17.04.2014 Views

1 - Club Alpino Italiano – Comitato Scientifico Veneto Friulano ...

1 - Club Alpino Italiano – Comitato Scientifico Veneto Friulano ...

1 - Club Alpino Italiano – Comitato Scientifico Veneto Friulano ...

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Marasso (Ph R.Z.)<br />

Tritone (Ph M.P.)<br />

Colubro liscio (M.Z.)<br />

L’Universo non è stato fatto per l’uomo più che per l’aquila o per il lupo:<br />

ogni cosa fu creata non nell’interesse di qualche altra cosa,<br />

ma per contribuire all’armonia del tutto, affinché il mondo potesse risultare<br />

assolutamente perfetto.<br />

Celso<br />

Rana temporaria (Ph D.B.)<br />

Natrice (Ph Dileo)<br />

Rospo (Ph M.P.)


GIUGNO


Vipera aspis (Ph Stefano D’Alterio)<br />

Timida cacciatrice di<br />

arvicole, popola gli incubi<br />

dell’uomo come portatrice<br />

di morte e paga un pesante<br />

tributo alla sua ignoranza.<br />

(M.Z.)<br />

Ph Massimo Zulli


La vipera, per le popolazioni<br />

montane, è il serpente<br />

per antonomasia,<br />

il protagonista di fole<br />

antiche e moderne fantasie,<br />

oggetto di terrore e odio.<br />

Attilio Boccazzi Varotto<br />

(Lo stambecco, il lupo,<br />

l’orso e…)<br />

L<br />

a vipera comune è una specie caratterizzata da una notevole<br />

variabilità individuale e geografica per quanto riguarda colorazione,<br />

ornamentazione e altri caratteri morfologici. Diffusa<br />

nell’Europa centro-occidentale, il suo areale comprende la Spagna<br />

Nord-occidentale (Pirenei), buona parte della Francia ad<br />

esclusione delle regioni più settentrionali, la Germania Sud-occidentale,<br />

buona parte dell’arco alpino e la penisola italiana. Tradizionalmente<br />

si distinguono 5 sottospecie, delle quali 3<br />

presenti in Italia. Vipera aspis francisciredi (Laurenti, 1768) è<br />

diffusa dalle Prealpi centrali e orientali a Sud lungo la penisola<br />

italiana fino all’Appennino campano e nell’isola d’Elba. Vipera<br />

aspis atra (Meisner, 1820), è presente nell’area alpina occidentale.<br />

Vipera aspis hugyi (Schinz, 1833) è diffusa in Italia meridionale,<br />

Sicilia e Isola di Montecristo.<br />

disegno di Luca Corradi<br />

Rapporti con l’uomo<br />

È difficile trovare, nella nostra cultura, altri animali così temuti<br />

e odiati al tempo stesso come le vipere e più in generale tutti<br />

i serpenti. Certamente il timore nei confronti delle vipere è giustamente<br />

motivato dal<br />

loro morso velenoso.<br />

LA VIPERA COMUNE<br />

OVVERO: CHI FA PIÙ PAURA?<br />

LA VIPERA REALE O QUELLA<br />

DELL’IMMAGINARIO?<br />

Tuttavia anche i serpenti<br />

più innocui sono<br />

in genere considerati<br />

animali per lo meno inquietanti,<br />

da evitare nel<br />

migliore dei casi, se<br />

non da sopprimere<br />

anche quando si aggirano<br />

ben lontani dalle<br />

abitazioni o da altri luoghi<br />

normalmente frequentati<br />

dalle persone.<br />

Questa accezione negativa<br />

delle vipere e in<br />

generale di tutti i serpenti<br />

non è certamente<br />

comune a tutte<br />

le culture e a tutte le<br />

epoche. Il serpente è<br />

una figura dal significato<br />

polivalente, presente<br />

in tutte le<br />

culture, protagonista di<br />

miti e leggende. È simbolo<br />

della conoscenza;<br />

in molti casi rappresenta<br />

al tempo stesso il mondo degli inferi, per la sua abitudine<br />

a nascondersi in cavità e anfratti del terreno, ma anche il<br />

suo contrario per la capacità di rigenerarsi attraverso la muta. In


Ph Roberto Zanette<br />

questo modo rimanda al tempo stesso alla vita e alla morte e<br />

al ciclo continuo della vita. Per talune popolazione è (o è stato)<br />

simbolo propiziatore e di fertilità. Presso gli antichi Greci e Romani<br />

era accostato alla medicina, in particolare era legato a<br />

Esculapio, dio della medicina. L’ambivalenza del serpente, presente<br />

anche nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, è venuta<br />

meno nella religione cristiana che, soprattutto a partire dal Medioevo,<br />

ne ha enfatizzato il lato negativo e malefico, associandolo<br />

anche alla lussuria e alla donna (quest’ultima in molte<br />

culture ha di per sé una valenza negativa...). Tuttavia anche in<br />

Europa esistono ancora testimonianze degli antichi culti di adorazione<br />

dei serpenti. Cocullo, un paese abruzzese, è noto perché<br />

ogni anno nel mese di maggio la statua di S. Domenico<br />

viene portata in processione ricoperta da serpenti (soprattutto<br />

cervoni). Tale tradizione è da far risalire ad antichi riti pagani precristiani,<br />

forse legati al culto della dea Angizia, dei quali la<br />

Chiesa si è gradualmente impossessata trasformandoli in un<br />

rito legato a S. Domenico.<br />

Per quanto riguarda le vipere, la cultura popolare ha alimentato<br />

credenze che nulla hanno a che vedere con la realtà, per esempio<br />

il fatto che possano attaccarsi alle mammelle di vacche o


capre (o anche delle donne) per succhiarne il latte, fino ad arrivare<br />

alla leggenda metropolitana secondo la quale associazioni<br />

ambientaliste o enti pubblici di vario tipo effettuino “lanci” di vipere<br />

(e anche altri animali) dagli elicotteri (sembra superfluo<br />

considerare che qualsiasi animale lanciato da una certa altezza<br />

si sfracellerebbe al suolo).<br />

L’unica cosa che dobbiamo veramente temere è il morso velenoso<br />

delle vipere nostrane, la cui pericolosità dipende sia dalla<br />

potenza del veleno che dalla quantità che viene inoculata. Fra<br />

le vipere presenti in Italia la più pericolosa è la Vipera dal corno,<br />

seguita dalla Vipera comune e dal Marasso, mentre la Vipera<br />

dell’Orsini è la più innocua sia per la bassa potenza del suo veleno<br />

che per la piccola quantità che è in grado di inoculare. Di<br />

solito il morso di una vipera non è in grado di provocare la morte<br />

di una persona sana adulta, in quanto viene iniettata una quantità<br />

minima di veleno (corrono maggiori rischi i bambini in<br />

quanto il loro peso è minore). Non va comunque sottovalutato:<br />

il veleno delle vipere può causare all’uomo, oltre a dolore intenso<br />

e gonfiore, effetti sul sangue, sull’apparato cardiaco e respiratorio<br />

e, nel caso del Marasso, effetti tossici per il sistema<br />

nervoso. In caso di morso di vipera è importante mantenere la<br />

calma, se possibile applicare una fasciatura stretta (ma non così<br />

stretta da bloccare la circolazione<br />

del sangue) e recarsi<br />

quanto prima nell’ospedale<br />

più vicino; sono da evitare i<br />

rimedi della tradizione quali<br />

procurarsi un taglio in corrispondenza<br />

del morso, succhiare<br />

il sangue, applicare<br />

un laccio emostatico, bere<br />

alcolici o disinfettare con alcool.<br />

Nel passato, in molti<br />

casi le morti sono state provocate non dal veleno ma da shock<br />

anafilattico provocato dal siero antivipera (che per fortuna ora<br />

non è più in vendita nelle farmacie). Ovviamente sarebbe molto<br />

meglio cercare di ridurre il rischio di essere morsi adottando<br />

delle elementari norme di prudenza: oltre a indossare un abbigliamento<br />

adeguato, è bene fare molta attenzione quando si<br />

infilano le mani fra le rocce e i cespugli. Inutile aggiungere che<br />

molestare una vipera costituisce sicuramente un comportamento<br />

a rischio… le vipere non mordono se non vengono disturbate<br />

o accidentalmente calpestate, di solito fuggono<br />

appena sentono le vibrazioni dei passi. Quindi quando si incontra<br />

un serpente è bene dargli il tempo di allontanarsi.<br />

In generale è bene ricordare che le vipere, come tutti gli animali,<br />

hanno il loro posto nella natura, vanno rispettate e va riconosciuto<br />

il ruolo ecologico che svolgono.<br />

FRANCESCA TAMI (ON - CAI MANZANO)


63. VIPERA COMUNE<br />

Nome scientifico<br />

Vipera aspis<br />

(Linnaeus, 1758)<br />

Classe Rettilii<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Viperini<br />

CARATTERISTIICHE:<br />

Dimensioni<br />

Aspetto generale<br />

Apparato del veleno<br />

Lunghezza totale: cm 50-60 in media.<br />

Tipico aspetto da vipera: corpo tozzo,<br />

coda corta e bruscamente sottile, testa<br />

triangolare con pupilla verticalmente ellittica.<br />

Le squame dorsali sono carenate,<br />

quelle del capo piccole, l’apice del muso<br />

è rivolto verso l’alto (ma è assente il<br />

corno caratteristico della Vipera dal<br />

corno). La colorazione è molto variabile.<br />

Negli individui dell’Italia settentrionale di<br />

solito il dorso è rosso mattone-grigiastro<br />

con una evidente serie di barre trasversali<br />

nere; quelli appartenenti alla sottospecie hugyi presentano un’ampia striscia<br />

dorsale ondulata di colore scuro, che può essere divisa in una serie di macchie<br />

ovali.<br />

Le ghiandole velenifere, connesse con un dotto ai denti anteriori movibili e provvisti<br />

di un canale interno, producono un veleno costituito da un complesso di molecole<br />

proteiche e da tossine. Nel caso della Vipera comune si tratta di emotossine<br />

che agiscono sull’apparato cardio-vascolare della vittima. Quando i denti veleniferi<br />

penetrano nei tessuti della preda si ha la contemporanea inoculazione del veleno.<br />

