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Trombosi venosa - Salute per tutti

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Anno 13 - N. 1/2010<br />

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1 DCB Milano<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong>:<br />

diagnosi e trattamento<br />

Emidio Cianciola, Giulia Monaco,<br />

Michela Pelella, Pina Capo, Ornella Taddeo,<br />

Nadia Pisciottano, Gerardo Garofalo<br />

La “maculadensa” renale.<br />

Importanteco-regolatore<br />

dellaproduzionedirenina<br />

Livio Meciani<br />

Quando consigliare la vaccinazione<br />

anti-HPV<br />

Gianni Bona


Direttore Responsabile<br />

Direttore Generale<br />

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San Giuliano Milanese<br />

È vietata la riproduzione totale o parziale, con<br />

qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie<br />

pubblicati su Scripta MEDICA senza autorizzazione<br />

scritta dell’Editore.<br />

L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli<br />

Autori degli articoli.<br />

Edizioni Scripta Manent pubblica<br />

inoltre:<br />

ARCHIVIO ITALIANO<br />

DI UROLOGIA E ANDROLOGIA<br />

Volume 13, n. 1, 2010<br />

INDICE<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong>:<br />

pag. 3 diagnosi e trattamento<br />

Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Michela Pelella, Pina Capo,<br />

Ornella Taddeo, Nadia Pisciottano, Gerardo Garofalo<br />

Quando consigliare la vaccinazione<br />

pag. 24 anti-HPV<br />

Gianni Bona<br />

La “maculadensa” renale.<br />

pag. 28 Importante co-regolatore della produzione di renina<br />

Livio Meciani<br />

RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA<br />

DELL’ADOLESCENZA<br />

JOURNAL OF PLASTIC DERMATOLOGY<br />

JOURNAL OF ECOLOGIC DERMATOLOGY<br />

UPDATE IN PLASTIC SURGERY<br />

HUMAN TRICHOLOGY<br />

INFORMED, CADUCEUM, IATROS<br />

Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile, in qualsiasi momento,<br />

opporsi all’invio della rivista comunicando <strong>per</strong> iscritto la propria decisione a:<br />

Edizioni Scripta Manent s.n.c.<br />

Via Bassini, 41 - 20133 Milano


Volume 13, n. 1, 2010<br />

3<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong>:<br />

diagnosi e trattamento<br />

Emidio Cianciola, Giulia Monaco, Michela Pelella, Pina Capo,<br />

Ornella Taddeo, Nadia Pisciottano, Gerardo Garofalo<br />

Introduzione<br />

La malattia <strong>venosa</strong> tromboembolica è<br />

una malattia che resta frequente e grave. L’incidenza<br />

annua della trombosi <strong>venosa</strong> profonda<br />

(TVP) è stimata pari a 120 su 100.000 1, 2 ,<br />

ma è difficilmente stimabile, tenuto conto del<br />

numero di episodi trombotici passati inosservati,<br />

poiché la diagnosi clinica manca spesso<br />

di sensibilità e di specificità.<br />

La sua gravità è legata alla comparsa di un’embolia<br />

polmonare (EP), principale complicanza<br />

in fase acuta della TVP, che è responsabile ogni<br />

anno di 5.000-6.000 decessi in Italia 3 .<br />

Al di fuori di questa complicanza acuta, la<br />

prognosi a medio e a lungo termine della TVP<br />

è anche strettamente legata al rischio di recidiva<br />

e alla comparsa di una sindrome posttrombotica,<br />

che rappresenta un costo elevato<br />

di salute pubblica.<br />

La diagnosi di TVP e/o EP resta un esercizio<br />

difficile. È stata a lungo puramente clinica<br />

ma, in seguito allo sviluppo di strumenti<br />

laboratoristici o morfologici, sono state valutate<br />

delle strategie diagnostiche.<br />

La diagnosi clinica si basa su un’anamnesi, su<br />

un esame clinico accurato e sul riconoscimento<br />

di situazioni a rischio. La diagnosi può<br />

essere esclusa in caso di negatività dei D-<br />

dimeri. In caso contrario, l’ecodoppler confermerà<br />

o meno il sospetto clinico 4, 5 .<br />

Il trattamento anticoagulante iniziale, eparina<br />

non frazionata (ENF) o eparina a basso peso<br />

molecolare (EBPM), deve essere continuato<br />

con un anticoagulante orale iniziato in modo<br />

concomitante. La durata del trattamento anticoagulante<br />

non è ancora risolta, ma può essere<br />

guidata dalla presenza di fattori di rischio<br />

<strong>per</strong>sistenti o reversibili o dalla nozione di episodi<br />

trombotici recidivanti.<br />

U.O.C. Anestesia e Rianimazione P.O. Agropoli (SA)<br />

Non si devono dimenticare i trattamenti non<br />

farmacologici, in particolare la contenzione<br />

elastica, che <strong>per</strong>mette di dimezzare la comparsa<br />

della sindrome post-trombotica 6 .<br />

Il bilancio eziologico non deve essere trascurato,<br />

pur evitando gli eccessi. Deve essere<br />

completo, alla ricerca di una trombofilia o di<br />

un carcinoma in caso di precedenti <strong>per</strong>sonali<br />

o familiari di trombosi o in caso di recidiva<br />

precoce dopo la sospensione del trattamento,<br />

<strong>per</strong>fino, a maggior ragione, sotto una terapia<br />

anticoagulante ben condotta.<br />

Diagnosi<br />

Segni clinici locali<br />

La diagnosi clinica della TVP è spesso<br />

carente. Essa <strong>per</strong>mette, tuttavia, di stabilire<br />

una diagnosi di presunzione che si deve in<br />

seguito confermare con esami diagnostici.<br />

Questi segni sono da integrare in un contesto<br />

clinico che <strong>per</strong>metta la valutazione di una probabilità<br />

clinica (forte, intermedia o scarsa). In<br />

effetti, il loro significato non sarà lo stesso a<br />

seconda che compaiano su un terreno o su un<br />

paziente a rischio come il paziente oncologico,<br />

il paziente paralizzato o portatore di un’immobilizzazione<br />

con gesso, il paziente allettato, il<br />

paziente con precedenti tromboembolici o il<br />

paziente proveniente da un lungo viaggio.<br />

Ognuno di questi segni clinici può essere isolato,<br />

ma, se sono associati, il loro valore diagnostico<br />

è aumentato. L’assenza di una diagnosi<br />

alternativa è un elemento importante in<br />

favore di una diagnosi di TVP 7-10 .<br />

Dolore spontaneo<br />

Rappresenta spesso il primo segno di<br />

allarme. Non ha un carattere specifico e la


Volume 13, n. 1, 2010<br />

4<br />

sua intensità è variabile. Può andare da una<br />

semplice sensazione di pesantezza a una<br />

vera impotenza funzionale. È più suggestivo<br />

quando ha sede su un decorso venoso o a<br />

livello del polpaccio, ma si può localizzare<br />

anche a livello dell’inguine o della coscia.<br />

Esame clinico<br />

Edema<br />

La sua sede dipende da quella della<br />

trombosi. Esso è duro e non «depressibile». La<br />

sua importanza è valutata con la misurazione<br />

comparativa dei due arti. Questa misurazione<br />

serve da riferimento <strong>per</strong> il follow-up evolutivo.<br />

Dolore provocato<br />

Si tratta del classico segno di Homans,<br />

che corrisponde a un dolore che compare<br />

alla dorsiflessione del piede. Il paziente è<br />

esaminato in decubito dorsale, con le gambe<br />

piegate a 90°.<br />

Il dolore può anche essere provocato da una<br />

compressione del polpaccio in senso anteroposteriore.<br />

A volte la palpazione <strong>per</strong>mette di re<strong>per</strong>ire un<br />

cordone venoso indurito e dolente.<br />

Aumento del calore cutaneo<br />

Si valuta con il dorso della mano. Il<br />

suo carattere localizzato è altamente suggestivo<br />

di trombosi <strong>venosa</strong>.<br />

Dilatazione delle vene su<strong>per</strong>ficiali<br />

e cianosi<br />

L’i<strong>per</strong>tensione <strong>venosa</strong> su<strong>per</strong>ficiale<br />

secondaria all’ostruzione del sistema venoso<br />

profondo <strong>per</strong> trombosi è responsabile di una<br />

dilatazione del circolo venoso su<strong>per</strong>ficiale.<br />

Essa può, tuttavia, essere di difficile interpretazione<br />

nei pazienti che presentano un’insufficienza<br />

<strong>venosa</strong> con varici.<br />

La cianosi può apparire in posizione declive<br />

a causa della stasi <strong>venosa</strong>.<br />

Segni clinici generali<br />

Si osservano spesso un’i<strong>per</strong>termia<br />

attorno ai 38 °C, una sensazione d’angoscia<br />

e un’accelerazione del ritmo cardiaco (polso<br />

rampante di Mahler).<br />

Wells 11 ha raggruppato alcuni dati provenienti<br />

dal contesto e dalla sintomatologia clinica<br />

<strong>per</strong> stabilire un punteggio di rischio di<br />

TVP (Tabella 1).<br />

Forme cliniche<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong> degli arti inferiori<br />

Ogni gamba dolente può essere dovuta<br />

a una TVP. Il dolore spontaneo o provocato<br />

con la palpazione può essere di intensità<br />

variabile. Si devono ricercare gli altri segni<br />

clinici che sono, a volte, assenti (edema, aumento<br />

della tem<strong>per</strong>atura cutanea, dilatazione<br />

<strong>venosa</strong> su<strong>per</strong>ficiale...). L’esame deve essere<br />

comparativo, poiché questi segni sono<br />

fortemente suggestivi quando sono asimmetrici.<br />

Il contesto clinico di comparsa di questi<br />

sintomi è importante.<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong> degli arti su<strong>per</strong>iori<br />

Non ha niente di specifico, ma si ritrovano<br />

frequentemente una trombosi <strong>venosa</strong><br />

su<strong>per</strong>ficiale o una linfangite, specialmente in<br />

prossimità di un accesso venoso. Le circostanze<br />

di comparsa di questa trombosi <strong>venosa</strong><br />

sono spesso evocatrici (posizionamento di un<br />

catetere o di una camera impiantabile o anche<br />

di un pacemaker). L’edema dell’avambraccio o<br />

del braccio è associato a un dolore tipo pesantezza<br />

o nevralgia. Può svilupparsi rapidamente<br />

un circolo collaterale e può manifestarsi<br />

una sindrome della vena cava su<strong>per</strong>iore in<br />

caso di estensione alla vena cava su<strong>per</strong>iore.<br />

Se non è stata realizzata alcuna via d’accesso,<br />

si devono ricercare una patologia mediastinica<br />

spesso tumorale o una sindrome dello<br />

sbocco toracico.<br />

<strong>Trombosi</strong> pelvica<br />

Sopraggiunge in un contesto particolare<br />

di chirurgia pelvica, di gravidanza o di<br />

post-partum. Nella donna si tratta di trombosi<br />

delle vene ovariche individuabili con alcuni<br />

esami diagnostici quali l’angio-TC o la<br />

risonanza magnetica (RM). Il quadro clinico è<br />

rappresentato da dolori addominali e da<br />

disturbi urinari o digestivi. A volte l’unica<br />

manifestazione clinica è quella di una migrazione<br />

embolica polmonare.<br />

Flebite blu<br />

Si tratta di un’urgenza terapeutica, in<br />

quanto al quadro della TVP si aggiunge quello<br />

di un’ischemia acuta dell’arto inferiore colpito.<br />

Il dolore è costante, esteso, acuto e localizzato,<br />

il più delle volte, a livello inguinale. È<br />

lancinante, tipo esplosione. L’edema si<br />

instaura rapidamente, non presentando una


Volume 13, n. 1, 2010<br />

5<br />

fovea; esso è legnoso o gommoso, con una<br />

cute lucida. Le logge muscolari sono tese.<br />

Talvolta esistono alterazioni dermatologiche<br />

con petecchie o anche bolle emorragiche.<br />

La cianosi si sviluppa rapidamente, dapprima<br />

distale quindi all’intero arto inferiore con tem<strong>per</strong>atura<br />

locale diminuita e ipoestesia. I polsi<br />

<strong>per</strong>iferici sono ridotti, addirittura aboliti. La<br />

diagnosi differenziale clinica è rappresentata<br />

da uno spasmo arterioso o da un’embolia<br />

arteriosa, situazioni nelle quali non vi è alcun<br />

edema, le vene su<strong>per</strong>ficiali sono appiattite e i<br />

polsi sono aboliti precocemente.<br />

Le complicanze della flebite blu determinano<br />

la prognosi della malattia. In assenza di un<br />

trattamento molto rapido, essa può essere<br />

complicata da una gangrena. L’evoluzione<br />

verso una sindrome postflebitica è frequente.<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong> su<strong>per</strong>ficiale<br />

È, il più delle volte, considerata una<br />

patologia benigna che insorge su un terreno<br />

di insufficienza <strong>venosa</strong> con varici. Interessa<br />

nella maggior parte dei casi il sesso femminile<br />

e la safena interna. Quando insorge su<br />

vene sane, si deve restare prudenti sull’eziologia<br />

e realizzare una valutazione simile a<br />

quella di una trombosi <strong>venosa</strong> profonda<br />

distale. La TVS può complicarsi con una TVP<br />

e, a volte, anche con un’embolia polmonare.<br />

In caso di segni clinici che fanno sospettare<br />

una TVS, è necessario eseguire un ecodoppler<br />

<strong>per</strong> confermare la diagnosi e <strong>per</strong> verificare<br />

l’assenza di estensione al circolo venoso<br />

profondo 12-14 .<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong> cerebrale<br />

Le manifestazioni cliniche sono varie.<br />

L’età media delle trombosi venose cerebrali si<br />

situa intorno ai 40 anni. La modalità d’insorgenza<br />

dei sintomi può essere acuta o subacuta<br />

tra le 48 ore e 1 mese. Le cefalee sono precoci<br />

e quasi costanti; i sintomi possono anche<br />

essere rappresentati da un deficit neurologico<br />

o da una crisi epilettica. La diagnosi di certezza<br />

si basa allora su un’angio-RM <strong>venosa</strong>.<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong> del tubo digerente<br />

