Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia
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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />
<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />
Ora, <strong>di</strong> siffatte relazioni si può parlare soltanto laddove esista un sistema internazionale,<br />
cioè un quadro entro il quale certi Stati si conoscono ed interagiscono fra <strong>di</strong> loro<br />
(eventualmente anche guerreggiando) in una misura che sia per essi rilevante. Diverso è il caso<br />
in cui il sistema si sia sviluppato in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> (almeno un ru<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>) società<br />
internazionale, entro la quale gli Stati anzitutto si riconoscono - e fanno pure altre cose che<br />
vedremo. Riconoscersi è <strong>di</strong>verso dal conoscersi, che significa sapere che l'altro Stato esiste e<br />
tenerne conto come elemento su cui basare i propri calcoli politici; riconoscere significa dare a<br />
quello Stato un certo attributo <strong>di</strong> legittima esistenza, ammettendone dunque la sovranità.<br />
Dopo la pace <strong>di</strong> Vestfalia, che nel 1648 pose fine alla Guerra dei trent'anni, ognuno degli<br />
Stati moderni europei era considerato sovrano. Gli imperatori <strong>di</strong> Cina e Giappone<br />
consideravano invece le potenze esterne o come possibili sud<strong>di</strong>ti, oppure come estranei alla<br />
propria sfera <strong>di</strong> interesse e interazione; mentre da un certo punto in avanti gli europei si misero<br />
a proiettare le loro categorie su tutto il mondo, facendole precedere o seguire da galere ed<br />
armate; quin<strong>di</strong> si posero il problema se considerare o meno gli Stati extraeuropei nel modo<br />
stesso in cui consideravano gli Stati europei, cioè ognuno come perfecta communitas<br />
superiorem non recognoscens. Tra questi attori non esiste un <strong>di</strong>ritto che li leghi assieme: lo<br />
stesso elemento essenziale del patto giuri<strong>di</strong>co e cioè la clausola “pacta sunt servanda” non vale,<br />
perché dentro ciascuno <strong>di</strong> essi, guardando verso l'esterno, vi è un principio superiore a quello<br />
“pacta sunt servanda” che è il principio “salus rei publicae suprema lex”, e quin<strong>di</strong> la sicurezza<br />
esterna dello Stato impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> riconoscere come norma suprema la fedeltà ai patti, che<br />
possono essere rotti quando si presume che la sicurezza dello Stato lo richieda perché sono<br />
cambiate le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> quadro entro cui vennero stipulati: pertanto pacta sunt servanda<br />
rebus sic stantibus. Quando gli Stati entrano in conflitto tra <strong>di</strong> loro vi possono essere negoziati,<br />
compromessi, vi possono anche essere richiami a dottrine giuri<strong>di</strong>che o a norme giuri<strong>di</strong>che, nel<br />
senso <strong>di</strong> esistenti patti e trattati; ma se l'interesse dei contendenti lo richiede, tutto questo viene<br />
spazzato via e la risoluzione del conflitto viene affidata allo scontro violento, cioè alla guerra.<br />
Se fallisce la negoziazione e la moderazione bilaterale o multilaterale, non c'è nessuno che<br />
imponga ai due o agli n contendenti una norma, un principio o anche solo un compromesso: nei<br />
rapporti internazionali c'è l'assenza del Terzo. Ci sono tante figure <strong>di</strong> Terzo nella filosofia<br />
politica; ciò che ci interessa è che manca la figura del tertius super partes, cioè <strong>di</strong> colui che ha<br />
autorità e insieme forza sufficiente per imporre una soluzione e farla rispettare imponendo<br />
sanzioni a chi non la osserva. Così stavano ed in parte stanno ancora le cose nel mondo<br />
moderno.<br />
Quello che già ho detto si può ri<strong>di</strong>re in altri termini propri della teoria politica: si può <strong>di</strong>re<br />
che tra gli Stati esista quello Stato <strong>di</strong> natura, quel bellum omnium contra omnes (non come<br />
actual fighting, <strong>di</strong>ce Hobbes, ma come known <strong>di</strong>sposition thereto), che nella raffigurazione<br />
contrattualistica descrive la con<strong>di</strong>zione degli in<strong>di</strong>vidui umani prima del patto societario. Si<br />
accetti o no la metafora dello stato <strong>di</strong> natura per descrivere questa situazione, si può certamente<br />
<strong>di</strong>re che i rapporti internazionali sono connotati dalla mancanza <strong>di</strong> un governo comune, <strong>di</strong> un<br />
potere comune. Vi può persino essere un qualche principio giuri<strong>di</strong>co che la teoria sostenga<br />
essere capace <strong>di</strong> regolarli, ma non c'è nessun potere che lo faccia rispettare. Vuol <strong>di</strong>re che in<br />
linea <strong>di</strong> principio fra gli Stati regna l'anarchia. Anarchia ha qui il significato tecnico della teoria<br />
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