HABITAT<br />

ABITUDINI<br />

RIPRODUZIONE<br />

Relativamente termofila (infatti nelle Alpi è più diffusa a quote medio-basse), la vipera<br />

comune predilige le zone ecotonali (margini dei boschi), ma è comunque<br />

estremamente adattabile, tanto che si può trovare in disparati habitat. In generale<br />

colonizza ambienti che presentino una buona esposizione all’insolazione, con presenza<br />

di zone ombreggiate anche di limitata estensione e la presenza di nascondigli<br />

offerti da cespugli, rocce, cumuli di pietre, anfratti. Può vivere lungo i margini<br />

dei boschi con arbusti dove il substrato offre possibilità di rifugio, presso macereti,<br />

muretti a secco in pascoli o prati, in radure ampie e soleggiate. Nella Pianura<br />

Padano-Veneta è di solito localizzata in corrispondenza dei boschi planiziali e delle<br />

torbiere meglio conservate, in quanto non è in grado di adattarsi agli ambienti<br />

agrari semplificati. Nelle zone costiere colonizza sistemi di siepi e le aree cespugliose,<br />

le zone retrodunali incolte con arbusti, le radure e i margini dei boschi litoranei.<br />

La vipera comune, tendenzialmente termofila, presenta una distribuzione per lo<br />

più complementare rispetto al marasso (specie microterma); tuttavia sono note<br />

delle stazioni, in particolare sulle Alpi orientali, dove le due specie convivono.<br />

Nelle Alpi orientali spesso convive con la Vipera dal corno; in pochi siti è stata accertata<br />

la presenza di tutte e tre le specie.<br />

Nell’Italia settentrionale la vipera comune è attiva durante il giorno per lo più da<br />

marzo a ottobre, ma in genere la durata della stagione attiva si riduce con l’aumentare<br />

dell’altitudine e della latitudine. Nelle Alpi alle quote maggiori la specie<br />

di solito non termina il periodo della latenza invernale prima della seconda metà<br />

di aprile. In molte località dell’Italia centro-meridionale il periodo di attività va da<br />

metà gennaio a dicembre, e in alcune località costiere alcuni individui sono attivi<br />

tutto l’anno. Durante l’estate, di giorno le vipere tendono a ripararsi dal caldo restando<br />

nei loro nascondigli.<br />

L’accoppiamento ha luogo fra febbraio-marzo e giugno a seconda della quota.<br />

Come le altre vipere nostrane la Vipera comune è “ovovivipara”; nella tarda<br />

estate, in genere ogni due anni (ma la frequenza dei parti può essere da annuale


Ph Roberto Zanette<br />

ALIMENTAZIONE<br />

PREDATORI<br />

LONGEVITÀ<br />

Estate<br />

Inverno<br />

DISTRIBUZIONE<br />

IN ITALIA<br />

4000<br />

3000<br />

2000<br />

1000<br />

300<br />

a quadriennale), la femmina dà alla luce mediamente una decina di piccoli già in<br />

grado di condurre vita autonoma (5-6 nel caso di V. aspis hugyi, 8-9 fino a 18 per<br />

V. aspis atra e V. aspis francisciredi). Gestazione di 3-4 mesi.<br />

La vipera comune si nutre principalmente di micromammiferi (Apodemus sp.,<br />

arvicole, toporagni) e sauri, ma in alcuni ambienti planiziali anche di anfibi anuri.<br />

Fra i nemici delle vipere vi sono alcuni mammiferi, in particolare mustelidi (tasso,<br />

puzzola, faina), il cinghiale, il riccio; fra i rapaci, in particolare il biancone è specializzato<br />

nella caccia ai serpenti, ma altri uccelli sono potenzialmente pericolosi<br />

(rapaci in generale, corvidi, aironi, cicogne). Altri serpenti (il biacco, il colubro liscio)<br />

possono predare i giovani.<br />

In Francia è stato appurato che la Vipera comune può arrivare fino ai 25-26 anni<br />

di età.Ma in natura solitamente una decina d’anni.<br />

CONSERVAZIONE Nel complesso, in Italia la vipera comune non è considerata<br />

una specie a rischio. Alcune popolazioni, come quelle relitte della Pianura Padana,<br />

delle zone costiere dell’Alto Adriatico e di alcuni rilievi collinari (Monti Berici<br />

e Colli Euganei), sono però estremamente minacciate d’estinzione a causa<br />

della loro frammentazione e isolamento. In generale è probabile che diverse popolazioni<br />

di zone collinari e montuose negli ultimi decenni abbiano subito un decremento<br />

a causa dell’abbandono di prati e pascoli e del conseguente, naturale<br />

avanzare del bosco, che ha così sottratto habitat favorevoli a questa ed ad altre<br />

specie. Un pericolo è certamente costituito dalla persecuzione diretta da parte<br />

dell’uomo, basata sui pregiudizi e la mancata conoscenza del ruolo ecologico di<br />

questa ed altre specie di rettili.<br />

Ampiamente distribuita in Italia, dall’arco alpino lungo la penisola fino alla Sicilia<br />

è presente anche in alcune isole tirreniche (Elba e Montecristo). Nella Pianura<br />

Padana sono presenti popolazioni isolate. Distribuita dal livello del mare fino a<br />

2800 m di quota in Piemonte e Val d’Aosta, oltre i 2000 m in Appennino.<br />

FRANCESCA TAMI (ON - CAI MANZANO)


D I C O N O D I M E<br />

Una volta, ho attraversato strisciando un grande<br />

roveto, per arrivare a tiro di un mascalzone che<br />

stava posizionando dei lacci; a un certo punto mi<br />

sono trovato con la faccia a non più di trenta centimetri<br />

da una vipera. Lei era lì beata che si godeva<br />

una medaglia di sole che penetrava dal fitto<br />

fogliame: lei era a casa sua, ero io l’intruso. Confesso<br />

comunque che ho sudato freddo: mi sono<br />

bloccato e sono rimasto immobile, sapevo bene<br />

che un animale di quelli riesce a colpire con la<br />

velocità del fulmine, un quarantesimo di secondo,<br />

per l’esattezza. Il veleno di una vipera iniettato<br />

in una gamba, di certo non riuscirebbe ad uccidermi<br />

con la massa che mi ritrovo, di quasi cento<br />

chili, ma se mi avesse morso sul collo avrei corso<br />

seri pericoli. Non sapevo che fare, non avevo spazio<br />

per muovermi e tornare indietro senza farmi<br />

sentire...<br />

… Per fortuna mi ricordai di essere molto più<br />

grande di lei e che i rettili scappano sempre, se<br />

possono. Fuggono, soprattutto quando sentono<br />

vibrare il terreno, quindi tentai un’altra mossa.<br />

Ero completamente sdraiato a terra, a pancia<br />

sotto, piegai lentamente un ginocchio fino a<br />

quando il piede non fu bene in alto, poi lo lasciai<br />

cadere di peso sul terreno. Il colpo provocò una<br />

vibrazione che fece scappare la vipera, per fortuna...<br />

Giancarlo Ferron (Ho visto piangere gli animali)<br />

Tutti gli anni, all’inizio dell’estate, compaiono su giornali e riviste<br />

articoli illustranti il pericolo “vipera” nei quali vengono<br />

dati consigli sui soccorsi da prestarsi in caso di emergenze.<br />

Iniziative lodevoli, ma a nessuno è mai venuto in mente che<br />

con i tanti soldi spesi per una sola inutile strada di montagna,<br />

si potrebbe ripopolare di ricci un’intera vallata?<br />

Ci vogliono spiegare perché quando servono a soddisfare<br />

“strani” interessi i miliardi (ndr di lire) si trovano mentre per<br />

una elementare salvaguardia della salute, i preposti a tali compiti<br />

si trincerano sempre dietro l’alibi della mancanza di fondi?<br />

Attilio Boccazzi Varotto (Lo stambecco, il lupo, l’orso e…)<br />

Il meccanismo con il quale la vipera inietta il veleno<br />

alla sua preda è un piccolo miracolo d’idraulica.<br />

I dentini sono forati sia all’apice che alla base e,<br />

in posizione di riposo, stanno adagiati contro la<br />

volta palatale. Ad essi sono collegate le ghiandolette<br />

poste ai lati del capo, quando l’animale colpisce<br />

per paralizzare la preda o per offendere un<br />

nemico, apre le fauci, i denti si raddrizzano e le<br />

ghiandole, per pressione, fanno scorrere il veleno<br />

attraverso i denti e da questi al soggetto morsicato.<br />

Sfruttando questa dinamica, anticamente, i<br />

ciarlatani si facevano mordere di fronte a numerose<br />

e stupefatte folle di persone, per dimostrare<br />

la bontà e l’efficacia dei loro antidoti; prima di<br />

esporsi a quelle prove spettacolari avevano però<br />

cura di otturare con cera i fori dei denti velenosi.<br />

Anche la linguetta bifida e saettante, era un<br />

tempo creduta velenosa: è invece la sede del<br />

tatto.<br />

Attilio Boccazzi Varotto (Lo stambecco,<br />

il lupo, l’orso e…)<br />

Tu, Vipera Sfortunata<br />

La terra è popolata di creature<br />

fra le più svariate. Ma fra tutte<br />

lei è sicuramente la più sfortunata.<br />

Povera creatura, costretta<br />

a strisciare e a sibilare fra l’erba!<br />

Chissà che cosa può aver fatto<br />

per essere destinata a scaldarsi<br />

sotto il sole, perché impotente<br />

di fronte al suo sangue freddo!<br />

Ma la natura fa quello che può e<br />

cerca di scaldare anche le creature<br />

più piccole, più sfortunate.<br />

Ebbene, perchè se l’uomo conosce<br />

la sfortuna della povera vipera,<br />

a volte, sa strisciare e<br />

sibilare come neanche la povera<br />

vipera saprebbe, con il suo essere<br />

vipera, fare altrettanto<br />

bene!<br />

Mara (Internet)<br />

Ancora oggi circolano voci fantastiche sui salti che la vipera farebbe per colpire alla gola i disturbatori:<br />

non è assolutamente vero! Essa non può, proprio per la conformazione della spina dorsale,<br />

elevarsi per più della metà della sua lunghezza complessiva e altrettanto fantasiosa è<br />

l’opinione che salga sugli alberi.<br />

Altra leggenda surreale da sfatare, è quella che, quando sia irritata, per inseguire i disturbatori si<br />

disponga a ruota e, addentandosi la coda, proceda in discesa rotolando. È vero che la legge della<br />

gravità, in quanto universale, fa sì che la vipera proceda più spedita scendendo da declivi molto<br />

inclinati, ma la cosa finisce lì.<br />

Attilio Boccazzi Varotto (Lo stambecco, il lupo, l’orso e…)