La trombosi <strong>venosa</strong> della vena porta è<br />

rara. Il sintomo evocatore è rappresentato da<br />

un dolore addominale acuto o, talvolta, da<br />

un quadro occlusivo. L’ecografia con Doppler<br />

dei vasi digerenti può offrire degli elementi<br />

indiretti ma, il più delle volte, è la realizzazione<br />

di un’angio-TC addominale a dare la<br />

diagnosi di certezza.<br />

L’eziologia è spesso legata a un fattore locale<br />

settico intraddominale o a uno stato neoplastico<br />

locoregionale (epatico, pancreatico).<br />

In assenza di un’eziologia regionale si deve<br />

sospettare una sindrome mieloproliferativa<br />

talora iniziale. È allora giustificato un monitoraggio<br />

regolare della formula leucocitaria;<br />

la realizzazione di un mielogramma con colture<br />

di precursori midollari <strong>per</strong>mette di formulare<br />

la diagnosi.<br />

Esami diagnostici<br />

Se la clinica <strong>per</strong>mette di orientare la<br />

diagnosi, gli esami diagnostici restano tuttavia<br />

indispensabili <strong>per</strong> confermare la diagnosi.<br />

Secondo l’importanza della probabilità clinica,<br />

si inizia o meno una terapia anticoagulante in<br />

attesa della conferma fornita da tali esami.<br />

Ecodoppler venoso<br />

Questo esame si è ampiamente sviluppato<br />

nel corso degli ultimi anni grazie al suo<br />

carattere non invasivo e alla buona accessibilità<br />

<strong>per</strong> la maggior parte dei medici.<br />

Associa la tecnica del Doppler all’esplorazione<br />

ecografica bidimensionale. Il colordoppler<br />

può facilitare l’esame in zone anatomicamente<br />

difficili.<br />

Fornisce informazioni morfologiche e i criteri<br />

diagnostici sono l’incompressibilità <strong>venosa</strong><br />

all’appoggio della sonda o la visualizzazione<br />

di una zona ecogena endo<strong>venosa</strong> che rappresenta<br />

un trombo 15 .<br />

Prendendo la flebografia come gold standard,<br />

questa tecnica ha una sensibilità molto<br />

buona (97%) e una specificità molto buona<br />

(97%) <strong>per</strong> l’individuazione delle trombosi<br />

venose prossimali (vena poplitea e vena<br />

femorale) 16 . La sensibilità sarebbe, al contrario,<br />

meno buona (50%) <strong>per</strong> l’individuazione<br />

di trombosi surali, ma ciò dipende dalla<br />

tecnica utilizzata 17, 18 .<br />

Alcuni Autori 19-21 propongono l’esecuzione<br />

di un ecodoppler di controllo a 1 settimana<br />

in caso di forte sospetto clinico e di negatività<br />

dell’esame, <strong>per</strong> individuare l’estensione<br />

prossimale di un’eventuale trombosi surale<br />

passata inosservata.<br />

Anche se questo esame comporta alcuni<br />

limiti legati all’es<strong>per</strong>ienza dell’o<strong>per</strong>atore e,<br />

talora, alle scadenti condizioni d’esame o di<br />

ecogenicità in alcuni pazienti, esso ha total-


Volume 13, n. 1, 2010<br />

6<br />

mente soppiantato la flebografia come<br />

esame di prima scelta <strong>per</strong> la diagnosi di TVP.<br />

Flebografia<br />

A causa del suo carattere invasivo la<br />

flebografia non è più utilizzata in prima<br />

intenzione nella diagnosi di TVP. Questa tecnica<br />

presenta anche alcuni limiti 22 . A causa<br />

della diluizione del mezzo di contrasto, le<br />

vene iliache e pelviche sono mal visualizzate<br />

e, contrariamente all’ecodoppler, le vene<br />

muscolari (in particolare solee) e la vena<br />

femorale profonda non sono esplorate.<br />

Anche la qualità e l’interpretazione dell’esame<br />

sono o<strong>per</strong>atore-dipendenti. Infine, <strong>per</strong><br />

ragioni inerenti al paziente la realizzazione<br />

di questo esame è a volte impossibile (insufficienza<br />

renale, infezioni locali o assenza di<br />

una via d’accesso venoso).<br />

D-dimeri 23-25<br />

I D-dimeri sono prodotti di degradazione della<br />

fibrina. Sono dei<br />

testimoni dell’attivazione<br />

della coagulazione.<br />

I D-dimeri<br />

sono dosati<br />

mediante tecniche<br />

immunologiche il<br />

cui metodo di riferimento<br />

è la tecnica<br />

immunoenzimatica<br />

ELISA, con una soglia<br />

di positività a<br />

500 mg/l 26 .<br />

Sono stati messi<br />

a punto dei derivati<br />

della tecnica ELISA:<br />

si tratta della tecnica<br />

VIDAS D-dimeri<br />

che <strong>per</strong>mette una<br />

valutazione quantitativa<br />

equivalente<br />

al metodo di riferimento.<br />

Esistono altre tecniche<br />

che <strong>per</strong>mettono<br />

delle misure<br />

semi-quantitative.<br />

Il problema di queste<br />

tecniche è costituito<br />

dall’assenza<br />

di una valutazione<br />

standardizzata e da<br />

prestazioni diagnostiche<br />

imprecise. È assolutamente necessario<br />

che il medico conosca bene le caratteristiche<br />

della tecnica utilizzata nel suo centro ospedaliero<br />

e la qualità dell’informazione che essa<br />

può fornire.<br />

L’iter diagnostico di una malattia <strong>venosa</strong><br />

tromboembolica richiede un insieme di elementi,<br />

di cui i D-dimeri possono far parte 4, 5 .<br />

Questi hanno soprattutto un valore predittivo<br />

negativo, poiché molte situazioni sono<br />

responsabili di falsi positivi (infezione, coagulazione<br />

intravascolare disseminata [CID],<br />

neoplasia...). È anche inutile realizzare questo<br />

dosaggio nelle situazioni <strong>per</strong> le quali<br />

anche un esame negativo giustificherebbe la<br />

prosecuzione delle indagini cliniche. In pratica,<br />

se la probabilità clinica è forte, nessun<br />

esame dei D-dimeri <strong>per</strong>mette di escludere la<br />

diagnosi ed è in ogni modo necessario proseguire<br />

le indagini diagnostiche (Figura 1 e<br />

Figura 2). In caso di probabilità bassa o intermedia,<br />

i D-dimeri negativi <strong>per</strong>mettono di<br />

Figura 1<br />

Algoritmo decisionale. Strategia diagnostica della trombosi <strong>venosa</strong> profonda (TVP).


Volume 13, n. 1, 2010<br />

7<br />

Figura 2<br />

Algoritmo decisionale. Strategia diagnostica dell'embolia polmonare.<br />

EP: embolia polmonare; TTT: trattamento della trombosi;<br />

TVP: trombosi <strong>venosa</strong> profonda.<br />

Si devono ricercare tutte le patologie<br />

che possono presentare una sintomatologia<br />

tale da far sospettare una flebite.<br />

Una gamba dolente può evocare un problema<br />

muscolare (ematoma, strappo muscolare),<br />

una tendinite o dolori neurologici<br />

(sciatica tronca).<br />

Una crisi di insufficienza <strong>venosa</strong><br />

cronica, un linfedema e una compressione<br />

estrinseca possono<br />

essere responsabili di un edema.<br />

Un linfedema o un’erisipela possono<br />

evocare una sindrome<br />

infiammatoria locale senza TVP<br />

(Tabella 1). L’eliminazione di queste<br />

differenti diagnosi accresce il<br />

valore diagnostico dei segni clinici<br />

osservati.<br />

DIAGNOSI EVOLUTIVA<br />

Embolia polmonare 28-29<br />

escludere in modo affidabile un episodio<br />

tromboembolico venoso.<br />

Questo dosaggio non deve quindi, in nessun<br />

caso, essere sistematico.<br />

La diagnosi di embolia polmonare è particolarmente<br />

difficile nel soggetto anziano e i D-<br />

dimeri <strong>per</strong>dono soprattutto in specificità. Se<br />

i D-dimeri <strong>per</strong>mettono di escludere la diagnosi<br />

nel 58% dei casi prima dei 40 anni,<br />

questo è vero solo nel 5% dei pazienti di più<br />

di 80 anni. Alcuni autori hanno valutato l’aumento<br />

della soglia a 750 mg/l nei soggetti<br />

che hanno più di 75 anni 27 . Questo atteggiamento<br />

è molto discusso <strong>per</strong>ché aumenta in<br />

modo rilevante il numero di falsi negativi.<br />

Ci si ritrova, quindi, in una situazione in cui la<br />

decisione circa il dosaggio deve essere presa<br />

caso <strong>per</strong> caso. In effetti, se si escludono i pazienti<br />

anziani che non hanno altre cause di<br />

aumento dei D-dimeri se non l’età, questo<br />

dosaggio può avere un interesse diagnostico.<br />

Diagnosi differenziali<br />

L’embolia polmonare (EP) e la<br />

trombosi <strong>venosa</strong> sono le due<br />

manifestazioni di una sola e<br />

medesima malattia. La presenza<br />

di un’embolia polmonare rappresenta<br />

un elemento di gravità. La<br />

diagnosi dell’EP resta difficile, in<br />

quanto i segni clinici sono poco specifici e<br />

incostanti. Associando gli elementi clinici, il<br />

contesto di comparsa dei sintomi, i precedenti<br />

e i fattori di rischio, è possibile classificare<br />

i pazienti sospetti di EP secondo una<br />

probabilità clinica corrispondente a un<br />

rischio crescente della malattia. I due punteggi<br />

di probabilità clinica meglio valutati<br />

sono il punteggio di Wells e quello del gruppo<br />

di Ginevra 30, 31 (Tabella 2).<br />

Le strategie diagnostiche sviluppate a partire<br />

dalla probabilità clinica sono specificate<br />

nella Figura 2. Esse comportano il dosaggio<br />

dei D-dimeri, l’ecodoppler venoso, la TC spirale<br />

e, come ultima risorsa, l’angiografia polmonare.<br />

In caso di probabilità clinica di EP, la<br />

negatività dell’ecodoppler venoso e dei D-<br />

dimeri non deve far ritardare la realizzazione<br />

di altri esami che <strong>per</strong>mettano di escludere<br />

formalmente la diagnosi.<br />

Scintigrafia polmonare<br />

Si tratta di un esame semplice, non<br />

invasivo e che espone a una scarsa quantità<br />

di radiazioni ionizzanti. È stata a lungo l’esame<br />

principale <strong>per</strong> formulare la diagnosi di EP.<br />

È stata, in seguito, soppiantata dalla TC spirale.<br />

Conserva tuttavia il suo interesse in<br />

caso di insufficienza renale e di allergia allo


Volume 13, n. 1, 2010<br />

8<br />

Tabella 1<br />

Punteggio di Wells di probabilità di trombosi <strong>venosa</strong> profonda (11).<br />

Cancro in evoluzione +1<br />

Paralisi, recente immobilizzazione con gesso a livello degli arti inferiori +1<br />

Allettamento recente di più di 3 giorni e/o intervento chirurgico nelle 4 settimane +1<br />

Dolore localizzato sul decorso venoso +1<br />

Aumento del volume del polpaccio di oltre 3 cm rispetto al lato asintomatico +1<br />

Tumefazione della coscia o del polpaccio +1<br />

Edema localizzato a livello della gamba sintomatica +1<br />

Dilatazione delle vene su<strong>per</strong>ficiali non varicose a livello della gamba sintomatica +1<br />

Alternativa diagnostica possibile - 2<br />

Una forte probabilità è definita da un punteggio ≥ 3 (probabilità del 70% circa), una probabilità intermedia da un punteggio<br />

di 1 o 2 (dell'ordine del 25%) e una probabilità bassa da un punteggio < 0 (probabilità inferiore al 10%).<br />

Tabella 2<br />

Punteggio della probabilità clinica di EP.<br />

Punteggio di Ginevra modificato<br />

Età = > 60-79 anni +1<br />

Precedente di TVP oppure di EP +3<br />

Chirurgia o fratture nel mese precedente +2<br />

Cancro evolutivo +2<br />

Emottisi +2<br />

Frequenza cardiaca tra 75 e 94 +3<br />

Frequenza cardiaca > 95 +5<br />

Dolore all'arto inferiore monolaterale +3<br />

Dolore alla palpazione di una vena profonda ed edema monolaterale +4<br />

Punteggio di probabilità<br />

Scarsa<br />

Intermedia<br />

Forte<br />

0-3 (8% EP)<br />

4-10 (29% EP)<br />

≥ 11 (74% EP)<br />

Punteggio di Wells<br />

Precedente di TVP o di EP +1,5<br />

Polso > 100 +1,5<br />

Chirurgia recente o immobilizzazione recente +1,5<br />

Segni di TVP +3<br />

Diagnosi alternativa meno probabile dell'EP +3<br />

Emottisi +1<br />

Cancro +1<br />

Punteggio di probabilità<br />

Scarsa 0-1<br />

Intermedia 2-6<br />

Forte 7


Volume 13, n. 1, 2010<br />

9<br />

iodio, situazione dove la TC spirale non può<br />

essere eseguita in urgenza. La sensibilità della<br />

scintigrafia di <strong>per</strong>fusione <strong>per</strong> la diagnosi di EP<br />

