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foto Mauro Topini - Campo de'fiori

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18<br />

<strong>Campo</strong> de’ fiori<br />

Roma che se n’è andata: luoghi<br />

Alcune considerazioni, vecchi ricordi<br />

Scrivere qualcosa su Roma? Perché no!<br />

Ho sempre desiderato far ciò per tentare di<br />

trasferire, a chi ne avesse eventualmente<br />

interesse, quelle sensazioni ed emozioni che<br />

questa straordinaria e unica città riesce a<br />

suscitare fin dal primo incontro.<br />

Ricordo come fosse ieri il 1950, non conoscevo<br />

Roma e, in occasione dell’Anno Santo<br />

indetto da Papa Pacelli - Pio XII, ebbi l’opportunità<br />

per una brevissima<br />

permanenza,<br />

due o tre giorni in<br />

tutto, ospite assieme<br />

a mia madre di lontani<br />

parenti della nonna<br />

paterna.<br />

Questi signori, abitavano<br />

sulla<br />

Nomentana, proprio<br />

di fronte le Chiese di<br />

Santa Costanza e<br />

Sant’Agnese, avevano<br />

due ragazzi poco più<br />

grandi di me che in<br />

quell’occasione si<br />

adoperarono per<br />

farmi conoscere, sia<br />

pure velocemente,<br />

qualche monumento<br />

di quella che era divenuta<br />

la loro città di<br />

adozione. Ricordo la fugace visita alla<br />

Basilica di San Pietro con scalata fino alla<br />

palla di bronzo posta in cima alla cupola di<br />

Michelangelo, a quell’epoca era ancora consentito<br />

l’accesso ai pellegrini e le altrettanto<br />

rapide visite alle Basiliche di San Giovanni in<br />

Laterano, Santa Maria Maggiore, alla Bocca<br />

della Verità, all’Ara Pacis, al Foro Romano e,<br />

naturalmente, a Fontana di Trevi; ci si muoveva<br />

con i soli mezzi pubblici, le automobili<br />

private in circolazione erano davvero poche.<br />

Era luglio, si correva il Tour de France, i<br />

nostri campioni rispondevano al nome di<br />

Coppi e Bartali e i francesi a quello di Bobet<br />

e Robic soprannominato testa di vetro, era<br />

l’unico ciclista ad indossare il casco protettivo;<br />

io tenevo per Fausto Coppi il campionissimo<br />

anche se ammiravo Gino Bartali per<br />

quel suo particolare modo di sentirsi ed essere<br />

toscano. Ricordi molto lontani!<br />

Ma veniamo a tempi più recenti e precisamente<br />

alla fine degli anni 50’ allorquando,<br />

complice il servizio di leva e il breve periodo<br />

di prima nomina, la mia permanenza a Roma<br />

si protrasse per circa un anno.<br />

Quante scoperte in quel periodo! Quante<br />

nuove sensazioni! Anche in questo caso,<br />

molti ricordi sparsi, quasi dei flash:<br />

“…una passeggiata sul LungoTevere con<br />

sosta su Ponte Garibaldi ad osservare l’Isola<br />

Tiberina rischiarata dalla luna;<br />

“…una Trattoria a Tastevere, il fascino unico<br />

degli antichi vicoli di questo Rione nell’atmosfera<br />

più tranquilla delle prime ore del mattino,<br />

i molti chioschi ricchi di fette d’anguria e<br />

grattachecche;<br />

“…un piatto della tipica cucina romana a<br />

Testaccio;<br />

“…una edizione dell’Aida alle Terme di<br />

Caracalla;<br />

“…un imprevisto e del tutto casuale incontro<br />

serale con Papa Roncalli - Giovanni XXIII,<br />

mentre percorreva in automobile Via del<br />

Circo Massimo; in<br />

quell’occasione pensai che il Santo Padre,<br />

per godersi Roma, avesse lasciato di nascosto<br />

il Vaticano, complice il suo autista personale;<br />

