Voglio la mamma (Italian Edition) - Adinolfi, Mario
Voglio la mamma (Italian Edition) - Adinolfi, Mario
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MARIO ADINOLFI<br />
VOGLIO<br />
LA<br />
MAMMA<br />
Da sinistra, contro i<br />
falsi miti di progresso<br />
Youcanprint
Titolo | <strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong><br />
Autore | <strong>Mario</strong> <strong>Adinolfi</strong><br />
ISBN |<br />
Prima edizione digitale: 2014<br />
© Tutti i diritti riservati all’Autore<br />
Youcanprint Self-Publishing<br />
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)<br />
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modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.<br />
Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce<br />
vio<strong>la</strong>zione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata<br />
civilmente e penalmente secondo quanto previsto dal<strong>la</strong> legge<br />
633/1941.
a mia madre<br />
alle madri delle mie figlie
1. PREMESSA PERSONALE<br />
Ho un certa dimestichezza con C<strong>la</strong>ra A. che è mia figlia,<br />
tipina piuttosto vivace e sempre in vena di avventure<br />
paranormali in cui a me è riservato il ruolo di "protettore<br />
dai tre mostri". Insomma, quando nel suo universo fantasy<br />
il gioco si fa duro, c'è spazio per me. In quei momenti<br />
intervengo con danze magiche che mi vergognerei a<br />
riproporre davanti anche a un solo spettatore che non sia<br />
genitore anche lui. C<strong>la</strong>ra A. ha tre anni e mezzo, l'altra mia<br />
figlia si chiama Livia A. e va per i diciotto, tipa da sempre<br />
più calma e riflessiva dell'ultimogenita, che mi ha utilizzato<br />
come organizzatore di ricreazioni, dal<strong>la</strong> prima infanzia ad<br />
oggi che suona il basso in una rockband: il papà <strong>la</strong> faceva<br />
divertire e rimedia da sempre le risorse affinché al<br />
divertimento si aggiunga un po' di companatico.<br />
Ma quando stanno male, quando <strong>la</strong> febbre sale e magari<br />
non è solo quel<strong>la</strong> del termometro, quando <strong>la</strong> fame<br />
dell'infante quasi inconsapevole si fa pianto, quando<br />
l'adolescente ha pena magari d'amore, dicendolo a parole<br />
o con un vagito le mie figlie hanno sempre fatto capire il<br />
concetto decisivo: "<strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>".
Sono figlie di madri diverse, di tempi diversi del<strong>la</strong> mia vita,<br />
percorso appassionante e anche tortuoso. Questo libro<br />
non lo scrive un bacchettone, ma un peccatore anche<br />
piuttosto incallito, che ha combinato molto di quel che si<br />
deve combinare per non essere proprio un socio<br />
benemerito del<strong>la</strong> Paradiso spa. Questo libro lo scrive una<br />
persona che vede dissolversi l'ultima ancora di senso che<br />
<strong>la</strong> nostra società, così brava a frantumare ogni orizzonte di<br />
ragionevolezza, non sembrava in grado di mettere in<br />
discussione: <strong>la</strong> nostra origine. Siamo tutti figli di un padre<br />
(incerto) e di una madre certa. E <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>, nutrimento<br />
anche retorico di un familismo non sempre progressista,<br />
non si poteva toccare.<br />
Ora no, ora guai a dire <strong>mamma</strong>. Ora i burocrati del<br />
politicamente corretto hanno cominciato a spiegare che <strong>la</strong><br />
<strong>mamma</strong> non esiste più, esiste il genitore uno e il genitore<br />
due. Che esiste un diritto umano fondamentale, ce lo<br />
spiega persino l'Europa, del<strong>la</strong> donna: quello di abortire.<br />
Non il diritto, che invece credevo universale, di un<br />
bambino di nascere. Un mio amico albino, docente<br />
universitario di straordinaria cultura e intelligenza, mi<br />
faceva notare che in Italia gli albini non nascono più: con
l'amniocentesi vengono valutati come a rischio<br />
deformazione e novantanove volte su cento abortiti.<br />
Analoga sorte tocca ai concepiti con sindrome di Down o<br />
altre anomalie. In O<strong>la</strong>nda e tra poco anche in Belgio i<br />
bambini malformati che soffrano "livelli insopportabili di<br />
dolore" possono essere legalmente soppressi per<br />
decisioni assunte in ossequio al<strong>la</strong> nuova ideologia<br />
liberatoria di questo tempo: l'eutanasia infantile. Un<br />
avamposto di progresso, secondo molti. Io vedo molte<br />
mamme sobbarcarsi sacrifici immensi per proteggere<br />
bambini che soffrono molto, per proteggere il loro diritto<br />
al<strong>la</strong> vita, al<strong>la</strong> lezione immensa che quel dolore <strong>la</strong>scia in<br />
chiunque si avvicini, quando basta poi un accenno di<br />
sorriso di quel bambini per rischiarare <strong>la</strong> giornata più di<br />
cento raggi di sole.<br />
Leggo dei trans che sono secondo alcuni "donne<br />
all'ennesima potenza", del<strong>la</strong> morte che diventa "dolce" se<br />
a dar<strong>la</strong> è lo Stato in una squallida clinica di una periferia<br />
svizzera, dell'ideologia dell'utero in affitto che esalta il<br />
momento in cui un bimbo neonato viene strappato dal<br />
seno materno con inevitabili <strong>la</strong>crime di naturalissima<br />
disperazione, del<strong>la</strong> fecondazione di un ovulo estraneo con
sperma mesco<strong>la</strong>to di due presunti padri che cercano una<br />
madre a pagamento magari in India, del<strong>la</strong> selezione<br />
eugenetica dell'embrione perfetto certificato da diagnosi<br />
preimpianto e per gli altri c'è il bidone del<strong>la</strong> spazzatura.<br />
Leggo tutto questo e mi chiedo: sono davvero un<br />
bacchettone baciapile di destra se ripeto, come quando<br />
ero bambino anch'io tanti decenni fa, "voglio <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>"?<br />
No, tutto questo non ha nul<strong>la</strong> a che fare con <strong>la</strong> mia idea,<br />
che pure c'è, secondo cui <strong>la</strong> Chiesa cattolica affida a<br />
questo tempo ignobile un residuo orizzonte di senso che<br />
seguire non può far male. No, <strong>la</strong> religione non c'entra<br />
nul<strong>la</strong>. Io sono stato tra i fondatori del più importante partito<br />
del<strong>la</strong> sinistra italiana, ho avuto l'onore di rappresentarlo<br />
anche in Par<strong>la</strong>mento e scrivo questo libro per dire, da<br />
sinistra, che chi è di sinistra sta con gli ultimi, contro i falsi<br />
miti di progresso. E gli ultimi sono i bambini senza voce e<br />
senza paro<strong>la</strong>, i sofferenti, gli addolorati anche senza<br />
speranza. Per loro è stato scritto questo libro, perché poi<br />
tra gli addolorati senza speranza ci saremo tutti noi se non<br />
usciremo da questo tunnel buio in cui ci stiamo ficcando<br />
con tutta l'ottusità di cui siamo capaci.
Finisco questo libro nei giorni del Natale e a Natale mi<br />
viene sempre voglia di fare un altro figlio, invidioso di Dio<br />
come sono. A Silvia, <strong>la</strong> mia adorata giovane moglie che<br />
sopporta da troppi anni uno scapestrato che l'ha sposata a<br />
Las Vegas in pantaloni del<strong>la</strong> tuta e scarpe giallo fluo, dico<br />
sempre che mi piacerebbe un maschio da portare allo<br />
stadio e far crescere formandolo con videogiochi e<br />
fantacalcio. Poiché però son condannato, lo so, a essere<br />
circondato da donne e a sentire tutta l'inadeguatezza<br />
maschile davanti al<strong>la</strong> potenza di chi dà vita al<strong>la</strong> vita,<br />
nascerà una femmina. La terza figlia femmina. A Silvia non<br />
ho ancora detto che mi piacerebbe chiamar<strong>la</strong> Maria. Spero<br />
mi accontenti e che possiamo battezzar<strong>la</strong> suonando l'Ave<br />
Maria di Fabrizio De André.<br />
Ave Maria, adesso che sei donna,<br />
ave alle donne come te, Maria,<br />
femmine un giorno per un nuovo amore<br />
povero o ricco, umile o Messia.<br />
Femmine un giorno e poi madri per sempre<br />
nel<strong>la</strong> stagione che stagioni non sente.
PARTE PRIMA<br />
CONTRO I FALSI MITI DI PROGRESSO<br />
2. CONTRO IL MATRIMONIO OMOSESSUALE<br />
Prima con <strong>la</strong> legge nel<strong>la</strong> Spagna di Zapatero, poi con<br />
analogo e contestato provvedimento nel<strong>la</strong> Francia di<br />
Hol<strong>la</strong>nde, infine con <strong>la</strong> sentenza del<strong>la</strong> Corte Suprema Usa<br />
nell'America di Obama (per carità, è solo un primo passo,<br />
ma <strong>la</strong> pallina ormai è su un piano inclinato) il matrimonio<br />
gay, già sdoganato in alcuni paesi del Nord Europa, si<br />
appresta a diventare tema di dibattito anche in Italia e<br />
prima o poi legge. Mi rendo conto dell'impopo<strong>la</strong>rità del<strong>la</strong><br />
mia posizione, in partico<strong>la</strong>re a sinistra dove comunque<br />
ricordo <strong>la</strong> linea del Pd è contraria al matrimonio<br />
omosessuale e a favore delle unioni civili "al<strong>la</strong> tedesca"<br />
(linea su cui concordo in pieno), ma io sono stato sempre<br />
e resto contrario alle nozze gay. Lo sono proprio a partire<br />
da posizioni di sinistra, di tute<strong>la</strong> dei soggetti più deboli, che
sono sempre i bambini. Provo a riassumere il perché del<strong>la</strong><br />
mia contrarietà in cinque rapidi motivi.<br />
1. Per me il matrimonio è l'unione tra un uomo e una<br />
donna, questo è stato per millenni. Dal matrimonio<br />
derivano diritti e doveri. La battaglia per il matrimonio<br />
omosessuale non è una battaglia per una parolina<br />
(chiamar<strong>la</strong> "matrimonio" o "pippo" cosa cambierebbe?) è<br />
<strong>la</strong> battaglia per i diritti che ne conseguono. I tre<br />
fondamentali temi di controversia sono il diritto "a formarsi<br />
una famiglia", il diritto di successione e il diritto al<strong>la</strong><br />
reversibilità del<strong>la</strong> pensione. Sono diritti che io contesto<br />
possano essere riconosciuti fuori dal matrimonio tra un<br />
uomo e una donna. Anche in termini etimologici non c'è<br />
matrimonio senza "mater": come sempre, in questo libro, ci<br />
vuole <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>.<br />
2. Se il matrimonio è solo un timbro pubblico sul proprio<br />
amore e "davanti all'amore lo Stato non può imporre a<br />
nessuno come comportarsi", al momento dovessimo<br />
ammettere <strong>la</strong> rottura del principio sacro per millenni che il<br />
matrimonio è l'unione tra un uomo e una donna, perché<br />
limitarci a rendere legale e matrimoniale solo il rapporto tra
due donne o due uomini? Perché non accettare che ci si<br />
possa amare in tre? O in quattro? Se un bambino riceve<br />
amore uguale a quello di una madre e di un padre da due<br />
papà, perché non da quattro? O da tre papà e una<br />
<strong>mamma</strong>? O dal papà che ama tanto il proprio cane e vuole<br />
che <strong>la</strong> sua famiglia sia composta dal papà, dal cane e dal<br />
bambino ottenuto da una madre surrogata? Il cane<br />
dimostra tanto affetto verso il bimbo, quasi gli somiglia. Se<br />
rompiamo <strong>la</strong> sacralità del vincolo matrimoniale tra uomo e<br />
donna, ogni rapporto "stabile" potrà al<strong>la</strong> lunga trasformarsi<br />
in matrimonio, sarà un diritto incontestabile. Con<br />
conseguenze inimmaginabili. Non a caso in Italia un<br />
par<strong>la</strong>mentare del Movimento Cinque Stelle, Carlo Sibilia,<br />
ha avanzato l'ipotesi di un proposta di legge che estenda<br />
<strong>la</strong> possibilità di contrarre vincolo matrimoniale tra due<br />
uomini, tra due donne o anche tra più persone senza<br />
vincolo di numero e genere, addirittura tra specie diverse.<br />
Qualcuno ha irriso il deputato Sibilia, ma dal punto di vista<br />
strettamente logico i suoi argomenti sono inappuntabili.<br />
3. Se due uomini possono sposarsi ne deriva il pieno<br />
diritto a "formarsi una famiglia". Senza limitarsi al diritto<br />
all'adozione, no, quello è il meno. I precedenti ci dicono
che il diritto a figliare forzando <strong>la</strong> natura sarà pienamente<br />
tute<strong>la</strong>to. Il caso più noto è quello di Elton John e di suo<br />
"marito" David. Sono decine di migliaia già i casi simi<strong>la</strong>ri.<br />
Elton e David vogliono un figlio. La natura pone un limite a<br />
questo loro bisogno, come è noto. Ma Elton e David<br />
vogliono, fortissimamente vogliono. Sono sposati e ora<br />
come tutte le coppie vogliono un figlio. Allora affittano (Dio<br />
mio, faccio fatica persino a scriverlo) l'utero di una donna,<br />
mesco<strong>la</strong>no il loro sperma e con quel mix <strong>la</strong> ingravidano,<br />
nasce il piccolo Zac che appena nato istintivamente viene<br />
posato sul ventre del<strong>la</strong> madre e naturalmente cerca il suo<br />
seno. Zac vuole <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>. Viene però immediatamente<br />
staccato a forza da quel suo rifugio naturale e consegnato<br />
ai "genitori". Il bimbo per un anno intero non fa altro che<br />
piangere, Elton se ne <strong>la</strong>menta graziosamente in qualche<br />
intervista e racconta che per p<strong>la</strong>carlo faceva "tirare" il <strong>la</strong>tte<br />
al seno del<strong>la</strong> madre naturale per al<strong>la</strong>ttarlo poi con il<br />
biberon. Io l'ho trovata una storia agghiacciante, una<br />
violenza terribile fatta al più debole tra gli umani, il<br />
neonato. La moda imperante considera tutto questo<br />
invece molto g<strong>la</strong>mour. Sull'orrore del<strong>la</strong> "gravidanza per<br />
altri" più avanti troverete un capitolo a parte, così come<br />
sull'ottusità che si esprime in burocratese nel<strong>la</strong>
cancel<strong>la</strong>zione che alcune amministrazioni hanno fatto sui<br />
moduli pubblici del<strong>la</strong> dizione "madre" e "padre" per<br />
arrivare all'idiozia del<strong>la</strong> definizione "genitore 1" e "genitore<br />
2". <strong>Voglio</strong>no cancel<strong>la</strong>re persino <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> <strong>mamma</strong> e<br />
pensano che questo sia essere di sinistra. Chi è di sinistra<br />
non priverebbe mai un soggetto debole, debolissimo come<br />
un bambino del suo diritto a chiamare <strong>mamma</strong>.<br />
4. Se il vincolo matrimoniale non è più quello tra un uomo<br />
e una donna, il diritto al<strong>la</strong> successione riguarderà prima di<br />
tutto il coniuge. Ho un amico ricco e anziano, che fin dai<br />
banchi del liceo ha come migliore amico un suo compagno<br />
sostanzialmente nul<strong>la</strong>facente che vive di espedienti. Gli ha<br />
dato rifugio in casa, una casa enorme e vivono sotto lo<br />
stesso tetto. Da più di cinque anni ormai. Mi racconta<br />
sempre il mio amico ricco che spera da tanto tempo <strong>la</strong><br />
legge sul matrimonio omosessuale perché vuole <strong>la</strong>sciare<br />
l'eredità e soprattutto <strong>la</strong> sua pingue pensione all'amico,<br />
non a quel<strong>la</strong> megera del<strong>la</strong> ex moglie e al<strong>la</strong> di lei (e di lui)<br />
prole, da lui qualificata come avida e ingrata. Anche qui c'è<br />
un <strong>la</strong>to g<strong>la</strong>mour, anche se il mio amico non è per niente<br />
gay, anzi. Io vedo però diritti negati e anche<br />
un'opportunità: al<strong>la</strong> dipartita del mio amico anziano, andrò
io a convivere nell'enorme casa con il suo amico, che è<br />
più anziano di me di vent'anni e morirà presumibilmente<br />
prima di me, <strong>la</strong>sciandomi avendomi omosessualmente<br />
sposato il diritto al<strong>la</strong> pingue pensione reversibile. E così<br />
via.<br />
5. L'impatto del matrimonio omosessuale sul tessuto<br />
sociale, su quel poco di stabilità che resta nelle nostre<br />
convinzioni ancestrali, persino sui conti pubblici in materia<br />
previdenziale, sarebbe devastante. Non ce ne rendiamo<br />
conto e pensiamo che sia solo una materia al<strong>la</strong> moda per<br />
sentirsi tanto moderni e progressisti. Sei contrario al<br />
matrimonio omosex? Sei medievale. Con buona pace dei<br />
liberal contrari ad ogni discriminazione, pronti però a<br />
discriminarti per un'opinione discordante.<br />
Credo che <strong>la</strong> mia sia una battaglia persa, persino <strong>la</strong> Corte<br />
Suprema Usa si è piegata allo "spirito dei tempi" ed ormai<br />
è solo questione di tempo. Resta, però, un fatale errore.<br />
Qui ci occupiamo di dirlo con una certa nettezza.<br />
Alcuni numeri<br />
La battaglia per il matrimonio omosessuale, peraltro, è <strong>la</strong><br />
battaglia per una bandiera ma ai gay non piace sposarsi.