è del 100%, <strong>per</strong>tanto un test negativo elimina<br />

la diagnosi di EP. Uno screening sistematico,<br />

anche in assenza di segni clinici, si può prendere<br />

in considerazione in caso di TVP prossimale.<br />

In effetti, in questa situazione, esiste<br />

circa il 50% di EP asintomatiche 32-34 .<br />

L’evidenziazione di un’embolia scintigrafica,<br />

benché non modifichi la strategia terapeutica,<br />

può, in effetti, servire da esame di riferimento<br />

in caso di sospetto di recidiva embolica<br />

sotto terapia anticoagulante e <strong>per</strong>mettere,<br />

così, di escludere un buon numero di<br />

false recidive. Questo atteggiamento pone,<br />

tuttavia, un problema in termini di sanità<br />

pubblica a causa del costo che induce.<br />

Angio-TC spirale toracica<br />

Permette, a differenza della scintigrafia,<br />

di visualizzare i coaguli nelle arterie polmonari.<br />

L’angio-TC spirale <strong>per</strong>mette anche di<br />

mostrare anomalie parenchimatose compatibili<br />

con la diagnosi di EP o serve alla diagnosi<br />

differenziale in assenza di embolia polmonare.<br />

Il suo accesso relativamente facile e il<br />

suo carattere scarsamente invasivo fanno sì<br />

che sia spesso utilizzata di routine in molti<br />

centri, poiché la scintigrafia polmonare non<br />

è sempre disponibile in urgenza.<br />

Per valutare il valore diagnostico della TC<br />

spirale, sono stati condotti diversi studi in<br />

confronto con l’angiografia polmonare, che<br />

mostrano una buona sensibilità e specificità<br />

(rispettivamente 86-95% e 92-97%) nella diagnosi<br />

delle EP prossimali 35-38 . Nei trombi<br />

sottosegmentari la TC spirale trova dei limiti<br />

e non <strong>per</strong>mette di escludere la diagnosi di EP.<br />

Tuttavia, il rischio di recidiva di EP a 3 mesi<br />

in un paziente con una TC spirale normale,<br />

un ecodoppler venoso negativo e una probabilità<br />

clinica bassa o intermedia, è inferiore<br />

al 2% 39, 40 .<br />

Tuttavia, l’angio-TC presenta dei limiti che<br />

sono rappresentati da:<br />

difficoltà tecniche, in relazione con la<br />

qualità del riempimento vascolare, che<br />

richiedono un o<strong>per</strong>atore es<strong>per</strong>to;<br />

artefatti legati ai movimenti respiratori,<br />

poiché il paziente è nell’impossibilità di<br />

mantenere un’apnea soddisfacente.<br />

Nella situazione di un trombo isolato sottosegmentario<br />

o di difficoltà tecnica di esecuzione<br />

della TC spirale deve allora essere realizzata<br />

la scintigrafia polmonare, se l’ecodoppler<br />

venoso è negativo, prima di prendere<br />

la decisione di instaurare una terapia anticoagulante.<br />

Angiografia polmonare<br />

Esame invasivo, resta un esame di<br />

riferimento, ma che è proposto solo in ultima<br />

istanza nelle strategie diagnostiche dopo<br />

l’avvento dell’angio-TC. Non rappresenta più<br />

l’esame di prima intenzione.<br />

Recidive<br />

La malattia <strong>venosa</strong> è una malattia cronica<br />

la cui evoluzione a medio termine è marcata<br />

dal rischio di recidiva. La frequenza di<br />

recidiva di TVP dopo 1 anno di follow-up nei<br />

soggetti che hanno avuto il primo episodio<br />

varia dal 6% al 13% 41 . Questa variazione deriva<br />

dal fatto che questo rischio è strettamente<br />

legato alla presenza di un fattore di rischio<br />

reversibile (chirurgia, trauma), dove la recidiva<br />

è meno frequente (5%). Al contrario, in<br />

assenza di fattori di rischio reversibile (trombofilia,<br />

cancro, immobilizzazione prolungata)<br />

o quando la TVP sembra idiopatica, il rischio<br />

di recidiva è molto più elevato (25%) 42, 43 .<br />

La sede iniziale dell’episodio tromboembolico<br />

è importante da prendere in considerazione<br />

poiché è attualmente dimostrato che i malati<br />

che hanno avuto un’EP hanno un rischio molto<br />

maggiore di recidivare a breve termine 39 o a<br />

lungo termine 44, 45 sotto forma di un’EP, in<br />

particolare letale, rispetto ai pazienti che<br />

hanno avuto solo una TVP isolata.<br />

La qualità e la durata dell’anticoagulante sono<br />

determinanti essenziali del rischio di recidiva.<br />

Anche se la durata del trattamento anticoagulante<br />

resta controversa, è stato dimostrato<br />

che un trattamento anticoagulante<br />

orale di una durata di 6 mesi rispetto a un<br />

trattamento di 6 settimane <strong>per</strong>mette di ridurre<br />

le recidive del 50% dopo un primo episodio<br />

di TVP 43 .<br />

Sindrome post-trombotica<br />

È una complicanza cronica della TVP<br />

causata dalla combinazione di un’i<strong>per</strong>tensione<br />

<strong>venosa</strong> secondaria all’ostruzione <strong>venosa</strong> e<br />

all’alterazione delle valvole e di un’anomalia<br />

del microcircolo. L’incidenza varia, secondo


Volume 13, n. 1, 2010<br />

10<br />

gli studi, tra il 20 e il 100%, a causa dell’assenza<br />

di una definizione precisa, ma questa<br />

sindrome riguarda oltre la metà delle TVP<br />

prossimali e un terzo delle TVP distali 15 .<br />

Queste sequele sono la causa principale dell’insufficienza<br />

<strong>venosa</strong> cronica grave, che rappresenta<br />

un rilevante costo di salute pubblica.<br />

Insorge nei 2 anni dopo l’esordio della TVP.<br />

Le diverse strategie terapeutiche <strong>per</strong> prevenire<br />

questa sindrome, in particolare la trombolisi,<br />

mostrerebbero una diminuzione della<br />

sindrome post-trombotica, ma al prezzo di<br />

complicanze emorragiche rilevanti; questo<br />

risultato è contestato. Attualmente, il solo<br />

trattamento efficace della sindrome posttrombotica<br />

è la sua prevenzione, che si basa<br />

su una migliore gestione della TVP<br />

nella fase acuta e, soprattutto, sulla<br />

necessità di indossare la contenzione<br />

elastica che ridurrebbe fino al<br />

50% la comparsa di una sindrome<br />

post-trombotica 6 .<br />

DIAGNOSI EZIOLOGICA<br />

È importante da realizzare <strong>per</strong>ché<br />

<strong>per</strong>mette di aiutare nella decisione<br />

della durata del trattamento anticoagulante<br />

orale. Si deve ricordare<br />

che l’età è, di <strong>per</strong> sé, un fattore di<br />

rischio importante, rischio che<br />

aumenta esponenzialmente dopo i<br />

40 anni 3 . Può anche <strong>per</strong>mettere di<br />

individuare un’eventuale patologia<br />

sottostante che richiede un trattamento<br />

specifico e di considerare (in<br />

caso di anomalia costituzionale<br />

dell’emostasi) un’indagine familiare<br />

che può <strong>per</strong>mettere di prevedere<br />

eventuali misure preventive.<br />

Ricerca di uno<br />

o più fattori<br />

di rischio (Tabella 3)<br />

In un paziente che ha presentato<br />

una TVP è importante ricercare<br />

il fattore o i fattori di rischio<br />

che hanno potuto favorire questo<br />

episodio trombotico. La loro evidenziazione,<br />

in alcuni casi, deve<br />

Età avanzata<br />

Obesità<br />

<strong>per</strong>mettere di eliminarli (pillola anticoncezionale,<br />

ormonoterapia sostitutiva della menopausa)<br />

o di evitarli (viaggi prolungati), <strong>per</strong><br />

limitare il rischio di recidiva trombotica.<br />

Le situazioni a rischio sono rappresentate da<br />

un’immobilizzazione in gesso, un trauma, un<br />

allettamento di oltre 4 giorni, una gravidanza<br />

o il post-partum e da un intervento chirurgico,<br />

in particolare di chirurgia ortopedica,<br />

oncologica o pelvica 8, 21 .<br />

In caso di sospetto clinico di TVP la presenza<br />

di uno o più fattori di rischio rinforza la probabilità<br />

diagnostica. La contraccezione orale,<br />

il trattamento sostitutivo della menopausa e<br />

il trattamento ormonale dei tumori aumentano<br />

il rischio relativo di TVP. Ciò è altrettanto<br />

Tabella 3<br />

Fattori di rischio di TVP.<br />

Antecedente di malattia tromboembolica <strong>venosa</strong><br />

Chirurgia<br />

Trauma<br />

Cancro in evoluzione<br />

Patologia medica acuta (<strong>per</strong> esempio, infarto miocardico)<br />

Reumatismo infiammatorio<br />

Sindrome degli anticorpi antifosfolipidi<br />

Sindrome nefrosica<br />

Reumatismo infiammatorio<br />

Sindrome mieloproliferativa<br />

Malattia di Behçet<br />

Varici<br />

<strong>Trombosi</strong> <strong>venosa</strong> su<strong>per</strong>ficiale<br />

Malformazione congenita<br />

Decorso prolungato<br />

Allettamento prolungato<br />

Immobilizzazione<br />

Paralisi<br />

Gravidanza, post-partum<br />

Contraccezione orale estroprogestinica<br />

Terapia ormonale sostitutiva della menopausa<br />

Trombocitopenia indotta da eparina<br />

Chemioterapia, tamoxifene, talidomide, antipsicotici<br />

Via <strong>venosa</strong> centrale<br />

Filtro cavale


Volume 13, n. 1, 2010<br />

11<br />

vero in caso di obesità, di insufficienza <strong>venosa</strong>,<br />

di insufficienza cardiaca o respiratoria e<br />

di precedenti <strong>per</strong>sonali o familiari di trombosi<br />

3, 41 . Anche i lunghi viaggi in aereo, in pullman<br />

oppure in automobile rappresentano<br />

un fattore di rischio 46 . Certi farmaci come la<br />

carbamazepina aumentano il rischio di trombosi<br />

<strong>venosa</strong>, soprattutto se associati ad altri<br />

fattori di rischio 47 .<br />

Anomalie dell’emostasi<br />

(Tabella 4)<br />

Alterazioni acquisite<br />

L’anomalia più frequentemente riscontrata<br />

è la presenza di un anticoagulante circolante<br />

e/o di un anticorpo anticardiolipina.<br />

La ricerca di un anticoagulante circolante si<br />

realizza attraverso l’evidenziazione di un<br />

tempo di tromboplastina parziale attivata<br />

(aPTT) aumentato rispetto al riferimento in<br />

assenza di qualsiasi terapia eparinica (in pratica<br />

da realizzare prima della terapia eparinica<br />

o sotto trattamento con anticoagulanti<br />

orali). Il dosaggio degli anticorpi anticardiolipina<br />

immunoglobuline G (IgG) deve sempre<br />

essere associato alla ricerca di un anticoagulante<br />

circolante.<br />

La presenza di un anticoagulante circolante<br />

fortemente positivo e confermato a più riprese<br />

giustifica la prescrizione di un trattamento<br />

anticoagulante orale a lungo termine. In<br />

questa situazione il bersaglio dell’INR<br />

(International Normalized Ratio) è stato a<br />

lungo su<strong>per</strong>iore a 3, benché non sia stato<br />

realizzato alcuno studio prospettico <strong>per</strong> validare<br />

questa ipotesi. Nel 2003 i risultati di<br />

Tabella 4<br />

Rischio relativo di avere<br />

un primo episodio trombotico venoso.<br />

Deficit di antitrombina 8-10<br />

Proteina C 7-10<br />

Proteina S 8-10<br />

Fattore V di Leiden:<br />

– eterozigote 5<br />

– omozigote 50<br />

Mutazione del fattore II 3<br />

Fattore VIII > 150 UI/dl 3<br />

Fattore IX > 129 UI/dl 3<br />

Fattore XI > 121 UI/dl 3<br />

uno studio randomizzato in doppio cieco su<br />

100 pazienti hanno dimostrato che un livello<br />

di INR tra 2 e 3 era efficace come un INR<br />

su<strong>per</strong>iore a 3 <strong>per</strong> prevenire le recidive trombotiche<br />

48 .<br />

La sco<strong>per</strong>ta di un anticoagulante circolante<br />

giustifica la ricerca sistematica di una malattia<br />

sistemica autoimmune sottostante (e,<br />

prima di tutto, di un lupus). Si devono anche<br />

ricercare una patologia maligna o una patologia<br />

iatrogena (in particolare dopo i neurolettici),<br />

ma questa sindrome resta, il più delle<br />

volte, idiopatica.<br />

Anomalie costituzionali<br />

Circa il 25% delle TVP è dovuto a un’anomalia<br />

dell’emostasi. La valutazione dell’emostasi<br />

può essere realizzata prima di iniziare<br />

la terapia anticoagulante, durante questa<br />

ma in certe condizioni o, infine, alla sospensione<br />

di tale trattamento.<br />

I dosaggi dell’antitrombina (AT) e della resistenza<br />

alla proteina C attivata (RPCa) sono<br />

modificati dall’eparina (e possono essere<br />

eseguiti sotto antivitamine K [AVK]), mentre<br />

quelli delle proteine C e S sono modificati<br />

dalle AVK (e possono dunque essere eseguiti<br />

solo sotto eparina).<br />

I deficit di AT, di proteina C e di proteina S<br />

sono osservati nel 10% dei pazienti che<br />

hanno presentato una TVP, ma sono responsabili<br />

di un rischio di recidiva elevato. Le<br />

prime manifestazioni tromboemboliche<br />

sopraggiungono in genere nei soggetti giovani<br />

49 . La loro ricerca non deve quindi far<br />

parte integrante della valutazione sistematica<br />

di una trombosi <strong>venosa</strong>, ma deve essere<br />

discussa in funzione del contesto. L’evidenziazione<br />

di uno di questi deficit richiede a<br />

priori il proseguimento del trattamento anticoagulante<br />

a lungo termine, benché questo<br />

comportamento sia discusso, in particolare<br />

se esiste una fattore scatenante palese (chirurgia,<br />

viaggio...).<br />

La RPCa è dovuta a una mutazione del gene<br />

del fattore V che induce la sostituzione di<br />

un’arginina con una glutamina in posizione<br />

305 della proteina (mutazione del fattore V<br />

di Leiden) 50 .<br />

Si trasmette in modo autosomico dominante.<br />

È la causa più frequente delle trombofilie,<br />

poiché è individuata nel 20% dei pazienti che<br />

hanno presentato una trombosi <strong>venosa</strong>.<br />

Contrariamente agli altri deficit, il primo episodio<br />

di trombosi può insorgere nei soggetti


Volume 13, n. 1, 2010<br />

12<br />

anziani (51), ma il rischio di recidiva sembra<br />

meno elevato che nei deficit precedenti.<br />

Eccetto che in caso di deficit allo stato omozigote,<br />

condizione relativamente rara, la sco<strong>per</strong>ta<br />

di un deficit eterozigote non giustifica<br />

quindi molto probabilmente un trattamento<br />

anticoagulante a lungo termine dopo un primo<br />

episodio trombotico. È invece necessario<br />

realizzare misure preventive rinforzate in caso<br />

di situazione a rischio.<br />

Nel 1996 è stato evidenziato un nuovo fattore<br />

di rischio di malattia <strong>venosa</strong> tromboembolica.<br />

Si tratta di una mutazione del gene della<br />

protrombina (transizione G-A in posizione<br />

20210) 52 . Questa mutazione sarebbe più<br />

frequentemente riscontrata in caso di tromboflebite<br />

cerebrale. Il rischio trombotico di<br />

questo deficit è ancora mal valutato 21 .<br />

Questa anomalia è molto spesso associata<br />

alla mutazione del fattore V di Leiden.<br />

Alcuni studi recenti suggeriscono una forte<br />

correlazione tra l’i<strong>per</strong>omocisteinemia e la<br />

trombosi <strong>venosa</strong> 53-55 .<br />

L’i<strong>per</strong>omocisteinemia può essere causata da<br />

fattori ereditari o essere legata all’ambiente.<br />

Le carenze di vitamina B 12<br />

, di B 6<br />

e di folati<br />

possono essere all’origine dell’i<strong>per</strong>omocisteinemia,<br />

che si può correggere con una supplementazione<br />

vitaminica.<br />

Non si sa ancora se il fatto di correggere questa<br />

i<strong>per</strong>omocisteinemia <strong>per</strong>metta di ridurre il<br />

rischio trombotico. Sembra <strong>per</strong>altro esistere<br />

un’interazione tra il fattore V di Leiden e l’i<strong>per</strong>omocisteinemia,<br />

