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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

Dopo aver chiarito in termini definitori che cos'è l'obbligo politico e fatto cenno, anche con<br />

il rinvio al tema della legittimità, alla tematica della sua giustificazione, vorrei adesso illustrare<br />

con un esempio eminente l'altro problema ad esso connesso, quello della sua attuazione e<br />

gestione: ammesso che l'obbligo verso un determinato regime o istituzione possa venir<br />

inizialmente fondato, per capire perché esso venga adempiuto nella vita quoti<strong>di</strong>ana e<br />

continuativa del regime o dell'istituzione è necessario in<strong>di</strong>viduare le regole (esplicite e<br />

co<strong>di</strong>ficate o meno che siano) in base alle quali l'obbligo, che i citta<strong>di</strong>ni si assumono, <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>re<br />

alle leggi si concili, o meglio si ingrani con i loro <strong>di</strong>versi e mutevoli motivi ed interessi. Pur<br />

nella <strong>di</strong>versità da quello morale, anche l'obbligo politico è sottoposto a tensioni e deve in<br />

momenti critici potersi rigiustificare: allora le regole, il modo in cui esso viene gestito non sono<br />

estranei alla sua stessa sussistenza.<br />

Il regime <strong>di</strong> cui ora parlerò è la democrazia e l'esempio è quello della regola <strong>di</strong><br />

maggioranza.<br />

22<br />

Prima bisogna sgombrare il terreno da equivoci e false credenze; una falsa credenza<br />

potrebbe essere che la regola <strong>di</strong> maggioranza è identica alla democrazia o le è coestensiva (dove<br />

c'è democrazia c'è regola <strong>di</strong> maggioranza e viceversa). È vero che dove c'è democrazia c'è<br />

regola <strong>di</strong> maggioranza, ma non è vero l'inverso.<br />

Il Gran Consiglio del Fascismo, come si vide la notte del 24 luglio del 1943, quando fu<br />

approvata la mozione presentata da Dino Gran<strong>di</strong> e altri che chiedeva il ritiro del Duce e<br />

l'armistizio, funzionava in base alla regola <strong>di</strong> maggioranza. Eppure niente vi era <strong>di</strong> più lontano<br />

dalla democrazia del regime fascista e del suo Gran Consiglio. Inoltre in un'assemblea <strong>di</strong><br />

condominio si vota a maggioranza, ma nulla è più lontano dalla democrazia <strong>di</strong> un assemblea <strong>di</strong><br />

condominio perché, non solo per ragioni culturali, vi manca l'uguaglianza, un carattere<br />

essenziale della democrazia in cui vige `one man one vote', mentre invece nelle assemblee <strong>di</strong><br />

condominio si vota in base ai millesimi, cioè il caseggiato viene <strong>di</strong>viso in millesimi ed ognuno<br />

ha tanto potere elettorale quanti millesimi egli detiene in quanto proprietario.<br />

La regola <strong>di</strong> maggioranza ha dunque un'estensione <strong>di</strong>versa e più larga della democrazia,<br />

tanto è vero che si adotta in consessi tutt'altro che democratici o perché sono a-democratici, tipo<br />

l'assemblea <strong>di</strong> condominio, o perché sono anti-democratici. Peraltro la stessa affermazione<br />

“dovunque c'è democrazia c'è regola <strong>di</strong> maggioranza” è vera e non è vera, a seconda dei livelli<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso: è vera nel senso della nostra convinzione basilare che un'assemblea politica<br />

democratica, o costituente o legislativa, così come un corpo elettorale sovrano, se vogliono<br />

mantenersi democratici, devono votare secondo la regola <strong>di</strong> maggioranza. Qui si assume, ai fini<br />

della giustificazione e del funzionamento del sistema democratico, che in ogni momento ogni<br />

22<br />

Faccio stretto riferimento ad un testo <strong>di</strong> Bobbio, La regola <strong>di</strong> maggioranza: limiti ed aporie,<br />

contenuto nel volume <strong>di</strong> Bobbio et al., (et alii non è la <strong>di</strong>citura usata nella bibliografia italiana,<br />

la usano piuttosto gli americani e gli inglesi; ma non si vede perché non la dovremmo usare noi,<br />

dato che è latina, e soprattutto che è cento volte meglio della <strong>di</strong>citura orribile `autori<br />

vari' (AA.VV.), che io invito a non usare mai essendo del tutto insensata, perché nessun signor<br />

AA.VV. ha mai preso in mano una penna o battuto su <strong>di</strong> una tastiera, e tanto meno partorito<br />

idee da mettere per iscritto), Democrazia, maggioranza e minoranze, Bologna, Il Mulino, 1981.<br />

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