MARTEDI<br />

MERCOLEDI<br />

GIOVEDI<br />

VENERDI<br />

SABATO<br />

DOMENICA<br />

LUNEDI<br />

MARTEDI<br />

MERCOLEDI<br />

GIOVEDI<br />

VENERDI<br />

SABATO<br />

DOMENICA<br />

LUNEDI<br />

MARTEDI<br />

MERCOLEDI<br />

GIOVEDI<br />

VENERDI<br />

SABATO<br />

DOMENICA<br />

LUNEDI<br />

MARTEDI<br />

MERCOLEDI<br />

GIOVEDI<br />

VENERDI<br />

SABATO<br />

DOMENICA<br />

LUNEDI<br />

MARTEDI<br />

MERCOLEDI<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8<br />

9<br />

10<br />

11<br />

12<br />

13<br />

14<br />

15<br />

16<br />

17<br />

18<br />

19<br />

20<br />

21<br />

22<br />

23<br />

24<br />

25<br />

26<br />

27<br />

28<br />

29<br />

30<br />

GIUGNO 2010


64. MARASSO<br />

Nome scientifico<br />

Vipera berus<br />

(Linnaeus,1758)<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Viperidi<br />

Ph Francesca Tami<br />

Caratteristiche. Adulti in media attorno ai 50 cm di lunghezza, di solito non oltre i 70 massimo 100 cm. Il<br />

corpo è tozzo, con coda corta che si restringe bruscamente; presenta apice del muso dorsalmente piatto,<br />

e di solito squame grandi sul capo; la pupilla è verticale (come nelle altre vipere e in altri serpenti). Come<br />

altre specie di vipere è caratterizzata da una notevole variabilità individuale di caratteri morfologici e cromatici<br />

(colorazione di fondo, maculazione, numero e disposizione delle squame). La colorazione può andare<br />

dal brunastro con ornamentazione dorsale a zig zag scura, al bianco perlaceo (tipico di buona parte dei maschi<br />

in amore) con ornamentazione dorsale nera che spicca sul colore di fondo. Tipica in questa specie è una<br />

particolare ornamentazione cefalica a forma di croce di Sant’Andrea sulla testa. Sono relativamente frequenti<br />

gli individui melanici, soprattutto al di sopra dei 1000 metri.<br />

Habitat e diffusione. Nell’ambito della parte meridionale dell’arco alpino il marasso è una specie montana,<br />

di solito presente fra i 600 (più spesso oltre i 1000) e i 3000 m di quota. Molto adattabile, frequenta un’ampia<br />

varietà di habitat: zone ecotonali (radure e margini di formazioni forestali di vario tipo, arbusteti), boschi<br />

radi, praterie di alta quota, macereti, torbiere e prati umidi. Negli habitat freschi il melanismo sembra garantire<br />

maggiori probabilità di successo riproduttivo. Evita le aree a pascolo intensivo e i boschi fitti. Tendenzialmente<br />

presenta una distribuzione complementare rispetto alla vipera comune, ma sull’arco alpino centrorientale la<br />

simpatia fra le due specie è cosa comune, potendo talvolta essere perfino sintopiche, come nell’Alta Val<br />

Torre. Il marasso è ampiamente<br />

diffuso nella fascia<br />

temperato-fredda dell’Eurasia,<br />

dalla Bretagna e dalla<br />

Gran Bretagna a Ovest fino<br />

all’isola di Sahalin, in Siberia<br />

a Est. In Europa a Sud si<br />

spinge fino al Massiccio<br />

Centrale in Francia, le Alpi in<br />

Italia e i monti del Pindo<br />

nella Penisola balcanica. In<br />

Italia la sua presenza è limitata<br />

all’arco alpino, anche se<br />

fino al secolo scorso era relativamente<br />

comune anche<br />

nelle zone umide della Pianura<br />

Padana. Attualmente<br />

rinvenuto anche nei litorali<br />

del Nord-Est.<br />

Lo stato di conservazione<br />

del marasso è considerato<br />

soddisfacente per buona<br />

parte delle Alpi centrali ed<br />

orientali, dove manca solo in<br />

qualche sistema montuoso più meridionale, mentre nelle Alpi occidentali e anche in Europa centrale la sua<br />

distribuzione è frammentaria e sono stati registrati regressioni e decrementi demografici.<br />

Riproduzione. Gli accoppiamenti avvengono fra aprile e giugno. Generalmente ogni due-tre anni, per lo più<br />

in agosto-settembre, la femmina partorisce in media 10-15 piccoli già in grado di condurre vita autonoma.<br />

Sono noti ibridi con la vipera dal corno e vipera comune.<br />

Verso. Sibila nel caso in cui si senta minacciato.<br />

Abitudini e alimentazione. Gli individui di marasso sono attivi principalmente fra aprile e ottobre; il letargo<br />

va da ottobre-novembre a aprile-maggio, anche se l’osservazione o il ritrovamento di individui durante i mesi<br />

invernali fa pensare che sia possibile un prolungamento della stagione d’attività o l’interruzione della quiescenza<br />

invernale. Questa specie presenta un’elevata tolleranza alle basse temperature. I marassi predano<br />

varie specie di vertebrati di piccola taglia; nell’alimentazione dei giovani sono importanti lucertole e anfibi.<br />

Curiosità. Fino al XIX secolo, nella Pianura Padano-Veneta e Friulana erano presenti delle popolazioni di marasso,<br />

differenziate da quelle montane almeno per alcuni caratteri morfologici e cromatici, appartenenti ad<br />

una sottospecie endemica (Vipera berus marasso). Tali popolazioni si sono quasi estinte probabilmente a<br />

causa delle trasformazioni dei territori di pianura in seguito alle bonifiche, disboscamenti e alla semplificazione<br />

dei territori agrari.<br />

FRANCESCA TAMI (ON - CAI MANZANO)


65. COLUBRO DI ESCULAPIO<br />

(SAETTONE COMUNE)<br />

Nome scientifico<br />

Elaphe longissima<br />

(Laurenti, 1768)<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Colubridi<br />

Caratteristiche. Il colubro di esculapio o saettone raggiunge i due metri di lunghezza ed ha una colorazione<br />

assai variabile. Il suo nome deriva dal greco Elaphos, che significa “cervo”, animale dal mantello fulvo-rossiccio.<br />

Questo colore si ritrova nella specie, ma in generale gli adulti sono color bruno-giallo-lucente, più<br />

chiaro nella parte anteriore, con molte scaglie bordate di bianco; il ventre è giallastro senza macchie. In alcuni<br />

individui il colore va dal grigio-verde al verde-oliva. Ha corpo flessuoso e robusto, testa piuttosto piccola,<br />

più chiara del corpo; occhi con pupilla rotonda ed iride grigiastra, brunastra, giallastra o biancastra.<br />

L’addome dell’adulto ha scaglie ventrali che fanno presa sulle superfici accidentate. Il dimorfismo sessuale<br />

non è molto accentuato: i maschi tendono ad essere più grandi e con coda più lunga rispetto alle femmine.<br />

Alla nascita i piccoli hanno due macchie chiare nella parte posteriore e ai lati del capo ed una evidente<br />

mascherina nera sugli occhi; i giovani hanno colorazione bruna con grandi macchie scure tondeggianti sul<br />

dorso ed un collarino giallastro alla base della testa (che li rende simili ad una Natrix natrix).<br />

La specie è predata da rapaci di grandi dimensioni (biancone), mammiferi carnivori (volpe, tasso, cinghiale)<br />

e serpenti “ofiofagi” (biacco, colubro liscio). I giovani possono cadere preda anche di ricci, gatti domestici<br />

e volatili da cortile. Il nemico principale resta comunque l’uomo.<br />

Habitat e diffusione. Vive in ambienti assolati con clima mediterraneo o continentale, sottoboschi con erbe<br />

alte o felci, cespugli o rovi, praterie o vigneti, ghiaioni,<br />

campi, rive di fiumi, ambienti rurali, discariche. Lo si<br />

può trovare arrotolato sotto rifugi che offrono una<br />

buona copertura, oppure lungo disteso nel cuore di un<br />

querceto o castagneto. Rimane spesso immobile al<br />

sopraggiungere di estranei, confidando nella sua perfetta<br />

omocromia con l’ambiente circostante.<br />

È diffuso soprattutto a bassa quota: raggiunge il limite<br />

massimo attorno ai 1800 m. È presente in Europa centrale<br />

e meridionale, dalla Spagna all’ex Unione Sovietica,<br />

e inoltre nel Nord della Turchia e nel Caucaso.<br />

Riproduzione. Quando due maschi incontrano una<br />

femmina, si affrontano in combattimento intrecciandosi<br />

vigorosamente, senza tuttavia mordersi. Gli accoppiamenti,<br />

che avvengono fra maggio e giugno,<br />

sono numerosi e possono essere effettuati dalla<br />

stessa femmina anche con più maschi contemporaneamente,<br />

formando veri e propri grovigli di serpenti.<br />

In luglio o agosto, a seconda delle condizioni climatiche, le femmine depongono da 5 a<br />

20 uova di forma oblunga, grandi circa 50x24 mm e di colore biancastro, in una buca oppure<br />

sotto radici di alberi o sassi, in mucchi di foglie, letame o altro materiale organico in<br />

decomposizione, nei muretti, in gallerie sotterranee abbandonate o in discariche. Lo stesso<br />

sito di deposizione può essere utilizzato da più femmine. I piccoli nascono dopo circa due<br />

mesi di incubazione (fine agosto–inizio settembre) e sono lunghi in media 25-30 cm.<br />

Abitudini e alimentazione. Il più agile serpente italiano, elegante nei movimenti, schivo<br />

e inoffensivo. Abbastanza mordace se disturbato dall’uomo, molla subito la presa dopo il morso, che risulta<br />

poco profondo e privo di conseguenze per l’uomo.<br />

Ama il sole, ma si ripara quando la temperatura è troppo elevata: nei periodi più caldi dell’anno tende ad essere<br />

attivo solo al crepuscolo o di notte; a volte resta immerso in acque stagnanti. La sua vita attiva inizia ai<br />

primi di marzo e termina a metà novembre: durante i mesi più freddi riposa.<br />