Nel paese in cui da più tempo esiste una legis<strong>la</strong>zione che<br />
estende l’istituto matrimoniale anche alle persone dello<br />
stesso sesso, l’O<strong>la</strong>nda, si è passati rapidamente dai 2.500<br />
matrimoni tra gay o lesbiche celebrati nel 2001 ai 1.100<br />
del 2005. Complessivamente in O<strong>la</strong>nda l’80% delle coppie<br />
eterosessuali sono sposate, contro un 10% per scarso<br />
re<strong>la</strong>tivo alle coppie omosessuali, a più di dodici anni<br />
dall’entrata in vigore del<strong>la</strong> legge equiparativa. Nel<strong>la</strong> ben<br />
più grande Francia il “mariage pour tous” voluto così<br />
pervicacemente da François Hol<strong>la</strong>nde, con un battage<br />
ideologico senza precedenti e contro milioni di persone<br />
scese in piazza, ha prodotto nel primo trimestre di<br />
applicazione appena 596 unioni matrimoniali tra persone<br />
dello stesso sesso. In Italia, dove <strong>la</strong> battaglia ideologica ha<br />
riguardato <strong>la</strong> creazione dei registri comunali delle coppie<br />
di fatto, tali registri dove sono stati istituiti sono<br />
c<strong>la</strong>morosamente vuoti: nessuno si è iscritto. Il comune di<br />
Pisa che l’ha aperto nel 1998 ha registrato in tre lustri<br />
appena 20 coppie. La ricerca più approfondita compiuta<br />
sul mondo gay e lesbico italiano (“Omosessuali moderni.<br />
Gay e lesbiche italiani”, di Marzio Barbagli e Asher<br />
Colombo, edito da il Mulino) dimostra che il rapporto<br />
omosessuale femminile stabile dura in media 4,9 anni,
quello maschile 6,9 anni: complessivamente due terzi dei<br />
rapporti omosessuali stabili non arrivi ai cinque anni di<br />
durata. Esistono le condizioni reali dunque per immaginare<br />
a tute<strong>la</strong> di questo tipo di legami, piuttosto <strong>la</strong>bili anche nelle<br />
tempistiche, l’estensione del matrimonio? Perché<br />
devastare un istituto millenario come il matrimonio tra un<br />
uomo e una donna, desacralizzarlo negandone <strong>la</strong> radice<br />
di senso, per farlo utilizzare ad un pugno di gay per mere<br />
ragioni di bandiera ideologica? I numeri spiegano che non<br />
è né un’urgenza né una necessità. I numeri aiutano<br />
sempre a riflettere.<br />
Per approfondire<br />
Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni.<br />
Gay e lesbiche in Italia, Il Mulino, Bologna 2007<br />
Luca di Tolve, Ero Gay, Piemme, 2011;<br />
Chiara Aztori, Il binario indifferente. Uomo e donna o<br />
GLBTQ?, SugarCo, 2012;<br />
Giancarlo Ricci, Il padre dov'era. Le omosessualità nel<strong>la</strong><br />
psicanalisi, SugarCo, 2013;<br />
Joseph Nicolisi, Omosessualità maschile: un nuovo<br />
approccio, SugarCo, 2009;
Van Den Aardweg Gerard, Omosessualità & speranza,<br />
Ares, 2009;<br />
Dawn Stefanowicz, Fuori dal buio: <strong>la</strong> mia vita con un padre<br />
gay, Ares, 2012.
3. L’ABORTO NON E’ UN DIRITTO<br />
Come sapete ho avuto due figlie: C<strong>la</strong>ra A. e Livia A. sono<br />
nate in circostanze non ordinarie, seppure a tanti anni di<br />
distanza l'una dall'altra. Livia è <strong>la</strong> prima, quando nel 1995<br />
scoprimmo di aspettar<strong>la</strong> eravamo una giovanissima<br />
coppia di ventiquattro anni, precario io, precarissima lei. Il<br />
giornale per il quale scrivevo, cattolico per giunta, mi<br />
cacciò meno di un mese dopo <strong>la</strong> sua nascita <strong>la</strong>sciandomi<br />
letteralmente per strada. Silvia invece nel 2009 scoprì che<br />
stava per arrivare C<strong>la</strong>ra a ventitré anni, da studentessa<br />
fuori sede non <strong>la</strong>ureata per <strong>la</strong> quale certo in famiglia<br />
c'erano aspettative molto diverse che veder<strong>la</strong> "incastrata"<br />
con un quarantenne romano dal curriculum sentimentale<br />
agitato, che già aveva figliato e non sembrava <strong>la</strong> fotografia<br />
dell'affidabilità.<br />
Racconto queste vicende personali perché spesso al<strong>la</strong><br />
base del<strong>la</strong> decisione di abortire sento raccontare<br />
motivazioni simili: difficoltà di natura economica, precarietà
<strong>la</strong>vorativa e/o esistenziale, tentativo di non turbare<br />
percorsi di vita o di studio predeterminati dal<strong>la</strong> famiglia di<br />
origine, inaffidabilità del partner. Ho sentito con le mie<br />
orecchie anche ragioni più risibili. Gli oltre centomi<strong>la</strong><br />
bambini che non nascono solo in Italia pur essendo stati<br />
concepiti, vengono eliminati per ragioni incomparabilmente<br />
meno rilevanti del<strong>la</strong> grandezza di una storia che inizia, di<br />
una persona che si affaccia al<strong>la</strong> vita.<br />
In Europa si è discusso con una certa ferocia di un "diritto<br />
umano fondamentale" ad abortire. Io credo che l'unico<br />
diritto umano fondamentale sia quello di nascere. Guardo<br />
Livia e C<strong>la</strong>ra, ricordo le difficoltà di natura diversa in cui<br />
sono nate, ricordo <strong>la</strong> fatica dell'accettare di stravolgere <strong>la</strong><br />
propria vita individuale e di coppia per far posto a loro nel<br />
nostro mondo, ricordo tutti i motivi per cui qualcuno ci ha<br />
anche venti<strong>la</strong>to l'ipotesi dell'aborto. Guardo Livia e C<strong>la</strong>ra,<br />
penso a quale diritto avrebbe mai potuto esserci per<br />
sopprimerle, per impedire lo svilupparsi del<strong>la</strong> loro grazia,<br />
per dire no al loro diritto a vivere che era<br />
incommensurabilmente superiore al nostro diritto a<br />
qualche comodità in più, di genere vario.
L'aborto non è un diritto. So che a noi maschi molte<br />
spiegano che addirittura non esisterebbe un nostro diritto<br />
a par<strong>la</strong>rne, che d'aborto possono par<strong>la</strong>re solo le donne.<br />
C'è un versante sensato di questa affermazione, che sta<br />
dentro lo spirito del libro che state leggendo: solo una<br />
<strong>mamma</strong> conosce pienamente lo sconvolgimento che <strong>la</strong><br />
vita che nasce crea nel<strong>la</strong> vita che già c'è. Ma una <strong>mamma</strong><br />
nell'intimo non può non sentire <strong>la</strong> voce del<strong>la</strong> vita che ha in<br />
grembo, che le grida silenziosa: "<strong>Voglio</strong> te". <strong>Voglio</strong> <strong>la</strong><br />
<strong>mamma</strong>. Non <strong>la</strong> donna. Una donna può chiedere di avere<br />
il diritto di abortire. Una <strong>mamma</strong> non può neanche<br />
immaginarlo.<br />
Quando è nata Livia gli strumenti tecnologici erano limitati,<br />
nel 2010 quando è nata C<strong>la</strong>ra gli strumenti ecografici fin<br />
dal<strong>la</strong> prima visita ci restituirono l'immagine del suo essere:<br />
se guardate <strong>la</strong> prima foto scattata nel grembo di Silvia<br />
riconoscerete da subito il profilo sbarazzino e quel naso a<br />
patatina con cui è venuta al<strong>la</strong> luce qualche mese dopo.<br />
Spiegatemi bene, signori che contate le settimane, fino a<br />
quale giorno ritenete che quell'essere umano possa<br />
essere eliminato dal<strong>la</strong> faccia del<strong>la</strong> terra. La prima foto di<br />
C<strong>la</strong>ra credo sia del<strong>la</strong> sua ottava settimana di vita. Era lei,
ellissima e indifesa. Una donna, aggiungo una donna di<br />
sinistra, non potrebbe mai immaginare di fare del male a<br />
un essere così fragile, debole, bisognoso del<strong>la</strong> cura più<br />
estrema. Chi è di sinistra sta con il più debole e il più<br />
debole è sempre un bimbo che grida silenzioso, nel<br />
momento in cui sorge il dolore del dubbio: voglio <strong>la</strong><br />
<strong>mamma</strong>. Non è un grido che può rimanere inascoltato.<br />
Chi è di sinistra forse può non mettere in discussione le<br />
normative vigenti, <strong>la</strong> cosiddetta libertà di scelta, <strong>la</strong> legge<br />
194 che in Italia assicura al<strong>la</strong> donna <strong>la</strong> possibilità di<br />
abortire. Ma una donna abortisce, una <strong>mamma</strong> no. Non<br />
par<strong>la</strong>temi di diritto all'aborto, par<strong>la</strong>temi di tragedia del<br />
dover abortire. Trovatemi motivazioni decenti perché io<br />
non ne trovo in una società comunque sostanzialmente<br />
opulenta come <strong>la</strong> nostra: volete dire che se quest'anno<br />
fossero nati i centomi<strong>la</strong> bambini e più che avete abortito<br />
non avrebbero avuto di che nutrirsi, sarebbero morti di<br />
fame? Suvvia, non fate ridere.<br />
Chi abortisce lo fa perché non vuole veder turbato il<br />
proprio status quo, chi abortisce è il più estremo dei<br />
conservatori. Il progressista vede nel<strong>la</strong> vita l'opportunità di
una nuova storia che comincia e sa che nessuna<br />
razionalità può segnare un momento in cui quel<strong>la</strong> storia a<br />
inizio che non sia l'istante del concepimento quando<br />
l'amore trasforma un uomo e una donna in una carne so<strong>la</strong><br />
che si fa vita. Solo in quell'istante può essere rintracciato<br />
l'inizio del<strong>la</strong> storia di ciascuno di noi, inventarsi <strong>la</strong><br />
quattordicesima settimana o il novantesimo giorno per<br />
segnare un macabro confine tra morte possibile e vita<br />
inevitabile è semplicemente senza senso. O si ha un diritto<br />
di abortire sempre o non lo si ha mai. Io credo non lo si<br />
abbia mai. Va bene che una legge consenta di farlo,<br />
perché davanti a comportamenti sociali ormai invalsi non<br />
si risponde con l'oscurantismo del<strong>la</strong> proibizione<br />
ricacciando alcune donne nello strazio ulteriore dell'aborto<br />
c<strong>la</strong>ndestino, ma non par<strong>la</strong>temi di diritto. E <strong>la</strong> 194<br />
applichiamo<strong>la</strong> tutta, magari come stanno facendo in<br />
Spagna, tornando indietro dopo <strong>la</strong> sbornia di Zapatero che<br />
non ha portato bene al<strong>la</strong> sinistra iberica, che aveva<br />
pensato di innalzare <strong>la</strong> libertà delle donne consentendo<br />
anche alle minorenni di abortire senza informare i genitori<br />
o per qualsiasi ragione a qualcuno passasse in mente,<br />
entro cento giorni dal concepimento. Ora in Spagna<br />
rimane <strong>la</strong> libertà di scelta, ma per ragioni che abbiano un
minimo di senso: stupro, gravi motivi di salute del<strong>la</strong> madre,<br />
gravi malformazioni del feto.<br />
Non utilizzerò qui l'argomento secondo cui, se dotate di<br />
amniocentesi, le madri di Stephen Hawking e Michel<br />
Petrucciani avrebbero probabilmente privato il mondo<br />
del<strong>la</strong> nascita di due dei più grandi geni del ventesimo<br />
secolo. <strong>Voglio</strong> però tornare a sottolineare un elemento a<br />
cui ho già precedentemente accennato. Un mio amico<br />
albino che ormai va per i cinquant'anni, docente<br />
universitario di intelligenza sopraffina che ha un fratello<br />
altrettanto intelligente e altrettanto albino, mi ha fatto<br />
notare che in Italia negli ultimi dieci anni il numero di albini<br />
nati si conta sulle dita di una mano. La cultura<br />
dell'amniocentesi e delle diagnosi preimpianto fa sì che<br />
l'alterazione cromosomica che genera sindromi appunto<br />
come l'essere albini o Down porti quasi automaticamente<br />
al<strong>la</strong> decisione di abortire. E' accettabile una selezione<br />
eugenetica di questa portata? E' progressista, è di sinistra,<br />
abbattere il bambino più debole, quello che più ha bisogno<br />
di cure, negargli il diritto a esistere? Viene prima il suo<br />
diritto a nascere o il diritto del<strong>la</strong> donna a non essere<br />
disturbata al<strong>la</strong> vista di un bambino anomalo?
<strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>, <strong>la</strong> <strong>mamma</strong> che accoglie, <strong>la</strong> <strong>mamma</strong> che<br />
al cucciolo più debole riserva il doppio delle attenzioni.<br />
Non è di sinistra distogliere lo sguardo e consegnare al<br />
nul<strong>la</strong> una vita nascente, solo perché non si incastra<br />
perfettamente con le nostre esigenze.<br />
La vita arriva quando meno te l'aspetti, per sorprenderti e<br />
cambiare <strong>la</strong> tua.<br />
Fate figli, che tutto il resto al<strong>la</strong> fine conta poco.<br />
Alcuni numeri<br />
Ogni anno nel mondo 44 milioni di bambini non nascono<br />
perché vengono abortiti. Uno studio del<strong>la</strong> rivista scientifica<br />
internazionale Lancet focalizzato sui dati del 2008 spiega<br />
che il 21% delle gravidanze finisce in aborto: una su<br />
cinque. Complessivamente si valuta in un miliardo il<br />
numero di aborti praticati da quando l’interruzione di<br />
gravidanza è stata legalizzata dal<strong>la</strong> varie normative in giro<br />
per il mondo. In Italia gli ultimi dati disponibili, riferiti al<br />
2012, par<strong>la</strong>no di 105.969 aborti praticati per via chirurgica<br />
a cui vanno aggiunti circa settemi<strong>la</strong> aborti praticati con <strong>la</strong><br />
pillo<strong>la</strong> RU486 oltre al<strong>la</strong> vendita di circa quattrocentomi<strong>la</strong><br />
confezioni di “pillo<strong>la</strong> del giorno dopo”. La contestazione
sul<strong>la</strong> mancanza di ginecologi in Italia disposti a far abortire<br />
le donne pare del tutto infondata: nonostante <strong>la</strong> crescita<br />
degli obiettori di coscienza, ai ginecologi non obiettori<br />
vengono richiesti in media 1.7 aborti a settimana. Un<br />
“<strong>la</strong>voro” francamente sostenibile.
