contact - Parco Naturale Adamello Brenta

A
DAMELLO BRENT
PARCO
A
ANNO 15 - N. 1
FEBBRAIO 2011
NE/TN0005/2010
contact
PERIODICO QUADRIMESTRALE DI CULTURA DELLA MONTAGNA

PARCO
A A
DAMELLO BRENT
ANNO 14 - N. 3
DICEMBRE 2010
Parco Adamello Brenta
Sede dell’Ente - Via Nazionale, 24 - Strembo (TN)
tel. 0465.806666 - fax 0465.806699
Come ricevere
questa rivista
Il periodico è inviato gratuitamente
a tutte le famiglie dei Comuni del Parco,
agli enti, alle associazioni e ai collaboratori.
Adamello Brenta Parco
quadrimestrale
del Parco Adamello Brenta
Autorizzazione del Tribunale di Trento
n. 670 Aprile 1997
PERIODICO QUADRIMESTRALE DI CULTURA DELLA MONTAGNA
POSTE ITALIANE SPA - Tari fa Pagata - Pubblicità dire ta non indirizzata SMA NE/TN0137/2007 del 08/03/2007
“...Scopo dei parchi è la tutela delle caratteristiche
naturali e ambientali, la promozione dello
studio scientifi co e l’uso sociale dei beni ambientali...”
(art. 1 legge Prov.le n° 18/1988)
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PARCO
Sommario n. 1 - Febbraio 2011
Sottoscrivendo un abbonamento
di Euro 8,00 da versare sul c.c. postale
n. 15351380 (specificando la causale
del versamento) intestato a:
Parco Naturale Adamello Brenta
via Nazionale, 24
38080 Strembo (Trento)
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Il Parco che vorrei
di Antonio Caola
Il percorso della memoria
di Ilaria Rigatti
“Un’estate da Parco”
di Viviana Mauri e Catia Hvala
La mobilità sostenibile: progetto irrinunciabile
di Matteo Viviani e Federico Polla
Domanda e offerta turistica nel Parco
di Alex Salvadori
Il DBT “Country”
a cura dell’Ufficio Comunicazione
Un anno di attività a Villa Santi
di Chiara Grassi
Piano socio-economico: conclusi i forum Val di Non
di Chiara Grassi e Ilaria Rigatti
Il crociere. Il vagabondo dei boschi
di Gilberto Volcan
Un fiore nuovo per il Parco e il Trentino
di Filippo Prosser
Cambio al vertice del Parco
di Alberta Voltolini
Orazio Ghedina e la Val d’Algone
di Ennio Lappi
Il “Bus de la Spia”
di Mauro Zambotto e Paolo Zambotto
Progetto Salmerino: immissione nel Lago Gelato
a cura dell’Ufficio Faunistico
Un nuovo progetto Life sull’orso
a cura dell’Ufficio Faunistico
L’impegno del Parco per l’orso:
il progetto Life Ursus
a cura dell’Ufficio Faunistico
Una foto al mese Naturalmente Parco
a cura dell’Ufficio Comunicazione
Redazione e Amministrazione:
via Nazionale, 24 - 38080 Strembo (TN)
tel. 0465.806666
Direttore responsabile
Alberta Voltolini
Comitato di Redazione
Roberto Bombarda
Matteo Ciaghi
Claudio Ferrari
Sergio Franceschinelli
Lorena Iob
Donata Sartori
Alberta Voltolini
Antonello Zulberti
Hanno collaborato a questo numero
Antonio Caola, Chiara Grassi, Catia Hvala,
Ennio Lappi, Viviana Mauri,
Federico Polla, Ilaria Rigatti,
Filippo Prosser, Alex Salvadori, Ufficio
Comunicazione e Faunistico del Parco,
Matteo Viviani, Gilberto Volcan,
Mauro Zambotto, Paolo Zambotto
Fotografie di:
Arch. Pnab pagg. 8, 9, 19, 23, 24, 30;
Matteo Zeni, pagg. 1, 15; M. Collini, pag. 2,
M. Benigni, pag. 3; A. Alberti, pag. 4;
L. Cristoforetti, pag. 4; B. Nella. pag. 6;
G. Alberti, pagg. 7, 8, 11, 14, 17;
E. Dorigatti, pag. 15; T. Martini, pag. 16;
Michele Zeni, pag. 16; F. Cereghini, pag. 19;
Mirco Viviani, pagg. 21, 22;
A. De Walderstein pag. 26;
E. Marconato, pag. 42; L. Nave, pag. 43
F. Grazioli, pagg. 25-26, 44-45
F. Prosser, pagg. 28-29
La vignetta di pag. 5 è di Fulber
La foto di copertina:
Il cannone 149 G trasportato dagli Alpini a
Cresta Croce-Adamello nel 1916 (Michele Zeni)
Progetto grafico
Studio Grassi&Associati
Alberto Marangoni
Impaginazione e stampa:
Litografi a EFFE e ERRE
38121 Trento, Via E. Sestan 29
Sito internet: www.pnab.it
Posta elettronica: info@pnab.it

ADAMELLO BRENTA
IL PARCO CHE VORREI
di Antonio Caola
Sulle tracce di quanto fatto
Ringrazio per la stima che molti
amministratori mi hanno dimostrato
sollecitandomi ad accettare
la candidatura alla presidenza
del Parco. La considero una gratificazione
personale e un riconoscimento
al mio quindicennale
impegno negli organi direttivi
dell’Ente, al fianco del presidente
Antonello Zulberti, che voglio
ringraziare pubblicamente.
Posso dire di essere stato diretto
protagonista della storia recente
del Parco, che in questi anni è
cresciuto, non solo affermando il
suo ruolo nella tutela di un territorio
di straordinario valore, ma anche
diventando protagonista dello
sviluppo socio-economico locale.
Dobbiamo allontanare i timori
per cui il Parco è visto come un
ostacolo allo sviluppo del territorio
e considerarlo, piuttosto, un
volano e un’importante risorsa.
Tuttavia, mi rendo conto che
le tante aspettative della nostra
gente, a volte non concorde sulle
scelte gestionali riguardanti il
territorio designato a Parco, non
sono state ancora pienamente
soddisfatte.
Peraltro, è diffusa la consapevolezza
che l’idea di gestire un territorio
così ricco di peculiarità
ambientali e biologiche costituisca
un valore aggiunto importante
per l’economia locale, specie
in un periodo di crisi come quello
che stiamo attraversando.
Ciò rafforza la convinzione che
la valorizzazione, il rispetto, la
Il Monte Peller.
difesa del territorio e la sua economia
dipendano anzitutto dalla
conoscenza dei valori che lo caratterizzano:
l’ambiente, il paesaggio,
le tradizioni, la cultura, i
prodotti locali, cioè gli elementi
di unicità che lo differenziano dal
mondo cittadino. Tutto ciò fatta
salva la dovuta attenzione all’aspetto
economico e al processo di
integrazione di un turismo rispettoso
dell’ambiente, nell’ottica di
uno sviluppo sostenibile a favore
delle comunità locali.
Questi sono concetti che ho cercato
di tenere presente nello
svolgimento dei compiti affidatimi
e che ho affrontato con la
dovuta dedizione.
Ritengo che per assolvere il compito
di presiedere il Parco occorra
garantire un’assidua presenza.
Mi pongo l’obiettivo non facile
di proseguire il piano di lavoro
già avviato negli anni scorsi;
e ho l’ambizione di intervenire
con forza nei confronti di un
aspetto ancora critico, quello
del rapporto tra il Parco e la nostra
gente. Intendo operare cercando
maggiore coinvolgimento
del territorio, migliorando la comunicazione
e moltiplicando le
occasioni di incontro, confronto
e condivisione con gli amministratori,
gli operatori economici,
le associazioni, insomma con la
“gente del Parco”.
Seguendo tale approccio, lo
scorso anno abbiamo avviato
un lungo e proficuo confronto
con le realtà territoriali per l’elaborazione
del Piano strategico,
documento preliminare alla
Revisione del Piano di Parco,
culminato poi con le giornate
di “Parco aperto” dedicate alla
presentazione, nelle valli, delle
linee di crescita e di sviluppo
sociale dell’area protetta nel ri-
1

ADAMELLO BRENTA
IL NEO PRESIDENTE E LA NUOVA GIUNTA
spetto dei principi della conservazione,
cui il Parco non può in
nessun caso derogare.
Il Piano strategico è stato poi approvato
dal Comitato di gestione
nel dicembre 2009, dopo aver
ricevuto un ampio consenso da
parte dei sindaci dei comuni afferenti
il Parco.
È naturale, quindi, che proprio
dal Piano strategico, fortemente
voluto dalla precedente Giunta e
personalmente condiviso, io oggi
prenda spunto per delineare il
mio documento programmatico.
Il 15 ottobre scorso, Antonio Caola, quarantasettenne
commerciante di Pinzolo, con 58
voti (7 schede bianche e 1 nulla) è stato eletto
presidente del Parco Naturale Adamello
Brenta dal Comitato di gestione riunitosi a
Caderzone Terme, presso Palazzo Lodron
Bertelli, per il quinquennale rinnovo delle
cariche. Dopo l’elezione del nuovo presidente
si è passati alla votazione della Giunta
che è risultata così composta: Gilio Ceranelli
(40 voti, di Ragoli; supplente Michela Simoni di Montagne),
Giovanni Ghezzi (41 voti, di Breguzzo; supplente Alan Pellizzari di
Daone), Roberto Gusmerotti (39 voti, di Comano Terme; supplente
Monica Mattevi di Stenico), Silvano Maestranzi (42 voti, di Giustino;
supplente Ivano Rambaldini di Carisolo), Gilberto Masè (41 voti,
di Strembo; supplente Alberto Ongari di Pelugo), Marco Odorizzi (49
voti, di Tuenno; supplente Romina Menapace di Tassullo), Ivano Pezzi
(54 voti, di Campodenno; supplente Nadia De Marco di Sporminore),
Rodolfo Pozza (42 voti, di Spormaggiore; supplente Clara Campestrin
di Molveno) e Giuseppe Scrosati (38 voti, di San Lorenzo in
Banale; supplente Gianluca Gregori di Dorsino). Ivano Pezzi del Comune
di Campodenno è stato quindi eletto vicepresidente.
Alcune questioni di fondo
Credo che il Parco debba assumere
un ruolo partecipativo, se
non trainante, nella creazione di
occasioni di economia e di crescita
sociale per la gente delle
valli. Questo non significa
che debba indebolire il proprio
mandato di conservazione natu-
ralistica e di tutela ambientale
e paesaggistica, ma solo essere
propositivo nella valorizzazione
dei beni naturali e ambientali del
territorio, attraverso azioni di valenza
culturale e interventi anche
strutturali. Va dunque sostenuta
l’idea di un Parco coerente nelle
decisioni e forte nel perseguire i
propri obiettivi, per il raggiungimento
di uno standard di eccellenza
in tutte le attività. Un Parco
forte è garanzia innanzitutto
per le comunità più deboli.
Un altro aspetto che ritengo molto
importante riguarda le strategie
di intervento e di azione che,
fatta salva la loro compatibilità
con la tenuta degli assetti naturalistici
e ambientali, devono essere
condivise, anche in fase pro-
Locandina dell’iniziativa “Parco aperto”
2009.
Primavera a Malga Ceda di Villa Banale.
Lago di Molveno.
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ADAMELLO BRENTA
gettuale, con le amministrazioni
comunali, i portatori di interesse
e, soprattutto, con le popolazioni
locali. Per questo motivo intendo
rivedere e potenziare le strategie
di comunicazione nei confronti
del territorio, saldandole
in maniera efficace al successo
delle iniziative che hanno dato
lustro alla nostra terra, passando
attraverso le amministrazioni comunali
da coinvolgere maggiormente
e da responsabilizzare in
una nuova alleanza con il Parco.
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La “visione” del Parco: i progetti
da confermare
Nello specifico, si deve far leva
su alcuni punti di forza riconosciuti:
va confermato e anzi
potenziato il ruolo del Parco
come Ente “unificatore” che faciliti
una gestione unitaria e uno
sviluppo del territorio coordinato,
pur mantenendo e valorizzando
le peculiarità che caratterizzano
e diversificano le valli. Va
confermato, poi, l’impegno nei
progetti di grande valenza territoriale
e sociale, con particolare
riferimento all’educazione
ambientale nelle scuole, ai progetti
“speciali” per la valorizzazione
e la promozione del territorio
(marchio “Qualità Parco”,
Carta Europea del Turismo Sostenibile,
Adamello Brenta Geopark,
etc…), al turismo sostenibile
(con speciale attenzione alla
mobilità sostenibile nelle valli).
Proseguiremo con la stessa determinazione
che è stata mostrata
in questi anni, rafforzando sempre
di più l’idea di un Parco inteso
come laboratorio di idee e di
promozione di un nuovo modello
di gestione delle risorse naturali,
seguendo la strada che ha caratterizzato
l’Ente in questi anni
e che accomuna tutte le iniziative
fino ad ora svolte – la strada della
Qualità – cercando di garantire
le risorse per la realizzazione
di attività e/o interventi finalizzati
alla manutenzione, alla cura,
alla valorizzazione e alla promozione
dei luoghi e dei prodotti.
Questa la cornice all’interno della
quale ho individuato la strategia
del prossimo quinquennio, che si
articola in 4 assi: “Tutela del territorio
e qualità”, “Cultura da Parco”,
“Economia e occupazione”,
“Partecipazione e condivisione”.
“Tutela del territorio e qualità”
Occorre perseguire con convinzione
il mandato di tutela del territorio
che proviene anche dalla
normativa comunitaria, attraverso
l’applicazione intelligente del
Piano del Parco, in particolare
attraverso lo strumento del nuovo
Piano territoriale che approveremo
il prossimo anno, e degli
strumenti della valutazione
d’incidenza, privilegiando quando
possibile la prevenzione al-

