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1 dossier ARREDO 2 3 4 6 5 7 Photo by Tom Vack, Milan 10 9 8 1. Lampadario in vetro firmato Visionnaire. 2. Sistema living MyWorld, design Philippe Starck per Cassina. 3. Lampada Stick di Matali Crasset per Fabbian Illuminazione che utilizza un modulo di legno per domare la luce con ombre e grafismi. 4. Booken, la libreria disegnata dallo studio Raw Edges per Lema: una volta riempita di libri diventa un piano d’appoggio. 5. Knot di Ingo Maurer. 6. Libreria Division, progettata da Design Lab per Calligaris. Realizzata in mdf laccato opaco bianco, si possono inserire dei contenitori in 4 varianti di colore. 7. Le sedute imbottite della nuova collezione Les Nècessaires d’Hermès sono in legno, pelle e tessuto. 8. Sala, la sedia di Marni prodotta in Colombia da ex detenuti per il progetto charity “100 sedie”. 9. Seduta monoblocco a conchiglia, Nautil è il progetto di Cédric Ragot per Roche Bobois. 10. Heel, la sedia disegnata da Nendo per Moroso. 7 maggio 2013 pambianco magazine 59
cover interview felice limosani, L’ARTE DI UN UOMO “NORMALE” di Simona Peverelli Il dj che diventò storyteller Se gli chiedete che mestiere fa, non riuscirà a spiegarlo in poche parole. Felice Limosani dà forma a un’idea, a un luogo, o allo stile di un brand ogni volta con un linguaggio diverso, dalle installazioni ai video, passando per la grafica. 46 anni, foggiano di nascita e fiorentino d’adozione, Limosani ha lavorato per molti musei, come il Louvre di Parigi e la Whitechapel Gallery di Londra, e per alcuni marchi di moda, tra i quali Salvatore Ferragamo e Tod’s. L’ultima cosa che ha fatto? Illuminare la notte bianca di Firenze. Il sociologo Francesco Morace l’ha definita ‘digital storyteller’. Considerando che lo storytelling è nato negli anni Cinquanta, che cosa vuol dire oggi fare questo lavoro? Di fatto nasce come tecnica di persuasione politica e industriale, uno strumento adottato dalla stampa propagandistica in particolare, che pescava anche concetti torbidi. Ma nella mia vita, considerato anche il mio passato da deejay, ho imparato che in tutte le cose esistono due risvolti, come il lato A e B dei dischi. L’ho capito fin da ragazzino, quando negli anni 80-90 suonavo disco e house music nei club più importanti di Europa, da Parigi a Formentera. Così la propaganda può diventare un racconto. Negli anni della disco music, faceva il disc jockey. Oggi racconta storie. Autodidatta, ha collaborato con musei di tutto il mondo e piace ai brand di moda. E come è passato dalla musica all’arte visiva? Alla fine degli anni Novanta mi sono fatto affascinare dalla New economy, alla base della quale esiste il concetto per cui se a qualcuno viene un’idea c’è qualcun’altro che la sostiene e la finanzia. Io ho lavorato a una start up con il sostegno di un fondo di investimenti americano con sede a Milano. Con loro ho ideato i primi servizi interattivi per cellulari, la parte ludica ed emozionale, insomma. Ho inventato un gioco per la Nokia, per esempio. Dopo questa esperienza, però, ho capito che la parte emozionale mi interessava di più, cioè la componente narrativa tra persona e marchio, e non tra il prodotto e il consumatore. 60 pambianco magazine 7 maggio 2013
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cover interview<br />
felice limosani, L’ARTE DI UN UOMO “NORMALE”<br />
di Simona Peverelli<br />
Il dj che diventò<br />
storyteller<br />
Se gli chiedete che mestiere<br />
fa, non riuscirà a spiegarlo in<br />
poche parole. Felice Limosani<br />
dà forma a un’idea, a un<br />
luogo, o allo stile di un brand<br />
ogni volta con un linguaggio diverso, dalle<br />
installazioni ai video, passando per la grafica.<br />
46 anni, foggiano di nascita e fiorentino<br />
d’adozione, Limosani ha lavorato<br />
per molti musei, come il Louvre di Parigi<br />
e la Whitechapel Gallery di Londra, e<br />
per alcuni marchi di moda, tra i quali<br />
Salvatore Ferragamo e Tod’s. L’ultima cosa<br />
che ha fatto? Illuminare la notte bianca di<br />
Firenze.<br />
Il sociologo Francesco Morace l’ha definita<br />
‘digital storyteller’. Considerando<br />
che lo storytelling è nato negli anni<br />
Cinquanta, che cosa vuol dire oggi fare<br />
questo lavoro?<br />
Di fatto nasce come tecnica di persuasione<br />
politica e industriale, uno strumento<br />
adottato dalla stampa propagandistica in<br />
particolare, che pescava anche concetti<br />
torbidi. Ma nella mia vita, considerato<br />
anche il mio passato da deejay, ho imparato<br />
che in tutte le cose esistono due<br />
risvolti, come il lato A e B dei dischi. L’ho<br />
capito fin da ragazzino, quando negli anni<br />
80-90 suonavo disco e house music nei<br />
club più importanti di Europa, da Parigi<br />
a Formentera. Così la propaganda può<br />
diventare un racconto.<br />
Negli anni della disco music, faceva il disc jockey.<br />
Oggi racconta storie. Autodidatta, ha collaborato<br />
con musei di tutto il mondo e piace ai brand di moda.<br />
E come è passato dalla musica all’arte<br />
visiva?<br />
Alla fine degli anni Novanta mi sono fatto<br />
affascinare dalla New economy, alla base<br />
della quale esiste il concetto per cui se a<br />
qualcuno viene un’idea c’è qualcun’altro<br />
che la sostiene e la finanzia. Io ho lavorato<br />
a una start up con il sostegno di un<br />
fondo di investimenti americano con sede<br />
a Milano. Con loro ho ideato i primi servizi<br />
interattivi per cellulari, la parte ludica<br />
ed emozionale, insomma. Ho inventato<br />
un gioco per la Nokia, per esempio. Dopo<br />
questa esperienza, però, ho capito che la<br />
parte emozionale mi interessava di più,<br />
cioè la componente narrativa tra persona<br />
e marchio, e non tra il prodotto e il consumatore.<br />
60 pambianco magazine 7 maggio 2013