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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

Hedley Bull, The Anarchical Society, New York 1977, che non con<strong>di</strong>vido del tutto, ma che è un<br />

grande libro, <strong>di</strong> recente tradotto finalmente in italiano dall’e<strong>di</strong>trice Vita e Pensiero. L'altro<br />

autore al quale mi appoggio è un collega prima <strong>di</strong> Harvard e ora <strong>di</strong> Princeton University, Robert<br />

Keohane, soprattutto per International Institutions and State Power, Boulder 1989.)<br />

Gli scopi principali che un or<strong>di</strong>ne politico promuove sono la preservazione della vita, il<br />

contenimento della violenza, l'osservanza dei patti, e, ad un livello evolutivo superiore, la<br />

garanzia della proprietà e la garanzia <strong>di</strong> un benessere minimo. Non si tratta <strong>di</strong> un coerente e<br />

consapevole finalismo: è piuttosto come se gli in<strong>di</strong>vidui umani, od anche - in misura e forme<br />

<strong>di</strong>verse - gli Stati agissero sempre con piena coscienza <strong>di</strong> quello che fanno e <strong>di</strong> dove vogliono<br />

arrivare, è come se per conseguire questi scopi gli in<strong>di</strong>vidui si accordassero per instaurare un<br />

or<strong>di</strong>ne, come se l'or<strong>di</strong>ne fosse funzionale, interno al complesso <strong>di</strong> scopi che sono, anche per una<br />

concezione non teleologica della politica, gli scopi immanenti ad ogni consociazione politica.<br />

Non c'interessa qui sapere quanto questa finzione del `come se' sia <strong>di</strong>stante dalla realtà, e<br />

quanto l'or<strong>di</strong>ne non sia piuttosto il risultato cieco ed inconsapevole, o magari<br />

controintenzionale, <strong>di</strong> azioni umane che non sono ad esso rivolte. Si può fare filosofia politica<br />

anche senza risolvere questa questione <strong>di</strong> filosofia della storia; del resto è probabile trattarsi <strong>di</strong><br />

un cospirare <strong>di</strong> azioni finalizzate all'or<strong>di</strong>ne con altre estranee a questa intenzione. È invece<br />

giusto sottolineare che, essendo il finalismo proprio dell'agire umano, non c'è da meravigliarsi<br />

che esso si ritrovi anche nell'agire politico e nei suoi prodotti, pur avendo noi escluso la finalità<br />

dalla nostra definizione della politica. Questa esclusione riguardava ogni fine storicamente<br />

concreto, pertinente ad una particolare concezione o pratica della politica, assumere il quale<br />

nella definizione avrebbe reso questa non abbastanza estensiva. Gli scopi dei quali parliamo a<br />

proposito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne sono un minimo comun denominatore, qualcosa che ogni politica,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dai suoi contenuti e visioni, non può in qualche modo(è una rilevazione<br />

fattuale, non una prescrizione) non perseguire.<br />

Qualcuno va più in là e <strong>di</strong>ce che lo scopo fondamentale della politica è quello <strong>di</strong> produrre la<br />

pace. Questa è la tesi - antischmittiana - <strong>di</strong> uno scienziato politico tedesco della generazione fra<br />

Weimar e Bonn, Dolf Sternberger. È un rappresentante della teoria politica liberale tedesca nel<br />

senso conservatore, non certo un uomo <strong>di</strong> sinistra. Non possiamo <strong>di</strong>scutere qui la proposta <strong>di</strong><br />

Sternberger, ma possiamo reinterpretarla osservando che ogni potere, in quanto potenza<br />

superiore che <strong>di</strong>stribuisce a suo modo le risorse e in quanto monopolio della violenza, tende per<br />

corollario a ridurre la frequenza dei conflitti e a renderli meno cruenti, imponendo una certa<br />

regola che viene almeno per un certo tempo osservata.<br />

Il concetto <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne fin qui esposto esprime alcune caratteristiche <strong>di</strong> base dell'associazione<br />

politica, quali risultano ad un osservatore che ne osservi le regolarità. Si parla a suo proposito<br />

anche <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne minimo. La sua importanza per la convivenza politica è che esso stabilizza le<br />

attese degli attori, riducendo l'incertezza su vita e beni propri, della propria comunità ed anche<br />

dei propri <strong>di</strong>scendenti. Questo risultato può essere in qualche misura già conseguito con la mera<br />

regolarità dell'accadere in quanto cospirante a quegli scopi. In questo senso or<strong>di</strong>ne - si <strong>di</strong>ceva -<br />

non è dunque contrapposto ad anarchia, bensì ad irregolarità, caos. Più concretamente è vero<br />

che, perché quegli scopi vengano consistentemente raggiunti, è necessaria per lo più la presenza<br />

<strong>di</strong> un qualche potere comune riconosciuto. In ogni caso l'or<strong>di</strong>ne (minimo) attinge, per<br />

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