ADAMELLO BRENTA
la repressione e la tutela attiva a
quella passiva. Si cercherà, poi,
di rafforzare il credo nella qualità
come principio alla base di ogni
azione, da privilegiare sempre rispetto
alla quantità. Mirare, dunque,
a migliorare la qualità della
vita, delle persone e dell’ambiente,
portando avanti il percorso di
certificazione della qualità (Iso
14001, registrazione Emas, progetto
“Qualità Parco”). Promuovere,
come intendo fare, la cura
del territorio, significherà promuovere
e progettare azioni e interventi
a favore della qualità del
paesaggio, della valorizzazione
delle storiche attività di presidio
del territorio, dei valori tradizionali
presenti, applicando metodi
di gestione idonei a realizzare
un’integrazione tra uomo e ambiente
attraverso, ad esempio, il
sostegno alla manutenzione della
sentieristica, anche fuori dai confini
del Parco, in collaborazione
con i comuni e la Sat, e degli habitat
prativi in via di abbandono,
in collaborazione con le amministrazioni
proprietarie.
Un’altra azione fondamentale
sarà quella di sostenere la “multifunzionalità”
della zootecnia di
montagna, attraverso il mantenimento
del paesaggio storico, la
riqualificazione delle malghe e
la produzione di derivati del latte
di qualità. Ciò consente anche
di promuovere contemporaneamente
un aspetto del Parco rappresentativo
dello storico legame
uomo-ambiente. In questa
direzione vanno e andranno l’elaborazione
di un Piano d’azione
“Malghe del Parco” e il sostegno
a progetti quali il Dolomiti
di Brenta Trek e il Dolomiti di
Brenta Horse. Il Parco, ancora,
si farà carico della responsabilità
derivante dal recente riconoscimento
delle Dolomiti quale
Patrimonio naturale mondiale
dell’Umanità, collaborando con
le istituzioni deputate alla gestione
del Patrimonio, attuando
il Piano d’azione dell’Adamello
Brenta Geopark e allestendo un
InfoParco sulle Dolomiti.
Cultura da Parco
Per quanto riguarda questo secondo
asse strategico occorre
consolidare ulteriormente l’educazione
ambientale, con l’obiettivo
di riportare l’uomo al centro
dell’azione, partendo dal principio
che la tutela dell’ambiente e
della biodiversità non è fine a se
stessa, ma è finalizzata a migliorare
la qualità della vita del consorzio
umano. Sono quindi i residenti
nel territorio del Parco i
responsabili della tutela dei propri
luoghi, affermando la cultura
del limite e il rispetto delle regole
che da sempre fanno parte del
bagaglio culturale della gente di
montagna. L’educazione ambientale
diviene così la strada maestra
per diffondere la consapevolezza
del grande valore naturalistico,
ambientale e paesaggistico del
nostro territorio, presidiato, mantenuto,
spesso migliorato, dalla
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ADAMELLO BRENTA
buona gestione delle popolazioni
e del Parco stesso. Per potenziare
questo asse agiremo in una
ulteriore qualificazione del personale
del Parco incardinato nel
servizio di educazione ambientale.
Continueremo a promuovere
e divulgare lo studio, la ricerca
scientifica e la sperimentazione
tecnologica come elementi fondanti
per una migliore gestione
delle risorse territoriali e dunque
per una più solida economia.
Questo consente, tra l’altro, di
rafforzare la consapevolezza ecologico-naturalistica
nelle giovani
generazioni e nei turisti che chiedono
l’accompagnamento o l’illustrazione
dei caratteri di pregio
di questa terra. Monitoraggio della
biodiversità del Parco e consolidamento
della rete di collaborazioni
istituzionalizzate con istituti
di ricerca e universitari saranno
dunque iniziative da perseguire,
insieme al rafforzamento dei rapporti
con le reti internazionali e
all’individuazione di nuove opportunità
offerte per instaurare
rapporti collaborativi e di indirizzo
comune per la tutela di particolari
esigenze ambientali. Saremo
sensibili alla promozione di
uno scambio intenso tra i parchi,
le riserve e tutte le varie strutture
che si occupano di protezione
dell’ambiente, favorendo scambi
culturali e di esperienza su scala
nazionale e internazionale e
partecipando attivamente alle reti
locali, nazionali e internazionali
(sistema delle aree protette
del Trentino, Federparchi, Alparc,
Rete Europea dei Geoparchi,
Europarc Federation, Rete
dei Geo parchi europei e mondiali).
Il tutto con l’obiettivo di generare
consapevolezza che si vive
in un territorio di qualità particolare,
sia sotto il profilo ambientale
che sociale.
Economia e occupazione: Parco
occasione per una nuova
economia e per un territorio
più competitivo
Il Parco rappresenta un valore
aggiunto per il territorio. Infatti,
la tutela ambientale apre la strada
a forme alternative di sviluppo
socio-economico e qualifica
ulteriormente l’offerta rivolta a
un turista sempre più esigente
e cosciente delle problematiche
ambientali. In questa direzione
vanno anche il progetto di marketing
territoriale per la valorizzazione
dei prodotti tradizionali
di qualità e l’attivazione delle
seguenti azioni:
• definizione del valore economico
della biodiversità e del
paesaggio;
•
definizione del valore aggiunto
del Parco nell’economia turistica;
•
sostegno all’Associazione
“Qualità Parco”, costituitasi di
recente coinvolgendo operatori
turistici, produttori e scuole;
tà
• continuazione progetti “Quali-
Parco miele”, “Qualità Parco
formaggio di malga” e marchio
“Selezionato da”.
Confermando l’adesione alla Cets
e la collaborazione con i soggetti
che operano sul territorio (Aziende
per il turismo, Consorzi turistici,
Pro loco, Guide Alpine, Accompagnatori
di Territorio, etc.)
saranno consolidate le scelte strategiche
in tema di turismo sostenibile,
promuovendo nuove occasioni
di turismo e incoraggiando
pratiche sostenibili, rispettose sia
delle necessità ambientali che di
quelle dei residenti.
Sarà portato a compimento il Piano
socio-economico partecipato
per diverse categorie economiche
e in esso verranno definiti
gli obiettivi, le iniziative, i progetti
e le altre attività che il Parco
si impegna ad attuare a favore
dello sviluppo economico, sociale
e culturale delle comunità residenti.
Nell’ambito di questo settore
di intervento, verrà concesso il
logo a servizi e produzioni locali
di qualità a fini di marketing e si
cercherà, inoltre, di coinvolgere i
settori produttivi dell’agricolturaartigianato-commercio
e quelli
sociali dei giovani, delle famiglie
e degli anziani.
Laghetto al Mandrone.
Esemplare di Nigritella.
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ADAMELLO BRENTA
Lavoreremo anche per fare
dell’area del Parco un “distretto
di sostenibilità” e di innovazione
tecnologica, una palestra
nell’impiego di energie alternative
e di sperimentazione di sistemi
energetici a basso costo
ambientale. Un Parco, dunque,
promotore di nuove strategie per
un uso saggio delle risorse, seguendo
la traccia già indicata
dai progetti “fossil free” (misure
di risparmio energetico, menù
salvaclima, progetti sperimentali
per le valli) e mobilità sostenibile.
Un altro obiettivo è quello di favorire
occasioni d’occupazione
per le nuove generazioni di
“cittadini del Parco”, attraverso
la creazione di opportunità lavorative
qualificate rispondenti
all’obiettivo sociale di contenere
il fenomeno dell’emigrazione
intellettuale e di accrescere il livello
culturale nelle nostre valli.
Stimoli all’imprenditorialità
giovanile e occasioni di occupazione
qualificata potranno essere
forniti anche dall’attivazione
di progetti mirati con le Guide
Alpine e gli Accompagnatori di
Territorio.
Partecipazione e condivisione
È questo l’aspetto al quale, riflettendo
sui cinque anni di lavoro
che vedo davanti a me, tengo
forse maggiormente. Sarà massimo
il mio impegno nel costruire
un senso di appartenenza ad un
sistema vincente e a una identità
territoriale solida, attraverso la
riscoperta dei “paesaggi identitari”
(ci sarà un progetto specifico
con riferimento anche alla Convenzione
europea del paesaggio)
e dei valori fondanti la storia di
questa terra e la valorizzazione di
chi l’ha popolata e costruita (le
imprese turistiche saranno coinvolte
in un percorso per l’ottenimento
della Carta Europea del
Turismo Sostenibile che pensiamo
anche come “marchio di alleanza”).
Attraverso specifiche iniziative
– Conferenza dei sindaci
almeno due volte l’anno, Giunta
itinerante per favorire il confronto
con le amministrazioni comunali,
incontro almeno annuale
con le giunte e i consigli comunali,
consulta permanente formata
dai rappresentanti del Comitato
e da rappresentanti di altri
portatori di interesse – tenteremo
di far crescere la partecipazione
dei tre ambiti: Val Rendena-Busa
di Tione-Val del Chiese; Val di
Non-Val di Sole; Altopiano della
Paganella-Giudicarie Esteriori.
Andrà costruito un rapporto forte
e sinergico con le Comunità di
Valle e, parallelamente, ritengo
molto importante poter instaurare
un rapporto di collaborazione
forte e leale con quelle Amministrazioni
proprietarie di porzioni
particolarmente significative di
territorio, dalle quali non si vuole
prescindere per una gestione veramente
attiva e intelligente.
Costruiremo un Parco condiviso e
partecipato, occasione per lavorare
assieme, attento al volontariato,
ai gruppi giovanili e alle varie
associazioni presenti sul territorio,
aperto e disponibile al dialogo,
pronto a cogliere, concertare
e trasformare in azioni e progetti
i suggerimenti che provengono
dalle varie categorie economiche.
Mi auguro che su questo programma
ci sia la più ampia condivisione
possibile, in quanto le
scelte che saremo chiamati a fare
nei prossimi anni saranno vitali
per il futuro del nostro Parco,
un Parco sempre più “per la
gente che lo abita”.
Le Dolomiti di Brenta in inverno.
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ADAMELLO BRENTA
IL PERCORSO
DELLA MEMORIA
di Ilaria Rigatti
Il Parco Naturale Adamello
Brenta, in collaborazione con la
Soprintendenza per i Beni architettonici
della Provincia Autonoma
di Trento, il Museo Storico
italiano della guerra di Rovereto,
l’Ecomuseo della Val del
Chiese e la Società degli Alpinisti
Tridentini per il tramite del
suo Comitato Storico, ha avviato,
nel 2009, il progetto dal titolo
“Il percorso della memoria
nel sistema Adamello-Presanella:
progetto pilota per la valorizzazione
dei luoghi della prima
guerra mondiale”.
L’iniziativa ha partecipato al
bando di concorso indetto dalla
Fondazione Cassa di Risparmio
di Trento e Rovereto sul tema
delle reti territoriali della
cultura ottenendo un finanziamento
di 60.000 euro. Inserita
nel Piano d’Azione quinquennale
2006-2010 della Carta Europea
del turismo sostenibile, ha
come obiettivo quello di valorizzare
le testimonianze di guerra
presenti sul territorio, riqualificando
culturalmente e turisticamente
i vecchi camminamenti e
i siti principali, austriaci e italiani,
che furono teatro della guerra
bianca in Adamello. Il percorso
progettuale prevede un ampio
coinvolgimento dei soggetti territoriali
che si occupano di tematiche
storiche, al fine di condividere
scelte e decisioni.
Il ghiacciaio dell’Adamello.
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Nella prima fase si è provveduto
a suddividere il territorio di riferimento
individuando, all’interno
di un’area così ampia come
è l’Adamello-Presanella, alcuni
ambiti omogenei (ne sono stati
identificati 11), almeno per motivazioni
culturali e storiche relativamente
agli accadimenti bellici
accaduti. Questo per creare un
sistema unitario, percorso da un
racconto non solo storico ma anche
rappresentativo e paesaggistico.
Di ogni ambito considerato
sono stati individuati i siti di
particolare interesse dove storia
e presenze materiali si assommano
qualificando il luogo.
In questo contesto, riferimento
importante dovrebbe diventare
la Mostra Museale della guerra
bianca adamellina di Spiazzo
Rendena, sede informativa e conoscitiva
dell’intero sistema. La
rete di percorsi in loco potrà invece
apparire come un grande
museo diffuso, nel quale si potranno
trovare e apprezzare reperti
individuati o collegati con
strutture museali tradizionali
presenti sul territorio.
Il progetto prevede, quanto più
possibile, di valorizzare sentieri
esistenti, già inseriti in cartografia,
segnalati sul territorio e
regolarmente manutentati dalle
sezioni SAT competenti. Nuovi
brevi tratti, dopo attenta valutazione,
potranno essere eventualmente
proposti. Tale rete di

ADAMELLO BRENTA
sentieri dovrà comporre una proposta
organica nella quale ciascuno,
ricevute le necessarie informazioni,
potrà approfondire
le tematiche storiche e ambientali
legate agli accadimenti della
guerra bianca, personalizzando
il proprio itinerario in base alla
preparazione fisica e culturale e
agli interessi personali.
Nella fase di avvio del progetto,
l’impegno è stato indirizzato
a realizzare un’ampia campagna
di documentazione, ricerca
e conoscenza territoriale, utilizzando
la bibliografia e la cartografia
esistenti; fondamentale,
quest’ultima, per procedere ad
una prima ricognizione dell’esistente,
alla verifica dello stato di
conservazione dei reperti bellici,
ad un’analisi della valenza culturale
e paesaggistica dei siti e degli
scenari coinvolti.
Parallelamente è stato organizzato,
nel mese di giugno 2009,
un corso di formazione gestito
dalla Soprintendenza per i Beni
Architettonici della Provincia e
propedeutico al censimento delle
opere campali. In questo modo
è stato possibile recepire e attuare
il sistema di rilevamento,
unitario e da utilizzare su tutto
il territorio provinciale, proposto
e avviato dalla stessa Soprintendenza
e dal Museo della Guerra
di Rovereto.
Il corso è stato rivolto a tutti
gli operatori, sia del Parco che
dell’Ecomuseo della Val del
Chiese, coinvolti nel progetto.
Le attività di campo, precedute
da una fase “desk” organizzativa,
fondamentale per definire le
zone da rilevare, sono iniziate alla
fine dell’estate 2009 e proseguite
a pieno ritmo da giugno a
novembre 2010. Ad assumersi
il compito di portare a termine
questa fase operativa sono stati
cinque guardaparco (Alberto
Aprili, Fernando Ballardini, Rudy
Cozzini, Iginio Giuliani, Luciano
Ramponi) con il supporto,
in alcune giornate, di alcuni volontari
della SAT “Carè Alto”.
Il censimento dei camminamenti
e delle opere campali presenti ha
interessato la Val Genova, la Val
di Borzago e la Val di Breguzzo
(nell’area compresa all’interno
dei confini del Parco, come
da accordi con l’Ecomuseo del
Chiese); nello specifico è stata
seguita la “Linea Honved” che
si sviluppa lungo la cresta in sinistra
orografica della Val Siniciaga,
tra il fondovalle della Val
Genova e la zona Pozzoni.
Per continuità con il lavoro svolto
dal Comune di Giustino in collaborazione
con il Parco e i soggetti
sopra menzionati, secondo
l’accordo di programma siglato
il 22 luglio 2008, si è iniziato
con il censimento dell’intero
patrimonio presente in Val Genova.
Poi, la rilevazione è proseguita
anche negli ambiti confinanti
così da poter preparare lo
studio per il proseguimento del
progetto e creare una certa continuità
con lo studio territoriale
complessivo. Considerato che
gran parte del lavoro si è svolto
in alta quota, le condizioni meteorologiche
hanno influenzato
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ADAMELLO BRENTA
fortemente la tempistica, l’organizzazione
delle attività e il numero
delle giornate impiegate
per completare il censimento.
Cannone di Cresta Croce.
Alcune delle postazioni militari
censite dai Guardaparco.
Il lavoro è stato portato a termine
quasi interamente: una decina
di giornate ancora da svolgersi
permetterà di completare l’attività
di campo in riferimento alle
zone sopra menzionate.
Contestualmente i guardaparco
si sono occupati anche dell’inserimento
dei dati in un sistema
telematico; tale attività è stata
svolta in prima battuta da tutti
gli operatori, mentre il solo Rudy
Cozzini ha eseguito la georeferenziazione
degli stessi.
Nel corso dell’estate 2010, il
Parco ha inoltre dato avvio al
progetto definitivo di valorizzazione
del primo degli 11 ambiti
individuati: il settore “Carè Alto
e Pozzoni”. Il progetto è stato
confrontato e condiviso con
la Soprintendenza per i Beni Architettonici
della Provincia, la
Sat Centrale e il Comitato Storico,
insieme ai quali sono state
apportate alcune modifiche finalizzate
a rendere la visita più
completa e accattivante.
Il progetto prevede la valorizzazione
dei luoghi teatro della
guerra bianca adamellina attraverso
l’individuazione, lungo
i vecchi camminamenti, di percorsi
guidati e segnalati che accompagnino
gli escursionisti alla
scoperta delle emergenze e dei
vecchi ritrovamenti bellici. Si
prevede sostanzialmente la realizzazione
e l’installazione di 3
pannelli illustrativi (uno presso il
rifugio Carè Alto, uno alla bocchetta
del cannone e uno in località
Pozzoni) e la messa in sicurezza
di una parte del sentiero
militare che porta ai Pozzoni. A
tale scopo è stato effettuato, a luglio
2010, il rilevamento in loco
tramite gps dei percorsi realizzabili,
ricalcando gli originali
percorsi militari. Per ora è stata
conclusa la fase di redazione
dei testi illustrativi e la raccolta
del materiale iconografico, grazie
anche al fattivo contributo di
revisione da parte dei volontari
del Comitato Storico della SAT.
Una volta ottenuti i nullaosta necessari,
si partirà con la fase di
esecuzione lavori che, considerata
la localizzazione in quota
del sito, è previsto si svolga nella
prossima estate.
Quali sono i prossimi passi del
progetto? Nel 2011, terminato il
censimento delle opere campali
che fornirà certamente un quadro
più dettagliato sull’esistente,
si lavorerà al progetto di valorizzazione
degli altri ambiti,
in particolare quello della Val
Genova, e alla realizzazione del
materiale divulgativo.
La realizzazione delle attività ha
consolidato un sistema di rete territoriale
che vede collaborare più
figure a un medesimo progetto,
favorendo, di fatto, il coinvolgimento
del tessuto culturale e sociale
prevalentemente locale.
9

ADAMELLO BRENTA
8ª EDIZIONE PER
“UN’ESTATE DA PARCO”
di Viviana Mauri e Catia Hvala
Nuove proposte e inedite attività
arricchiscono, ogni anno,
“Un’estate da Parco”, il taccuino
di iniziative giunto, nel 2010,
all’ottava edizione. Il programma,
nella scorsa estate, è stato
seguito da 10.551 persone, con
un incremento del 10,38% rispetto
all’anno precedente.
Scegliendo tra un ventaglio di
appuntamenti che ha spaziato
dalle facili passeggiate alle medie
altitudini alle impegnative
escursioni alle quote più elevate,
passando per le serate naturalistiche
e l’originale trekking
dolce con gli asini, turisti e residenti
hanno avuto la possibilità
Un’estate da Parco 2010
Attività proposte nell’estate 2010
Speciale Val Genova
23 %
Parco
Avventura
4 %
Speciale Tovel
21 %
Educazione
ambientale
15 %
Serate
3 %
Attività Parco Estate
34 %
Proposte
Attività Partecipanti Media
2010
2010 partecipanti
Serate 31 2.127 69
Attività Parco Estate 303 2.751 9
Educazione ambientale 139 2.338 17
Parco Avventura 33 767 23
Speciale Val Genova 212 835 4
Speciale Tovel 186 1.733 9
Totale 904 10.551 12
di conoscere angoli mai visti prima
del Parco Naturale Adamello
Brenta o riscoprire ambienti
già noti ma apprezzati con uno
sguardo più consapevole, grazie
alle informazioni culturali e naturalistiche
fornite dagli operatori
del Parco, sensibili e attenti
“maestri” in ogni attività.
In Val Genova e in Val di Tovel,
le perle naturalistiche più famose
dell’area protetta, ogni giorno in
due orari diversi, gli esperti del
Museo Tridentino di Scienze Naturali
hanno accompagnato i visitatori
alla scoperta delle particolarità
dei luoghi. Tra le iniziative
riproposte nel segno della continuità
troviamo gli “Inviti speciali”
con meta il lago di Tovel e
l’adiacente Casa del Parco “Lago
rosso”, l’Area natura Rio Bianco
e la Casa del Parco “Flora” a
Stenico e Spormaggiore con visita
alla Casa del Parco “Orso”
e all’Area faunistica, entrambe
dedicate al “signore dei boschi”.
Ancora le escursioni al tramonto
e di notte, oppure la lettura del
cielo stellato insieme agli astrofili
del Museo Civico di Rovereto
e del Museo Tridentino di Scienze
Naturali. Non sono mancate,
nell’estate passata, nemmeno le
escursioni sugli alpeggi della Val
10

ADAMELLO BRENTA
Rendena, di Tovel e del Banale,
occasioni per conoscere non solo
il paesaggio disegnato dalla presenza
dell’attività zootecnica in
montagna, ma anche il lavoro degli
allevatori.
Numerose altre escursioni e attività
di interpretazione ambientale
– “Acqua: vita e tradizione”,
“Ai confini del Parco… lungo
il Dolomiti di Brenta Trek”,
“Amolacqua”, “Due passi con
l’orso… e il miele”, “Panorama
sulle Dolomiti Unesco”, “Percorso
natura: le sorgenti di Vallesinella”,
“Scienza e tradizione
delle piante officinali”… e altre
ancora – hanno dato la possibilità
di emozionarsi e stupirsi davanti
allo spettacolo della natura.
Per la seconda estate consecutiva,
a luglio, si è tenuta la “Settimana
del Geoparco” accompagnata da
numerose altre opportunità a carattere
geologico (“Alla scoperta
del ghiacciaio che c’era” in Val
Genova, “Panorama sulle Dolomiti
Unesco” a Madonna di Campiglio
e “Un viaggio nella storia
del quarzo e delle vetrerie” con
tappe in Val d’Algone, a Carisolo
e Pinzolo) che, distribuite in tutti
i mesi estivi, hanno dato la possibilità
di scoprire il cuore di roccia
dell’Adamello Brenta Geopark.
Studiate a misura di bambino sono
state le iniziative inserite nel
calendario specifico “Parco estate
Junior” (“Scopriamo i segreti
del bosco”, “Natura e avventura”
“Acque trasparenti nascondono
vivi segreti”, “Crea… nel
Parco”, “Parco Avventura”).
La Casa natura Villa Santi ha
aperto le sue porte anche d’estate,
proponendo attività giornaliere
per scoprire l’anima rurale
della montagna attraverso i laboratori
tematici, il contatto con gli
animali della fattoria delle razze
rare dei parchi, il trekking dolce
con gli asini, le attività pratiche
nell’orto biologico. Rispettando
gli impegni assunti nell’ambito
del percorso per l’ottenimento
del marchio “Family in Trentino”,
sono state applicate tariffe
speciali per le famiglie che hanno
partecipato alle diverse attività.
Da giugno a settembre la sezione
“ArteParco” ha arricchito la
proposta culturale delle Case del
Parco aprendosi alla dimensione
artistica e dando la possibilità ad
alcuni artisti locali di esporre le
proprie opere.
In crescita anche le vendite della
“ParcoCard”, ogni anno sempre
più conosciuta e apprezzata,
che sono state 759.
Il programma “Un’estate da
Parco” è stato promosso in collaborazione
con Madonna di
Campiglio-Pinzolo-Val Rendena
Azienda per il Turismo Spa,
Pro loco di Carisolo, Consorzio
Dimaro Folgarida Vacanze,
Azienda per il Turismo Val
di Non, Azienda per il Turismo
Dolomiti di Brenta Paganella,
Azienda per il Turismo Terme
di Comano-Dolomiti di Brenta,
Consorzio Turistico Giudicarie
Centrali, Consorzio Pro loco
Val Rendena e Pro loco Caderzone.
Numero partecipanti attività totali 2005-2010
2005 5953
2006 5831
2007 6960
2008 8392
2009 9559
2010 10551
10,38% di incremento nel 2010 rispetto al 2009
11

