01 2008 - Federazione Nazionale Sindrome di Prader Willi
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mento ufficiale, da parte del Governo D’Alema, del terzo<br />
settore quale soggetto politico, sociale ed economico in<br />
grado <strong>di</strong> «corrispondere in modo efficace alla domanda<br />
insod<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> servizi <strong>di</strong> interesse collettivo e al <strong>di</strong>ffuso<br />
bisogno <strong>di</strong> “beni relazionali necessari per la convivenza<br />
civile e la coesione sociale”, e <strong>di</strong> incentivare<br />
«l’occupabilità dei lavoratori svantaggiati». I sopra citati<br />
compiti assegnati al terzo settore sono stati confermati<br />
dalla legge 328/2000 <strong>di</strong> riforma dell’assistenza, dalle<br />
relative normative approvate dalle Regioni, nonché dai<br />
Governi che si sono succeduti dal 1999 ad oggi.<br />
Com’era facilmente preve<strong>di</strong>bile, l’attribuzione al terzo<br />
settore dei compiti sopra in<strong>di</strong>cati non ha affatto apportato<br />
mo<strong>di</strong>fiche sostanziali alle situazioni <strong>di</strong> emarginazione<br />
dei soggetti più deboli. Infatti, com’è evidente, le cause<br />
dell’esclusione sociale, <strong>di</strong>pendono essenzialmente dalle<br />
misure politiche e sociali assunte dalle istituzioni e<br />
non dalla semplice gestione dì attività. E’ altresì<br />
indubitabile che gli spazi <strong>di</strong> autonomia concessi dalle<br />
istituzioni agli enti gestori sono estremamente limitati.<br />
Come rileva giustamente il gruppo “Oltre il giar<strong>di</strong>no”, il<br />
ruolo degli operatori del terzo settore «è fortemente penalizzato<br />
proprio dall’inserimento in organizzazioni oggettivamente<br />
<strong>di</strong>pendenti dal finanziamento pubblico».<br />
Orbene, detto con<strong>di</strong>zionamento non riguarda certamente<br />
solo il personale dei terzo settore, ma coinvolge gli addetti<br />
<strong>di</strong> tutti i servizi privati e pubblici, nonché le organizzazioni<br />
che hanno ottenuto dal settore pubblico la gestione<br />
<strong>di</strong> funzioni operative . Si comprende, pertanto, il<br />
vero motivo dell’assenza <strong>di</strong> iniziative da parte degli enti<br />
privati gestori dei servizi, compresi quelli facenti parte<br />
del terzo settore, nei confronti delle situazioni più deleterie<br />
per gli utenti, ad esempio le <strong>di</strong>missioni illegali e spesso<br />
selvagge degli anziani cronici non autosufficienti da ospedali<br />
e da case <strong>di</strong> cura private convenzionate, le vistose<br />
carenze <strong>di</strong> interventi nei confronti de soggetti con han<strong>di</strong>cap<br />
intellettivi gravi e gravissimi e la richiesta, non ammessa<br />
dalle vigenti <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> legge, <strong>di</strong> contribuzioni<br />
economiche ai parenti degli assistiti. Non si conoscono,<br />
infatti, cooperative o altre organizzazioni private che<br />
gestiscono servizi affidati dal settore pubblico che abbiano<br />
assunto posizioni contrastanti con le linee politiche<br />
<strong>di</strong> Comuni, Province e Asl a cui sia stata rinnovata<br />
l’assegnazione <strong>di</strong> attività. D’altra parte non si può richiedere<br />
agli operatori degli enti pubblici e privati, terzo<br />
settore compreso, <strong>di</strong> assumere iniziative a livello personale<br />
o <strong>di</strong> gruppo a <strong>di</strong>fesa delle persone alle quali le istituzioni<br />
negano <strong>di</strong>ritti anche fondamentali. Infatti, in questi<br />
casi gli addetti non solo mettono in pericolo ogni loro<br />
progressione <strong>di</strong> carriera, ma rischiano <strong>di</strong> perdere il posto<br />
<strong>di</strong> lavoro o <strong>di</strong> essere isolati nei cosiddetti “reparti confino”.<br />
Anche se vi sono esempi <strong>di</strong> gestione corretta <strong>di</strong><br />
attività da parte del terzo settore, occorre valutarne i limiti.<br />
Ad esempio il trasferimento <strong>di</strong> giovani con han<strong>di</strong>cap<br />
intellettiva lieve, e quin<strong>di</strong> in possesso <strong>di</strong> potenzialità<br />
lavorative, dai tra<strong>di</strong>zionali sorpassati istituti <strong>di</strong> ricovero<br />
alle comunità alloggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni familiari gestite da<br />
uno stabile gruppo <strong>di</strong> operatori motivati, ha certamente<br />
migliorato notevolmente le loro con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita. Tuttavia,<br />
se non sono stati pre<strong>di</strong>sposti dall’ente pubblico competente<br />
