Pierluigi Rizzato
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Fotografia di natura<br />
<strong>Pierluigi</strong><br />
<strong>Rizzato</strong><br />
Gnu (Connochaetus taurinus albojubatus) al tramonto nel Parco Nazionale del<br />
Serengeti, Tanzania (EOS 1 V, Canon EF 300 mm f/2.8 L, 1/250s, f/5.6, Velvia 50).<br />
Abilità tecnica, pazienza,<br />
perseveranza sono alla<br />
base delle spettacolari<br />
immagini di <strong>Pierluigi</strong><br />
<strong>Rizzato</strong>, insieme ad una<br />
profonda conoscenza del<br />
comportamento degli<br />
animali. Immagini con<br />
cui <strong>Pierluigi</strong> <strong>Rizzato</strong> ha<br />
vinto numerosi premi<br />
internazionali.<br />
20<br />
La fotografia di natura richiede elevate competenze<br />
tecniche e naturalistiche, oltre a capacità<br />
organizzativa; eppure non sono pochi i fotoamatori<br />
capaci di competere con i professionisti.<br />
Soprattutto in Italia, dove i fotografi naturalisti<br />
di professione si contano sulle dita di una<br />
mano, non mancano fotografi “dilettanti” che<br />
dimostrano una elevata “professionalità”; non<br />
possiamo definirli professionisti solamente perché<br />
lʼattività fotografica non è la loro principale<br />
fonte di reddito. Ma, al di là di questo aspetto,<br />
non hanno nulla da imparare da chi si dedica a<br />
tempo pieno alla medesima attività. E la conferma<br />
viene dai successi che la fotografia naturalistica<br />
italiana sta cogliendo in questo periodo; a<br />
pochi mesi di distanza, Manuel Presti ha vinto, a<br />
Londra, lʼedizione 2005 del prestigioso Wildlife<br />
Photographer of the Year e <strong>Pierluigi</strong> <strong>Rizzato</strong>,<br />
che pubblichiamo in queste pagine, si aggiudica<br />
il primo posto assoluto allʼAustrian Tierenberg<br />
Super Circuit, di cui abbiamo parlato sul fascicolo<br />
di Aprile. Entrambi fuoriclasse. Entrambi<br />
fotografi naturalisti, non professionisti.<br />
<strong>Pierluigi</strong> <strong>Rizzato</strong>, veneto, fotografa dal 1982 e<br />
si dedica con particolare passione ed impegno<br />
alle immagini di natura; sono fotografie notevoli<br />
sia dal punto di vista spettacolare, sia per la<br />
valenza “scientifica”. Ciò è reso possibile dalla<br />
sua profonda conoscenza del comportamento<br />
della fauna selvatica che <strong>Pierluigi</strong> ama riprendere.<br />
Una approfondita conoscenza, acquisita<br />
attraverso studi e ricerche, cui però abbina una<br />
paziente osservazione sul campo.<br />
Abilità tecnica, pazienza, perseveranza, avevano<br />
già consentito a <strong>Pierluigi</strong> <strong>Rizzato</strong> di risultare il<br />
fotografo con il maggior numero di immagini<br />
premiate nelle prime quattro edizioni del Gran<br />
Premio Italiano di Fotografia Naturalistica,<br />
organizzato dalla rivista Oasis. Eʼ stato anche<br />
uno dei componenti del gruppo che nel 2001
Svassi maggiori (Podiceps cristatus) in rituale di corteggiamento, Lago di Garda (EOS 1 N, Canon EF 500 mm f/4.5 L, 1/500s,<br />
f/4.5, Velvia 50).<br />
ha portato lʼItalia alla vittoria del concorso<br />
Coppa del Mondo FIAP Natura, svoltosi in<br />
Sud Africa. Nellʼedizione successiva, svoltasi<br />
in Australia nel 2003 dove lʼItalia ha<br />
rivinto la Coppa del Mondo FIAP Natura, è<br />
risultato Campione del Mondo con il primo<br />
posto assoluto individuale. Nel 2004 ha<br />
vinto il Campionato Italiano di Fotografia<br />
Naturalistica. A ottobre 2005 è stato invitato<br />
al “Big Day of Photography” tenuto annualmente<br />
dalla Royal Photographic Society,<br />
la più antica associazione fotografica del<br />
mondo e la più importante della Gran<br />
