Il caso Lombardia: le ecomafie del nord - Legambiente Lombardia

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12.04.2014 Views

ifiuti, ndr) a 215 e vanno fuori a 185...guadagniamo un 30 lire al chilo ...Van pesati, chiusi i formulari d'entrata...messi i formulari di uscita e via andare...se riusciamo è un bel giro! Ci rimangono 30 lire pulite...sono 4 mila quintali al giorno...sono 12 milioni al giorno...”. Così parlava un imprenditore nel corso di una delle 1.500 telefonate intercettate dai Carabinieri del NOE Milano e Treviso nell'ambito di questa operazione. Il tutto parte da una dichiarazione messa a verbale da un dipendente dell'azienda incriminata, a seguito di un incendio divampato in un deposito della società il 19 Novembre del 2002: “Un'oretta prima ho visto scaricare un container con delle bombolette..potevano essere 30 mila, provenivano da Carnago...giornalmente ci sono giri strani, arrivano camion che caricano fusti il cui contenuto viene subito mescolato con la terra, questa viene poi inviata alla discarica di Gorla”. Quei fusti dormono nella discarica di Gorla Maggiore (Varese) che in teoria potrebbe ospitare solo rifiuti urbani, ma che, in realtà, negli ultimi anni si è vista recapitare di tutto e di più sotto mentite spoglie. Tutto ciò era reso possibile dal passaggio di alcune somme di denaro dai dirigenti dell’azienda a personale addetto ai controlli nella discarica. L'emergenza rifiuti di Napoli del 2003, scattata nel momento in cui gli impianti campani riuscivano più a sostenere il flusso di rifiuti, aveva portato la struttura commissariale a smistare l'immondizia verso alcune società accreditate. L'occasione è stata immediatamente fiutata da alcuni imprenditori. Una delle società a stipulare un contratto con lo Stato per smaltire i rifiuti di Napoli era di Bologna, ma da Bologna i camion carichi di rifiuti transitavano solamente, i rifiuti rimanevano sul camion, le bolle di accompagnamento venivano modificate, con lo stesso codice ma diversa causale, i rifiuti potevano così ripartire subito alla volta del Nord Italia, in Lombardia, ma anche in alcune zone del Piemonte, in aziende, in siti di stoccaggio, in semplici buche. Da un'azienda di Olgiate Olona, quindi, passavano illecitamente i rifiuti di Napoli e a questi venivano mischiati rifiuti pericolosi provenienti da aziende del Nord Italia (Torino, Verona, Bergamo, Milano), bastava che i clienti pagassero e alcune semplici modifiche delle bolle di accompagnamento trasformavano i rifiuti pericolosi in rifiuti inerti. Il “trattamento” dei rifiuti pericolosi era quindi un tanto semplice quanto meticoloso adeguamento di pesi, tare, orari di uscita e di arrivo dei camion, restavano quindi pericolosi ed era il loro passaggio di mano in mano la vera fonte di guadagno. Il classico sistema del “giro bolla”. I rifiuti urbani di Napoli mischiati al materiale tossico fittiziamente declassificato delle industrie del Nord, trasformavano gli autoarticolati in camion di veleni, come dimostra una intercettazione tra due autisti: “Mi è uscito del liquido dal cassone e ha corroso tutta la targa”. Il giro d'affari era esorbitante, da quanto emerge dalle intercettazioni di uno dei personaggi coinvolti nel traffico: “Fatturo 30 mila euro al giorno e non devo nemmeno scaricare la roba dal camion”. Rifiuti speciali e pericolosi venivano così smaltiti illegalmente corrompendo i responsabili delle discariche autorizzate, falsificando i documenti, oppure venivano utilizzati nei fondi stradali, nei cantieri edili, o semplicemente sotterrandoli in discariche abusive. In altri casi, invece, i rifiuti mescolati, riprendevano la strada verso sud, finendo molte volte in un deposito di Grottaglie (Taranto). La discarica di Gorla Maggiore, le sabbie impregnate di idrocarburi in un terreno di Fino Mornasco (Como), una buca in una cartiera di Fagnano Olona, l'amianto fatto passare per gesso a Settimo Milanese erano invece le destinazioni e gli strumenti lombardi più gettonati per l'attività illecita. Il 17 Luglio del 2008 il Tribunale di Milano ha emesso la sentenza che ha condannato in primo grado 18 persone, da amministratori di società a camionisti, per un totale di 42 anni e 5 mesi di reclusione, la pena più pesante (6 anni e mezzo) a Salvatore Accarino, amministratore della “Lombarda Servizi Ecologici” di Olgiate Olona, seguita dalla 28