“…la Barcaccia ai piedi della scalinata di<br />

Trinità dei Monti;<br />

“…la lettura di un buon libro al Pincio;<br />

“…la sosta in un bar di Via Veneto, era l’epoca<br />

della Dolce vita e la Capitale metteva a<br />

disposizione di Federico Fellini la sua naturale<br />

scenografia, nella quale far muovere<br />

Marcello Mastroianni, Anita Ekberg e gli innumerevoli<br />

paparazzi, in quello che sarebbe<br />

diventato uno dei film più acclamati;<br />

“…una buona birra a Via Francesco Crispi o a<br />

Via della Croce. E, poi, ancora tante passeggiate<br />

senza meta lungo le strade del centro<br />

storico e di alcuni Rioni popolari per osservare:<br />

“…un angolo caratteristico;<br />

“…una fontanella in una piccola nicchia ricavata<br />

nella parete di un edificio;<br />

“…una edicola con effige della Madonna con<br />

Bambino;<br />

“…la statua monca di Pasquino;<br />

“…un’antica targa datata 1766 contenente il<br />

divieto di fare mondezzaio: …il Monsignor<br />

Presidente delle strade proibisce a qualunque<br />

persona di gettare immondezze e farsi mondezzaro<br />

in questo capocroce…”<br />

Tutto ciò molto spesso con lo sguardo rivolto<br />

verso l’alto; hai mai fatto caso che girando in<br />

città non si guarda quasi mai verso alto?<br />

Noi conosciamo le nostre città ad altezza<br />

d’uomo, infatti, succede sovente che, guardando<br />

in alto restiamo sorpresi, a volte stupefatti,<br />

per l’improvvisa<br />

scoperta<br />

di particolari mai<br />

notati prima,<br />

anche se quella<br />

strada l’avevamo<br />

percorsa centinaia<br />

di volte.<br />

Non è facile trasmettere<br />

quelle<br />

particolari sensazioni<br />

che si percepiscono<br />

girando<br />

per Roma,<br />

percorrendo le<br />

sue strade e i<br />

suoi vicoli.<br />

Nel 1971 la Radio<br />

Televisione<br />

Italiana, manda<br />

in onda uno sceneggiato<br />

dal titolo<br />

Il Segno del Comando i cui interpreti principali<br />

sono quei due splendidi attori che<br />

rispondono al nome di Ugo Pagliai e Carla<br />

Gravina; una vicenda che contiene sapienti<br />

tocchi di occulto con sullo sfondo naturalmente<br />

Roma, una città presentata in maniera<br />

magica in cui passato e presente si accavallano.<br />

Lo sceneggiato, girato in Via Margutta, Trinità<br />

dei Monti e nei vicoli di Trastevere, <strong>foto</strong>grafa<br />

una città inedita, una Roma che si sente nella<br />

pelle, arricchito con un motivo conduttore dal<br />

titolo Cento campane, una canzone quanto<br />

mai appropriata e destinata ad un successo<br />

travolgente. Altre sensazioni del tutto particolari<br />

quelle concernenti le consuetudini e le<br />

abitudini dei romani; le gite fuori porta, gli<br />

incontri nelle osterie tipiche, le feste popolari<br />

dei Rioni e, naturalmente, il piacere del vino<br />

dei Castelli e della celebrata cucina romana<br />

costituenti, l’uno e l’altra, uno straordinario<br />

innesto nel tronco vivo di Roma e, poi ancora,<br />

a supporto e completamento di tutto ciò,<br />

la poesia romanesca di Giuseppe Gioachino<br />

Belli, Giggi Zanazzo, Trilussa e Cesare<br />

Pascarella. Sono tante le occasioni che consentono<br />

ai romani di far baldoria accompagnando<br />

le innumerevoli feste con splendide<br />

bevute ed ancor più sublimi magnate. Giggi<br />

Zanazzo, che di romani e di romanità se ne<br />

intendeva, scriveva che, a Roma:

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