini che rappresentavano la mafia e ne<br />
curavano gli affari. Non è che in <strong>Sicilia</strong> gli uomini non hanno mai comandato.<br />
Eccome! Ma l’hanno fatto sempre, nel migliore dei mo<strong>di</strong>, con l’aiuto delle<br />
donne come, in breve, abbiamo accennato.<br />
E con questo non sono autorizza<strong>te</strong> facili generalizzazioni che tanto danno<br />
hanno fatto all’immagine della <strong>Sicilia</strong> e <strong>di</strong> noi siciliani anche <strong>per</strong>ché questo<br />
raccontino è o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> pura fantasia e il rapporto con la realtà è puramen<strong>te</strong><br />
casuale.<br />
Carmelo La Carrubba