Buon nuotatore ed abilissimo arrampicatore sugli alberi, va a caccia di uova e nidiacei, ma anche di uccelli<br />

adulti fino alla taglia di un merlo, di roditori e piccoli vertebrati in genere. I giovani predano quasi esclusivamente<br />

lucertole o piccoli roditori. Caccia sia a fiuto, sia percorrendo attivamente le gallerie dei micromammiferi<br />

per divorarne i piccoli nel nido. Le prede vengono uccise soffocandole per costrizione.<br />

Curiosità. Il colubro di Esculapio è in grado di percorrere grandi distanze per soddisfare i propri bisogni. La<br />

credenza popolare vuole che esso sia attirato dal latte delle vacche e delle capre al pascolo, e che per procurarselo<br />

si attacchi alle mammelle degli animali.<br />

Nella mitologia greca Asclepio (Esculapio per i Romani), dio della medicina, reggeva nella mano destra un<br />

bastone con attorcigliato un serpente, simbolo di prosperità, fertilità e benessere, conoscenza e rinnovamento.<br />

DOLORES DE FELICE (ON, ANAG - CAI SEM MILANO)


GIUGNO 2010<br />

Ph Dario Gasparo<br />

MARTEDÌ<br />

S. Giustino 4,38<br />

Festa<br />

1<br />

22 . 152 - 213 20,06<br />

12<br />

MERCOLEDÌ<br />

della Rep. Italiana 4,38<br />

22. 153 - 212 20,07<br />

66. VIPERA DAL CORNO<br />

Caratteristiche. È la vipera italiana più pericolosa. Si<br />

distingue da tutte le altre per il particolare corno all’apice<br />

del muso (4-7 mm). È un rettile la cui dimensione<br />

varia dai 50 ai 70 cm; può raggiungere anche i 90<br />

cm. La corporatura è piuttosto robusta, la testa è ben<br />

distinta dal resto del corpo ed ha la tipica forma triangolare.<br />

Le femmine, che sono più grandi, hanno una<br />

colorazione dorsale di fondo bruno-giallastra, raramente<br />

rosea. Nei maschi, più piccoli, domina la colorazione<br />

grigio, bruno-verdastro, bruno-nerastro. La<br />

parte inferiore è grigiastra o rosata con punteggiatura<br />

più scura. L’occhio è relativamente grande, mentre la<br />

pupilla ellittica con sclera dorata sembrerebbe indicare<br />

che la vipera dal corno è un tipico animale dalle abitudini<br />

crepuscolari.<br />

Habitat e diffusione. È solita vivere in luoghi assolati<br />

e ricchi di anfratti; lungo pendii ghiaiosi; nelle doline;<br />

nei campi solcati; nelle lande carsiche; nei muri a secco<br />

diroccati; nelle colline rocciose ricche di arbusti, fino ai<br />

2500 metri. Si estende dall’Alto Adige, la Stiria, la Carinzia,<br />

fino alla Penisola balcanica, ellenica e all’Asia minore;<br />

dalla Siria alle regioni transcaucasiche.<br />

Riproduzione. Gli accoppiamenti avvengono tra<br />

Nome scientifico<br />

Vipera ammodytes<br />

(Linnaeus, 1758)<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Viperidi<br />

marzo e giugno. Le femmine sono recettive ogni due<br />

anni; i piccoli nascono tra la fine di agosto e la prima<br />

metà di settembre. Alla nascita misurano 15-25 cm e<br />

sono già dotati di corno e ghiandole velenifere.<br />

Abitudini e alimentazione. È attiva soprattutto nelle<br />

ore che seguono l’alba e precedono la notte e durante<br />

le calde serate estive. Durante il giorno ama termoregolarsi<br />

al sole, arrotolata su se stessa nei pressi della<br />

tana. Nelle zone montane più in quota è in letargo per<br />

gran parte dell’autunno fino a tarda primavera.<br />

Nel primo anno di vita si nutre in prevalenza di lucertole;<br />

in seguito soprattutto di topi, di talpe e di anuri.<br />

Occasionalmente si può cibare anche di uccelli (nidiacei)<br />

e piccoli anfibi.<br />

Curiosità. Il veleno, essiccato e diluito (1:10.000),<br />

viene utilizzato come componente base di molti medicamenti:<br />

unguenti decongestionanti; pomate; iniezioni<br />

contro nevralgie, reumatismi e sciatiche. È inoltre riscontrato<br />

che il veleno della vipera dal corno è usato<br />

per la preparazione di ossidasi amminoacide è può servire<br />

come mezzo diagnostico di una malattia innata nei<br />

lattanti: la fenilchetonuria.<br />

DANIELE BERARDI (ON - CAI PESCARA)<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

M M G V S D L M M G V S D L M


SS.<br />

13<br />

GIOVEDÌ<br />

Lwanga e C. 4,37<br />

22 . 154 - 211 20,07<br />

VENERDÌ<br />

S. Quirino 4,37<br />

S.<br />

14 22 . 155 - 210 20,08<br />

15<br />

SABATO<br />

Bonifacio 4,37<br />

22 . 156 - 209 20,08<br />

GIUGNO 2010<br />

Ph Giulio Compostella<br />

Corpus<br />

16<br />

DOMENICA<br />

Domini 4,36<br />

22 . 157 - 208 20,09<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30<br />

M G V S D L M M G V S D L M M


GIUGNO 2010<br />

S.<br />

17 LUNEDÌ<br />

S. Roberto 4,36<br />

23 . 158 - 207 20,09<br />

MARTEDÌ<br />

Medardo 4,35<br />

S.<br />

8<br />

23 . 159 - 206 20,10<br />

19<br />

MERCOLEDÌ<br />

Efrem Diac. 4,35<br />

23 . 160 - 205 20,10<br />

67. TRITONE ALPINO<br />

Nome scientifico<br />

Triturus alpestris<br />

(Laurenti, 1768)<br />

Classe Anfibi<br />

Ordine Urodeli (caudati)<br />

Famiglia Salamandridi<br />

Caratteristiche. Lungo dagli 8 ai 12 cm, il tritone alpino si<br />

colloca, per dimensioni, tra il più grande tritone crestato, (T.<br />

carnifex) e il più piccolo tritone punteggiato (T. vulgaris). I<br />

maschi, con la caratteristica colorazione brillante blu, arancio,<br />

nera e marrone, sono più scuri. Durante il periodo degli<br />

amori, il tritone maschio sfoggia una vistosa cresta dorsale<br />

giallastra macchiettata di nero. Le femmine sono meno appariscenti:<br />

il loro ventre è di un arancio-pallido, non presenta<br />

la caratteristica cresta dorsale del maschio, né la fascia longitudinale<br />

turchese; hanno una lunghezza di massimo 12 cm<br />

compresa la coda mentre i maschi sono generalmente più<br />

piccoli. Il peso varia dai 20 ai 30 g.<br />

Habitat e diffusione. A differenza del suo nome, il tritone alpino<br />

è molto diffuso: dalla Russia alla Francia e dalla Danimarca<br />

fino all’Italia settentrionale e alla Grecia. Il suo habitat<br />

principale è costituito da giardini, boschi, cave e torbiere,<br />

dove colonizza ogni specchio d’acqua senza pesci disponibile,<br />

dal fondovalle fino quasi ai 3000 metri di altitudine. In<br />

Italia si trovano soprattutto fra i 200 e 1600 m. Gli adulti di<br />

tritone alpino possono svernare in acqua o sulla terraferma<br />

si recano in acqua - più o meno in concomitanza con il rospo<br />

comune - a partire dal mese di marzo. Nel corso del mese di<br />

giugno i tritoni alpini adulti possono tornare alla vita terrestre:<br />

la pelle si fa via via più ruvida e idrorepellente, perdendo i<br />

suoi caratteristici colori iridescenti, e nei maschi scompare la<br />

cresta dorsale.<br />

Riproduzione. Quando è pronto per l’accoppiamento, il<br />

maschio depone un involucro seminale (spermatofora) che<br />

la femmina, avanzando, raccoglie attraverso la propria cloaca<br />

e conserva all’interno del proprio ventre in un’apposita sacca.<br />

Una femmina può raccogliere più involucri seminali dello<br />

stesso o di diversi maschi, sia in pochi giorni come anche in<br />

qualche settimana, determinando così altrettante deposizioni<br />

successive. Dopo poco meno di una settimana dalla prima<br />

inseminazione, la femmina comincia a deporre le prime<br />

uova, ancorandole saldamente alle foglie di piante subacquee.<br />

Quest’operazione può durare anche diverse settimane,<br />

al termine delle quali saranno deposte dalle 100 alle<br />

300 uova. La durata della fase di sviluppo embrionale è fortemente<br />

dipendente dalla temperatura dell’acqua: a 13°C è di<br />

circa 30 giorni mentre a 19°C dura solo 13 giorni. Al momento<br />

della schiusa delle uova, le larve sono lunghe circa<br />

11 mm, hanno coda e estremità ancora poco sviluppate e al<br />

posto degli arti presentano, ai lati della testa, due cosiddetti<br />

bilancieri di cui si servono per tenersi ancorate al fondale.<br />

Dopo alcuni giorni le larve cominciano a nutrirsi di plancton,<br />

i bilancieri si atrofizzano e crescono gli arti anteriori, più tardi<br />

seguiti da quelli posteriori. In queste prime settimane di vita,<br />

le larve sono ancora in parte trasparenti e poco distinguibili<br />

dal fondale. Verso l’inizio della stagione estiva, con il progressivo<br />

uniformarsi della pigmentazione scura della parte<br />

terminale della coda, le larve di tritone alpino possono finalmente<br />

essere distinte dalle larve di altre specie di tritone. In<br />

alta montagna, il periodo riproduttivo slitta ai mesi di giugno<br />

- agosto. Pochissime larve sopravvivono tuttavia alle rigide<br />

condizioni presenti nelle aree d’acqua in quota, che possono<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