ADAMELLO BRENTA
LA MOBILITÀ SOSTENIBILE:
PROGETTO IRRINUNCIABILE
di Matteo Viviani e Federico Polla
“Un’avventura speciale” in Val
Genova (ottavo anno di attuazione),
“Un’occasione di scoperta”
in Val di Tovel (settima
edizione), “Una questione di…”
a Vallesinella (quinta stagione
di attivazione) e “Uno scenario
d’incanto” a Ritort (proposta per
il terzo anno consecutivo) sono
le campagne di comunicazione
che hanno affiancato i quattro
progetti di mobilità sostenibile
promossi dal Parco Naturale
Adamello Brenta nell’estate
2010.
Ormai consolidate all’interno
della programmazione annuale
del Parco, ciascuna delle iniziative
ha messo in rete, costituendo
un’unica e organica proposta,
la possibilità di ingresso dolce
alle valli del Parco con i busnavetta,
il sistema di parcheggi
predisposto alle porte delle aree
ad accesso controllato, la valorizzazione
della rete di sentieri
per il trekking e di percorsi per
la mountain bike, la promozione
di attività educative e di interpretazione
ambientale, il servizio di
trasporto pubblico attivo nel fondovalle,
la mobilità turistica estiva
organizzata sul territorio dai
comuni e il collegamento cittàmontagna
fornito dalla Ferrovia
Trento Malè.
Il sistema adottato fino ad oggi,
con aggiustamenti e miglioramenti
introdotti di anno in anno,
ha garantito un accesso sostenibile
a quattro tra le aree più fragili
dal punto di vista ambientale
e maggiormente problematiche
in termini di afflusso turistico di
tutto il Parco.
Nel corso dell’estate che ci siamo
lasciati alle spalle, come
nelle precedenti, ha funzionato
anche il collegamento tra il fondovalle
rendenese e la Val Genova
e tra il fondovalle noneso
e la Val di Tovel. Il Val Genova
Express, dal 20 giugno al 20 settembre,
ha condotto, ogni giorno,
numerosi turisti da Madonna
di Campiglio alla Piana di Bedole,
riportandoli a casa nel pomeriggio.
Lo stesso ha fatto il Val
di Tovel Express da Cles e Tuenno
fino al lago.
Il binomio “mobilità & cultura”
ha avuto la sua massima espressione
in Val Genova e in Val di
Tovel dove, quotidianamente,
in collaborazione con il Museo
Tridentino di Scienze Naturali,
è stato proposto, in diversi orari
mattutini e pomeridiani, un variegato
programma di attività di
interpretazione ambientale, che
ha permesso ai numerosi fruitori
delle due valli alpine di vivere
un’esperienza emozionante e
scoprire tanti aspetti sconosciuti
della natura e del paesaggio di
montagna.
Agli 8 euro di ticket di parcheggio
per ciascuna auto in vigore
durante il periodo di attivazione
dei bus navetta è corrisposto un
ampio carnet di gratuità per tutta
la famiglia. A titolo di esempio
una famiglia che parcheggiava
l’auto in località Ponte
Maria a metà della Val Genova
o al parcheggio “Capriolo” in
Val di Tovel, pagava 8 euro per
posteggiare l’auto tutto il giorno
e poi aveva a disposizione
gratuitamente due diverse attività
di interpretazione ambientale,
di un paio d’ore ciascuna,
da svolgersi al mattino o al pomeriggio,
e (in Val Genova nei
giorni infrasettimanali escluso
il periodo 7-22 agosto) un numero
di ticket gratuiti per la salita
con il bus navetta pari al numero
degli occupanti dell’auto.
Inoltre, come di consueto, sono
state stabilite delle agevolazioni
per i residenti nei 39 comuni
del Parco (ticket di parcheggio
a metà prezzo) e introdotte,
per la prima volta, alcune “formule
risparmio” come la “Vallesinella
Card” e la “Val Genova
Card” e specifiche gratuità per le
famiglie.
Info: le relazioni dettagliate
sui progetti di mobilità sono
disponibili all’indirizzo web
http://www.pnab.it/vivere_il_
parco/come_muoversi/con_i_
mezzi_pubblici.html
12

ADAMELLO BRENTA
LA MOBILITÀ 2010 IN CIFRE
13

ADAMELLO BRENTA
DOMANDA E OFFERTA
TURISTICA NEL PARCO
di Alex Salvadori
Per molti anni, almeno fino al
XVI secolo, le Alpi erano viste
come “orrende montagne”, terra
di nessuno. Con l’espansione
del turismo e il successivo avvento
del turismo di massa, questa
immagine cambiò e le orrende
montagne si trasformarono
in “paesaggi pittoreschi e sublimi”.
Le montagne erano sempre
uguali, a cambiare è stato lo
sguardo dell’uomo. Nacque così
il viaggio in montagna che portò
allo sviluppo del turismo alpino.
Però, attorno al 1980, l’espansione
generale fece emergere a livello
globale la preoccupazione per
l’ambiente che, nel caso delle Alpi,
essendo questo la risorsa principale,
portò l’uomo ad attivarsi
per cercare di porre dei freni a
questo sviluppo poco responsabile.
Turismo e ambiente naturale in
queste zone sono strettamente legati
tra loro, ma se non vi si pongono
le dovute attenzioni, i due finiscono
per ostacolarsi a vicenda.
È quindi fondamentale promuovere
un tipo di turismo che sia responsabile
delle proprie azioni,
così da poter garantire la sostenibilità
nel lungo periodo a se stesso
e anche all’ambiente circostante.
Ciò ha portato alla nascita di
molte organizzazioni che si occupano
proprio di questi problemi,
dal livello globale al locale, perché
l’ambiente è un elemento che
va considerato su scala globale.
Da qui l’importanza delle aree
protette. Queste, “prendendosi a
14
cuore” le diverse aree del pianeta
che necessitano di tutela, sono
le uniche in grado di garantirne la
conservazione per le generazioni
future. Di conseguenza si è sviluppata
anche la legislazione in materia
ambientale, definendo dapprima
norme a carattere generale, per
poi ripartire e dettagliare le competenze
ai livelli più vicini alle diverse
situazioni (enti locali).
L’area protetta considerata nel

A
DAMELLO BRENT
A
lavoro di tesi che ho svolto, è il
Parco Naturale Adamello Brenta.
Situato nel Trentino occidentale,
è sottoposto alle norme della Provincia
Autonoma di Trento. Oltre
ad assolvere al suo compito primario,
ovvero la tutela dell’ambiente
naturale, il Parco è chiamato
a promuovere un turismo
che sia consapevole e responsabile
delle proprie azioni e che
quindi possa durare a lungo nel
tempo, senza danneggiare l’ambiente
e le popolazioni locali.
A tal proposito, il Parco si è impegnato
in una serie di progetti
in un’ottica di turismo sostenibile,
come il progetto “Qualità
Parco” (QP), la Carta Europea
del Turismo Sostenibile (Cets)
e il progetto STEPPA (Sustainable
Tourism in Enterprises, Parks
and Protected Areas – Turismo
sostenibile nelle imprese,
nei parchi e nelle aree protette).
Oggetto della presente indagine
è il progetto STEPPA, presentato
dal Parco Naturale Adamello
Brenta assieme a due università,
una finlandese (capofila del progetto)
e una della Gran Bretagna,
alla Federazione europea dei parchi
(Europarc) e a sei altre aree
protette d’Italia, Finlandia, Gran
Bretagna, Spagna, Slovacchia
e Lettonia, e finanziato dall’Unione
Europea. Ad accomunare
le aree protette che partecipano
al progetto europeo è il fatto
di aver adottato la Carta Europea
del Turismo Sostenibile (Cets). Il
finanziamento complessivamente
ottenuto è di 300.000,00 euro:
il 40% destinato al capofila del
progetto e il restante 60% suddiviso
tra i nove partners.
Il Parco impiegherà la sua quota
per implementare la strategia di
turismo sostenibile prevista dalla
Carta, in particolare per promuovere
e rafforzare la cooperazione
tra il Pnab e le imprese turistiche
che operano sul territorio
(fase 2 della Cets), a partire dagli
alberghi certificati “Qualità Parco”.
Questi ultimi saranno coinvolti
dal Parco nell’attivazione di
progetti comuni legati alla sostenibilità.
L’adozione di buone pratiche
ambientali, infatti, ancor più
se supportata da una valida promozione,
migliora la competitività
delle aziende. Il progetto è iniziato
a giugno 2010 e durerà 18
mesi. Nello specifico, l’iniziativa
prevede la realizzazione di altre
indagini, una per parco, che vadano
ad indagare il livello di coincidenza
tra domanda e offerta turistica.
Quindi il progetto STEPPA
offre la possibilità di fare rete con
altre realtà europee che si stanno
impegnando, come il Parco Naturale
Adamello Brenta, nell’individuare
nuove opportunità di
turismo “leggero”, appetibili per
il mercato e sostenibili dall’ambiente.
Progetti come questo permettono
a realtà geograficamente
lontane, ma alle prese con le stesse
problematiche, di relazionarsi
tra loro in modo attivo.
Lo studio si è posto l’obiettivo di
dimostrare che le strutture ricettive
adottanti strategie legate alla
sostenibilità verso l’ambiente,
sono più competitive sul mercato
e hanno una maggiore consapevolezza
di come un territorio
protetto e tutelato possa offrire
un prodotto più “appetibile” sul
mercato stesso. Questo perché:
tutela, valorizzazione e sostenibilità
vanno di pari passo.
Sono stati somministrati 200 questionari
ai turisti e 200 ai gestori
di strutture ricettive (alberghi,
garnì, agriturismi, B&B, campeggi,
rifugi e rifugi Alpini) nei
38 comuni del Parco, nei mesi
15

ADAMELLO BRENTA
di luglio e agosto 2010, costituiti
da 41 domande per le strutture
ricettive e 40 per i turisti. Le domande
riguardano le motivazioni
e la durata della vacanza, il tipo
di struttura ricettiva, la conoscenza
e la frequentazione del Parco e
dei suoi progetti e attività, la sensibilità
e la conoscenza in merito
alle problematiche ambientali,
in particolare riferite ai marchi di
certificazione ambientale (Qualità
Parco, Ecolabel, ISO 14001,
EMAS o altro) e l’influenza che
questa ha eventualmente avuto
sulla scelta della struttura ricettiva
in cui soggiornare da parte dei
turisti, oltre ovviamente ai dati riferiti
all’anagrafica: età, titolo di
studio e sesso. Inoltre è stata fatta
un’analisi per le domande rivolte
alle strutture che possiedono certificazioni
ambientali e una per
quelle rivolte ai turisti che soggiornano
in strutture certificate,
proprio per indagare l’esistenza,
o meno, di un legame positivo
tra sostenibilità delle strutture e
competitività sul mercato.
La maggior parte delle strutture
intervistate appartiene al settore
alberghiero, quindi i risultati sono
influenzati dalle risposte date
dai gestori di queste strutture. Le
due aree in cui si sono registrate le
maggiori percentuali di interviste
sono l’Alta Val Rendena (Pinzolo
e Campiglio) e l’Altopiano della
Paganella (Andalo e Molveno).
Dall’analisi è emerso che le certificazioni
ambientali, salvo alcuni
casi, non sono fattori determinanti
nelle scelte dei turisti in merito
alla loro vacanza. Ciò è dovuto al
fatto che sono ancora poco diffuse
tra le strutture. Infatti sono soltanto
35 le certificazioni rilasciate
dal Parco alle strutture ricettive
del comparto alberghiero e complementare
presenti sul territorio
di riferimento, che conta un totale
di ben 570 strutture; quindi solamente
il 6%. L’indagine ha però
rilevato che i turisti a conoscenza
delle certificazioni, che quindi
hanno scelto una struttura certificata
“QP” per la loro vacanza,
ne sono rimasti molto soddisfatti.
Ciò dimostra l’importanza di investire
maggiormente nella promozione
di progetti come questo,
cercando di instaurare preventivamente
dei rapporti di comunicazione
con i diversi soggetti
sul territorio (enti, associazioni,
strutture ricettive, popolazione
locale, turisti).
Dalla ricerca è emerso che i gestori
delle 35 strutture che hanno
aderito al marchio “QP”, hanno
compiuto questa scelta con lo
scopo di aumentare la propria
immagine e di migliorare la qualità
della propria offerta. Però, in
generale, non hanno notato vantaggi
competitivi sul mercato, né
in termini di incrementi dei flussi
turistici nella loro struttura e
né di aumento della fidelizzazione
della propria clientela.
È auspicabile che la certificazione
in questione raggiunga una
diffusione maggiore sul territorio,
perché oggigiorno rappresenta
un elemento indispensabile
nell’offerta turistica di un territorio
come quello analizzato.
16

ADAMELLO BRENTA
Nei pochi casi in cui la certificazione
ha prodotto i suoi effetti
sui turisti, questa è stata molto
apprezzata, ma come detto i
casi sono risultati troppo pochi,
affinché un tale progetto possa
apportare i benefici che potenzialmente
possiede.
A nostro avviso, il Parco dovrebbe
rafforzare i processi di comunicazione
con gli attori esterni ed
interni. Quindi, visto lo stretto legame
esistente oggi tra ambiente
naturale e turismo, è auspicabile
che venga raggiunta una sinergia
tra gli enti preposti alla tutela
dell’ambiente e quelli preposti
alla promozione turistica.
Non è però un compito facile,
quello di mettere d’accordo i
vari interessi coinvolti, presenti
sul territorio considerato; quindi
è inevitabile incorrere in opposizioni
da parte di alcuni gruppi
di attori, vista la complessità
dell’argomento trattato.
Si può dire che nei territori con
un leggero carico turistico il Pnab
è visto come possibile promotore
dello sviluppo. Essi vantano la
possibilità di fare della loro natura,
ancora in gran parte illesa, un
possibile prodotto di promozione
turistica. In questi territori il Parco
non incontra le resistenze di altre
istituzioni già preposte alla promozione
e allo sviluppo turistico.
Nei territori con un carico turistico
più marcato, invece, il Parco
trova maggiori difficoltà di
integrazione perché negli operatori
vige una distinzione tra quello
che loro si aspettano dal Pnab,
da un lato, e dagli organismi preposti
alla promozione turistica
dall’altro. In questo contesto potrebbe
risultare problematica una
comunicazione da parte del Parco
volta alla promozione turistica
perché in realtà gli operatori si
aspettano da questo un ruolo forte
nella protezione dell’ambiente.
I gestori intervistati, ma in generale
anche le popolazioni locali,
chiedono maggiore ascolto
da parte del Parco nei loro confronti;
questo ascolto è proprio
ciò che il Parco sta cercando di
realizzare tramite il nuovo Piano
del Parco, ovvero il “Piano del
Parco e della sua gente”.
Invece, tra i turisti del campione
intervistato è risultato un grande
apprezzamento del Parco; questi
vedono indispensabile la presenza
dell’area protetta al fine della
conservazione di un ambiente naturale
come quello in questione.
La fidelizzazione di questi visitatori
non può che essere rafforzata,
qualora progetti come quelli trattati
nel presente lavoro raggiungano
gli obiettivi prefissati. Immaginiamo
i benefici che potrebbe
apportare la conoscenza del progetto
“Qualità Parco” tra tutti i turisti
che scelgono il territorio del
Pnab quale meta per le loro vacanze
soprattutto estive. In genere
questi turisti sono attratti, chi più
e chi meno, chi direttamente e chi
indirettamente, dall’ambiente naturale
caratteristico del territorio
di riferimento, portando sostentamento
e benessere agli abitanti di
tutta la zona considerata.
Alex Salvadori ha discusso, con il professor
Umberto Martini, nell’anno accademico
2009/2010 presso l’Università
degli Studi di Trento, Facoltà di
Economia, Corso di laurea specialistica
in Economia e gestione dell’ambiente e
del turismo, la tesi Domanda e offerta
turistica nelle aree protette: il caso del
Parco Naturale Adamello Brenta.
17

ADAMELLO BRENTA
IL DBT “COUNTRY”
a cura dell’Ufficio Comunicazione
Il Dolomiti di Brenta Trek
Il “Dolomiti di Brenta Trek”
(DBT) è un percorso di trekking
che nasce dopo l’esperienza di
successo del “Dolomiti di Brenta
Bike”, l’itinerario per mountain
bike che dal 2008 vede sempre
più appassionati affrontare i suoi
tracciati off-road. Come il progetto
“Bike”, anche il “Dolomiti
di Brenta Trek” propone 2 percorsi
ad anello disegnati attorno
alle Dolomiti di Brenta e attrezzati
con un’apposita segnaletica
che accoglie i camminatori e
gli alpinisti che desiderano vivere
alcuni giorni nelle Dolomiti in
completa autonomia.
La versione “Expert” del DBT è
il percorso tecnicamente più impegnativo
del progetto; è rivolto
a un target alpinistico che ha
esperienza dell’alta montagna e
sa affrontare anche tratti esposti,
nevai e ferrate. I punti più critici
possono comunque essere eventualmente
sostituiti percorrendo
varianti ad hoc segnalate lungo
il tracciato.
Il secondo anello, la versione
“Country” del DBT, inaugurato
a settembre 2010, aggira invece
le Dolomiti di Brenta a una
quota inferiore e non richiede alcuna
specifica abilità tecnica se
non tanta voglia di camminare e
scoprire la montagna!
Per entrambi gli anelli sono previsti
punti di ristoro e pernottamento:
presso rifugi, malghe o bivacchi
d’alta montagna nel DBT
“Expert”; in hotel, agriturismi e
confortevoli B&B del fondovalle
nella versione “Country”.
Il tempo di percorrenza dell’intero
DBT è di almeno 5 giorni
per l’anello “Expert” e 7 giorni
per l’anello “Country”, ma nulla
vieta di accorciare i due percorsi
attraverso le varianti appositamente
create per chi non ha
molti giorni a disposizione. Attraverso
il “Dolomiti di Brenta
Trek” è possibile addentrarsi
nella natura incontaminata del
Parco Naturale Adamello Brenta
e attraversare sei tra le più belle
aree del Trentino: la Val di
Non, la Val di Sole, la Val Rendena
con Madonna di Campiglio
e Pinzolo, le Giudicarie Centrali,
la zona delle Terme di Comano
e l’Altopiano della Paganella.
Non esiste un punto di partenza:
il DBT può essere intrapreso da
qualunque di queste sei valli a
scelta grazie alla rete di sentieri
che collegano i due anelli con
il fondovalle!
DBT “COUNTRY”
160 chilometri
7.200 metri di dislivello
2 rifugi
7 malghe
15 paesi di montagna
2 laghi alpini
18

