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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

infliggono orribili <strong>di</strong>struzioni alla stessa parte che ne detenga <strong>di</strong> più o le detenga da più lungo<br />

tempo e possa infliggere eventualmente <strong>di</strong>struzioni maggiori all'altra parte. Anche in questo<br />

caso le <strong>di</strong>struzioni subite dalla parte che ha proporzionalmente meno danno sono <strong>di</strong>struzioni<br />

intollerabili perché aggre<strong>di</strong>scono alla ra<strong>di</strong>ce il potenziale economico, civile ed umano <strong>di</strong> un<br />

paese. Tuttavia dagli anni Cinquanta in avanti si è sviluppata, e poi per fortuna stabilizzata, la<br />

natura politica delle armi nucleari, cioè quella <strong>di</strong> essere armi <strong>di</strong> deterrenza, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuasione,<br />

capaci non <strong>di</strong> vincere la guerra, ma <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re che una guerra avvenga.<br />

Ora, fra uso politico e uso militare delle armi nucleari esistono nessi complessi:<br />

a) c'è stata un'alternanza, nella storia dell'età nucleare, fra il prevalere (nelle dottrine<br />

politiche e militari degli attori) dell'uno e dell'altro uso. Se da tempo prevale l'uso politico, ciò<br />

non è garantito per sempre: è la loro natura stessa <strong>di</strong> armi (cioè <strong>di</strong> strumenti che promettono un<br />

vantaggio <strong>di</strong> potenza) che contiene la possibilità <strong>di</strong> quella alternanza (che durante la guerra<br />

fredda è stata un'alternanza quasi ciclica).<br />

b) al fondo della dottrina dell'uso politico c'è pur sempre l'idea che, se la deterrenza fallisse,<br />

subentrerebbe l'uso bellico `punitivo' <strong>di</strong> quelle armi. E la deterrenza poteva fallire e, in un<br />

futuro riacutizzarsi del contrasto fra i vecchi (o fra i nuovi) Leviatani nucleari, potrebbe fallire.<br />

Ed è ben improbabile che possa allora verificarsi l'ipotesi, solo mentale, ma normalmente<br />

giustificabile, del bluff: che la parte attaccata <strong>di</strong>ca “abbiamo bluffato e ci è andata male, a<br />

questo punto anziché rispondervi con il nostro `secondo colpo' e finire in un `omnici<strong>di</strong>o'<br />

preferiamo arrenderci, fate <strong>di</strong> noi quel che volete pur <strong>di</strong> non scatenare una guerra nucleare”.<br />

Io con<strong>di</strong>vido dunque con molti l'idea che la deterrenza non ha risolto in maniera<br />

sod<strong>di</strong>sfacente i problemi politici e morali che l'età nucleare ci pone. Altri la pensano<br />

<strong>di</strong>versamente, pensano che la deterrenza sia definitivamente stabile, che ci garantisca per<br />

sempre; oppure pensano che se la deterrenza fallisse sarebbe una bruttissima cosa ma non così<br />

spaventosa perché ci si potrebbe risollevare da uno scontro nucleare. Si ricor<strong>di</strong> che, se è finito il<br />

bipolarismo politico, non lo è quello nucleare: alla fine, del resto non raggiunta né garantita, del<br />

processo START (Strategic Arms Reduction Talks;) USA e Russia resteranno pur sempre con<br />

3500 testate ciascuno. Alcuni pensano infine che tutti i paesi con una certa potenza economica<br />

debbano avere armi nucleari. Dopo il 1989 uno stu<strong>di</strong>oso, John Mearsheimer, scrisse un articolo<br />

per suggerire, quasi per imporre alla Germania <strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> armamenti nucleari per aumentare<br />

la stabilità dell'Europa e del mondo. Io ritengo al contrario che le armi nucleari e la deterrenza<br />

rimangano un problema vitale, anzi letale, anche dopo la fine della guerra fredda, anche dopo la<br />

fine del bipolarismo politico.<br />

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