M M G V S D L M M G V S D L M


S.<br />

10<br />

GIOVEDÌ<br />

Maurino 4,35<br />

23 . 161 - 204 20,11<br />

VENERDÌ<br />

S. Barnaba 4,35<br />

S.<br />

11 23 . 162 - 203 20,11<br />

12<br />

SABATO<br />

Onofrio 4,35<br />

23 . 163 - 202 20,11<br />

GIUGNO 2010<br />

Ph Michele Pregliasco<br />

S.<br />

13<br />

DOMENICA<br />

Antonio da Pad. 4,35<br />

23 . 164 - 201 20,12<br />

rimanere Caratteristiche. ghiacciatiLungo per molti dagli mesi. 8 ai<br />

Molte 10 cm, sopravvivono il tritone alpino invece si con colloca, successo<br />

per dimensioni, in acque sotterranee tra il più profonde grandee<br />

al riparo dal gelo. Dopo non più di 2<br />

tritone crestato, (T. carnifex) e il<br />

mesi i primi tritoni, ormai giunti ad una<br />

lunghezza più piccolo di circa tritone 45 mm, punteggiato lasciano l’acqua.<br />

vulgaris). Gli individui I maschi, che consvernano la caratte-<br />

in<br />

(T.<br />

questi ristica ambienti colorazione lasciano brillante l’acquablu,<br />

tra<br />

maggio arancio, enera giugno e marrone, dell’ annosono successivo,<br />

scuri. quando Durante hannoil raggiunto periodo i 5 -degli<br />

6 cm<br />

più<br />

di amori, grandezza. il tritone maschio sfoggia,<br />

Abitudini e alimentazione. Sono particolarmente<br />

ghiotti di uova di rana<br />

una vistosa cresta dorsale giallastra<br />

macchiettata e sonodi inoltre nero. estrema-<br />

Le fem-<br />

temporaria<br />

mente mine sono apprezzate menole appariscenti: larve di chironomidi,<br />

loro ventre le piccole è di larve undi arancio libellule, pallido, le uova<br />

il<br />

di nonaltre presenta specie dilatritoni caratteristica e i piccoli<br />

crostacei. Vengono invece disdegnate<br />

le cresta uova dorsale e larvedel di maschio, rospo. Sulla néter-<br />

raferma, fascia ilongitudinale tritoni alpini si cibano turchese; invece<br />

la<br />

di hanno coleotteri, una lunghezza mosche e lombrichi. dimassimo<br />

Curiosità. Alcune larve rimangono in<br />

12 cm. compresa la coda mentre<br />

acqua fino alla maturità sessuale.<br />

Questo i maschi fenomeno, sono generalmente chiamato neotenìa più<br />

(o piccoli. pedomorfismo), è spesso legato a<br />

un Habitat difetto edi diffusione. pigmentazione: Agli differenzaneotenici<br />

del suo presentano nome, il tritone infatti al-<br />

un<br />

individui<br />

manto pino èdi molto colorediffuso: giallastrodalla punteggiato Russia<br />

qua alla eFrancia là di piccole e dalla macchioline Danimarca nere. fino In<br />

nessun’altra specie di tritone questo<br />

all’Italia settentrionale e alla Grecia.<br />

Il suo popolazioni habitat principale hanno branchie è cos-<br />

fenomeno appare così di frequente. Alcune<br />

esterne tituito da e sono giardini, totalmente boschi, acquatiche. cave e<br />

torbiere, dove colonizza ogni<br />

specchio d’acqua DAVIDE senza BERTI pesci<br />

(ON - CAI BASSANO DEL GRAPPA)<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30<br />

M G V S D L M M G V S D L M M


GIUGNO 2010<br />

S.<br />

14 LUNEDÌ<br />

S. Eliseo 4,35<br />

24 . 165 - 200 20,12<br />

MARTEDÌ<br />

Vito 4,35<br />

S.<br />

15<br />

24 . 166 - 199 20,13<br />

16<br />

MERCOLEDÌ<br />

Aureliano 4,35<br />

24 . 167 - 198 20,13<br />

68. VIPERA DELL’ORSINI<br />

Nome scientifico<br />

Vipera ursinii<br />

(Bonaparte, 1835)<br />

Caratteristiche. È il più piccolo e inoffensivo viperide europeo.<br />

Ha il corpo tozzo, la testa stretta maggiormente arrotondata<br />

rispetto alle altre vipere italiane, muso ottusamente<br />

appuntito, ben distinto dal corpo. Le dimensioni medie raggiunte<br />

dagli adulti sono di circa 40-50 cm; le femmine tendono<br />

ad essere più grandi dei maschi. Facilmente<br />

confondibile con la vipera comune (Vipera aspis), è differenziata<br />

dalla mancanza del rialzamento della punta del muso.<br />

Ha una colorazione base grigio-bruna, a cui contrasta sul<br />

dorso una fascia longitudinale scura, spesso orlata di nero<br />

ad andamento a zig-zag.<br />

I fianchi appaiono più scuri rispetto alle regioni dorsali, con<br />

chiazze brunastre; le parti inferiori possono avere colore variabile<br />

da una tonalità nerastra, biancastra, grigio-scuro o rosato,<br />

con o senza macchiettatura.<br />

Habitat e diffusione. In Italia vive esclusivamente in ambienti<br />

montani esposti a Sud e riparati dal vento, con rocce<br />

calcaree molto fessurate, fondo terroso o erboso. fra bassi<br />

pulvini di ginepro o arbusti di astragalo, sotto il pino mugo<br />

ed uva orsina; dai 1400 ai 2400 metri al di sopra della vegetazione<br />

di alto fusto. È stata segnalata in diverse zone<br />

dell’Appennino centrale, in particolare sul Gran Sasso d’Italia<br />

e sulla Majella. Inoltre è presente nell’Europa dell’Est, in<br />

gran parte dei Balcani, in Turchia, in Iran, nel Caucaso ed in<br />

Cina.<br />

Riproduzione. Il periodo degli accoppiamenti è in primavera.<br />

Tra luglio e i primi di settembre la femmina mette alla luce da<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Viperidi<br />

3 a 8 piccoli, le cui dimensioni non superano i 18 cm. Presenta<br />

il ciclo di attività annuale più breve tra i serpenti italiani.<br />

Le femmine si riproducono una volta ogni due anni, se<br />

non addirittura ogni tre anni.<br />

Verso. Debole sibilo, non aggressivo. Negli incontri ravvicinati<br />

resta immobile o, se messa alle strette cerca di fuggire.<br />

Abitudini e alimentazione. Specie diurna e gregaria, eccetto<br />

nel periodo riproduttivo, quando la si vede in coppia o<br />

in gruppi di maschi. Durante il combattimento rituale non<br />

esita a diventare notturna uscendo al tramonto dalla sua<br />

tana. Trascorre gran parte del giorno sia in attività predatorie<br />

che in lunghi periodi di termoregolazione. Ama trattenersi<br />

nei territori aperti (prati, brughiere e steppe), occupando<br />

spesso tane di roditori, che utilizza come luoghi di svernamento.<br />

Arrotolata in prossimità delle tane rimane in agguato<br />

delle prede, costituite in prevalenza da artropodi, lucertole<br />

e piccoli roditori. Le piccole dimensioni e la scarsa potenzialità<br />

velenifera non consente a questo ofide di attaccare prede<br />

più grandi.<br />

Curiosità. È considerata in Europa uno degli ofidi più minacciati<br />

di estinzione; secondo un recente studio statistico,<br />

che esamina lo status di tutti i serpenti italiani, è la specie più<br />

a rischio della nostra penisola. Proprio perché ritenuta tale,<br />

è stata inserita in una serie di convenzioni internazionali che<br />

la tutelano: la Direttiva Europea “Habitat”, la Convenzione di<br />

Washington (CITES) e la Convenzione di Berna.<br />

DANIELE BERARDI (ON - CAI PESCARA)<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

M M G V S D L M M G V S D L M


S.<br />

17<br />

GIOVEDÌ<br />

Adolfo 4,35<br />

24 . 168 - 197 20,13<br />

VENERDÌ<br />

S. Calogero 4,35<br />

S.<br />

18 24 . 169 - 196 20,13<br />

19<br />

SABATO<br />

Romualdo 4,35<br />

24 . 170 - 195 20,13<br />

GIUGNO 2010<br />

Ph Massimo Zulli<br />

S.<br />

120<br />

DOMENICA<br />

Silverio 4,35<br />

24 . 171 - 194 20,14<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30<br />

M G V S D L M M G V S D L M M


GIUGNO 2010<br />

S.<br />

121 LUNEDÌ<br />

S. Luigi Gonzaga 4,35<br />

25 . 172 - 193 20,14<br />

MARTEDÌ<br />

Paolino da N. 4,35<br />

S.<br />

22<br />

25 . 173 - 192 20,14<br />

1<br />

23<br />

MERCOLEDÌ<br />

Giuseppe Cafas. 4,36<br />

25 . 174 - 191 20,14<br />

69. COLUBRO LISCIO<br />

Nome scientifico<br />

Coronella austriaca<br />

(Laurenti, 1768)<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Colubridi<br />

Caratteristiche. È il nostro serpente più piccolo. Assolutamente<br />

innocuo. Ha una lunghezza intorno ai<br />

35-50 cm, raramente supera i 75 cm. Si differenzia<br />

dalle bisce d’acqua e dalla vipera per via delle<br />

squame lisce, non carenate (da cui il nome). Colorazione<br />

molto variabile. La parte dorsale è bruno-grigiastra<br />

tendente talora al giallastro o rossastro, con<br />

due serie longitudinali di macchie scure di forma irregolare<br />

disposte ai lati della regione vertebrale, talvolta<br />

fuse a formare barre trasversali oppure bianche<br />

longitudinali. È caratteristica una macchia scura cuoriforme<br />

sulla nuca, così come una stria scura che unisce<br />

l’angolo della bocca all’occhio e questo alla<br />

narice. Ventre rosa-arancio nei giovani e nei subadulti,<br />

più spesso grigio tendente al nerastro negli<br />

adulti.<br />

Habitat e diffusione. Frequente nei prati fluviali e<br />

nei boschi ripari sebbene sia un serpente poco propenso<br />

ad insediarsi in habitat umidi. Si rinviene<br />

spesso nei pendii soleggiati, nelle pietraie, muri a<br />

secco e nelle zone aride con vegetazione spontanea.<br />

Si spinge fino ad otre 1800 m di quota. Specie molto<br />

comune in tutta Italia.<br />

Riproduzione. Questa avviene in primavera, a seconda<br />

delle condizioni atmosferiche: in agosto la<br />

femmina, vivipara, dà alla luce 8-15 serpentelli di 14-<br />

18 cm, ad intervalli di 30-45 minuti. I piccoli nascono<br />

avvolti da una sottile membrana che forano in pochi<br />

istanti. La prima muta si ha a dieci giorni dalla nascita,<br />

e, in questo periodo, i giovani colubri sono perfettamente<br />

autosufficienti ed in grado di cacciare. La maturità<br />

sessuale viene raggiunta al quarto anno di età.<br />

Le femmine più giovani sono le più prolifiche, e sovente<br />

si ha un secondo accoppiamento in autunno,<br />

non seguito da gestazione.<br />

Abitudini e alimentazione. Il colubro liscio conduce<br />

una vita molto riservata. Al di fuori del suo rifugio si<br />

sposta quasi unicamente al riparo delle vegetazione.<br />

I suoi movimenti sonno lenti e accorti, tanto che è<br />

difficile udirlo anche quando striscia tra foglie secche.<br />

Se disturbato rimane di norma completamente<br />

immobile, così che è quasi impossibile individuarlo.<br />

La sua dieta è basata prevalentemente di sauri, quali<br />

lucertole, giovani ramarri ed orbettini. Non disdegna<br />

tuttavia nidiacei, altri serpenti e piccoli mammiferi.<br />

Le sue ridotte dimensioni non gli consentono di attaccare<br />

grosse prede, come ratti e ramarri adulti, ma<br />

si segnalano casi di predazione su vipere. Nel cattu-<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