Bretagna. Dopo aver vinto concorsi anche<br />
in Austria, Croazia, India, Usa, Indonesia,<br />
Gran Bretagna, Germania, Belgio, Olanda,<br />
Scozia e Cina, ha ottenuto il prestigioso<br />
Grand Prix allʼAustrian Super Circuit, di<br />
cui abbiamo già detto.<br />
Eʼ evidente dunque la nostra curiosità di<br />
incontrarlo e di chiedergli di svelarci come<br />
riesca a coniugare passione e professionalità.<br />
Quali sono le mete che più frequenti per<br />
riprendere le splendide immagini di wildlife<br />
che caratterizzano la tua produzione<br />
fotografica?<br />
Da oltre 20 anni mi dedico con particolare<br />
impegno alla fotografia naturalistica. Ma è<br />
soprattutto una profonda passione ed un<br />
forte interesse verso il mondo degli animali<br />
a coinvolgermi, al punto tale che la fotografia,<br />
potrebbe perfino sembrare strano,<br />
diventa un aspetto di secondo piano. Io sono<br />
solito pensare che lʼimportante è “esserci”,<br />
avere la possibilità di osservare, di essere<br />
presente ad un dato “evento”, per ottenere<br />
il quale spesso bisogna essere disposti a<br />
rimanere fermi per lunghe ore ad osservare<br />
un animale, magari sotto il sole cocente o<br />
al freddo in condizioni estreme, oppure a<br />
ritornare più volte nello stesso posto. Per<br />
me, sono le emozioni che si provano quando<br />
si riesce a cogliere lʼazione, che mai si<br />
ripresenta uguale, nellʼeterno riproporsi<br />
della vita, a ripagare sempre la lunga e snervante<br />
attesa, le fatiche del trasporto della<br />
pesante attrezzatura fotografica, i disagi di<br />
una sistemazione scomoda, le alzatacce ad<br />
ore impronunciabili per tante persone. Mi<br />
capita spesso, dopo intere giornate di attenta<br />
osservazione, di rientrare deluso, per non<br />
aver avuto lʼincontro sperato. Ma il desiderio<br />
di essere presente allʼevento e la grande<br />
aspettativa, si sono sempre rivelati stimoli<br />
irresistibili per ritornare in quei luoghi. Ed<br />
infatti la scoperta di nuove situazioni e<br />
nuovi comportamenti mi confermava che<br />
il ciclo vitale della natura continua sempre,<br />
e che, evidentemente, ero stato io lo spettatore<br />
mancato, avendo sbagliato il luogo<br />
o il momento.<br />
Nel corso degli anni ho visitato molti<br />
parchi naturali dellʼAlaska e dellʼAfrica e<br />
abitualmente frequento la laguna veneta e<br />
le Dolomiti; si tratta di ambienti completamente<br />
diversi, ma che hanno come comune<br />
denominatore la costante ricerca di nuove<br />
emozioni.<br />
Senza dubbio il luogo che più di tutti mi ha<br />
affascinato è il Serengeti, il famoso parco<br />
naturale situato al nord della Tanzania,<br />
culla dellʼumanità e regno dalla fauna ricchissima.<br />
Le pianure che si perdono a vista<br />
dʼocchio e sfumano in tramonti infuocati,<br />
le distese dʼerba senza fine che nascondono<br />
i passi felpati di qualche felino, offrono<br />
spunti straordinari per unʼemozionante e<br />
suggestiva visione.<br />
Seguire i predatori nella loro ricerca di<br />
cibo, riuscire a prevedere quale gazzella<br />
sarà preda del ghepardo, osservare per<br />
qualche ora la silenziosa attesa di una<br />
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Ghepardi (Acynonyx jubatus) nel Parco Nazionale del Serengeti, Tanzania (EOS 1 V, Canon EF 500 mm f/4 IS, 1/250s, f/5.6,<br />
Velvia 50).<br />
leonessa nascosta in agguato tra lʼerba,<br />
assistere alla nascita di uno gnu e dei suoi<br />
primi importanti momenti di vita, sono<br />
attimi che donano emozioni uniche ed<br />
indimenticabili.<br />
George Schaller, uno dei più famosi etologi,<br />
ben descrive le sensazioni suscitate dalla<br />