Per approfondire<br />
Antonio Socci, Il genocidio censurato - Aborto: un miliardo<br />
di vittime innocenti, 2006, Piemme<br />
Re<strong>la</strong>zione del ministero del<strong>la</strong> Salute sull’attuazione del<strong>la</strong><br />
legge 194 (dati 2012)<br />
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17<br />
pubbli<br />
cazioni_2023_allegato.pdf<br />
The Lancet, Induced Abortion: incidence and trends<br />
worldwide from 1995 to 2008, Volume 379, Issue 9816,<br />
2012<br />
http://www.the<strong>la</strong>ncet.com/journals/<strong>la</strong>ncet/article/PIIS0140-<br />
6736(11)61786-8/abstract<br />
William J. Larsen, Essential of human embryology,<br />
Churchill Livingstone, 1998
4. IL MITO DELL’OMOGENITORIALITA’<br />
L'omogenitorialità non esiste. Per quanto vi vogliate<br />
a<strong>la</strong>mbiccare con le arrampicate sugli specchi, il concetto è<br />
semplice e ineliminabile: un figlio nasce dall'unione di un<br />
uomo e di una donna. Ognuno di noi ha una madre e un<br />
padre. Punto. E questo capitolo potrebbe chiudersi qui.<br />
Invece no, tocca occuparsene perché proprio il mito<br />
dell'omogenitorialità, di un qualcosa che non esiste, è il<br />
nodo che sta frantumando <strong>la</strong> radice basi<strong>la</strong>re di verità<br />
incontestabile che riguarda il nostro venire al mondo, il<br />
nostro essere e il nostro esserci. E questa verità è che tutti<br />
noi abbiamo una <strong>mamma</strong>, chi non ce l'ha più <strong>la</strong> rimpiange,<br />
chi non l'ha mai conosciuta <strong>la</strong> idealizza, chi l'ha persa per<br />
le ragioni più varie non può che cercar<strong>la</strong> con forme tutte<br />
diverse di nostalgia.<br />
No, il mito dell'omogenitorialità nel tempo del politicamente<br />
corretto impone persino <strong>la</strong> cancel<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />
"<strong>mamma</strong>". Questo è il tempo di "genitore 1" e "genitore 2",
perché non bisogna offendere il nuovo mito. Chissà se i<br />
burocrati in questione hanno ragionato sull'etimologia e il<br />
senso del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> "genitore", ma questo è un discorso<br />
che ci porterebbe lontano.<br />
Esistono senza dubbio bambini che finiscono per vivere in<br />
contesti di affettività omosessuale. Una coppia gay che<br />
viene da esperienze eterosessuali può condurre nel<strong>la</strong><br />
propria nuova condizione anche il frutto di un amore<br />
precedente. Stesso avviene, più di frequente, in una<br />
coppia lesbica. Altre ragioni, per fortuna in Italia ancora<br />
marginali, che possono far coesistere il contesto di coppia<br />
omosessuale e <strong>la</strong> presenza di minori riconducono alle<br />
vicende orribili di uteri in affitto e altri artifizi definiti in<br />
omosessualese "gestazione per altri" o più<br />
amichevolmente Gpa. Ma a questo dedicheremo un<br />
capitolo più avanti.<br />
Quel che mi interessa qui è sottolineare un banale dato di<br />
fatto: in una coppia omosessuale il figlio è di chi lo ha<br />
generato, quindi inevitabilmente non di tutti e due, nel<strong>la</strong><br />
stessa misura in cui Livia è figlia mia e del<strong>la</strong> mia ex moglie,<br />
il cui nuovo compagno (con cui pure Livia vive da anni)
non si sognerebbe mai di esprimere una "genitorialità". Se<br />
mai dovesse accadere qualcosa di grave al<strong>la</strong> mia ex<br />
moglie, <strong>la</strong> responsabilità genitoriale ricadrebbe volente o<br />
nolente in primo luogo su di me e in mia assenza sul<strong>la</strong><br />
famiglia di origine mia e di mia moglie.<br />
L'omogenitorialità si fonda invece sul principio per cui il<br />
genitore escluso dal<strong>la</strong> coppia omosessuale<br />
improvvisamente sparisca e con esso <strong>la</strong> famiglia di lui o di<br />
lei. Nel deprecato caso di coppia gay che "figlia" attraverso<br />
utero in affitto, <strong>la</strong> madre spesso firma contratti a suon di<br />
quattrini in cui si impegna a non rive<strong>la</strong>re mai <strong>la</strong> propria<br />
identità e a evitare qualsiasi forma di contatto con <strong>la</strong> vita<br />
generata. Il modello di famiglia omogenitoriale prevede<br />
che il minore debba essere considerato figlio non solo di<br />
chi lo ha generato, ma anche del suo compagno o<br />
compagna, che evidentemente sono arrivati<br />
successivamente nel<strong>la</strong> loro condizione.<br />
In base al principio di legge naturale per cui una coppia<br />
omosessuale non può generare, molte legis<strong>la</strong>zioni<br />
impediscono comprensibilmente l'adozione a gay e<br />
lesbiche, le cui associazioni di riferimento hanno però
avviato un <strong>la</strong>voro di fioritura di studi parascientifici per cui<br />
un bambino che cresca in un contesto omosessuale non<br />
ne subisce danno. Certo, i bambini giocano anche dove<br />
cadono le bombe, sorridono anche dove intorno si muore<br />
di fame, si rincorrono anche in guerra. Ogni vita può avere<br />
gioia e dare gioia al di là del contesto.<br />
Il tema è se si possa riconoscere una forma di genitorialità<br />
artificiale al<strong>la</strong> coppia omosessuale, prendendo per buono<br />
il parallelo con qualsiasi coppia che adotta un figlio. Il tema<br />
è dunque: per un bambino è preferibile il contesto in cui è<br />
presente una figura materna e una paterna o <strong>la</strong> presenza<br />
di <strong>mamma</strong> e papà è irrilevante?<br />
Io credo che <strong>la</strong> risposta sia ovvia: <strong>mamma</strong> e papà è molto<br />
meglio di "genitore 1" e "genitore 2". Sono le parole stesse<br />
a dirlo. Questo vuol dire vietare <strong>la</strong> presenza di minori in<br />
contesto di coppia omosessuale? No, certamente no. Ci<br />
sono, esistono, quindi niente ipocrisie: ma il genitore è<br />
uno, le due mamme o i due papà non esistono. Esistono<br />
una <strong>mamma</strong> e <strong>la</strong> compagna del<strong>la</strong> <strong>mamma</strong> (nello specifico<br />
chi lo ha partorito è <strong>la</strong> madre, qui tocca specificare tutto),<br />
un papà e il compagno del papà. Studi scientifici, questi sì,
dimostrano poi che gli omosessuali sono enormemente<br />
più esposti al rischio di crisi depressive, uso di<br />
psicofarmaci e altre sostanze, rotture del rapporto di<br />
coppia rispetto alle coppie eterosessuali sposate, tentativi<br />
di suicidio. Su ogni elemento di instabilità, l'ideologia Lgbt<br />
tace, ma sa di essere detentore di primati inscalfibili. E<br />
questo si sposa male con il bisogno di stabilità di cui <strong>la</strong><br />
crescita di un figlio abbisogna.<br />
Un bambino ha diritto al<strong>la</strong> propria radice, confonderglie<strong>la</strong> è<br />
minarlo al<strong>la</strong> base. E' togliergli autostima e quel briciolo di<br />
certezze che un tempo confuso come questo ha<br />
comunque <strong>la</strong>sciato in piedi. Noi siamo i figli di un papà e<br />
una <strong>mamma</strong>. Tutti noi. Con questo dato ineliminabile non<br />
si gioca, altrimenti resta in noi solo l'assurdo.<br />
Alcuni numeri<br />
I numeri sui bambini che vivono con coppie omosessuali<br />
sono usati per fare propaganda, quindi vanno presi con le<br />
pinze. Un articolo del Corriere del<strong>la</strong> Sera, scritto con<br />
materiale diramato dall’associazione delle Famiglie<br />
Arcobaleno, fissata in centomi<strong>la</strong> i bambini italiani che<br />
vivrebbero in “famiglie” composte da una coppia dello
stesso sesso. Andando a scandagliare i numeri veri, si<br />
scopre che quel<strong>la</strong> stessa associazione ha poco più di<br />
quattrocento iscritti e i bambini di cui è a conoscenza sono<br />
appena centodieci. Il mito dell’omogenitorialità è, appunto,<br />
un mito: esiste in termini estremamente marginali ma viene<br />
raccontato come fosse un fenomeno di massa, per dare<br />
forza all’istanza di chi vuole una legge per il matrimonio<br />
omosessuale. Il dato reale è che comunque il 17.7% dei<br />
gay e il 20.5% delle lesbiche over 40 ha prole. I figli dei<br />
gay nel<strong>la</strong> quasi totalità dei casi resta a vivere con <strong>la</strong><br />
madre, mentre le lesbiche molto spesso non mettono su<br />
un contesto familiare c<strong>la</strong>ssico e vivono il rapporto con il<br />
figlio come quello di una qualsiasi madre single. Per<br />
quanto riguarda gli “studi scientifici” che vorrebbero<br />
comprovare l’equiparazione tra <strong>la</strong> crescita di un bambino<br />
in coppia omosessuale e in una coppia eterosessuale,<br />
non sono scientifici per niente. Su 59 studi presi in esame<br />
tra quelli citati dai sostenitori del mito dell’omogenitorialità,<br />
26 non presentano nessuno studio statistico comparativo.<br />
Dei 33 rimanenti, 13 costruiscono <strong>la</strong> comparazione solo<br />
con figli di donne single. Negli altri 20 <strong>la</strong>vori non si speifica<br />
mai con quale tipo di famiglia eterosessuale si costruisce<br />
<strong>la</strong> comparazione. Insomma, non sono studi ma materiale
di propaganda, in cui peraltro le coppie omosessuali prese<br />
in considerazione sono per <strong>la</strong> massima prevalenza di<br />
lesbiche bianche con grado di cultura medio-alto, mentre i<br />
figli di coppie eterosessuali vengono “pescati” negli<br />
ambienti più degradati.<br />
Per approfondire<br />
Massimo Gandolfini e Roberto Marchesini,<br />
L’omogenitorialità ovvero l’adozione omosessuale<br />
http://www.scienzaevita.org/materiale/6-<br />
GandolfMarches69.pdf<br />
Margherita Bottino e Danie<strong>la</strong> Danna, La gaia famiglia,<br />
Asterios, 2005<br />
Alexander Schuster (a cura di), Omogenitorialità, Mimesis,<br />
2011
5. L’ORRORE DELL’EUTANASIA INFANTILE<br />
Più avanti si discuterà in modo approfondito del concetto<br />
orrendo di "dolce morte" con cui si prova a far digerire a<br />
strati sempre più vasti del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione il concetto di "vita<br />
degna di essere vissuta" come metro opinabile e vago su<br />
cui misurare il diritto ad esistere. Tra le mode correnti che<br />
stanno provando a ribaltare <strong>la</strong> capacità del<strong>la</strong> famiglia di<br />
tenere <strong>la</strong> barra dritta nei marosi contemporanei, c'è quel<strong>la</strong><br />
che indica come nuova frontiera di progresso l'orrore<br />
dell'eutanasia infantile.<br />
L'avamposto di questa procedura che non si può definire<br />
con altro aggettivo se non nazista, a cui qualsiasi persona<br />
di sinistra dovrebbe opporsi con tutta <strong>la</strong> propria veemenza,<br />
è collocato nelle Fiandre. Belgio e O<strong>la</strong>nda hanno<br />
sdoganato <strong>la</strong> possibilità per i medici di sopprimere i<br />
bambini che a loro insindacabile giudizio non possono<br />
avere una "qualità di vita" accettabile e sono esposti a<br />
grandi sofferenze.
Questa orrenda pratica, a quanto pare abitualmente<br />
adottata dai medici o<strong>la</strong>ndesi, ottiene un sigillo di<br />
autorevolezza scientifica a partire dal 10 marzo 2005<br />
quando Eduard Verhagen, direttore di una clinica<br />
pediatrica a Groningen, riesce a far pubblicare da New<br />
Eng<strong>la</strong>nd Journal of Medicine un articolo in cui racconta<br />
che ogni 200mi<strong>la</strong> bambini nati in un anno in O<strong>la</strong>nda, mille<br />
muoiono entro il primo anno di vita e per seicento di loro<br />
"<strong>la</strong> morte è preceduta da una decisione medica sul<strong>la</strong> fine<br />
del<strong>la</strong> vita". In sostanza Verhagen certifica che in O<strong>la</strong>nda<br />
l'eutanasia pediatrica è già praticata di fatto su seicento<br />
bambini l'anno, a cui non vengono garantite le cure per <strong>la</strong><br />
sopravvivenza in base all'appartenenza a due gruppi<br />
specifici: il primo è quello in cui "deve essere chiaro che il<br />
bambino morirà entro pochi giorni o mesi dopo <strong>la</strong> nascita",<br />
ed in questi è da considerarsi "parte delle normali<br />
procedure mediche" non iniziare o sospendere qualsiasi<br />
trattamento che prolunghi l'esistenza; il secondo gruppo è<br />
quello di bambini che "grazie alle cure" possano avere una<br />
limitata possibilità di sopravvivenza, ma che le loro<br />
condizioni di salute durante <strong>la</strong> vita seguente possano<br />
essere estremamente scadenti.
Questo documento, noto come Protocollo di Groningen,<br />
certifica il tentativo di ottenere tute<strong>la</strong> legale per medici che<br />
praticano, di fatto, l'infanticidio. E in O<strong>la</strong>nda il colpo di<br />
mano di riesce, anche in Belgio l'eutanasia infantile<br />
diventa proposta di legge, approvata mentre scrivo già da<br />
un primo ramo del Par<strong>la</strong>mento e destinata al<strong>la</strong> rapida<br />
approvazione definitiva nell'altro. Quel che leggiamo con<br />
orrore nei libri di storia, dal<strong>la</strong> soppressione dei bimbi<br />
malformati a Sparta alle analoghe teorie nazista, diventa<br />
moda corrente: poveri bambini che soffrono, accorciamo<br />
<strong>la</strong> loro sofferenza. E il nostro fastidio nel dover dare loro<br />
assistenza. Uccidiamoli. E' un atto di pietà, un luogo<br />
avamposto di umano progresso.<br />
Mamme dove siete? Perché non ur<strong>la</strong>te in modo<br />
assordante il vostro sdegno? Ho visto con i miei occhi<br />
genitori addolorati fino allo sfinimento accompagnare i loro<br />
bambini estremamente sofferenti al<strong>la</strong> ricerca del<strong>la</strong> cura<br />
palliativa, del momento di sollievo, anche solo di una<br />
paro<strong>la</strong> di conforto. Senza speranza effettiva di guarigione,<br />
molti bambini soffrono, sì. Questi bambini ma<strong>la</strong>ti devono<br />
essere consegnati all'uccisione sacrificale perché <strong>la</strong> loro<br />
esistenza disturba? Che follia, che procedura turpe, ma
quale pietà, questa è <strong>la</strong> totale assenza di pietà.<br />
Negli occhi pieni di dolore di tante mamme e tanti padri alle<br />
prese con tragiche ma<strong>la</strong>ttie dei loro figli, anche solo un<br />
accenno di sorriso del bimbo fa sorgere una forma a troppi<br />
incomprensibile di felicità. Quel<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> vita "non è degna<br />
di essere vissuta"? In base a quale parametro? Perché i<br />
dolori sono insopportabili? Le terapie del dolore fanno<br />
passi da gigante di anno in anno. Investiamo su quelle. Ma<br />
non neghiamo <strong>la</strong> forza del<strong>la</strong> vita di un bambino che soffre,<br />
del più debole tra tutti noi. Il suo diritto a esistere, a non<br />
essere considerato scarto da sopprimere, deve essere<br />
infinitamente più forte del nostro disagio a guardare in<br />
faccia quel dolore.<br />
I bambini non si toccano. Fatevi le vostre battaglie<br />
eugenetiche al<strong>la</strong> moda sulle riviste scientifiche e nelle<br />
terrazze accademiche. Ma i bambini non si toccano.<br />
Alcuni numeri<br />
Nel 2014, primo anno di applicazione formale in O<strong>la</strong>nda<br />
delle norme sull’eutanasia infantile, si stima che essa<br />
possa essere praticata su circa trecento bambini.
Secondo l’associazione dei medici o<strong>la</strong>ndesi però i casi di<br />
applicabilità basati sui numeri dell’anno precedente è di<br />
675 minorenni. Come è stato sperimentato con i numeri<br />
dell’eutanasia per gli adulti, che analizzeremo più avanti,<br />
con il procedere degli anni <strong>la</strong> legalizzazione tende ad<br />
ampliare i casi di applicazione e a rendere più permeabili<br />
le in teoria ristrette maglie dei limiti di legge. Insomma, una<br />
volta aperto lo squarcio attraverso una normativa che vio<strong>la</strong><br />
<strong>la</strong> legge naturale, lo squarcio tende a diventare sempre più<br />
ampio. Infatti se <strong>la</strong> normativa o<strong>la</strong>ndese prevede un limite<br />
d’età del minore (12 anni) per esprimere il consenso<br />
all’eutanasia, in Belgio il limite d’età viene completamente<br />
rimosso. D’altronde tra Bruxelles e dintorni i numeri già<br />
par<strong>la</strong>no chiaro: secondo uno studio realizzato da Veerle<br />
Provoost, ricercatrice dell’università di Gand, ben il 50%<br />
dei bambini con gravissime difficoltà di salute sono stati<br />
soppressi “per decisione medica” prima di compiere un<br />
anno di vita. La ricerca di Provoost stima in 150 casi l’anno<br />
l’applicazione dell’eutanasia infantile in Belgio, nazione in<br />
cui l’eutanasia per gli adulti è legale dal 2002 ed è sempre<br />
più evidente come <strong>la</strong> normativa sia stata abusata. Ne<br />
parleremo più avanti.