M M G V S D L M M G V S D L M


S.<br />

124<br />

GIOVEDÌ<br />

Giovanni Batt. 4,36<br />

25 . 175 - 190 20,14<br />

VENERDÌ<br />

S. Guglielmo 4,36<br />

S.<br />

125 25 . 176 - 189 20,14<br />

126<br />

SABATO<br />

Vigilio 4,37<br />

25 . 177 - 188 20,14<br />

GIUGNO 2010<br />

Ph Roberto Zanette<br />

S.<br />

127<br />

DOMENICA<br />

Cirillo di A. 4,37<br />

25 . 178 - 187 20,14<br />

rare la preda, il colubro liscio dapprima<br />

la addenta, poi mantenendola<br />

ben salda con i piccoli denti,<br />

si avvolge attorno ad essa e la inghiotte,<br />

senza tuttavia soffocarla.<br />

Curiosità. Spesso questo piccolo<br />

ofide viene confuso con la vipera,<br />

anche se possiede occhi piccoli<br />

con pupilla rotonda. Il letargo invernale<br />

del colubro liscio è molto<br />

lungo: cade in ibernazione in ottobre<br />

per riprendere l’attività solo in<br />

aprile. Se catturato può tentare di<br />

mordere, ma solitamente si limita<br />

a sibilare contro l’aggressore, secernendo<br />

un liquido dall’odore fetido.<br />

UGO SCORTEGAGNA<br />

(ON, AE - CAI MIRANO)<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30<br />

M G V S D L M M G V S D L M M


GIUGNO 2010<br />

S. SS.<br />

128 LUNEDÌ<br />

Ireneo 4,37<br />

26 . 179 - 186 20,14<br />

MARTEDÌ<br />

Pietro e Paolo 4,37<br />

SS.<br />

29<br />

26 . 180 - 185 20,14<br />

1<br />

30<br />

MERCOLEDÌ<br />

Protomartiri 4,38<br />

26 . 181 - 184 20,14<br />

70. SALAMANDRA NERA<br />

Nome scientifico<br />

Salamandra atra<br />

(Laurenti, 1768)<br />

Classe Anfibi<br />

Ordine Urodeli (caudati<br />

Famiglia Salamandridi<br />

Caratteristiche. Salamandra di colore interamente nerobluastro,<br />

di ridotte dimensioni (in media 8-10 cm, fino a 15<br />

cm); la sezione della coda è tondeggiante (a differenza dei tritoni<br />

che hanno sezione ellittica). In alcune popolazioni, distinte<br />

di recente a livello<br />

sottospecifico (Salamandra<br />

atra aurorae dell’altopiano di<br />

Asiago e S. atra pasubiensis<br />

del gruppo del Pasubio), gli<br />

esemplari presentano delle<br />

macchie chiare (da giallo paglierino<br />

a giallo-scuro) di forma<br />

e dimensioni molto variabili.<br />

Habitat e diffusione. Vive in<br />

vari habitat di montagna, di solito<br />

fra i 900 e 2500 m, sia forestali<br />

(peccete, faggete,<br />

abieteti) e arbustivi (mughete),<br />

sia aperti (praterie di alta<br />

quota, macereti). Necessita di<br />

condizioni microclimatiche relativamente<br />

fresche e umide. È diffusa sulle Alpi centrali e<br />

orientali e sulla catena Dinarica.<br />

Riproduzione. Gli accoppiamenti avvengono a terra, dopo<br />

l’uscita dal letargo. La salamandra nera è vivipara: le femmine,<br />

dopo 2-4 anni di gestazione, partoriscono uno o due<br />

piccoli già perfettamente formati, in grado di condurre una<br />

vita autonoma. Le femmine raggiungono la maturità sessuale<br />

a circa 3-4 anni d’età.<br />

Abitudini e alimentazione. A causa delle sue esigenze microclimatiche<br />

(è microterma e amante dell’umidità), spesso<br />

si sposta nelle ore notturne oppure<br />

quando il tempo è piovoso;<br />

Ph Gianni Frigo<br />

durante il giorno si rifugia in anfratti<br />

fra le rocce o in ripari sotto<br />

massi o tronchi a terra. Il periodo<br />

di letargo, che varia con la<br />

quota, va da ottobre-novembre<br />

fino ad aprile-maggio. Il secreto<br />

delle sue ghiandole cutanee è<br />

tossico per la maggior parte<br />

degli omeotermi. Si nutre di invertebrati<br />

(molluschi, lombrichi<br />

e artropodi).<br />

Curiosità. È l’unico anfibio europeo<br />

che si è reso del tutto indipendente<br />

dall’acqua. Nelle<br />

Alpi Cozie, fra Piemonte e Francia,<br />

è presente un interessante specie endemica, la Salamandra<br />

di Lanza (Salamandra lanzai), riconosciuta come<br />

specie a sé stante solo alla fine degli anni ’80. Anch’essa è<br />

di colore interamente nero e pertanto in apparenza molto simile<br />

alla Salamandra nera.<br />

FRANCESCA TAMI (ON - CAI MANZANO)<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

M M G V S D L M M G V S D L M


71. RANA TEMPORARIA<br />

Caratteristiche. La rana adulta presenta dimensioni mediograndi,<br />

con una lunghezza massima di 10 cm, il muso arrotondato<br />

e occhi sporgenti. La colorazione del dorso varia dal<br />

grigio al bruno-rossastro, con macchie scure, mentre la<br />

parte ventrale più chiara. Una prima distinzione tra maschi<br />

e femmine, consiste nelle dimensioni più piccole nel maschio,<br />

e nella colorazione della gola, nel maschio tendente<br />

al bluastro e nella femmina giallo-arancio con macchie<br />

rosso-brune. Durante il periodo riproduttivo il maschio presenta<br />

una colorazione molto scura e<br />

aspetto edematoso, mentre la femmina<br />

ha tinte ocra-arancio sopratutto<br />

sui fianchi.<br />

Habitat e diffusione. Presenta<br />

un’ampia diffusione dai Pirenei alla<br />

Siberia occidentale. I suoi ambienti<br />

preferiti sono zone fresche, ombrose<br />

umide con acqua, nei prerssi di pascoli<br />

e praterie sommitali delle montagne<br />

dove raggiunge anche i 3000 m, si trova anche nelle<br />

torbiere e ai margini di foreste di aghifoglie e latifoglie. È resistente<br />

alle basse temperature e al prolungato innevamento,<br />

ma non sopporta alte temperature e scarsa umidità.<br />

Si comporta da specie pioniera alla ricerca di nuove pozze da<br />

colonizzare per la riproduzione. È un animale tipicamente<br />

montano presente soprattutto tra i 1000 e 1700 m, sebbene<br />

sia stata rinvenuta anche a quote collinari. Diffuso in quasi<br />

tutta Europa ad eccezione della penisola Iberica dell’Italia<br />

peninsulare e dei Balcani meridionali.<br />

Riproduzione. Il periodo riproduttivo avviene tra febbraio e<br />

Nome scientifico<br />

Rana temporaria<br />

(Linnaeus, 1758)<br />

Classe Anfibi<br />

Ordine Anuri<br />

Famiglia Ranidi<br />

luglio a seconda della quota e latitudine. L’ovodeposizione<br />

da 600 a 4000 uova per femmina (ai margini delle pozze e<br />

raccolte d’acqua), avviene di notte con fecondazione<br />

esterna. Lo sviluppo embrionale dura due-tre settimane,<br />

mentre quello larvale (girino) a seconda della temperatura<br />

si conclude in due mesi e mezzo. Appena nati i girini si trattengono<br />

nell’ammasso gelatinoso di cui si nutrono, successivamente<br />

tendono a stare nel fondo alimentandosi di<br />

protozoi, residui vegetali in decomposizione e granuli di polline;<br />

possono anche predare uova di<br />

Ph F.T<br />

rospo comune.<br />

Verso. Il canto dei maschi si rinviene non<br />

solo nel periodo riproduttivo, ma anche<br />

in autunno quando gruppi di individui si<br />

riuniscono nelle pozze d’acqua per svernare.<br />

Abitudini e alimentazione. Il letargo<br />

dura al massimo 4-5 mesi. L’adulto si<br />

nutre esclusivamente di piccoli animali,<br />

insetti, miriapodi e aracnidi. A sua volta è preda di numerosi<br />

mammiferi, uccelli e rettili, tra cui la biscia dal collare che<br />

cattura sia adulti che girini .<br />

Curiosità. Le uova immerse in un ammasso gelatinoso,<br />

sono scure sulla sommità per assorbire meglio il calore del<br />

sole e proteggersi dalle radiazioni ultraviolette.<br />

I neometamorfosati, cioè i piccoli adulti di circa 1,5 cm di dimensione,<br />

rimangono per pochi giorni ancora vicino alla<br />

pozza d’acqua sito della nascita e poi si disperdono. La maturità<br />

sessuale viene raggiunta all’età di tre anni.<br />

ORSOLA DISSEGNA (ON - CAI CITTADELLA)<br />

GIUGNO 2010<br />

72. BIACCO<br />

Caratteristiche. Lungo da 80 a 150 cm coda inclusa, con la<br />

femmina meno robusta e più corta del maschio, come tutti<br />

i colubridi europei presenta la testa ricoperta da grandi<br />

squame lisce e pupilla rotonda.<br />

Ha colore di fondo verdastro-giallo<br />

molto oscurato<br />

dalla pigmentazione nera che<br />

forma un indistinto intreccio<br />

di barre sulle parti anteriori riducendo<br />

a striature e punteggiature<br />

il colore di fondo sul<br />

resto del corpo. La colorazione<br />

completa si sviluppa a 4<br />

anni di età. I giovani sono grigio-pallido,<br />

verde-oliva, con un<br />

grande disegno caratteristico<br />

sulla testa a marcature molto<br />

chiare. La varitaà carbonaris<br />

ha una coloraziuone generale<br />

verdastra.<br />

Habitat e diffusione. Spagna<br />

Nordorientale (Pirenei), Francia (eccetto il Nord), Svizzera<br />

meridionale, ex Jugoslavia e a Sud fino a Malta.<br />

In Italia è molto comune e assente solo a quote superiori ai<br />

2000 m. Si trova anche in Corsica, Sardegna e Sicilia.<br />

Nome scientifico<br />

Hierophis viridiflavus<br />

(Lacépède, 1789)<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Colubridi<br />