ADAMELLO BRENTA
Il Dolomiti di Brenta Trek
“Country”
Il Dolomiti di Brenta Trek
“Country” è un percorso ad anello
che si svolge ad un’altitudine
più bassa rispetto all’itinerario
“Expert” e percorre sentieri
SAT, strade forestali, mulattiere,
vecchi canali irrigui e antiche
vie romane attraversando paesaggi
misti fatti di campagne,
boschi, frutteti e centri storici.
Questo itinerario abbina il fascino
di camminare alla possibilità
di conoscere storia, cultura
e tradizioni delle vallate che
si addentrano nelle Dolomiti di
Brenta. Un viaggio tra panorami
sempre nuovi e l’accoglienza dei
paesi e delle loro genti.
Il percorso “Country” si sviluppa
su un totale di 160 chilometri di
lunghezza e 7200 metri di dislivello.
Ognuno può decidere a che
passo spostarsi sul circuito calcolando
la distanza e il dislivello
che si vogliono percorrere giornalmente.
Il tempo necessario per
percorrerlo interamente è di circa
7 giorni e i pernottamenti si svolgono
principalmente nei fondovalle
e in misura minore in quota.
Anche il Dolomiti di Brenta Trek
“Country” prevede delle varianti
che permettono di accorciare l’itinerario
svolgendo comunque un
percorso ad anello. Anche per il
DBT “Country” si può scegliere
come punto di partenza uno dei 6
ambiti toccati dal percorso, il seguente
è un esempio.
Proposta di percorso
Dal Lago del Durigat si prosegue
fino alla Malga Clesera. Da
qui si scende al bivacco Mezzol e
si raggiunge la Val di Sole presso
località. Regazzini di Malè. Si segue
il fondovalle fino a Carciato e
si sale tra campi e foreste fino al
Dosso di Santa Brigida. Da qui si
scende verso il torrente Meledrio,
lo si attraversa per raggiungere il
rudere di Malga Presson Bassa
fino a raggiungere località Belvedere
di Folgarida. Si percorre
un breve tratto di pista da sci
che porta a Malga Presson Alta
e Malga Folgarida di Dimaro per
raggiungere infine Campo Carlo
Magno. Si imbocca il sentiero
Giro di Campiglio fino a raggiungere
il Rifugio Vallesinella e
il Rifugio Cascate di Mezzo. Si
scende poi a Malga Brenta Bassa
da dove si gode di uno splendido
panorama sull’anfiteatro eccezionale
formato dalle cime partendo
da sinistra: Cima Brenta, Cima
Mandron, Torre di Brenta, Campanil
Alto, Campanil Basso, Cima
Brenta Alta, Cima Margherita
e Crozzon di Brenta.
Dalla Malga Brenta Bassa si
scende per raggiungere Sant’Antonio
di Mavignola. Da Mavi-
19

ADAMELLO BRENTA
gnola si arriva a Carisolo prima
e Caderzone Terme poi. Costeggiando
il campo da golf si sale a
Bocenago e ci si porta sui monti
sovrastanti il paese che offrono
splendidi panorami sulla Val
Rendena. Si prosegue fino a località
Pertiche seguendo la direzione
per Malga Zerli.
Si prosegue in quota godendo
della panoramica sull’intera Val
Rendena fino al Passo delle Malghette
per poi raggiungere Passo
Campiol e Cima Durmont. Dalla
cima si scende nei paesi di Montagne
passando per Villa Santi,
centro didattico e Casa Natura
del Parco Naturale Adamello
Brenta. Da Villa Santi si prosegue
attraversando gli abitati di
Binio, Cerana, Bolzana e Coltura
fino al caratteristico villaggio
di Iron con le sue abitazioni che
riportano l’architettura antica in
pietra e legno. Da Iron si prosegue
verso Stenico e si seguono
le indicazioni della via San Vili
passando per il paese di Seo,
Sclemo e Tavodo. Da Tavodo
si scende per Andogno e poi seguendo
strade sterrate e sentiero
si risale la valle del torrente Ambiez
fino al Comune di Dorsino.
Da Dorsino il percorso taglia il
centro abitato per poi inoltrarsi
nelle campagne adiacenti, raggiungere
il borgo di San Lorenzo
in Banale entrato a far parte
del Club “I borghi più belli d’Italia”
grazie alle sue caratteristiche
frazioni.
Da Senaso si raggiunge il centro
storico di San Lorenzo in Banale
e si imbocca nuovamente la via
San Vili che conduce in località
Moline e Deggia e prosegue
poi fino a Nembia per costeggiare
infine il Lago di Molveno.
Dalle spiaggette del Lago di
Molveno si risale una valletta fino
ad arrivare ad Andalo e a raggiungere
gli abitati delle frazioni
di Cavedago. Ci si inoltra ora
in Val di Non lungo un sentiero
pianeggiante ricavato da un antico
canale irriguo che attraversa
l’intera valle sopra i paesi di
Sporminore, Campodenno, Termon,
Cunevo, Flavon e Terres.
Sopra l’abitato di Terres il percorso
originale si inoltra in un avventuroso
attraversamento della
montagna lungo la galleria trattorabile
a servizio dell’acquedotto.
La galleria è stata allestita e illuminata
in modo da essere fruibile
anche dai pedoni in sicurezza;
non bisogna comunque scordare
una pila di emergenza e una giacca
a vento: infatti anche in piena
estate, la temperatura interna
è di 10-12°C costanti. La galleria
sbuca direttamente sul versante
destro orografico della Val di Tovel
dove si congiunge al sentiero
delle Antiche Segherie.
UN PO’ DI CRONACA
Una volta sbucati in Val di Tovel
si imbocca il sentiero delle
Antiche Segherie fino a raggiungere
il ristorante in località
Capriolo. Il sentiero prosegue
nella zona delle Glare, particolare
per il suo aspetto lunare, dove
nella stagione del disgelo si
formano dei laghetti effimeri dai
colori straordinari.
Il sentiero torna poi nel fresco
del bosco fino a raggiungere il
Lago di Tovel. Lungo le rive del
lago si trova la Casa del Parco
dove si possono trovare informazioni
sull’area e sul fenomeno
d’arrossamento del lago. Prima
della Casa del Parco si stacca
il sentiero che sale a destra per
guadagnare rapidamente quota
fino a Malga Tuena dove si trovano
ristoro ed accoglienza presso
l’Agritur dell’azienda.
Dalla Malga Tuena il percorso
Country ricalca il DBT “Expert”
e prosegue fino all’imbocco della
Val Formigia che si risale per
sbucare sul sorprendente Pian
della Nana. Si passa per Malga
Tassulla di fronte al Monte Peller
e si scende poco più sotto al
Lago del Durigat dal quale è iniziata
questa descrizione.
Il Dolomiti di Brenta Trek “Country” è stato ufficialmente
inaugurato il 16 settembre 2010 a
Terres. Dopo la presentazione dell’itinerario
(il progetto è nato nell’ambito della Carta
Europea del Turismo Sostenibile adottata
dal Parco Naturale Adamello Brenta nel
2006) avvenuta presso il municipio, il taglio
del nastro si è tenuto a Terres, presso l’omonima
galleria realizzata alcuni anni fa dal Consorzio
irriguo di Terres, Cunevo e Flavon. Lunga 2 chilometri e 400 metri
e alta circa 3 metri è stata sistemata e dotata di impianto di illuminazione
affinché possa essere utilizzata dagli escursionisti a piedi e con la
mountain bike. Prossimamente saranno installati alcuni video illustrativi
della storia del tunnel, della Val di Tovel, delle particolarità geologiche
della zona e dei fossili rinvenuti all’interno della stessa galleria.
20

ADAMELLO BRENTA
UN ANNO DI ATTIVITÀ
A VILLA SANTI
di Chiara Grassi
A un anno dall’apertura della
Casa natura Villa Santi, il Parco
Naturale Adamello Brenta
può presentare un bilancio positivo
della poliedrica struttura
alla quale è stato assegnato
il compito di arricchire l’offerta
didattica e culturale proposta
dall’Ente. Luogo di diffusione
della cultura ambientale e della
storia del paesaggio, della divulgazione
di un messaggio di
sostenibilità ambientale e della
conservazione e comprensione
delle tradizioni contadine delle
genti di montagna, dal 5 ottobre
2009 alla fine dell’estate
ha ospitato numerose attività
per le scuole, i turisti, le associazioni
e i gruppi.
Nel primo anno di apertura hanno
fatto il loro ingresso a Villa
Santi, partecipando ad attività e
percorsi di educazione ambientale,
1.389 persone. I pernottamenti
sono stati 1.166 e i pasti
somministrati durante lo svolgimento
delle iniziative 4.748.
Gli alunni e gli studenti che hanno
vissuto l’esperienza di trascorrere
una o più giornate presso
la Casa natura sono stati 633.
Tra loro anche una ventina di ragazzi
e ragazze delle Scuole Medie
di Paganica, ospitati nel Parco
Naturale Adamello Brenta in
segno di collaborazione tra le nostre
comunità e quelle abruzzesi
e della vicinanza simbolica con il
Parco Nazionale d’Abruzzo.
Anche le attività estive sono
state particolarmente apprez-
21
zate: 584 persone (per un totale
di 362 pernottamenti e
1.683 pasti) hanno partecipato
alle facili escursioni sui sentieri
vicini, al laboratorio di trasformazione
del latte e a quello
di lavorazione della lana.
Novità assoluta rispetto all’offerta
turistica della zona sono
state le settimane “A tutta
natura”, un pacchetto-vacanza
fuori dal comune che abbina
il soggiorno ad attività creative
ed escursioni nella natura
del Parco. Nel ricco panorama
delle offerte per l’estate sono
da ricordare anche i “Soggiorni
verdi”, realizzati in collaborazione
con la Cooperativa di
solidarietà sociale L’Ancora di
Tione e la società sportiva Virtus
Giudicariese, che hanno visto
il coinvolgimento di oltre
400 ragazzi.

ADAMELLO BRENTA
Villa Santi è stata inoltre richiesta
da vari gruppi, tra i quali si
possono citare il Green Building
Council Italia, la Corale Antares
di Taio e le famiglie dell’Associazione
Diabete Giovanile di
Trento (139 persone totali e 265
pasti) che hanno scelto Villa
Santi per proprie attività di formazione
stanziale.
Grazie alla presenza di ampie sale
adatte a convegni e riunioni, la
Casa è stata scelta anche per incontri
di lavoro da enti quali le
aziende per il turismo, la Provincia
Autonoma di Trento, il Club
“Qualità Parco”, le Guide Alpine
e il Club “Cuore Rurale”, mentre
nel febbraio scorso è stata sede
del 2º Workshop dei Geoparchi
in Italia e dell’insediamento
del 1º Forum nazionale sempre
dei Geoparchi.
Tra le molteplici attività che si
sono svolte a Villa Santi, va citata
l’esperienza della fattoria delle
razze rare dei parchi italiani. Dalla
primavera all’autunno, nei paraggi
di Villa Santi, si sono viste
razzolare vacche, pecore, capre,
galline e tre asini. Con questi ultimi
sono state realizzate attività
particolarmente apprezzate come
il trekking dolce al seguito del loro
lento passo. A breve, si aggiungeranno
altri due asinelli donati
dalla Regione Sicilia nell’ambito
di un progetto di collaborazione
con il Geoparco delle Madonie.
In virtù di uno sforzo di sviluppo
territoriale all’insegna della
sostenibilità, si deve sottolineare
che Villa Santi sta instaurando
un legame stretto con il territorio
di riferimento, producendo
un indotto positivo anche per la
gente locale. Le strutture ricettive
che si trovano nei pressi della
Casa vengono infatti coinvolte
per eventuali pranzi e pernottamenti
in esubero e numerose delle
persone che vi prestano servizio
– il cuoco, le cameriere,
gli educatori ambientali – provengono
dai paesi circostanti di
Montagne, Ragoli e Preore, arricchendo
la dimensione umana
e culturale della Casa.
Villa Santi sta dimostrando una
grande potenzialità e il suo valore
non è passato inosservato. In
questo ultimo anno ha ottenuto
diversi importanti riconoscimenti
tra cui il marchio “Cuore Rurale”
della Trentino Spa, il marchio
“Family in Trentino” della Provincia
Autonoma di Trento e tutti
i graditissimi complimenti delle
persone che l’hanno visitata.
22

ADAMELLO BRENTA
PIANO SOCIO ECONOMICO:
CONCLUSI I FORUM VAL DI NON
di Chiara Grassi e Ilaria Rigatti
Con l’appuntamento del 6 settembre
2010 a Cunevo, si è concluso
positivamente il ciclo di
forum pubblici organizzato dal
Parco Naturale Adamello Brenta
con i rappresentanti del tessuto
socio-economico dei comuni
della bassa Val di Non. Il
calendario degli incontri ha preso
avvio a Tuenno il 14 luglio,
ha fatto tappa a Campodenno il
28 luglio ed è approdato a Cunevo
proprio il 6 settembre. Tutte
molto partecipate, le riunioni
avevano l’obiettivo di sollecitare
l’immaginazione e la visione
futura dei partecipanti per far
emergere possibili progetti da
inserire nel Piano Socio-economico
e nella Carta Europea del
Turismo Sostenibile, documenti
fondamentali di programmazione
dei prossimi dieci anni di gestione
del Parco.
Seguendo un percorso di progettazione
partecipata, in questi tre
incontri si sono dapprima raccolte,
poi affinate e infine valutate
le numerose idee emerse dall’assemblea.
Dei venti progetti presi
in considerazione a Cunevo,
dieci di natura socio-economica
e dieci di natura turistico-ricettiva,
l’assemblea ha stilato una
sorta di classifica delle priorità
secondo le proprie soggettive
sensibilità.
Nell’ambito del Piano Socioeconomico
il progetto a cui è
stata riconosciuta più rilevanza
è la “Banca della memoria”
ovvero una raccolta di interviste
e racconti degli anziani riguardo
al legame tra il vissuto della
gente locale e l’utilizzo del territorio
e dell’ambiente naturale.
Secondo posto assegnato al progetto
“Vacanze in quota”, una
proposta di soggiorni in strutture
attrezzate (malghe, rifugi,
baite) rivolta agli amanti della
montagna, ma anche a famiglie
che vogliono riscoprire il piacere
della vita sobria e dello stare
insieme. L’idea, con l’obiettivo
di generare nuova occupazione
e opportunità per i giovani, è
di coinvolgere gli accompagnatori
di territorio che potrebbero
curare l’organizzazione di pas-
Uno dei forum tenutisi in Val di Non.
23

ADAMELLO BRENTA
seggiate ed escursioni. Sul terzo
gradino del podio vi è un ex aequo
tra il progetto “Agricoltura
biologica”, con cui si vorrebbe
stimolare una ricognizione delle
aziende impegnate nella coltivazione
di prodotti agricoli biologici,
valorizzandone l’attività
ed eventualmente assegnandogli
il marchio “Qualità Parco”,
e il progetto “Gli anziani raccontano”,
un’idea di educazione
ambientale che coinvolga gli
anziani, valorizzandone cultura
e conoscenze e favorendo occasioni
di trasferimento dei saperi
ai bambini e ai giovani.
Per quanto riguarda invece la
Carta Europea del Turismo Sostenibile
il progetto maggiormente
apprezzato è stato il “Giro
delle malghe”, percorso di
collegamento ad anello tra le
malghe Arza, Spora, Campa,
Loverdina, Termoncello e Flavona,
da realizzare sulla falsariga
del Dolomiti di Brenta
Trek, con l’obiettivo di scacciare
il rischio di abbandono delle
malghe e recuperare la zootecnia
di montagna. Al secondo
posto delle iniziative giudicate
più interessanti troviamo il “Giro
dei castelli e chiese della Val
di Non”, con l’individuazione
Castel Thun.
di itinerari specifici di collegamento
per la valorizzazione della
cultura e della storia locale,
specificando un filo conduttore
comune, e al terzo la “Valorizzazione
del biotopo della Rocchetta”,
attraverso la messa in
rete di questo importante sito
con il Parco mettendone in luce
le valenze didattico – educative
e le potenzialità di fruizione
turistica del sentiero “Le
acque ritrovate“. Nello specifico
si pensa alla realizzazione
di un nuovo punto di partenza
in località Ischie di Dercolo dove
potrebbe essere collocato un
“Punto Info” quale “porta di accesso”
al Parco in Val di Non.
L’assemblea nonesa ha preso
parte ai lavori di progettazione
con passione e grande adesione,
sarà dunque ora compito
del Parco essere in prima linea
nello sviluppare e implementare
sul territorio i progetti congiuntamente
individuati.
La Val di Non è stato il territorio
“apripista” del processo partecipativo
che verrà ripetuto anche
in tutti gli altri ambiti. A
primavera sono previsti due cicli
di forum, uno per la Val Rendena,
Val di Sole, “busa” di Tione
e Val del Chiese e l’altro per le
Giudicarie Esteriori e l’Altopiano
della Paganella.
I partecipanti al forum lavorano a nuovi progetti.
24

ADAMELLO BRENTA
IL CROCIERE
Il vagabondo dei boschi
di Gilberto Volcan
Selvapiana, la foresta per eccellenza:
un’ininterrotta distesa
di abeti adagiata sulle morbide
pendici orientali del Brenta.
Una selva di tronchi imponenti
che, come grandi colonne,
svettano verso il cielo, quasi
a sostenerlo. Foresta che affascina
per l’intrigante bellezza,
foresta che inquieta e spaventa
quando ondeggia forte, spinta
dal vento. Foresta che è soprattutto
fonte di vita dove una
miriade di viventi trovano cibo
e riparo.
È sera, una fresca sera d’aprile.
Come molte altre volte sono
a Selvapiana, appostato su di
uno sperone roccioso sopra la
foresta. Il luogo in cui mi trovo
consente un’ampia visuale e mi
permette di controllare l’area.
I camosci pascolano tranquilli,
lassù al limitare della foresta.
Tre cervi, guardinghi, escono
dal folto in un canalone e iniziano
a mangiare. L’aquila reale
volteggia a lungo prima di
posarsi su di un “roccione” ove
trascorrerà la notte. Tutto lentamente
si acquieta. D’improvviso
odo un fragore lieve che
spezza il silenzio, si avvicina. È
uno stormo di uccelli vocianti.
Li vedo, si avvicinano ancora,
si posano infine su di un abete
poco distante. I loro meravigliosi
colori e i richiami non lasciano
dubbi: sono crocieri, tra
i figli prediletti della foresta.
Saranno una decina e immediatamente
iniziano a mangiare attaccandosi
a testa in giù alle pigne
di abete rosso, estraendone
i semi con dovizia. Rimangono
alcuni minuti sulla pianta poi,
d’improvviso, com’erano arrivati
ripartono, volano lontano
perdendosi nello scuro della
foresta e della sera. Magico
incontro.
Fardelli e leggende
Molti animali, soprattutto quelli
più “grandi”, portano un fardello,
invisibile, frutto delle
nostre paure, credenze, leggende.
Nel corso dei secoli queste
si sono sedimentate addosso
a tali animali, trasformandoli.
Questo fardello li rende ai nostri
occhi profondamente diversi
da quello che sono in realtà.
Alcuni sono “buoni” e positivi
altri “cattivi”, malvagi, terribili.
Per questi ultimi la vita si fa
dura e spesso sono oggetto di
persecuzioni e sterminio oppure,
peggio ancora, d’indifferenza
per il loro destino. Emblematico
a tal proposito il caso
del gipeto, l’avvoltoio “spaccaossa”,
per decenni sterminato
in quanto ritenuto responsabile
di crimini efferati quali il
rapimento di bambini e la predazione
di agnelli. Solo quando
era ormai al limite dell’estinzione,
accurate ricerche ci
fornirono la realtà della specie,
assolutamente innocua per
uomini ed armenti. Fortunatamente
non era troppo tardi, ma
la voglia di affidarci alle leggende
più che alla ragione è
sempre presente, una tentazione
irrazionale e pericolosa.
Il crociere, a causa del suo
“stranissimo” becco, porta un
fardello incredibilmente ricco,
fortunatamente per lui, positivo.
Numerose leggende e credenze
lo riguardano esaltandone
soprattutto ipotetici poteri
curativi. In alcune zone della
Germania era diffusa la credenza
che tale uccello, se allevato
in casa, fosse in grado di
25