Per approfondire<br />
Eduard Verhagen, Il protocollo di Groningen, New Eng<strong>la</strong>nd<br />
Journale of Medicine, 2005<br />
http://salute.aduc.it/documento/protocollo+groningen+eutan<br />
e_9892.php<br />
Sofia Moratti, Il protocollo di Groningen: conversazioni con<br />
Eduard Verhagen, Bioetica, 3/2008<br />
Elio Sgreccia, Manuale di bioetica, Vita e Pensiero, 2007
6. IL TRANS NON E’ “DONNA ALL’ENNESIMA POTENZA”<br />
Un giorno un importante politico, sposato e padre di due<br />
figlie, beccato a frequentare con insistenza ossessiva dei<br />
transessuali trasformando i loro squallidi monolocali nel<br />
rifugio in cui trovava il massimo dell'intimità, provò a<br />
spiegare cosa lo spingesse nelle braccia di quei maschi<br />
con protesi artificiali simu<strong>la</strong>nti seni traboccanti: "I trans<br />
sono donne all'ennesima potenza", disse. Lo sfortunato<br />
politico, che ri<strong>la</strong>sciò questa dichiarazione a una nota<br />
giornalista di sinistra, moglie e madre anch'essa, ha<br />
abbandonato <strong>la</strong> carriera nei Pa<strong>la</strong>zzi ed è tornato più<br />
modestamente al<strong>la</strong> carriera televisiva. Ora non manca di<br />
farsi vedere al<strong>la</strong> conduzione di uno strano programma<br />
mandato in onda a tarda sera. La giornalista non oppose<br />
resistenza a quel<strong>la</strong> dichiarazione, pur avendo fatto del<br />
femminismo un proprio marchio di fabbrica. Almeno <strong>la</strong><br />
<strong>mamma</strong> che è in lei, avrebbe dovuto farlo. <strong>Voglio</strong> <strong>la</strong><br />
<strong>mamma</strong>, perdinci.<br />
Davvero i trans con le loro tette finte sono "donne
all'ennesima potenza"? Verrebbe quasi da pensarlo, visto<br />
l'affol<strong>la</strong>rsi di maschi attorno al mercimonio del corpo di<br />
questi poveri esseri. I sociologi del<strong>la</strong> prostituzione<br />
spiegano che le prestazioni delle persone che<br />
sottopongono il loro corpo maschile ad orrende trafile per<br />
ottenere ostentati e artificiali elementi di femminilità, sono<br />
in assoluto le più ricercate dal mercato, con un trend di<br />
costante aumento.<br />
E di mercato del<strong>la</strong> transessualità bisogna inevitabilmente<br />
par<strong>la</strong>re: fiumi di denaro che scorrono nel mondo delle<br />
marchette trans, che poi vanno a ingrossare percorsi di<br />
modifica radicale e disperante del proprio corpo, anch'essi<br />
destinati a arricchire i fatturati di professionisti privi di<br />
scrupoli. Per molte povere persone che seguono questa<br />
strada, l'incontro inevitabile oltre che con <strong>la</strong> prostituzione e<br />
con il consumo stordente di alcool e droghe. Purtroppo<br />
molto spesso attorno a questi esseri umani non c'è un<br />
contesto composto di scelte, per quanto deleterie: siamo<br />
davanti piuttosto a una sorta di riduzione in schiavitù, dove<br />
prostituirsi, bere, drogarsi è elemento costitutivo del<strong>la</strong><br />
propria condizione. Queste povere persone sono costrette<br />
a comportamenti denigranti, a rinchiudersi in ghetti fatti di
propri simili, a condurre un'esistenza spiritualmente misera<br />
dove non alberga più neanche il sogno del riscatto.<br />
La cultura dominante ci propone invece versioni scintil<strong>la</strong>nti<br />
del percorso del<strong>la</strong> transessualità, le rarissime storie di<br />
successo solitamente solo mediatico, imponendo un<br />
modello per cui l'individuo può tranquil<strong>la</strong>mente scegliere a<br />
quale genere sessuale appartenere, prescindendo dal<strong>la</strong><br />
condizione naturale in cui è nato. Farsi donna se si è nati<br />
uomo o viceversa è quasi unanimemente considerato un<br />
percorso positivo e per questo <strong>la</strong> giornalista di sinistra,<br />
moglie e madre, non ha nul<strong>la</strong> da obiettare al politico che<br />
definisce i signori transessuali con il loro seno<br />
ipersiliconato appiccicato su attributi maschilissimi "donne<br />
all'ennesima potenza".<br />
No, anche qui continuiamo a navigare controvento. Io<br />
credo che le donne all'ennesima potenza siano altre, non<br />
quelle a cui andava incontro il politico per "riposarsi" (così<br />
ha dichiarato, ahilui) dalle fatiche del<strong>la</strong> quotidianità. Le<br />
donne all'ennesima potenza sono le mogli, le madri che si<br />
fanno il culo quadro, le donne con le palle (metaforiche)<br />
perché non sono 'riposanti' ma compagne dialettiche di
un’esistenza, quelle che ci accudiscono per davvero e non<br />
a botte di mille euro a prestazione. Tanto era il prezzario<br />
per far "riposare" quel politico.<br />
Non date ai bambini messaggi cretini sull'identità<br />
sessuale, sull'idea che si possa appartenere al genere<br />
femminile o al genere maschile a propria scelta,<br />
costruendo il proprio corpo come fosse un luogo di<br />
assemb<strong>la</strong>ggio di pezzi di ricambio. Non confondeteli nelle<br />
loro convinzioni basi<strong>la</strong>ri, che il grembiule azzurro o rosa<br />
hanno un senso. Potranno anche esistere rari casi in cui <strong>la</strong><br />
trasformazione del proprio sesso rispetto a quello di<br />
nascita abbia un senso, ma quello a cui assistiamo è un<br />
mercato disgustoso dell'identità sessuale a mero scopo<br />
del mercimonio del corpo. E' fonte di grave infelicità,<br />
individuale e sociale.<br />
Gli uomini sono uomini, le donne sono donne, <strong>la</strong> via per<br />
accertare <strong>la</strong> propria condizione di genere è nel<strong>la</strong><br />
stragrande maggioranza dei casi estremamente breve e<br />
intuitiva. Non insistiamo nell'idealizzazione di un modello di<br />
persone che sia un moderno ircocervo, meno che mai<br />
facciamolo per poi ridurlo in schiavitù e utilizzarlo come
strumento di piacere sessuale di un popolo di carliverdone<br />
che gridano: "Fàmolo strano".<br />
Accuseranno queste righe di essere "transfobiche" come<br />
altre sarebbero "omofobiche" solo perché esprimono un<br />
parere diverso rispetto ad alcuni diritti rivendicati dalle<br />
comunità omosessuali. Non è così. Provo il massimo del<strong>la</strong><br />
tenerezza verso le persone che sul ciglio di una strada<br />
vedono incolonnarsi automobili che vogliono acquistare un<br />
loro esotico piacere, così come ho conosciuto<br />
personalmente e apprezzato umanamente il politico che<br />
ha dato spunto a questo capitolo.<br />
Ma ricordiamo di mettere le cose in ordine. Non sono i<br />
trans le donne all'ennesima potenza. Sono le mogli e le<br />
mamme, forse più di tutte le mamme di quegli esseri<br />
inquieti.<br />
Alcuni numeri<br />
Le persone transessuali operate in Italia sono undicimi<strong>la</strong>,<br />
<strong>la</strong> quasi totalità sono uomini diventate donne. Ma <strong>la</strong> realtà<br />
più problematica è quel<strong>la</strong> dei trans non operati, che siamo<br />
abituati a incontrare per le strade di notte nelle zone ad
alta densità di prostituzione. Gli ultimi studi (purtroppo<br />
basati su dati che non vanno oltre il 2008) indicano in un<br />
numero oscil<strong>la</strong>nte tra 38.000 e 45.000 le persone che si<br />
prostituiscono in Italia (gli studi più attendibili sono del<br />
Gruppo Abele e di Parsec). All’interno di alcuni dati<br />
oggettivamente agghiaccianti (il 7% delle prostitute è<br />
minorenne, il 15% vive in una condizione di sostanziale<br />
schiavitù, altro che libera scelta) emerge l’ampliarsi del<strong>la</strong><br />
“fetta di mercato” in mano al<strong>la</strong> prostituzione transessuale<br />
di non operati: in sostanza uomini che si sono applicati<br />
protesi in silicone per simu<strong>la</strong>re <strong>la</strong> presenza del seno<br />
femminile. Ebbene, il 40% del mercato del<strong>la</strong> prostituzione<br />
pare essere ormai rappresentato dai trans, dunque tra le<br />
15mi<strong>la</strong> e le 18mi<strong>la</strong> persone. Comparando questa cifra con<br />
gli 11mi<strong>la</strong> trans effettivi che hanno completato il percorso<br />
fino all’operazione, si può affermare che il mondo delle<br />
persone transessuali ha come principale attività quel<strong>la</strong><br />
del<strong>la</strong> prostituzione, anche se le associazioni “di categoria”<br />
affermano che solo il 5% dei trans si prostituisce. E’<br />
provata anche l’incidenza massiccia sul mondo<br />
transessuale di sostanze come alcool e droghe, di cui<br />
molti fanno uso quotidiano per combattere una tendenza<br />
al<strong>la</strong> depressione che si accentua nelle persone
transgender, anche per via del<strong>la</strong> rarità di rapporti affettivi<br />
stabili.<br />
Per approfondire<br />
Davide Dettore, Il disturbo dell’identità di genere, McGraw-<br />
Hill, 2005<br />
La prostituzione transessuale, Analisi e apprendimenti di<br />
un intervento, ALA Mi<strong>la</strong>no Onlus, 2008<br />
“I transessuali sono donne all’ennesima potenza”,<br />
intervista di Concita De Gregorio a Piero Marrazzo,<br />
Repubblica del 15 agosto 2011<br />
http://www.repubblica.it/politica/2011/08/1<br />
5/news/intervista_marrazzo-20450866/
7. SU PEDOFILIA E SESSO CON I MINORI<br />
Siamo tutti d'accordo con l'orrore provocato dalle<br />
perversioni dei pedofili. Oddio, non proprio tutti, ho<br />
ascoltato con le mie orecchie teorizzazioni agghiaccianti<br />
sul<strong>la</strong> sessualità dei bambini propagandate da finissimi<br />
intellettuali e anche da uomini politici. Ma faccio finta di non<br />
aver sentito. Diciamo che ipotizzo che ognuno di noi provi<br />
orrore per chi usa sessualmente bambini e minorenni, <strong>la</strong><br />
cosa diventa ancora più grave se a farlo sono uomini di<br />
Chiesa: vale <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del Vangelo ("gli sia messa una<br />
macina di mulino al collo e sia gettato in mare piuttosto che<br />
scandalizzare uno di questi piccoli").<br />
Però. C'è un però. La condanna del<strong>la</strong> pedofilia è unanime,<br />
ma <strong>la</strong> legge (italiana a non solo) su questo zoppica. Ad<br />
esempio se qualcuno fa sesso con un bambino o una<br />
bambina di dieci anni è perseguibile "solo su quere<strong>la</strong> del<strong>la</strong><br />
parte offesa". Se io vedo dunque il mio vicino di casa<br />
intrattenersi sessualmente con un bimbo di quell'età e lo
dico al magistrato, il magistrato non può procedere d'ufficio<br />
se non arriva <strong>la</strong> quere<strong>la</strong> dei genitori del bambino.<br />
Poi c'è lo scandalo dell'età del consenso. In Italia un<br />
cinquantenne può tranquil<strong>la</strong>mente andare a letto con una<br />
quattordicenne senza che <strong>la</strong> cosa prefiguri un reato. La<br />
quattordicenne viene considerata non influenzabile e<br />
libera di esprimere consenso all'atto sessuale, tranne che<br />
ci si ritrovi in una condizione in cui l'adulto è un parente<br />
prossimo o un insegnante. In Francia un dibattito culturale<br />
vide coinvolti alcuni dei più sofisticati intellettuali (tra cui<br />
Jean-Paul Sartre, Michel Foucault, Jacques Derrida,<br />
Ro<strong>la</strong>nd Barthes e Simone de Beauvoir) per chiedere<br />
l'abolizione di qualsiasi rapporto consenziente tra adulti e<br />
minori di quindici anni (l'età del consenso in Francia). In<br />
O<strong>la</strong>nda un partito politico attivo fino al 2010 aveva al<br />
centro del proprio programma <strong>la</strong> depenalizzazione dei<br />
rapporti sessuali con i dodicenni.<br />
Questo clima culturale persino normativamente favorevole<br />
al sesso degli adulti con i minorenni, che invece a mio<br />
avviso dovrebbe provocare gravissimo stigma sociale ed<br />
essere inglobato sic et simpliciter nelle fattispecie
giuridiche che disegnano il reato di pedofilia, ha provocato<br />
l'ennesima ferita nei confronti dei più deboli sempre più<br />
<strong>la</strong>sciati in balia di riferimenti incerti rispetto al<strong>la</strong> capacità di<br />
determinare il bene e il male.<br />
In questo contesto di indifferenza si può sviluppare una<br />
piaga sempre più devastante che, nel<strong>la</strong> sottovalutazione<br />
del rilievo emotivo e anche spirituale di un atto sessuale, lo<br />
rende oggetto di mercificazione anche per i minori. A<br />
Roma lo scandalo passato alle cronache con il titolo<br />
orrendo delle "baby squillo dei Parioli", in cui professionisti<br />
e persone agiate del<strong>la</strong> Capitale (e non solo) chiedevano<br />
favori sessuali a pagamento a studentesse liceali<br />
minorenni sfruttate da papponi senza scrupoli e addirittura<br />
incoraggiate da madri inginocchiate davanti al dio denaro,<br />
avrebbe dovuto sconvolgere il tessuto sociale di una città<br />
che è anche, non lo dimentichiamo, il centro religioso più<br />
importante del mondo occidentale.<br />
Invece il sesso mercificato con minorenni poco più che<br />
bambine ha sviluppato solo una dimensione di morbosità<br />
senza che a nessuno sia venuto in mente di andare verso<br />
norme che equiparino quello sfruttamento del<strong>la</strong>
prostituzione minorile al<strong>la</strong> violenza sessuale di natura<br />
pedofi<strong>la</strong>. I ricchi strapagavano quelle ragazzine proprio<br />
perché "esotiche" nel<strong>la</strong> loro condizione di "frutto proibito",<br />
in una esca<strong>la</strong>tion di orrore a cui non è mancata neanche<br />
una madre che proponeva al<strong>la</strong> figlia di ritirar<strong>la</strong> da scuo<strong>la</strong><br />
per render<strong>la</strong> più libera di vendersi a quei maiali.<br />
Davvero, voglio <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>. <strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong> di una volta<br />
che a una persona così squallida che osa abusare del<strong>la</strong><br />
figlia appenda al collo <strong>la</strong> "macina da mulino". <strong>Voglio</strong> <strong>la</strong><br />
<strong>mamma</strong> che indica con chiarezza che un bene e un male<br />
esistono, che il sesso non va venduto né svenduto al<br />
primo offerente, che l'adulto che cerca di sedurre magari<br />
via social network una ragazza di quattordici anni è un<br />
pedofilo e niente più, anche se <strong>la</strong> legge cretina non lo<br />
rende perseguibile.<br />
<strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong> che non si inchina al<strong>la</strong> dittatura del<br />
pensiero <strong>la</strong>ssista di questo tempo che rende tutto<br />
indifferente, anche che si faccia del male alle nostre figlie,<br />
rendendo per <strong>la</strong> legge libero quel che libero non potrà mai<br />
essere, nel rapporto tra un adulto smaliziato e una<br />
preadolescente. <strong>Voglio</strong> donne e uomini (sì, ci sono anche
molte donne) che non facciano turismo sessuale in paesi<br />
asiatici che si caratterizzano per i rapporti con i minorenni,<br />
in un mercato sempre più florido quanto orripi<strong>la</strong>nte. E ho<br />
sentito con le mie orecchie un politico dire che in quei<br />
paesi si può "perché questi sono i costumi locali,<br />
ragazzine e ragazzini cercano così protezione e una<br />
qualche agiatezza".<br />
<strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong> che tutto questo non lo permetterà, non<br />
quel<strong>la</strong> che vende sua figlia per qualche spicciolo con <strong>la</strong><br />
scusa del<strong>la</strong> crisi. Ma se rendiamo tutto indifferente, il<br />
tragico traguardo è evidente e stampato nelle cronache.<br />
Alcuni numeri<br />
Incredibilmente non esistono studi statistici recenti<br />
sull’incidenza del<strong>la</strong> pedofilia nel mondo. Dobbiamo rifarci a<br />
un rapporto delle Nazioni Unite del 2006 che indica in<br />
223mi<strong>la</strong> i minori costretti a rapporti sessuali o contatti fisici<br />
forzati nel mondo. Ancora più drammatici i numeri del<strong>la</strong><br />
prostituzione e pornografia minorile: sarebbero 1.8 milioni i<br />
coinvolti. In un convegno del<strong>la</strong> Direzione anticrimine<br />
italiana si è par<strong>la</strong>to poi di un aumento dell’incidenza del<strong>la</strong><br />
pedofilia di un 10% all’anno. In Italia si stima che i casi di
pedofilia siano almento ventimi<strong>la</strong> l’anno, anche se <strong>la</strong><br />
stragrande maggioranza non viene denunciata. Sempre in<br />
Italia agiscono 15 associazioni mascherate da<br />
associazioni culturali, ma in realtà di sostegno alle attività<br />
dei pedofili, in partico<strong>la</strong>re dedite all’organizzazione di<br />
turismo sessuale. L’Italia con i suoi ottantami<strong>la</strong> pedofiliviaggiatori<br />
è il secondo paese al mondo per “clienti” di<br />
questo terrificante mercato, <strong>la</strong> cui meta prediletta è <strong>la</strong><br />
Thai<strong>la</strong>ndia. Il 4% del turismo sessuale è femminile. I siti di<br />
pedopornografia on line sono 18.185. Benedetto XVI<br />
nell’ultimo biennio del suo pontificato, secondo dati rive<strong>la</strong>ti<br />
nel 2014, ha ridotto allo stato <strong>la</strong>icale 400 sacerdoti<br />
sospettati di aver compiuto abusi sui minori.<br />
Per approfondire<br />
Massimiliano Frassi, Il libro nero del<strong>la</strong> pedofilia, La Zisa,<br />
2011<br />
Massimo Picozzi e Michele Maggi, Pedofilia: non<br />
chiamatelo amore, Guerini e associati, 2003<br />
Sandra Pagliuca, Che sarà mai l’inferno? Il potere<br />
criminale del<strong>la</strong> pedofilia, Gruppo Albatros, 2008<br />
Piero Monni, L’arcipe<strong>la</strong>go del<strong>la</strong> vergogna: turismo
sessuale e pedofilia, Editore Univ. Romane, 2001<br />
Ecpat, Turismo sessuale a danno dei minori, 2008<br />
http://www.ecpat.it/index.php?<br />
option=com_content&view=article&id=51%3Aturismosessuale-a-danno-dei-minori&catid=38%3Atemi-diintervento&Itemid=59
8. L’IPOCRISIA DELLA “DOLCE” MORTE<br />
La mia amatissima sorel<strong>la</strong> si è suicidata a ventidue anni,<br />
dunque con il concetto del darsi volontariamente <strong>la</strong> morte<br />
ho dovuto fare i conti nel più tragico dei modi, vivendolo<br />
sul<strong>la</strong> pelle e con <strong>la</strong> psiche straziata. Perché una persona<br />
desidera porre fine ai suoi giorni?<br />
Fondamentalmente perché percepisce che <strong>la</strong> propria<br />
esistenza è piombata in una dimensione di non senso, di<br />
assurdo. Vivere diventa doloroso in termini estremi e <strong>la</strong><br />
morte è vista come sollievo. E qui spunta <strong>la</strong> domanda<br />
decisiva: chi è attorno a una persona che è in questa<br />
condizione, cosa deve fare?<br />
La risposta orrenda che <strong>la</strong> contemporaneità vorrebbe dare<br />