Riproduzione. Gli accoppiamenti avvengono nel periodo<br />

maggio-giugno e la deposizione delle uova (da 8 a 15) da giugno<br />

a metà luglio. I piccoli nascono intorno alla metà di agosto<br />

e presentano una lunghezza di<br />

20-25 cm alla schiusa.<br />

Abitudini e alimentazione. Diurno<br />

e terragnolo, si trova in un’ampia varietà<br />

di ambienti principalmente<br />

asciutti e ricchi di vegetazione, quali<br />

declivi rocciosi, margini dei boschi,<br />

macchie e zone cespugliose. Si<br />

trova di solito fino a 1500 m ed è<br />

spesso molto numeroso in zone ristrette.<br />

Molto veloce e agile, capace<br />

di nuotare e di arrampicarsi su rocce<br />

e cespugli, caccia a vista, lucertole<br />

e piccoli mammiferi, nidiacei, serpenti<br />

(anche vipere) e rane.<br />

Curiosità. Estremamente aggressivo<br />

quando catturato morde forte e<br />

ripetutamente (il morso è innocuo).<br />

È il serpente più comune a Roma e in generale nelle periferie<br />

urbane.<br />

VALENTINA VERCELLI (ON, OTAM - CAI ARENZANO)<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30<br />

M G V S D L M M G V S D L M M


73. ROSPO COMUNE<br />

Nome scientifico<br />

Bufo bufo<br />

(Linnaeus, 1758)<br />

Classe Anfibi<br />

Ordine Anuri<br />

Famiglia Bufonidi<br />

Caratteristiche. Anfibio massiccio dalla forma<br />

tozza. Taglia piuttosto grande, dove i maschi<br />

sono alquanto più piccoli delle femmine; (maschi<br />

5-7 cm, peso 20-30 g; femmine 7-12 cm,<br />

peso 50-100 g). Il rospo comune ha due<br />

grosse ghiandole parotoidi dietro agli occhi posteriormente<br />

divaricate. Il suo colore dorsale è<br />

bruno-ocraceo con macchie e screziature<br />

bruno-nerastre, ventre bianco-giallastro, occhi<br />

con iride arancio e pupilla orizzontalmente allungata.<br />

La pelle è molto coriacea e ricoperta di<br />

cospicue verruche spinescenti<br />

(femmine) o quasi lisce (maschi).<br />

Girini piccoli e neri, giovani neometamorfosati<br />

piccolissimi, di 5-6<br />

mm.<br />

Habitat e diffusione. Al di fuori<br />

della stagione riproduttiva il rospo<br />

comune frequenta una grande varietà<br />

di ambienti: boschi, pascoli,<br />

zone di macchia, orti sia in pianura<br />

sia in zone collinari e montane.<br />

Nel periodo degli amori, invece, gli<br />

adulti si rinvengono nelle acque di<br />

stagni, laghi, ruscelli, pozze temporanee.<br />

Anfibio diffuso in quasi<br />

tutta l’Europa, è presente nell’Italia<br />

continentale, in Sicilia e nell’Isola<br />

d’Elba. Manca in Sardegna<br />

e in Corsica e in gran parte delle maggiori isole<br />

mediterranee.<br />

Riproduzione. Di solito tra marzo e maggio i<br />

rospi si riuniscono sulle sponde dei laghi o stagni<br />

per riprodursi. Dato che i maschi si accoppiano<br />

ogni anno, mentre le femmine lo fanno<br />

solo ogni due o tre anni, i primi sono molto più<br />

numerosi e diventa così difficile per loro trovare<br />

una compagna. La specie è molto prolifica:<br />

ogni femmina depone da 4.000 a 6.000<br />

uova (talvolta anche 10000), ma tra queste<br />

sono pochissime diventano rospi adulti per<br />

l’elevata mortalità a cui solo soggetti nei primi<br />

stadi di vita.<br />

Verso. Durante il periodo riproduttivo, i maschi<br />

emettono ad intervalli un suono debole che<br />

corrisponde più o meno a un “co co co co”.<br />

Abitudini e alimentazione. Animale notturno,<br />

è molto difficile poterlo osservare durante il<br />

giorno, tranne che nel periodo della riproduzione.<br />

I rospi sono tra gli anfibi meglio adattati<br />

alla vita sulla terraferma, perché la loro pelle<br />

robusta li protegge dalla disidratazione. Sebbene<br />

preferiscano camminare (anche per lunghe<br />

distanze fino ad alcuni chilometri), i rospi<br />

comuni sono anche in grado di spiccare salti<br />

se sono irritati o si sentono minacciati. Tuttavia<br />

non hanno la resistenza necessaria per fare<br />

più di due o tre balzi di seguito. Il Bufo bufo è<br />

molto vorace, e cattura qualsiasi preda sia<br />

adatta alle sue fauci, coleotteri, gasteropodi,<br />

topolini lucertole e serpentelli.<br />

Curiosità. Poche altre specie di anuri sono<br />

tanto minacciate dall’uomo quanto il rospo comune.<br />

Migliaia e migliaia di esemplari vengono<br />

travolti ogni anno dalle automobili quando in<br />

primavera iniziano il cammino verso i luoghi di<br />

accoppiamento. Per evitare tutto questo in alcuni<br />

Paesi, come la Francia e la Germania,<br />

sono stati costituiti appositi sottopassaggi nei<br />

punti di attraversamento più importanti per la<br />

specie. Molte persone, inoltre, li uccidono volontariamente<br />

per pregiudizio o per ignoranza.<br />

Protagonista di tante leggende e superstizioni<br />

popolari, il rospo è spesso considerato il “fratello<br />

brutto” della rana. In realtà, è un prezioso<br />

alleato dell’uomo attento alla tutela dell’ambiente.<br />

Gli occhi dorati del rospo comune riflettono<br />

la luce quando li si cerca al buio con<br />

l’aiuto di una torcia elettrica.<br />

UGO SCORTEGAGNA<br />

(ON, AE - CAI MIRANO)


74. BISCIA DAL COLLARE<br />

Nome scientifico<br />

Natrix natrix<br />

(Linneaus, 1758)<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (ofidi)<br />

Famiglia Colubridi<br />

Caratteristiche. Questa specie raggiunge mediamente<br />

i 120 cm di lunghezza, ma ci sono<br />

casi di esemplari che possono arrivare ai 200<br />

cm. C’è dimorfismo sessuale in quanto le femmine<br />

sono più grandi dei maschi. In generale<br />

questo serpente è abbastanza grande, presenta<br />

pupilla rotonda, capo ovoidale, ben distinto<br />

dal tronco, di regola con un preoculare e<br />

colorazione assai variabile, squame dorsali nettamente<br />

carenate. La maggior parte degli<br />

esemplari presenta posteriormente alla testa<br />

un collare di colore giallo bordato di<br />

nero (da qui il nome). Il corpo è di colore<br />

verdastro, verde oliva-grigio o anche<br />

grigio-metallico con delle macchiettature<br />

scure. La colorazione in<br />

ogni modo è molto variabile e può<br />

cambiare da regione a regione.<br />

Ph Bruno Mongiat<br />

Riproduzione. Le bisce dal collare vanno in letargo<br />

durante l’inverno. Gli accoppiamenti<br />

hanno luogo tra aprile e maggio: le femmine<br />

depongono poi verso giugno-luglio fino ad un<br />

centinaio di uova agglutinate in ammassi e si<br />

schiudono dopo circa 10 settimane. Poiché le<br />

uova richiedono una temperatura di almeno 21<br />

gradi per schiudersi, la vegetazione in putrefazione,<br />

incluso i cumuli di compost, sono postazioni<br />

preferite. Spesso diverse femmine<br />

possono condividere lo stesso nido. I neonati<br />

vengono alla luce in agosto - settembre e sono<br />

lunghi circa 12-22 cm quando le uova si schiudono<br />

e sono da subito indipendenti.<br />

Abitudini e alimentazione. I giovani si nutrono<br />

principalmente di animali acquatici (invertebrati,<br />

pesci, girini), gli adulti, che tendono<br />

ad allontanarsi dall’acqua, predano rane, rospi,<br />

lucertole e micromammiferi È un’abile nuotatrice,<br />

caccia in acqua, può rimanere in apnea<br />

anche per 30 minuti. dopo aver localizzato le<br />

proprie prede, avvertendo i loro movimenti attraverso<br />

le vibrazioni del terreno, le afferra con<br />

Habitat e diffusione. La biscia dal<br />

collare è principalmente di abitudini<br />

diurne, frequenta soprattutto aree<br />

umide anche se è possibile trovarla in<br />

boschi completamente aridi, lungo le<br />

siepi e nei prati. Il suo spettro altitudinale<br />

copre tutte le fasce dal livello<br />

del mare fino a 2300 m con una frequenza<br />

superiore al 50 % in quella<br />

planiziale. È presente in quasi tutta<br />

Europa, Scandinavia, Finlandia meridionale<br />

e Russia. È assente in alcune<br />

isole quali Irlanda, Baleari, Malta,<br />

Creta ed alcune Cicladi. Diffusa anche<br />

in Africa Nordoccidentale, Asia orientale<br />

fino al Lago Baikal. In Italia è presente in<br />

tutta la penisola, Sicilia e Sardegna.<br />

la bocca e le ingoia vive. È priva della articolazione<br />

mandibolare, e questo le consente di ingoiare<br />

prede anche più grandi della propria<br />

testa. Una volta ingoiate le prede, riesce a digerirle<br />

grazie a potenti succhi gastrici. Nel caso<br />

sia infastidita può fischiare e colpire con la<br />

bocca chiusa, raramente morde.<br />

Curiosità. Nel caso sia afferrata, scarica il contenuto<br />

fetido della ghiandola anale e può fingersi<br />

morta ribaltandosi sul dorso spalancando<br />

la bocca con la lingua penzolante.<br />

PATRIZIA REZZONICO<br />

(OTAM - CAI SEM MILANO)


