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Furio Cerutti - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Furio</strong> <strong>Cerutti</strong><br />

<strong>Filosofia</strong> politica. Un'introduzione<br />

e della cura della salute ha imposto non solo un ripensamento del significato e delle<br />

implicazioni filosofiche dell’inizio della vita umana in<strong>di</strong>viduale, ma ha anche indotto a<br />

ridefinire le basi stesse su cui fondare la definizione <strong>di</strong> morte degli esseri umani.<br />

Le nuove tecnologie <strong>di</strong> ‘rianimazione’ e il perfezionamento <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> supporto o <strong>di</strong><br />

sostituzione <strong>di</strong> funzioni vitali dell’organismo irreversibilmente compromesse, ma anche i<br />

progressi nell’ambito dei trapianti, hanno condotto, nel corso della seconda metà del XX<br />

secolo, ad una revisione del modo tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> caratterizzare, in ambito me<strong>di</strong>co, la fine<br />

della vita e alla ricerca <strong>di</strong> nuovi criteri per la definizione <strong>di</strong> morte dell’in<strong>di</strong>viduo umano,<br />

considerato come un organismo fornito <strong>di</strong> una sua unità, specificità e <strong>di</strong> una sua vicenda<br />

biologica con un inizio e un termine. E’ del 1968 la proposta della Commissione della<br />

Harvard Me<strong>di</strong>cal School <strong>di</strong> adottare una nuova definizione che identifica la morte dell’essere<br />

umano con la cessazione dell’attività cerebrale nel suo complesso e non più con l’arresto<br />

irreversibile e definitivo delle gran<strong>di</strong> funzioni car<strong>di</strong>o-respiratorie. Sebbene questa nuova<br />

definizione sia stata poi acquisita, sul piano legislativo, dalla maggior parte dei paesi<br />

occidentali (Italia compresa), essa lascia spazio a non poche obbiezioni ed è bene pertanto<br />

tenere <strong>di</strong>stinto il problema filosofico della definizione <strong>di</strong> morte da quello della sua<br />

definizione clinica e del suo accertamento tecnico. Lo testimonia l’ampio <strong>di</strong>battito in corso in<br />

cui si confrontano <strong>di</strong>fferenti concezioni riguardo alla natura della morte degli esseri umani: la<br />

morte come processo, piuttosto che come singolo evento, come ‘fatto’ o come ‘decisione<br />

etica’, come collegabile alla cessazione irreversibile dell’attività car<strong>di</strong>aca, o invece<br />

dell’attività cerebrale nel suo complesso, o, ancora, alla cessazione permanente della sola<br />

attività corticale, considerata da alcuni decisiva perché, col suo venire meno, viene meno la<br />

possibilità stessa <strong>di</strong> una vita propriamente umana, ossia cosciente; rimane, cioè, una vita solo<br />

vegetativa che può essere prolungata per moltissimi anni .<br />

Il problema etico centrale relativo alla morte degli esseri umani non è tuttavia, come<br />

rileva Eugenio Lecaldano (filosofo morale, <strong>di</strong> impostazione analitica, da tempo impegnato nel<br />

<strong>di</strong>battito bioetico), quello <strong>di</strong> decidere se essi siano vivi o morti, ma piuttosto <strong>di</strong> chiederci se<br />

siamo legittimati a fare azioni che comportino, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente, la morte <strong>di</strong><br />

qualcuno (noi stessi o altri), o la sua agevolazione e, segnatamente, quali sono i casi <strong>di</strong> morte<br />

che chiamano in causa giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> illiceità morale. Ed è proprio il progressivo avanzare della<br />

me<strong>di</strong>cina tecnico-scientifica sul terreno della fine della vita a rendere urgente e lacerante la<br />

<strong>di</strong>scussione pubblica sulla possibilità o meno <strong>di</strong> riconoscere un <strong>di</strong>ritto morale a morire, che la<br />

morale tra<strong>di</strong>zionale non ha mai ammesso e che, se riconosciuto, dovrebbe portare a una<br />

revisione delle nostre leggi (come in alcuni paesi europei è già avvenuto; emblematico è il<br />

caso dell’Olanda che ha mo<strong>di</strong>ficato il suo co<strong>di</strong>ce penale per rendere legale, in determinate<br />

situazioni, sia l’eutanasia che il suici<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>calmente assistito).<br />

In <strong>di</strong>scussione, nel nuovo orizzonte aperto dall’età della tecnica, non è più solo se uno<br />

Stato possa imporre la morte per un fine altro da sé, ma se possa imporre autoritativamente la<br />

vita.<br />

Intorno a questo interrogativo centrale si articolano poi una serie <strong>di</strong> interrogativi più<br />

specifici: sulla liceità o meno <strong>di</strong> interrompere i trattamenti che tengono in vita pazienti in<br />

coma vegetativo permanente, <strong>di</strong> considerare come vincolanti per la pratica me<strong>di</strong>ca le c.d.<br />

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