condanna a 3 anni e mezzo del personaggio che fungeva da mediatore tra le aziende che trattavano i rifiuti. La sentenza, oltre a stabilire condanne e indennizzi alla Regione Lombardia e ai Comuni, stabilisce una serie di pene accessorie, che vanno dal divieto ai condannati di concludere accordi con la pubblica amministrazione alla cancellazione delle aziende da albi ed elenchi che le autorizzano a lavorare nel settore dello smaltimento dei rifiuti. La criminalità organizzata nei cantieri dell'Alta Velocità L’alta velocità ferroviaria (TAV) è, a detta di Trenitalia, la più grande opera infrastrutturale degli ultimi decenni (chiusura dei cantieri prevista per il 2009), ma soprattutto un affare, un affare milionario. Il 14 maggio 2008 gli agenti del Parco del Ticino, del Corpo Forestale dello Stato e della Polizia Provinciale di Milano hanno scoperto, in un blitz tra Boffalora Ticino e Milano, alcune cave abusive in prossimità dei lavori dell'Alta Velocità nella tratta Milano-Torino e sequestrato sette cantieri. L'imponente attività di indagine è stata coordinata da Davide Corbella, Comandante del settore Vigilanza Ecologica del Parco del Ticino, tramite ispezioni e rilievi fotografici aerei grazie ai quali sono stati individuati e sequestrati numerosi siti utilizzati illecitamente per lo smaltimento dei rifiuti in diversi comuni della provincia di Milano. Da quanto è emerso dall'indagine della Procura di Milano questo era il metodo utilizzato dagli ecocriminali: dagli scavi venivano estratti materiali da utilizzare per l'Alta Velocità, le cave venivano poi riempite con rifiuti pericolosi (cemento armato, plastica, mattoni, asfalto, gomme, ferro) per poi essere coperte; un metodo tanto semplice e a ciclo continuo quanto illecito e distruttivo. In questa attività il profitto illecito è stato doppio: si ricavavano ghiaia e sabbia da usare nel cantiere e si riempivano le cave con rifiuti pericolosi il cui smaltimento veniva pagato da soggetti ancora non identificati dalle indagini secondo le informazioni in nostro possesso. Ai margini della grande infrastruttura che dal 2009 collegherà le grandi città di Milano e Torino, è sorta una montagna di rifiuti sotterrati illegalmente nei cantieri TAV, fino a ridosso della linea ferroviaria. I comuni coinvolti sono sei, nel cuore del Parco del Ticino. L'attività illegale, che si è sviluppata parallelamente a quella lecita legata alla realizzazione dell'imponente infrastruttura, ha avuto inizio nel 2002 con l'avvio dei lavori. Alcuni elementi probatori fanno pensare alla mano della 'ndrangheta dietro a queste attività. L'opera, con i flussi di denaro che avrebbe mosso, aveva infatti immediatamente destato l'attenzione e l'interesse dei clan di Cosa Nostra e della 'Ndrangheta che, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, grazie ad un accordo che “assegna” le tratte piemontesi alla gestione della prima e quelle lombarde al controllo della seconda, si sono infiltrate nell'economia legale connessa alla grande opera ferroviaria, nel controllo delle gare d'appalto, nel noleggio dei macchinari da scavo, nella fornitura di materiali e nelle commesse. L'Alta Velocità rappresenta una potenziale miniera d'oro per la criminalità organizzata, un'occasione imperdibile per gli affari milionari ad essa legati e, contemporaneamente, un'opportunità unica per smaltire illecitamente tonnellate e tonnellate di materiale pericoloso e inquinato, in un contesto “ottimale”, caratterizzato da cantieri molto estesi, poco visibili e quindi con pochi rischi. Il tutto era partito dalle segnalazioni di alcuni cittadini della zona di Magenta, a pochi chilometri dall'aeroporto di Malpensa, preoccupati da voci allarmanti, provenienti dai camionisti e da altri addetti ai lavori nei cantieri della TAV e riguardanti il sotterramento di rifiuti tossici nocivi nei terreni adiacenti alla nascente linea ferroviaria. Le segnalazioni dei 29

condanna a 3 anni e mezzo <strong>del</strong> personaggio che fungeva da mediatore tra <strong>le</strong> aziende che<br />

trattavano i rifiuti. La sentenza, oltre a stabilire condanne e indennizzi alla Regione<br />

<strong>Lombardia</strong> e ai Comuni, stabilisce una serie di pene accessorie, che vanno dal divieto ai<br />

condannati di concludere accordi con la pubblica amministrazione alla cancellazione <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

aziende da albi ed e<strong>le</strong>nchi che <strong>le</strong> autorizzano a lavorare nel settore <strong>del</strong>lo smaltimento dei<br />

rifiuti.<br />

La criminalità organizzata nei cantieri <strong>del</strong>l'Alta Velocità<br />

L’alta velocità ferroviaria (TAV) è, a detta di Trenitalia, la più grande opera infrastruttura<strong>le</strong><br />

degli ultimi decenni (chiusura dei cantieri prevista per il 2009), ma soprattutto un affare, un<br />

affare milionario.<br />

<strong>Il</strong> 14 maggio 2008 gli agenti <strong>del</strong> Parco <strong>del</strong> Ticino, <strong>del</strong> Corpo Foresta<strong>le</strong> <strong>del</strong>lo Stato e <strong>del</strong>la<br />

