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01 2008 - Federazione Nazionale Sindrome di Prader Willi

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Impegno per una vita migliore<br />

LO SPORTELLO DELLA SCUOLA<br />

LE GITE SCOLASTICHE: UN DIRITTO DI CITTADINANZA<br />

ORNELLA MORPURGO BONDIOLI<br />

(PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA)<br />

HANDICAP & SCUOLA, N. 136<br />

Vorrei iniziare queste mie riflessioni con le parole <strong>di</strong><br />

una canzone <strong>di</strong> De Andrè che mi sembra semplifichino<br />

che cosa può provare un bambino o un giovane ad essere<br />

escluso dalle gite:<br />

“Tu prova ad avere un mondo nel cuore<br />

e non riesci ad esprimerlo con le parole,<br />

e la luce del giorno si <strong>di</strong>vide la piazza<br />

tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,<br />

e neppure <strong>di</strong> notte ti lascia da solo:<br />

gli altri sognan se stessi e tu sogni <strong>di</strong> loro”.<br />

(Un matto, Fabrizio De Andrè)<br />

Le gite, questo momento atteso da tutti gli alunni per<br />

il loro carattere ricreativo, dal bambino e dal giovane<br />

<strong>di</strong>sabile sono attese come momento <strong>di</strong> accoglienza e <strong>di</strong><br />

autonomia, come momento <strong>di</strong> presenza e <strong>di</strong> esistenza,<br />

possibilità <strong>di</strong> avere volto, voce, sguardo, parola, desideri<br />

e non solo bisogni. Le gite appartengono alla sfera<br />

“dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza,” soprattutto per i <strong>di</strong>sabili rappresentano<br />

l’ambito del tempo libero, che non può essere<br />

considerato un accessorio della vita, ma ne è una<br />

parte integrante che assume un profondo significato<br />

esistenziale senza cui ne risente la qualità <strong>di</strong> vita, la loro<br />

già tanto caratterizzata da tempi e relazioni “vuote”. Gli<br />

altri alunni hanno una loro vita fuori dalla Scuola per lo<br />

più ricca <strong>di</strong> amicizie e <strong>di</strong> esperienze, che crescono con<br />

l’età: l’uscita con gli amici, la <strong>di</strong>scoteca, il sabato e la<br />

domenica, le prime “storie” d’amore. Per il <strong>di</strong>sabjle le<br />

esperienze <strong>di</strong>minuiscono con l’età. Le gite sono, un atto<br />

<strong>di</strong> giustizia, un <strong>di</strong>ritto non un privilegio concesso dall’alto<br />

per pietà o per perbenismo, fanno parte <strong>di</strong> quegli elementi<br />

che costituiscono il principio <strong>di</strong> non <strong>di</strong>scriminazione,<br />

<strong>di</strong> uguaglianza <strong>di</strong> tutti i citta<strong>di</strong>ni sancito dalla Costituzione<br />

e dalla Solidarietà umana. Le gite permettono un<br />

interscambio tra il <strong>di</strong>sabile ed i suoi compagni; nella<br />

“coralità” del gruppo le <strong>di</strong>versità si attenuano e vi può<br />

essere un coinvolgimento generale che rende l’esperienza<br />

una ricchezza per tutti. Le gite permettono un <strong>di</strong>alogo<br />

verbale e non verbale nel gruppo, tra i suoi membri,<br />

che stanno facendo tutti la stessa esperienza, un<br />

<strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> parole, <strong>di</strong> giochi, <strong>di</strong> canzoni, lontani dall’astrazione<br />

e daI “dovere” che caratterizza il tempo scolastico.<br />

Il “dovere”, questa <strong>di</strong>mensione che il <strong>di</strong>sabile conosce<br />

sin dalla sua nascita: la rieducazione, la fisioterapia,<br />

la psicomotricità, la logope<strong>di</strong>a, l’ippoterapia, l’arteterapia<br />