bellezza di questo paradiso: “Struggenti di<br />
speranza e ricchi di sogni, nel Serengeti troviamo<br />
quello che cerchiamo. Almeno una<br />
volta nella vita, ognuno dovrebbe andare<br />
in pellegrinaggio nella natura incontaminata<br />
per soffermarsi tra le sue meraviglie<br />
e scoprire il fascino di un passato ora in<br />
gran parte scomparso. Se dovessi scegliere<br />
un posto sulla Terra con tali caratteristiche<br />
sceglierei Serengeti. Qui dimorano i fieri<br />
fantasmi del nostro passato umano, qui<br />
gli animali cercano il proprio destino,<br />
monumenti viventi di un tempo in cui noi<br />
vagavamo ancora su una terra preistorica.<br />
Il nostro <strong>Pierluigi</strong> cerca di insegnare un<br />
poʼ di educazione ad un ghepardo …<br />
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Avvoltoio di Rueppell (Gyps rueppellii) in disputa con uno sciacallo dorato (Canis aureus) nel Parco Nazionale del Serengeti,<br />
Tanzania (EOS 1 V, Canon EF 500 mm f/4 IS, 1/500s, f/4, Velvia 50).<br />
Essere testimoni di quel ritmo pacato di vita<br />
ridà vigore alle nostre anime esauste e ci fa<br />
conquistare una sensazione di appartenenza<br />
al mondo della natura. Nessuno può tornare<br />
da Serengeti senza essere cambiato”.<br />
Come ti muovi sul campo? Ad esempio,<br />
so che sei in partenza per la Tanzania,<br />
dove è sconsigliato guidare “da soli”<br />
(senza autista) nei Parchi Nazionali.<br />
Come ti regoli in questi casi?<br />
In qualsiasi area mi debba muovere, cerco<br />
sempre di farlo da solo, non mi piace dover<br />
dipendere da altri, preferisco avere sempre<br />
la possibilità di decidere io cosa fare,<br />
quanto tempo dedicare ad un soggetto o<br />
quale strategia utilizzare per avvicinarlo.<br />
Quindi così come in Alaska cammino da<br />
solo nei boschi o lungo i fiumi, in Africa<br />
preferisco guidare personalmente il fuoristrada.<br />
Noleggio un veicolo senza il driver<br />
e mi organizzo il viaggio con molta cura.<br />
La preparazione dellʼauto con pezzi di<br />
ricambio, utensili, corde da traino, taniche<br />
di carburante di scorta, riserva dʼacqua, un<br />
minimo di provviste alimentari, una borsa<br />
piena di medicinali per qualsiasi evenienza,<br />
è la base per poter gestire al meglio il periodo<br />
trascorso in savana. Gli inconvenienti<br />
sono allʼordine del giorno e bisogna saper<br />
mantenere sempre la calma e la lucidità per<br />
affrontarli. Certo, lʼesperienza maturata con<br />
gli anni aiuta senzʼaltro, ma credo che alla<br />
base di tutto ci sia una buona preparazione,<br />
parecchia cautela ed occhi sempre aperti.<br />
Mi è capitato più volte di piantarmi con la<br />
Land Rover nel fango e dover passare la<br />
notte in auto, ma sono situazioni quasi normali<br />
per un certo tipo di viaggio. Tornando<br />
alla domanda, io ho sempre girato guidando<br />
personalmente anche se, a dire il vero, in<br />
certe aree ben circoscritte, a volte, non è<br />
consentito andare senza la presenza di un<br />
ranger a bordo. Si tratta di zone abbastanza<br />
limitate.<br />
Credo che il problema principale per muoversi<br />
da soli sia quello dellʼorientamento,<br />
cioè bisogna porre particolare attenzione<br />
al rischio di perdersi. In questi ultimi anni,<br />
con la possibilità di usare il GPS, direi che<br />
si è parecchio ridotto, prima quando questo<br />
strumento non esisteva, utilizzavo la tecnica<br />
di allargare ogni giorno il percorso fatto nei<br />
giorni precedenti, facendo particolare attenzione<br />
a memorizzare qualsiasi punto potesse<br />
tornare utile nel futuro per individuare esattamente<br />
la posizione in cui ci si trova. Quindi<br />