i corsi <strong>di</strong> formazione prelavorativa e non sono<br />
state attuate le misure occorrenti per l’inserimento presso<br />
aziende pubbliche o private dei soggetti in grado <strong>di</strong><br />
Impegno per una vita migliore<br />
10<br />
svolgere una attività lavorativa proficua, la loro con<strong>di</strong>zione<br />
continua ad essere quella <strong>di</strong> emarginati sociali,<br />
anche se in misura attenuata rispetto alla precedente<br />
situazione. Alla luce delle considerazioni esposte, risultano<br />
insostenibili le affermazioni del gruppo “Oltre il<br />
giar<strong>di</strong>no” che nell’articolo in questione sostengono che<br />
«il terzo settore esiste in<strong>di</strong>pendentemente dalle provvidenze<br />
pubbliche» e che «la collaborazione paritaria con<br />
l’ente locale può avvenire solo se il terzo settore si rende<br />
autonomo, capace <strong>di</strong> definire liberamente la sua identità.<br />
In questo modo potrà affrancarsi da una posizione<br />
subor<strong>di</strong>nata, da una funzione ancellare rispetto agli enti<br />
pubblici». Infatti, com’è evidente, il terzo settore vive e<br />
può continuare ad operare solamente se gli enti pubblici<br />
gli affidano la gestione dei servizi.<br />
L’alternativa proposta dal gruppo “Oltre il giar<strong>di</strong>no”<br />
Il gruppo “Oltre il giar<strong>di</strong>no” ritiene che per superare le<br />
attuali carenze sia possibile una azione <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento<br />
«<strong>di</strong> tutte le fasi del processo <strong>di</strong> realizzazione <strong>di</strong> una politica<br />
o <strong>di</strong> un intervento sociale» da concordare fra il pubblico<br />
e il terzo settore. Secondo il suddetto gruppo «non<br />
si tratta <strong>di</strong> spartire meccanicamente o rigidamente al 50%<br />
fra “pubblico” e “privato” ogni fase (pianificazione, programmazione,<br />
gestione, valutazione, ecc.) o <strong>di</strong> negare il<br />
ruolo sovraor<strong>di</strong>nato del “pubblico” che <strong>di</strong>scende dai suoi<br />
compiti istituzionali», ma <strong>di</strong> «proporre un progetto che<br />
impegni i <strong>di</strong>versi soggetti chiamati in campo dalla legge<br />
328/2000 ad analizzare i seguenti compiti:<br />
1) definizione concertata e contrattata delle regole del<br />
gioco, che metta al centro la qualità dei servizi;<br />
2) definizione <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> informazione (Carte dei<br />
servizi) e <strong>di</strong> accesso al sistema integrato;<br />
3) accre<strong>di</strong>tamento dei fornitori in modo che il settore<br />
pubblico e il terzo settore siano sottoposti agli stessi criteri<br />
<strong>di</strong> qualità;<br />
4) promozione della scelta da parte del citta<strong>di</strong>no/cliente/utente<br />
sulla base dei prezzi dei <strong>di</strong>versi servizi accre<strong>di</strong>tati;<br />
5) forme <strong>di</strong> tutela del citta<strong>di</strong>no, se e quando non è<br />
capace <strong>di</strong> scegliere da solo;<br />
6) forme <strong>di</strong> promozione della capacità <strong>di</strong> azione sociale<br />
degli utenti, della qualità dei servizi erogati dalle<br />
organizzazioni del terzo settore, della professionalità <strong>di</strong><br />
operatori e volontari;<br />
7) forme <strong>di</strong> controllo della qualità dell’erogazione dei<br />
servizi basati principalmente sull’ascolto dei clienti e degli<br />
operatori <strong>di</strong> contatto;<br />
8) forme <strong>di</strong> gestione pubblica <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> servizi per<br />
definire gli standard e per garantire segmenti strategici<br />
della rete <strong>di</strong> offerta dei servizi stessi;<br />
9) valutazione congiunta da parte degli attori in<strong>di</strong>viduati<br />
dalla legge n. 328/2000 sulla base <strong>di</strong> regole e valori<br />
fondanti stabiliti insieme.<br />
A mio avviso le suddette proposte sono molto preoccupanti<br />
in quanto incentrate sull’applicazione della legge<br />
328/2000 <strong>di</strong> riforma dell’assistenza e dei servizi sociali<br />
che non stabilisce alcun <strong>di</strong>ritto esigibile da parte dei<br />
citta<strong>di</strong>ni e dei nuclei familiari e lascia quin<strong>di</strong> al settore<br />
pubblico l’assoluta <strong>di</strong>screzione <strong>di</strong> intervenire o non agire<br />
anche nei casi in cui i mancati interventi siano la causa<br />
dell’emarginazione <strong>di</strong> persone e <strong>di</strong> nuclei familiari.<br />
Una proposta <strong>di</strong> collaborazione fra il terzo settore e le<br />
forze sociali.