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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

insopportabilmente ed irrime<strong>di</strong>abilmente oppressivo? In mancanza <strong>di</strong> se<strong>di</strong> istituzionali<br />

trasparenti in cui <strong>di</strong>scuterne e deliberarne, tali questioni, una volta sollevate, si prestano a<br />

cadere in preda <strong>di</strong> minoranze e perfino gruppuscoli estremistici, che si arrogano <strong>di</strong> decidere ed<br />

agire per conto <strong>di</strong> tutti, innescando spirali <strong>di</strong> azioni violente da una parte e dall’altra, che non<br />

riescono poi più a gestire.<br />

L’estremismo spesso si alimenta <strong>di</strong> fanatismo che può essere <strong>di</strong> carattere religioso o<br />

ideologico o moralistico (“solo la violenza può scar<strong>di</strong>nare e purificare un mondo così ingiusto”)<br />

e ignora o <strong>di</strong>sprezza quella fondamentale virtù politica, prima che morale, che è la<br />

responsabilità. Solo una salda ed equilibrata leadership politica può gestire in modo<br />

responsabile la violenza durante una guerra <strong>di</strong> liberazione o civile, e così avvenne nella<br />

Resistenza italiana e soprattutto dopo la guerra, quando Palmiro Togliatti, personaggio pur<br />

coinvolto nel regime staliniano, negò l’appoggio del Partito comunista all’ipotesi <strong>di</strong> trasformare<br />

la guerra civile in guerra socialrivoluzionaria, ciò che risparmiò all’Italia le sciagure che<br />

toccarono invece alla Grecia. Eppure nemmeno quella leadership riuscì ad evitare nel 1945 le<br />

stragi sia <strong>di</strong> ex-fascisti sia <strong>di</strong> persone comuni.<br />

Eccoci così arrivati alla zona grigia fra ricorso legittimo o illegittimo alla violenza da parte<br />

della politica. La forma estrema <strong>di</strong> quest’ultimo è il terrorismo, cioè l’impiego della violenza<br />

letale verso la popolazione civile (in senso giuri<strong>di</strong>co, i non-combattenti) del nemico, allo scopo<br />

<strong>di</strong> piegarne la volontà o <strong>di</strong>mostrarne l’impotenza accendendo la confusione e il panico, come<br />

nelle bombe esplose in Italia fra il 1969 a Milano e il 1980 alla stazione <strong>di</strong> Bologna. La<br />

<strong>di</strong>struzione delle Twin Towers a New York City l’11 settembre 2001 da parte <strong>di</strong> al-Qaeda con<br />

circa 3000 vittime ne è l’esempio più gran<strong>di</strong>oso, ed illustra insieme il caso in cui il nemico non<br />

è il ben in<strong>di</strong>viduato Altro in un conflitto fra Stati, bensì un’intera civiltà; che venne bersagliata<br />

nuovamente con i successivi attentati qae<strong>di</strong>sti a Bali, Londra e Madrid.<br />

La fenomenologia del terrorismo è larghissima e molto controversa ne è la definizione. Qui<br />

ricor<strong>di</strong>amo ancora quella che si riferisce all’assassinio esercitato contro rappresentanti dello<br />

Stato o delle organizzazioni della società civile (giornalisti, avvocati) in paesi democratici, nei<br />

quali dunque il <strong>di</strong>ssenso può esprimersi ed organizzarsi liberamente in forma politica cioè<br />

pacifica. Esso può avere riferimenti etnici (l’ETA basca), ma si fonda soprattutto su <strong>di</strong> una<br />

immagine ideologicamente deformata o pervertita della realtà, alimentata dalla rozzezza<br />

intellettuale e dall’ignoranza della complessità. I documenti teorici con le quali le Brigate rosse<br />

ed altre organizzazioni del terrorismo “rosso” italiano ed europeo negli anni 1970-80<br />

motivavano la loro violenza erano prima <strong>di</strong> tutto un colossale cumulo <strong>di</strong> i<strong>di</strong>ozie e un’offesa alla<br />

teoria marxista cui si richiamavano. Occorre poi non <strong>di</strong>menticare che per continuare ad agire<br />

sotto la controffensiva dello Stato siffatti gruppi hanno bisogno non solo <strong>di</strong> deliri ideologici, ma<br />

<strong>di</strong> assassini nati, in<strong>di</strong>vidui che danno senso alla propria vita sopprimendo quella <strong>di</strong> altri in<strong>di</strong>fesi<br />

e ignari. Occorre non fissarsi su <strong>di</strong> una veduta puramente politica del terrorismo, soprattutto <strong>di</strong><br />

quello ideologico dell’Occidente, che possa indebitamente nobilitarlo, e convocare dove<br />

occorre la psicopatologia e la criminologia. Ciò andrebbe fatto anche <strong>di</strong>nanzi agli attentatori<br />

suici<strong>di</strong> <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ce islamista, dei quali l’interpretazione estremistica del Corano (la ricerca del<br />

martirio) non basta a spiegare la <strong>di</strong>sponibilità all’auto<strong>di</strong>struzione stragistica.<br />

Ancora più complessa è la questione del terrorismo <strong>di</strong> Stato, definizione che riserverei<br />

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