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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

contemporanea nella sua costituzione materiale.<br />

Veniamo ora ad un terzo momento - per importanza è il primo - in cui democrazia e regola<br />

<strong>di</strong> maggioranza non sono coestensive. Occorre chiedersi quali sono le con<strong>di</strong>zioni preliminari<br />

senza le quali non è pensabile che la regola <strong>di</strong> maggioranza esista. Ci sono due con<strong>di</strong>zioni<br />

fondamentali: (a.) che vi sia un accordo unanime sull'accettazione della regola. Ma alle spalle<br />

dell'uso della regola <strong>di</strong> maggioranza ci deve essere (b.) qualcosa che sia un patto sociale, che<br />

non consista solo nell'accettazione della regola, ma anche nell'esclusione della sua possibile<br />

abolizione una volta conquistato il potere in base ad essa (più esattamente non sarebbe la regola<br />

a venir abolita, bensì la sua applicazione permanente e garantita). Perché sia una regola<br />

accettata e con<strong>di</strong>visa non solo una volta, ma una volta per tutte, la devo accettare sia che perda<br />

(essendo oggi in minoranza, ma con la possibilità effettiva <strong>di</strong> non esserlo più domani) sia che<br />

guadagni (essendo oggi in maggioranza, ma dovendo agire nel rischio <strong>di</strong> non esserlo più<br />

domani). Ad<strong>di</strong>rittura potremmo porre delle sanzioni su chi vuole abolirla per rendere più forte<br />

questa con<strong>di</strong>visione della regola come con<strong>di</strong>zione essenziale del suo funzionamento; delle<br />

sanzioni su chi promettesse e propagandasse con le parole o con i fatti <strong>di</strong> abolire la regola <strong>di</strong><br />

maggioranza, una volta che abbia conquistato il potere. Questo è il problema <strong>di</strong> come e quanto<br />

la democrazia, come quel regime che fondamentalmente non può fare a meno della regola <strong>di</strong><br />

maggioranza, debba <strong>di</strong>fendersi da chi la vuole abolire. Ma qui <strong>di</strong> problemi se ne apre un altro:<br />

se debba valere <strong>di</strong> più la costanza ed intangibilità delle regole, oppure un'altra cosa, che non è<br />

una regola, ma un principio fondamentale della democrazia, in quanto democrazia liberale: il<br />

principio del free speech, cioè della libertà <strong>di</strong> opinione e <strong>di</strong> manifestazione del pensiero. Da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista può essere considerato ammissibile che io <strong>di</strong>ca in democrazia che se<br />

vincerò abolirò la regola; se poi lo faccio mi tiro addosso la sanzione, ma se soltanto lo <strong>di</strong>co, se<br />

<strong>di</strong>co che è bene abolire la democrazia una volta che io abbia vinto in base alla regola <strong>di</strong><br />

maggioranza, potrei anche uscirne senza sanzioni, se ci si mette d'accordo <strong>di</strong> far prevalere il<br />

principio della libertà <strong>di</strong> opinione. Su questa cosa si è molto <strong>di</strong>scusso soprattutto negli anni<br />

Cinquanta-Settanta, per armare la rinnovata democrazia contro coloro che <strong>di</strong>cevano o parevano<br />

<strong>di</strong>re <strong>di</strong> volerla abolire; questo ha portato per esempio all'esclusione (meramente nominale nel<br />

primo caso) del partito fascista dalla politica italiana, <strong>di</strong> quello comunista dalla politica tedesca.<br />

Il problema è cruciale: se metto i <strong>di</strong>ritti fondamentali e inalienabili sotto la regola <strong>di</strong><br />

maggioranza è come se accettassi che un domani la regola <strong>di</strong> maggioranza venga abolita,<br />

insieme a cose ancor più importanti <strong>di</strong> essa. La libertà <strong>di</strong> non essere ucciso dall'autorità statale o<br />

carcerato senza processo, la libertà <strong>di</strong> opinione, <strong>di</strong> produrre e leggere la stampa che voglio, e<br />

infine <strong>di</strong> poter deliberare politicamente senza paura per i miei beni più essenziali: tutte queste<br />

cose non possono essere subor<strong>di</strong>nate alla maggioranza che <strong>di</strong> volta in volta governa un paese.<br />

Dobbiamo tutti quanti riconoscere che essi sono <strong>di</strong>ritti inviolabili <strong>di</strong> ciascuno sia come uomo o<br />

donna, cioè come essere umano, sia come membro della comunità politica e cioè citta<strong>di</strong>no:<br />

ecco - per riprendere il linguaggio della Rivoluzione francese - i <strong>di</strong>ritti inalienabili dell'uomo e<br />

del citta<strong>di</strong>no. Tutelarli non è propriamente - come si <strong>di</strong>ce nel linguaggio comune - il mestiere<br />

della democrazia, la democrazia riguardando piuttosto i rapporti <strong>di</strong> potere e quin<strong>di</strong> la<br />

partecipazione <strong>di</strong> tutti al potere, alla sua sud<strong>di</strong>visione e gestione. La dottrina dei <strong>di</strong>ritti<br />

inalienabili e fondamentali è piuttosto il prodotto, il centro focale del liberalismo. Noi siamo<br />

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