con l’associazione di questi<br />

due fattori che aumenta il rischio di trombosi<br />

venose 56, 57 .<br />

Infine, esisterebbe una correlazione tra un<br />

tasso elevato del fattore VIII e la trombosi<br />

<strong>venosa</strong> 58 . Sono necessari studi complementari<br />

<strong>per</strong> conoscere l’esatto rapporto.<br />

Per ragioni di risparmio della spesa sanitaria,<br />

una valutazione dell’emostasi completa è<br />

quindi realizzata solo dopo aver raccolto l’anamnesi<br />

<strong>per</strong>sonale e familiare del paziente.<br />

Schematicamente, l’indagine riguarda i pazienti<br />

giovani, i pazienti con recidive, quelli<br />

che hanno un’anamnesi familiare tromboembolica<br />

e, infine, i pazienti che presentano<br />

una TVP in sede insolita (trombosi cerebrale<br />

o digestiva).<br />

Per quanto riguarda la ricerca di una RPCa,<br />

gli atteggiamenti sono più controversi e<br />

alcune equipe la realizzano in maniera sistematica,<br />

soprattutto nei soggetti anziani.<br />

In caso di sco<strong>per</strong>ta di un’anomalia costituzionale<br />

si dovrà procedere a una ricerca familiare<br />

al fine di prevenire una malattia <strong>venosa</strong><br />

tromboembolica nei membri della famiglia<br />

ancora asintomatici. L’interesse di questo<br />

screening è, nonostante tutto, controverso in<br />

caso di RPCa.<br />

Ricerca di una malattia sistemica<br />

Al di fuori della presenza di un anticoagulante<br />

circolante e/o di un anticorpo anticardiolipina,<br />

le malattie sistemiche sono effettivamente<br />

in grado di provocare una TVP. Si<br />

tratta essenzialmente del lupus eritematoso<br />

sistemico, della malattia di Behçet e della<br />

malattia di Buerger.<br />

La valutazione immunologica non deve essere<br />

sistematica, ma deve essere guidata dalla clinica,<br />

che ricerca la possibilità di una patologia<br />

di questo tipo.<br />

Ricerca di un cancro<br />

L’associazione tra malattia <strong>venosa</strong><br />

tromboembolica e cancro è nota da molto<br />

tempo, poiché è stata descritta da Trousseau<br />

nel 1864 59 . L’episodio trombotico può essere<br />

rivelatore o anticipatore, mentre il cancro<br />

stesso gli fa seguito in tempi variabili e la<br />

maggior parte dei tumori compare, in genere,<br />

nel corso dei primi 6 mesi che seguono la<br />

trombosi 60-62 .<br />

Le localizzazioni più frequentemente riscontrate<br />

sono: il pancreas, le ovaie e i tumori primitivi<br />

epatici 62 . La maggior parte dei tumori<br />

è diagnosticata durante la valutazione<br />

sistematica. La valutazione eziologica deve<br />

dunque comportare, prima di tutto, un’anamnesi<br />

e un esame obiettivo accurati che<br />

comprendono in particolare le esplorazioni<br />

pelviche. Una radiografia del torace, un’ecografia<br />

addominopelvica, un emocromo, una<br />

velocità di eritrosedimentazione e una valutazione<br />

della funzionalità epatica li completeranno,<br />

ma non devono sostituirsi all’esame<br />

clinico, che resta l’elemento principale dello<br />

screening iniziale. Il dosaggio dell’insieme<br />

dei marker tumorali non è giustificato. È<br />

necessaria una sorveglianza clinica durante i<br />

primi 6 mesi, in particolare quando la trombosi<br />

è comparsa senza fattori scatenanti. La<br />

ricerca minuziosa di un cancro è, al contrario,<br />

giustificata se si verifica una recidiva<br />

poco tempo dopo la sospensione di AVK<br />

(recidiva precoce) o, soprattutto, se essa si<br />

produce malgrado un trattamento AVK ben<br />

condotto.


Volume 13, n. 1, 2010<br />

13<br />

TRATTAMENTO<br />

Trattamento<br />

della fase acuta<br />

L’eparina rappresenta il trattamento<br />

d’urgenza dell’episodio tromboembolico. Le<br />

eparine a basso peso molecolare (EBPM)<br />

hanno soppiantato l’eparina non frazionata<br />

(ENF) nel trattamento della TVP e, più recentemente,<br />

in quello dell’EP non grave 63 .<br />

Prima di iniziare la terapia si devono controllare:<br />

il tempo di protrombina, l’aPTT al fine di<br />

individuare eventuali anomalie dell’emostasi e<br />

l’emocromo con conta piastrinica <strong>per</strong> poter disporre<br />

di un valore piastrinico di riferimento.<br />

1. Eparina non frazionata (ENF)<br />

L’eparina non frazionata (ENF) è il trattamento<br />

iniziale della malattia tromboembolica<br />

<strong>venosa</strong> 64, 65 . Essa è iniziata fin dal<br />

sospetto clinico e in assenza di controindicazione<br />

al trattamento anticoagulante. La sua<br />

azione anticoagulante si realizza potenziando<br />

l’antitrombina che inibisce quindi in<br />

modo immediato l’attività dei fattori Xa e IIa.<br />

La sua eliminazione non è modificata in caso<br />

di insufficienza renale, a differenza delle<br />

eparine a basso peso molecolare. La somministrazione<br />

di un bolo alla dose di 80 UI/kg<br />

è proposta nelle raccomandazioni nordamericane<br />

dell’ultima consensus conference 66 .<br />

Questo bolo è, in seguito, continuato con la<br />

somministrazione endo<strong>venosa</strong> continua alla<br />

dose iniziale di 18 UI/kg/h. Il controllo dell’efficacia<br />

si esegue 6 ore dopo l’inizio della<br />

<strong>per</strong>fusione ed è verificato 6 ore dopo ogni<br />

modificazione della posologia <strong>per</strong> mantenere<br />

un aPTT tra 2 e 3 volte i valori di riferimento<br />

o un’eparinemia compresa tra 0,3 e 0,6 U<br />

antiXa/ml.<br />

La sensibilità dei reagenti utilizzati <strong>per</strong> effettuare<br />

la misura dell’aPTT tuttavia varia in<br />

modo molto rilevante da un laboratorio all’altro,<br />

il che costituisce un problema importante,<br />

fonte di accidenti terapeutici potenzialmente<br />

gravi <strong>per</strong> sovra- o sottodosaggio.<br />

Livelli molto differenti di eparinemia possono,<br />

in effetti, corrispondere a uno stesso<br />

valore di aPTT a seconda del reagente utilizzato.<br />

È quindi piuttosto consigliato controllare,<br />

se possibile, il trattamento attraverso la<br />

misurazione dell’eparinemia. Questo dosaggio<br />

non è realizzato ovunque ed è necessario<br />

richiedere al laboratorio le zone terapeutiche<br />

<strong>per</strong> il reagente dell’aPTT utilizzato,<br />

zone che devono corrispondere a un’eparinemia<br />

compresa tra 0,3 e 0,6 U/ml. La somministrazione<br />

endo<strong>venosa</strong> continua di ENF<br />

richiede il ricovero in un reparto di medicina.<br />

Il trasferimento in un’unità di terapia intensiva<br />

o di rianimazione si giustifica in funzione<br />

dello stato clinico del paziente.<br />

L’ENF a 2 o 3 iniezioni sottocutanee al giorno<br />

può essere proposta in alternativa al trattamento<br />

endovenoso continuo. Il monitoraggio<br />

laboratoristico si effettua con gli stessi<br />

esami, realizzando il prelievo in un momento<br />

equidistante tra due iniezioni.<br />

La terapia eparinica è continuata almeno 5<br />

giorni ed è sospesa solo quando il trattamento<br />

AVK prescritto contemporaneamente è<br />

efficace, vale a dire quando l’INR è nella zona<br />

terapeutica in due diverse misurazioni.<br />

2. Eparine a basso peso molecolare<br />

(EBPM) (Tabella 5)<br />

Numerosi studi hanno dimostrato che<br />

la somministrazione di EBPM <strong>per</strong> via sottocutanea<br />

(s.c.), a dose unicamente adattata al<br />

peso e senza altri controlli di laboratorio, era<br />

efficace e sicura almeno quanto l’ENF in infusione<br />

endo<strong>venosa</strong> continua con adattamento<br />

posologico nel trattamento delle TVP 67-70 .<br />

Poiché le EBPM hanno una gestione più pratica<br />

(iniezione s.c./die), esse rappresentano<br />

attualmente il trattamento iniziale di scelta,<br />

tanto più che esse presentano un rischio<br />

trombocitopenico minore 71, 72 . Altro elemento<br />

fondamentale, la loro facilità d’uso consente<br />

una terapia domiciliare della TVP 67, 70 ,<br />

strategia terapeutica convalidata da studi clinici.<br />

Tutte le EBPM commercializzate hanno<br />

un’AIC <strong>per</strong> il trattamento della TVP. Per alcune<br />

EBPM si può anche eseguire un trattamento<br />

con una singola iniezione sottocutanea al<br />

giorno 73, 74 . Una meta-analisi 63 recente<br />

sostiene ulteriormente il loro utilizzo nell’EP.<br />

Enoxaparina<br />

Dalteparina<br />

Nadroparina<br />

Nadroparina<br />

Tinzaparina<br />

Tabella 5<br />

Dosaggi delle EBPM.<br />

10 mg/10 kg x 2/die<br />

100 UI/kg x 2/die<br />

0,1 ml/10 kg x 2/die<br />

0,1 ml/10 kg/die a<br />

175 UI/kg/die a<br />

[a]<br />

1 unica iniezione/die, prodotto concentrato.


