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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

20. Violenza, morte e politica<br />

Questo capitolo non introduce per lo più cose nuove, ma vuole evidenziare i punti<br />

d’intersezione che la politica ha con forze ed eventi d’importanza esistenziale per gli essere<br />

umani quali la violenza e la morte dell’in<strong>di</strong>viduo o <strong>di</strong> molti in<strong>di</strong>vidui. Nella concettualizzazione<br />

necessariamente astratta delle sue forme occorre non perder <strong>di</strong> vista che la politica può incidere<br />

in modo <strong>di</strong>retto o in<strong>di</strong>retto, ma decisivo sul destino dei singoli. Queste intersezioni hanno la<br />

loro spiegazione sistematica in tutti o quasi i capitoli <strong>di</strong> questo manuale, ma vengono qui<br />

raccolte con una veduta trasversale.<br />

Possiamo <strong>di</strong>stinguere tali incidenze della politica in base al loro operare in modo <strong>di</strong>retto o<br />

in<strong>di</strong>retto, e fra le prime <strong>di</strong>stingueremo ancora in ragione del loro carattere legittimo o<br />

illegittimo.<br />

1.Incidenza <strong>di</strong>retta della politica su morte e violenza<br />

Nel resoconto che ce ne dà il contrattualismo, la politica produce lo Stato precipuamente<br />

per salvare la vita e le membra dei citta<strong>di</strong>ni dalle conseguenze letali del prolungamento dello<br />

stato <strong>di</strong> natura. Non è dunque sul piano della sicurezza interna che la politica può uccidere,<br />

tranne che lo Stato ritenga la pena <strong>di</strong> morte non solo legittima, ma essenziale al proprio<br />

mantenimento. La morte rientra senza freni in scena al momento in cui la politica fallisce, cioè<br />

nella guerra civile.<br />

Nella modernità il luogo classico nel quale lo Stato può chiedere ai suoi citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> uccidere<br />

e <strong>di</strong> farsi uccidere è la sicurezza esterna, la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> essenziale anarchia nella quale esso si<br />

confronta con gli altri Stati. Non a caso Hegel fa <strong>di</strong> quella richiesta la <strong>di</strong>scriminante fra<br />

l’autorità amministrativa e giu<strong>di</strong>ziaria formatasi già nella società civile e il vero e proprio Stato,<br />

la cui sostanza etica (esprimere lo spirito <strong>di</strong> un popolo in quanto momento del farsi dell’Idea)<br />

soltanto può giustificare la richiesta stessa.<br />

Finora questo ricorso alla morte violenta da parte dello Stato è stato ritenuto legittimo,<br />

anche se non se n’è con<strong>di</strong>visa la misura (i morti e le rovine “in eccesso” delle guerre<br />

napoleoniche o della Grande guerra non hanno prodotto in Europa una delegittimazione <strong>di</strong><br />

principio <strong>di</strong> Stato e guerra). Ma dopo la Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale e l’introduzione dell’arma<br />

nucleare la delegittimazione invece si è messa in marcia, come in<strong>di</strong>ca il fatto che nella maggior<br />

parte degli Stati d’Europa e negli stessi USA (dopo il Vietnam) non è stato possibile mantenere<br />

la coscrizione obbligatoria. Con questo cambiamento, si noti, la funzione statuale <strong>di</strong> uccidere e<br />

farsi uccidere non è sparita, ma si è solo trasferita su <strong>di</strong> una classe <strong>di</strong> professionisti, spesso<br />

provenienti dalle classi o le regioni meno agiate, che svolgono tale funzione per vocazione al<br />

servizio dello Stato sotto le armi e/o per procacciarsi un posto <strong>di</strong> lavoro.<br />

Al secondo posto fra le incidenze legittime si trova il ricorso alla violenza letale per<br />

raggiungere la liberazione <strong>di</strong> una nazione o gruppo dall’occupazione straniera o da un regime<br />

totalitario o comunque oppressivo. Spesso questo ricorso ha per esito la creazione <strong>di</strong> un nuovo<br />

Stato, e in qualche misura questo secondo tipo si può considerare concettualmente derivante<br />

anch’esso dalla sicurezza esterna. Esso però contiene un problema specifico: chi <strong>di</strong>ce che<br />

l’autoaffermazione nazionale sia matura, o che il regime sia da abbattere perché<br />

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