a queste persone addolorate è: ti aiutiamo a suicidarti. Chi<br />
il suicidio di una persona cara l'ha vissuto sul<strong>la</strong> pelle sa<br />
che invece <strong>la</strong> risposta a quell'assurdo è opposta: farei di<br />
tutto per riaverti qui, per darti l'amore di cui non sono stato<br />
capace, non abbastanza da renderti sensato il vivere tra
noi.<br />
La risposta dell'eutanasia come strumento per porre fine al<br />
dolore è terrificante, ancora più terrificante perché si<br />
nasconde terminologicamente nell'ipocrisia di una<br />
definizione convenzionale sconfinatamente distante dal<strong>la</strong><br />
verità: <strong>la</strong> "dolce morte". Si vuole far pensare che<br />
accompagnare una persona in sofferenza al suicidio sia<br />
un atto caritatevole, che il varare leggi che rendano questo<br />
comportamento non solo legale ma anche socialmente<br />
encomiabile sia un atto progressista. Invece è un atto<br />
barbaro, nazista. Chi vive nel dolore ha semplicemente più<br />
bisogno di noi e del nostro amore. Dovremmo trasformarci<br />
tutti in una <strong>mamma</strong>, che cocco<strong>la</strong> un figlio ma<strong>la</strong>to. Invece<br />
vogliono trasformarci in aguzzini, che eliminano il<br />
problema del<strong>la</strong> sofferenza nel<strong>la</strong> maniera più disumana:<br />
accompagnando al suicidio.<br />
Vi dicono che l'eutanasia serve a accorciare le sofferenza<br />
fisiche insopportabili di chi ormai medicalmente non ha<br />
alcuna possibilità di salvezza. Che dunque è un atto di<br />
pietà per persone senza speranza, che non trarrebbero<br />
alcun beneficio dall'accanimento terapeutico. Ora,
premesso che sono anche io contrario a qualsiasi<br />
accanimento terapeutico, c'è una grande differenza tra<br />
accompagnare una persona sofferente verso <strong>la</strong> fine e<br />
brutalmente "suicidar<strong>la</strong>".<br />
E andiamocele a leggere queste leggi "progressiste" degli<br />
Stati che hanno introdotto l'eutanasia. Riguarda solo i<br />
ma<strong>la</strong>ti terminali? Certo che no. I nazisti fanno le cose per<br />
bene, si sa. Chiunque viva una "sofferenza insopportabile"<br />
anche solo di natura psicologica può chiedere allo Stato di<br />
essere suicidato con una iniezioncina letale. Così in<br />
Belgio, sempre frontiera dell'orrore, nel 2013 sono stati<br />
uccisi due gemelli neanche quarantacinquenni che per un<br />
g<strong>la</strong>ucoma avrebbero avuto <strong>la</strong> concreta possibilità di<br />
rimanere ciechi. Non erano ciechi. Lo sarebbero, forse,<br />
diventati. Poiché erano anche sordi i due hanno avuto il<br />
"forte sostegno del<strong>la</strong> famiglia" che si è riunita per celebrare<br />
l'apoteosi del suicidio di Stato come eliminazione del<br />
problema del<strong>la</strong> sofferenza.<br />
In Belgio dementi, bambini sofferenti, adulti<br />
psicologicamente <strong>la</strong>bili, ovviamente anziani gravemente<br />
ma<strong>la</strong>ti, persone colpite da morbo di Alzheimer: l'eutanasia
è per tutti. In Svizzera, come è stato reso noto anche dalle<br />
cronache dei giornali, le cliniche del<strong>la</strong> "dolce morte" hanno<br />
accolto magistrati ed ex leader politici italiani depressi,<br />
aiutandoli a far quello che evidentemente nessuno ha<br />
saputo dar loro motivo di non fare: morire. L'assurdità<br />
vuole rendere tutto questo una frontiera di progresso.<br />
Nei paesi dove l'eutanasia è legale le curve sono di<br />
crescita costante ed esponenziale. Migliaia di persone<br />
ogni anno vengono eliminate così, perché soffrono. Non<br />
discuterò qui dei casi estremi di Eluana Eng<strong>la</strong>ro o Terry<br />
Schiavo, casi talmente noti alle cronache e alle polemiche<br />
che tutto è stato già detto e non saprei davvero cosa<br />
aggiungere. Mi preoccupa l'eutanasia silenziosa, che sia<br />
chiaro avviene anche dove leggi esplicite sull'eutanasia<br />
non ci sono, ma che si moltiplica nel<strong>la</strong> frequenza se a chi<br />
<strong>la</strong> pratica viene data copertura legale piena.<br />
E' una eutanasia silenziosa che spiega che se il nostro<br />
nonno o <strong>la</strong> nostra nonna, magari con piccole o grandi<br />
proprietà da <strong>la</strong>sciare in eredità, giace in un letto ma<strong>la</strong>to è<br />
non solo socialmente accettabile sopprimerlo o<br />
sopprimer<strong>la</strong>, ma è anche un atto di umana pietà che fa
compiere al<strong>la</strong> libertà un passo in avanti. La libertà di chi?<br />
Non certo del sofferente che, prostrato dal<strong>la</strong> condizione di<br />
bisogno e umiliato dal percepirsi come un peso per <strong>la</strong><br />
propria famiglia e <strong>la</strong> società, spesso è incapace di opporre<br />
resistenza a questa oscena cultura del<strong>la</strong> morte.<br />
Io non trovo umanamente accettabile che davanti al dolore<br />
anche estremo l'investimento principale non sia nelle cure<br />
palliative, nel<strong>la</strong> terapia del dolore, in ultima analisi<br />
nell'amore da riversare sul prossimo sofferente. Uno Stato<br />
che trovi come scorciatoia, anche in termini di costi da<br />
sostenere, quel<strong>la</strong> di spingere gli addolorati a chiedere di<br />
essere eliminati, mi sembra uno Stato invadente in<br />
maniera insopportabile e in prospettiva molto, molto<br />
pericoloso.<br />
Al<strong>la</strong> morte come soluzione di un problema bisogna opporsi<br />
con il più rumoroso vigore di cui siamo capaci. Mia sorel<strong>la</strong><br />
le notti prima di darsi <strong>la</strong> morte voleva dormire sempre con<br />
<strong>la</strong> <strong>mamma</strong>. Sentiva che l'unica cura possibile al suo dolore<br />
era stare con chi le voleva bene: anche lei voleva <strong>la</strong><br />
<strong>mamma</strong>. Poi, comunque, si è uccisa. Abbiamo vissuto tutti<br />
in famiglia il fallimento estremo e ovviamente il più terribile
dei rimorsi, perché non abbiamo amato abbastanza. Ma<br />
quel rimorso è vivificante e insegna, non sbaglieremmo più<br />
davanti a un caso analogo. Quel rimorso lo porto con me,<br />
mi fa compagnia e mi ha spiegato molte cose. Tra queste,<br />
l'idea che se uno Stato assassino avesse colto il dolore<br />
"psicologicamente insopportabile" di mia sorel<strong>la</strong><br />
proponendole un suicidio assistito, io avrei fatto <strong>la</strong><br />
rivoluzione armata, altro che festa di famiglia per<br />
accompagnare all'iniezione letale il congiunto sofferente,<br />
come anche certa cinematografia vuole proporre come<br />
esito "cool" del<strong>la</strong> lotta con il dolore estremo.<br />
Le leggi sull'eutanasia sono molto pericolose, possono<br />
trasformare in maniera terrificante <strong>la</strong> dimensione tragica<br />
ma umanamente suprema del momento del<strong>la</strong> morte,<br />
possono desacralizzar<strong>la</strong> e portar<strong>la</strong> in un territorio brutale<br />
di calcolo costi-benefici. Non diamo spazio al<strong>la</strong> cultura<br />
del<strong>la</strong> "dolce morte". E' dolce solo <strong>la</strong> vita, anche negli attimi<br />
estremi e finali.<br />
Alcuni numeri<br />
I dati ufficiali sui due paesi che da più tempo applicano<br />
l’eutanasia legale, l’O<strong>la</strong>nda e il Belgio, sono in
impressionante progressione geometrica. In O<strong>la</strong>nda nel<br />
2011 sono state 3.695 le persone che hanno “chiesto” il<br />
suicidio assistito, il 18% in più rispetto all’anno precedente<br />
e il doppio rispetto al 2006. Cosa è successo, c’è stata<br />
una improvvisa epidemia invalidante in O<strong>la</strong>nda nel 2011?<br />
No. Semplicemente con il passare del tempo si allentano i<br />
vincoli di legge e sono sempre di più i casi in cui pare<br />
appropriato e legale utilizzare l’eutanasia, perché è più<br />
semplice eliminare che curare i ma<strong>la</strong>ti gravissimi.<br />
Eliminandoli, poi, si soddisfano pretese patrimoniali degli<br />
eredi e <strong>la</strong> pressione sociale sull’anziano non<br />
autosufficiente si fa così insostenibile. Per legge poi in<br />
O<strong>la</strong>nda una commissione deve esaminare massimo in 42<br />
giorni ogni caso di eutanasia praticata. Ebbene ormai in<br />
media <strong>la</strong> commissione ci mette 111 giorni per esaminare<br />
ogni caso. Perché? Troppo <strong>la</strong>voro. Troppi casi. Troppi<br />
ma<strong>la</strong>ti eliminato. Si è cominciato anche con i ma<strong>la</strong>ti di<br />
demenza e di Alzheimer. L’inizio del<strong>la</strong> fine. In Belgio i<br />
numeri sono ancora più impressionanti: primo anno di<br />
applicazione del<strong>la</strong> legge sull’eutanasia, 2003, sono stati<br />
235 i ma<strong>la</strong>ti eliminati. Nel 2011 <strong>la</strong> cifra è quintuplicata e<br />
siamo a 1.133 persone “suicidate”, nel 2012 casi<br />
aumentati di un altro 25%, siamo arrivati a 1.432.
Complessivamente dall’introduzione del<strong>la</strong> legge<br />
sull’eutanasia (2002-2003) in O<strong>la</strong>nda e Belgio sono state<br />
eliminato oltre ventimi<strong>la</strong> persone. In Belgio è legale<br />
eliminare anche chi soffre di artrosi. La commissione di<br />
controllo belga è composta da 16 membri, 7 dei quali sono<br />
iscritti all’Associazione per il diritto ad una morte dignitosa,<br />
che da sempre propaganda l’uso dell’eutanasia. La legge<br />
belga prevede che il medico che voglia praticare<br />
l’eutanasia su un paziente debba prima consultare uno<br />
specialista indipendente. Nel 35% dei casi non lo fa.<br />
Quando lo fa, nel 23% dei casi lo specialista non è<br />
d’accordo con le conclusioni eutanasiche del medico. In<br />
O<strong>la</strong>nda e Belgio decine di migliaia di persone sono state<br />
eliminate in virtù del principio per cui <strong>la</strong> loro vita “non è<br />
degna di essere vissuta”. Erano ma<strong>la</strong>te e sofferenti. Lo<br />
stesso trend di crescita dei casi si trova negli Stati<br />
americani che consentono l’eutanasia (Oregon,<br />
Washington) e nel<strong>la</strong> patria dell’eutanasia, <strong>la</strong> Svizzera,<br />
dove <strong>la</strong> pratica è a pagamento e trenta suicidati all’anno<br />
sono italiani. Ha ragione chi ha definito questa mortifera<br />
procedura “eutanazia”. Attenzione: porranno fine al<strong>la</strong><br />
nostra vita e ci diranno che è per il bene nostro e dei nostri<br />
figli. Non crediamo in questo cumulo di sciocchezze
pericolosissime. La vicenda tipica è quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> <strong>mamma</strong> di<br />
Marcel Ceuleneur, uccisa in Belgio senza che neanche<br />
fosse ma<strong>la</strong>ta, ma p<strong>la</strong>giata da un medico: rivolgersi a un<br />
tribunale è stato inutile, non ha avuto giustizia, ma <strong>la</strong> storia<br />
è raccontata in un terrificante documentario il cui link<br />
troverete qui in nota.<br />
Per approfondire<br />
Raphael Cohen-Almagor, Belgian euthanasia <strong>la</strong>w: a<br />
critical analysis, Journal of Medical Ethics, 2009<br />
Pierre Barnérias., L’euthanasie jusqu’où, documentario<br />
http://www.leuthanasiejusquou.com/leutha nasie-jusquoule-documentaire/<br />
Umberto Veronesi e Giovanni Reale, Responsabilità del<strong>la</strong><br />
vita, Bompiani, 2013<br />
Lucien Israel, Contro l’eutanasia, Lindau, 2007
9. IN DIFESA DELLA LEGGE 40<br />
Esistono dei tic, in partico<strong>la</strong>re tra i miei amici di sinistra. Tu<br />
ti trovi a un convegno del Partito democratico sul<strong>la</strong><br />
maternità o sul<strong>la</strong> crisi demografica in Italia? Bene, a me è<br />
capitato. Appena senti l'espressione "legge 194" già saprai<br />
che le frasi successive saranno più o meno queste: "La<br />
legge 194 non si tocca, è una legge votata dal<strong>la</strong><br />
maggioranza del Par<strong>la</strong>mento, confermata dal<strong>la</strong> volontà<br />
popo<strong>la</strong>re per via referendaria ed è dunque una conquista<br />
democratica intangibile per <strong>la</strong> libertà del<strong>la</strong> donna".<br />
Se invece del<strong>la</strong> legge 194, sull'interruzione volontaria del<strong>la</strong><br />
gravidanza, allo stesso convegno fosse nominata <strong>la</strong> legge<br />
40, che è <strong>la</strong> legge approvata nel febbraio 2004 sul<strong>la</strong><br />
fecondazione medicalmente assistita, le frasi che più o<br />
meno sentirete dagli affetti del succitato tic sono più o<br />
meno queste: "La legge 40 è una vergogna, che limita i<br />
diritti del<strong>la</strong> donna e del<strong>la</strong> coppia facendo prevalere i diritti<br />
dell'embrione, causando un turismo procreativo che porta
diecimi<strong>la</strong> coppie l'anno fuori dall'Italia per fare quello che in<br />
Italia non possono fare. E' una legge che va cancel<strong>la</strong>ta".<br />
Piccoli dettagli. La legge 40 è stata approvata da una<br />
maggioranza molto ampia e trasversale in Par<strong>la</strong>mento,<br />
molto più ampia e trasversale di quel<strong>la</strong> che ha approvato<br />
<strong>la</strong> legge 194. La legge 40 è stata sottoposta non ad uno,<br />
ma ad una raffica di referendum. Una serie di soggetti si<br />
opposero a quei referendum formando comitati per<br />
l'astensione e gli astenuti furono il 75% degli aventi diritto<br />
al voto, con un risultato di affluenza alle urne che non era<br />
mai stato così basso in una consultazione referendaria. La<br />
volontà popo<strong>la</strong>re ha dunque salvato una buona legge.<br />
Non paghi, gli oppositori a riflesso condizionato del<strong>la</strong> legge<br />
40 hanno partorito ricorsi di ogni genere per abbattere <strong>la</strong><br />
legge, al<strong>la</strong> Corte costituzionale e alle corti europee.<br />
Proprio l'Europa ha accolto uno dei ricorsi rispetto ad un<br />
punto nodale dell'impianto del<strong>la</strong> legge, che è un cardine<br />
del<strong>la</strong> stessa: il divieto del<strong>la</strong> diagnosi preimpianto. Gli altri<br />
punti critici del<strong>la</strong> legge vengono considerati il divieto di<br />
fecondazione eterologa (cioè prelevando l'ovulo o gli<br />
spermatozoi da soggetti esterni al<strong>la</strong> coppia) e il divieto di
crioconservazione degli embrioni (nel<strong>la</strong> realtà<br />
costantemente aggirato) con il limite al<strong>la</strong> "produzione" di<br />
tre che devono essere tutti impiantati.<br />
In sostanza <strong>la</strong> legge 40 tute<strong>la</strong> l'embrione dal rischio che<br />
sia considerato mero materiale da <strong>la</strong>boratorio,<br />
riconoscendogli <strong>la</strong> condizione di essere umano nascente.<br />
Mino Martinazzoli in una celebre intervista concessa a<br />
Giovanni Sartori spiegava che <strong>la</strong> "distinzione tra esistenza<br />
e vita" è stata al<strong>la</strong> base dei progetti eugenetici nazisti. La<br />
legge 40 parte da considerazioni simili e va difesa.<br />
Non va di moda, non si porta bene in società, nelle<br />
conversazioni terrazzate è causa di imbarazzo ma qui va<br />
ribadito: poter selezionare il figlio che si porta in grembo,<br />
procedendo all'eliminazione del bimbo sgradito<br />
considerandolo spazzatura, è il perno di una cultura dello<br />
scarto che mina al<strong>la</strong> radice il diritto di vivere anche di chi<br />
non è "perfetto". Un quotidiano che ha avuto vita breve,<br />
"Pubblico" diretto da Luca Telese, ha avuto tra i propri temi<br />
traino, per affermare <strong>la</strong> propria condizione di campione di<br />
<strong>la</strong>icità, <strong>la</strong> campagna per l'abolizione del<strong>la</strong> legge 40 proprio<br />
usando come tema centrale <strong>la</strong> questione del<strong>la</strong> diagnosi
preimpianto. Ebbene quell'interessante giornale aveva<br />
l'interessante abitudine di conservare all'opinione<br />
contrastante con quel<strong>la</strong> prevalente il diritto ad avere uno<br />
spazio per esprimersi, spazio che veniva definito "minority<br />
report". Sul<strong>la</strong> legge 40 e <strong>la</strong> diagnosi preimpianto<br />
intervenne, chiedendo il diritto al minority report un<br />
col<strong>la</strong>boratore del quotidiano, Francesco Curridori,<br />
portatore di disabilità. Francesco spiegò per filo e per<br />
segno <strong>la</strong> condizione e le sensazioni di chi sapeva che se<br />
ci fosse stata ai suoi tempi <strong>la</strong> diagnosi preimpianto lui non<br />
sarebbe mai nato. Telese ammise di essersi commosso<br />
leggendo il pezzo.<br />
<strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>. La <strong>mamma</strong> che non sceglie il più bello,<br />
sano e forte tra i suoi figli. <strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong> che da che<br />
mondo è mondo protegge il più sgarrupato, stortignaccolo,<br />
debole. E' pieno di favole del brutto anatroccolo,<br />
l'immaginario del<strong>la</strong> nostra infanzia: sono state scritte<br />
perché i biondi con gli occhi azzurri sono sempre stati<br />
minoranza e tutti noi abbiamo qualche difetto. E se mia<br />
madre avesse conosciuto i miei, chissà se mi avrebbe<br />
scelto in un catalogo da postal market in cui acquistare<br />
l'embrione di proprio assoluto gradimento.
Ho già citato in queste pagine il mio amico professore<br />
albino, che mi ha raccontato come con le varie tecniche di<br />
diagnosi prenatale ormai sia ridotto alle dita di una mano il<br />
numero del<strong>la</strong> nascita di albini. E ho anche già citato<br />
Stephen Hawking e Michel Petrucciani, non sarebbero<br />
sopravvissuti a queste moderne versioni del<strong>la</strong> Rupe<br />
Tarpea. Eppure ci spiegano che produrre montagne di<br />
embrioni, crioconservarli, selezionarli, gettare nel<strong>la</strong><br />
spazzatura quelli "in sovrannumero", condurre<br />
sperimentazioni sugli altri, sono tutti orizzonti del<br />
progresso. Scusatemi, ma dissento.<br />
Le legge 40 è una buona legge, votata da un'ampia<br />
maggioranza del Par<strong>la</strong>mento e confermata dal<strong>la</strong> volontà<br />
popo<strong>la</strong>re che ha bocciato una campagna referendaria<br />
peraltro molto aggressiva e con tutti i giornali schierati a<br />
sostegno. Sono convinto che una cultura del<strong>la</strong> maternità<br />
accogliente, anche se non pienamente naturale ma<br />
medicalmente assistita, non preveda <strong>la</strong> cultura dello scarto<br />
né quel<strong>la</strong> di cancel<strong>la</strong>re l'identità genitoriale con il ricorso<br />
alle banche del seme o degli ovuli, privando il nascituro di<br />
certezze sul<strong>la</strong> propria origine.