Volume 13, n. 1, 2010<br />

14<br />

Tabella 6<br />

Attività anti-Xa delle EBPM.<br />

Attività anti-Xa osservate in media 4 ore<br />

dopo l'iniezione s.c. della dose terapeutica:<br />

2°-3° giorno di terapia<br />

Dalteparina: Fragmin® a 0,60 ± 0,21 UI/ml<br />

Enoxaparina: Clexane® a<br />

Nadroparina: Fraxiparina® a<br />

Tinzaparina b<br />

Fraxodi® b<br />

1,20 ± 0,17 UI/ml<br />

1,01 ± 0,18 UI/ml<br />

1,34 ± 0,15 UI/ml<br />

0,87 ± 0,15 UI/ml<br />

[a]<br />

Trattamento con 2 iniezioni s.c./die.<br />

[b]<br />

Trattamento con 1 iniezione s.c./die.<br />

Un’estensione dell’indicazione è stata posta<br />

<strong>per</strong> il trattamento dell’embolia polmonare<br />

<strong>per</strong> quanto riguarda l’enoxaparina e la tinzaparina.<br />

Non è necessario alcun adattamento<br />

laboratoristico <strong>per</strong> le EBPM, il cui dosaggio si<br />

adatta in funzione del peso del paziente. Il<br />

dosaggio dell’attività anti-Xa può, tuttavia,<br />

rivelarsi utile <strong>per</strong> diagnosticare un sovradosaggio<br />

o un rischio emorragico in alcune<br />

situazioni (insufficienza renale, soggetto<br />

anziano, donna in gravidanza).<br />

La zona terapeutica, che non è tuttavia ben<br />

validata, è variabile in funzione delle diverse<br />

molecole (Tabella 6).<br />

Il prelievo deve essere eseguito tra la terza e<br />

la quarta ora dopo l’iniezione, 2 giorni dopo<br />

l’inizio delle iniezioni.<br />

Le EBPM sono eliminate <strong>per</strong> via renale e sono<br />

controindicate in caso di insufficienza renale<br />

grave (Cockroft < 30 ml/min). Essendo meno<br />

eliminata dal rene rispetto alle EBPM, l’ENF<br />

resta indicata in caso di insufficienza renale<br />

grave. Inoltre, a causa della sua emivita più<br />

breve e della presenza di test biologici validi<br />

che <strong>per</strong>mettono di modulare al meglio la<br />

dose minima necessaria, l’ENF resta utilizzata<br />

anche nei pazienti ad alto rischio emorragico,<br />

in particolare in caso di EP grave in<br />

associazione con una trombolisi o in caso di<br />

necessità di un atto invasivo (chirurgia,<br />

endoscopie...).<br />

La sola sorveglianza laboratoristica consigliata<br />

è quella della conta piastrinica. È<br />

comunque sempre necessaria due volte a<br />

settimana, anche se il rischio di trombocitopenia<br />

è inferiore sotto EBPM rispetto all’ENF.<br />

Si potrebbe anche prendere in considerazione<br />

l’idea di rinforzare il monitoraggio durante<br />

il <strong>per</strong>iodo a rischio 75 .<br />

Trombocitopenie indotte dall’eparina<br />

La trombocitopenia indotta dall’eparina<br />

(TIE) di tipo II o immunologica è grave.<br />

Essa associa una trombocitopenia e trombosi<br />

arteriose o venose in un caso su due e si<br />

accompagna, in questi casi, a un tasso di<br />

mortalità vicino al 20%.<br />

Compare nell’80% dei casi tra il 5° e il 20°<br />

giorno di terapia eparinica, più precocemente<br />

nei casi di terapia eparinica precedente. In<br />

caso di trattamento con EBPM sono anche<br />

state descritte delle TIE fino a 30 giorni.<br />

Queste sono definite da un tasso di piastrine<br />

inferiore a 100x109/l, ma ogni riduzione del<br />

valore piastrinico su<strong>per</strong>iore o uguale al 30%<br />

in rapporto al valore iniziale è suggestiva 75 .<br />

Ogni episodio trombotico che si manifesta<br />

sotto ENF o sotto EBPM a dosi terapeutiche o<br />

preventive deve far assolutamente sospettare<br />

l’ipotesi di una TIE.<br />

La diagnosi di TIE è una diagnosi clinica che<br />

può essere confermata da esami di laboratorio.<br />

In caso di forte sospetto clinico, qualunque<br />

sia il risultato degli esami di laboratorio, la<br />

terapia eparinica deve essere sospesa immediatamente<br />

ed essere sostituita da un altro<br />

trattamento antitrombotico o <strong>per</strong> trattare una<br />

trombosi precedente o complicante una TIE o<br />

<strong>per</strong> prevenire la comparsa di una trombosi.<br />

Sono attualmente a nostra disposizione soprattutto<br />

due procedure terapeutiche: il<br />

danaparoide e un’irudina (lepirudina).<br />

Il danaparoide (che è un eparinoide) si avvicina<br />

<strong>per</strong> la sua modalità d’azione all’eparina, ma<br />

espone a un rischio di reazione crociata dell’ordine<br />

del 5%, che giustifica un monitoraggio<br />

piastrinico quotidiano, <strong>per</strong>fino biquotidiano. È<br />

la misura dell’attività anti-Xa che <strong>per</strong>mette di<br />

valutare la sua efficacia e di diagnosticare un


Volume 13, n. 1, 2010<br />

15<br />

Tabella 7<br />

Dosaggio di fondaparinux (Arixtra®).<br />

Peso < 50 kg Peso tra 50 e 100 kg Peso > 100 kg<br />

5 mg/0,4 ml/24 h 7,5 mg/0,6 ml/24 h 10 mg/0,8 ml/24 h<br />

rischio emorragico. Si somministra in <strong>per</strong>fusione<br />

continua o <strong>per</strong> via sottocutanea.<br />

L’irudina è una proteina che inibisce specificamente<br />

la trombina. Il suo monitoraggio si realizza<br />

attraverso l’aPTT con una zona terapeutica<br />

che si situa tra 1,5 e 2,5 volte i valori di<br />

controllo. Esiste comunque un rischio emorragico<br />

elevato legato in parte alla difficoltà di<br />

monitoraggio, a causa della grande variabilità<br />

dell’aPTT, e alla comparsa nel 50% dei casi di<br />

anticorpi anti-irudina responsabili di un<br />

aumento inatteso dell’effetto anticoagulante.<br />

L’inserimento delle AVK in sostituzione della<br />

terapia eparinica non rappresenta una buona<br />

alternativa in questa situazione di trombosi a<br />

causa del loro ritardo d’azione e del rischio<br />

di i<strong>per</strong>coagulabilità iniziale suscettibile di<br />

indurre delle complicanze 76 .<br />

La prevenzione delle TIE passa attraverso una<br />

riduzione della durata del trattamento con<br />

eparina (introducendo le AVK in modo precoce)<br />

e attraverso un monitoraggio piastrinico.<br />

3. Fondaparinux<br />

Questa molecola è un pentasaccaride<br />

sintetico che rappresenta la struttura attiva<br />

delle catene di EBPM. Inibisce in una maniera<br />

indiretta ma selettiva il fattore anti-Xa tramite<br />

il suo legame all’antitrombina.<br />

La sua emivita è di 17 ore e l’eliminazione è,<br />

essenzialmente, renale. I pazienti che presentano<br />

un’insufficienza renale hanno quindi un<br />

rischio di accumulo. Perciò questa molecola è<br />

controindicata, <strong>per</strong> clearance della creatinina<br />

≤ 20 ml/min in caso di trattamento profilattico<br />

e ≤ 30 ml/min in caso di trattamento terapeutico.<br />

Sono necessari adattamenti della posologia<br />

in caso di insufficienza renale grave.<br />

L’autorizzazione di immissione in commercio<br />

è già stata concessa <strong>per</strong> questo farmaco in<br />

prevenzione alla dose di 2,5 mg in un’iniezione<br />

s.c./die <strong>per</strong> la chirurgia ortopedica<br />

maggiore e <strong>per</strong> la frattura del collo del femore.<br />

I due studi realizzati, uno nella TVP e l’altro<br />

nell’EP 77, 78 , mostrano un’equivalenza, in<br />

termini di efficacia e di tollerabilità, con i<br />

trattamenti di riferimento (EBPM ed ENF).<br />

L’autorizzazione di immissione in commercio<br />

è stata appena concessa <strong>per</strong> il trattamento<br />

della trombosi <strong>venosa</strong> profonda e dell’embolia<br />

polmonare non grave in fase acuta. Non vi<br />

è alcuna reazione crociata con le eparine in<br />

caso di trombocitopenia da eparina. Ad oggi<br />

non è stata segnalata alcuna trombocitopenia<br />

immunoallergica indotta e non vi è alcun<br />

motivo di realizzare un monitoraggio sistematico<br />

dell’emocromo sotto trattamento.<br />

Il suo effetto terapeutico è prevedibile e stabile,<br />

il che rende il monitoraggio biologico<br />

non necessario, poiché la dose è determinata<br />

in funzione del peso (Tabella 7).<br />

4. Trattamento anticoagulante orale:<br />

antivitamine K (AVK)<br />

Utilizzabili <strong>per</strong> via orale ma senza<br />

effetto antitrombotico immediato, le AVK<br />

sono naturalmente il trattamento di sostituzione<br />

delle eparine. L’introduzione delle AVK<br />

avviene abitualmente fin dal primo giorno<br />

del trattamento eparinico <strong>per</strong> <strong>per</strong>mettere un<br />

avvicendamento abbastanza prolungato (4-5<br />

giorni). Questa introduzione è tuttavia ritardata<br />

di alcuni giorni in caso di malattia tromboembolica<br />

molto evolutiva e in caso di procedure<br />

invasive. Il concetto di «dose di carico»<br />

è stato abbandonato.<br />

Scelta del tipo di AVK<br />

Si devono distinguere le AVK a breve<br />

emivita (inferiore a 12h) come l’acenocumarolo<br />

e quelle a emivita lunga come il warfarin<br />

e il fluindione) (Tabella 8).<br />

Il warfarin, a causa della sua emivita più lunga,<br />

rappresenta il farmaco di elezione <strong>per</strong> i trattamenti<br />

a lungo termine (fibrillazione atriale,<br />

protesi valvolare, terapia a lungo termine di<br />

una malattia <strong>venosa</strong> tromboembolica).<br />

L’acenocumarolo ha il vantaggio di esercitare<br />

un effetto anticoagulante più rapido e può<br />

essere utilizzato in caso di TVP che non giustifica<br />

un trattamento a lungo termine. A<br />

causa della sua emivita più breve, la somministrazione<br />

di acenocumarolo avveniva con<br />

due somministrazioni al giorno 79 ; uno studio<br />

ha dimostrato che non vi sono elementi<br />

a sostegno di questa modalità di somministrazione<br />

e che è possibile l’assunzione<br />

unica quotidiana 80 .


Volume 13, n. 1, 2010<br />

16<br />

Tabella 8<br />

Le differenti AVK.<br />

Farmaco Emivita (ore) Dose/cp (mg)<br />

Emivita breve<br />

Acenocumarolo/Sintrom® (frazionabile) 8,7 4<br />

Acenocumarolo (non frazionabile) 1<br />

Fenindione 5-10 50<br />

Emivita lunga<br />

Warfarin/Coumadin® (frazionabile) 6-42 2 e 10<br />

Tioclomarolo 24 4<br />

Fluindione (frazionabile) 31 20<br />

Monitoraggio del trattamento AVK<br />

Il monitoraggio del trattamento AVK si<br />

realizza attraverso l’INR 81 , che si deve situare<br />

in una zona terapeutica compresa tra 2 e<br />

3. Il raggiungimento di questo obiettivo è<br />

assolutamente fondamentale, <strong>per</strong>ché <strong>per</strong>mette<br />

di ridurre considerevolmente i rischi<br />

emorragici del trattamento senza ridurre la<br />

sua efficacia 82 .<br />

Durante il <strong>per</strong>iodo di avvicendamento, il trattamento<br />

con eparina (ENF o EBPM) deve essere<br />

continuato <strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo di 5-7 giorni 66<br />

e può essere interrotto solo dopo aver raggiunto<br />

un INR su<strong>per</strong>iore a 2 in due controlli<br />

successivi. Le modalità della sostituzione<br />

eparina-AVK sono proposte nella Tabella 9.<br />

Oltre i 70 anni si propone di ridurre la dose<br />

iniziale di un quarto.<br />

Molti farmaci hanno un’attività inibente o<br />

potenziante sulle AVK. L’atteggiamento più<br />

sensato è dunque quello di rinforzare il monitoraggio<br />

dell’INR ogni volta che si è portati<br />

a modificare le terapie associate.<br />

5. Trombolisi<br />

Esistono numerose controversie nella<br />

letteratura circa il trattamento trombolitico<br />

delle TVP. In effetti, questo trattamento costoso<br />

presenta un rischio emorragico tre volte<br />

su<strong>per</strong>iore rispetto al trattamento con eparina,<br />

<strong>per</strong> un beneficio che non è evidente 83, 84 .<br />

Il rapporto rischio-beneficio è molto più favorevole<br />

nella flebite blu 85 .<br />

Questo beneficio consisterebbe in una riduzione<br />

della sindrome post-trombotica, riduzione<br />

che non è riscontrata da <strong>tutti</strong> gli autori.<br />

La possibilità di un rischio embolico indotto<br />

con la terapia trombolitica non è chiaramente<br />

definita. Comunque, le poche indicazioni<br />

che possono essere prese in considera-<br />

Tabella 9<br />

Modalità di avvicendamento con AVK.<br />

INR Acenocumarolo Fluindione Warfarin<br />

< 70 anni > 70 anni < 70 anni > 70 anni<br />

d0 < 1,2 1 cp 3/4 1 cp 6 mg 4 mg<br />

d1 - - - 1 cp 3/4 1 cp 6 mg 4 mg<br />

d2 < 1,3 1 cp + 1/4 1 cp 1 cp + 1/4 8 mg 6 mg<br />

1,3-1,7 1 cp 3/4 1 cp 6 mg 4 mg<br />

1,7-2 3/4 cp 1/2 3/4 cp 4 mg 2 mg<br />

> 2 1/2 cp 1/2 1/2 cp 2mg 0<br />

d3 Idem d2 Idem d2 Idem d2<br />

d4 < 1,6 + 1/2 cp + 1/2 cp<br />

1,6-2,5 idem idem Modificare le<br />

> 2,5 - 1/4 cp - 1/4 cp posologie con 0,5 mg<br />

> 3 - 1/2 cp - 1/2 cp<br />

INR: International Normalized Ratio.


Volume 13, n. 1, 2010<br />

17<br />

zione riguardano i pazienti giovani, senza<br />

alcun fattore di rischio emorragico e che presentano<br />

una TVP prossimale grave non<br />

occlusiva e che risale a meno di 8 giorni.<br />

Il trattamento utilizzato di solito è costituito<br />

dalla streptochinasi somministrata alla dose<br />

di 100.000 U/h dopo una dose di carico di<br />

250.000 U in 30 minuti oppure dall’urochinasi<br />

somministrata alla dose di 2.200-4.400<br />

U/kg/h. La durata del trattamento è abitualmente<br />

di 48-72 ore e l’eparina è ripresa soltanto<br />

dopo la fibrinolisi 66 .<br />

6. Interruzione della cava<br />

Le barriere cavali definitive (clip o filtri<br />

cavali) si rivelano utili in alcune situazioni<br />

ben precise e relativamente rare. Le clip<br />

cavali, che richiedono un’anestesia generale,<br />

tendono a essere abbandonate.<br />

Le indicazioni generalmente ammesse<br />

riguardano:<br />

una controindicazione assoluta al trattamento<br />

anticoagulante nel corso di una<br />

trombosi <strong>venosa</strong> prossimale. In caso di<br />

trombosi surale, un semplice monitoraggio<br />

con ecodoppler ripetuto sembra adeguato<br />

e si considera il posizionamento di<br />

un filtro solo in caso di estensione prossimale.<br />

Il problema è spesso quello di definire<br />

cosa rappresenti realmente una controindicazione<br />

assoluta al trattamento<br />

anticoagulante. Si può trattare di una controindicazione<br />

fin dall’inizio o di un accidente<br />

emorragico che insorge nel corso<br />

del trattamento, che richiede la sospensione<br />

di quest’ultimo. La sospensione<br />

degli anticoagulanti induce un rischio elevato<br />

di trombosi del filtro, il che richiede<br />

la ripresa del trattamento anticoagulante<br />

appena la situazione del paziente lo <strong>per</strong>mette;<br />

un’inefficacia del trattamento anticoagulante;<br />

la comparsa di un’EP sotto trattamento<br />

anticoagulante è un’indicazione<br />

lecita, benché molto rara. Ancora, è<br />

necessario che questa recidiva sia <strong>per</strong>fettamente<br />

documentata e che il trattamento<br />

anticoagulante sia stato adattato e<br />

seguito in modo corretto. La realizzazione<br />

sistematica di una scintigrafia polmonare<br />

in caso di trombosi <strong>venosa</strong> prossimale<br />

costituisce un esame di riferimento.<br />

Se si sospetta un’EP sotto trattamento,<br />

questo esame è ripetuto e confrontato<br />

con l’esame iniziale. Questa procedura<br />

<strong>per</strong>mette di escludere una gran numero<br />

di false recidive, ma pone ovviamente un<br />

problema di costo. In caso di dubbio è<br />

indispensabile il ricorso all’angiografia<br />

polmonare;<br />

un’estensione della TVP iniziale malgrado<br />

la terapia anticoagulante; dal momento<br />

che il rischio embolico è mal conosciuto,<br />

l’indicazione al filtro cavale è più discutibile;<br />

i postumi di embolectomia, condizione<br />

nella quale l’inizio di un trattamento anticoagulante<br />

a dosi efficaci è difficilmente<br />

realizzabile e il rischio di recidiva embolica<br />

è minaccioso;<br />

il cuore polmonare cronico postembolico<br />

non o<strong>per</strong>abile, poiché la minima recidiva<br />

può essere fatale.<br />

Tenuto conto dello studio PREPIC 32 , le altre<br />

indicazioni sono molto discutibili e devono<br />

essere considerate solo in modo eccezionale<br />

caso <strong>per</strong> caso:<br />

il carattere fluttuante del trombo prossimale<br />

è spesso stato preso in considerazione,<br />

ma il potere emboligeno di questi<br />

coaguli fluttuanti (la cui definizione stessa<br />

è poco precisa) è stato rimesso in<br />

discussione da uno studio recente 86 ;<br />

in funzione del terreno sul quale compare<br />

la malattia <strong>venosa</strong> tromboembolica; in caso<br />

di stato cardiorespiratorio deficitario (a<br />

causa di un’insufficienza cardiorespiratoria<br />

preliminare o di un’EP grave associata), il<br />

posizionamento del filtro cavale potrebbe<br />

allora a rigore essere giustificato, poiché<br />

una nuova EP rischia di essere fatale, ma<br />

questo richiede studi complementari.<br />

Nonostante un’efficacia indiscutibile sul<br />

rischio embolico a breve termine (3 mesi), i<br />

filtri cavali definitivi aumentano il rischio di<br />

recidiva di trombosi <strong>venosa</strong> a lungo termine<br />

45 senza effetti sulla mortalità 32 .<br />

I filtri temporanei di breve durata (15-21 giorni)<br />

sono stati sviluppati ma abbandonati a<br />

causa del loro rischio infettivo e della necessità<br />

di mantenere un accesso vascolare <strong>per</strong> la<br />

rimozione. I filtri cavali <strong>per</strong>manenti con opzione<br />

di rimozione, o filtri «opzionali», costituiscono<br />

un’alternativa interessante 87, 88 .