ADAMELLO BRENTA
attrarre su di sé le malattie degli
uomini che l’abitavano. Altre
superstizioni raccontano
che l’acqua ove questi uccelli
si abbeverano se bevuta da
un epilettico è in grado di alleviarne
le crisi. Ma la leggenda
più nota ed affascinante racconta
del disperato tentativo da
parte di un crociere di estrarre
i chiodi usati per crocifiggere
il Salvatore. Gesù agonizzante
si commosse per questo estremo
tentativo d’aiuto, lo benedì
e lo tinse con il suo sangue. A
questo sarebbe dovuto il rosso
intenso del piumaggio dei crocieri
maschi.
Come riconoscerlo
Il riconoscimento del crociere è
piuttosto semplice e pur facendo
riferimento anche alle forme
e al comportamento è basato
soprattutto sui colori intensi sia
dei maschi che delle femmine.
Si tratta di uccelletti grandi poco
più di un passero, dall’aspetto
robusto con testa grossa e coda
corta, che per certi aspetti
ricordano un pappagallino. Osservati
da vicino o con il binocolo
è possibile notare il grosso
becco sfalsato in cui mandibola
e mascella superiore non combaciano
come negli altri uccelli,
ma si affiancano lateralmente.
I maschi adulti, dallo splendido
piumaggio rosso carminio,
sono inconfondibili mentre le
femmine, di un bel verde oliva
con groppone giallastro, richiedono
un po’ più d’attenzione.
I giovani sono ancora diversi:
grigio verdastri e striati di scuro.
Molto caratteristico è altresì
il comportamento, soprattutto
mentre si alimentano o si muovono
di albero in albero: da veri
funamboli sono in grado di aggrapparsi
alle pigne a testa in
giù e di utilizzare il becco come
“terza zampa” per spostarsi. Altro
carattere utile al riconoscimento
è il gregarismo: i crocieri
sono uccelli spiccatamente gregari
e solitamente si muovono
in piccoli stormi, raramente capita
di osservarne uno da solo.
Sono, inoltre, molto vociferi e
anche mentre volano emettono
continuamente un caratteristico
richiamo, un cip-cip-cip forte e
deciso che permette facilmente
di localizzarli.
Nel Parco non vi sono altre
specie con cui può essere confuso
sebbene vi siano altri uccelli,
come i maschi di fringuello
e di ciuffolotto, che
hanno parti rosse. In tali casi
il rosso non interessa mai la totalità
del corpo.
Vita
Il crociere è tra gli uccelli più
specializzati del Parco; è infatti
indissolubilmente legato alle
foreste di conifere, soprattutto
quelle di abete rosso, senza
26

ADAMELLO BRENTA
SCHEDA
Classe:
Uccelli
Ordine:
Passeriformi
Famiglia: Fringillidi
Genere:
Loxia
Specie: Loxia curvirostra Linneo, 1758
Sottospecie: Loxia curvirostra curvirostra Linneo, 1758
Lunghezza totale:
Peso:
Areale:
15 – 17 cm
28 – 40 gr
oloartico (circumboreale)
le quali non può vivere. Il suo
cibo è costituito quasi esclusivamente
dai semi di tale specie;
in minor misura consuma
anche semi di larice e di altre
piante. Ma la produzione di
semi di una foresta non è costante
e varia nel tempo, con
anni di forte produzione, la cosiddetta
“pasciona”, alternati
ad altri di minor abbondanza.
Per tale motivo i crocieri sono
spesso erratici, cioè si spostano
frequentemente alla ricerca di
piante ricche di pigne mature.
Ciclicamente compiono inoltre
grandi invasioni che portano
migliaia d’esemplari lontano
dai luoghi abitualmente
frequentati.
La particolare fonte di cibo, disponibile
quasi tutto l’anno,
consente ai crocieri di riprodursi
in ogni stagione, anche in
pieno inverno. La maggior parte
delle covate si concentra però
nei mesi primaverili, quando le
pigne giungono a maturazione.
In tal periodo, all’interno dello
stormo, si formano le coppie
che poi si riprodurranno. Al corteggiamento
e alle parate nuziali
fa presto seguito la costruzione
Periodo riproduttivo: tutto l’anno (gennaio – maggio)
Numero uova: 3 – 4 (2 – 5)
Nidiate: 1(3)
Gestazione: 13 – 16 giorni
Involo:
14 – 22 giorni
Età massima
conosciuta in natura: 7 anni
del nido, posto sui rami più alti
degli abeti, e successivamente
la deposizione e la cova delle
uova. I pulcini, che schiudono
con il becco “normale”, vengono
alimentati da entrambi i genitori,
con una poltiglia di semi
macinati, sino all’involo, dopo
2-3 settimane. In seguito adulti
e giovani si radunano in stormi,
in continuo movimento nella
foresta.
Nel Parco
Il crociere è diffuso in tutti i boschi
di conifere del Parco, prediligendo
quelli di abete rosso
e larice tra i 1000 e i 2000 m
di quota. Frequenta anche boschi
misti di conifere e latifoglie
mentre evita decisamente
i boschi puri di caducifoglie.
Talvolta, al di fuori del periodo
riproduttivo, si rinviene anche
nei giardini e nei parchi urbani
del fondovalle mentre durante
le migrazioni può capitare
ovunque.
Conservazione
Il crociere presenta un ampio
areale di distribuzione che comprende
le foreste di conifere
dell’Eurasia e del Nord America.
Attualmente questa specie,
pur soggetta a notevoli fluttuazioni
interannuali, è considerata
complessivamente stabile e
il suo stato di conservazione sicuro,
senza particolari forme di
rischio. Non era così prima del
1977 quando la specie era ancora
cacciabile e migliaia di esemplari
venivano catturati ogni anno
a scopo alimentare o tenuti in
gabbia per il canto. Attualmente
è specie protetta, ricompresa
nell’allegato I della Convenzione
di Berna. In Italia è stimata
la presenza di 30.000 - 60.000
coppie.
27

ADAMELLO BRENTA
UN FIORE NUOVO PER
IL PARCO E IL TRENTINO
di Filippo Prosser – Museo Civico di Rovereto
9 luglio 2010: escursione per
il monitoraggio della quasi invisibile
orchidacea Herminium
monorchis in Val di Ion, unica
stazione all’interno del Parco
Naturale Adamello Brenta
e specie rara, valutata come
specie Vulnerabile in Trentino.
Qui è stata rinvenuta dal
maggior esperto di orchidee in
Trentino, Giorgio Perazza. Probabilmente
qui deve essere ricondotta
anche la segnalazione
di Giuseppe Loss per la “Cima
Tosa”, dato vecchio di oltre 100
anni.
Con l’amico Marco di Sclemo
saliamo la mulattiera per Masi
Ion: le 7.00 sono da poco passate,
ma al sole è già caldo e si fatica.
Appena oltre i masi ci supera
un atletico signore che va a controllare
se gli orsi visti in Val di
Ion pochi giorni prima vi stazionano
ancora. Dopo poco tornerà
un po’ deluso: degli orsi nessuna
traccia.
Siamo presto sull’obiettivo e
presto individuiamo le minuscole
infiorescenze dorate che fanno
capolino dall’erba fitta: l’Herminium
c’è e iniziamo il paziente
conteggio degli esemplari.
Finito questo, il resto della giornata
ci rimane a disposizione
per la ricerca di altre specie,
sfuggite ai precedenti censimenti.
Questi ultimi hanno interessato
anche la Val di Ion, ma
solo lungo il sentiero. Allora lo
Lathyrus heterophyllus.
abbandoniamo, puntando verso
le rocce. Le speranze di trovare
qualcosa di notevole sono
comunque ridotte: la Val di Ion
è angusta e perciò non sembrerebbe
poter ospitare grandi novità.
Su per l’erta erbosa Marco
trova un esemplare di Paeonia
officinalis, che conosce solo
per un selvaggio costone presso
il Monte Ghirlo. Minuartia
capillacea, Astragalus penduliflorus,
Onobrychis montana sono
solo alcune delle altre specie
che contribuiscono alla strepitosa
fioritura che ammanta la pendice:
nell’aria immobile sotto il
sole già ardente domina in sottofondo
il ronzio di migliaia e
migliaia di insetti in frenetica
attività. Lo spettacolo è straordinario,
provo a fissarlo con la
fotocamera. La ripongo, faccio
28
pochi passi e mi blocco di fronte
ad una pianta totalmente inaspettata:
un Lathyrus, con fiori
tanto grandi da reggere il confronto
con quelli di molte piante
ornamentali, ma non è latifolius
(talora coltivato nei paesi
della zona) nè sylvestris (spontaneo,
fino alla testata della Val
di Genova), perché non ha foglie
composte da 2 foglioline,
ma da 4 o 6. Verifico frenetico:
sì, anche la pianta vicina presenta
proprio questa caratteristica
e così tutte le altre. Sono
stupefatto: è una pianta mai segnalata
in tutto il Trentino, ovviamente
mai trovata prima nel
Parco. Trovarla in un posto fuori
dal mondo come la Val di Ion,
e per giunta lontano dal sentiero
e dai masi, è garanzia della
spontaneità della stazione. Mar-

ADAMELLO BRENTA
do di indovinare: la continentalità,
che significa inverni freddi
e lunghi (per l’accumulo di neve?)
ed estati calde (a causa del
riverbero delle rupi a monte?).
Si sale ancora: molti esemplari
in fiore con la cascata come
sfondo, spettacolo unico. In alto
la popolazione lambisce la base
della rupe. Seguiamo la base
della fascia rocciosa verso nord:
improvvisamente Lathyrus he-
Herminium monorchis.
Val di Ion verso Asbelz.
co mi raggiunge e capisce subito:
c’è qualcosa di importante.
Marco si sposta di qualche metro
alla ricerca di altri esemplari,
che trova subito, ma non oltre
il canalone cha abbiamo a
destra. Proseguiamo e ne troviamo
sempre di più man mano
che saliamo verso la cascata che
precipita dalle alte rupi assolate,
dove volteggia una coppia di
aquile, uniche testimoni di quel
magico momento.
Lathyrus heterophyllus è una
specie continentale, non rara
più a nord del Trentino, ad
esempio in provincia di Bolzano.
Un’altra specie continentale
fa la sua comparsa sorprendente
nel Brenta meridionale: Minuartia
mutabilis, quest’ultima individuata
in questo luogo, per primo
dal già citato Giuseppe Loss
e ancora oggi presente sulle selvagge
pendici del Monte Valandro.
Le piante seguono talvolta
il caso, ma talvolta rispondono
ad un preciso schema che, forse,
questa volta siamo stati in graterophyllus
scompare. Saliamo
tenaci tenendo la base della rupe
fin poco sotto Malga Asbelz,
nella vana ricerca di altre piante
del Lathyrus: ci imbatteremo in
piante poco diffuse (Asplenium
lepidum, Sisymbrium austriacum,
Orobanche lasepritii-sileris),
ma del Lathyrus più nessuna
traccia.
È una popolazione ricca ma circoscritta,
forse relitto di un più
ampio popolamento, oppure
un nuovo inquilino giunto qui
chissà come e ancora in fase di
espansione?
29

ADAMELLO BRENTA
CAMBIO AL VERTICE
DEL PARCO
di Alberta Voltolini
Dal primo giorno di dicembre
2010, per decisione della Giunta
della Provincia Autonoma di
Trento, in attesa che venga attuato
l’iter per la nomina definitiva,
Roberto Zoanetti è stato
nominato direttore sostituto, in
posizione di comando, del Parco
Naturale Adamello Brenta.
Zoanetti è stato chiamato a
Strembo dopo che Claudio Ferrari,
il direttore che ha guidato il
Parco per dieci anni, ha deciso
di ritornare in Provincia dove gli
è stato affidato un incarico speciale
per il coordinamento delle
aree protette e la valorizzazione
delle Dolomiti Unesco.
Roberto Zoanetti conosce molto
bene la realtà dell’Adamello
Brenta avendola vissuta da vicino
sia come componente di Giunta
(rappresentante del Dipartimento
Risorse forestali e montane) che
come dirigente forestale, responsabile
dell’Ufficio distrettuale di
Tione di Trento.
Zoanetti ha 51 anni e si è laureato
nel 1983 a Firenze in Scienze
forestali. Nel 1989 ha cominciato
a lavorare presso il Servizio
Parchi della Provincia Autonoma
di Trento e dal 1996 è il responsabile
dell’Ufficio forestale
di Tione.
Undici anni fa ha partecipato
al concorso per la direzione del
Parco, classificandosi al secondo
posto della graduatoria finale,
subito dopo Ferrari.
“Il Parco lo conosco da qualche
anno – ha spiegato il neodiretto-
re Roberto Zoanetti presentandosi
ai collaboratori dell’Ente – ma
in questi primi giorni di lavoro,
cominciando a viverlo dall’interno,
ho iniziato a vedere tante cose
in più, a capire la complessità
delle situazioni, ma anche la
positività delle persone. Ferrari
lascia una struttura ben organizzata,
con settori all’avanguardia
e persone che credono nel
lavoro che fanno. Noi lavoriamo
per uno degli aspetti più importanti
del mondo di oggi e di
domani: la tutela e la valorizzazione
di quel bene straordinario
che è l’ambiente. Non sprechiamo
un’occasione lavorativa così.
Ferrari non l’ha sprecata, dedicandosi
al Parco con grande passione
e impegno”.
Roberto Zoanetti, Antonio Caola e Claudio Ferrari.
30

ADAMELLO BRENTA
ORAZIO GHEDINA
E LA VAL D’ALGONE
di Ennio Lappi
Incomparabilmente bella è la
Val d’Algone, quando in autunno
regala il trionfo dei suoi colori
che, gradualmente, si ripropongono
sempre più attenuati
fino alle rocce in alto già spruzzate
di neve, con i prati ancor
verdi in fondovalle incorniciati
dai ripidi declivi dipinti del verde
scuro degli abeti, del rosso
dei faggi e dei vari toni di giallo
di larici, aceri e betulle.
Profondamente incisa nel lembo
sudoccidentale del Brenta, tra la
dorsale del Castello dei Camosci
e la Val di Manez, iniziando al
Ponte del Lisano sull’antica strada
delle Sasse tra Stenico e Ragoli,
si apre dapprima angustamente,
per allargarsi poi in maniera
graduale man mano che ci si addentra,
avvolgendo il visitatore
in atmosfere diverse, ma sempre
piacevoli e ricche d’intime sensazioni.
Dopo averne risalito la prima
parte, fiancheggiando il limpido
torrente tra giochi di luci ed
ombre, ma quasi oppressi dal ristretto
fondovalle, la piana degli
Stabli giunge improvvisamente e
la bellezza del luogo e dello scenario
che la circonda invita ad
una sosta davanti al piccolo nucleo
di costruzioni che nascondono
i ruderi di un’antica vetreria.
Siamo nella proprietà della famiglia
Ghedina, davanti all’omonimo
rifugio ben conosciuto da tutti
i frequentatori del Brenta ed è
qui che nei primi mesi del Novecento
arrivò l’imperial regio
Rifugio “Ghedina” anni ’60.
commissario forestale Orazio
Ghedina, con il compito, assai arduo,
di rimediare alla gravissima
deforestazione che la valle aveva
subíto nel secolo precedente.
Anticamente, come le altre valli
delle nostre montagne, la Val
d’Algone era scarsamente antropizzata
e le poche persone che
vi si recavano lo facevano esclusivamente
nella buona stagione.
Nei mesi estivi si ponevano
in funzione varie malghe: Stabli,
Vallon, Nambi, Stablèi, Movlina,
e proprio negli alpeggi si raccoglievano
fiori d’arnica, genziana,
ortiche, mirtilli, si falciavano i
prati di fondovalle e si sfruttavano
le vaste selve con qualche carbonaia
e per raccogliere resina,
funghi e licheni. A tarda estate e
in autunno la selvaggina costituiva
una buona fonte di sostentamento
e di guadagno per i cacciatori
che catturavano caprioli,
lepri, tetraonidi, ma soprattutto
camosci, dai quali traevano carne
e pelli. Alla fine del Settecento,
le vaste faggete di fondovalle attirarono
quello che fu il primo insediamento
industriale delle Giudicarie,
una fabbrica di lastre di
vetro che per anni fu l’unica del
suo genere in tutto il Tirolo, rimpiazzata,
qualche decennio dopo,
da un’altra ben più grande che arrivò
a dar lavoro a circa duecento
persone.
Furono proprio i vetrai ad iniziare
il disboscamento, concesso
loro dai comuni proprietari,
Bleggio Inferiore e Stenico, felicissimi
di cedere, anche a poco
prezzo, i diritti di taglio di grandi
superfici boschive che per la lontananza
dai paesi venivano scarsamente
sfruttate dai censiti. La
spoliazione fu in seguito allarga-
31

ADAMELLO BRENTA
Val d’Algone, antica vetreria Garuti.
32
ta fin quasi al completamento dai
carbonai al servizio delle ferriere
valsabbine e bresciane, tanto che
alla fine dell’Ottocento ben poco
rimaneva delle estese foreste che,
giudicate pressochè inesauribili,
avevano convinto Giuseppe Bormioli
a costruirvi la sua vetreria.
Orazio Ghedina, di Angelo ed
Annetta Demai, era nato a Cortina
d’Ampezzo il 29 novembre
1862. Terminate le scuole elementari,
nel novembre 1874 fu
inviato a proseguire gli studi liceali
dapprima a Belluno, poi a
San Candido, Brunico, Dobbiaco
e Innsbruck, per proseguire la
formazione nel campo forestale
dall’ottobre 1883 al luglio 1886
all’Hochschule für Bodenkultur,
il rinomato imperial regio (i.r.)
Istituto per la custodia dei boschi,
di Mariabrunn presso Vienna.
Nel dicembre del 1887 come i.r.
tecnico forestale venne inviato
in Bucovina, regione settentrionale
della Romania, dove ebbe
occasione di fare molte esperienze
sia nel settore forestale
che in quello faunistico; a Camplung
Moldovenesc in Bucovina
conobbe un cacciatore di orsi
di nome Jon Stirbul il quale,
poco più che quarantenne, emulando
il rendenese Luigi Fantoma
da Strembo, il famoso re di
Genova, aveva all’attivo la cattura
di ben 47 orsi. In Bucovina
raccolse molti trofei di caccia
che spedì a suo padre a Cortina,
tra questi vi erano un’aquila reale,
zampe d’orso, zanne di cinghiali
e le teste di una lince, di
un lupo e di un orso.
Nell’estate del 1890 venne inviato
in Primiero dove assunse per
quattro anni la direzione della locale
i.r. Ispezione Forestale Distrettuale,
passando poi per altri
quattro anni a quella di Fassa con
sede a Vigo; qui assunse anche
la presidenza della locale sezione
del Deutsche u. Österreichische
Alpenverein, il club alpinistico
dell’impero. A lui si rivolgevano
gli alpinisti per avere informazioni
sulle montagne fassane e sulla
Marmolada e non di rado si prestò
a far da guida ai personaggi
più conosciuti ed importanti.
Nel capoluogo fassano Orazio
andava a mangiare all’albergo
“Alla Rosa” condotto da Giovanni
Battista Mosaner e dalla
moglie Clarice Ioris e quì
conobbe Clementina, la figlia
dell’albergatore che era appena
rientrata dal collegio di Bolzano
dove, come ogni signorina
di buona famiglia, era stata inviata
per essere educata nell’economia
domestica. Clementina
ed Orazio si innamorarono
e nel 1896 decisero di sposarsi;
per fare il corredo della sposa la
sarta lavorò sei mesi e le nozze
si celebrarono il primo giorno
di marzo dell’anno successivo a
Mosana di Giovo, paese d’origine
della famiglia della sposa.
Dopo il viaggio di nozze a San
Candido e a Cortina per far conoscere
la sposa alla famiglia, la
coppia si stabilì a Vigo di Fassa
dove nel febbraio del 1898 nacque
la primogenita Annetta.
Ma la professione di Orazio non
gli consentiva di rimanere a lungo
nello stesso posto e così, già
in quella primavera, fu trasferito
a Fondo dove rimase due anni e
dove nacquero altri due figli: Angelo
nel maggio del 1899 e Orazietto
esattamente un anno dopo.
La stessa primavera del 1900
Ghedina fu promosso i.r. commissario
forestale e trasferito a
Stenico con lo speciale incarico
di provvedere al ripristino delle
risorse boschive dell’alta Val
d’Algone. Proprio questo compito,
particolarmente importante
e gravoso, lo costrinse ad essere
molto spesso in valle con
lunghi trasferimenti a piedi dalla

