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Versione PDF - Ispesl

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1. COME NASCE L’INDAGINE<br />

1.1 Premessa sul fenomeno infortunistico<br />

Lo sviluppo delle tecnologie e dei processi lavorativi e l’evoluzione delle norme sulla sicurezza<br />

hanno comportato nel tempo una progressiva diminuzione degli infortuni lavorativi,<br />

senza però ridurre il fenomeno stesso a dimensioni marginali, in particolar modo nel caso<br />

degli infortuni mortali. Questo è in parte dovuto alla diversa valenza delle misure adottate per<br />

garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolar modo nei confronti degli eventi mortali,<br />

relativamente rari e legati ad “operazioni” particolari, che necessitano di ulteriori approfondimenti<br />

per comprendere ancora meglio quali siano i determinanti su cui agire per una significativa<br />

riduzione dei rischi.<br />

In Italia negli ultimi quaranta anni, sulla base dei dati raccolti dall’INAIL nel corso della sua<br />

attività di tutela assicurativa dei lavoratori, si è osservata una generale diminuzione nell’andamento<br />

degli infortuni sul lavoro. Tuttavia la curva discendente di lungo periodo si è molto attenuata<br />

nel corso degli ultimi dieci anni assumendo talora, soprattutto per quanto riguarda i casi<br />

mortali e “gravi”, un carattere quasi di stagnazione. Occorre aggiungere che la lettura stessa<br />

dei dati è influenzata dalla fonte assicurativa dalla quale essi provengono, per cui la generale<br />

diminuzione nei valori della frequenza è legata anche ad altri fattori, come la progressiva<br />

estensione della tutela assicurativa nel corso degli anni anche a lavoratori che svolgono professioni<br />

meno rischiose.<br />

L’andamento più recente degli infortuni sul lavoro mette in evidenza come, nei rami<br />

Industria e Servizi (che racchiudono circa il 95,5% degli occupati in Italia), il tasso degli infortuni<br />

sia passato da 44,9 casi per 1000 addetti nel 1994, anno di introduzione del D.Lgs. 626,<br />

ad un valore di 32,3 nel 2003, anno più recente con dati stabilizzati (i dati di fonte assicurativa<br />

relativi agli indennizzi comportano un arco di tempo per la definizione amministrativa delle<br />

denunce, soprattutto nel caso di infortuni con esiti più gravi).<br />

L’andamento degli infortuni mortali passa da 1065 casi nel 1994, a 1172 casi nel 1999 e a<br />

1229 casi nel 2003, ma occorre tener conto delle modifiche normative introdotte con il<br />

D.Lgs. 38/2000, tra cui l’estensione con chiarezza della tutela infortunistica agli infortuni in<br />

itinere (un tipo di evento ad elevatissima gravità e quindi con un assai consistente numero<br />

di casi mortali). Tale tipologia di danno da lavoro era precedentemente coperta solo parzialmente,<br />

non per via legislativa ma solamente per via giurisprudenziale. In tal modo gli infortuni<br />

mortali in itinere, contenuti in circa 80 casi annui tra il 1994 ed il 1999, sono saliti a 333<br />

casi nel 2003 (dati desunti dai Rapporti annuali INAIL). Per omogeneità di confronto nel<br />

decennio 1994-2003, sottraendo tali valori dai casi mortali complessivi sopra indicati si osserva<br />

un calo degli infortuni mortali avvenuti effettivamente durante il lavoro, sopraggiunto però<br />

solo dopo il 1999.<br />

Naturalmente la lettura dei dati sugli infortuni fornirebbe ulteriori dettagli se condotta per<br />

settori di attività economica o ambiti territoriali specifici, tuttavia il dato di fondo indica che le<br />

misure introdotte con la 626 sembrano aver agito soprattutto sulle tipologie di infortunio che<br />

comportano conseguenze più lievi, riguardanti circa il 96% del totale degli eventi. Non si è riusciti,<br />

in sostanza, ad intaccare significativamente la frequenza di accadimento per gli infortuni<br />

più gravi e mortali, che comportano in realtà i maggiori costi umani e sociali.<br />

Si può affermare come il D.Lgs. 626, che ha recepito i principi contenuti nelle direttive<br />

comunitarie in materia di prevenzione e sicurezza, non abbia espresso tutte le sue potenzialità<br />

ai fini di un drastico contenimento degli eventi dannosi correlati all’attività lavorativa; un parziale<br />

conforto è il riscontro con i dati su scala europea, dove il nostro Paese presenta valori<br />

degli indici di frequenza leggermente migliori della media europea, sia per il complesso degli<br />

eventi che per i soli casi mortali.<br />

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