75. SALAMANDRA PEZZATA<br />

Nome scientifico<br />

Salamandra salamandra<br />

(Linnaeus, 1758)<br />

Classe Anfibi<br />

Ordine Urodeli (caudeti)<br />

Famiglia Salamandridi<br />

Caratteristiche. Struttura lacertiforme, ma il<br />

corpo è piuttosto tozzo e cilindrico, di colore<br />

nero e vellutato, cosparso di macchie (o striscie)<br />

giallo-aranciate numerose e più o meno<br />

estese. La parte inferiore del corpo può essere<br />

completamente scura o punteggiata. Gli adulti<br />

possono essere lunghi, inclusa la coda, fino a<br />

38 cm. La distinzione del sesso è possibile con<br />

l’osservazione della cloaca, rigonfia nel maschio<br />

e piatta nella femmina.<br />

La sua andatura oscillante è peculiare,<br />

così come la tecnica di arrampicata.<br />

Una importante caratteristica comune a<br />

tutti gli urodeli è la capacità di rigenerare<br />

parti del corpo perdute o amputate, cosa<br />

che ha contribuito a generare il mito<br />

della salamandra come animale straordinario<br />

e prodigioso.<br />

Habitat e diffusione. Presente in tutta<br />

l’Europa centro-meridionale, diventa più<br />

rara verso nord, fino a scomparire nella<br />

parte più settentrionale della penisola<br />

scandinava. Manca invece nelle grandi<br />

isole come la Gran Bretagna, la Sicilia e<br />

la Sardegna. Vive in ambienti boscosi,<br />

presso sorgenti naturali o su terreni muschiosi.<br />

Predilige zone collinose o di media montagna<br />

spingendosi fino a 1500-1800 m.<br />

Riproduzione. L’accoppiamento è preceduto<br />

da una lunga e suggestiva danza e ha luogo<br />

sulla terraferma generalmente nel periodo primaverile<br />

o nella prima parte dell’estate. La<br />

femmina può conservare gli spematozoi per<br />

lungo tempo (anche un anno e mezzo). Le<br />

femmine, dopo una gestazione di 9-10 mesi,<br />

partoriranno per metà all’asciutto, aggrappate<br />

a un fuscello sulla riva, e l’addome in immersione.<br />

Le larve, una cinquantina in tutto, sono<br />

autonome e zoofaghe fin dai primi istanti di<br />

vita, dopo aver rotto, nel momento stesso in<br />

cui vengono partorite (specie ovovivipara), il<br />

molle involucro che le avvolge. La completa<br />

metamorfosi, che raggiunge con la maturità<br />

sessuale, si compie verso i tre anni e procede<br />

da uno stadio larvale acquatico in cui la salamandra<br />

respira solo attraverso le branchie ed<br />

è sprovvista di arti posteriori. Eccezionalmente<br />

longeva, raggiunge l’età di venticinque anni.<br />

Verso. Non presente.<br />

Abitudini e alimentazione. Si nutre di piccoli<br />

invertebrati, lombrichi, limacce. Strettamente<br />

zoofaga non considera prede prive di vita. Ha<br />

tuttavia grandi possibilità di resistere al digiuno<br />

e può resistere mesi anche senza ingerire<br />

nulla.<br />

Quest’ultimo regime dietetico rappresenta<br />

la norma- lità quando nel periodo invernale si<br />

Ph U.S.<br />

iberna sotto terra. Attiva soprattutto al crepuscolo<br />

e di not- te, è possibile osservarla nelle<br />

ore diurne soltanto nelle giornate piovose. È<br />

Ph Michele Zanetti<br />

protetta da un’abbondante secrezione tossica<br />

della cute che irrita bocca e occhi dei predatori,<br />

nei quali la vivace colorazione della pelle è<br />

capace di produrre un riflesso condizionato di<br />

timore. Ha abitudini gregarie, specie durante<br />

l’ibernazione, con intere colonie che si radunano<br />

in nascondigli mai troppo profondi e con<br />

esiti di sopravvivenza che pertanto possono ripercuotersi<br />

sull’intera colonia. Non ha quasi<br />

predatori, eccezione fatta per la biscia dal collare<br />

e la natrice viperina, capaci di predare le<br />

larve.<br />

Curiosità. Il primo accenno storico alla salamandra<br />

è di Aristotele che la identifica quale<br />

animale capace di camminare attraverso il<br />

fuoco e di spegnerlo al suo passaggio. Fu probabilmente<br />

vedendo uscire delle salamandre<br />

vive dal fuoco, arrancando fuori dal tronco<br />

dove avevano trovato riparo, che si formò e si<br />

diffuse la leggenda dell’incombustibilità della<br />

salamandra, credenza che, seppur smentita<br />

più volte, mantiene ancora oggi un buon grado<br />

di notorietà.<br />

DINO GENOVESE<br />

(ON - CAI VOLPIANO)


76. ORBETTINO<br />

Nome scientifico<br />

Anguis fragilis<br />

(Linnaeus, 1758)<br />

Classe Rettili<br />

Ordine Squamati (sauri)<br />

Famiglia Anguidi<br />

Caratteristiche. Spesso considerato un serpente,<br />

è in realtà un sauro assolutamente innocuo<br />

che può raggiungere una lunghezza<br />

massima di 50 cm. La femmina è in genere più<br />

lunga del maschio. Gli adulti mostrano una colorazione<br />

di fondo variabile dal grigio al bruno;<br />

nei maschi generalmente uniforme mentre<br />

nella maggior parte delle femmine sono presenti<br />

bande scure longitudinali e ventre scuro.<br />

I maschi più “vecchi” possono essere<br />

pigmentati di azzurro o di blù. I<br />

giovani hanno dorso molto chiaro,<br />

con riflessi argentati o dorati e una<br />

sottile striscia scura longitudinale;<br />

ventre e fianchi sono scuris- simi. Può<br />

raggiungere un’età superiore ai 40<br />

anni.<br />

Habitat e diffusione. L‘orbettino è<br />

diffuso dalla zona collinare fino a oltre<br />

i 2100 m grazie alla sua ovoviviparita.<br />

L’orbettino vive negli ambienti e nei<br />

substrati più diversi, che vanno dal<br />

terreno torboso ai suoli delle praterie<br />

aride. È presente nelle zone non<br />

troppo umide di paludi e rive, nei boschi<br />

ombreggiati e dove<br />

Ph<br />

è<br />

Giulio<br />

in atto<br />

Compostella<br />

una<br />

rinnovazione del bosco, ai margini<br />

delle aree boscate, nei cespugli e<br />

nelle siepi naturali. Come la lucertola<br />

muraiola, l’orbettino è presente anche nelle<br />

aree urbane, dove occupa, oltre agli ambienti<br />

già citati, i parchi, i cimiteri, gli orti e i giardini<br />

almeno parzialmente naturali. Indispensabile è<br />

uno strato erbaceo a tratti fitto ma discontinuo<br />

e soleggiato. Dove le superficie erbosa è curata<br />

(quindi povera di rifugi) diviene importante<br />

la presenza di muri a secco, mucchi di sassi,<br />

assi o lastre di pietra.<br />

Riproduzione. Questo rettile diviene sessualmente<br />

ricettivo nel corso del terzo anno di età.<br />

Nel periodo riproduttivo i maschi lottano tra di<br />

loro. Le femmine si accoppiano di norma solo<br />

ogni due anni e il parto avviene a metà estate.<br />

La femmina partorisce da 6 a 12 piccoli. L’orbettino<br />

è ovoviviparo: gli embrioni si sviluppano<br />

nel corpo materno e nascono già<br />

completamente sviluppati, avvolti da una<br />

membrana semitrasparente e sottile che lacera<br />

subito dopo la deposizione.<br />

Abitudini e alimentazione. I giovani sembrano<br />

utilizzare gallerie già presenti nel terreno,<br />

mentre gli adulti spesso se le scavano essi<br />

stessi. Durante la latenza invernale gli animali<br />

possono scendere anche a 1,5 m di profondità.<br />

Capita che numerosi esemplari si radunino a<br />

svernare in tane di roditori abbandonate, dopo<br />

a- ver richiuso le entrate con erba, muschio e<br />

terra. Anche in estate è possibile reperire<br />

gruppi di orbettini, in particolare giovani e subadulti,<br />

riuniti sotto cataste di legna, mucchi di<br />

pietre, assi, oppure mucchi di fieno, di strame<br />

in decomposizione o di letame. Non sono però<br />

i bisogni sociali a riunire gli animali, quanto le<br />

condizioni favorevoli: in questi luoghi essi trovano<br />

infatti calore e protezione, e allo stesso<br />

tempo possono cacciare indisturbati i lombrichi<br />

e i gasteropodi che costituiscono le loro<br />

prede principali.<br />

Curiosità. L’assenza, negli esemplari indigeni<br />

dell’Europa occidentale, di un orifizio auricolare<br />

visibile è un carattere che li accomuna (e li confonde)<br />

ai serpenti. La coda, alla quale spetta<br />

una grande percentuale dell’intera lunghezza<br />

(fino al 65%), può essere abbandonata per autotomia<br />

nelle fauci dei predatori; a differenza<br />

di ciò che avviene per le lucertole, nell’orbettino<br />

essa non ricresce però più, ma guarisce<br />

formando un brutto moncone.<br />

DAVIDE BERTI<br />

(ON - CAI BASSANO DEL GRAPPA)

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!