Il caso Lombardia: le ecomafie del nord - Legambiente Lombardia

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Il ciclo del cemento in Lombardia Nonostante il calo delle infrazioni accertate dalle forze dell’ordine (261), così come delle denunce (400) e dei sequestri (26) rispetto all’anno precedente, il 2008 è l’anno della conferma dei forti interessi e del coinvolgimento della criminalità organizzata, soprattutto calabrese, negli appalti pubblici per la realizzazione delle infrastrutture e delle grandi opere in Lombardia. Sono le relazioni semestrali della Direzione investigativa antimafia e quella annuale della Direzione nazionale antimafia, e soprattutto le inchieste della magistratura, a fugare ogni dubbio in proposito. Da quanto evidenziato nelle relazioni istituzionali e dai risultati delle recenti indagini emerge il quadro di una criminalità organizzata che riesce ad infiltrarsi negli appalti con la collaudata pratica del “massimo ribasso” nelle gare, facendo offerte non sostenibili per le altre imprese (servendosi di intimidazioni e violenza, nonché di materiale di bassa qualità e manodopera a basso costo), accaparrandosi appalti di valore inferiore alla soglia al di sotto della quale le imprese non sono tenute a presentare la certificazione antimafia o servendosi di prestanome per gli appalti di valore superiore (aggirando di fatto gli obbighi di certificazione antimafia), ma è soprattutto abile nell'infiltrarsi grazie a subappalti e a subcontratti. La Lombardia è la regione giusta per l'attività di riciclaggio, quella che offre le maggiori opportunità per reimpiegare la montagna di denaro dei traffici illeciti. Queste le parole del Sostituto Procuratore Macrì che meglio definiscono la portata del fenomeno 'ndrangheta in Lombardia: “Si è alla vigilia di una vera e propria rivoluzione copernicana. Non vi sono più tanti satelliti che ruotano attorno ad un unico sole, ma una struttura federata, disposta a dialogare con la vecchia casa-madre, ma non più a dipendere da essa, sia quanto alla nomina dei responsabili della periferia dell'impero, sia sia quanto all'adozione delle nuove strategie e alla condivisione dei profitti. La 'ndrangheta avrà, in tal modo, completato il suo lungo percorso di occupazione della più ricca e produttiva regione del paese. Non più un'occupazione precaria, ma definitiva, con strutture permanenti di direzione, con il territorio rigidamente suddiviso. [...] Nel giro di pochi anni i rapporti di forza potrebbero rovesciarsi e, davvero, i centri decisionali potrebbero spostarsi dalla Calabria alla Lombardia”. Operazione “Isola” La prima generazione di esponenti della 'ndrangheta in Lombardia effettuava estorsioni e sequestri di persona, la seconda generazione penetrava nell'economia legale tramite prestanome, come soci occulti, la terza generazione conosce perfettamente il territorio e ora si è fatta impresa a tutti gli effetti. A metà marzo prende il via l’operazione “Isola” della Direzione distrettuale antimafia di Milano in collaborazione con i carabinieri di Monza, che fa scattare 22 ordinanze di custodia cautelare con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Gli arrestati sarebbero componenti della ‘ndrangheta, responsabili anche a vario titolo di detenzione e porto illegale di armi da guerra (tra cui un lanciarazzi in dotazione alla Nato), tentato omicidio, estorsione. È finita in galera, insieme al boss Marcello Paparo (originario di Crotone) e alla figlia Luana (di soli 20 anni), la cosiddetta ‘ndrangheta di terza generazione che aveva in pugno appalti e aziende a Cologno Monzese. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il capo clan finito in galera è un imprenditore ed esponente di una storica famiglia della ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, da tempo contrapposta a un altro clan di quella stessa area della Calabria. Durante le indagini gli investigatori hanno 41
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