La vita umana si rispetta, ognuno di noi prima di essere<br />
bambino è stato embrione, vita nascente. Non si getta via,<br />
non si usa come materiale da <strong>la</strong>boratorio, non si scarta,<br />
non si umilia. La vita nascente si accoglie, anche se viene<br />
prodotta in una provetta. Con dei limiti che sono, se ci<br />
pensate, gli stessi limiti che furono posti al<strong>la</strong> follia<br />
eugenetica dei nazisti: non esiste una vita di serie A e una<br />
vita di serie B. Esistono i figli e le mamme che li accolgono.<br />
Anche, se non soprattutto, quando sono imperfetti. In<br />
partico<strong>la</strong>re quando li hanno tanto voluti da ricorrere alle<br />
pratiche di fecondazione medicalmente assistita.<br />
La legge 40 non si tocca.<br />
Alcuni numeri<br />
Nel febbraio 2004 a Pa<strong>la</strong>zzo Madama sede del Senato<br />
del<strong>la</strong> Repubblica italiana <strong>la</strong> legge 40 è stata approvata con<br />
il voto favorevole di 169 senatori su 266 votanti, pari al<br />
63.5%. Nel maggio 2005, chiamati a rispondere a quattro<br />
quesiti referendari abrogativi del<strong>la</strong> legge 40 non andarono<br />
al voto, determinando <strong>la</strong> nullità dei referendum stessi, il<br />
74.1% degli italiani. Mai in alcuna consultazione<br />
referendaria <strong>la</strong> partecipazione alle urne era stata così
assa. Inoltre tra coloro che si sono espressi con il voto, i<br />
contrari all’abrogazione del<strong>la</strong> legge 40 ottennero<br />
percentuali oscil<strong>la</strong>nti tra il 12% e il 22% a seconda dei<br />
quesiti. Quindi si può dire che i referendum abrogrativi<br />
del<strong>la</strong> legge 40 furono solennemente bocciati da quattro<br />
italiani su cinque, così come <strong>la</strong> legge 40 fu approvata da<br />
più di sei rappresentanti del popolo italiano su dieci al<br />
Senato. In termini democratici il parere degli italiani sul<strong>la</strong><br />
legge sul<strong>la</strong> fecondazione assistita mi pare più chiaramente<br />
espresso in termini positivi e a sua difesa. In un paese<br />
dove <strong>la</strong> legge 40 non è in vigore, il Regno Unito, <strong>la</strong> Human<br />
Fertilisation and Embryology Authority ha calco<strong>la</strong>to che<br />
per generare un bambino vengono prodotti in media<br />
quindici embrioni per donna e questo ha generato <strong>la</strong><br />
distruzione, cioè sono stati materialmente gettati nel<strong>la</strong><br />
spazzatura, 1.7 milioni di embrioni umani a partire dal<br />
1991. Su 5.900 embrioni umani sono stati invece realizzati<br />
in Gran Bretagna esperimenti scientifici.<br />
Per approfondire<br />
Antonio Socci e Carlo Casini, In difesa del<strong>la</strong> vita: legge 40,<br />
fecondazione assistita e mass media, Piemme, 2005
C<strong>la</strong>udia Navarini, Procreazione assistita? Le sfide<br />
culturali: selezione umana o difesa del<strong>la</strong> vita, Portalupi,<br />
2005<br />
Maria Luisa Di Pietro e Elio Sgreccia, Procreazione<br />
assistita e fecondazione artificiale tra scienza, etica e<br />
diritto, Editrice <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong>, 1999<br />
AA.VV., La vita umana nell’epoca del<strong>la</strong> sua riproducibilità<br />
tecnica, Itacalibri, 2004
10. LA VERGOGNA DELL’AFFITTARE UTERI<br />
La comunità Lgbt (lesbica, gay, bisessuale, transessuale<br />
per chi non fosse aduso all'acronimo ormai di moda) <strong>la</strong><br />
chiama confidenzialmente "gpa". Sta per "gestazione per<br />
altri" ed è il tentativo di dare un nome asettico ad una delle<br />
più grandi vergogne del<strong>la</strong> contemporaneità raccontata<br />
invece come un decisivo elemento di progresso: l'affitto<br />
dell'utero di donne bisognose di denaro per portare a<br />
compimento gravidanze che <strong>la</strong> natura rende impraticabili,<br />
strappando poi il bambino pochi minuti dopo il parto e<br />
dopo un primo contatto tranquillizzante con il corpo del<strong>la</strong><br />
madre, per consegnarlo di solito ad una coppia di<br />
omosessuali benestanti che giocheranno a fare i genitori.<br />
Finché ne avranno voglia.<br />
Ho già raccontato <strong>la</strong> vicenda di Elton John e del suo<br />
compagno, desiderosi di essere papà e <strong>mamma</strong>, anzi,<br />
come si dice oggi nell'era del politicamente corretto<br />
"genitore 1" e "genitore 2". Poiché <strong>la</strong> biologia non rende
possibile, per quanti sforzi possano essere compiuto, <strong>la</strong><br />
nascita di un figlio per via naturale al<strong>la</strong> coppia in<br />
questione, nel tempo in cui tutto si compra loro si sono<br />
comprati un utero di una donna, che ha portato avanti <strong>la</strong><br />
gravidanza dopo essersi fatta fecondare dallo sperma dei<br />
due mesco<strong>la</strong>to, in maniera che al bimbo sia<br />
accuratamente vietato sia di avere contatti con <strong>la</strong> madre<br />
sia di sapere chi biologicamente sia suo padre.<br />
Il racconto del<strong>la</strong> nascita di questo bambino, che si chiama<br />
Zac, è di una violenza estrema e invece è stato incartato in<br />
"cool" patinato in tutto il mondo. Zac viene adagiato sul<br />
corpo del<strong>la</strong> madre (tutti i giornalisti aggiungono "biologica",<br />
in realtà è <strong>la</strong> madre punto e basta) e cerca<br />
immediatamente il suo seno. A questo punto, e il racconto<br />
di tutti coloro che assistono al momento del distacco tra il<br />
figlio e <strong>la</strong> madre "affittata" è concorde su questo elemento,<br />
in un clima di estremo imbarazzo il neonato che ha pochi<br />
minuti di vita viene strappato a forza al petto del<strong>la</strong> <strong>mamma</strong><br />
e consegnato a Elton John e il suo compagno, che se lo<br />
portano via. In numerose interviste il cantante britannico<br />
ha ripetuto che per due anni il bambino non ha fatto che<br />
piangere, un pianto inconso<strong>la</strong>bile, al punto che grazie alle
decisive provviste di denaro Elton John decise di far<br />
prelevare dal seno del<strong>la</strong> "madre biologica" (che per inciso<br />
vive a diecimi<strong>la</strong> chilometri di distanza da Londra) il <strong>la</strong>tte e<br />
farlo arrivare quotidianamente via jet privato in Inghilterra,<br />
per provare a lenire <strong>la</strong> sofferenza del piccolo Zac.<br />
Io non so cosa ne pensiate voi. Io penso che tra quel<strong>la</strong><br />
coppia di ricchi gay e il dolore di quel bambino strappato<br />
al<strong>la</strong> madre, qualsiasi persona di buonsenso sta con il<br />
bambino. Il diritto da tute<strong>la</strong>re è quello del bambino che non<br />
conoscerà mai <strong>la</strong> madre per un capriccio di due che padre<br />
e madre non potevano e non potranno mai essere.<br />
La questione del<strong>la</strong> gestazione per altri riguarda poi in<br />
maniera determinante il tema del<strong>la</strong> dignità del<strong>la</strong> donna.<br />
Come possono le mie amiche di sinistra non offendersi<br />
sapendo che esistono parti del mondo, in partico<strong>la</strong>re nei<br />
paesi dell'Est europeo e in India, dove sono state costruite<br />
vere e proprie "fabbriche di bambini" con centinaia di<br />
donne trasformate in incubatrici viventi e umiliate a suon di<br />
dol<strong>la</strong>ri, euro e sterline nel<strong>la</strong> loro dimensione più<br />
intimamente femminile, quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> maternità? Come può<br />
essere accettabile ad un contesto civile questo scempio?
Come può essere accettabile che a migliaia di bambini sia<br />
negato il diritto a conoscere <strong>la</strong> propria madre, perché i<br />
contratti che vengono stipu<strong>la</strong>ti vietano espressamente i<br />
contatti tra i nascituri e le donne che li hanno portati al<strong>la</strong><br />
vita?<br />
Per fortuna in Italia <strong>la</strong> gestazione per altri o maternità<br />
surrogata è per ora ancora vietata dalle legge. Questo<br />
divieto è raccontato, in partico<strong>la</strong>re a sinistra, come una<br />
orribile limitazione del<strong>la</strong> libertà individuale e del<strong>la</strong> coppia. A<br />
mio avviso è segno di civiltà ed è uno dei motivi per cui va<br />
difesa <strong>la</strong> legge 40, vedi il capitolo precedente. Resta<br />
comunque legale anche per le coppie italiane,<br />
omosessuali o eterosessuali sterili, utilizzare <strong>la</strong> vergogna<br />
dell'affittare uteri all'estero e rientrare con il figlio, che però<br />
poi in alcuni casi ha rischiato di non veder riconosciuta <strong>la</strong><br />
cittadinanza ed è per questo stato sottoposto ad ulteriore<br />
stress.<br />
Si è riusciti a commercializzare tutto, persino <strong>la</strong> maternità.<br />
E' il segno più barbaro del triste col<strong>la</strong>sso valoriale del<strong>la</strong><br />
contemporaneità. Invece di stare con le donne più deboli,<br />
pagarle per trasformarle in macchine e vio<strong>la</strong>re il loro
essere madre con l'atto violento di strappare poi il<br />
bambino neonato e vietare ogni contatto per via<br />
contrattuale. Nessun diritto ad avere una madre, si arrangi<br />
con quelli che l'hanno comprato come avrebbero fatto con<br />
una pietanza scaldata al microonde al supermercato.<br />
Cosa potete immaginare di peggio?<br />
Alcuni numeri<br />
Quanto costa “affittare” un utero? Si sta male anche solo a<br />
scriverlo, ma esiste un vero e proprio tariffario. Si parte<br />
dall’opzione low cost che è quel<strong>la</strong> indiana, che attira<br />
decine di migliaia di aspiranti “genitori” da ogni parte del<br />
mondo: il bambino viene confezionato, tenuto in grembo e<br />
partorito da una donna per una prezzo complessivo che si<br />
aggira sui ventimi<strong>la</strong> euro. Ma si può ricorrere al<strong>la</strong> Gpa<br />
(gestazione per altri) anche il Russia e Ucraina dove i<br />
prezzi sono lievemente più cari (si parte dai 30 mi<strong>la</strong> euro e<br />
si arriva a punte di 70 mi<strong>la</strong> euro), oppure finire in Canada o<br />
negli Stati Uniti dove <strong>la</strong> pratica costa centomi<strong>la</strong> euro<br />
“chiavi in mano”. La vicenda indiana è comunque<br />
spaventosa. Facendo leva sull’estremo bisogno<br />
economico <strong>la</strong> vendita dei bambini è diventata una piaga
sociale, con 32.342 piccoli di cui si sono perse le tracce.<br />
Ora il “business” degli uteri in affitto rappresenta una fase<br />
2.0 di questo tragico approfittarsi del mondo occidentale<br />
delle condizioni di difficoltà delle donne indiane. Al confine<br />
con il Pakistan, nel<strong>la</strong> poverissima regione di Gujarat,<br />
distretto di Anand è stata costruita una vera e propria città<br />
delle donne i cui uteri vengono “affittati” per ricche coppie<br />
di occidentali che pagano trentami<strong>la</strong> euro e si portano via il<br />
bambino. Questo centro specializzato in Gpa è stato<br />
celebrato da Oprah Winfrey in uno dei suoi ultraseguiti<br />
show televisivi e così si è sviluppato l’Akanksha infertility<br />
clinic, che ha dato il via al<strong>la</strong> nascita di almeno un migliaio<br />
di istituti simili su tutto il territorio indiano. Le donne<br />
vengono cercate nei bassifondi del<strong>la</strong> povertà estrema,<br />
pagate con il 10% dell’importo che viene <strong>la</strong>sciato dagli<br />
occidentali al<strong>la</strong> clinica, costrette a portare avanti anche<br />
otto o nove gravidanze nell’arco di dieci anni. Ha fatto<br />
scalpore in India nell’aprile 2012 <strong>la</strong> morte in uno di questi<br />
centri situato nel<strong>la</strong> città di Ahmedabad del<strong>la</strong> trentenne<br />
Premi<strong>la</strong> Vaghe<strong>la</strong>. Morì all’ottavo mese di gravidanza, il<br />
figlio venne fatto nascere con parto cesareo e consegnato<br />
al<strong>la</strong> coppia acquirente. Ha fatto scalpore in India. In<br />
Occidente nessuno ne ha scritto, Oprah Winfrey non ne
ha fatto cenno in nessuno dei suoi show.<br />
Per approfondire<br />
I<strong>la</strong>ria Vidi, Nascere da ovulo o semi altrui, Notizie Pro Vita,<br />
numero 10/2013<br />
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2013/10/monogra<br />
su-utero-in-affitto/<br />
http://www.libertaepersona.org/wordpress/wpcontent/uploads/2013/09/utero-in-affitto-2-schemi1.jpg<br />
Raffaele Torino, Gli accordi di maternità surrogata,<br />
Persona e Danno, 2003<br />
http://www.personaedanno.it/generalita-varie/gli-accordidi-maternita-surrogata-fra-diritto-a-essere-genitoridisponibilita-degli-status-e-interesse-del-figlioraffaeletorino<br />
Ines Corti, La maternità per sostituzione, Giuffré, 2000
PARTE SECONDA<br />
DA SINISTRA<br />
11. LA FAMIGLIA<br />
Il politicamente corretto vuole che si usi l'espressione "le<br />
famiglie", per far capire che l'istituzione familiare c<strong>la</strong>ssica è<br />
ormai in disuso e che tutto è famiglia, anche una zitel<strong>la</strong><br />
con gatto o una compagnia di amici che si dividono <strong>la</strong><br />
casa. Attenzione, perché l'espressione "le famiglie"<br />
contiene anche un'intenzionale paracu<strong>la</strong>ta: se tutto è<br />
famiglia, niente è famiglia, dunque non possono esistere<br />
politiche di sostegno all'istituzione familiare che viene non<br />
a caso, in partico<strong>la</strong>re dal<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione italiana, ignorata.<br />
La moda corrente usa un'altra espressione, questa volta<br />
prelevata dal mondo del<strong>la</strong> pubblicità, in senso spregiativo:<br />
"<strong>la</strong> famiglia del Mulino Bianco". In questo caso l'attacco è<br />
rivolto a una iconografia che preveda <strong>la</strong> presenza di<br />
madre, padre e figli che si vogliono bene nell'atto di essere
iuniti attorno ad un desco per consumare una co<strong>la</strong>zione.<br />
Addirittura il proporre questa immagine è stato giudicato<br />
"educativamente disdicevole" da un'altissima carica dello<br />
Stato italiano, che ha avuto il coraggio di dire<br />
pubblicamente che <strong>la</strong> madre di famiglia che porta in tavolo<br />
il pasto quotidiano era una figura da abolire perché dava<br />
l'idea di una sottomissione del<strong>la</strong> donna.<br />
Il padre del<strong>la</strong> "famiglia del Mulino Bianco" è quel Guido<br />
Baril<strong>la</strong> che, a seguito di alcune dichiarazione ri<strong>la</strong>sciate ad<br />
una radio in difesa appunto del<strong>la</strong> famiglia tradizionale, è<br />
stato minacciato da un boicottaggio a livello mondiale dei<br />
suoi prodotti e costretto a dichiararsi sostenitore dei più<br />
disparati modelli familiari, pur di non inimicarsi le potenti<br />
lobby del mondo omosessuale capaci di colpire molto duro<br />
in termini commerciali chi non si uniforma al pensiero<br />
politicamente corretto imperante.<br />
Io non credo che esistano "le famiglie". Certo, esistono<br />
diversi modi di aggregare persone sentimentalmente o<br />
occasionalmente unite da una coincidenza spaziotemporale.<br />
Ma non tutti coloro che vivono insieme sono<br />
famiglia. Lo dico perché sono convinto che proprio al<strong>la</strong>
famiglia sia dovuto il massimo di attenzione e di sostegno<br />
da parte delle casse dello Stato. Uno Stato che va<br />
progressivamente verso una incapacità di sostenere<br />
meccanismi di welfare diffusi e universali, che dovrà<br />
necessariamente delegare al<strong>la</strong> dimensione privata <strong>la</strong> rete<br />
di solidarietà che sostenga i più deboli e l'architrave di<br />
questo nuovo sistema non potrà che essere quel<strong>la</strong> dei<br />
vincoli familiari. E, attenzione, solo i vincoli familiari reali<br />
sono in grado di reggere questo peso, non quelli inventati<br />
e artificiali. Lo dicevo all'inizio: quando si è in difficoltà e<br />
spalle al muro, è <strong>la</strong> richiesta d'aiuto primigenia quel<strong>la</strong> che<br />
si leva. <strong>Voglio</strong> <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>.<br />
Non esistono "le famiglie". Esiste <strong>la</strong> famiglia. Un nucleo<br />
composto da un uomo ed una donna attorno al quale si<br />
costruisce un progetto di vita stabile e duraturo, che<br />
include in potenza o in atto <strong>la</strong> presenza di figli. Questa<br />
"famiglia del Mulino bianco" va sostenuta economicamente<br />
sempre di più da parte dello Stato, in partico<strong>la</strong>re quando si<br />
fa carico di minori o di anziani non autosufficienti. E'<br />
sommamente ingiusto che un padre e una madre con<br />
quattro figli e magari uno o due nonni in casa paghino le<br />
stesse aliquote fiscali di un single che si fa carico solo del
proprio benessere. Può avvenire solo in un contesto in cui<br />
si afferma, appunto, che tutto è famiglia.<br />
Scrivo una banalità che il legis<strong>la</strong>tore deve però<br />
assolutamente trasformare in concretezza, per salvare<br />
una forma di welfare familiare di fatto già in atto che senza<br />
sostegno però rischia di naufragare: se con il mio reddito<br />
mantengo sei o sette componenti di un nucleo familiare,<br />
non posso pagare le stesse tasse del mio collega che con<br />
lo stesso reddito mantiene solo se stesso. Alcuni,<br />
stancamente, par<strong>la</strong>no durante ogni campagna elettorale di<br />
"introduzione del quoziente familiare". Lo si dice da<br />
sempre, non lo si fa mai. Intanto però <strong>la</strong> famiglia è<br />
diventata le famiglie, nelle graduatorie per gli asili nido i<br />
figli di genitori single scavalcano i figli di famiglia<br />
numerosa, ancora una volta l'inversione dei criteri di<br />
razionalità comincia a produrre i suoi effetti.<br />
Per quante invenzioni leggiate sui giornali, <strong>la</strong> società è<br />
ancora in prevalenza composta da nuclei familiari<br />
tradizionali: un papà, una <strong>mamma</strong>, dei figli nati dal<strong>la</strong> loro<br />
unione, sempre più spesso con gli anziani genitori non<br />
autosufficienti a carico. Questa "famiglia del Mulino
ianco" ha bisogno di sostegno, da so<strong>la</strong> non ce <strong>la</strong> fa più.<br />
Su devastiamo questo contesto con l'irrisione prima e il<br />
mancato aiuto poi, devastiamo il tessuto sociale su cui si<br />
fonda il nostro vivere civile.<br />
La priorità è aiutare i padri e le madri che fanno sempre<br />
più fatica ad arrivare a fine mese. Il resto viene dopo.
