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foto Mauro Topini - Campo de'fiori

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24<br />

<strong>Campo</strong> de’ fiori<br />

di Maria Cristina Caponi<br />

EYES WIDE SHUT<br />

Eyes wide shut, Usa,<br />

1999. Regia: Stanley<br />

Kubrick; interpreti: Tom<br />

Cruise, Nicole Kidman,<br />

Sydney Pollack, Julienne<br />

Davis, Marie Richardson,<br />

Rade Serbedzija, Leelee<br />

Sobieski; sceneggiatura: Stanley Kubrick,<br />

Frederic Raphael; <strong>foto</strong>grafia: Larry Smith;<br />

distribuzione: Warner; durata: 2 ore e 38<br />

minuti.<br />

In occasione del settantottesimo anniversario<br />

dalla nascita del discusso autore di<br />

“Arancia Meccanica”, è doveroso rendergli<br />

un sentito omaggio, analizzando un’opera<br />

che è stata definita il suo testamento spirituale.<br />

Infatti, “Eyes wide shut” adempie<br />

perfettamente al ruolo d’ultima pietra miliare<br />

nella cinematografia dell’acclamato regista<br />

Stanley Kubrik. Il lungometraggio, interpretato<br />

da un’algida e conturbante Nicole<br />

Kidman e da un Tom Cruise in pieno possesso<br />

delle sue doti attoriali, è liberamente<br />

ispirato al romanzo “Doppio sogno”, scaturito<br />

dalla mente del drammaturgo austriaco<br />

Arthur Schnitzler. È difficile poter inserire<br />

questa pellicola all’interno di un ben preciso<br />

genere, poiché lo spettatore, coinvolto dal<br />

flusso narrativo, si lascia scivolare in un<br />

viaggio psicossessuale, che in seguito devia<br />

in un inquietante thriller. In tal modo, ciò<br />

che all’inizio appare simile ad un<br />

Kammerspiele, per le venature da dramma<br />

borghese incentrato su vicende sentimentali<br />

e crisi matrimoniali, diviene una storia<br />

ricca di suspence. In una livida New York<br />

dai colori intensi, si fa strada il dramma del<br />

Dt William Harford, il quale intraprende un<br />

viaggio che lo condurrà ad una graduale<br />

discesa agli inferi, dopo la fatale rivelazione<br />

di sua moglie Alicia. Il protagonista si aggira<br />

in un’atmosfera onirica con il desiderio di<br />

divenire agente dell’azione, ma inevitabilmente<br />

è un soggetto passivo di sguardo.<br />

Egli si deve accontentare di registrare nella<br />

mente il campionario di personaggi e d’alterne<br />

vicende che sfilano davanti ai suoi<br />

sbalorditi occhi.<br />

Ciò lo si può notare nella sequenza, passata<br />

alla storia, con il nome di scena dell’orgia.<br />

Bill Harford, colpito dalla lussuria che<br />

trasuda da quei nudi femminili, impreziositi<br />

dall’incognita di una maschera neutra,<br />

tende a protrarsi verso quegli esseri, così<br />

simili a manichini, che mimano scene sessuali.<br />

Ma solo il suo pensiero potrà posarsi<br />

su quelle carni, infatti, dovrà abbandonare<br />

ogni proposito; una volta scoperto dall’affollata<br />

enclave d’uomini<br />

in maschera diverrà un<br />

oggetto passivo di<br />

sguardo, bersaglio delle<br />

bieche occhiate dei partecipanti<br />

al rito da poco<br />

officiato. Il suo essere<br />

passivo è ben evidenziato<br />

anche in altri episodi<br />

che costellano il<br />

film: infatti, egli diviene<br />

dapprima una valvola di<br />

salvezza su cui Marion<br />

si getta, sotto shock per<br />

la recente perdita del<br />

padre, ma successivamente<br />

viene anche<br />

abbordato da una giovane<br />

prostituta all’angolo<br />

della strada. In<br />

entrambi i casi, il destino<br />

gioca in modo che<br />

non scatti la scintilla della passione e tutto<br />

scivoli in una bolla di sapone.<br />

All’inettitudine dell’uomo corrisponde l’aggressività<br />

repressa della sua patner: è lei<br />

che manovra i fili nel rapporto di coppia.<br />

Tutto il dramma di Harford nasce dal lungo<br />

monologo della moglie, che in preda ai fumi<br />

della droga, rivela al compagno la sua fantastica,<br />

e mai realizzata, evasione con un<br />

affascinante ufficiale della marina. Gli schemi<br />

mentali su cui il dottore aveva impostato<br />

la sua vita incominciano a crollare, s’infrangono<br />

nell’amara consapevolezza di trovarsi<br />

al suo fianco una donna che credeva<br />

di conoscere, ma la cui personalità è ancora<br />

avvolta in un velo d’ineffabilità. Alicia,<br />

come nella novella il magnetizzatore di<br />

Hoffman, è talmente attratta dalla visione di<br />

questo militare da inseguire la sua silhouette<br />

anche nel campo dei sogni, dove ad<br />

emergere prepotentemente è l’inconscio; in<br />

questo territorio della psiche, simile al<br />

limbo, è impossibile ingannare i propri desideri.<br />

Perciò, la sua unica soluzione è tentare<br />

di rimuovere il fuoco della passione confessando<br />

l’incubo, frutto di una piacevole<br />

nevrosi, al marito. Del resto, si potrebbe<br />

tracciare un parallelo fra il sogno descritto<br />

da Alicia e la sequenza dell’orgia, raccontata<br />

come un sogno. Infatti, questa scena è<br />

priva di nessi logici, da attuare con pragmatica<br />

razionalità, si può soltanto procedere<br />

impostando la vicenda con le regole che<br />

fungono da struttura alle visioni orfiche.<br />

Ogni domanda che lo spettatore si potrebbe<br />

porre, è priva di una risposta: chi è la<br />

donna salvifica?E come ha fatto a riconoscere<br />

l’intruso? E l’identità dell’uomo che<br />

dall’alto osserva il dottore? In questi quesiti,<br />

Kubrick ha cercato di tradurre in immagini<br />

l’ambiguità che alberga nel testo originale<br />

di Schnitzler. Inoltre, il cineasta ricorre<br />

anche ad intricare maggiormente la trama,<br />

aggiungendovi il dialogo fintamente esplicativo<br />

tra il magnate Ziegler e Bill, il quale<br />

incredulo finge di credervi per porre fine ai<br />

dubbi che attanagliano la sua mente.<br />

Kubrick è di nuovo agli altari della gloria,<br />

meritatamente, per aver realizzato un’opera<br />

intensa servendosi di carrellate leggere,<br />

immagini sorprendenti, colori intensi, con<br />

prevalenza di toni caldi per le scene più<br />

esplicitamente erotiche e soprattutto un<br />

ritmo controllato.

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