la forma delle montagne, le colline, un lago,<br />
un fiume, un particolare albero, un certo tipo<br />
di terreno, una specifica vegetazione, sono<br />
tutti elementi utilissimi per sapersi localizzare.<br />
Adesso posso dire con sufficiente<br />
tranquillità di conoscere bene il Serengeti<br />
(che è pur vasto come il Veneto) e di non<br />
correre più alcun rischio di perdermi.<br />
Per riprendere particolari scene di comportamento<br />
animale la fortuna, da sola,<br />
non basta. Come prepari i tuoi viaggi?<br />
Insomma, svelaci i tuoi segreti per riprendere<br />
un ghepardo che caccia una gazzella<br />
o un grizzly che pesca.<br />
Credo che alla base di ogni fotografia<br />
dʼazione ci debba essere la conoscenza del<br />
soggetto che si vuole fotografare. Eʼ determinante<br />
conoscere i suoi comportamenti<br />
per sapere in anticipo cosa e come qualcosa<br />
accadrà ed essere pronti allo scatto. Quindi<br />
è importante documentarsi sulla vita degli<br />
animali che interessano e soprattutto passare<br />
molto tempo assieme a loro. Eʼ proprio<br />
per questo motivo che prima ho detto che<br />
la passione per gli animali supera quella per<br />
la fotografia. Se così non fosse, sarebbe ben<br />
difficile passare giornate intere assieme ad<br />
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Ghepardo in caccia (Acynonyx jubatus) nel Parco Nazionale del Serengeti, Tanzania (EOS 1 V, Canon EF 500 mm f/4 IS,<br />
1/500s, f/4, Velvia 50).<br />
un particolare soggetto, studiarne le abitudini<br />
ed i comportamenti, dover “accettare”<br />
i suoi lunghi momenti di pausa (i predatori<br />
sono soliti passare la maggior parte del loro<br />
tempo a dormire e riposare), per riuscire,<br />
forse, a realizzare uno scatto specifico. E<br />
magari in quel momento la luce non era<br />
buona, lo sfondo era “confuso”, lʼazione si<br />
era svolta dallʼaltra parte rispetto alla mia<br />
posizione. Ecco, anche questo è un aspetto<br />
molto importante: quando lʼazione inizia,<br />
non cʼè più il tempo di spostarsi, bisogna<br />
scegliere con cura un punto dove presumibilmente,<br />
con la conoscenza che si ha del<br />
soggetto, si muoverà in seguito. Lʼanimale<br />
è sempre fulmineo nei suoi movimenti,<br />
quando si sbaglia la scelta della posizione<br />
di attesa dellʼevento, si riuscirà solo a<br />
vedere quello che succede od al limite spostarsi<br />
per fotografare la parte conclusiva,<br />
mai lʼazione stessa. Anche nellʼambito di<br />
una stessa specie animale, per esempio il<br />
ghepardo, diversi possono essere i soggetti<br />
scelti come preda o le tecniche di avvicinamento<br />
o lʼazione della caccia vera e propria.<br />
A volte la fase della caccia di una preda<br />
può risolversi in 10 minuti, altre dopo 3 ore,<br />
spesso va a vuoto.<br />
Credo quindi di poter dire che la dote necessaria<br />
principale sia la pazienza per studiare<br />
i comportamenti e saper attendere. Mi è<br />
capitato di trascorrere quattro intere giornate<br />
consecutive assieme ad un ghepardo<br />
invano: solo qualche timido tentativo di<br />
approccio a qualche gazzella, nessun tentativo<br />
di caccia.<br />
La pazienza e la conoscenza del soggetto<br />
rappresentano quindi elementi irrinunciabili.<br />
A questo punto, la curiosità mia<br />
e dei lettori è facilmente comprensibile.<br />
Quale attrezzatura utilizzi sul campo e<br />
perché?<br />
Utilizzo attrezzatura Canon da sempre in<br />
quanto considero il sistema Canon migliore<br />
per la fotografia naturalistica, sia per la<br />
qualità che per lʼautofocus e il dispositivo<br />
di stabilizzazione presente in molti obiettivi.<br />
