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“QUEL SI CHE NON MI ASPETTAVO”<br />
Sabato 25 maggio era la giornata<br />
dell’incontro genitori ma per via di un<br />
provvedimento noi del Tingolo non<br />
l’abbiamo fatto…sembrava una giornata<br />
qualunque finché poco prima del<br />
pranzo si è presentata Grazia e ci ha<br />
comunicato che verso le 16 sarebbero<br />
venuti a trovarci alcuni suoi amici. Siamo<br />
rimasti incuriositi fino a quell’ora<br />
visto che non sapevamo chi fossero,<br />
finché non vediamo entrare una decina<br />
di bambini dai 9 ai 14 anni, un frate, due maestre e il marito di una di quest’ultime: era la classe di<br />
catechismo di S. Bernardino di Urbino che si stava preparando alla cresima.<br />
Alcune di noi avrebbero dovuto fare una testimonianza, io, Daphne, ero tra queste. Premetto che per<br />
parlare ho sempre detto di no, ma quel giorno quando Grazia e le compagne me lo hanno chiesto ho<br />
deciso per il SI e come me anche altre compagne.<br />
Non mi aspettavo che quel SI, che spesso mi nego perché troppo presa da quello che io penso di non<br />
saper fare, cambiasse quel momento, non solo per me che ho testimoniato la mia esperienza e il mio<br />
bisogno, ma per tutti.<br />
Dopo aver parlato noi e aver risposto alle domande fatte da loro, l’ultimo intervento, quello di Filippo,<br />
marito di una delle maestre, è stato quello che ci ha colpito di più: veder commuoversi un uomo che<br />
poco prima era entrato senza grandi aspettative ci ha confermato ancora una volta quanto sia straordinario<br />
addentrarsi fino alle viscere della verità e del bisogno.<br />
Arianna e Daphne<br />
Care sorelle,<br />
sì, ho detto sorelle, perché ieri quando sono entrato nella stanza<br />
dove eravate a sedere tutte insieme, ho ridotto tutto (eravate tutte<br />
donne, c’era il fumo, i tatuaggi) e mi sono detto: “ma dove sono?”<br />
Ero a disagio e volevo andare via da lì, ma quando avete incominciato<br />
a testimoniare la vostra vita in modo vero, in quel momento<br />
è accaduto un fatto, un imprevisto che ha frantumato le<br />
mie riduzioni e mi ha legato a voi come sorelle, perchè quello che<br />
avete detto mi corrispondeva più di me stesso, e quando accade<br />
questo, io non posso che inginocchiarmi davanti a questa cosa e<br />
riconoscerla, quindi se all’inizio sarei scappato dal Tingolo, alla<br />
fine non sarei più andato via.<br />
Questo cambiamento capisco che non posso darmelo da solo, io<br />
al massimo arrivo solo a ridurre.<br />
Vi abbraccio forte.<br />
Nel mese di Aprile in mattinata un gruppetto di noi ragazzi, accompagnati<br />
da Valeria, ci siamo recati alla prefettura di Pesaro, attesi<br />
da un’insegnante che ci ha guidato nella mostra dedicata alla vita e<br />
storia dello scienziato francese Jérôme Lejeune.<br />
Lejeune fu uno scienziato, affascinato dal mistero dell’essere umano, che dedicò la propria esistenza<br />
allo studio e alla comprensione delle persone affette dalla sindrome di down. Prima delle sue scoperte,<br />
le persone portatrici di questa malattia erano considerate inferiori, contagiose per la società al punto<br />
da essere emarginate e private dei diritti dell’uomo.<br />
Lejeune fin da subito si innamorò di queste persone, perché le considerava degne di grandi cose, come<br />
qualsiasi altro essere umano; lui voleva cercare in ogni cosa la verità e dopo studi e ricerche, nel 1958<br />
scoprì l’origine della malattia nota come trisomia 21. Fu il primo a schierarsi contro l’ignoranza di<br />
molti e a sostenere le sue idee di giustizia e verità, credendoci anche quando tutto quello che stava<br />
costruendo sembrava sbriciolarsi. Questo perché la comunità scientifica decise di usare la scoperta di<br />
Jérôme Lejeune come possibilità di eliminare il problema alla radice, tramite l’aborto per chi scopriva<br />
di avere un figlio down. In Lejeune si aprì una profonda ferita nel cuore dopo questa terribile notizia<br />
e per anni combattè per far sì che queste persone godessero del dono della vita e del bene degli altri<br />
così come erano, a costo di rimetterci la propria carriera e reputazione. La vita di quest’uomo mi ha<br />
colpito molto perché, come succede anche qui a l’Imprevisto, egli guardava quello che i suoi piccoli<br />
amici portavano, non il loro limite, guardava il loro grande desiderio di vivere, di essere in qualche<br />
modo all’altezza, come tutti noi.<br />
Riccardo L.<br />
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Filippo<br />
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