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BILANCIO 2012 - Banca Passadore

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RELAZIONE<br />

DEGLI AMMINISTRATORI<br />

SULLA GESTIONE<br />

IL QUADRO ECONOMICO GENERALE<br />

Il <strong>2012</strong> è stato ancora una volta un anno particolarmente complesso. In un contesto mondiale<br />

che, seppur in evidente rallentamento, ha mostrato una crescita globale ancora positiva, con ridotte<br />

pressioni inflative, sono state sensibili le divergenze fra le diverse aree economiche.<br />

Negli Stati Uniti il PIL si è incrementato del 2,2% (contro l’1,8% del 2011), pur in un contesto<br />

di ripresa occupazionale ancora insoddisfacente. L’area euro, pur con notevoli differenze interne,<br />

ha evidenziato un deciso rallentamento (-0,6% contro +1,4%) in presenza, ad eccezione della<br />

Germania, di un livello di disoccupazione molto elevato (all’11,4% contro il 10,2% dell’anno precedente).<br />

La stessa Germania, dopo la brillante performance del 2011 (+3% la crescita del PIL) si<br />

è attestata, con una dinamica in deciso rallentamento nell’ultimo trimestre dell’anno, ad un più<br />

modesto +0,7%. In Italia, la crisi economica si è ulteriormente aggravata: il PIL è calato del 2,4%<br />

(rispetto al +0,4% del 2011) con un tasso di disoccupazione in sensibile aumento (al 10,6%<br />

dall’8,4%). Per i mercati emergenti, il <strong>2012</strong> è stato, in generale, un anno di rallentamento nei tassi<br />

di crescita (il PIL cinese è cresciuto del 7,8% dopo il +9,3% dell’anno passato), ma di positivo raffreddamento<br />

delle spinte inflazionistiche innescatesi in precedenza.<br />

Sullo sfondo di tale quadro macroeconomico, negli Stati Uniti, la <strong>Banca</strong> Centrale ha ribadito la<br />

prosecuzione di una politica monetaria ultra-espansiva che prevede la creazione ad oltranza di base<br />

monetaria fino al raggiungimento di precisi target macroeconomici ed il tasso di riferimento è<br />

stato mantenuto durante tutto l’anno al suo livello minimo.<br />

L’eurozona è senza dubbio l’area che ha evidenziato le criticità più elevate. Le note problematiche<br />

riguardo al difficile e troppo lento processo di integrazione si sono ulteriormente aggravate a fronte<br />

dell’intensificarsi della recessione economica e del contestuale sensibile peggioramento dei conti<br />

pubblici dei cosiddetti paesi “periferici”. Le tensioni accumulatesi, al massimo livello nel caso della<br />

Grecia, non hanno trovato tempestive risposte negli organi istituzionali dell’Unione Europea,<br />

mettendone in risalto le debolezze di “governance” e le discordanti posizioni politiche a livello<br />

nazionale. È apparsa ancora più tangibile la contrapposizione, negli andamenti macroeconomici<br />

e di finanza pubblica, fra paesi virtuosi e paesi in difficoltà.<br />

La notevole presenza di Titoli di Stato nei portafogli delle banche ha inoltre ulteriormente accentuato<br />

la correlazione inversa già elevata fra l’andamento degli spread e la qualità degli attivi bancari.<br />

Solo quando il rischio di default sovrani e di frattura del sistema monetario europeo è divenuto<br />

drammaticamente concreto si è finalmente registrata una reazione più coesa ed efficace nell’azione<br />

politica comunitaria (con iniziative mirate quali ad esempio la creazione del fondo “salva-stati”) e<br />

soprattutto è intervenuta con determinazione la <strong>Banca</strong> Centrale Europea, con l’annuncio della<br />

disponibilità all’acquisto illimitato di titoli di Stato, previo l’obbligo, per gli eventuali richiedenti,<br />

di sottostare a rigorose condizioni vincolanti. L’ annuncio di tale programma di acquisti si è rivelato<br />

un argine decisivo per la tenuta complessiva della moneta unica e per un generale ritorno di fiducia<br />

sulla capacità e volontà dell’Unione Europea di compensare le forze centrifughe con un’azione<br />

politica più determinata e meno dilatoria. La <strong>Banca</strong> Centrale Europea ha inoltre diminuito il suo<br />

tasso di rifinanziamento principale portandolo, a luglio <strong>2012</strong>, allo 0,75% dall’1%, per poi lasciar-<br />

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