ADAMELLO BRENTA
propria abitazione in Stenico e
quindi, avutane l’occasione, acquistò
da Fulvia Garuti Saletti,
figlia di Alessandro Garuti ultimo
proprietario della vetreria di
Algone e moglie di Bortolo Saletti
podestà di Tione, gli edifici
della dismessa vetreria con alcuni
fondi circostanti.
Della vetreria Garuti, attiva dal
1842 al 1877, si erano salvati solo
due edifici destinati ad abitazione
dei proprietari e alloggio
delle maestranze, perché alla
fabbrica e alle sue pertinenze erano
state di proposito asportate le
parti superiori per riutilizzarne il
legname e, soprattutto, per evitarne
la tassazione che al tempo
era calcolata sulla superficie coperta
dei fabbricati industriali.
Orazio Ghedina riadattò alla
meglio i due edifici civili ricavandone
una dignitosa abitazione
per sè e per la sua famiglia e
si dedicò alla progettazione e alla
messa in opera del lavoro a
cui era stato destinato.
Per prima cosa, avvalendosi di
una buona squadra di operai forestali
che aveva personalmente
reclutato, allestì, poco a monte
della sua abitazione, tra la strada
Famiglia Ghedina, Val d’Algone 1901.
Malga Vallon.
pubblica e il torrente, un esteso
vivaio per coltivarvi le piantine
delle essenze pregiate di aghifoglie
destinate all’impianto, recintandolo
convenientemente
per proteggerlo dalle incursioni
dei selvatici e degli armenti
delle malghe vicine, soprattutto
quella del Vallon.
Già l’anno successivo si dette
inizio alle operazioni di messa a
dimora delle piantine che inizialmente
provenivano dai dismessi
vivai degli Stablei o da altri vivai
del distretto, mentre, allo stesso
tempo, Ghedina si attivò per una
capillare informazione della popolazione
sulle leggi e disposizioni
in materia forestale che già
esistevano da tempo, ma che qui
erano totalmente ignorate.
33
La disposizione più importante
imposta dal commissario, quella
che maggiormente riuscì indigesta
alla gente, fu il divieto
di libero pascolo ai caprini. Era
assodato, infatti, che la voracità
di questi animali che si nutrivano
essenzialmente delle parti
più delicate delle giovani piante
di ogni specie, era assolutamente
deleteria per il bosco e ne decretava
la veloce estinzione, ma
questo, dato che ogni famiglia teneva
qualche capra per assicurarsi
quotidianamente il latte, necessario
specie per i bimbi, originò
una vivace, quanto sentita, contestazione
popolare sotto la sua
abitazione invernale in Stenico.
Ma Ghedina era uomo tutto d’un
pezzo, dal carattere forte e deciso,
tanto nelle proprie funzioni
che nella vita privata e nonostante
le energiche opposizioni,
seppe puntigliosamente far rispettare
le disposizioni di legge
costringendo ogni famiglia ad
affidare i propri preziosi artiodattili
al capraio comunale che
provvedeva alla loro custodia e
ne sorvegliava il pascolo in limitate
zone prestabilite. Questo,
oltre alle dure critiche, generò
anche rancori e antipatie,
che si manifestarono anche in
alcuni articoli apparsi sui giornali
dell’epoca che, seguendo ad
arte l’umore popolare, metteva-

ADAMELLO BRENTA
no in cattiva luce e nel ridicolo il
tenace commissario, preso particolarmente
di mira dal podestà
del tempo Tebano Todeschini.
Ma nemmeno in Algone le cose
andavano per il verso giusto.
Infatti, il prezioso vivaio forestale
era costantemente invaso
e danneggiato dagli armenti dei
bleggiani affidati, nella malga
del Vallon, al malgaro Giovanni
Sauda detto Martinelli da Saone,
nonché dal bestiame di un altro
confinante, Pellegrino Sebastiani
da Sesto del Bleggio, e dagli
animali da tiro e da soma che la
notte venivano lasciati liberi di
pascolare. Ovviamente le proteste
del forestale non mancavano,
ma era soprattutto il malgaro
a far orecchio da mercante mostrando
oltretutto prepotentenza
e disprezzo delle regole.
A Orazio allora non rimase che
esercitare le proprie funzioni di
pubblico ufficiale, dapprima verbalizzando
le contravvenzioni
e quindi convocando sul posto
un’apposita commissione con lo
scopo di verificare i danni e obbligare
i contravventori al risarcimento
e al pagamento delle spese.
L’inimicizia con i confinanti
si fece allora più grave tanto
che una notte si arrivò al peggio.
Erano le due del mattino del
15 settembre 1908 quando Ghedina,
che camminava sulla strada
diretto a Stenico, all’altezza
della Sega del Vili si imbattè
nel Sauda che stava recandosi al
mercato del bestiame alle Arche.
Volarono parole grosse finché il
malgaro, persona ben piantata e
risoluta, aggredì fisicamente il
commissario con una grossa pietra.
Non potendo competere fisicamente
con l’energumeno, a
Orazio non rimase che fuggire
nel bosco dove, grazie anche
all’oscurità riuscì a far perdere
le proprie tracce, ma, sentendosi
tutt’altro che al sicuro, pensò
bene di aspettare l’alba e con
la luce del mattino potè riprendere
il cammino non prima però
di aver lasciato un biglietto nella
baita dell’Agnol che diceva
testualmente: “Martinelli Sauda
Giovanni minàciami di copàre,
Ghedina Orazio”. Il biglietto alcuni
giorni dopo fu trovato da
Giuseppe Fedrizzi di Stenico che
lo consegnò alla gendarmeria la
quale, a seguito della denuncia
prontamente presentata dall’aggredito,
aveva già provveduto
all’arresto del Sauda.
Per dare un’idea del clima in
cui Ghedina fu costretto a vivere
a causa del suo carattere e del
suo lavoro, riportiamo un articolo
apparso su di un quotidiano
locale.
STENICO: IL COMMISSARIO FORESTALE
AGGREDITO PER LA SECONDA VOLTA
Alcune bestie del malghese della malga del Vallon entrarono nella tenuta
del commissario forestale Orazio Ghedina; questi diede querela per turbato
possesso e fece venire sul posto una apposita commissione. Alle due
di notte dello scorso lunedì il Ghedina partiva dalla fabbrica per recarsi a
Stenico e di lì probabilmente in Ampezzo sua patria; arrivato al ponte della
sega del Villi, a quanto si dice, s’incontrò col malghese, contro il quale
aveva mosso la petizione di turbato possesso; questi afferrando colle sue
braccia nerborute due grossi sassi, li maneggiava come due fiorellini dinanzi
al Ghedina, gridando: “Vien qua che te la do io la commissione, raccomandati
l’anima che per te è finita!”.
Il Ghedina sentendo, ancor nel suo pieno vigor delle forze, questo “esci anima
cristiana da questo mondo”, invece di far l’esame di coscienza, se la battè
“gambibus levatis” e andò ramingo il resto della notte su per i boschi e per i
prati lasciando scritti qua e là dei biglietti portanti l’iscrizione tedesca: “Se
mi trovate morto, sappiate che a uccidermi è stato il malghese tale del Vallone”.
A una cert’ora del mattino, avendo saputo da un viandante che il malghese
che lo aveva minacciato e che, stante la sua robustezza, all’occorrenza
avrebbe potuto appioppargliele, poteva esser giunto a Stenico e che perciò
da parte sua non vi era alcun pericolo di rimaner vittima di crudel destino,
avanzandosi sospettosamente e fermandosi ogni tanto scese dai
poggi sulla strada maestra levando il muso e odorando il vento infido”.
Tutto trafelato ad un’ora relativamente tarda il sig. Ghedina arrivava a Stenico
e si dice che incontrandosi con certo Giovanni Diprè che aveva avuto
a che fare con lui per il suo famoso “mola, mola” che ripetuto poi di bocca
in bocca, come eco continuata riempiva la campagna di Stenico d’orrore,
incontrandosi dico con questo, si dice che gli abbia detto: “Me ne avete fatte
tante anche voi, ma alla fin dei fatti quelli di Stenico son più capaci di ciarle che
di fatti, ma i Rendeneri son capaci di farmi la pelle”. Arrivato in piazza raccontò
l’accaduto a delle donne facendo risaltare le parole: “L’ò scontrà al ponte
della sega del Villi”. Si recò poi a far denunzia. L’accusato fu tradotto alle
carceri di Stenico. Il fatto ha destato grande impressione. Da notarsi che
il sig. Ghedina fu afferrato per le canne della gola anche l’anno scorso da
certo T. D. da lui imputato di avergli tagliate le pianticelle di pino e di abete
nel suo orto alla fabbrica. (da “Il Trentino”, sabato 19 settembre 1908)
34

ADAMELLO BRENTA
L’animosità della popolazione
del luogo verso Ghedina, si
compendiò anche in un esposto
al Capitanato Distrettuale di Tione,
sempre ad opera del podestà
di Stenico Tebano Todeschini,
mediante il quale si denunziava
il fatto che il commissario forestale,
nelle votazioni per eleggere
tre rappresentanti comunali che
avrebbero dovuto occuparsi di richiedere
una variante al percorso
del progettato tram giudicariese
che si desiderava passasse anche
per Stenico, in evidente dispregio
dell’amministrazione comunale,
avrebbe inserito nell’urna
la propria scheda con riportati tre
nomi di persone inesistenti, cioè:
1. Desiderio Variante, 2. Fermo
Castello, 3. Benvenuto Stradone.
Questo, rilevato in barba al
segreto elettorale, fu ritenuto offensivo
verso le autorità locali e
Ghedina fu chiamato a giustificarsi
davanti ai propri superiori.
L’integerrimo funzionario non
si perse d’animo e, ammettendo
onestamente il fatto, ribadì seccamente
di non doversi in alcun
modo giustificare poichè la libertà
di voto costituiva un suo innegabile
diritto.
Comunque dopo qualche tempo
le acque si calmarono e la gente
incominciò ad accettare la fi-
losofia del commissario che, riguardo
alle restrizioni imposte,
non perdeva l’occasione per sentenziare:
“vedrete che i vostri figli
mi ringrazieranno”. D’altronde
Ghedina era uomo di grande
onestà nella vita come nel lavoro
e per questo, pian piano, si guadagnò
considerazione e rispetto.
Intanto la famiglia cresceva e ai
tre figli che Orazio e Clementina
già avevano al loro arrivo in
Algone nel 1900, cioè Annetta,
Angelino ed Orazietto, nati a distanza
di un anno l’uno dall’altro,
nel 1901 si aggiunse Agar e
quindi, praticamente con lo stesso
ritmo, arrivarono Berta, Sesto,
Pierino, Gaetano e Dino.
Il rimboschimento in Algone
procedeva secondo i piani e il
grande vivaio, intelligentemente
curato dal Ghedina e dai suoi
dipendenti, si rivelò assai produttivo
tanto che si potè iniziare
con buon ricavo la vendita
delle piantine sovrabbondanti.
Questo spinse il commissario a
incrementare la produzione di
novellame di conifere da porre
sul mercato progettando un
nuovo vivaio che avrebbe dato
lavoro ad almeno una decina
di operai ed avrebbe contribuito
sensibilmente ai rimboschimenti
necessari nelle Giudicarie
Esteriori.
Il luogo ideale fu trovato in quel
di Sclemo il cui comune, per 40
corone, affittò all’i.r. Ispezione
Forestale Distrettuale di Stenico,
diretta da Orazio Ghedina,
il terreno che avrebbe dovuto
tornare in possesso dello stesso
comune quando il vivaio avesse
esaurito il proprio compito. Nel
La Vetreria Garuti.
L’“Orto Berta” ideato da Orazio Ghedina.
35

ADAMELLO BRENTA
1908, esclusivamente coi ricavi
della vendita delle piantine,
il nostro protagonista allestì e
mise in funzione il grande impianto
intitolandolo “Orto Berta”
dal nome della sua quinta
figlia, costruendovi dentro una
bella casetta che nei suoi scritti
definì Villa Giubilare, con
chiaro riferimento al Giubileo
di Francesco Giuseppe celebrato
in quell’anno.
Nel 1909 arrivò il decimo figlio
cui fu dato l’esplicito nome di
Decio, seguito nel 1911 da Rodolfo.
La famiglia Ghedina era
ormai assai numerosa e nel ’14,
alla nascita di un altro maschietto,
Orazio e Clementina decisero
che poteva bastare tanto che
al neonato venne imposto il nome
di Ultimo.
Il piccolo Ultimo fu effettivamente
l’ultimo dei Ghedina nati
in quel di Stenico, ma i propositi
dell’intrepida coppia non furono
molto fermi perché in seguito, a
Rovereto, a completare la famiglia,
nasceranno Rosetta e Cesare,
il quattordicesimo figlio.
Agli inizi del 1914, infatti, Orazio
fu trasferito a Rovereto dove,
stante la consistenza della
famiglia, acquistò casa con
l’intento di mettervi radici considerato
anche che aveva superato
la cinquantina e che, tutto
sommato, la città della Quercia
gli sembrava un buon posto per
mettervi radici e per consentire
ai figli di crescere avendo a
portata di mano ottimi istituti
educativi. Tuttavia la sua carriera
non era finita perché nel
gennaio del 1916 fu nuovamente
inviato a Stenico, dove rimase
fino alla primavera del 1918,
quindi per altri due anni fu a
Cortina e, finalmente, nel 1920
ritornò a Rovereto per non più
muoversi, se non per ritornare
nei mesi estivi nell’amata Val
d’Algone dove, più tardi, si stabiliranno
i figli Orazietto, Decio
e Ultimo dando vita a quello
che oggi è il Rifugio Ghedina.
Trascorse così i suoi ultimi anni
di vita attorniato dai figli e da
numerosi amici tra i quali Don
Antonio Rossaro e l’architetto
Giorgio Wenter Marini, conosciuto
in occasione della ricostruzione
di Stenico dopo l’incendio
del 1914.
Il 24 marzo 1938, poche settimane
prima di andarsene nelle
verdi abetaie del cielo, Orazio
scrisse a Guido Castelli, uno
dei padri storici del Parco Adamello
Brenta, e al senatore Carlo
Bonardi a Brescia, che dopo
aver trascorso tanti anni in Val
d’Algone per riparare i guasti
della sistematica deforestazione
effettuata da vetrai e carbonai
per ben ottant’anni dal 1797
al 1877, avrebbe ardentemente
desiderato che il suo lavoro
non venisse in futuro vanificato
in alcun modo, caldeggiando
l’inserimento della valle
nei confini del progettato Parco
Nazionale Brenta-Adamello:
“quale indispensabile ed unico
rimedio per proteggere fauna
e flora e conservare le incomparabili
bellezze naturali che
offrono i monti e le valli di questo
incantevole lembo della nostra
patria”.
L’ingegnere forestale Orazio
Ghedina morì improvvisamente
a Rovereto il 14 maggio 1938
mentre accompagnava alla stazione
la sorella Rosele che partiva
per tornare a Cortina. Oggi
lo spirito del coraggioso forestale
aleggia sulla Val d’Algone
assieme a quelli dei Bormioli e
del re del vetro Alessandro Garuti,
assoluti protagonisti di questo
appartato, ma bellissimo paradiso
trentino.
ERRATA CORRIGE
Scusandoci con i lettori e gli enti
interessati, segnaliamo che nel
precedente numero speciale “Opere
da Parco” sono state riportate
alcune informazioni errate. Di seguito
segnaliamo le inesattezze e le
conseguenti correzioni:
pag. 42, MALGA VAGLIANELLA,
la proprietà è ASUC di Commezzadura
(non Comune di Ragoli);
pag. 43, CASCINA MALGA LO-
VERDINA, la proprietà è ASUC di
Dercolo (non Comune di Campodenno);
pag. 43, MALGA FLAVONA, ubicazione
Tuenno-Comune catastale
(non Spormaggiore), proprietà indivisa
dei comuni di Flavon, Terres
e Cunevo (non Nesso Flavona);
pag. 66, FOTO n.86, la foto corretta
è la seguente;
pag. 109: la didascalia corretta della
foto in alto è Campo di Malga Flavona
non Pian della Nana.
36

ADAMELLO BRENTA
IL “BUS DE LA SPIA”
di Mauro Zambotto – Servizio Geologico della Provincia Autonoma di Trento
e Paolo Zambotto – Museo Tridentino di Scienze Naturali
Premessa
La grotta denominata “Bus de
la Spia”, inclusa nel catasto delle
cavità naturali della Provincia
Autonoma di Trento con il numero
21 VT (Venezia Tridentina),
si trova in prossimità dell’abitato
di Sporminore, in Val di
Non, nel Trentino centrale. Date
le discrete dimensioni del suo
ingresso e la posizione in prossimità
di Castel Sporo, si tratta
di una delle prime cavità carsiche
visitate e descritte nella storia
del nostro territorio.
La grotta si apre con un ampio
portale a sud del paese di Sporminore,
a breve distanza da Castel
Sporo, a 610 metri di quota.
L’ingresso della grotta, segnalato
da un cartello di legno e chiuso
da un cancello metallico, presenta
dimensioni di 8 m di larghezza
per 4 di altezza e dà accesso
ad un ampio antro che subito si
restringe gradualmente ad imbuto
e si immerge nell’interno della
montagna in discesa, scoraggiando
eventuali visitatori occasionali
o inesperti. In realtà la grotta
non presenta particolari difficoltà
tecniche, se affrontata con un
minimo di attrezzatura (tuta protettiva,
casco, lampada, stivali e
un piccolo canotto nei periodi di
morbida della falda acquifera sotterranea),
e riserva notevoli sorprese
e soddisfazioni. Superato
il primo impatto negativo dovuto
al progressivo restringimento del
tratto iniziale, la grotta può essere
QUADRO SINTETICO DEI DATI IDENTIFICATIVI
Nome locale: “Bus de la Spia”
Località: Sporminore – Castel Sporo
Quota: 610 m slm
Formazione geologica: Formazione di Rotzo – Giurassico inferiore (Età: Sinemuriano–Pliensbachiano;
196,5 – 183 milioni di anni fa).
Bus de la Spia: ingresso (foto di Mauro
Zambotto).
visitata anche da persone in giovane
età e da ragazzi, purché accompagnati
da persone esperte.
Notizie storiche
Agli inizi del ’700 Anton Roschmann,
storico di Innsbruck, sta
percorrendo da nord a sud le valli
trentine, impegnato in una attenta
ricognizione geografica e naturalistica
del Tirolo meridionale.
Roschmann, nato a Hall nel 1694,
pur avendo seguito i corsi universitari
di filosofia, teologia e giurisprudenza
aveva sempre preferito
dedicarsi alla storia (nel 1741
otterrà il titolo di Storiografo del
Tirolo), soprattutto a quella del
periodo romano con importan-
Bus de la Spia: laghi interni e vaschette tipo “gours” (foto di Nicola Ischia).
37

