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Versione PDF - Ispesl

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i determinanti posti in serie (un quarto), ove anche l’eliminazione di un solo determinante può<br />

essere in grado di azzerare la probabilità d’incidente. Si è trattato per gli analisti dei casi di un<br />

esercizio di riflessione innovativo che ha comportato un approccio diverso allo studio degli<br />

infortuni sul lavoro.<br />

Riflettere non solo su che cosa effettivamente ha provocato un incidente e su quali sono<br />

le ragioni a sostegno delle opzioni che in proposito si fanno e, ancor più, sui legami eventualmente<br />

presenti tra i fattori riconosciuti all’origine di un incidente è infatti un impegno che<br />

richiede e che a sua volta favorisce una elevata qualificazione professionale.<br />

Il Fattore umano e la responsabilità dell’infortunato. L’analisi dei determinanti (fattori di<br />

rischio) chiamati in causa nella genesi degli infortuni ci permette di aprire una finestra sul fattore<br />

di rischio “attività dell’infortunato”, chiamato in causa in oltre un terzo degli infortuni sia<br />

mortali che gravi. Questo dato è in linea con quelli di letteratura e con l’opinione di molti esperti,<br />

tuttavia richiede alcune non secondarie precisazioni: se l’attività dell’infortunato (e lo stesso<br />

vale per l’attività di terzi) viene riconosciuta come determinante d’incidente ciò non significa<br />

identificare automaticamente una responsabilità dell’infortunato, né sul piano giuridico né<br />

su quello extragiuridico. Un comportamento errato dell’infortunato può infatti discendere da<br />

fattori sui quali l’infortunato stesso ha ben poca possibilità d’influenza: inadeguata formazione,<br />

cattiva organizzazione, ritmi di lavoro troppo elevati, ecc. Fattori questi ultimi su cui è sicuramente<br />

possibile intervenire in chiave di prevenzione.<br />

Non vanno in proposito dimenticate, come dato d’indubbio interesse emerso per una<br />

quota assai significativa di infortuni, alcune “caratteristiche” dell’infortunato già ricordate<br />

sopra, che certamente hanno un peso negli eventi accaduti: si citano esemplificativamente,<br />

ma non casualmente, la provenienza dall’estero - in particolare la “categoria” di lavoratore<br />

extracomunitario - e l’età, con il dato ripetutamente riscontrato di infortuni in fasce d’età alle<br />

soglie o (anche in misura notevole) al di là delle soglie del pensionamento.<br />

Se andiamo ad analizzare la frequenza dei problemi di sicurezza per ciascun tipo di determinante<br />

ed in particolare per l’attività dell’infortunato troviamo al primo posto l’errore di procedura.<br />

Quanto ad utensili, macchine e impianti i problemi di assetto sono nettamente più frequenti<br />

(59.5% nei casi mortali, 74.9% in quelli gravi) rispetto a quelli di funzionamento.<br />

Questo risultato ben si accorda con la preponderanza degli stati rispetto ai processi segnalato<br />

nel commento alle tabelle 3.3.13 e 3.3.14 e conferma gli elevati livelli di prevedibilità e dunque<br />

di prevenibilità degli infortuni esaminati. Andando più nel particolare, il problema di assetto<br />

è costituito in oltre il 75% dei casi, sia mortali sia gravi, da assenza, inadeguatezza strutturale,<br />

rimozione o manomissione delle protezioni.<br />

Per i materiali tre sono i problemi evidenziati che emergono su ogni altro: nell’ordine, quelli<br />

legati alle loro caratteristiche strutturali, alla loro movimentazione, al loro stoccaggio.<br />

Un’altra fonte di informazioni utili per la prevenzione deriva nel modello “Sbagliando s’impara”<br />

dall’analisi della frequenza in cui ciascun determinante assume la caratteristica di<br />

“stato” o di “processo”. Le attività dell’infortunato e quelle di terzi risultano essere in netta<br />

prevalenza dei processi, come peraltro è lecito attendersi vista la definizione di questi due tipi<br />

di determinanti.<br />

Per gli altri quattro tipi di determinanti, invece, si ha sempre una maggior frequenza di stati,<br />

sia nei casi mortali sia in quelli gravi, e quasi sempre in misura piuttosto netta. Questo risultato<br />

è di grande rilievo per la valutazione della prevedibilità e quindi prevenibilità degli infortuni,<br />

in quanto gli stati, per definizione, sono riconoscibili prima che l’infortunio avvenga e del<br />

tutto indipendentemente da esso. Tutto questo rimanda alla organizzazione aziendale della<br />

sicurezza, alla valutazione del rischio che rappresenta la madre di tutte le azioni di prevenzione<br />

in azienda, alla quotidiana attività di vigilanza che la legge, oltre che le regole di ogni buona<br />

organizzazione, attribuiscono a dirigenti, preposti ed agli stessi lavoratori, in misura differenziata<br />

a seconda delle rispettive funzioni e responsabilità.<br />

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