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don onelio e<br />
ARIANNA<br />
Lunedì 27 Maggio ho cominciato il tirocinio all’opera Padre Damiani:<br />
aiuto gli infermieri, gli inservienti, i malati. Già da subito mi sono<br />
trovata bene con le persone che ci sono. Ho preso confidenza con gli<br />
anziani, ma in particolare mi è accaduto di incontrare Don Onelio, un uomo<br />
apparentemente molto burbero, di poche parole, con un età molto lunga che gli ha portato<br />
via anche la forza di muoversi per cui è sulla sedia a rotelle.<br />
Ho avuto la fortuna di parlarci, e quando, presentandoci, mi ha detto che era un prete, ho sentito il desiderio<br />
di chiedergli se poteva e voleva confessarmi. Lui ha cambiato espressione e non ha esitato a dirmi<br />
di si.<br />
Da lì il suo volto e le sue parole sono diventate più chiare che mai, tant’è che ho subito intuito che il Signore<br />
stava lì, attraverso lui, attraverso il suo sguardo limitato. Era immenso il suo sguardo, ho pregato<br />
con lui, e siccome io gli ho detto che spesso cerco Dio solo nei momenti di difficoltà, mi ha detto di non<br />
preoccuparmi, perché noi andiamo dai ricchi perché siamo poveri, cosa che non ho ben compreso del<br />
tutto, ma ho capito quando mi ha detto di ringraziare il Signore sempre per quello che ho, assolvendomi<br />
e perdonandomi.<br />
Da lì, le poche volte che ho rivisto Don Onelio mi ha sempre sorriso e due giorni dopo sento arrivare<br />
l’ambulanza: era lui che non stava bene.<br />
Il giorno seguente vado al lavoro e mi fermo in ufficio a parlare con Angela, uno dei miei punti di riferimento,<br />
e lei mi ha detto che Don Onelio era deceduto.<br />
Cosa significa per me tutto questo?<br />
Parlandone con Grazia, con le compagne, con Augu e con Gianchi, si è capito che non è un caso questo,<br />
bensì un avvenimento, una fortuna, una presenza che si è manifestata a me. Io ho avuto un’intuizione<br />
che può essere minima rispetto a quello che veramente può dirmi un avvenimento così, però è come se<br />
il messaggio fosse: “Io ci sono sempre, ma tu cercami nelle persone che hai accanto, e dai qualche cosa<br />
anche tu, ringrazia e sii cosciente della tua povertà, così da poter chiedere a chi ha”.<br />
Sommato a questo periodo, a tutte le novità che mi vengono addosso a fiume, ho ancora più chiaro che<br />
non posso permettermi ancora di ridurmi a poco, di pensare di farmi da sola ancora, di preoccuparmi,<br />
perché sono certa che qualcuno pensa a me, anche attraverso la comunità, e lo sto sentendo da vicino.<br />
Arianna<br />
la paternità è una ferita<br />
Intervento svolto da Gabriele Balestra nel mese di Marzo a San Carlo di Cesena<br />
Sono Gabriele ho 44 anni, vivo a Forlì e faccio il contadino. Sposato con Barbara dal ’98, abbiamo 4<br />
figli.<br />
Ho finito la comunità a Pesaro nel Marzo ’94. Nonostante l’età non ho ancora capito come si fa ad essere<br />
figlio, figuriamoci ad essere padre di 4 figli. Il segno della paternità è quello della ferita, il dolore, il colpo<br />
prodotto dalla perdita. Il fatto storico che lo esprime meglio, per ogni tempo, è l’evento che si produce<br />
sul Golgota: il figlio che viene colpito nel nome del padre! La paternità incontrata in comunità mi ha insegnato,<br />
testimoniato, che la vita non è solo appagamento, conferma, rassicurazione materna, ma anche<br />
perdita, mancanza, fatica e dolore! La comunità dava un compito ed una direzione, ed era esigente…<br />
aveva il coltello dalla parte del manico! Ma il cancello era aperto e noi eravamo “liberi” di tornare nel<br />
mondo delle favole. Ma questi padri che ho incontrato e con cui lottavo ma perdevo, mi volevano bene<br />
anche quando sbagliavo, mi valorizzavano…cioè mi rendevano più forte...! Cioè il padre ti da due scapaccioni<br />
ma crede nei suoi figli, più di loro stessi...Ecco io sono un padre un po’ così, un padre che porta<br />
una ferita, un dolore…quello di vedere i limiti che la vita mi ha lasciato scolpiti nel carattere dei figli.<br />
Ma so anche che son buoni figli e che la vita gli farà capire il senso di quei limiti. Sono un padre che ha<br />
sbagliato e che sbaglierà ancora, che quando si arrabbia è cattivo. Il dolore per questo a volte mi spalanca<br />
una porta: capisco che ha senso, questo dolore, e spero mi renda migliore!<br />
A volte non lo dimostro, ma sono un padre contento dei miei figli, di vedere come si impegnano nella<br />
scuola e nello sport, ognuno a seconda delle proprie possibilità. Come cantava Celentano: “Conto su di<br />
te, non pretendo e non voglio che diventi un re, nè un campione sul miglio, ma soltanto che tu faccia<br />
sempre del tuo meglio”.<br />
A volte, parlando con mia moglie dei figli concludo dicendo: “Ma si dai, tra un po’ avremo problemi<br />
maggiori...con l’arrivo delle tempeste e dei monsoni adolescenziali ne vedremo delle belle!” Più profondamente<br />
penso, dovranno fare la loro strada, come io ho fatto la mia, sbagliare per trovare quella giusta,<br />
piangere per amore o per un’ingiustizia, gioire per la presenza di un amico e del mondo così bello, anche<br />
solo per la linea di un crinale!<br />
Non ho la certezza che andrà tutto bene, che saranno loro a farmi il funerale, che io riesca ad accettare la<br />
loro idea di libertà e di felicità…che non combacerà di certo con la mia. In tutto questo spero di rimanere<br />
al fianco di mia moglie e che venga qui un Angelo a dirmi: “TUTTO CIò NON è CONTRO DI TE, MA<br />
PER TE!” Questa certezza, che io non so darmi, ma che spero mi sia data, vorrei che accompagnasse la<br />
mia paternità e il mio cammino.<br />
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