ADAMELLO BRENTA
Bus de la Spia: concrezione a colonna (foto
di Nicola Ischia).
ti ricerche sulle iscrizioni latine
che erano state rinvenute un po’
ovunque nella sua patria. Nell’autunno
del 1737, stimolato e finanziato
dal rettore dell’Università di
Innsbruck Franz Friedrich Payr,
porta a termine il suo viaggio e
l’anno seguente ne pubblica il resoconto,
con il titolo “Regnum
animale vegetabile, et minerale
medicum tyrolense” (Wagner,
1738) dopo averlo presentato ed
illustrato solennemente agli accademici
dell’ateneo austriaco.
Parte dal Lago di Garda e percorre
la Val d’Adige dopo aver visitato
il Bondone e la zona di Toblino.
Supera la Rocchetta, sale ad
Andalo e torna infine verso nord,
sulla sponda sinistra dello Sporeggio,
probabilmente lungo la
vecchia via romana che dalle Giudicarie
porta in Val di Non passando
attraverso il Banale. Poco
prima dell’abitato di Sporminore
non può fare a meno di notare, a
fianco della strada, l’imbocco di
una “... vastissima caverna che
si estende smisuratamente presso
Castel Sporo”. È il “Bus de
la Spia”, profonda grotta esplorata
completamente (nella sua parte
non allagata permanentemente)
forse solo nella seconda metà
dell’’800. La caverna in realtà
sembra fosse già stata segnalata
agli inizi del ’600 da Marx Sittich
von Volkenstein nel suo “Landesbeschreibung
von Südtirol”
(Descrizione del Tirolo meridionale)
che, per altro, si limitava a
descriverla come “... un grande
buco che sembra inoltrarsi molto
sotto terra ma in cui nessuno
si è mai fidato ad entrare ...”.
Verosimilmente, all’epoca, della
grotta si conosceva solo la parte
iniziale considerata la particolare
morfologia ad imbuto del primo
tratto e, forse, l’intasamento
di grossi ciottoli che ancora ostruivano
il successivo stretto cunicolo.
È possibile che i castellani ne
utilizzassero già l’imbocco come
deposito, anche se non è chiaro
in che periodo sia stato scavato
il sottostante cunicolo di scarico
che impediva l’allagamento della
“cantina” ad opera delle piene interne.
Caduto in rovina il castello
nel XVIII secolo, della grotta
non si sente più parlare per molto
tempo finché, agli inizi del ’900,
Cesare Battisti (che fu importante
Bus de la Spia: concrezione a stalattite (foto di Paolo Zambotto).
Bus de la Spia: concrezione a stalattite sul
lago principale (foto di Nicola Ischia).
geografo in ambito regionale) decide
di andare ad esplorarla minuziosamente
e ne dà la prima dettagliata
descrizione nella sua Guida
di Mezzolombardo, corredata da
alcune fotografie delle grosse stalagmiti
che adornano il laghetto
più grande.
Descrizione
Attualmente il “Bus de la Spia”
è una delle mete più frequentate
dagli speleo-escursionisti trentini,
sia per la facilità con cui ci si
38

ADAMELLO BRENTA
Bus de la Spia: galleria terminale (foto di
Nicola Ischia).
arriva (pochi minuti da Sporminore),
sia per l’alone di mistero
che da sempre avvolge questa
caverna, mistero legato alle
enormi quantità di acqua che riempiono
le gallerie più interne,
dove (a 300 metri dall’imbocco,
circa 56 m più in basso rispetto
alla quota della strada) un
imponente sifone si innesca periodicamente
durante la giornata
(e non solo nei periodi maggiormente
piovosi) alimentato
da gallerie non ancora completamente
esplorate. Infatti, quando
il livello dell’acqua nella parte
più interna del sifone supera
una certa soglia esso si innesca
e inizia a scaricare verso l’esterno
(cioè verso la parte nota della
grotta). Assistere al fenomeno
è piuttosto emozionante: al
di qua, quello che a prima vista
sembra un piccolo lago immobile
comincia a “gonfiarsi” e a tracimare:
l’acqua sale lentamente
Bus de la Spia: sifone terminale (foto di Nicola
Ischia).
39
Rilievo planimetrico completo.
e invade la galleria in leggera
salita; iniziano forti rumori provocati
dalle masse d’aria compresse
negli anfratti laterali della
condotta principale e a quel punto
è bene essersi già ritirati per
qualche decina di metri, almeno
fino all’inizio del lungo e ripido
salone franoso soprastante.
Alla base di questo, normalmente,
le acque si arrestano e poco
dopo riprendono a scendere e a
defluire verso l’interno del sifone,
altrettanto rapidamente e con
boati ancora più forti, lasciando
la galleria completamente libera
e gocciolante in ogni punto della
volta. In periodi di particolare
siccità il fenomeno può non verificarsi
o essere molto attenuato
(l’acqua invade un tratto minore
di galleria, con meno frastuono
e minor spettacolarità). In momenti
di piovosità eccezionale,
invece, le acque possono risalire
parecchio lungo il ripido salone
di frana e, una volta raggiunta
la parte orizzontale superiore,
addirittura uscire all’esterno.
Negli ultimi decenni, a quanto
si ricorda, l’acqua ha raggiunto
l’ingresso durante l’alluvione
del novembre 1966, ma anche in
anni più recenti (dopo le piogge
intense del 1999, ad esempio)
è riuscita a superare completamente
la galleria inferiore e
a invadere la zona dei laghi, fino
a pochi metri dall’imbocco. Dal
2003 i gruppi speleologici regionali
hanno iniziato ad esplorare
gradualmente il grosso sifone,
con notevoli sorprese ed interessanti
risultati. La galleria allagata
è stata percorsa dagli speleo
sub per quasi 300 metri ed è
stata raggiunta la profondità di
circa 130 metri rispetto all’imbocco
della grotta.
La visita della parte “escursionistica”
del “Bus de la Spia” richiede
invece solo qualche ora ed è
piuttosto interessante non solo
per lo spettacolo del sifone (ammesso
che si abbia la fortuna di
assistervi) ma anche per la bellezza
della parte superiore della
caverna, con i suoi laghi e alcune
imponenti stalattiti che vi si
specchiano. L’antro di ingresso,
abbastanza ampio (largo 10x15
metri e alto 5-6) e completamente
illuminato a giorno, illude per
qualche istante il visitatore, ma
dopo qualche metro si restringe
ad imbuto e obbliga a sdraiarsi in
discesa per superare un breve cunicolo
ciottoloso e penetrare nella
grotta vera e propria. Le poche
forme di vita che si incontrano,
alcune grosse cavallette del genere
Troglophilus, a questo punto
si fermano e la visita prosegue
incontrando, oltre un piccolo
salto, una curiosa stalattite a canne
d’organo e una piccola pozza
d’acqua, verso il primo lago. In
primavera e autunno è opportuno
avere con sé stivali di gomma
o un piccolo canotto, che servirà
poi anche sul successivo lago
grande. Quest’ultimo, lungo
anche oltre 40 metri nei periodi
più umidi, si supera normalmente
sulla sponda sinistra, meno
profonda. Al di là la grotta sale
leggermente dopo essersi di-

ADAMELLO BRENTA
Carta tecnica provinciale, con indicato lo sviluppo del Bus de la Spia e la sorgente Acquasanta
(in basso a destra).
visa in due rami. Quello a destra,
basso, allagato e in parte ostruito
da una grossa colonna stalagmitica,
si ricongiunge ad anello con
il ramo principale dopo qualche
decina di metri. Percorso un breve
tratto quasi piano, la grotta infine
si affaccia alla sommità del
vasto e ripido salone che scende
verso il sifone terminale, col pavimento
occupato completamente
da grossi blocchi di frana.
è da sempre stata sotto gli occhi
di osservatori anche non esperti,
e consiste nell’attivazione a intermittenza
del sifone terminale
della grotta e, parallelamente,
della portata, pure intermittente,
della sorgente. Scientificamente
tale interconnessione deve ancora
essere dimostrata, ma ciò sarà
molto probabilmente oggetto
di prossime specifiche verifiche
con traccianti chimici (Uranina
o Fluoresceina sodica).
Dal punto di vista geologico–
strutturale il versante in cui si
apre il “Bus de la Spia” costituisce
il fianco orientale di una piega
anticlinale a ginocchio, con
gli strati calcarei immersi verso
est con un’inclinazione dell’ordine
di 55°– 60°, in parte sovrascorsa
sulle formazioni inferiori
più recenti (marne della Formazione
di Ponte Pià; Eocene medio
e superiore).
La grotta si sviluppa per larghi
tratti lungo un piano molto inclinato,
caratterizzato da evidenti
segni di movimento relativo tra
i due lembi, probabilmente parallelo
alla struttura principale del
piano di sovrascorrimento. Non
mancano indizi di una riattivazione
dei movimenti lungo il piano,
probabili evidenze di attività
neo-tettonica, cioè di deformazioni
della parte più superficiale
della crosta terrestre avvenuti nel
corso degli ultimi 5 milioni di anni.
Un esempio di tali deformazioni
è rappresentato da una concrezione
dislocata da una frattura
Geologia
La grotta si apre alla base delle
pendici orientali del Gruppo di
Brenta, vasto massiccio montuoso
carbonatico con affioramenti
di rocce prevalentemente calcaree
e dolomitiche del Triassico
(251 – 200 milioni di anni fa) e
del Giurassico (200 – 145 milioni
di anni fa) e costituisce un ramo
pressoché fossile di un esteso
complesso carsico connesso con
la sorgente Acqua Santa, situata
1130 m a sud-est dell’ingresso
del “Bus de la Spia”, in località
Maurina (850 m di distanza
dal punto più estremo dell’esplorazione
subacquea).
La prova della loro connessione
Modello digitale del terreno (DTM) tratto dai rilievi LIDAR, con indicato lo sviluppo del
Bus de la Spia e la sorgente Acquasanta (in basso a destra), codice n. 4499 del catasto sorgenti
della Provincia.
40

ADAMELLO BRENTA
BIBLIOGRAFIA
Bus de la Spia: concrezione a colata stalattitica,
fratturata da attività sismica.
trasversale con un rigetto di circa
1 cm, probabile indizio di un
significativo terremoto avvenuto
nel corso del Pleistocene.
La grotta era originariamente caratterizzata
dalla presenza di numerose
e suggestive concrezioni
stalattitiche e stalagmitiche che
però nel corso degli anni sono
state via via danneggiate, distrutte
o del tutto asportate da vandali
e visitatori poco attenti alla necessità
di preservare le bellezze
ipogee, costruite pazientemente
dalla natura nel corso di migliaia
di anni.
Un’ultima considerazione va fatta
sull’età del “Bus de la Spia”.
I fenomeni carsici profondi nella
catena alpina, e quindi anche
nel nostro territorio, hanno iniziato
il loro sviluppo verosimilmente
a partire dal momento in
cui la catena montuosa alpina si è
progressivamente sollevata, cioè
all’incirca 35 milioni di anni fa.
L’evoluzione più spinta e l’allargamento
dei condotti carsici si
è manifestata poi probabilmente
nel corso degli ultimi pochi milioni
di anni cioè a partire dalla
fine del Miocene (nel Messiniano),
nel Pliocene e nel corso della
prima parte del Quaternario. Nella
seconda parte del Pleistocene e
nelle ultime migliaia di anni sono
prevalsi i fenomeni di deposizione
chimica e fisica, e cioè nel
primo caso i processi di concrezionamento
con la formazione
di stalattiti, stalagmiti, colonne,
colate parietali, veli, vaschette o
“gours”, mentre nel secondo caso
si sono sviluppati fenomeni
termoclastici e gravitativi con la
formazione di accumuli di crollo
costituiti da blocchi e detriti e di
riempimento (sabbia e ghiaia, limo
calcareo, argilla).
Una ricerca effettuata da Borsato
et al. (2003) sulla datazione
di concrezioni (speleotemi) della
grotta del “Bus de la Spia”, basata
sulla determinazione dei rapporti
di attività degli isotopi di
uranio e torio su 9 campioni, ha
fornito età radiometriche indicativamente
comprese tra 156 e 314
ka (migliaia di anni) cioè riferibili
al Pleistocene medio e superiore.
Attualmente la grotta è in uno
stato pressoché fossile per quanto
concerne la parte emersa, anche
se non mancano episodi di
allagamento temporaneo nei periodi
particolarmente piovosi.
La seconda parte della grotta,
quella perennemente immersa,
è invece in condizioni freatiche,
cioè permanentemente attive dal
punto di vista idrogeologico. È
probabile che nelle parti più interne
del massiccio del Brenta si
sviluppi un reticolo carsico molto
complesso che drena una considerevole
parte delle vaste superfici
esterne poste alle quote
più elevate, alimentando la notevole
risorsa idrica dell’Acqua
Santa, di cui il “Bus de la Spia”
rappresenta solo la parte più corticale
direttamente accessibile
all’uomo.
BORSATO, Andrea - L’esplorazione speleologica in Trentino Alto-Adige
nell’ultimo ventennio : (1972-1992) / Andrea Borsato e Paolo Zambotto.
// IN: Natura alpina - Trento. - A. 44 (1993), n. 4; pp. 1-17.
BORSATO, Andrea et al. – Open-system alpine speleothems: implications
for U-series dating and paleoclimate // IN: Studi Trentini di Scienze
Naturali – Acta Geologica - Trento. N. 80 (2003); pp. 71-83.
CONCI, Cesare - La storia e le attuali conoscenze speleologiche trentine
in rapporto alla SAT / Cesare Conci. // IN: CAI-SAT 1872-1952. -
Trento : Società degli alpinisti tridentini, 1952. - pp. 178-183.
ISCHIA, Nicola - Il complesso carsico delle Moline (S. Lorenzo in Banale,
Gruppo di Brenta) / Nicola Ischia. // IN: 9. Convegno regionale di
speleologia del Trentino-Alto Adige - 13-19 novembre 1989 / Gruppo
speleologico Lavis. - Trento : Museo tridentino di scienze naturali, 1991;
pp. 79-90. - (Natura alpina ; 42).
MOSNA, Ezio - L’esplorazione speleologica della Venezia Tridentina /
Ezio Mosna. // IN: Annuario / Società alpinisti tridentini.- Trento. - V.
25 (1929-30) ; pp. 149-211.
POLO, Liliana - A scuola_ di grotte / Liliana Polo. // IN: Natura alpina.
- Trento. - A. 25 (1974), n. 4 ; pp. 241-247.
ZAMBOTTO, Paolo - Toponomastica, storia e folclore delle grotte trentine
/ PaoloZambotto. // IN: Natura alpina. - Trento. - S. 2, v. 31 (1980),
n. 22 ; pp. 101-131.
ZAMBOTTO, Paolo - I “gours” : particolari morfologie nelle grotte di
Sporminore e del Calgeron / P. Zambotto. // IN: Natura alpina. - Trento.
- V. 39 (1988), n. 3/4 ; pp. 31-34.
41

ADAMELLO BRENTA
PROGETTO SALMERINO:
IMMISSIONE NEL LAGO GELATO
a cura dell’Ufficio Faunistico
In conformità con quanto previsto
dal Piano Faunistico del Parco
e dalla Carta Ittica provinciale,
il Parco ha avviato nel 2006 il
“Progetto Salmerino”: un’indagine
pluriennale volta ad approfondire
le conoscenze sullo status
e la distribuzione della specie
all’interno dell’area protetta e ad
individuare le più corrette linee
gestionali e di tutela del salmonide.
La prima fase del progetto
L’iniziativa, realizzata dal Parco
grazie alla collaborazione della
società “Aquaprogram” di Vicenza,
è stata condivisa e supportata
dal Servizio Foreste e
Fauna della Provincia Autonoma
di Trento e dalle locali associazioni
pescatori.
Tra il 2006 ed il 2008 è stata
compiuta la prima fase del progetto:
un’accurata raccolta di informazioni
circa lo status del
salmerino alpino (Salvelinus alpinus)
all’interno dei laghi del
Parco. Le indagini condotte si
sono basate, in un primo tempo,
su ricerche bibliografiche e confronti
con le associazioni pescatori
locali, per poi individuare un
campione di 9 laghi entro i quali
sono state successivamente pianificate
e realizzate approfondite
attività di monitoraggio delle
comunità ittiche.
I risultati emersi hanno permesso
di verificare l’esistenza di situazioni
ittiofaunistiche piuttosto
variegate: in 5 dei 9 laghi indagati
è stato rinvenuto il salmerino
alpino. La caratterizzazione quali-quantitativa
delle popolazioni
presenti e le analisi genetiche
condotte sui campioni organici
dei salmerini pescati hanno permesso
di verificare che nel Lago
di S. Giuliano e nel Lago Nero di
Cornisello sono presenti “buone”
popolazioni selvatiche, mentre la
popolazione del Lago di Valbona
superiore è da considerarsi ibrida,
in particolare frutto di incroci
con il salmerino di fonte (Salvelinus
fontinalis). Le popolazioni
rinvenute nei Laghi di Cornisello
superiore e inferiore possono invece
essere definite “giovani”, in
quanto di recente introduzione.
Una simile situazione consente di
avanzare le seguenti considerazioni:
il salmerino alpino è localmente
presente nei laghi del Parco
e in alcuni bacini esistono delle
popolazioni sufficientemente stabili.
Ciononostante, considerando
il ridotto numero di laghi in cui
la specie è stata rinvenuta rispetto
al totale dei bacini indagati, il
salmonide deve essere considerato
una specie a “rischio” nel territorio
dell’area protetta.
La tutela della specie
Sulla base delle conclusioni
emerse, nel 2009 il Parco ha deciso
di attuare un intervento concreto
a tutela della specie: l’immissione
controllata di salmerini
alpini in un lago idoneo alla specie
e privo di ittiofauna, nel quale
fosse possibile l’insediamento
di una popolazione vitale del salmonide.
In considerazione delle
attività di monitoraggio realizzate,
la scelta è caduta sul Lago Gelato,
bacino d’alta quota situato
sul versante granitico del Parco,
sopra Madonna di Campiglio.
42