(non l’atelier <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno), la pet therapy (non il cagnolino<br />

o il gattino che tanti bambini chiedono ai loro genitori da<br />

curare) ed infine, ultimo termine sentito qualche mese<br />

fa, la montagna terapia (andare in gita con una guida).<br />

Ecco potremmo chiamarle giteterapie quelle fatte con la<br />

scuola. Sorrido ma in realtà sono profondamente in<strong>di</strong>gnata,<br />

perché questo significa culturalmente ritenere che<br />

vi sia un mondo per i “normali” e un mondo per i <strong>di</strong>sabili<br />

dove le stesse esperienze hanno un altro nome che richiama<br />

la malattia. Abbiamo tanto lottato perché la<br />

<strong>di</strong>sabilità non fosse considerata una malattia ma una<br />

con<strong>di</strong>zione esistenziale suscettibile <strong>di</strong> evolutività e <strong>di</strong><br />

qualità ed ora questa concezione torna attraverso il linguaggio.<br />

Le gite permettono <strong>di</strong> riconoscersi, il <strong>di</strong>sabile,<br />

con i suoi limiti cognitivi, ed il compagno nella corriera<br />

vicini possono scoprirsi amanti del calcio e tifosi della<br />

stessa squadra, possono riconoscersi nell’amore per lo<br />

stesso cantante, possono conoscere l’uno l’interesse<br />

dell’altro ampliando così entrambi la propria esperienza.<br />

Canevaro riporta un episo<strong>di</strong>o-apologo raccontato<br />

da Gregory Bateson: “Il dottor Stutterhein, archeologo<br />

governativo <strong>di</strong> Giava, usava raccontare questa storia:<br />

qualche tempo prima dell’arrivo dell’uomo bianco, ci fu<br />

un uragano sulla costa giavanese, nei pressi <strong>di</strong> una delle<br />

capitali. Placatosi l’uragano, la gente scese sulla spiaggia<br />

e trovò, in balia delle onde e quasi morta, una grande<br />

scimmia bianca <strong>di</strong> una specie ignota. Gli esperti della<br />

religione spiegarono che questa scimmia era stata alla<br />

corte <strong>di</strong> Beroena, il <strong>di</strong>o del mare e che per qualche colpa<br />

la scimmia era stata scacciata dal <strong>di</strong>o, la cui ira si era<br />

manifestata nll’uragano. Il Rajah <strong>di</strong>ede or<strong>di</strong>ne che la scimmia<br />

venisse tolta dall’acqua e mantenuta in vita, incatenata<br />

a una pietra. Nel tempo, la “scimmia bianca” fece<br />

cose strane, lavorava sulla pietra. Quando morì, rimase<br />

la pietra, e nessuno sapeva che vi erano grossolanamente<br />

incisi in latino, olandese e inglese il nome <strong>di</strong> un<br />

uomo e il racconto <strong>di</strong> un suo naufragio. Questo marinaio<br />

trilingue non aveva evidentemente stabilito una comunicazione<br />

verbale con coloro che lo avevano fatto prigioniero.<br />

Certamente non si rendeva conto dei loro preconcetti,<br />

per cui lo definivano una scimmia bianca e perciò<br />

non un potenziale destinatario <strong>di</strong> messaggi verbali.<br />

Probabilmente non accadde mai che essi dubitassero<br />

della sua appartenenza al genere umano; egli però può<br />

aver dubitato della loro”. Questo racconto apologo richiama<br />

la necessità .<strong>di</strong> porre alla base dell’appren<strong>di</strong>mento<br />

non solo la comunicazione, ma il riconoscimento reciproco,<br />

senza il quale sembra sia ben <strong>di</strong>fficile che si attivino la<br />

comunicazione e l’appren<strong>di</strong>mento. (A. Canevaro 1986).<br />

L’esclusione da queste possibilità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, <strong>di</strong><br />

socializzazione, <strong>di</strong> esperienze <strong>di</strong> vita, che come vedremo<br />

sono, a mio avviso, le gite, risulta una <strong>di</strong>scriminazione<br />

incomprensibile ed inaccettabile. Il <strong>di</strong>sabile ha bisogno <strong>di</strong><br />

esperienze concrete per apprendere, <strong>di</strong> esperienze che<br />

richiamino le esperienze <strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana. Quale migliore<br />

spazio delle gite scolastiche dove la conoscenza avviene<br />

attraverso l’esperienza e la sperimentazione <strong>di</strong> tut-<br />

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