Inoltre considero molto efficiente lʼassistenza<br />
prestata dalla Canon nei suoi centri regionali.<br />
Situazioni difficili, polvere, scossoni<br />
del fuoristrada, freddo, ecc., rendono spesso<br />
necessario lʼintervento dei tecnici.<br />
Ho due macchine fotografiche Eos Eos 1-V<br />
ed una Eos 1-N.<br />
Lʼobiettivo usato per la grande maggioranza<br />
delle mie fotografie è il 500mm f/4 IS,<br />
necessario anche in Africa per riprendere le<br />
sequenze di caccia. Nel mio zaino Lowe Pro<br />
ci sono anche un 14mm, un 28-70mm f/2.8,<br />
uno zoom 100-400mm f/5.6 IS e il moltiplicatore<br />
1.4x (che però uso saltuariamente).<br />
Utilizzo un treppiede Gitzo 1349 con<br />
testa a sfera BH-1 della Kirk Enterprises<br />
(i cui prodotti sono visibili al sito<br />
www.kirkphoto.com). Avevo la testa B1<br />
dellʼArca Swiss, ma mi ha dato non pochi<br />
problemi sul campo e lʼho dovuta inviare<br />
più volte in riparazione. Per la ripresa di<br />
soggetti in rapido movimento utilizzo la<br />
testa Sidekick SK-100 della Wimberley<br />
(i prodotti della Wimberley sono al sito<br />
www.tripodhead.com). Consente di inseguire<br />
meglio il movimento di un ghepardo<br />
o di un rapace in volo. La SK-100 è comoda<br />
per il trasporto in aereo, in virtù del peso<br />
limitato, ma lʼaltra testa prodotta dalla<br />
Wimberley (la WH-200) è decisamente<br />
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Aquila pescatrice (Heliaeetus vocifer) nel Lago Baringo, Kenia (EOS 1 V, Canon EF 300 mm f/2.8 L, 1/1000s, f/2.8, Velvia 50).<br />
meglio (ma più costosa e ingombrante!).<br />
Analizzando la tua produzione noto<br />
che non ricorri spesso allʼuso del flash.<br />
Eppure sono convinto che hai un flash<br />
nello zaino.<br />
Effettivamente uso pochissimo il flash. Non<br />
ho molta simpatia per la fotografia con il<br />
flash, anche se devo riconoscere che molto<br />
spesso sarebbe utile dare un “colpetto”,<br />
ossia usarlo in modo leggero per schiarire<br />
le ombre.<br />
In un momento in cui molti fotografi<br />
naturalisti stanno abbandonando le<br />
Velvia a favore dei sensori, ancora non<br />
hai fatto il grande “salto” nel digitale.<br />
Stai per varcare la soglia anche tu? E, in<br />
caso affermativo, sarà una conversione<br />
totale o pensi che continuerai ad usare<br />
i due sistemi (digitale e analogico) in<br />
parallelo?<br />
Questo è effettivamente un problema per<br />
me. Non ho ancora provato a fotografare<br />
con le macchine digitali, ho comunque<br />
cominciato ad approfondire la faccenda.<br />
Certamente si aprono più possibilità per<br />
“gestire lo scatto”, sia in sede di ripresa<br />
che di realizzazione finale della stampa. Eʼ<br />
molto utile poter scegliere la sensibilità per<br />
ogni singolo scatto (con la pellicola questo<br />
è sempre stato un problema), oppure<br />
poter vedere immediatamente il risultato<br />
dellʼesposizione o dellʼinquadratura e di<br />
conseguenza rimediare immediatamente<br />
con scatti successivi (con la pellicola si<br />
deve attendere del tempo per lo sviluppo<br />
prima di sapere se il risultato di uno scatto<br />
è buono oppure no e nel caso di un viaggio<br />
… non si può tornare a rifarlo). Ma quello<br />
che mi frena è la necessità di dedicare<br />
molto tempo alla post-produzione, ossia<br />
alla elaborazione del file, con i vari interventi,<br />
“leggeri” se ci limitiamo al contrasto,<br />
luminosità, saturazione, ecc. o ben più<br />
impegnativi (sto parlando soprattutto del<br />
tempo necessario) se vogliamo modificare<br />
il taglio, il colore, fare ritocchi o addirittura<br />
fotomontaggi. Da non sottovalutare anche il<br />
problema della polvere che può depositarsi<br />