Polizia Provincia<strong>le</strong> di Milano hanno scoperto, in un blitz tra Boffalora Ticino e Milano,<br />

alcune cave abusive in prossimità dei lavori <strong>del</strong>l'Alta Velocità nella tratta Milano-Torino e<br />

sequestrato sette cantieri. L'imponente attività di indagine è stata coordinata da Davide<br />

Corbella, Comandante <strong>del</strong> settore Vigilanza Ecologica <strong>del</strong> Parco <strong>del</strong> Ticino, tramite<br />

ispezioni e rilievi fotografici aerei grazie ai quali sono stati individuati e sequestrati<br />

numerosi siti utilizzati il<strong>le</strong>citamente per lo smaltimento dei rifiuti in diversi comuni <strong>del</strong>la<br />

provincia di Milano.<br />

Da quanto è emerso dall'indagine <strong>del</strong>la Procura di Milano questo era il metodo utilizzato<br />

dagli ecocriminali: dagli scavi venivano estratti materiali da utilizzare per l'Alta Velocità, <strong>le</strong><br />

cave venivano poi riempite con rifiuti pericolosi (cemento armato, plastica, mattoni, asfalto,<br />

gomme, ferro) per poi essere coperte; un metodo tanto semplice e a ciclo continuo quanto<br />

il<strong>le</strong>cito e distruttivo. In questa attività il profitto il<strong>le</strong>cito è stato doppio: si ricavavano ghiaia e<br />

sabbia da usare nel cantiere e si riempivano <strong>le</strong> cave con rifiuti pericolosi il cui smaltimento<br />

veniva pagato da soggetti ancora non identificati dal<strong>le</strong> indagini secondo <strong>le</strong> informazioni in<br />

nostro possesso. Ai margini <strong>del</strong>la grande infrastruttura che dal 2009 col<strong>le</strong>gherà <strong>le</strong> grandi<br />

città di Milano e Torino, è sorta una montagna di rifiuti sotterrati il<strong>le</strong>galmente nei cantieri<br />

TAV, fino a ridosso <strong>del</strong>la linea ferroviaria. I comuni coinvolti sono sei, nel cuore <strong>del</strong> Parco<br />

<strong>del</strong> Ticino.<br />

L'attività il<strong>le</strong>ga<strong>le</strong>, che si è sviluppata paral<strong>le</strong>lamente a quella <strong>le</strong>cita <strong>le</strong>gata alla realizzazione<br />

<strong>del</strong>l'imponente infrastruttura, ha avuto inizio nel 2002 con l'avvio dei lavori. Alcuni e<strong>le</strong>menti<br />

probatori fanno pensare alla mano <strong>del</strong>la 'ndrangheta dietro a queste attività. L'opera, con i<br />

flussi di denaro che avrebbe mosso, aveva infatti immediatamente destato l'attenzione e<br />

l'interesse dei clan di Cosa Nostra e <strong>del</strong>la 'Ndrangheta che, secondo la Direzione<br />

Distrettua<strong>le</strong> Antimafia di Milano, grazie ad un accordo che “assegna” <strong>le</strong> tratte piemontesi<br />

alla gestione <strong>del</strong>la prima e quel<strong>le</strong> lombarde al controllo <strong>del</strong>la seconda, si sono infiltrate<br />

nell'economia <strong>le</strong>ga<strong>le</strong> connessa alla grande opera ferroviaria, nel controllo <strong>del</strong><strong>le</strong> gare<br />

d'appalto, nel no<strong>le</strong>ggio dei macchinari da scavo, nella fornitura di materiali e nel<strong>le</strong><br />

commesse. L'Alta Velocità rappresenta una potenzia<strong>le</strong> miniera d'oro per la criminalità<br />

organizzata, un'occasione imperdibi<strong>le</strong> per gli affari milionari ad essa <strong>le</strong>gati e,<br />

contemporaneamente, un'opportunità unica per smaltire il<strong>le</strong>citamente tonnellate e<br />

tonnellate di materia<strong>le</strong> pericoloso e inquinato, in un contesto “ottima<strong>le</strong>”, caratterizzato da<br />

cantieri molto estesi, poco visibili e quindi con pochi rischi.<br />

<strong>Il</strong> tutto era partito dal<strong>le</strong> segnalazioni di alcuni cittadini <strong>del</strong>la zona di Magenta, a pochi<br />

chilometri dall'aeroporto di Malpensa, preoccupati da voci allarmanti, provenienti dai<br />

camionisti e da altri addetti ai lavori nei cantieri <strong>del</strong>la TAV e riguardanti il sotterramento di<br />

rifiuti tossici nocivi nei terreni adiacenti alla nascente linea ferroviaria. Le segnalazioni dei<br />

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