Volume 13, n. 1, 2010<br />

18<br />

Questi filtri possono essere lasciati in sede in<br />

maniera definitiva o essere rimossi nel giro di<br />

alcuni giorni, settimane e fino a 12 mesi <strong>per</strong><br />

alcuni. Questi filtri possono essere utilizzati in<br />

caso di chirurgia che richiede la sospensione<br />

del trattamento anticoagulante nel corso di un<br />

episodio tromboembolico grave recente.<br />

Questi filtri potrebbero forse rivelarsi benefici<br />

nei pazienti che presentano una TVP prossimale<br />

e ad alto rischio di EP nel corso dei primi<br />

3 mesi. Sono necessari degli studi al fine di<br />

individuare questi pazienti a rischio.<br />

Trattamento<br />

non farmacologico<br />

La terapia farmacologica deve obbligatoriamente<br />

accompagnarsi ad altre procedure<br />

terapeutiche.<br />

La contenzione elastica deve essere realizzata<br />

con fasce di continenza durante la fase di<br />

edema, sostituendo tali fasce con collant o<br />

gambaletti di contenzione in funzione del<br />

livello della trombosi, salvo il caso in cui esista<br />

una controindicazione legata a un’arteriopatia<br />

degli arti inferiori. Questa contenzione<br />

deve essere <strong>per</strong>fettamente adatta alla<br />

morfologia del paziente al fine di evitare i<br />

fenomeni di laccio, fonte di recidiva. Deve<br />

essere di classe II o III. La sua prescrizione è<br />

fondamentale poiché essa dimezza il rischio<br />

di sindrome post-trombotica 6 . La durata di<br />

prescrizione dovrebbe essere minimo di 1<br />

anno in caso di TVP prossimale. Questa sarà<br />

più o meno prolungata ulteriormente in funzione<br />

dell’evoluzione clinica ed ecografica.<br />

Drenaggi linfatici<br />

I drenaggi linfatici secondo il metodo<br />

di Leduc sono necessari in caso di edema e<br />

di dolori forti. Essi presentano un effetto<br />

molto spettacolare su questi sintomi.<br />

Sollevamento dei piedi del letto<br />

Deve essere sistematico in assenza di<br />

un’arteriopatia associata.<br />

Recu<strong>per</strong>o precoce della stazione eretta<br />

È attualmente raccomandato.<br />

Questo recu<strong>per</strong>o può essere realizzato fin<br />

dall’inizio in presenza di TVP surale e dopo<br />

24-48 ore di terapia eparinica in caso di TVP<br />

prossimale.<br />

In caso di EP associata o di edema molto<br />

importante dell’arto inferiore questo tempo<br />

può essere allungato 89 .<br />

Quali pazienti si devono<br />

ricoverare?<br />

La semplificazione del trattamento<br />

legata all’utilizzo delle EBPM o del fondaparinux<br />

ha <strong>per</strong>messo il trattamento ambulatoriale<br />

della TVP in molti pazienti. In assenza di<br />

prove cliniche resta preferibile continuare a<br />

ricoverare i pazienti che presentano un’EP o<br />

una trombosi molto prossimale con elevato<br />

rischio embolico 32, 45 .<br />

Prima di decidere circa una terapia ambulatoriale,<br />

si deve determinare se il paziente presenta<br />

un rischio emorragico o trombotico<br />

debole o elevato. Se questo rischio si rivela<br />

elevato, si deve allora preferire un ricovero.<br />

Il ricovero resta necessario quando non è<br />

possibile l’utilizzo delle EBPM o del fondaparinux:<br />

o il paziente è anziano con un’insufficienza<br />

renale che controindica le EBPM o il<br />

fondaparinux oppure è presente un rischio<br />

emorragico che richiede il ricorso all’ENF con<br />

una stretta sorveglianza dell’eparinemia.<br />

Terapia di mantenimento<br />

AVK<br />

Due quesiti si pongono una volta terminato<br />

l’avvicendamento, quando il paziente<br />

è soltanto sotto AVK: la durata del trattamento<br />

e il livello di INR richiesto.<br />

Per quanto riguarda la durata del trattamento,<br />

questa resta ancora molto controversa.<br />

Sono state proposte, malgrado tutto, delle<br />

raccomandazioni (Tabella 10) 77 .<br />

Per un primo episodio di TVP, essa potrebbe<br />

essere di 3 mesi se vi è un fattore scatenante<br />

reversibile (chirurgia, trauma, viaggio...) e<br />

di 6-12 mesi in assenza di un fattore scatenante<br />

evidente. Una durata di almeno 1<br />

anno, o anche a lungo termine, è generalmente<br />

consigliata in caso di cancro evolutivo,<br />

di recidive tromboemboliche ravvicinate<br />

o di deficit della coagulazione particolarmente<br />

trombogenico (sindrome degli anticorpi<br />

antifosfolipidi e deficit di antitrombina).<br />

Infine, è raccomandato, in caso di trombosi<br />

surale isolata, un trattamento della durata di<br />

6-12 settimane. La presenza di un’EP, non<br />

citata in queste raccomandazioni, spinge a


Volume 13, n. 1, 2010<br />

19<br />

Tabella 10<br />

Durata del trattamento (66).<br />

1° episodio di TVP/EP Fattore scatenante reversibile AVK 3 mesi<br />

Idiopatica<br />

AVK 6-12 mesi<br />

Cancro<br />

EBPM <strong>per</strong> 3-6 mesi poi AVK a lungo<br />

termine. INR 2-3<br />

Recidiva di TVP/EP AVK 12 mesi o a lungo termine INR 2-3?<br />

Deficit di antitrombina,<br />

presenza di un anticoagulante circolante, AVK a lungo termine INR 2-3<br />

sindrome degli anticorpi antifosfolipidi<br />

TVP: trombosi <strong>venosa</strong> profonda; EP: embolia polmonare; AVK: antivitamine K;<br />

EBPM: eparina a basso peso molecolare; INR: International Normalized Ratio.<br />

trattare 6 mesi piuttosto che 3 mesi, ma nessun<br />

dato <strong>per</strong>mette attualmente di provare il<br />

fondamento di tale approccio 90-92 .<br />

In ultima analisi, la decisione di proseguire o<br />

interrom<strong>per</strong>e una terapia con AVK può essere<br />

talvolta particolarmente difficile e di competenza<br />

dello specialista. Alcuni parametri<br />

predittivi quali i D-dimeri e il fattore VIII non<br />

sono stati oggetto di uno studio prospettico.<br />

È spesso indispensabile un approccio caso<br />

<strong>per</strong> caso, cercando di pesare <strong>per</strong> ogni<br />

paziente il rapporto rischio-beneficio della<br />

decisione presa. Si dovrà tenere conto, oltre<br />

al rischio tromboembolico già considerato,<br />

del rischio di emorragia e del punto di vista<br />

del paziente. In <strong>tutti</strong> i casi, se viene presa la<br />

decisione di un trattamento a lungo termine,<br />

è di importanza fondamentale insistere con il<br />

paziente sul fatto che questa decisione non è<br />

necessariamente irrevocabile. In questo stesso<br />

spirito è essenziale rivedere regolarmente<br />

in ambulatorio questi pazienti (<strong>per</strong> esempio,<br />

ogni 2 anni) <strong>per</strong> rivalutare con loro la giustificazione<br />

di proseguire o meno una tale terapia.<br />

Riguardo al livello di INR richiesto <strong>per</strong> questo<br />

trattamento con AVK di mantenimento, è<br />

stato da molto tempo definito che esso deve<br />

essere tra 2 e 3. Molto recentemente, uno studio<br />

controllato 87 ha confrontato, <strong>per</strong> un<br />

<strong>per</strong>iodo di 4 anni in pazienti che hanno presentato<br />

una malattia tromboembolica idiopatica,<br />

una terapia AVK con un INR bersaglio tra<br />

1,5 e 2 con un placebo. I risultati sono estremamente<br />

interessanti, poiché mostrano che,<br />

sotto AVK adattate secondo questo INR, il<br />

rischio di recidive tromboemboliche sintomatiche<br />

è nettamente diminuito senza un<br />

aumento netto del rischio di emorragie maggiori.<br />

Un secondo studio 91 d’altronde ha confutato<br />

i risultati del primo. In questo studio, in<br />

effetti, sempre in una popolazione di pazienti<br />

con una malattia tromboembolica idiopatica,<br />

due gruppi sotto AVK con due diversi livelli di<br />

INR (1,5-2 e 2-3) sono stati confrontati anche<br />

in questo caso <strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo di 4 anni. I risultati<br />

dimostrano che, <strong>per</strong> un INR tra 2 e 3, il<br />

rischio di recidiva tromboembolica è stato<br />

significativamente diminuito e senza alcun<br />

aumento del rischio emorragico.<br />

Sembra in effetti logico continuare a raccomandare<br />

la strategia classica (INR tra 2 e 3)<br />

nei casi in cui non si è sicuri della decisione<br />

di proseguire un trattamento AVK a lungo<br />

termine e a proporre la strategia alternativa<br />

(INR tra 1,5 e 2) nei casi limite.<br />

Per quanto riguarda le modalità di sospensione<br />

del trattamento AVK, sembra invece<br />

che un arresto improvviso non provochi un<br />

effetto rebound e che possa essere realizzato<br />

senza rischio 93 . Si può tuttavia proporre<br />

una riduzione progressiva su una quindicina<br />

di giorni quando il precedente trattamento è<br />

stato prescritto a lungo termine e quando i<br />

pazienti sono ansiosi all’idea della sospensione<br />

di questo trattamento.<br />

Prospettive terapeutiche<br />

future<br />

Nuovi anticoaugulanti anti-Xa<br />

Idraparinux: si tratta della molecola<br />

del fondaparinux modificata, con un’emivita<br />

molto più lunga (130 ore), che <strong>per</strong>mette una<br />

singola iniezione sottocutanea a settimana.<br />

Nella malattia tromboembolica <strong>venosa</strong> è<br />

stato realizzato un programma di fase III<br />

(studi Van Gogh) che include alcuni studi


Volume 13, n. 1, 2010<br />

20<br />

nella terapia della fase acuta della TVP e<br />

dell’EP, così come nella prevenzione secondaria.<br />

L’insieme di questi studi è terminato e i<br />

risultati dovrebbero essere pubblicati nel<br />

corso del prossimo anno.<br />

Antitrombine dirette<br />

Lo ximelagatran, utilizzabile <strong>per</strong> via<br />

orale e a effetto immediato, che sembrava<br />

molto promettente, non sarà infine commercializzato<br />

a causa dei gravi effetti secondari<br />

epatici.<br />

Altri prodotti di questo tipo, anch’essi utilizzabili<br />

<strong>per</strong> via orale, sono in corso di valutazione<br />

nel trattamento preventivo e terapeutico<br />

della malattia tromboembolica <strong>venosa</strong>.<br />

Diversi farmaci sono in corso di sviluppo nel<br />

trattamento preventivo e terapeutico della<br />

malattia tromboembolica <strong>venosa</strong> e si ipotizzano<br />

degli studi anche nel trattamento della<br />

fibrillazione atriale.<br />

Potrebbero rappresentare le molecole del<br />

futuro, in grado di sostituire al tempo stesso<br />

le eparine e le AVK.<br />

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Volume 13, n. 1, 2010<br />

24<br />

Quando consigliare la vaccinazione<br />

anti-HPV<br />

Gianni Bona<br />

Introduzione<br />

Il tumore della cervice uterina è la<br />

seconda causa di morte <strong>per</strong> cancro nelle<br />

donne in tutto il mondo, dopo il cancro del<br />

seno 1 .<br />

La peculiarità di questa<br />

neoplasia è di avere<br />

come elemento indispensabile<br />

<strong>per</strong> il suo<br />

sviluppo l’infezione,<br />

acquisita prevalentemente<br />

<strong>per</strong> via sessuale,<br />

da uno dei sottotipi<br />

oncogeni di papillomavirus<br />

umano<br />

(Human Papilloma<br />

Virus, HPV) 2 , che è<br />

considerato il cancerogeno<br />

biologico più<br />

potente della specie<br />

umana. Ne deriva la<br />

possibilità di impedire<br />

la comparsa del tumore<br />

attraverso la prevenzione<br />

primaria dell’infezione tramite vaccini.<br />

La s<strong>per</strong>imentazione nell’uomo ha recentemente<br />

portato allo sviluppo di vaccini<br />

dimostratisi ben tollerati, altamente immunogeni<br />

ed efficaci nel prevenire le infezioni <strong>per</strong>sistenti<br />

e le lesioni intraepiteliali causate da<br />

virus appartenenti ai tipi in essi contenuti.<br />

Poiché la popolazione a cui primariamente<br />

sono destinati i vaccini contro il papillomavirus<br />

è rappresentata da bambine pre-puberi o<br />

adolescenti non ancora contagiate, ossia che<br />

non abbiano ancora avuto rapporti sessuali, i<br />

pediatri si troveranno spesso ad essere consultati<br />

e ad esprimere un’opinione in proposito<br />

o ad effettuare la vaccinazione.<br />

Clinica Pediatrica di Novara, Dipartimento di Scienze Mediche<br />

Università degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro”<br />

L’HPV è un virus a DNA in grado di infettare la<br />

cu-te e le mucose e di raggiungere le cellule<br />

basali degli strati più profondi dell’epitelio ove<br />

inizia a replicarsi; giunto agli strati su<strong>per</strong>ficiali,<br />

ove avviene l’assemblaggio, si espande<br />

attivamente e, in seguito allo sfaldamento<br />

dell’epitelio, si diffonde<br />

nell’ambiente contagiando<br />

<strong>per</strong> contatto diretto<br />

altre <strong>per</strong>sone.<br />

Alcuni genotipi virali, HPV<br />

16 e HPV 18 sono quelli<br />

più importanti <strong>per</strong> la carcinogenesi<br />

cervicale, poiché<br />

identificati nel 70%<br />

dei tumori squamosi.<br />

L’HPV è di solito trasmesso<br />

in seguito a rapporti<br />

sessuali. È ritenuta l’infezione<br />

a trasmissione sessuale<br />

più frequente al<br />

mondo. Circa la metà delle infezioni<br />

avviene fra i 15 e 25 anni 2 e l’80%<br />

delle donne sessualmente attive è contagiato<br />

entro i 50 anni.<br />

L’incidenza annuale di nuovi casi di cancro<br />

della cervice nel mondo è stimata in 493.000<br />

nuovi casi, con 274.000 morti. Essendo colpite<br />

donne relativamente giovani, il cancro<br />

della cervice costituisce un’importante causa<br />

di <strong>per</strong>dita di anni di vita, specie nei paesi in<br />

via di sviluppo ove è il più comune dei tumori<br />

fra le donne. In Europa e negli USA muoiono<br />

comunque ancor oggi circa 35.000 donne<br />

ogni anno <strong>per</strong> cancro della cervice. La forma<br />

prevalente, in Italia come in <strong>tutti</strong> gli altri<br />

Paesi, è quella a cellule squamose.<br />

La finalità principale della vaccinazione verso<br />

HPV è quella di prevenire il tumore del collo<br />

uterino e le relative lesioni precancerose, in<br />

seconda istanza di ridurre l’incidenza di altri


Volume 13, n. 1, 2010<br />

25<br />

tumori associati al virus ed, infine, le lesioni<br />

benigne causate dallo stesso, come i condilomi<br />

acuminati.<br />

Utilizzando particelle simil virali (VLP) di una<br />

proteina capsidica (L1), sono stati sviluppati<br />

due vaccini in grado di prevenire l’infezione<br />

da HPV e le lesioni precancerose associate<br />

con effetti <strong>per</strong>sistenti <strong>per</strong> più anni 3-8 :<br />