sul sensore, specialmente nel caso di viaggi<br />
come quelli in Africa.<br />
Comunque, è solo questione di tempo.<br />
Dovrò forzatamente convertirmi al digitale,<br />
anche spinto dalla uscita di produzione di<br />
una pellicola meravigliosa ed unica quale<br />
la Velvia 50. Credo che per il primo periodo<br />
affiancherò i due sistemi, ma appena possibile<br />
(cioè quando mi sentirò sicuro della mia<br />
conoscenza del nuovo mezzo), abbandonerò<br />
lʼanalogico.<br />
Sono appena rientrato dalla Francia,<br />
dove ho trovato in edicola il primo<br />
numero di una nuova rivista francese<br />
di fotografia di Natura, ben<br />
curata e ben stampata. In Germania,<br />
Inghilterra, Stati Uniti esistono riviste<br />
espressamente indirizzate al fotografo<br />
naturalista. Qui da noi il mercato è<br />
piuttosto sotto tono e la situazione non<br />
sembra migliorare. Eppure di persone<br />
interessate allo specifico tema fotografico<br />
ve ne sono parecchie. Come spieghi<br />
la presenza, in Italia, di tanti appassionati<br />
fotonaturalisti, taluni di livello<br />
eccellente, in un panorama editoriale<br />
in evidente stagnazione?<br />
Probabilmente la fotografia naturalistica è,<br />
per tanti appassionati, un modo di vivere<br />
nella natura, una voglia di ricercare conoscenze<br />
ed emozioni indipendentemente da<br />
un fine editoriale o commerciale.<br />
Grizzly (Ursus arctos horribilis), Katmai,<br />
Alaska (EOS 1 V, Canon EF 300 mm f/2.8<br />
L, 1/500s, f/4, Velvia 50).<br />
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Gnu (Connochaetus taurinus albojubatus) in corsa nel Parco Nazionale del Serengeti,<br />
Tanzania (EOS 1 V, Canon EF 300 mm f/2.8 L, 1/60s, f/8, Velvia 50).<br />
Il libro<br />
Nel suo splendido libro, di formato<br />
24x30cm e intitolato “Nel Regno degli<br />
Animali - dallʼAlaska al Serengeti”,<br />
<strong>Pierluigi</strong> <strong>Rizzato</strong> ha raccolto 122 immagini<br />
a colori di wildlife.<br />
Il libro, con la prefazione dello zoologo<br />
Giorgio Celli, è edito dalla Libreria<br />
Editrice Il Leggio di Sottomarina di<br />
Chioggia, Venezia (tel 041-5540099).<br />
Per concludere, quali progetti hai per il<br />
futuro?<br />
Credo di… avere il mal dʼAfrica, quindi<br />
la meta principale dei miei viaggi futuri<br />
rimarrà in questo continente. Al momento<br />
sto collaborando con unʼazienda specializzata<br />
nella produzione di calendari, cartoline<br />
e poster (Impronte Edizioni, Cesena, FC).<br />
Nel 2006 sono stati posti in vendita 6 calendari<br />
con mie immagini.<br />
Mi piacerebbe fare un libro sul Serengeti,<br />
con qualche centinaia di immagini, anche<br />
se mi rendo conto della fase di stagnazione<br />
che il mercato dellʼeditoria fotonaturalistica<br />
sta attualmente attraversando. Ho<br />
in programma una visita nella Tanzania<br />
centro-meridionale, in aree poco frequentate<br />
dal turismo (che ha letteralmente<br />
invaso i parchi più famosi negli<br />
ultimi due/tre anni). Per raggiungere quei<br />
luoghi occorreranno quasi quattro giorni<br />
di auto. Quindi più che di una visita si<br />
tratterà di una spedizione. Ho già studiato<br />
lʼitinerario ed acquisito informazioni più<br />
dettagliate in loco (per quanto in Africa<br />
non ci siano mai certezze!). Il problema<br />
principale sarà lʼaffidabilità del fuoristrada<br />
e la gestione delle varie rotture meccaniche<br />
che normalmente succedono. Ma<br />
potrebbe essere una piacevole sorpresa<br />
dal punto di vista della fauna. Vedremo.<br />
Intervista a cura di Riccardo Polini<br />
www.naturephoto.it<br />
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