Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia
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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />
<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />
motivata da una giusta causa; è condotta dai belligeranti con retta intenzione, cioè per<br />
raggiungere quel fine <strong>di</strong>chiarato e non uno subdolamente nascosto; è necessaria perché non vi è<br />
altro modo <strong>di</strong> risolvere le controversie, è l'ultima ratio; ed è condotta con mezzi proporzionali,<br />
anche se questo non è sullo stesso piano logico, ai fini che si vogliono raggiungere, giustificati<br />
dalle con<strong>di</strong>zioni precedenti. Questa è grosso modo la nozione che dà forma e giustificazione, e<br />
in qualche misura anche restrizione, alla guerra nei primi secoli della modernità. È una dottrina<br />
che riguarda la guerra tra gli Stati cristiani, cattolici o protestanti, non riguarda i rapporti con<br />
Stati, popoli, potenze extra-europei, né riguarda gli scontri fra gli Stati cristiani nelle colonie.<br />
Gli scontri nei territori coloniali sono al <strong>di</strong> là della amity-line, della linea <strong>di</strong> amicizia che<br />
dovrebbe reggere fondamentalmente i rapporti tra gli Stati cristiani (qui seguo C. Schmitt, Der<br />
Nomos der Erde). Questa dottrina, così come l'ho sommariamente esposta, è una dottrina che<br />
prevalentemente, salvo cioè che nell'aspetto che decreta la proporzionalità dei mezzi, determina<br />
quando e a quali con<strong>di</strong>zioni è giusto fare la guerra. È quin<strong>di</strong> una dottrina dello ius ad bellum.<br />
Fra gli Stati cristiani essa viene in realtà generalizzata e formalizzata tanto da perdere<br />
significato, perché in realtà essa viene così piegata alle esigenze <strong>di</strong> attori ciascuno sovrano e<br />
ciascuno cristiano, ciascuno cioè dotato <strong>di</strong> titoli per far guerra, che non c'è alla fine più nessuno<br />
tra questi attori che non trovi modo <strong>di</strong> muover guerra trovando comunque una giustificazione<br />
dottrinale.<br />
Pertanto la dottrina dello ius ad bellum perde interesse, anche se è interessante notare che<br />
alcuni dei suoi concetti vengono recuperati nel sistema <strong>di</strong> sicurezza collettiva, venendo però<br />
sottoposti ad altri principi (tale sistema, introdotto dapprima dalla Lega delle Nazioni, vuole<br />
fare della sicurezza legittima <strong>di</strong> ogni singolo qualcosa che viene gestito e <strong>di</strong>feso da tutti). Il<br />
principio della giusta causa si ritrova nel capo VII dello Statuto della Nazioni Unite art. 51, che<br />
è quello che prevede che se uno Stato è aggre<strong>di</strong>to ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> rispondere, <strong>di</strong> far guerra<br />
all'aggressore, e gli altri Stati suoi alleati hanno il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> appoggiare l'aggre<strong>di</strong>to contro<br />
l'aggressore, ma con il limite, dovuto al regime <strong>di</strong> sicurezza collettiva, che questo è lecito finché<br />
non intervengano i mezzi militari provvisti dall'organizzazione internazionale stessa; in quel<br />
momento le iniziative dei singoli Stati dovrebbero cessare. L'art. 51 è quello che ha permesso<br />
l'intervento degli occidentali in Corea nel 1950 e poi, più recentemente, per cacciare<br />
l'aggressore iracheno dal Kuwait nel 1991. Così come l'art. 43 attribuisce all'organizzazione<br />
delle Nazioni Unite il potere <strong>di</strong> utilizzare mezzi militari per ristabilire il <strong>di</strong>ritto internazionale<br />
infranto e ristabilire il rispetto dei fini dell'organizzazione, anche se gli strumenti (come il<br />
Comitato dei capi <strong>di</strong> stato maggiore) che sono pure previsti dal capo VII non sono stati mai<br />
creati, né tanto meno messi a <strong>di</strong>sposizione dai singoli Stati aggre<strong>di</strong>ti o minacciati.<br />
Il concetto <strong>di</strong> autorità legittima subisce un primo peculiare allargamento del periodo postcoloniale,<br />
cioè da quando alla fine degli anni Sessanta - inizio degli anni Settanta<br />
l'organizzazione delle Nazioni Unite riconosce una quasi personalità giuri<strong>di</strong>ca, e quin<strong>di</strong> un<br />
quasi <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fare guerra, ai movimenti <strong>di</strong> liberazione nazionale, che pure non sono attori<br />
statali o membri dell'O.N.U. Segnalate queste tendenze <strong>di</strong> segno cambiato nello ius ad bellum,<br />
va detto poi che l'aspetto del bellum iustum che più si sviluppa effettivamente nel Settecento ed<br />
Ottocento, e poi nel nostro secolo, è lo ius in bello, cioè l'idea <strong>di</strong> fare la guerra secondo principi<br />
giuri<strong>di</strong>ci. Il che ad alcuni può sembrare una contrad<strong>di</strong>zione in termini, ed in effetti lo è perché<br />
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