Il vaccino quadrivalente<br />

(Gardasil, Sanofi Pasteur MSD)<br />

Contiene antigeni che proteggono<br />

nei confronti dei sierotipi HPV 16, 18, 6 e 11.<br />

I protocolli impiegati si basano su tre somministrazioni<br />

(a 0, 2 e 6 mesi) (approvato dai 9<br />

ai 26 anni).<br />

Il vaccino bivalente<br />

(Cervarix, GlaxoSmithKline)<br />

Contiene antigeni contro HPV 16 e<br />

18. Anche <strong>per</strong> questo vaccino il protocollo<br />

utilizzato prevede tre somministrazioni (a 0,<br />

1 e 6 mesi) (approvato dai 10 ai 25 anni).<br />

Entrambe i vaccini sono disponibili in Italia.<br />

Durante gli studi randomizzati di fase II<br />

entrambi i vaccini non hanno evidenziato<br />

significativi effetti collaterali. Anche gli studi<br />

in fase III non hanno evidenziato particolari<br />

effetti collaterali della vaccinazione. I più<br />

comuni effetti collaterali sono stati quelli<br />

locali e la febbre. Non si sono infine notati<br />

eventi avversi in seguito a vaccinazione di<br />

donne già infettate da tipi di HPV contenuti<br />

nei vaccini.<br />

Dopo l’immissione in commercio, i dati di<br />

farmacovigilanza statunitensi (VAERS), riguardanti<br />

oltre 5 milioni di dosi distribuite,<br />

non hanno ad oggi mostrato segnali di allarme.<br />

La maggioranza degli effetti collaterali<br />

ha riguardato reazioni nella sede di iniezione.<br />

Per quanto attiene le reazioni sistemiche<br />

sono stati segnalati 13 casi di Sindrome di<br />

Guillain Barrè.<br />

La misurazione degli anticorpi anti-L1 VLP è<br />

stato il principale parametro <strong>per</strong> valutare le<br />

risposte immuni indotte dai vaccini negli<br />

studi clinici 9 . Gli anticorpi sono tipo-specifici,<br />

anche se esistono omologie fra alcuni HPV<br />

che condividono uno o più epitopi (ad es.<br />

HPV 6/11, 31/33, 18/45 e 16/31). I vari<br />

studi documentano, invece, sieroconversione<br />

verso <strong>tutti</strong> i tipi di HPV contenuti nel vaccino<br />

in più del 98% dei casi. Inoltre, i soggetti<br />

immunizzati presentano risposte anticorpali<br />

sostanzialmente maggiori di quelle<br />

riscontrate in seguito a infezione naturale. In<br />

generale, i titoli anticorpali si riducono di 10<br />

volte nei primi 2 anni e si stabilizzano a 3-5<br />

anni, mantenendosi a livelli di oltre 10 volte<br />

su<strong>per</strong>iori a quelli indotti dall’infezione 10 .<br />

Poiché è eccezionale che il cancro del collo<br />

dell’utero compaia in donne in età inferiore<br />

ai 30 anni, sarebbero necessari almeno 15-<br />

20 anni <strong>per</strong> quantificare gli effetti favorevoli<br />

della vaccinazione anti-HPV sullo sviluppo<br />

della(e) neoplasia(e). La verifica dell’efficacia<br />

dei vaccini si è <strong>per</strong>tanto basata sul confronto<br />

della comparsa di lesioni pre-cancerose nei<br />

vaccinati e nei controlli.<br />

L’efficacia tipo specifica è risultata del 100%;<br />

la protezione verso i condilomi del 99%.<br />

Nelle donne precedentemente infettate da<br />

altri tipi di HPV, il vaccino quadrivalente si è<br />

dimostrato efficace nel prevenire lesioni precancerose<br />

del collo dell’utero dovute ai tipi<br />

di HPV in esso contenuti 11 .<br />

Efficacia sovrapponibile <strong>per</strong> la prevenzione<br />

di displasie del collo dell’utero è emersa in<br />

studi di fase III anche con il vaccino bivalente<br />

12 .<br />

Da sottolineare che l’ottima efficacia dei vaccini<br />

emerge quando vengono valutate solo le<br />

donne risultate negative <strong>per</strong> i tipi di HPV contenuti<br />

nel vaccino (naive) sia all’inizio dello<br />

studio che dopo le tre dosi, somministrate<br />

senza violazioni significative del protocollo.<br />

Nel caso del vaccino quadrivalente è stata<br />

condotta anche un’analisi intention to treat,<br />

in cui sono state considerate tutte le donne<br />

arruolate, purché avessero ricevuto almeno<br />

una dose di vaccino o placebo, indipendentemente<br />

quindi dall’aderenza o meno al protocollo<br />

e soprattutto dal fatto che fossero inizialmente<br />

già infette con i tipi di HPV contenuti<br />

nel vaccino. Con questo tipo di analisi<br />

l’efficacia vaccinale verso le lesioni pre-neoplastiche<br />

ovviamente si riduce e gli intervalli<br />

di confidenza al 95% scendono frequentemente<br />

sotto lo zero, risultando quindi non<br />

significativi<br />

Fra i quesiti ancora a<strong>per</strong>ti relativi ai vaccini<br />

anti-HPV uno dei più rilevanti riguarda la<br />

durata dell’effetto protettivo. Una protezione<br />

transitoria necessiterebbe, infatti, di richiamo(i)<br />

e ciò verrebbe ad incidere sul rapporto<br />

costo/beneficio.<br />

La maggioranza dei dati disponibili sull’efficacia<br />

dei vaccini si riferisce ad un follow-up<br />

medio di pochi anni con un massimo di cinque<br />

dal termine del ciclo vaccinale. Non è<br />

<strong>per</strong>tanto possibile prevedere se sarà neces-


Volume 13, n. 1, 2010<br />

26<br />

saria, a distanza<br />

di anni,<br />

una dose di<br />

richiamo. Al<br />

momento i risultati<br />

documentano<br />

una<br />

risposta elevata<br />

e prolungata.<br />

È stata inoltre<br />

dimostrata<br />

una pronta risposta<br />

anamnestica<br />

dopo<br />

somministrazione<br />

di una<br />

dose di vaccino<br />

quadrivalente<br />

a distanza di 5 anni dal ciclo vaccinale,<br />

inclusi soggetti nel frattempo sieronegativizzatisi,<br />

ad indicare la <strong>per</strong>sistenza di memoria<br />

immunologica.<br />

L’infezione da HPV viene acquisita nel tempo<br />

dopo l’inizio dell’attività sessuale. Gli attuali<br />

vaccini non sono in grado di far regredire le<br />

lesioni in atto. Ne deriva che <strong>per</strong> ottimizzarne<br />

l’efficacia dovrebbero essere vaccinate le<br />

ragazze pre-puberi o nel primo <strong>per</strong>iodo adolescenziale,<br />

così come le donne che non<br />

abbiano ancora avuto rapporti sessuali (da<br />

ricordare che la trasmissione avviene anche<br />

<strong>per</strong> rapporti non completi). L’Advisory<br />

Committee on Immunization Practices (ACIP)<br />

raccomanda l’uso routinario del vaccino in<br />

ragazze di 11-12 anni (età minima 9 anni) e<br />

catch-up vaccination nelle donne di 13-26<br />

anni, indipendentemente dal fatto che siano<br />

sessualmente attive. Inoltre, viene indicata la<br />

possibilità di vaccinare, a discrezione del<br />

medico curante, bambine di 9-10 anni sulla<br />

base del contesto sociale in cui vivono 3 .<br />

In Italia è prevista la vaccinazione attiva e<br />

gratuita della coorte di ragazze dodicenni<br />

(ossia dopo il compimento degli 11 anni) e il<br />

vaccino rientra fra i livelli essenziali di assistenza<br />

(LEA), mentre l’organizzazione pratica<br />

della vaccinazione attraverso le strutture del<br />

sistema sanitario compete alle singole<br />

Regioni. A maggio 2008 tutte le Regioni<br />

risultano aver stabilito i calendari <strong>per</strong> la somministrazione<br />

dei vaccini verso i virus HPV.<br />

In alcune regioni, il programma di intervento<br />

prevede che i vaccini vengano messi a disposizione<br />

attivamente non solo <strong>per</strong> le ragazze<br />

nel corso del dodicesimo anno di vita, ma<br />

anche <strong>per</strong> altre coorti.<br />

Va segnalato<br />

che nel nostro<br />

paese al compimento<br />

del<br />

12° anno il<br />

96,8% delle<br />

bambine ha<br />

già manifestato<br />

i primi segni<br />

di sviluppo<br />

puberale e<br />

che l’età media<br />

del menarca<br />

è di 12,4<br />

anni 13 .<br />

Inoltre un’indagine<br />

recente<br />

segnala che<br />

l’1% dei ragazzi ha rapporti sessuali entro i<br />

12 anni ed un terzo entro i 17 anni. Alcuni<br />

adolescenti tendono ha iniziare precocemente<br />

l’attività sessuale 14 : in questi soggetti, come<br />

in certi gruppi di immigrati le cui tradizioni<br />

culturali potrebbero favorire rapporti sessuali<br />

precoci, dovrà quindi essere valutata l’opportunità<br />

di una vaccinazione anticipata.<br />

Perché la vaccinazione verso HPV abbia successo<br />

sono necessari più fattori: un’adeguata<br />

informazione della popolazione e degli o<strong>per</strong>atori<br />

sanitari, una chiara volontà politica, le<br />

risorse ed una strategia <strong>per</strong> la sua implementazione<br />

(incluse l’identificazione e la distribuzione<br />

del vaccino ai servizi) e una precisa programmazione<br />

dell’intervento in maniera<br />

sequenziale. Infine, è necessaria un’alta<br />

co<strong>per</strong>tura con sorveglianza nel tempo.<br />

L’adesione alla vaccinazione passa necessariamente<br />

attraverso una corretta informazione<br />

degli o<strong>per</strong>atori 15, 16 .<br />

Onde uniformare il più possibile il loro comportamento<br />

e integrarsi nelle specifiche<br />

competenze, questi potranno avvalersi delle<br />

raccomandazioni emanate dalle Società<br />

Scientifiche delle professionalità coinvolte,<br />

rafforzando in tal modo la campagna di<br />

informazione programmata dalle Regioni e<br />

dal Ministero. Per quanto riguarda i pediatri,<br />

un’indagine condotta in Italia 17 ha confermato<br />

l’utilità che la campagna vaccinale sia preceduta<br />

da un loro aggiornamento sull’argomento.<br />

In particolare, sebbene i pediatri<br />

coinvolti nello studio abbiano in generale<br />

dimostrato una propensione a consigliare la<br />

vaccinazione ai propri assistiti, è emersa la<br />

mancanza di alcune conoscenze mirate sull’infezione<br />

da HPV e la sua prevenzione, oltre


Volume 13, n. 1, 2010<br />

27<br />

alla necessità di ampliare e approfondire<br />

ulteriormente la discussione sulle tematiche<br />

sessuali. Nella realtà assistenziale italiana,<br />

che prevede la figura del pediatra di famiglia<br />

da cui vengono assistite oltre l’80% delle<br />

dodicenni, il pediatra è scelto sulla base di<br />

un rapporto di fiducia che decorre spesso fin<br />

dalla nascita ed i genitori attribuiscono grande<br />

importanza alla sua opinione <strong>per</strong> l’esecuzione<br />

di qualsiasi tipo di vaccinazione.<br />

Quella verso HPV ha indubbiamente aspetti<br />

più complessi ed articolati rispetto ad altre.<br />

La continuità del rapporto di fiducia del<br />

Pediatra con la famiglia e la ragazza gli consente<br />

di affrontare adeguatamente nel corso<br />

degli anni i temi legati a corretti stili di vita,<br />

evidenze propedeutiche alla tutela della salute<br />

anche in età adulta, ed in questo ambito si<br />

inseriscono l’informazione riguardante il vaccino<br />

anti-HPV e le problematiche sessuali<br />

connesse. Le visite programmate (bilanci di<br />

salute) prevedono un controllo proprio in età<br />

pre-adolescenziale. In tale occasione il<br />

Pediatra avrà modo di promuovere e rafforzare<br />

l’invito alla vaccinazione fatto dal centro<br />

di Sanità Pubblica. Ove sussistano le condizioni<br />

potrà egli stesso procedere a vaccinare<br />

attivamente, contribuendo così in modo<br />

sostanziale al raggiungimento dell’auspicata<br />

co<strong>per</strong>tura vaccinale 18 .<br />

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Volume 13, n. 1, 2010<br />

28<br />

La "macula densa" renale. Importante<br />

co-regolatore della produzione di renina<br />

Livio Meciani<br />

Premessa<br />

Di “Macule Dense”, in ciascun rene, ve<br />

ne sono circa due milioni: cioè tante quanti<br />

sono (approssimativamente) i nefroni 1, 2 .<br />

Non si tratta quindi di una “formazione istologica”<br />

trascurabile, tanto più che essa svolge<br />

un’importantissima attività - connessa con la<br />

funzione escretoria renale - sulla quale tuttavia<br />

non sono stati ancora accertati <strong>tutti</strong> i<br />

numerosi “risvolti metabolici”.<br />

Principi anatomici<br />

L.D. in Patologia Speciale Medica nell’Università di Milano<br />

Figura 1<br />

Nefrone: glomerulo, tubulo contorto<br />

e sito ov’è posta la “macula densa”<br />

Figura tratta e modificata da 2<br />

La “Macula Densa” (MD) non è una<br />

struttura anatomica autonoma poiché fa<br />

parte di una particolare differenziazione cellulare<br />

incorporata nella porzione iniziale del<br />

tubulo contorto distale, di cui forma un breve<br />

tratto cellulare (Figura 1).<br />

Questo tratto della parete tubulare distale si<br />

trova in stretta connessione con la biforcazione<br />

(a tipo di Y) rappresentata dall’arteriola afferente<br />

e da quella efferente di ciascun glomerulo<br />

renale. Ciò costituisce un punto molto importante<br />

(proprio ai fini della presente esposizione)<br />

<strong>per</strong>ché in questo tratto la parete dell’arteriola<br />

afferente glomerulare presenta anch’essa<br />

un breve segmento cellulare modificato, il<br />

quale forma un manicotto in corrispondenza<br />

dell’ingresso - nel glomerulo - della stessa<br />

arteriola afferente. Tale manicotto è formato<br />

dalle ormai ben conosciute cellule juxtaglomerulari<br />

(CJG), notoriamente deputate alla<br />

produzione della “renina” (Figura 2).<br />

La contiguità anatomica fra le cellule della MD<br />

con le cellule juxta-glomerulari spiega<br />

senz’altro la possibilità di un reciproco<br />

influenzamento biochimico, che si è dimostrato<br />

assai importante proprio <strong>per</strong> la funzionalità<br />

renale.<br />

Ho impiegato il termine di “contiguità anatomica”<br />

<strong>per</strong>ché la vicinanza di entrambi questi,<br />

pur cosi diversi, elementi cellulari è - <strong>per</strong> cosi<br />

dire - mediata da una piccola “masserella” di<br />

cellule, dette di Goomaghtigh, (Figura 2)<br />

interposta fra il tubulo distale e 1’a. glomerulare<br />

afferente: cellule il cui significato funzionale<br />

è ancor oggi tutt’altro che chiarito, pur<br />

se l’orientamento prevalente sembra in-terpretarle<br />

come un semplice “supporto” della<br />

estremamente complessa struttura anatomofunzionale<br />

del glomerulo renale.