12. LA DONNA<br />
Se non ora, quando? Mi viene in mente di prendere in<br />
prestito dalle mie amiche femministe questo loro slogan<br />
fortunato di manifestazioni recenti, per chiedere quando se<br />
non in questo momento storico le donne interessate a<br />
battersi per <strong>la</strong> propria specificità e dignità tireranno fuori gli<br />
artigli. Ora serve riflettere sull'assalto al<strong>la</strong> figura del<strong>la</strong><br />
donna, che avviene fingendo di assegnare <strong>la</strong> vittoria in<br />
materia di "parità", trasformando<strong>la</strong> in realtà in parificazione<br />
al modello maschile dominante a in annul<strong>la</strong>mento delle<br />
migliori caratteristiche femminili, che tanto utili sarebbero<br />
invece a invertire <strong>la</strong> rotta in questo momento di col<strong>la</strong>sso di<br />
senso.<br />
Così ci finiscono per proporre un modello di donna<br />
androgino, schiavizzato dal<strong>la</strong> taglia 38-40, denso del<strong>la</strong><br />
peggiore arroganza maschile, orbato del<strong>la</strong> caratteristica<br />
centrale del<strong>la</strong> maternità, che anzi è talmente<br />
desacralizzata che può diventare tranquil<strong>la</strong>mente oggetto
di mercato, come il corpo femminile nei tempi più bui è<br />
stato sempre considerato. La differenza orribile di questa<br />
contemporaneità che, anziché comprare "semplicemente"<br />
il piacere che deriva dall'utilizzo del corpo femminile, ora<br />
se ne vuole carpire l'anima: si mette in vendita l'utero, si<br />
mercifica <strong>la</strong> maternità, si rende irrilevante il rapporto con il<br />
cucciolo. Ci si commuove davanti al<strong>la</strong> nascita di un piccolo<br />
di gazzel<strong>la</strong> che viene difeso a zocco<strong>la</strong>te dal<strong>la</strong> madre nel<strong>la</strong><br />
savana dal<strong>la</strong> fame istintiva del leone, ma si accetta<br />
tranquil<strong>la</strong>mente che una donna indiana in difficoltà venda il<br />
suo utero e il figlio che partorirà, per uscire da una<br />
condizione di estremo bisogno.<br />
Se non ora, quando? Mai come oggi <strong>la</strong> donna è stata<br />
profanata nel<strong>la</strong> sua dimensione più intima. Il gioco<br />
burocratico di negare <strong>la</strong> centralità del<strong>la</strong> figura materna,<br />
trasformando persino nei moduli le diciture "madre" e<br />
"padre" in "genitore 1" e "genitore 2", è solo l'aspetto<br />
esteriore più terrificante che sta a metà strada tra <strong>la</strong><br />
narrazione di Orwell e quel<strong>la</strong> di Kafka. Una donna non è<br />
più una <strong>mamma</strong>. E' un genitore 1, che può tranquil<strong>la</strong>mente<br />
vendersi il figlio se ha bisogno e se ha ancora bisogno può<br />
vendersene pure cinque o sei. Non esiste <strong>la</strong> figura
materna, esiste <strong>la</strong> genitorialità, poi se si è molto al<strong>la</strong> moda<br />
esiste <strong>la</strong> omogenitorialità.<br />
Nel primo capitolo di questo libro non ho citato a caso<br />
l'Ave Maria <strong>la</strong>icissima di Fabrizio De André, omaggio di<br />
sconfinata bellezza al<strong>la</strong> figura di madre certamente più<br />
nota al mondo. Il poeta genovese immagina questa<br />
ragazza come femmina (elemento certo non ortodosso per<br />
<strong>la</strong> tradizione cattolica), ma poi spiega bene: "Femmina un<br />
giorno, poi madre per sempre, nel<strong>la</strong> stagione che stagioni<br />
non sente". La femminilità è un elemento straordinario,<br />
centrale per qualsiasi donna: <strong>la</strong> maternità però è<br />
l'elemento caratteristico.<br />
Mi si obietterà: "Molte donne non hanno figli, sono donne<br />
menomate?". Certamente no. Aggiungo che nel<strong>la</strong> mia<br />
esperienza è stato molto raro incontrare donne anche<br />
senza figli che non fossero profondamente materne. Ma è<br />
comunque nel<strong>la</strong> capacità tutta femminile del "prendersi<br />
cura" (di un luogo, di un ruolo professionale, di un'azienda,<br />
di una pianta, di una casa e ovviamente del marito e dei<br />
figli per chi è sposata e/o è madre) che si misura tutta <strong>la</strong><br />
distanza tra <strong>la</strong> modalità dell'uomo e quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> donna di
stare al mondo.<br />
Costanza Miriano in un libro che ha strizzato le viscere a<br />
molti "Sposati e sii sottomessa", ha provato a disegnare un<br />
modello di figura femminile che non sia stereotipato sugli<br />
orrendi modelli proposti dal<strong>la</strong> contemporaneità. Ha dovuto<br />
subire l'ostracismo mediatico del<strong>la</strong> provincia italica,<br />
riuscendo invece a portare le sue idee all'attenzione di ben<br />
più rilevanti p<strong>la</strong>tee giornalistiche ed intellettuali mondiali.<br />
Costanza ha avuto il merito a mio avviso di tirare fuori<br />
dal<strong>la</strong> naftalina <strong>la</strong> caratteristica del<strong>la</strong> "mitezza" femminile. Mi<br />
ha fatto tornare in mente lei <strong>la</strong> Maria di De André: Ave<br />
Maria adesso che sei donna, Ave alle donne come te<br />
Maria.<br />
Perché qui c'è da scegliere: c'è da capire se c'è più libertà<br />
e potenziale progresso in una giovane madre che si<br />
smezza dal<strong>la</strong> mattina al<strong>la</strong> sera <strong>la</strong> propria famiglia e <strong>la</strong><br />
crescita dei propri figli, riuscendo a non perdere <strong>la</strong> mitezza<br />
del suo essere femminile o se dobbiamo preferire quel<strong>la</strong><br />
femmina androgina capace di vendersi i figli per bisogno o<br />
di teorizzare che <strong>la</strong> maternità è irrilevante in un mondo in<br />
cui ormai le genitorialità si declina con i numeri.
C'è da scegliere dov'è il luogo che rende più ampia <strong>la</strong><br />
dignità femminile e dove sono i luoghi che <strong>la</strong> restringono.<br />
Continuo ad essere convinto che dove <strong>la</strong> donna difende le<br />
proprie caratteristiche dell'essere donna, difende anche <strong>la</strong><br />
propria dignità. Quando si omologa al modello maschile<br />
che misura tutto in competitività e denaro, perde<br />
definitivamente proprio in dignità.<br />
L'ultima baluardo di ragionevolezza sono le donne miti.<br />
Speriamo non sia travolto.
13. LA PERSONA E LA FELICITA’<br />
Tutto il percorso compiuto fin qui ci porta al tema cruciale:<br />
<strong>la</strong> libertà. Cos'è <strong>la</strong> libertà? E' il principale valore cui<br />
tendere? Come si misura l'incrocio del<strong>la</strong> libertà nostra con<br />
quel<strong>la</strong> altrui? Servirebbe davvero una <strong>mamma</strong>, qualcuno<br />
capace di insegnarci quel che una volta le mamme<br />
insegnavano: a essere personcine corrette, che sanno<br />
accettare <strong>la</strong> limitazione del<strong>la</strong> propria libertà per motivi<br />
disparati e tutti validi. La buona educazione, il rispetto,<br />
l'amore per gli altri. Ci insegnavano a essere persone, non<br />
individui.<br />
La distinzione tra persona e individuo è cruciale per<br />
determinare il peso che <strong>la</strong> libertà deve avere nel<strong>la</strong> nostra<br />
vita. La contemporaneità tende a descriverci come<br />
individui, pretendendo di misurare dunque tutto con il<br />
totem del<strong>la</strong> libertà individuale: più è ampia questa libertà,<br />
più l'orizzonte del progresso è sgombro. Molti dei temi che<br />
abbiamo affrontato in questo cammino (aborto, eutanasia
pediatrica, omogenitoralità, "dolce morte") vengono<br />
declinati come inno al<strong>la</strong> libertà individuale, che viene prima<br />
di ogni cosa.<br />
La <strong>mamma</strong>, il buonsenso, <strong>la</strong> natura ci insegnano invece<br />
che non siamo meri individui: siamo persone. Qual è <strong>la</strong><br />
differenza rispetto all'essere individui? Semplice. Di mezzo<br />
c'è <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> "re<strong>la</strong>zione". Siamo individui, sì, ma in<br />
re<strong>la</strong>zione con gli altri. Dunque <strong>la</strong> nostra libertà individuale<br />
è insieme arricchita e limitata da questa dimensione<br />
re<strong>la</strong>zionale, persa <strong>la</strong> quale perdiamo <strong>la</strong> principale<br />
caratteristica dell'umanità: quel<strong>la</strong> di saper cogliere<br />
nell'incontro con l'Altro da sé l'occasione per <strong>la</strong> propria<br />
crescita personale.<br />
Nel<strong>la</strong> maternità c'è l'esplodere primigenio del<strong>la</strong> grande<br />
bellezza di questo essere persone e non individui: il<br />
bambino nel grembo del<strong>la</strong> madre non può vivere senza il<br />
rapporto con <strong>la</strong> madre stessa; <strong>la</strong> <strong>mamma</strong> avverte nel<br />
portare un proprio figlio in grembo che <strong>la</strong> propria vita<br />
cambia per sempre, cambia nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione inscindibile<br />
con un'altra persona, con l'Altro da sé appunto, che però<br />
da sé procede. L'individuo sparisce, si diventa persona.
Solo nell'essere persone scopriamo <strong>la</strong> dimensione del<strong>la</strong><br />
felicità possibile, solo nel<strong>la</strong> dimensione re<strong>la</strong>zionale <strong>la</strong><br />
nostra individualità trova senso. Non siamo isole, non<br />
siamo monadi, se ci riduciamo a questo perdiamo ogni<br />
occasione di umanità, diventiamo freddezza. Siamo, al<br />
contrario, potenzialmente felici solo nell'incontro fecondo<br />
con l'Altro. E' chiaro che <strong>la</strong> dimensione di apertura all'Altro<br />
deve essere generosa e carica di amicizia, altrimenti gli<br />
Altri possono diventare l'inferno (è un racconto, questo,<br />
molto presente nel<strong>la</strong> contemporaneità: da Jean Paul<br />
Sartre a Lost).<br />
Se ci apriamo all'incontro, però, tutto il quadro del<strong>la</strong> nostra<br />
vita diventa pieno di senso. Nessun uomo è un iso<strong>la</strong> e il<br />
presupposto per essere veramente liberi è essere in due:<br />
l'Io e l'Altro. Una volta che ci siamo scrol<strong>la</strong>ti dalle spalle il<br />
totem ossessivo dell'indivualismo e del<strong>la</strong> conseguente<br />
libertà priva di senso, scopriamo <strong>la</strong> libertà che dà<br />
potenzialmente <strong>la</strong> felicità: <strong>la</strong> libertà di essere una persona.<br />
Di essere, cioè, un individuo in re<strong>la</strong>zione con un altro<br />
individuo. Da questo tutto procede.<br />
Nel rapporto tra una madre e suo figlio abbiamo <strong>la</strong>
fotografia più intensa di questa felicità possibile.<br />
Cancel<strong>la</strong>re questo archetipo significa minare dalle<br />
fondamenta <strong>la</strong> possibile felicità del<strong>la</strong> specie umana.<br />
Pensate bene a tutto questo quando fate le vostre<br />
battaglie per l'aborto, per <strong>la</strong> cancel<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> figura<br />
materna, per il genitore 1 e il genitore 2. Rileggetevi Pier<br />
Paolo Pasolini, i suoi Saggi sul<strong>la</strong> politica e <strong>la</strong> società:<br />
"Sono traumatizzato dal<strong>la</strong> legalizzazione dell’aborto,<br />
perché <strong>la</strong> considero, come molti, una legalizzazione<br />
dell’omicidio. Nei sogni e nel comportamento quotidiano io<br />
vivo <strong>la</strong> mia vita prenatale, <strong>la</strong> mia felice immersione nelle<br />
acque materne: so che là io ero esistente.Mi limito a dire<br />
questo perché a proposito dell’aborto ho cose più urgenti<br />
da dire. Che <strong>la</strong> vita sia sacra è ovvio: è un principio ancor<br />
più forte di qualsiasi principio del<strong>la</strong> democrazia, ed è inutile<br />
ripeterlo. La prima cosa che invece vorrei dire è questa: a<br />
proposito dell’aborto (…) i radicali e tutti gli abortisti<br />
democratici più puri e rigorosi si appel<strong>la</strong>no al<strong>la</strong>Realpolitik e<br />
quindi ricorrono al<strong>la</strong> prevaricazione cinica dei dati di fatto e<br />
del buon senso. Se essi si sono sempre posti anzitutto<br />
(…) il problema di quali siano i principi reali da difendere,<br />
questa volta non l’hanno fatto. Ora, come essi sanno
ene, non c’è un solo caso in cui i principi reali coincidano<br />
con quelli che <strong>la</strong> maggioranza considera i propri diritti. Nel<br />
contesto democratico si lotta, certo, per <strong>la</strong> maggioranza,<br />
ossia per l’intero consorzio civile, ma si trova che <strong>la</strong><br />
maggioranza, nel<strong>la</strong> sua santità ha sempre torto: perché il<br />
suo conformismo è sempre brutalmente repressivo.<br />
Perché io considero non reali i principi su cui i radicali e in<br />
genere i progressisti (conformisticamente) fondano <strong>la</strong> loro<br />
lotta per <strong>la</strong> legalizzazione dell’aborto? Per una serie<br />
caotica, tumultuosa ed emozionante di ragioni. Io so<br />
intanto, come ho detto, che <strong>la</strong> maggioranza è già tutta per<br />
<strong>la</strong> legalizzazione dell’aborto (…). L’aborto legalizzato è<br />
infatti -su questo non c’è dubbio- una enorme comodità<br />
per <strong>la</strong> maggioranza. Soprattutto perché renderebbe<br />
ancora più facile il coito, a cui non ci sarebbero<br />
praticamente più ostacoli. Ma questa libertà (…) questa<br />
meravigliosa permissività, da chi è stata tacitamente<br />
voluta, tacitamente promulgata e tacitamente fatta entrare<br />
in modo ormai irreversibile nelle abitudini? Dal potere dei<br />
consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito delle<br />
esigenze di libertà, diciamo così liberali e progressiste, e<br />
facendole sue le ha vanificate, ha cambiato <strong>la</strong> loro natura.<br />
Oggi <strong>la</strong> libertà sessuale del<strong>la</strong> maggioranza è in realtà una
convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un’ansia<br />
sociale, una caratteristica irrinunciabile del<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong><br />
vita del consumatore."<br />
Leggete e rileggete bene Pasolini: le esigenze di libertà<br />
vengono vanificate, viene cambiata <strong>la</strong> loro natura. Attenti a<br />
non diventare convenzionali e conformisti con il vostro<br />
totem del<strong>la</strong> libertà individuale da consumatori. La vera<br />
libertà è personale, non individuale: vive nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione<br />
feconda con l'Altro.<br />
La libertà individuale è roba da infelici.
14. I 20 PUNTI<br />
Giunti verso <strong>la</strong> fine di questa strada compiuta insieme,<br />
credo sia necessario racchiudere quel che si è provato a<br />
dire in venti punti che rappresentano principi irrinunciabili<br />
che ritengo non solo non debbano essere negoziabili, ma<br />
necessitino un'attività di proselitismo per ricondurre il<br />
dibattito intellettuale e politico sui temi tabù che abbiamo<br />
affrontato dentro i confini di una razionalità condivisa,<br />
lontano dall'impazzimento modaiolo che sembra avere <strong>la</strong><br />
meglio in questa fase.<br />
1. Non esiste l'individuo, esiste <strong>la</strong> persona, dunque<br />
l'individuo in re<strong>la</strong>zione con altri individui. La re<strong>la</strong>zione<br />
primigenia, archetipica e intangibile, è quel<strong>la</strong> tra madre e<br />
figlio. Negar<strong>la</strong> è negare <strong>la</strong> radice dell'essere umano.<br />
2. La libertà individuale è un totem che non necessita di<br />
tutele e non genera diritti. Al contrario, <strong>la</strong> libertà personale,<br />
dunque <strong>la</strong> libertà degli individui in re<strong>la</strong>zione con gli altri, è<br />
preziosa e va ampliata senza che nuovi diritti ledano però
l'essere umano in radice.<br />
3. La libertà personale da tute<strong>la</strong>re in via prioritaria è quel<strong>la</strong><br />
dei soggetti più deboli: bambini, ma<strong>la</strong>ti, anziani.<br />
4. Il primo diritto è il diritto a vivere.<br />
5. Non esiste un diritto all'aborto, esiste un diritto al<strong>la</strong><br />
nascita. L'aborto è sempre una tragedia e un fallimento,<br />
come tale va trattato e con ogni sforzo possibile evitato.<br />
6. I diritti prioritari da tute<strong>la</strong>re sono quelli del<strong>la</strong> libertà<br />
personale, dunque re<strong>la</strong>zionale, per eccellenza: i diritti del<strong>la</strong><br />
famiglia.<br />
7. Non esistono le famiglie, esiste <strong>la</strong> famiglia: cellu<strong>la</strong> base<br />
del tessuto sociale, composta da un nucleo affettivo stabile<br />
aperto in potenza al<strong>la</strong> procreazione. In natura <strong>la</strong><br />
procreazione avviene con l'unione di un uomo e di una<br />
donna. E' questa <strong>la</strong> base di un nucleo familiare<br />
propriamente detto.<br />
8. L'omosessualità è una tendenza sessuale ovviamente<br />
legittima, i cui legami affettivi stabili possono essere tute<strong>la</strong>ti<br />
da istituti giuridici, ma nettamente distinti dal matrimonio.