ADAMELLO BRENTA
L’immissione nel Lago Gelato
È stato dunque redatto un apposito
“Studio di fattibilità per
l’immissione del salmerino alpino
(Salvelinus alpinus) nel Lago
Gelato” nel quale sono stati ampiamente
approfonditi sia le motivazioni
che i dettagli dell’operazione.
Tale studio rappresenta
una valutazione preliminare delle
probabilità di successo di costituire
una popolazione selvatica
di salmerino alpino nel Lago in
oggetto. In particolare sono state
analizzate le motivazioni che sottendono
l’iniziativa e gli obiettivi
che essa si pone, definendone le
modalità operative e anche i costi.
Ottenuto il via libera, l’intervento
di immissione è stato finalmente
attuato il 4 settembre
2010. Grazie agli accordi presi
con il Servizio Foreste e Fauna
della Provincia, l’Associazione
Pescatori Alto Sarca e l’Associazione
Pescatori Molveno, sono
stati rilasciati nel Lago Gelato
salmerini provenienti dal
Centro Ittiogenico di Molveno,
nel cui incubatoio vengono allevati
esemplari geneticamente
controllati e che provengono da
bacini alpini simili a quelli del
territorio del Parco.
I salmonidi sono stati trasportati
dall’incubatoio di Molveno alle
rive del Lago Gelato tramite
un elicottero provinciale, all’interno
di un contenitore attrezzato
per il trasporto di pesce vivo. La
semina ha previsto l’immissione
di 3.000 salmerini della classe 0+
(pesci di età inferiore all’anno),
appartenenti al ceppo di Costabrunella
(Lagorai), considerato
geneticamente idoneo a popolare
le acque del Lago Gelato.
Oltre ai referenti tecnici e ai rappresentanti
degli Enti coinvolti
– tra cui presidente e direttore
del Parco – all’operazione hanno
presenziato anche alcuni ragazzi
provenienti dai comuni del Parco,
nonché alcune persone interessate
all’evento. Il tentativo dell’intera
iniziativa, che ha previsto
momenti di condivisione con le
categorie interessate e alcune presentazioni
pubbliche (Strembo,
Molveno, Pinzolo), è stato infatti
anche quello di sfruttare l’immissione
per sensibilizzare la popolazione
alle tematiche legate alla
corretta gestione degli ambienti
acquatici, nella speranza di facilitare
la conservazione dell’intera
comunità ittica presente.
L’attenzione del Parco nei confronti
del salmerino alpino proseguirà
anche nei prossimi anni:
il progetto prevede analoghe immissioni
nel 2011 e 2012, per aumentare
il contingente dei “fondatori”.
A ciò si affiancherà un
monitoraggio specifico del Lago,
indispensabile per verificare
l’andamento dell’operazione.
L’immissione nel Lago Gelato il 4 settembre 2010.
43

ADAMELLO BRENTA
UN NUOVO PROGETTO
LIFE SULL’ORSO
a cura dell’Ufficio Faunistico
Il 31 maggio 2010 la Commissione
Europea ha approvato la
proposta di cofinanziamento
per un nuovo progetto LIFE+
sull’orso bruno. Il progetto, denominato
“ARCTOS - Conservazione
dell’orso bruno: azioni
coordinate per l’areale alpino
e appenninico” (LIFE09 NAT/
IT/000160), è promosso dal Parco
Nazionale d’Abruzzo Lazio
e Molise e prevede la partecipazione
di: WWF Italia, Corpo
Forestale dello Stato, Università
di Roma La Sapienza, Regione
Abruzzo, Regione Lazio, Regione
Lombardia, Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia, Provincia
Autonoma di Trento e
Parco Naturale Adamello Brenta,
tutti partner che hanno già
precedenti esperienze di progetti
europei (LIFE NATURA) rivolti
alla conservazione della specie.
L’iniziativa nasce dalla necessità
di contrastare le principali minacce
alla conservazione dell’orso
bruno in Italia, individuate
nella progressiva perdita degli
habitat naturali, nell’insorgenza
di conflitti con le attività produttive
umane (in particolare con
la zootecnia) e nella mancanza
di una conoscenza eco-etologica
della specie sufficiente all’adozione
delle più corrette pratiche
gestionali.
L’esigenza condivisa di promuovere
attivamente una serie di
azioni integrate risulta dunque
prioritaria, oltre ad essere in linea
con le direttive europee delineate mettere
nell’ambito del “Piano d’azione
per la Conservazione dell’orso
bruno (Ursus arctos) in Europa”.
L’obiettivo primario del LIFE+
ARCTOS è quello dell’implementazione
di pratiche e protocolli
gestionali volti ad assicurare
la conservazione a lungo
termine delle popolazioni di orso
bruno presenti in Italia attraverso
una accurata identificazione,
condivisione e messa a punto
di esperienze, metodiche e strumenti
efficaci per la salvaguardia
della specie. Le finalità specifiche
sono:
• identificare e condividere con
gli allevatori le pratiche di gestione
zootecnica più compatibili
con la presenza dell’orso;
• sviluppare, promuovere e
44
in atto buone pratiche
per monitorare e impedire la
diffusione delle malattie del
bestiame potenzialmente trasmissibili
all’orso;
• permettere, nelle zone di attuale
presenza del plantigrado,
un sensibile aumento dell’adozione
di efficaci misure di prevenzione
da parte degli allevatori,
al fine di ridurre i conflitti
con l’orso;
•
promuovere il coinvolgimento
e la partecipazione delle parti
sociali ai processi decisionali
relativi alla convivenza tra uomini
e orsi;
•
favorire la sperimentazione e
l’adozione di soluzioni efficaci
per ridurre i conflitti con
gli orsi nelle aree di presenza
della specie attraverso lo svi-

ADAMELLO BRENTA
luppo di appropriate strutture
operative, task force, normative
e regolamentazioni;
• incoraggiare l’adozione da
parte delle amministrazioni
locali di strumenti, buone pratiche
e linee guida utili a mitigare
le principali minacce alla
sopravvivenza dell’orso;
•
nelle zone di possibile espansione
della specie, incoraggiare
l’adozione da parte delle
amministrazioni di protocolli
e strumenti gestionali utili a
facilitare la convivenza tra uomini
e orsi;
•
incrementare la conoscenza
e la consapevolezza delle comunità
locali alla presenza
dell’orso.
Il progetto prevede una durata di
48 mesi, con inizio formale il 1°
settembre 2010 e termine il 31
agosto 2014, e una spesa complessiva
di 3.984.820 euro, finanziati
dalla Commissione Europea
per il 67,63% (2.694.934 euro).
Il Parco Naturale Adamello Brenta
è impegnato nell’attuazione di
azioni preparatorie (analisi della
pratica zootecnica e sviluppo
di indirizzi di gestione; valutazione
del rischio sanitario legato
alla presenza di bestiame domestico),
iniziative concrete di
conservazione (sperimentazione
ed installazione di contenitori
per rifiuti a prova di orso) e attività
di comunicazione (promozione
e divulgazione di informazioni
sull’orso e sulle azioni del
progetto attraverso il coinvolgimento
di residenti, amministratori,
scuole, etc.), per le quali è
prevista una spesa complessiva
di 114.967 euro, dei quali circa
un terzo (34.452 euro) a diretto
carico del Parco. Molte delle
azioni indicate verranno svolte in
stretta collaborazione con la Provincia
Autonoma di Trento, impegnata
anche nell’ambito delle
tematiche inerenti la prevenzione
dei danni da orso.
I risultati attesi, il cui conseguimento
andrà valutato a fine progetto,
possono essere così riassunti:
• adozione di pratiche di gestione
zootecnica innovative e
più compatibili con la presenza
dell’orso almeno all’interno
delle aree protette in cui la
specie è presente;
•
adozione di pratiche innovative
per la gestione dei conflitti
uomo-orso, almeno all’interno
delle aree protette in cui la
specie è presente;
• riduzione del 50% della predazione
di bestiame domestico
da parte dell’orso nei territori
di presenza della specie;
•
aumento della partecipazione
attiva dei gruppi di interesse
(forestali, cacciatori, agricoltori,
operatori turistici, ecc.)
nei processi decisionali relativi
alla gestione dei conflitti
uomo-orso (es. predazione di
bestiame domestico) e dello
sfruttamento delle risorse naturali;
•
costituzione di apposite “squadre
di emergenza” che intervengano
prontamente nelle
aree di presenza della specie,
attive sia sulle Alpi sia sugli
Appennini.
La speranza, nonché la grande
sfida, di questo importante
e ambizioso progetto LIFE+ è
che la messa in rete delle esperienze
pluriennali di conservazione
dell’orso bruno acquisite
dai partner possa essere utile per
intervenire positivamente sullo
status della specie, favorendone
una espansione numerica e territoriale
- sia sulle Alpi sia sugli
Appennini - in coesistenza con
l’uomo.
Il 21 e 22 ottobre 2010 ha avuto
luogo la prima riunione di coordinamento
del progetto, nel
corso della quale sono state introdotte
le modalità di coordinamento
dell’iniziativa e presentate
le attività previste da parte
di ciascun partner. Oltre alla discussione
delle eventuali modifiche
tecniche, si è provveduto alla
stesura di un piano di lavoro
dettagliato per il primo anno di
progetto.
45

ADAMELLO BRENTA
L’IMPEGNO DEL PARCO
PER L’ORSO
Il progetto Life Ursus
a cura dell’Ufficio Faunistico
È fresco di stampa il 3° volume
dedicato all’orso dei Documenti
del Parco, il 18° della collana
ideata nel 1993 per diffondere
i risultati acquisiti nell’ambito
delle ricerche promosse dal
Parco.
Il testo, dal titolo “L’impegno
del Parco per l’orso: il Progetto
Life Ursus” (a cura dell’Ufficio
Faunistico del Parco), ripercorre
la storia dell’orso in
Trentino, con particolare riferimento
al progetto di reintroduzione
promosso dal Parco alla
fine degli anni ’90 del secolo
scorso.
Per evitare l’estinzione ormai
imminente dell’orso bruno, tra
il 1996 e il 2004 il Parco Naturale
Adamello Brenta ha infatti
promosso il progetto di reintroduzione
“Life Ursus”, cofinanziato
dall’Unione Europea e realizzato
in collaborazione con la
Provincia Autonoma di Trento e
l’Istituto Nazionale per la Fauna
Selvatica (oggi ISPRA). L’iniziativa
si è basata sul rilascio
di 10 esemplari, grazie ai quali è
stato possibile donare alla specie
un nuovo futuro sulle Alpi Centrali.
Scopo principale del volume è
quello di lasciare una “memoria
storica” del progetto che ha cambiato
le sorti dell’orso sulle Alpi
italiane.
La pubblicazione, stampata nel
mese di giugno 2010, prende avvio
dalla storia dell’orso sulle
Alpi per arrivare a illustrare le
principali problematiche di conservazione
della specie e infine
il progetto di reintroduzione promosso
dal Parco. La trattazione
del progetto Life Ursus - sviscerato
in tutta la sua complessità e
articolazione: dai presupposti alle
analisi preliminari fino alla fase
attuativa - rappresenta il cuore
dell’opera, contribuendo a “consegnare
alle generazioni future”
quanto appreso in Trentino in
questi anni.
Ricco di materiale iconografico
rispetto ai precedenti volumi,
il testo si chiude con una breve
analisi dello status attuale della
specie sulle Alpi e con una approfondita
disamina delle prospettive
future.
Nato dalla volontà di trasmettere
l’esperienza tecnico-scientifica
acquisita nell’ambito del
Life Ursus, il volume rappresenta
dunque un contributo per
la gestione della specie. Parimenti,
la speranza è che un testo
con le caratteristiche descritte
possa risultare utile a
“lasciare una traccia” intelligibile
anche ai non addetti ai lavori,
testimonianza futura del
legame indissolubile tra Adamello
Brenta e orso, che ne-
DOCUMENTI del PARCO
ANGOLO DEL LIBRO
Titolo: L’impegno del Parco per
l’orso: il Progetto Life Ursus
Collana: Documenti
Autore: Ufficio Faunistico del
Parco Naturale Adamello Brenta
(a cura di)
Editore: Parco Naturale Adamello
Brenta
Prezzo di copertina: 10 euro
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DOCUMENTI del PARCO
L’impegno
del Parco
per l’orso:
il Progetto
Life Ursus
gli ultimi vent’anni si è tradotto
in un impegno straordinario
per la conservazione del plantigrado
a livello nazionale ed
europeo.
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Una foto al mese, naturalmente Parco
Continua il concorso Le Foto più belle
La partecipazione
è gratuita
e aperta a tutti.
Sul sito internet
il regolamento
e le modalità
di partecipazione.
Federico Arnoldi
Aspettando l’alba
(1° class. – marzo 2010)
Mario Valentini
Red rock in Val d’Algone
(1° class. – aprile 2010)
Davide Ballardini - Dalla cima del Castelletto di Tucket (1° class. – maggio 2010)
Federico Arnoldi
E il giorno si fa bello
(1° class. – giugno 2010)

Una foto al mese, naturalmente Parco
Mario Benigni
Tenera famiglia di caprioli
(1° class. – novembre 2010)
Federico Arnoldi
Raggio di sole
(1° class. – luglio 2010)
Nicola Wegher
Gli ultimi raggi della giornata
salutano il Brenta
(1° class. – agosto 2010)
Daniel Dugu
Vie ferrate del Brenta
(1° class. – settembre 2010)
Silvio Schergna
Mangiamo più pesce
(1° class. – ottobre 2010)

Continua il concorso Le Foto più belle
Mario Benigni
È l’ora di pranzo
(1° class. – dicembre 2010)
Su proposta del Presidente del Parco, la Giunta esecutiva
ha approvato, ad unanimità di voti, la nomina dei
vincitori del concorso fotografico “Una foto al mese –
naturalmente Parco” per l’anno 2010, nei seguenti nominativi:
1° classificato: LUCIANO IMPERADORI - vincitore del
concorso nel mese di gennaio 2010, che verrà omaggiato
con una macchina fotografica digitale Nikon D3000 con
obiettivo offerta da Elettrocasa Trony di Trento
2° classificato: FEDERICO ARNOLDI vincitore del concorso
nel mese di luglio 2010 che verrà omaggiato con la
pubblicazione “Val di Non - taccuino di viaggio” e “Piante
in cucina, piante nella farmacia casalinga” edito dal Parco
3° classificato: LUIGINO SARTORI vincitore del concorso
nel mese di febbraio 2010 che verrà omaggiato con la pubblicazione
“Val di Non - taccuino di viaggio” e “Piante in
cucina, piante nella farmacia casalinga” edito dal Parco

INVOLUCRO RICICLABILE
A
DAMELLO BRENT
Buon proseguimento, Parco
A
Lascio la direzione del Parco dopo 10 anni di lavoro intenso e ricco
di grandi soddisfazioni.
È stata una decisione lungamente ponderata e maturata sia per ragioni
personali e famigliari – ha inciso non poco il fatto di aver
trasferito recentemente la mia residenza a 95 km dalla sede del
Parco – sia per motivi professionali. Sono da sempre convinto –
e l’esperienza me lo ha confermato – che 10 anni di lavoro nello
stesso ruolo sia un tempo limite oltre il quale è molto difficile “dare
di più”, porsi nuovi obiettivi, trovare nuovi stimoli.
Nella mia carriera ho avuto la fortuna di cambiare ruolo frequentemente,
pur sempre nel settore delle aree protette, e questa opportunità
ogni volta mi ha dato nuove energie, oltre ad arricchirmi.
Confido che possa accadere anche in questa occasione, nel momento
in cui assumo in Provincia l’incarico speciale per la valorizzazione
della rete delle aree protette.
Lascio dopo 10 anni, con l’orgoglio di aver guidato un gruppo di lavoro formidabile, cresciuto
via via in termini operativi e professionali, e di aver lavorato sempre in piena sintonia con Presidente,
Vicepresidente e Giunta esecutiva. Grazie a questi ingredienti ho contribuito a far crescere
il Parco, impegnandomi in un’impresa in cui ho creduto fortemente e a cui mi sono dedicato senza
tirarmi mai indietro.
Credo che non sia stato uno sforzo inutile.
Quello che lascio è un Ente sano, nei principi, nel metodo di lavoro, nella sua organizzazione,
all’avanguardia in molti settori, il cui valore è riconosciuto paradossalmente di più fuori dai confini
provinciali: il Parco Naturale Adamello Brenta Geopark è considerato un modello gestionale
a livello nazionale e internazionale. Ma anche a livello locale ha conquistato via via il ruolo
di interlocutore autorevole, dal quale oggi non è plausibile prescindere nel governo del territorio.
Con il convinto impegno di tanti – dal Presidente, alle Giunte esecutive, alla maggior parte del
personale – in questi anni abbiamo dimostrato come le politiche di tutela ambientale e i processi
economico-sociali non siano in antitesi ma, anzi, possano rappresentare una scommessa vincente
per i territori che stabiliscono un legame imprescindibile tra ecologia ed economia, tanto più alla
luce della crisi economica ed ecologica globale. Proprio nella sperimentazione di nuove sintesi tra
questi due momenti viene esaltato il ruolo di laboratorio dei parchi.
In definitiva abbiamo imposto un’accelerazione ai processi culturali del nostro territorio, che oggi
è in prima fila nel turismo sostenibile, nella mobilità, nella pianificazione partecipata, nella logica
della qualità. Abbiamo definito una cultura “da Parco”, guardando oltre i nostri confini e gli
stretti orizzonti delle nostre montagne.
In questa azione ci siamo spesso attirati critiche da fronti opposti: forse questa è la migliore prova
di aver agito con equilibrio, mettendo al bando ideologie e ipocrisie, tenendo la schiena dritta.
Lascio il Parco in buone mani, se mi si consente questa espressione.
Nelle mani di una macchina organizzativa efficiente, composta da un gruppo giovane, fortemente
motivato e aperto al nuovo, che rappresenta la migliore garanzia perché il Parco possa continuare
a ben operare.
Nelle mani sagge di un nuovo Direttore, di cui conosco le qualità umane, di rettitudine morale e
onestà intellettuale.
E nelle mani amiche del nuovo Presidente che, con il suo ambizioso obiettivo di rendere il Parco
più “popolare”, sono convinto abbia la ricetta giusta per condurre il Parco verso la definitiva affermazione
locale.
A loro va il mio sincero augurio che possano formare un sodalizio “vincente” quale quello che ho
avuto il privilegio di formare con il presidente Zulberti, operando in sintonia, nel rispetto dei rispettivi
ruoli, per il bene del nostro Parco, tenendo vivi i valori di amore e di rispetto per il nostro,
straordinario territorio, l‘unico che abbiamo.
Claudio Ferrari
già direttore Parco Naturale Adamello Brenta
Stampato su carta fornita da Cartiere del Garda Spa, azienda specializzata nella produzione di carte patinate senza legno. Certificata ISO 14001,
Registrazione EMAS (30 giugno 2005). Cartiere del Garda pone molta attenzione alla scelta delle materie prime e impiega prevalentemente cellulose
selezionate provenienti da fornitori che attuano una buona gestione delle risorse forestali. Tutte le carte sono prodotte in ambiente neutro senza acidi (acidfree).
Interno: GardaPat 13 KIARA 115 g/m² - Copertina: GardaPat 13 KIARA 150 g/m² - Allegato: GardaPat 13 KIARA 150 g/m² OBA-free.