Volume 13, n. 1, 2010<br />

29<br />

I rapporti fra<br />

macula densa<br />

e cellule juxtaglomerulari<br />

La stretta vicinanza anatomica<br />

fra le cellule della “macula<br />

densa” e quelle “juxta-glomerulari”<br />

ha fatto scaturire il<br />

concetto che fra i due conglomerati<br />

cellulari esistessero<br />

anche dei rapporti funzionali<br />

ed effettivamente gli approfondimenti<br />

scientifici di<br />

questi ultimi dieci anni hanno<br />

documentato che - sia pur con<br />

qualche oscurità - questi rapporti<br />

davvero sussistono e<br />

condizionano la produzione<br />

reninica delle cellule juxtaglomerulari<br />

3 .<br />

a - L’increzione reninica<br />

Il rene, a parte la funzione<br />

escretoria (urinopoietica), rappresenta<br />

- com’è noto - un<br />

organo chiave nella regolazione<br />

dell’attivita circolatoria<br />

poiché i sensori intrarenali da<br />

cui è costituito (barocettori<br />

intrarenali, recettori simpatergici,<br />

cellule juxta-glomerulari<br />

e - argomento che ci concerne<br />

- cellule della “macula densa”)<br />

influiscono in modo determinante sull’omeostasi<br />

della pressione arteriosa, cioè sul fenomeno<br />

- fisiologicamente oscillante - che condiziona<br />

l’intera attività cardiovascolare.<br />

Infatti (Schema 1) la fisiologia e la fisio-patologia<br />

ci insegnano che la renina 4-6 , cioè un<br />

enzima appartenente al gruppo delle aspartil-prokinasi,<br />

agendo sull’angiotensinogeno<br />

circolante, produce l’angiotensina II, la<br />

quale, essendo dotata di intenso potere<br />

vasocostrittore, interviene potentemente<br />

nell’auto-regolazione pressoria, nonché in<br />

modo indiretto anche su quella cardiaca<br />

(vedansi gli importanti influenzamenti sulla<br />

sopravvivenza dei miocardiociti).<br />

È opportuno, <strong>per</strong> inciso, ricordare che<br />

anche l’angiotensina IIA è in grado di<br />

influenzare direttamente le cellule juxtaglomerulari<br />

poiché queste sono dotate del<br />

recettore AT1 fra le cui capacità esiste proprio<br />

quella di deprimere la produzione di<br />

Figura 2<br />

Glomerulo renale<br />

Figura tratta e modificata da 1<br />

renina tramite un meccanismo estremamente<br />

complesso, che alla fine si risolve nell’incremento<br />

della disponibilità dei calcio-ioni<br />

intracellulari (circa questo meccanismo si<br />

veda quanto verrà precisato a proposito<br />

dell’influenza esplicata dall’ATP sul recettore<br />

purinico P2Y, presente anch’esso sulla<br />

membrana juxtaglomerulare).<br />

b - L’attività delle cellule<br />

della “macula densa”<br />

L’attività biochimica delle cellule della<br />

macula densa è piuttosto complessa e non<br />

del tutto chiarita 7, 8 .<br />

Data la posizione di questo complesso cellulare,<br />

l’elemento essenziale della “modulazione”<br />

esercitata dalle cellule maculari nei confronti<br />

di quelle juxta-glomerulari sarebbe<br />

costituito dalla concentrazione dell’NaCl<br />

nella pre-urina, che fluisce nel tubulo distale:<br />

il quale - occorre sempre tenerlo presente -


Volume 13, n. 1, 2010<br />

30<br />

Schema 1<br />

Un eventuale abbassamento della pressione arteriosa provoca fisiologicamente quattro fenomeni e<br />

precisamente:<br />

1. Una diminuzione della <strong>per</strong>fusione renale, che provoca direttamente una stimolazione delle cellule<br />

juxta-glomerulari (CJG), la quale a sua volta determina un aumento della produzione di renina. Questa,<br />

passando in circolo ed agendo sull’angiotensinogeno (prodotto dal fegato) induce la formazione di<br />

angiotensina I, successivamente trasformata in angiotensina II, notoriamente capace di provocare<br />

vasocostrizione arteriolare, tendente (mediante “feedback”) a ripristinare i valori pressori “quo ante”.<br />

2. Una stimolazione del sistema nervoso centrale (cioè dei cosiddetti “centri presso-regolatori”), che<br />

provoca un incremento del tono simpatico - responsabile di un’i<strong>per</strong>-adrenalinemia in grado di sovrastimolare<br />

gli adrenergo-recettori intrarenali (beta-1-rec.) a loro volta capaci di stimolare le CJG a produrre<br />

maggiori quantità di “renina”.<br />

3. Una diminuzione della GFR, che - diminuendo la concentrazione dei sodio-ioni nel filtrato glomerulare<br />

- stimola la macula densa, le cui interrelazioni con le CJG stimolano a loro volta queste ultime<br />

a bio-sintetizzare maggiori quantità di “renina”.<br />

4. Una diminuzione generalizzata del flusso in <strong>tutti</strong> i tessuti, con il risultato di provocarne un’acidosi,<br />

la cui conseguenza si traduce in un aumento della concentrazione degli idrogeno-ioni del filtrato<br />

glomerulare, ossia in uno stimolo specifico verso l’attività delle cellule della macula densa, che direttamente<br />

sollecitano le CJG a produrre più “renina”.<br />

Feedback<br />

Flusso nei tessuti<br />

Acidosi tessutale<br />

Sistema nervoso<br />

centrale<br />

PRESSIONE<br />

ARTERIOSA<br />

GFR (Glomerular<br />

Filtration Rate)<br />

Simpatico<br />

Pressione di<br />

<strong>per</strong>fusione renale<br />

Concentrazione<br />

dei sodio-ioni<br />

Adrenergo<br />

recettori<br />

intrarenali<br />

Cellule juxtaglomerulari<br />

MACULA DENSA<br />

Concentrazione<br />

degli<br />

idrogeno-ioni<br />

RENINA<br />

Angiotensinogeno<br />

Angiotensina II<br />

Angiotensina I<br />

Vasocostrizione<br />

costituisce il tratto tubulare immediatamente<br />

successivo all’Ansa di Henle, cioè al sito ove,<br />

a sua volta ed in rapporto alle necessità dell’equilibrio<br />

biochimico dell’organismo, avviene<br />

un importante flusso modulatorio della<br />

concentrazione cloruro-sodica della preurina.<br />

L’attività delle singole cellule maculari nei<br />

confronti di quelle juxta-glomerulari può<br />

esser precisata come segue (Schema 2):


Volume 13, n. 1, 2010<br />

31<br />

Schema 2<br />

Legenda: nN0S:neuronal-Nitric-Oxide Sintase; NO + : nitrossido; O 2<br />

: radicale libero dell’ossigeno<br />

(ossigeno singoletto); COX2: Ciclo-OXidase 2; PGs: prostaglandine; A.A.: acido arachidonico; ATP:<br />

adenosin-trifosfato; ADP: adenosin-difosfato; AMP: adenosin-monofosfato; ADO: adenosina; G i<br />

:<br />

prot. G inibitrice; A.C.: adenil-ciclasi; G s<br />

: prot. G stimolante; Rec. PG: recettore prostaglandinico;<br />

Rec. P 2<br />

Y: recettore purinico P 2<br />

Y; PLC-b: Fosfo-lipasi C-beta; PIP2: fosfo-inositol-3-4-bifosfato; PIP3:<br />

fosfo-inositol-3-4-5-trifosfato; cAMP: adenosin-mono-fosfato ciclico; Pro-ren.: pro-renina; TGF-b:<br />

Trasforming Growth Factor-beta (regolatore della crescita cellulare); AgII: angiotensina II.<br />

Vengono rappresentate le correlazioni biochimiche, che collegherebbero le cellule maculari renali<br />

alle cellule juxta-glomerulari tramite le prostaglandine, l'adenosina e l'ATP.<br />

NaCl<br />

AGII<br />

ADP<br />

PIP2<br />

Rec.<br />

Rec.<br />

P 2<br />

Y<br />

AMP<br />

AT1<br />

Arginina<br />

ATP<br />

ADO<br />

PIP3<br />

PLC-b<br />

Rec.<br />

nNOS ADP<br />

A1<br />

Ret. endoplasm.<br />

G<br />

NO + i<br />

AMP<br />

O A-C<br />

cAMP<br />

Ca 2+<br />

2<br />

G<br />

Perossinitrito<br />

ADO<br />

s<br />

Pro-ren.<br />

Rec.<br />

PG s<br />

PG<br />

TGF-β<br />

COX2<br />

A.A.<br />

RENINA<br />

Cellula della macula densa<br />

Cellula juxta-glomerulare<br />

1° Qualora diminuisca la concentrazione<br />

del NaCl nel tubulo distale.<br />

Il risultato è costituito da un aumento della<br />

produzione della renina. Il meccanismo - assai<br />

complicato - risiederebbe nell’attività di due<br />

enzimi, che regolano il comportamento maculare<br />

e sono indirettamente interessati all’incremento<br />

nella biosintesi della “renina”.<br />

Tali enzimi sono:<br />

a – La neuronal-nitric-oxide sintase (nNOS)<br />

che controlla la sintesi - a partire dall’arginina<br />

- del nitrossido, il quale a sua<br />

volta, captando i radicali liberi dell’ossigeno<br />

(in particolare l’O 2<br />

), provvede alla<br />

biosintesi del <strong>per</strong>ossinitrito.<br />

b – La ciclo-oxidase-2 (COX-2)<br />

che presiede alla sintesi delle prostaglandine<br />

(a partire dall’acido arachidonico) e<br />

viene stimolata proprio dal <strong>per</strong>ossinitrito.<br />

Le prostaglandine, una volta bio-sintetizzate,<br />

diffondono dalle cellule maculari nello spazio<br />

intercellulare e si dirigono verso le cellule<br />

juxta-glomerulari, le quali - essendo provviste<br />

dei recettori prostaglandinici (tipo EP4<br />

ed IP), collegati ad una proteina Gs, ossia<br />

“stimolatrice”, 9-11 - ne risentono gli effetti nel<br />

senso di attivare (tramite l’adenil-ciclasi) la<br />

formazione dell’AMP-ciclico, che a sua volta -<br />

tramite il TGF-beta - è dotato della capacità<br />

di stimolare sia la produzione, sia il rilascio<br />

della renina.<br />

2° Qualora aumenti la concentrazione<br />

del NaCl nel tubulo distale.<br />

Il risultato è rappresentato da una diminuzione<br />

della produzione della renina.<br />

Anche questo meccanismo è piuttosto com-


Volume 13, n. 1, 2010<br />

32<br />

plesso e potrebbe esser prospettato precisando<br />

che l’incremento del trasporto tubulodistale<br />

dell’NaCl influisce vivacemente<br />

sull’ATP (presente, com’è ovvio, anche nelle<br />

cellule maculari).<br />

Questo meccanismo si verificherebbe attraverso<br />

due processi:<br />

a - Attraverso un aumento del livelli<br />

di adenosina presente<br />

nelle cellule maculari<br />

Occorre appena rammentare che questa<br />

purina viene bio-sintetizzata direttamente<br />

dall’ATP, presente nelle cellule maculari,<br />

attraverso la formazione di ADP e successivamente<br />

di AMP.<br />

L’adenosina, diffondendo verso le cellule<br />

juxta-glomerulari, stimola - sulle CJG -<br />

degli specifici recettori purinici, noti<br />

come P1, sottotipo A1. Questi recettori<br />

sono sempre collegati con una proteina<br />

Gi, cioè “inibitrice”, sicché la loro azione<br />

si esplica (tramite la solita adenil-ciclasi)<br />

nel senso di deprimere la formazione<br />

dell’AMP-ciclico e <strong>per</strong>tanto di agire negativamente<br />

tanto sulla formazione, quanto<br />

sul rilascio della renina.<br />

b - Attraverso un impulso all’efflusso<br />

dell’ATP dalle cellule<br />

della macula densa<br />

L’ATP - giungendo nello spazio intercellulare<br />

- è in grado di stimolare un suo specifico<br />

recettore, il purino-recettore P2Y,<br />

che è presente proprio sulle cellule juxtaglomerulari.<br />

Questo recettore è sempre<br />

collegato con una proteina Gq, (12): la<br />

cui azione si concreta nell’attivare l’enzima<br />

“fosfo-lipasi C-beta” (PLC-beta), cioè<br />

un enzima la cui nota azione si svolge in<br />

modo elettivo su un componente fosfolipidico<br />

della membrana cellulare, ossia<br />

sul “fosfatidil-inositol-4,5-bifosfato”, conosciuto<br />

anche come PIP2. Questo, attaccato<br />

appunto dalla fosfolipasi, viene trasformato<br />

in fosfatidil-inositol-1-4-5-trifosfato<br />

(il ben conosciuto PIP3), che - agendo<br />

sul reticolo endoplasmatico delle CJG<br />

- determina una fuoriuscita dei Ca-ioni ivi<br />

concentrati e <strong>per</strong>tanto ne provoca una<br />

loro maggiore “disponibilità” nel contesto<br />

intracellulare. Tale maggior disponibilità<br />

calcio-ionica influisce, nel citoplasma<br />

delle CJG, sulla estremamente complessa<br />

biosintesi della renina e ne deprime<br />

sia la formazione, sia il rilascio.<br />

Conclusioni<br />

La molto complessa funzionalità renale<br />

si esprime - anche - con i rapporti fra cellule<br />

della macula densa e cellule juxta-glomerulari,<br />

le cui ultime finalità si concretano nella<br />

“modulazione” (cioè in crescendo e diminuendo)<br />

della “renina”: la quale costituisce uno dei<br />

principali fattori di regolazione dell’attività<br />

cardiovascolare in virtù delle fisiologiche<br />

oscillazioni della pressione arteriosa. Appare<br />

evidente che le influenze esplicale (sia pur<br />

indirettamente) dai milioni di “macule dense”<br />

presenti in entrambi i reni si riflettono in<br />

maniera sensibile sulla funzione circolatoria.<br />

Pertanto gli studi concernenti l’attività molecolare<br />

di questi complessi cellulari (studi <strong>per</strong><br />

la verità ancora piuttosto isolati) appare di<br />

importanza tutt’altro che trascurabile.<br />

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In loco citato al n.3; pagg. 28-29

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