9. La rottura del<strong>la</strong> sacralità e dell'unicità dell'istituto<br />
matrimoniale come unione di un uomo e di una donna,<br />
porta inevitabilmente e logicamente al<strong>la</strong> estensione<br />
dell'istituto stesso ad ogni forma di legame affettivo stabile.<br />
La legittimazione di poligamia, poliandria, unioni a sette,<br />
otto, dieci o venti persone, sarebbe dietro l'angolo con<br />
conseguenze letali per il tessuto sociale e <strong>la</strong> stabilità<br />
finanziaria degli Stati.<br />
10. Non esiste l'omogenitorialità. Non esiste <strong>la</strong> genitorialità.<br />
Esistono <strong>la</strong> maternità e <strong>la</strong> paternità.<br />
11. Negare a un bambino il diritto ad avere una madre e<br />
un padre, sostituendoli con il "genitore 1" e "genitore 2", è<br />
una forma estrema di violenza su un soggetto debole.<br />
12. La sfera sessuale di un minore è intangibile e sono<br />
intollerabili le norme che prevedono <strong>la</strong> non procedibilità<br />
d'ufficio contro le persone che hanno rapporti sessuali con<br />
bambini di dieci anni e assumono per libero il consenso<br />
all'atto sessuale di ragazzini di quattordici anni.<br />
13. Il turismo sessuale degli occidentali avente per oggetto<br />
in partico<strong>la</strong>re le minorenni e i minorenni asiatici, è una
violenza orrenda che merita il peggiore stigma sociale.<br />
14. La variazione dell'identità sessuale di una persona<br />
dovrebbe essere prevista in casi del tutto eccezionali. Il<br />
mercimonio del corpo di una persona spesso in una finta<br />
fase di transizione da un'identità sessuale all'altra, grazie<br />
al<strong>la</strong> quale si ottiene maggiore attenzione e successo nel<br />
mercato del<strong>la</strong> prostituzione, è un'attitudine che va<br />
combattuta.<br />
15. La compravendita del corpo femminile, nel<strong>la</strong> forma<br />
estrema del<strong>la</strong> compravendita del<strong>la</strong> maternità e dell'orrendo<br />
"affitto" dell'utero, che fa leva sullo stato di bisogno del<strong>la</strong><br />
donna per toglierle anche l'elemento più intimo del<strong>la</strong><br />
propria identità sessuale, va vietato da ogni normativa.<br />
16. Tra due gay ricchi che fanno strappare dal seno del<strong>la</strong><br />
madre il neonato appena partorito per far finta di essere<br />
madre e padre, e il neonato così p<strong>la</strong>tealmente vio<strong>la</strong>to fin<br />
dai suoi primi istanti di vita, chiunque non abbia un bidet al<br />
posto del cuore sta con il neonato. E con sua madre.<br />
17. L'eutanasia infantile è una procedura nazista e il<br />
protocollo di Groningen è un documento fondativo di una
nuova pericolosa eugenetica discriminatoria e razzista.<br />
18. Le diagnosi prenatali hanno fatto crol<strong>la</strong>re nei paesi<br />
Occidentali le nascite di albini, affetti da sindrome di Down<br />
e da altre alterazioni cromosomiche. E' intollerabile questa<br />
strage di persone affette da minime disabilità.<br />
19. La morte non è mai "dolce". L'instaurazione di norme<br />
che prevedano l'eliminazione delle persone in condizione<br />
di difficoltà grave fisica o psichica, secondo il <strong>la</strong>bile e<br />
mutevole principio che <strong>la</strong> loro sarebbe una "vita non degna<br />
di essere vissuta", apre <strong>la</strong> strada all'inferno.<br />
20. Al centro del<strong>la</strong> difesa del<strong>la</strong> vita e del<strong>la</strong> persona c'è <strong>la</strong><br />
donna. Il futuro del<strong>la</strong> razza umana ha le forme di una<br />
madre. Così è, così è sempre stato, così sempre sarà.
15. CONCLUSIONI ANCHE POLITICHE<br />
Sono una persona di sinistra. Di sinistra non generica, non<br />
da bar. Ho contribuito al<strong>la</strong> fondazione del più grande<br />
partito del<strong>la</strong> sinistra italiana, sono stato candidato al<strong>la</strong><br />
segreteria nazionale alle sue primarie fondative nel 2007,<br />
sono stato membro del<strong>la</strong> direzione nazionale e del<strong>la</strong><br />
commissione che ne ha scritto lo statuto. Sono stato<br />
orgogliosamente un deputato del<strong>la</strong> Repubblica iscritto al<br />
gruppo par<strong>la</strong>mentare del Partito democratico. Non vengo<br />
da una formazione marxista, provengo dall'esperienza del<br />
popo<strong>la</strong>rismo italiano (ri)fondato da Mino Martinazzoli, ma<br />
mi sono sempre considerato dentro l'esperienza vasta e<br />
complessiva del<strong>la</strong> sinistra italiana. Non per caso, ripeto,<br />
non per una chiacchiera da bar, ma per una precisa<br />
collocazione intellettuale. Norberto Bobbio nel suo<br />
illuminante "Destra e sinistra" spiegava come orientarsi<br />
nel<strong>la</strong> dicotomia tra queste due parole chiave del<strong>la</strong> politica<br />
e del<strong>la</strong> storia contemporanea: chi è di destra tende a<br />
privilegiare il valore del<strong>la</strong> libertà, chi è di sinistra si
identifica di più con il valore dell'uguaglianza. Ecco, io ho<br />
sempre considerato prioritariamente intollerabili le<br />
disuguaglianze, le ingiustizie, le prepotenze derivanti da<br />
un sistema che se non si fonda su un'economia sociale di<br />
mercato, diventa invece di capitalismo liberista senza<br />
limitazioni e produce storture terribili i cui effetti si vedono<br />
nel<strong>la</strong> terrificante condizione delle donne e delle giovani<br />
generazioni nel contesto contemporaneo. Sono una<br />
persona di sinistra perché per istinto e per ragione sto con<br />
il soggetto più debole: se c'è un diritto da tute<strong>la</strong>re, viene<br />
prima quello di chi non ce <strong>la</strong> fa a tute<strong>la</strong>rlo da solo. Lì deve<br />
intervenire l'azione del<strong>la</strong> politica, lì sono intervenuto io<br />
nel<strong>la</strong> mia azione di esponente di sinistra e di par<strong>la</strong>mentare<br />
impegnato in partico<strong>la</strong>r modo nel<strong>la</strong> difesa dei diritti dei più<br />
giovani, schiacciati tra precarietà non solo economica ma<br />
ormai esistenziale e un blocco ormai prolungato di<br />
qualsiasi forma di ascensore sociale. Ho speso <strong>la</strong> mia vita<br />
politica a sostegno dei diritti delle persone più deboli, con<br />
cognizione di causa e impegno costante, avendo come<br />
faro il valore dell'uguaglianza da mettere prima delle<br />
storture derivanti dal totem del<strong>la</strong> libertà individuale: questo<br />
fa di me, senza dubbio alcuno, una persona di sinistra.
Ebbene, al<strong>la</strong> sinistra è rivolto questo libro. A tutti, certo, ma<br />
in partico<strong>la</strong>r modo al<strong>la</strong> sinistra che attraversa <strong>la</strong> più<br />
profonda crisi del<strong>la</strong> sua storia. E' una crisi di identità,<br />
innanzi tutto: non si sa più cosa significhi essere di<br />
sinistra. Anzi ci sono alcuni, molti, che ritengono superata<br />
<strong>la</strong> dicotomia analizzata da Bobbio: ci dicono, destra e<br />
sinistra sono categorie superate dal<strong>la</strong> storia, non ci si può<br />
più definire con queste categorie obsolete. Io non lo credo.<br />
Credo sia anzi sempre più evidente <strong>la</strong> diversità tra chi<br />
mette al centro del<strong>la</strong> propria azione <strong>la</strong> tute<strong>la</strong> del totem del<strong>la</strong><br />
libertà individuale e dei falsi diritti che ne deriverebbero e<br />
chi invece agisce politicamente spinto dal<strong>la</strong> necessità di<br />
tute<strong>la</strong>re le persone dal<strong>la</strong> violenza del<strong>la</strong> disuguaglianza,<br />
dell'ingiustizia, del<strong>la</strong> prepotenza del più forte sul più<br />
debole.<br />
Credo però che <strong>la</strong> sinistra, nello sforzo di definire una<br />
propria leggibile identità nel percorso complesso del<strong>la</strong><br />
contemporaneità, stia commettendo il più tragico degli<br />
errori: ha deciso di camuffarsi, di aderire acriticamente allo<br />
"spirito del tempo", di dimenticare i propri valori fondanti.<br />
Complice una sempre più vasta ignoranza, una<br />
spaventosa desertificazione culturale e intellettuale, <strong>la</strong>
sinistra prova a ridefinirsi inseguendo le mode. La più<br />
sciocca è quel<strong>la</strong> dei cosiddetti "diritti civili", che già solo<br />
nel<strong>la</strong> definizione fa sorridere, come se esistessero diritti<br />
che sono incivili.<br />
In Spagna con le modifiche scellerate al diritto di famiglia e<br />
al<strong>la</strong> legge sull'aborto di José Luis Zapatero, in Francia con<br />
il "mariage pour tous" di François Hol<strong>la</strong>nde, persino negli<br />
Stati Uniti con lo zigzagare di Barack Obama sul tema del<br />
matrimonio omosessuale, <strong>la</strong> sinistra ha deciso di definirsi<br />
dimenticando <strong>la</strong> radice del<strong>la</strong> propria ragion d'essere: <strong>la</strong><br />
difesa del soggetto più debole. I leader che hanno seguito<br />
questa strada ne sono stati travolti: Zapatero, dopo aver<br />
governato una legis<strong>la</strong>tura, non ha potuto neanche<br />
ricandidarsi alle successive elezioni e il suo stesso partito<br />
ha fatto di tutto per far dimenticare <strong>la</strong> sua figura; Hol<strong>la</strong>nde<br />
in Francia è al minimo storico di consensi di un presidente<br />
nel<strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> République; quanto a Obama, consiglio<br />
una passeggiata negli Stati Uniti per capire quanto poco<br />
sia considerato. Aggiungo un purtroppo.<br />
In questo delirio dissolutivo, in molti a sinistra hanno<br />
pensato che definirsi partendo dall'attacco al<strong>la</strong> famiglia
tradizionale sostituendo<strong>la</strong> con l'ambiguo plurale "le<br />
famiglie", sostenendo posizioni a mio avviso chiaramente<br />
di destra estrema e nazista, non a caso figlie di<br />
un'ideologizzazione del totem del<strong>la</strong> libertà individuale,<br />
come quelle a favore dell'eutanasia infantile, delle diagnosi<br />
preimpianto, del<strong>la</strong> "dolce morte" e dell'aborto liberalizzato<br />
per tutti e in tutte le condizioni, potesse essere un modo di<br />
rimediare al vuoto.<br />
La conseguenza è stata una ridefinizione, sì, ma<br />
completamente errata rispetto alle premesse. Si è di<br />
sinistra solo se si sostiene il soggetto più debole. Tra un<br />
neonato che è poggiato sul petto di sua madre dopo il<br />
parto e una coppia di ricchi omosessuale che si sono<br />
comprati quell'utero facendo leva sul<strong>la</strong> condizione di<br />
bisogno del<strong>la</strong> donna e ora vogliono strappare il bimbo al<br />
seno del<strong>la</strong> <strong>mamma</strong>, una persona di sinistra istintivamente<br />
con chi sta? Non ho neanche bisogno di rispondere,<br />
credo. Invece a sinistra si è fatta strada l'idea che in nome<br />
dei cosiddetti "diritti civili" sia un grande mito di progresso<br />
consentire il matrimonio omosessuale, rompere <strong>la</strong><br />
sacralità del<strong>la</strong> maternità, render<strong>la</strong> oggetto di<br />
compravendita perché il diritto a sposarsi comporta il
diritto a "mettere su famiglia" e nelle legis<strong>la</strong>zioni dove si<br />
consente il matrimonio omosessuale si consente di fatto<br />
alle procedure di gestazione per altri, cioè di utero in affitto<br />
e altre bestialità.<br />
Tutto si tiene. Se a sinistra mettiamo in crisi il concetto<br />
centrale del sostegno al più debole, diventando di fatto di<br />
destra per difendere il totem del<strong>la</strong> libertà individuale e dei<br />
falsi diritti che ne derivano, allora si capisce come si<br />
smetta di difendere il bambino senza voce che ha diritto a<br />
nascere molto di più di quanto <strong>la</strong> donna abbia il diritto di<br />
abortirlo, l'anziano e il ma<strong>la</strong>to grave che ha bisogno di<br />
assistenza e non di sentirsi un peso per <strong>la</strong> società e <strong>la</strong><br />
famiglia da eliminare con una "dolce" morte di Stato, <strong>la</strong><br />
famiglia che fa fatica a portare avanti <strong>la</strong> carretta<br />
dell'educazione e del<strong>la</strong> crescita dei figli, sostenendo<br />
magari in casa altre persone non autosufficienti.<br />
La sinistra che attacca e vuole cancel<strong>la</strong>re <strong>la</strong> figura chiave<br />
del<strong>la</strong> madre, sostituendo i concetti decisivi e radicali di<br />
maternità e paternità, con una confusa "genitorialità" che si<br />
sostanzia nelle figure generiche e politicamente corrette<br />
del "genitore 1" e "genitore 2", fa venire davvero in mente
<strong>la</strong> notte di Hegel, quel<strong>la</strong> in cui tutte le vacche sono nere. In<br />
assenza di identità, si vuole far finire tutto nell'indistinto.<br />
Errore culturalmente, politicamente, umanamente mortale.<br />
No. Io voglio <strong>la</strong> <strong>mamma</strong>. A conclusione di questo percorso<br />
vedo un'unica possibilità di futuro: tornare a star vicino ai<br />
soggetti più deboli di una società in crisi. Dovremmo<br />
trasformarci tutti in mamme, provare tutti verso il nostro<br />
prossimo l'immensa tenerezza che prova una <strong>mamma</strong><br />
verso il proprio figlio. E' istintiva, è inspiegabile, è<br />
inattaccabile perché è naturale. E' <strong>la</strong> tenerezza<br />
profondamente umana, di cui cresce il bisogno.<br />
Siamo ai saluti. Ringrazio prima le mie figlie, Livia e C<strong>la</strong>ra,<br />
senza le quali non avrei ovviamente potuto scrivere<br />
queste righe: non sono stato il migliore dei padri, ma sono<br />
state fortunate perché hanno avuto madri c<strong>la</strong>morosamente<br />
brave e coraggiose. Ringrazio i tanti che hanno letto le<br />
anticipazioni di questo libro sui social network, scatenando<br />
migliaia di commenti e condivisioni, in un clima non facile<br />
ma con tanta voglia di costruttività, anche di molti di coloro<br />
che non apprezzano le idee qui esposte: è stato un modo<br />
nuovo di scrivere un libro, ma sono un figlio del<strong>la</strong> rete e
non avrei saputo fare diversamente. Ringrazio i compagni<br />
e gli amici del Pd, partito al quale per <strong>la</strong> prima volta<br />
quest'anno non mi sono iscritto e che alle elezioni non ho<br />
votato, sperando che queste parole producano un qualche<br />
ravvedimento o almeno un dibattito: sono comunque <strong>la</strong><br />
mia famiglia politica, anche se ormai so che "morrò pecora<br />
nera". Ringrazio <strong>la</strong> mia Chiesa, il magistero del Beato<br />
papa Giovanni Paolo II il Grande, <strong>la</strong> finezza intellettuale di<br />
Benedetto XVI, <strong>la</strong> figura carica d'amore per il prossimo di<br />
papa Francesco, i fedeli tutti e <strong>la</strong> comunità parrocchiale<br />
romana di Santa Maria Liberatrice al Testaccio dove per<br />
sette anni ho orgogliosamente servito Messa: ho scritto<br />
queste righe non da cattolico, nul<strong>la</strong> di quel che è contenuto<br />
qui ha a che fare con una dimensione religiosa, ma è stato<br />
scritto <strong>la</strong>icamente da un <strong>la</strong>ico, peraltro p<strong>la</strong>tealmente<br />
peccatore, ma quando si par<strong>la</strong> tanto di omofobia a me non<br />
può non venire in mente <strong>la</strong> "cattolicofobia" che fa strage<br />
vera di cristiani in ogni angolo del<strong>la</strong> Terra e che rende<br />
difficile anche solo proc<strong>la</strong>mare il nome di Gesù, di cui resto<br />
un soldato anche se non mi accosto all'Eucarestia,<br />
ripetendo però dal profondo del mio cuore che "non sono<br />
degno di partecipare al<strong>la</strong> Tua mensa, ma di' soltanto una<br />
paro<strong>la</strong> e io sarò salvato". Ringrazio <strong>la</strong> mia sorellina Ielma
che mi ha fatto ragionare tanto, dal<strong>la</strong> notte tra il 5 e il 6<br />
ottobre del 1997, sul valore del<strong>la</strong> vita e sul<strong>la</strong> terrificante<br />
decisione del darsi <strong>la</strong> morte. Ringrazio Silvia, per le<br />
incomprensibili ragioni del suo amore per me e per aver<br />
accettato l'8 giugno 2013 di sposare a Las Vegas a<br />
mezzanotte un ciccione con i pantaloni del<strong>la</strong> tuta, le Nike<br />
giallo fluorescenti e in testa una paglietta dei mobsters, i<br />
mafiosi dell'epica fondazione di Sin City, mentre lei era<br />
bellissima in abito bianco, il bianco del<strong>la</strong> purezza del suo<br />
essere, del suo amare, del suo essere moglie e madre.<br />
Ringrazio il mio papà e tanto <strong>la</strong> mia <strong>mamma</strong>, come potrei<br />
non farlo al<strong>la</strong> fine di un libro così: stanno insieme da quasi<br />
cinquant'anni, invecchiano borbottando ma volendosi<br />
bene, lei ancora conserva come una reliquia <strong>la</strong> pietra con<br />
cui schiacciavo da bimbo i pinoli al parco e il piatto che<br />
decorai all'asilo con <strong>la</strong> scritta "Ti voglio bene <strong>mamma</strong>". La<br />
scritta è ancora valida. Ringrazio Pier Paolo Pasolini,<br />
esempio di vita controvento e di intellettuale libero<br />
davvero, figura cristologica del nostro tempo. Ringrazio<br />
Fabrizio De André che con <strong>la</strong> sua "Buona Novel<strong>la</strong>" mi ha<br />
aiutato a leggere meglio il Vangelo e a cantare <strong>la</strong> più bel<strong>la</strong><br />
Ave Maria. Ringrazio voi che vi siete letti tutto questo, voi<br />
che lo farete leggere ad altri, voi che avete apprezzato, voi
che non condividete nul<strong>la</strong> di quanto scritto, voi che a<br />
sinistra vi sentirete turbati o irritati. Non c'è astio, non c'è<br />
faccia feroce, non c'è compiacimento e non c'è<br />
soddisfazione. Ora mi sento, finalmente, vuoto. Che<br />
sarebbe come dire, in pace. Tutto quello che da tempo mi<br />
teneva in subbuglio l'ho riversato qui.<br />
Ora, per tutti, un sorriso.
INDICE<br />
PARTE PRIMA<br />
CONTRO I FALSI MITI DI PROGRESSO<br />
1. PREMESSA PERSONALE<br />
2. CONTRO IL MATRIMONIO OMOSESSUALE<br />
3. L’ABORTO NON E’ UN DIRITTO<br />
4. IL MITO DELL’OMOGENITORIALITA<br />
5. L’ORRORE DELL’EUTANASIA INFANTILE<br />
6. IL TRANS NON E’ “DONNA ALL’ENNESIMA POTENZA”<br />
7. SU PEDOFILIA E SESSO CON I MINORI<br />
8. L’IPOCRISIA DELLA “DOLCE” MORTE<br />
9. IN DIFESA DELLA LEGGE 40<br />
10. LA VERGOGNA DELL’AFFITTARE UTERI<br />
PARTE SECONDA<br />
DA SINISTRA
11. LA FAMIGLIA<br />
12. LA DONNA<br />
13. LA PERSONA E LA FELICITA<br />
14. I 20 PUNTI<br />
15. CONCLUSIONI ANCHE POLITICHE